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Note 62 1
Abbreviazioni bibliogro/iche 689
Indice dei nomi e delle opere 693
Perché le nuove melodie sono difficili da capire
NeUa composizione con dQ(Iici ome vengono possibilmente evitati i suoni consonan
ti (accordi maggiori o minori) e anche le dissonanze più semplici (triadi diminuite,
accordi di senima, e in generale quasi tutto ciò che gira intorno all'am10nia tradi
zionale). La nuova arte non si basa però su una legge naturale. Forse è soltanto un
fenomeno di reazione, privo di una causa propria, ma derivato da un altro feno
meno, al quale tende a comrapporsi pur condividendone in sostanza le leggi. Si basa
sull'aspirazione inconscia a mettere alla prova i nuovi mezzi in modo indipendente,
a derivarne possibilità di articolazione formale, a realizzare soltanto con loro tutti
gli effeni di uno stile chiaro, di una rappresentazione solida, limpida e completa del
pensiero musicale. Chi continua a usare i mezzi consueti nel modo tradizionale, si
rispam1ia la fatica di coltivare i nuovi, ma rinuncia anche alla possibilità di gustare
ciò che offrono soltanto i mezzi nuovi, una volta esclusi quelli tradizionali!
Un'epoca successiva riuscirà forse ( ! ) a utilizzarli insieme alla stessa maniera,
come ultimamente uno stile misto, in parte omofonico e in parte polifonico, ha
tentato di collegare questi due princìpi compositivi (che in realtà sono ben più
diversificati), sebbene sia arduo considerare felice tale collegamento.
Il presupposto più importante della composizione con dodici note si basa
sulla seguente tesi: la dimensione venicale (armonie, accordi, conseguenze della
condotta delle voci) è parte dell'espressione e della rappresentazione del pen
siero musicale proprio come quella orizzontale (motivo, Gesta/t, proposizione,
frase, melodia ecc.) ed è subordinata, esattamente come quella, alle leggi della
comprensibilità.
Questa legge, formulata e compresa nel suo significato da me per primo,
agisce:
a) nelle forme omofoniche: dove, per favorire l'evolversi della voce principale,
regna una certa economia nella dimensione armonica, che le consente di svol-
76 Qunlùmi di lt:oria muJicah:
gere un influsso decisivo sullo sviluppo del costrutto (contrasti. punti culmi
nami, sposramenti armonici, inrensificazioni, variazioni);
b) nella musica polifonica: dove motivi, Geslalten, temi, proposizioni e simili
non riescono mai a espandersi oltre una certa ampiezza (quindi regna qui
un'economia analoga), non vengono mai elaborati, non si scindono in nuove
Geslalten e raramente vengono variati; infatti l'intero sviluppo (o quasi) av
viene auraverso un cambiamento nella relazione reciproca delle singole pani
del pensiero tra loro. Queste non sono presenri in una sola voce, al contrario
il pensiero è composto sin dall'inizio da più voci, ognuna delle quali ne con
tiene una pane ben precisa; e quando mura la relazione verticale reciproca,
le parti non solo possono ma forse addirinura devono rimanere invariate, al
trimenti non sarebbe garantita la nascita di una relazione completamente
nuova (la nuova derivazione dal pensiero in questione)!
c) nella composizione con dodici note: dove non bisogna inrerrogarsi sul carat
tere più o meno dissonante di un aggregato, perché l'aggregato in quanto tale
(indipendentemente dal fano che il suo effetto sia pregnante o meno) come
elemento compositivo è fuori discussione.1 Questo aggregato non si sviluppa,
o meglio, non si sviluppa in sé, invece si sviluppa il rappono reciproco delle
dodici nOle sulla base di una particolare successione seriale (motivo) prescritta
dall'idea originaria (dal pensiero ! ) . Così, un accordo consonante iniziale non
può alludere qui a un ambito ronale, né uno dissonante comportare una ri
soluzione. (Ma che senso ha utilizzare tali accordi, se le conseguenze formali
a cui conducono non vengono comprese in quanto non sono percepite?)
Nella composizione con dodici note, è posta in discussione proprio la citata serie
di note, la cui comprensibilità come pensiero musicale è indipendente dal fatto
che le sue parti vengano proposte all'ascolto in successione o più o meno con
temporaneamente. Ma lo sviluppo ulteriore e la velocità della rappresentazione
dipendono forse (anzi, certamente) dal fatto che la serie, già nella sua forma ori
ginaria, sia sufficientemente comprensibile o forse al contrario troppo com
prensibile (leggi delle modalità espressive popolari ! ).
9 maggio 1923
Questo modo primitivo di presentare un pensiero si addice alle menti incolte, ca
paci di raccontare soltanto seguendo la successione degli eventi così come si è
108 Quesliolli di lfflria musicale
verificata, alle quali manca lo sguardo d'insieme sulla totalità, ragion per cui non
sanno né anticipare né posticipare e neppure collegare una frase all'altra se non
ricorrendo alla congiunzione ��e»: ��E allora ho deno - - - e poi ha fano - - - e
poi abbiamo riso - - - e - - - e così via». La narrazione va avanti proprio perché
il racconto �. soltanto perché è spinta da una trama ininterrotta. Ovvia
mente, l'intensificazione è allora puramente dinamica, in quanto mmivata sol
tanto esteriormente.
Però, sarebbe errato credere che una rappresentazione più artistica dipenda sol
tanto da una determinata tecnica. Lavoro da pilt di dieci anni per stabilire teori
camente queste differenze e sono giunto a un punto tale che presto potrò scri
vere un libro sull'argomento. Ma posso già sostenere che, in realtà, bisogna con
cepire pensieri così ricchi di relazioni da permettere una rappresentazione arti
stica. Un pensiero primitivo non ne ha bisogno, non la consente affatto, e se qual
cuno vi provasse comunque, essa sarebbe soltanto contorta.
Ma, in generale, non si pensa più.
Quando ero giovane era ancora vh•a una diffusa sensibilità per la forma che -
senza spiegazioni teoriche - diceva a tutti come dovesse essere formato un pen
siero principale. Un giudizio che si senti\'a spesso era: «Questa frase divaga».
Brahms non fu l'ultimo a possedere quest'arte; la ereditarono ancora Mahler e
Strauss, ma la maggior parte dei compositori successivi non ha più idea di che
cosa si tratti.
Perché questo Consorzio emette decreti? Io non lo farei, se volessi scrivere con
il sostegno della tonalità, non farei decreti, né li metterei per iscritto. Al contrario!
Tollalità e arlkolm::iall<' 109
Quando ascolto questi cosiddetti brani tonali, nei quali tutto ciò che da un punto
di vista tonale non sta insieme o quantomeno non viene elaborato, è sconfessato
da un accordo di Fa diesis o Do maggiore - a seconda dell'umore - alla fine (o
in un passo analogo: molti passaggi del genere potrebbero essere presi per se
zioni conclusive! ) mi viene sempre da pensare a quei re negri, selvaggi e nudi,
che indossano soltanto cravatta e cappello.
Oggi chi sa ancora come debba essere costruito un pensiero principale? Che cosa
bisogna fare affinché sia solido, affinché non deragli improvvisamente su un falso
binario?
Chi sa spiegare come vada costruita una forma «fluida», come debba essere
un'introduzione o una transizione?
Chi può e sa farlo, non dovrà certo chiedersi se sia necessario ripristinare la
tonalità per realizzare un'architettura.
Io so che la maggior parte dei compositori non sarebbe in grado di realiz
zarne una con l'armonia più elementare.
E so che l'architettura, l'articolazione, la costmzione- in breve, la rappresenta
zione artistica - non dipendono da qualche artificio tecnico, ma risiedono nel pen
siero stesso: chi pensa veramente e in modo davvero profondo, esattamente come
sa formulare pensieri differenti, saprà rappresemarli in maniera adeguata.
Siano resi tutti gli onori alla nostalgia di questi compositori per l'architettura: ma
se aspirano a forme più elevate dovranno frugare un po' meglio nell'armamen
tario dell'arte musicale.
MOdling, 29/VII.l925
L'tlrlicofo da!
Neues\XIienerjournal
che diede origi�e
a ,(J'onalità
e articolazione».
Opinione o cognizione?
Prescindendo da coloro che ancora oggi se la cavano con qualche triade to
nale (cosa che ha comunque una certa giustificazione se considerata come una
faccenda privata), dall'opera di Wagner, Strauss, Mahler, Reger, Debussy, Puc
cini ecc. la maggior parte dei compositori vivemi ha tratto determinate con
seguenze da un punto di vista armonico, il cui risultato va indicato nell'e
mancipazione della dissonanza. Così facendo, però, si è accentuato l'indebo
limento del baricentro tonale, già percepibile in Wagner, e sono sorti problemi
non risolvibili con la fede dei seguaci di partito, ma soltanto con ia cognizione.
Avere fede è dolce e consolante, ma pure le religioni hanno un'evoluzione,
nella loro tendenza a cercare di conoscere l'essenza divina nella forma più per
fetta. Quindi per quale motivo la fede, che ritiene definitivo ciò che è in mu-
1 12 Quntiollidi lroria mu.fir:ale
La tonalità viene a ragione dedotta dalle leggi della nota musicale. La musica però
segue, oltre a queste e alle leggi che derivano dalla combinazione di tempo e note,
anche le leggi del nostro pensare. Esso ci costringe a ordinare e mettere in rilievo
gli elementi che creano il nesso con tale frequenza e in modo così plastico che il
poco tempo concesso dal decorso degli eventi sia sufficiente per riconoscere le
Gestallen, coglierne il nesso e capirne il senso. Le digressioni più facilmente ri
conducibili al tono fondamentale vengono comprese con estrema semplicità: di
rettamente quelle che hanno maggiori somiglianze con esso; indirettamente quelle
in cui la consequenzialità tra costrutti lontani deriva dal riferimento a uno o più
costrutti intermedi. Comprendere la successione e il senso è tanto più difficile
quanto più i costrutti sono distanti tra loro, quanto più la digressione è ampia e
quanto più sono numerosi gli stadi intermedi necessari per cogliere il nesso. La
vera ragione per elaborare approfonditamente la tonalità consiste dunque nel
rendere facilmente comprensibili i processi. La tonalità non èfine a se stessa, ma
è un me:z:z.o in vista di uno scopo. E la sua conformità alla natura offre grandi van
taggi a chi ne fa uso. Per questo i compositori di epoche precedenti usavano
sempre grande cautela nel mettere in successione eventi arnmnici e spesso si spin
gevano fino al punto di utilizzare soltanto quelli la cui possibilità di relazione alla
fondamentale (sostenuta per di più dalle convenzioni) fosse semplice da cogliere.
Ma la comparsa degli accordi vaganti (come li ho detìniti nella mia Harlllonie
lebre), fenomeni il cui \'alore principale risiede nella molteplicità di significati, ha
ampliato a tal punto l'ambito degli eventi relazionabili a una fondamentale, che
il predominio di quest'ultima è divenuto sempre meno percepibile con i sensi ma
soltanto dimostrabile concettualmente. In altre parole: certamente, così come
tutte le strade portano a Roma, c'era anche una strada per tornare al punto di
Opmiom· o COJ!,IIiziollc? 1 13
partenza, alla fondamentale; chi si fosse perso nel labirinto doveva incolparne
quel filo rosso, da cui unicamente dipendeva il collegamento tra l'inizio e il se
guito, Inoltre, il numero degli elememi che confermano la fondamentale tendeva
sempre a diminuire rispetto a quello degli elementi che la sconfessavano e quindi
non si poteva più parlare di una n�nuralità nella prevalenza della fondamentale,
Si comprende così facilmente la resistenza contro la musica di Wagner e dei suoi
successori, determinata dall'abbandono di quella possibilità di relazione imme
diata che ancora in Beethoven e Schubert risultava comunemente efficace. A
questo si aggiunse un ulteriore elemento propulsore: la tendenza, delineatasi con
la massima intensità in Beethoven, verso una «musica come espressione», Limi
tata inizialmente a elementi dell'esecuzione (tempo, carattere, mutevolezza e si
mili) e della dinamica (accenti, crescendi e diminuendi, cambiamenti bruschi e
simili), utilizzò a questo scopo sempre pil• anche l'armonia e soprattutto i suoi
aspetti meno consueti. Ciò condusse a modulazioni improvvise e sorprendemi,
a spostamenti armonici espressivi, a strane successioni di accordi e ad accordi
particolari, oltre che a passaggi melodici nuovi, finora inusitati, a successioni in
tervallari non abituali e altro ancora, per non parlare dell'aspetto ritmico e dei
mutamenti nell'articolazione, nella costruzione fom1ale e nella congiunzione degli
elementi costitutivi tematici più piccoli (proposizioni, motivi ecc.l. È chiaro che
tutte queste tendenze a effetto eccentrico operano contro l'obiettivo di stabilire,
rendere percepibile con i sensi e mantenere attivo un centro armonico e che i
compositori postwagneriani furono molto presto obbligati a consolidare le loro
forme in modo diverso da prima. (Si consideri anche che il ricorso a un «testo»
nelle opere teatrali, nei Lieder e nei poemi sinfonici, va visto come uno dei ten
tativi di stabilire un nesso tra gli elementi eterogenei, e si ricordi che io, nel mio
saggio «Il rapporto con il testo» nel Blaut? Rriter ( l 9l2)1 mi sono allontanato forse
per primo, inizialmente da un punto di vista teorico, dalla musica d'espressione
subito dopo i miei primi passi in un nuovo ambito in cui, anche se inconscia
mente, mi ero servito di essa in misura molto ampia,)
bito fino ad allora poco considerato: quello della sonorità. Quella era l'epoca di
maggior fioritura dell'impressionismo, che così si servì degli stessi ausilii extra
musicali già usati allo stesso scopo dai classici e dai romantici. Anche se oggi al
cuni maestri di quell'epoca sconfesserebbero volentieri le opere con le quali essi
stessi hanno contribuito nel modo migliore a questa evoluzione, i loro meriti e il
loro influsso permangono, e si possono ricordare con gratitudine il coraggio, la
forza e la genuinità del loro slancio giovanile.
parsa di una triade volessi trarre pur sohamo quest'unica conseguenza, il pen
siero potrebbe inavvertitamente venire instradato su un binario sbagliato; senso
per la fom1a e logica, finora me ne hanno salvaguardato. L'ho percepito sin dai
miei primi tentativi e nella mia Harmoniclchre l'ho giustificato tra l'altro con il
fano che gli accordi consonanti, affìancati ad accordi composti da molte note,
davano un effetto vuoto e asciutto. Ma, nonostante la mia posizione attuale,
non escludo di poter usare anche accordi consonanti: non appena si troverà la
possibilità tecnica di soddisfare le loro esigenze formali, o di paralizzarle.
Sin dall'inizio mi era chiaro come, con il venir meno degli ausilii ronali nel
l'articolazione, fosse necessario trovare qualcosa in sostituzione che permet
tesse di costruire nuovamente forme più ampie. Infatti, poiché la lunghezza
è un concetto relativo ma è una delle dimensioni della musica, e quindi poiché
i brani musicali possono essere brevi o lunghi, ricorrere ai pezzi brevi può es
sere un rimedio soltanto occasionale. Partendo da queste considerazioni, sono
giunto alla composizione con dodici note. Quali strade ho seguito, direne o
indirene, e perché ciò sia stato possibile solo grazie a importanti cognizioni
sul pensiero musicale e sulla sua rappresentazione, lo spiegherò all'ocCOJsione
opportuna: quando avrò superato alcuni problemi ormai vicini alla soluzione.
Sono ancora debitore (ma ormai soltanto apparentemente) di una risposta alla do
manda se sia legittimo comporre in modo tonale o atonale, o se uno o l'altro siano
addirittura necessari oppure impossibili. Voglio innanzituuo ricordare che nella mia
Hdrmonielehre (terza edizione, p. 509)1 respingo il termine atonale. Oggi purtroppo
questo metodo compositivo è generalmente definito così, ma se si dovesse per forza
dargli un nome, saprei trovame uno solo, che non è una parola d'ordine e quindi
per fortuna non è adatto alla bandiera di un partito: composizione con dodici note
in rapporto soltanto l'una con l'altra. i\-la tornando alla nostra questione: non si può
e non si deve scrivere né in maniera tonale né in maniera atonale.� Si scrive oppure
non si scrive, non bisogna porsi domande, bisogna fare quello che si sa fare. Chi sa
comporre qualcosa di puro, potrà farlo in maniera sia tonale sia atonale; coloro in
vece che pensano in modo impuro, cioè che fanno quello che si può, hanno la pos
sibilità di fonnare tranquillamente partiti tonali o atonali, e fame pure un gran chiasso:
certamente le loro urla copriranno noi che ascoltiamo il nostro destino; e di certo
troveranno subito ascolto presso quelli che hanno l'orecchio pronto per tutto ciò
che è ambiguo e sordo a tutto ciò che è vero. Saremo costretti a rivolgerei pure noi
a costoro, quanto meno per motivi acustici: perché una sala da concerto realmente
vuota suona ancora meno di una sala piena di vuoto (con una piccola variazione).
Alcuni, che per un certo periodo mi hanno accompagnato, si sono oggi di nuovo
allontanati dai loro tentativi atonali. Ma non ho in mente questi transfughi della
Optiliom• o cogllizione? 1 17
musica atonale, che oggi si sono rifugiati in un Rinascimento della musica, se ora
voglio affermare di stimare e apprezzare molto alcuni compositori che restano
ancora legati alla tonalità o sono ritornati ad essa. Tra loro vi sono autentici ta
lenti, e hanno un compito molto importante: il salto da un metodo compositivo
legato alla tonalità al mio fu molto veloce e improwiso. Bisogna preparare l'o
recchio dell'ascohatore ancora a lungo, prima che i suoni dissonanti risultino owi
e i processi basati su di essi diventino comprensibili, e la loro attività mi sembra
assai adatta a mitigare questa situazione. Il pensiero è fuori del tempo, e quindi
può tranquillamente aspettare; tuttavia il linguaggio deve affrettarsi!
Vienna, 27 .X. I 925
Per la maggior parte di noi, che non abbiamo una conoscenza approfondita del
l' astronomia, in generale il sole sorge più o meno a est e la volta stellata è una
tappezzeria con belle decorazioni, nella quale riconosciamo in qualche modo al
cune forme, ma che non cambia sostanzialmente la sua Gesta/t. Eppure sappiamo
che i piccoli cambiamenti che ognuno percepisce sono in realtà movimenti gi
ganteschi e che, quando noi li percepiamo, sono probabilmente già accaduti da
qualche migliaio di anni. Potrebbero essere stati disnuni mondi, ma in ogni caso
non dobbiamo preoccuparcene: per fortuna la distanza è enorme ... !
Osserviamo un fatto artistico da una distanza umana, cioè molto inferiore:
Wagner racconta che Spontini si definiva l'inventore del ritardo di sesta e che
riteneva questa invenzione così importante da considerare impossibile un'evo
luzione ulteriore della musica senza di lei. A suo avviso l'universo musiatle avrebbe
evidentemente dovuto fermarsi dopo che egli, secondo la citazione da Wagner,
«fece questa grande rivoluzione».
Oggi quasi non conosciamo Spontini e in ogni caso non possiamo più imma
ginare la grande rivoluzione determinata dall'introduzione di questo ritardo.
Paragonate ora insieme con me la nostra calma di fronte allo scontro di due
pianeti con l'agitazione del pubblico operistico, sconvolto dal ritardo di sesta alla
prima rappresentazione della Vesta/c di Spontini a Parigi! 1
Ma anche se avessimo motivo di assumere un atteggiamento più ostile di fronte
alle minacce degli astri piuttosto che verso i cambiamenti nell'arte, non possiamo
negare che questi ultimi - per minimi che siano e sebbene ci inviino segnali che
all'inizio vengono fraintesi e compresi soltanto dopo decenni - d riguardano di
più di quelle. Ci danno un'informazione che è possibile confermare nella sua ve
ridicilà nel corso di una generazione.
Tuttavia, diamo per assodato come questi cambiamenti ci sembrino in sé mi-
Conferenza introd1111iva a Die gliickliche lland 435
nimi, talmente insignificanti che non potremmo pil1 immaginare una musica senza
il ritardo di sesta, che percepiamo la differenza tra Haydn e Mozan soltanto come
una questione di personalità, che la diversità tra i predecessori di BAch ci sembra
quasi trascurabile e che riconosciamo in modo assoluto e immediato soltanto dif
ferenziazioni più ampie come per esempio quella tra Wagner e Bach.
Chiediamoci allora: per quale ragione tali piccoli cambiamenti vengono re
cepiti come sconvolgimenti, li si chiama rivoluzioni, ci inquietano tanto?
In realtà, dipende evidentemente dal fano che l'effeno di questi cambiamenti
all'interno dell'opera d'arte eguaglia il cambiamento di orbita di un pianeta, al
meno per quanto riguarda la nostra capacità di comprensione, che teme di tro
vare die1ro alla nuova Gestall un essere nuovo, sconosciu10, incomprensibile.
E a buon diritto, perché in effetti questo accade davvero!
Come in ambito chimico un atomo di idro�eno in più, un atomo di carbonio
in meno o una disposizione e tensione diversa possono trasformare una sostanza
priva d'interesse in un colore o addirittura in un esplosivo, così succede in mu
sica: un piccolo cambiamento nella successione delle note, una diversa modalità
di collegamento e, subito, note precedentemente innocue risplendono di luce co
lorata o minacciano addirittura di far esplodere una forma ancora così solida un
momento prima.
Questo non accade soltanto in musica, ma in tutte le arti; anche nel teatro
musicale, che è certamente un'arte molto più composita di t une le altre arti, nella
quale, quindi, il più piccolo mutamento nella posizione o nel collegamento delle
parti che la compongono modifica sostanzialmente la fisionomia complessiva,
motivo per cui si richiede la massima sensibilità anche a tutti gli esecuwri per
realizzare la volontà di un autore.
In fondo, tutti i cambiamenti stilistid nell'evoluzione del teatro musicale si ba
sano su simili modifiche di quantità e di posizione. Se una certa epoca ha portato
in primo piano l'intreccio drammatico e, in \'irtù di ques10, allentato l'impian10
fonnale, è forse possibile che già l'epoca successiva veda di nuovo l'elemento prin
cipale e dominante nel canto, intendendolo ancora come stile melodico o virtuo
sistico; se per un'altra epoca l'aspeno sovrano della musica consiste nel trana
mento sinfonico dell'orchestra, in seguito l'unico valore riconosciuto sarà certa
mente un «ritorno alla natura»; un'epoca di «sano realismo» potrà risultare tanto
vicina quanto una caratterizzata da un trattamento simbolistico dei contenuti.
Per quanto cambi esteriormente il fenomeno formale, dopo cent'anni tutto
quello che all'inizio non era riconducibile a qualcosa di consueto è sbiadito a tal
punto che si vedono più le analogie che le differenze.
Ora, Dic glficklichc Hand è stata composta molto prima della guerra, in un'e
poca in cui il realismo era già superato e anche il simbolismo era in declino. Come
sempre in tali periodi, si aveva l'impressione che non si potesse proseguire con i
436 \'i/Q, opere e pemiero
vecchi mezzi, che gli ambiti d'espressione fossero inariditi e le possibilità di rap
presentazione esaurite. Si anelava a nuovi costrutti e nuovi contenuti.
Da tempo avevo in mente una forma che, a dire il vero, credevo essere l'unica
a consentire a un musicista di esprimersi nel teatro. La chiamavo- nel linguaggio
colloquiale con me stesso: fare m u s i c a con i m e z z i s c e n i c i .
È difficile dire d i che cosa s i tratti, m a voglio cercare d i spiegarlo.
In realtà le note - a guardare con chiarezza e sobrietà - non sono altro che
un particolare tipo di vibrazioni dell'aria e come tali provocano una qualche im
pressione sull'organo sensoriale coinvolto, l'orecchio. Tuttavia, collegandole re
ciprocamente in una maniera particolare, evocano determinate impressioni arti
stiche e spirituali, per così dire. Poiché però questa capacità non è affatto insita
nella singola nota, dovrebbe essere possibile, a determinate condizioni, evocare
effetti simili anche con altri materiali; bisognerebbe tranarli come le note; biso
gnerebbe cioè riuscire, senza in questo modo negare le loro qualità ma indipen
dememente da esse, a collegarli in forme e figure, dopo averli misurati esatta·
mente come le note, secondo la durata, l'altezza, l'ampiezza, l'intensità e molte
altre dimensioni; bisognerebbe essere capaci di parli in rapporto tra loro seguendo
leggi più profonde di quanto non siano le leggi del materiale, seguendo le leggi
di un mondo edificato dal suo creatore secondo misure e numeri.
Non posso affermare di aver pensato che fosse possibile realizzare questa in
tenzione seguendo un percorso esclusivamente razionale. Infatti, i mezzi scenici
in realtà non sono note e sarebbe assolutamente arbitrario voler costruire per
esempio una scala della mimica facciale o un ritmo della luce. Naturalmente, un
simile tentativo pmrebbe essere affrontato soltanto da qualcuno che ha fiducia
nel proprio senso della forma; che si ritiene sicuro - indipendentemente dalle ca
ratteristiche dei pensieri da rappresentare - di saper! i pensare; che è convinto di
saper imporre i sentimenti che deve esprimere, indipendentemente dal fatto che
possano risultare provocatori per qualcun altro. Ma se si avesse questa fiducia,
ci si potrebbe tranquillamente abbandonare alla propria fantasia, senza formu
lare teorie. Questo tipo di arte è stata definita, non so perché, espressionistica,
ma essa non ha espresso nulla più di quel che era in lei ! Anch'io le ho dato un
nome ma non è diventato popolare. Ho detto: è l'arte della rappresentazione dei
processi interiori. Ma devo dirlo a bassa voce, perché oggi tutto questo è tacciato
di r o m a n t i c i s m o. Non si è ancora in grado di stabilire neanche per appros
simazione chi tra Brahms e Bruckner è stato il più grande compositore, non ci si
riesce ancora a mettere d'accordo sull'importanza di Mahler per esempio, addi
rittura non si sa decidere se Schiller è stato un grande poeta come Goethe... ma
si è già deciso in modo incontroverribile che l'epoca del romanticismo è durata
fino al novembre 1 9 1 8 e che tutto quanto è staro serino fino a quella data è già
invecchiaro da tempo.
Cou/erenza introduuiva d Die gllickliche Hand 437
Die g/Uckliche Hdnd è stata serina circa nel 1912, quindi è già molto invec
chiata. Tuttavia, voglio mostrarvi con qualche esempio come intendevo questo
fare musica con i mezzi scenici.
All'inizio vedete dodici macchie bianche su uno sfondo nero, i volti di 6 donne
e di 6 uomini, o meglio i loro sguardi. Questo è un aspetto della mimica facciale,
è un mezzo scenico. Ora, l'impressione che mi accompagnava nella scrittura di
ques10 pezzo era all'incirca quella di percepire un c o r o di sguardi, così come si
percepiscono gli sguardi, come si awenono anche senza vederli, come comuni
cano qualcosa. Quello che questi sguardi comunicano è traslato nelle parole can
tate dal coro e nei colori che appaiono sui volti. La maniera in cui questa idea è
stata resa musicalmente testimonia l'unitarietà della concezione: nonostante le
variegate configurazioni di alcune voci principali, l'intera sezione introduttiva
viene per così dire «immobilizzata>> da un accordo scritto come un ostinato, esat
tamente come gli sguardi, fissi e immobili, rimangono rivolti verso l'Uomo; l'o
stinato della musica rende palese come questi sguardi costituiscano, a loro volta,
un ostinato.
Un altro esempio: il crescendo della luce, della bufera e dell'azione dell'Uomo.
Di ceno si potrebbe interpretare facilmente l'intero processo in modo realistico
come espressione di semimemi e presagi di gelosia. Eppure l'insieme è ben più
di questo e tengo a spiegare che da una semplice comprensione simbolica di questi
particolari si otterrebbe un'immagine fuorviante. Certo, da un punto di vista pu
ramente esteriore questo crescendo è rivestito di un dolore crescente. Ma questa
veste è soltanto un involucro esteriore, è solamente una linea di confine. Si rico
nosce in maniera più netta osservando come sia la luce sia i colori ma soprattutto
la musica seguano un percorso che non procede affatto per linea rettll, come per
esempio la macchina del vento o altri elementi dinamici.
Questi ultimi sono meno adatti a uno sviluppo più complicato e rimangono
quindi su una linea retta, limitandosi a un'ascesa diretta.2 Così da un lato for
mano la spina dorsale dello sviluppo, dall'altro servono ll f<tr risaltare meglio gli
elementi di livello superiore. Ma il gioco della luce e dei colori non è costruito
soltanto secondo diverse intensità, ma anche secondo valori paragonabili sola
mente a quelli delle altezze. Anche le note si collegano tra loro agevolmente sol
tanto se hanno un rapporto reciproco di fondo; analogamente le tonalità di co
lore si collegano auraverso il rapporto fondamentale che hanno l'una con l'altra.
Ma il fattore decisivo è che un processo spirituale sicuramente scaturito dal
l'azione non viene espresso soltanto con i gesti, i movimenti e la musica, ma anche
con i colori e la luce; e deve essere chiaro che qui gesti, colori e luce vengono trat
tati in modo simile alle note, che con loro si fa musica, che da singole intensità
di luce e tonalità di colore vengono create, per così dire, figure e Gestalten, si
mili alle Gestaltm, ;�Ile figure e ai motivi della musica.
438 Fila, opere e pen5iero
Un ulteriore esempio sono i veli neri che, secondo le indicazioni di regia, ca
dono sull'Uomo alla fine del primo quadro.' L'idea di fondo è all'incirca quella
di una tenebra in movimento! Come se fossero accordi gravi! L'offuscamemo di
un'oscurità, come un cambiamento di colore in un accordo scuro e fosco.
Porterebbe certamente troppo lontano voler citare tutti gli esempi che danno
l'idea di questo fare musica con i mezzi scenici. Penso però di poter dire che ogni
parola, ogni gesto, ogni raggio di luce, ogni costume e ogni scena non vogliono
simboleggiare nulla di diverso da quello che di solito simboleggiano le note. Ogni
elemento significa meno di quel che significano le note musicali.
In chiusura vorrei ancora spiegare una cosa che mi è stata chiesta spesso: che
cosa significa il titolo del brano. Questo titolo- Die gliickliche Hand, la mano fe
lice - si collega al testo verso la fine del secondo quadro, dove si legge: «L'uomo
non si preoccupa che ella sia scomparsa: è ancora nella sua mano ed egli continua
a contemplarla». Forse anche questa è una buona occasione per mostrare che
cosa intendo con «far musica con i mezzi scenici». Infatti, qui si fa musica con i
concetti, per così dire. Le nostre estremità, quindi anche le mani, servono a rea
lizzare la nostra volontà, a esprimere ed esternare quello che non deve rimanere
dentro di noi. Una mano felice agisce all'esterno, molto al di là del nostro io ben
protetto, e più arriva lontano più si allontana da noi; una mano felice, inoltre, è
soltanto una felicità a portata di mano; e ancora: un corpo felice è una mano fe
lice, è felicità a portata di mano. La felicità sulla puma delle dita: tu che hai l'ul
traterreno in te, aneli a ciò che è terreno .... ?
Allora ero spinto a dar voce a un certo pessimismo: una mano felice che cerca
di afferrare quello che può soltanto sfuggirle quando lo agguanta.
Una mano felice che non mantiene quello che promette!
[24 marzo 1928]
Tn tlltl <JRl<OIN,\LE: Vorlrag zur l:."ùt/Ubrtmg in Die p;IU.ckliche l I and gesprot-bett Ùl Bres/au
F<lNTC: ASC T 16.04; categoria: Vonriige 3 . Dattiloscritto non dall!locon correzioni e in
tep;razioni amogrnfe.
SchOnherg lesse questo testo allo Staduhe-dter di Breslavia in occasione della rappre
sentazione diretta da Pritz Conolezis con la regia di l lerben Graf, avvenuta il 24 marzo
1928. Si trattava del primo allestimento successivo alla prima assoluta del 14 onobre 1924
ali il Volksoper di Vi enna, per la direzione di Fritz Stiedry e la regia di Josef Tumau (seb
bene il dramma fosse concluso già nel 1 9 1 3 ) . Cfr anche AS.SW, Abt. m: Blihnenwerke,
Reihe B. Bd. 6, Teil 3, a cura di U. Scheideler, pp. 339-343.
La soddisfazione di SchOnberg per la rappresentazione di Breslavia è espressa nella
sua lettera a Turnau del 29 marzo 1928, cfr. AS.l., pp. 138-1 39.
634 Note alla Seconda parte
Tonalità e arlicolav"otte
1 SchOnbcrg si riferisce all'articolo di Elsa Bicnenfdd, imirolato «Die Muslk der flinf und der
S...-.::hs,. (la musica <ki Cinque c dci Sci), opparsodomcniCD26 1u�:lio 1915 o p. 18 del quotidiano Neue•
Wiener /ourm�l (il ritaglio è conservato insieme con il manoscritto, cfr. immo�:inc o p. 1 10). In porti·
colare, Bicncnfdd auribuiva aJ .,consor..JO» dd Gruppo dd Sei i seguenti «prindpi artistici»: «Il ero·
motismo è proibito in quanto m�-zzo espressivo preferito dal romanticismo. (Quindi anche Amold
SchOnberg è vietato. poiché porto il cromatismo alle estreme conseguenze. fino o renderlo automa·
tico.)» e «lnvcrc, bisogna ripristinarel'armonia diotonica, pcrçhésoltanto ncllotonalitil è po$sibile
quello solido orçhitl"Ciuro che �ma le mosse, le orJina e le contrappone ebiaramcntCIO. Nello stesso
articolo SehOnberg è citato anche nella frase seguente: «l:impressionismo fl"llllecsc, rappresentato da
Dcbussy. c i primi tentativi impressionistici di AmolJ SchOnberg erano stimolati dall'orientamento
primitivo c privo di presupposti dd fantasioso russo [Musor�:skiiJ». Inoltre, de-'C 3\'Crc particolar·
mente irritato SchOnber�: la chiuso Jcll'articolo: ..Però mllf!l!iOre e minore trionfano oncotu!».
Nel lascito sono conservati ulteriori intcn•cnti critici su Elsa Bienenfcld, rcdaui ncl i927 c nel
1918 (T02.16e T 05.47). Alban Bcrg aveva !:iii polcmizzato contro Bicncnfdd nel 1920 con lo scriuo
ocDuc fcuilk-con. La critico music:�lc \"ienncsc» IAB.SL, pp. } 17·32,), o.lloru non pubbli<;llto mo nolo
a SchOnbcr� poiché im•ioto!(li con la leuero Jcl 9 settembre 192 1 .
Opinione o cogniv"one?