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Arnold Schonberg

Stile e pensiero
Scritti su musica e società

A cura di Anna Maria Morazzoni


Premessa di Nuria Schoenbcrg Nono

Traduzione di Pù•tro Cavallotll; Fmncesco Finocchiaro,


Anna Maria Morav:oni

ilSaggiatore
www .saggiatore.it

© Behnont Music Publishers, Pacific Palisades 2008

© il Saggiatore s.I'.A., Milano 2008


Stile e pensiero
Sommario

Premessa di Nuria Schoenberg Nono XIII


Introduzione di Anna Maria Morazzoni xv

PRIMA PARTE. Aforismi e pensieri sparsi


Aforismi pubblicati 3
Aforismi inediti IO
Pensieri sparsi 19

SECONDA PARTE. Questioni di teoria musicale


A proposito di critica musicale 29
Problemi dell'insegnamento dell'arte 35
L'opera e l'essenza di Franz Liszt 40
Il rapporto con il testo 45
Conferenza su Gustav Mahler 50
Perché le nuove melodie sono difficili da capire 73
Composizione con dodici note [lJ 75
Simmenia 77
Il pensiero musicale e la sua rappresentazione 78
L Sulla «rappresentazione del pensiero» 78
IL Sulla terminologia della domina della fomm 78
I I I . Senza titolo 80
IV. Senza 1i1olo 87
V. Rappresentazione del pensiero 93
VI. Rappresentazione del pensiero musicale 95
VII. Il pensiero musicale, la sua rnppresen1azione
e la sua elabornzione 96
VIII. Senza litolo 101
Domina della forma 104
Tonalità e articolazione 107
Opinione o cognizione? 111
Ispirazione 1 18
Problemi di armonia 120
Contrappumo amico e nuovo 139
Sulla questione del moderno insegnamento di composizione 141
Musica nazionale 145
Sulla dottrina della composizione 151
Qualcosa su Bach 155
Perché non esiste una grande musica americana? 157
Educare l'orecchio auraverso la composizione 163
L'arte e il cinema 169
Composizione con dodici note [II] 174
Musica Nuova, Musica Fuori Moda, Stile e Pensiero 203
Composizione con dodici note [III] 215
Brahms i l Progressivo 219
Il compito dell'insegname 261
Bach 264

TERZA PARTE. Questioni sociali


Per la salvaguardia militare della pace 271
Sezione «Musica» da Linee guida per un Dipartimento delle Arti 278
Lettere a Kandinskij del 1923 283
L'imborghesimento del proletariato 289
Posizione sul sionismo 291
Temi sociali, economici ecc. 293
La morale è debolezza - Eroe oppure martire 300
Lettere all'Accademia prussiana delle Arti 303
Appello d'aiuto 306
Da quando esistono gli ebrei 309
Questione ebraica (Arcachon) 3 10
Ai nuotatori della Hakoah, Vienna 3 18
Un programma in quattro punti per la comunità ebraica 320
Offerta di pace alla Germania da parte della comunità ebraica 341
Come può guadagnarsi da vivere uno studente di musica? 343
Incoraggiare i musicisti minori 347
Alcuni problemi per l'educatore 351
Togliere il profitto dalla guerra 360
Dirini dell'uomo 363
Subordinazione 370
Per la presidenza onoraria dell'Accademia musicale di Israele 372
Leuere del l95 1 verso Israele 374

QUARTA PARTE. Vita, opere e pensiero


A proposito di Verkliirte Nacht 381
Abbozzo di testamento 383
Intervista con Pau! Wilhelm 388
Prefazione al programma per la prima esecuzione
dei Gurrelieder e dei George-Ueder 391
Dedica della Harmonielehre a Mahler 393
Testamemo del l 9 1 5 394
Falso allarme 396
Musica da camera in grandi sale da concerto 400
Certezza 402
Ostinato 404
Il golem dell'ane 405
Questionario sull'orecchio assoluto 406
A proposito di Friede auf Erden 410
Cervello d a teorico 412
Musica nuova 414
Requiem per Mathilde 417
Politonalisti 418
Per i l mio cinquantesimo compleanno 420
Epigrafe per Trude nella Harmonielehrl' 423
Prefazione Onutilizzata) alle op. 27 e 28 424
Sguardi 428
Il film sonoro 429
Amicritica 431
Finalmente solo! 433
Conferenza imroduttiva a Die gliickliche Hand 434
Tormento creativo 439
Pàthos 441
Bohème 443
Manca al mondo un inno per la pace? 445
Gli insegnanti 447
Io e l'egemonia in musica 451
A proposito di Von beute auf morgen 453
Il mio pubblico 456
Provare tanto o poco 460
Esordio della conferenza sulle Variazioni per orchestra op. 3 1 462
Risposte a domande scientifiche 464
Caratteristiche della logica 470
Tranquillità 472
Bach e le dodici note 473
Osservazioni sul neonato 474
La priorità 475
I miei oppositori 480
A proposito di Moses 1md Aron 481
A proposito di Der biblische Weg 483
Ringraziamenti per gli auguri per il sessantesimo compleanno 487
Informazioni sul Concerto per quaneuo d'archi 493
Successo e valore 495
Che cosa può aspettarsi la geme dalla musica? 499
Abbozzo di una prefazione alla Suite per orchestra d'archi 503
Nel vemicinquesimo anniversario della morte di Mahler 505
Prefazione ai dischi dei Quartetti per archi 507
Influssi pittorici 512
A proposito d i Kol nidre 5 14
Schopenhauer 516
A proposito di Themeand Variations 518
Come giunsi a comporre Ode l o Napoleon 520
A tutti i miei critici 522
Resoconto sulla vita della famiglia Schoenberg prima
e durante la guerra 523
Filologia musicale 528
Maturità (autoanalisi) 529
Quando dipingevo 533
A proposito di A Survivor /rom Warsaw 534
On n•vient toujours 535
Intervista sulla pittura 537
Essere riconosciuto soltanto dopo la morte - - - -! 540
Discorso per il conferimento della cittadinanza onoraria di Vienna 542
Abbozzo per Moderne Psalmen 544
Introduzione per una trasmissione radiofonica dell'incisione Capitai
di Pelléas e Mélisande 546
Un salmo 547
Per l'esecuzione dei Gu"elieder a Cincinnati 548
QUINTA PARTE. Testimonianze
Gustav Mahler 553
Elogio di Mengelberg 555
Karl Kraus 557
Alexander von Zemlinsky 559
Amon Webern 561
Davi d Josef Bach 563
Johann Strauss 566
Adolf Loos 567
Respighi e la musica nazionale italiana 573
Osservazioni su Stravinskij 575
Franz Schreker 577
Professarsi per Schubert 579
Il Wiener Streichquartett 581
Alban Berg 582
Puccini 585
Oskar Kokoschka 586
De Falla 587
Richard Wagner 588
Abbozzo di una commemorazione per Hertzka 591
Max Liebermann 593
Per il Quartetto Rosé 595
I miei rapporti con Kandinskij 596
Per il libro su Berg di Reich e Wiesengrund 597
George Gershwin 603
Oskar Adler 606
L'ensemble per Pierrot lunoire 609
Sir Henry Wood 611
Richard Strauss - Wilhelm Furtwiingler 613
Wiesengrund 615
Arturo Toscanini 619

Note 62 1
Abbreviazioni bibliogro/iche 689
Indice dei nomi e delle opere 693
Perché le nuove melodie sono difficili da capire

Ogni melodia si realizza ripetendo un motivo fondamentale pil1 o meno variato.


Essa è primitiva e semplice quando la variazione è limitata e le ripetizioni sono
numerose. Se non si può esigere molto dalla capacità di comprensione oppure se
il tempo delle ripetizioni è molto veloce, la sua organizzazione interna deve es­
sere povera. Però ogni melodia veramente nuova deve tranare i suoi minuscoli
organismi come presupposto della sua novità, e perciò può elaborare motivi fon­
damentali poco innovativi in variazioni più o meno artistiche, e svilupparsi così
più velocemente, oppure può elaborare motivi assolutamente nuovi sviluppan­
doli lentamente anche in molte variazioni. Non può essere nell'interesse dell'arte
procedere sistemalicamente, cioè rappresentare sempre per prima cosa il motivo
più semplice possibile nella maniera più ampia possibile per passare soltanto in
seguito a nuovi motivi o a loro elaborazioni più veloci una volta che tutte le fomle
più semplici sono esaurite. L'arte è paga di casi esemplari, lascia il resto al kitsch
e alle canzonette, salta alcuni passaggi logici e pone le nuove forme, apparente­
mente senza mediazione, accanto a quelle tradizionali. Sempre in relazione al pas­
sato, le caratteristiche delle nuove forme sono le seguenti: il noto viene presup­
posto come noto, e quindi non viene più menzionato: le peculiarità del nuovo
comportano nuove forme di variazione (sfruttando anche i suoi metodi); si av­
verte meno il bisogno di rendere evidente l'affinità tra gli elementi che creano
nesso e di presemarla lentamente: si fa affidamento sul fatto che un nesso per­
cepito come tale sussista anche qualora non vengano elaborati parallelamente i
metodi del collegamento; si risparmia spazio e non si esprime con dieci parole
ciò che può essere detto in due.
Questa brevità è molesta a chi voglia gustare con comodo. Ma perché biso­
gnerebbe dare ragione proprio a quelli che pensano troppo lentamente?
Berlin Si.idende, 10/X. l913
74 Questio11i di teoria musicale

TITOLO ORIGINALI.:: \Varum neue Melodien Khwer verstii11dlich sind


FoNTli: ASC T 2 1 .03: categoria: deesl. Manoscritto firmalo.
Il lesto fu pubblica1o in Die Kon;,ertwoche O'alleglliO Ili programmi di sala del Kon­
zerlhaus di Vienna) del 19-26 onobre 1 9 1 3 , n. l, senza numero di pagina; l'esemplare di
SchOnberg (T 14.19; categoria: Gedmckte Aufsiitze 15) e andato perduto. La nostra fonle,
così come il testo pubblicato, corrisponde al manoscriuo T 34.03 (categoria: Musik 4),
che reca il 1itolo «Ripelizione».
Composizione con dodici note [l]

NeUa composizione con dQ(Iici ome vengono possibilmente evitati i suoni consonan­
ti (accordi maggiori o minori) e anche le dissonanze più semplici (triadi diminuite,
accordi di senima, e in generale quasi tutto ciò che gira intorno all'am10nia tradi­
zionale). La nuova arte non si basa però su una legge naturale. Forse è soltanto un
fenomeno di reazione, privo di una causa propria, ma derivato da un altro feno­
meno, al quale tende a comrapporsi pur condividendone in sostanza le leggi. Si basa
sull'aspirazione inconscia a mettere alla prova i nuovi mezzi in modo indipendente,
a derivarne possibilità di articolazione formale, a realizzare soltanto con loro tutti
gli effeni di uno stile chiaro, di una rappresentazione solida, limpida e completa del
pensiero musicale. Chi continua a usare i mezzi consueti nel modo tradizionale, si
rispam1ia la fatica di coltivare i nuovi, ma rinuncia anche alla possibilità di gustare
ciò che offrono soltanto i mezzi nuovi, una volta esclusi quelli tradizionali!
Un'epoca successiva riuscirà forse ( ! ) a utilizzarli insieme alla stessa maniera,
come ultimamente uno stile misto, in parte omofonico e in parte polifonico, ha
tentato di collegare questi due princìpi compositivi (che in realtà sono ben più
diversificati), sebbene sia arduo considerare felice tale collegamento.
Il presupposto più importante della composizione con dodici note si basa
sulla seguente tesi: la dimensione venicale (armonie, accordi, conseguenze della
condotta delle voci) è parte dell'espressione e della rappresentazione del pen­
siero musicale proprio come quella orizzontale (motivo, Gesta/t, proposizione,
frase, melodia ecc.) ed è subordinata, esattamente come quella, alle leggi della
comprensibilità.
Questa legge, formulata e compresa nel suo significato da me per primo,
agisce:

a) nelle forme omofoniche: dove, per favorire l'evolversi della voce principale,
regna una certa economia nella dimensione armonica, che le consente di svol-
76 Qunlùmi di lt:oria muJicah:

gere un influsso decisivo sullo sviluppo del costrutto (contrasti. punti culmi­
nami, sposramenti armonici, inrensificazioni, variazioni);
b) nella musica polifonica: dove motivi, Geslalten, temi, proposizioni e simili
non riescono mai a espandersi oltre una certa ampiezza (quindi regna qui
un'economia analoga), non vengono mai elaborati, non si scindono in nuove
Geslalten e raramente vengono variati; infatti l'intero sviluppo (o quasi) av­
viene auraverso un cambiamento nella relazione reciproca delle singole pani
del pensiero tra loro. Queste non sono presenri in una sola voce, al contrario
il pensiero è composto sin dall'inizio da più voci, ognuna delle quali ne con­
tiene una pane ben precisa; e quando mura la relazione verticale reciproca,
le parti non solo possono ma forse addirinura devono rimanere invariate, al­
trimenti non sarebbe garantita la nascita di una relazione completamente
nuova (la nuova derivazione dal pensiero in questione)!
c) nella composizione con dodici note: dove non bisogna inrerrogarsi sul carat­
tere più o meno dissonante di un aggregato, perché l'aggregato in quanto tale
(indipendentemente dal fano che il suo effetto sia pregnante o meno) come
elemento compositivo è fuori discussione.1 Questo aggregato non si sviluppa,
o meglio, non si sviluppa in sé, invece si sviluppa il rappono reciproco delle
dodici nOle sulla base di una particolare successione seriale (motivo) prescritta
dall'idea originaria (dal pensiero ! ) . Così, un accordo consonante iniziale non
può alludere qui a un ambito ronale, né uno dissonante comportare una ri­
soluzione. (Ma che senso ha utilizzare tali accordi, se le conseguenze formali
a cui conducono non vengono comprese in quanto non sono percepite?)

Nella composizione con dodici note, è posta in discussione proprio la citata serie
di note, la cui comprensibilità come pensiero musicale è indipendente dal fatto
che le sue parti vengano proposte all'ascolto in successione o più o meno con­
temporaneamente. Ma lo sviluppo ulteriore e la velocità della rappresentazione
dipendono forse (anzi, certamente) dal fatto che la serie, già nella sua forma ori­
ginaria, sia sufficientemente comprensibile o forse al contrario troppo com­
prensibile (leggi delle modalità espressive popolari ! ).
9 maggio 1923

Originale sem·.a titolo. testo in tedesco.


FoNTl: t\SC T 34. IO: categoria: Musik 20. Dattiloscritto t-on finna e impronta digitale.
Tonalità e articolazione

Ho leno in un giornale (quindi non so se è vero)1 che un gruppo di compositori


moderni ha decretato necessario il ripristino della tonalità, perché senza di essa
non è possibile re-dlizzare un'architettura. Io non credo che si debba ripristinare
la tonalità; tuttavia, ritengo possibile che avvenga, perché la fede neUa tecnica e
nei suoi presupposti materiali è così radicata che i fanfaroni cercheranno certa­
mente di spostare le montagne anziché percorrere le strade dello spirito.
Nonostante l'abbia già confutata nella mia Harmonil'lehre - o forse proprio
per quel motivo-, l'errata convinzione che la dimensione armonica sia in grado
da sola di determinare una forma è molto diffusa. Di certo può essere sfruttata
per favorire l'anicolazione; ma soltanto in modo molto diverso si può ottenere
che una composizione non sia la giustapposizione di pani o pezzi.
I miei allievi potranno confermare che un obiettivo fondamentale del mio in­
segnamento consisteva nel chiarire la differenza tra dare forma a pensieri prin­
cipali o secondari, a introduzioni, transizioni e a sezioni conclusive; si ricorde­
ranno come io abbia sempre sostenuto che oggi la maggior parte dei composi­
tori sa solamente comporre introduzioni o porre una sezione dopo l'altra.

L'arte di una rappresentazione veramente molteplice di un pensiero è ben poco dif­


fusa. I più, oggi, ambiscono soltanto a �stile, tecnica e suono» e con questo imen­
dono alcune connotazioni del tutto esteriori e quindi estremamente appariscenti, in
funzione delle quali trascurano tutta l'antica cultura relativa all'esecuzione musicale
di un pensiero. Eppure basta prendere un romanzo del passato, per esempio uno
di Dickens, e osservarvi le molteplici diramazioni della trama e l'artisticità dell'in­
treccio per comprendere quale maestria richieda in realtà un'opera d'arte.

Questo modo primitivo di presentare un pensiero si addice alle menti incolte, ca­
paci di raccontare soltanto seguendo la successione degli eventi così come si è
108 Quesliolli di lfflria musicale

verificata, alle quali manca lo sguardo d'insieme sulla totalità, ragion per cui non
sanno né anticipare né posticipare e neppure collegare una frase all'altra se non
ricorrendo alla congiunzione ��e»: ��E allora ho deno - - - e poi ha fano - - - e
poi abbiamo riso - - - e - - - e così via». La narrazione va avanti proprio perché
il racconto �. soltanto perché è spinta da una trama ininterrotta. Ovvia­
mente, l'intensificazione è allora puramente dinamica, in quanto mmivata sol­
tanto esteriormente.

Però, sarebbe errato credere che una rappresentazione più artistica dipenda sol­
tanto da una determinata tecnica. Lavoro da pilt di dieci anni per stabilire teori­
camente queste differenze e sono giunto a un punto tale che presto potrò scri­
vere un libro sull'argomento. Ma posso già sostenere che, in realtà, bisogna con­
cepire pensieri così ricchi di relazioni da permettere una rappresentazione arti­
stica. Un pensiero primitivo non ne ha bisogno, non la consente affatto, e se qual­
cuno vi provasse comunque, essa sarebbe soltanto contorta.
Ma, in generale, non si pensa più.

Quando ero giovane era ancora vh•a una diffusa sensibilità per la forma che -
senza spiegazioni teoriche - diceva a tutti come dovesse essere formato un pen­
siero principale. Un giudizio che si senti\'a spesso era: «Questa frase divaga».
Brahms non fu l'ultimo a possedere quest'arte; la ereditarono ancora Mahler e
Strauss, ma la maggior parte dei compositori successivi non ha più idea di che
cosa si tratti.

Nella mia Harmonielehrc bo affromato l'argomento della funzione della tonalità


e ho mostrato quali siano i compiti di un compositore che voglia servirsene. La
tonalità infatti non offre soltanto un sostegno ma, al contrario, richiede di essere
sostenuta; e non è così facile come pensa quel Comitato di compositori che emette
decreti. Di certo sono l'ultimo dei compositori moderni a essersi occupato del­
l'armonia tonale nel senso dei maestri del passa10. Non è colpa mia se questa cir­
costanza non è stata presa in considerazione né capita. Chi osservasse nel mio
Primo quartetto o nella Kammcrs·ymphonie il rapporto reciproco delle tonalità
d'impianto e la loro relazione con gli eventi armonici, si farebbe un'idea di quel
che esige, in senso moderno, !'elaborazione tonale di un pensiero armonico. Forse
comprenderebbe pure perché, a partire da lì, era necessario un ulteriore passo
a\•ami, quello che ora il suddetto Consorzio di compositori vorrebbe che non
fosse mai esistito.

Perché questo Consorzio emette decreti? Io non lo farei, se volessi scrivere con
il sostegno della tonalità, non farei decreti, né li metterei per iscritto. Al contrario!
Tollalità e arlkolm::iall<' 109

Se fossi obbligato a scri\•ere un lavoro di questo genere, prima lo comporrei, e


forse dopo... - no, neanche dopo! Il pubblico è tenuto ad avere orecchi per ascol­
tare la musica, non le parole d'ordine.

Quando ascolto questi cosiddetti brani tonali, nei quali tutto ciò che da un punto
di vista tonale non sta insieme o quantomeno non viene elaborato, è sconfessato
da un accordo di Fa diesis o Do maggiore - a seconda dell'umore - alla fine (o
in un passo analogo: molti passaggi del genere potrebbero essere presi per se­
zioni conclusive! ) mi viene sempre da pensare a quei re negri, selvaggi e nudi,
che indossano soltanto cravatta e cappello.

Nella composizione l'articolazione si ottiene se: l ) c'è un corpo e 2) gli elementi di


questo corpo svolgono una � diversa e sono creati per tale funzione.
Chi li costringe soltanto esteriormente a una funzione simile attraverso un ac­
cordo qualsiasi, ricorda quei pessimi artigiani che nascondono ogni difetto di co­
struzione con la tappezzeria, che incollano sopra, ricoprono con vernice o ni­
chelaturaecc.

Oggi chi sa ancora come debba essere costruito un pensiero principale? Che cosa
bisogna fare affinché sia solido, affinché non deragli improvvisamente su un falso
binario?
Chi sa spiegare come vada costruita una forma «fluida», come debba essere
un'introduzione o una transizione?
Chi può e sa farlo, non dovrà certo chiedersi se sia necessario ripristinare la
tonalità per realizzare un'architettura.
Io so che la maggior parte dei compositori non sarebbe in grado di realiz­
zarne una con l'armonia più elementare.
E so che l'architettura, l'articolazione, la costmzione- in breve, la rappresenta­
zione artistica - non dipendono da qualche artificio tecnico, ma risiedono nel pen­
siero stesso: chi pensa veramente e in modo davvero profondo, esattamente come
sa formulare pensieri differenti, saprà rappresemarli in maniera adeguata.

Siano resi tutti gli onori alla nostalgia di questi compositori per l'architettura: ma
se aspirano a forme più elevate dovranno frugare un po' meglio nell'armamen­
tario dell'arte musicale.
MOdling, 29/VII.l925

TI HlUl OKIGINALE: Trmalitil� 1md Gliederung


r<wrt.:: ASC T 2 1 . 1 0; categoria: Manuscripts 9. Dattiloscritto.
110 Questioni d1 teoria m usica!e

Luogo e data sono desunti dal 111anoscriuo lìrmll.to T 2 1 . 1 1 ; c\Uegoria Manuscripts l O.


Questo testo apparve in traduzione inglese in The Christian Scicncc Monitor,
December 19, Boston 1925, con il titolo «Tonality anJ Foml>}, poi in The Pactfic
Coast Musician, May 4, 1935, in seguito nel volume collctt;meo Schoenbcrg, a cura
di MerleArmitage, Schirmer, New York 1937, pp. 265-30'5, e in Music and Dance
in Calt/ornia, a cura di José Rodriguez, Hollywood 1 940, pp. '50-'52. La tradu­
zione italiana di Mariangela Donà in AS.APM, pp. '5 1-'53, è condona sulla ver­
sione inglese.

L'tlrlicofo da!
Neues\XIienerjournal
che diede origi�e
a ,(J'onalità
e articolazione».
Opinione o cognizione?

Tonale o atonale? Oramai la questione se sia legittimo, permesso, possibile, ne­


cessario o indispensabile comporre in un modo o nell'altro ha assunto una forma
più pratica: è diventata una questione d'opinione. Così gli interessati, trascurando
ogni motivo oggenivo di scelta, hanno il vantaggio di poter seguire la propria in­
clinazione, capriccio e sentimento nonché alcune considerazioni pratiche d'i­
stinto autoconservativo e quindi possono sentirsi protetti da un numero pil1 o
meno grande di persone che come loro non pensano, ma che hanno inclinazioni
e propensioni, che sentono e considerano. Una questione di partito.
I partiti dipendono dai sostenitori, conquistati con parole d'ordine. Ma queste
non colgono mai il nocciolo del problema, quanto piuttosto, ben lontano da
quello, lo spazio da riservare ai seguaci di partito. Altrimenti, come si potrebbe
appagare il loro bisogno di ostentazione e di successo, se leggi severe, risultato
di conoscenze approfondite, prescrivessero la via e mostrassero che sulla via crucis
non esistono crocevia e che, se ci si trova davanti a un bivio, ci si è già allonta­
nati dall'arte?

Prescindendo da coloro che ancora oggi se la cavano con qualche triade to­
nale (cosa che ha comunque una certa giustificazione se considerata come una
faccenda privata), dall'opera di Wagner, Strauss, Mahler, Reger, Debussy, Puc­
cini ecc. la maggior parte dei compositori vivemi ha tratto determinate con­
seguenze da un punto di vista armonico, il cui risultato va indicato nell'e­
mancipazione della dissonanza. Così facendo, però, si è accentuato l'indebo­
limento del baricentro tonale, già percepibile in Wagner, e sono sorti problemi
non risolvibili con la fede dei seguaci di partito, ma soltanto con ia cognizione.
Avere fede è dolce e consolante, ma pure le religioni hanno un'evoluzione,
nella loro tendenza a cercare di conoscere l'essenza divina nella forma più per­
fetta. Quindi per quale motivo la fede, che ritiene definitivo ciò che è in mu-
1 12 Quntiollidi lroria mu.fir:ale

razione, in campo artistico dovrebbe essere legittimata a prendere una deci­


sione contraria alle certezze vive?

Molti compositori moderni credono di comporre tonalmente se nel corso di una


successione di eventi armonici non verificati e non verificabili aggiungono di tanto
in tanto una triade maggiore o minore oppure uno spostamento armonico quasi
cadenzale. Altri si ripromenono lo stesso risultato usando l'ostinato e il pedale.
Gli uni e gli altri si comportano come i fedeli che comprano un'indulgenza: tra­
discono il loro dio senza peraltro inimicarsi coloro che si definiscono suoi mini­
stri; sopra al loro trattamento nascosto e peccaminoso delle dissonanze stendono
un manto quasi nuovo di amore cristiano -germanico per il prossimo, la cui ca­
ratteristica peculiare consiste nell'uso esclusivo di quegli accidenti permessi dalla
tonalità d'impianto che vuole predominare. Probabilmente tutto questo non ha
molto a che fare con l'arte, ma voglio comunque mostrare perché.

La tonalità viene a ragione dedotta dalle leggi della nota musicale. La musica però
segue, oltre a queste e alle leggi che derivano dalla combinazione di tempo e note,
anche le leggi del nostro pensare. Esso ci costringe a ordinare e mettere in rilievo
gli elementi che creano il nesso con tale frequenza e in modo così plastico che il
poco tempo concesso dal decorso degli eventi sia sufficiente per riconoscere le
Gestallen, coglierne il nesso e capirne il senso. Le digressioni più facilmente ri­
conducibili al tono fondamentale vengono comprese con estrema semplicità: di­
rettamente quelle che hanno maggiori somiglianze con esso; indirettamente quelle
in cui la consequenzialità tra costrutti lontani deriva dal riferimento a uno o più
costrutti intermedi. Comprendere la successione e il senso è tanto più difficile
quanto più i costrutti sono distanti tra loro, quanto più la digressione è ampia e
quanto più sono numerosi gli stadi intermedi necessari per cogliere il nesso. La
vera ragione per elaborare approfonditamente la tonalità consiste dunque nel
rendere facilmente comprensibili i processi. La tonalità non èfine a se stessa, ma
è un me:z:z.o in vista di uno scopo. E la sua conformità alla natura offre grandi van­
taggi a chi ne fa uso. Per questo i compositori di epoche precedenti usavano
sempre grande cautela nel mettere in successione eventi arnmnici e spesso si spin­
gevano fino al punto di utilizzare soltanto quelli la cui possibilità di relazione alla
fondamentale (sostenuta per di più dalle convenzioni) fosse semplice da cogliere.
Ma la comparsa degli accordi vaganti (come li ho detìniti nella mia Harlllonie­
lebre), fenomeni il cui \'alore principale risiede nella molteplicità di significati, ha
ampliato a tal punto l'ambito degli eventi relazionabili a una fondamentale, che
il predominio di quest'ultima è divenuto sempre meno percepibile con i sensi ma
soltanto dimostrabile concettualmente. In altre parole: certamente, così come
tutte le strade portano a Roma, c'era anche una strada per tornare al punto di
Opmiom· o COJ!,IIiziollc? 1 13

partenza, alla fondamentale; chi si fosse perso nel labirinto doveva incolparne
quel filo rosso, da cui unicamente dipendeva il collegamento tra l'inizio e il se­
guito, Inoltre, il numero degli elememi che confermano la fondamentale tendeva
sempre a diminuire rispetto a quello degli elementi che la sconfessavano e quindi
non si poteva più parlare di una n�nuralità nella prevalenza della fondamentale,
Si comprende così facilmente la resistenza contro la musica di Wagner e dei suoi
successori, determinata dall'abbandono di quella possibilità di relazione imme­
diata che ancora in Beethoven e Schubert risultava comunemente efficace. A
questo si aggiunse un ulteriore elemento propulsore: la tendenza, delineatasi con
la massima intensità in Beethoven, verso una «musica come espressione», Limi­
tata inizialmente a elementi dell'esecuzione (tempo, carattere, mutevolezza e si­
mili) e della dinamica (accenti, crescendi e diminuendi, cambiamenti bruschi e
simili), utilizzò a questo scopo sempre pil• anche l'armonia e soprattutto i suoi
aspetti meno consueti. Ciò condusse a modulazioni improvvise e sorprendemi,
a spostamenti armonici espressivi, a strane successioni di accordi e ad accordi
particolari, oltre che a passaggi melodici nuovi, finora inusitati, a successioni in­
tervallari non abituali e altro ancora, per non parlare dell'aspetto ritmico e dei
mutamenti nell'articolazione, nella costruzione fom1ale e nella congiunzione degli
elementi costitutivi tematici più piccoli (proposizioni, motivi ecc.l. È chiaro che
tutte queste tendenze a effetto eccentrico operano contro l'obiettivo di stabilire,
rendere percepibile con i sensi e mantenere attivo un centro armonico e che i
compositori postwagneriani furono molto presto obbligati a consolidare le loro
forme in modo diverso da prima. (Si consideri anche che il ricorso a un «testo»
nelle opere teatrali, nei Lieder e nei poemi sinfonici, va visto come uno dei ten­
tativi di stabilire un nesso tra gli elementi eterogenei, e si ricordi che io, nel mio
saggio «Il rapporto con il testo» nel Blaut? Rriter ( l 9l2)1 mi sono allontanato forse
per primo, inizialmente da un punto di vista teorico, dalla musica d'espressione
subito dopo i miei primi passi in un nuovo ambito in cui, anche se inconscia­
mente, mi ero servito di essa in misura molto ampia,)

L'emancipazione della dissonanza, cioè l'equiparazione di quest'ultima ai suoni


consonanti (spiegata nella mia Harmonù:lchre tramite la cognizione che tra con­
sonanza e dissonanza non c'è opposizione ma soltanto una differenza di grado,
che le consonanze sono suoni più vicini alla nota fondamentale, mentre le disso­
nanze sono più lontane; e che quindi la loro comprensibilità è distinta in gradi,
essendo i suoni vicini più facihnente comprensibili rispetto a quelli lontani), av­
venne inconsapevolmente in base al presupposto che la sua comprensibilità può
essere salvaguardata, qualora favorita da determinate circostanze. Quando l'o­
recchio da solo non era sufficiente per riconoscere e comprendere i nessi e le fun­
zioni, tali circostanze andavano cercate nell'ambito dell'espressione e in un am-
1 14 Queslio�tidi lfflria musicale

bito fino ad allora poco considerato: quello della sonorità. Quella era l'epoca di
maggior fioritura dell'impressionismo, che così si servì degli stessi ausilii extra­
musicali già usati allo stesso scopo dai classici e dai romantici. Anche se oggi al­
cuni maestri di quell'epoca sconfesserebbero volentieri le opere con le quali essi
stessi hanno contribuito nel modo migliore a questa evoluzione, i loro meriti e il
loro influsso permangono, e si possono ricordare con gratitudine il coraggio, la
forza e la genuinità del loro slancio giovanile.

Integrando le considerazioni fonnulate a suo tempo nella mia Harmonielehre, vo­


glio ora spiegare l'ultimo passo, condannato da più parti, che si poteva compiere in
tema di emancipazione della dissonanza; un passo che ha escluso dalla musica la
consonanza solo temporaneamente- ne sono convinto- ma che, come ho mostrato,
è in effetti soltanto un passo nel percorso evolutivo della musica, favorito dalle opere
dei nostri predecessori illustri. Voglio spiegarlo basandomi, come anche nelle pa­
gine precedenti, sui princìpi e la prospettiva metodologica di un lavoro al quale mi
dedico da tempo: «Il pensiero musicale e la sua rappresemazione».2

l) La funzione della tonalità si realizza quando compaiono soltanto fenomeni


certamente riconducibili a una nota fondamentale, condoni in modo che la
possibilità di relazione sia percepibile con i sensi; ovvero quando \'engono im­
piegati quei mezzi che rendono relazionabili tra loro fenomeni distanti.
2) L'azione della tonalità consiste nel fano che la possibilità di relazione di tutti
gli eventi armonici con una fondamentale attribuisce loro il giusto nesso re­
ciproco; quindi in un brano così costruito, indipendentemente dal fatto che
sia costruito in modo ahreuanto logico e carico di nessi nelle ahre sue fun­
zioni, è possibile a priori una certa efficacia formale.
La tonalità è quindi uno dei mezzi tecnici (non è dunque fine a se stessa), at­
traverso il quale è resa possibile (ma non garantita) la concezione unitaria
delle successioni di note.
3) La mescolanza puramente esteriore di singoli mezzi ausiliari, che soltanto nel
loro complesso producono unità, non può affatto favorire il di\•enire della
forma, ma agisce solamente come «stile», come un mascheramento delle vere
relazioni derivato da motivi di gusto. Chi vuole utilizzare adeguatamente la
funzione che crea nessi della tonalità, può farlo soltanto in vista di questo
obiettivo: garantirsi una sicura efficacia formale. Chi invece ricorre alla tona­
lità esclusivamente perché gli piace, e non sa utilizzarla in modo conforme al
suo vero scopo e soltanto in tal senso (e invece la usa, come avviene nella mag­
gior parte dei casi, per creare atmosfera oppure per seguire i princìpi del suo
partito), si macchia di un grave peccato e cade nel ridicolo, esattamente come
chi copre di vernice una lastra di marmo. L'eventuale efficacia formale di una
Opmiom· o COJ!,IIiziollc? 1 15

composizione siffaua sarebbe dovuta a effeui extramusicali, in parte già men­


zionati, come l' aspeuo esecutivo, il cara nere e simili.
4) Non esiste alcun motivo fisico o estetico che possa obbligare un musicista a ser­
virsi della tonalità per rappresentare il proprio pensiero. Bisogna soltanto chie­
dersi se sia possibile onenere unità e compattezza formali senza ricorrere alla
tonalità, Si può respingere l'appello alla sua derivazione dalla natura, pensando
che, così come le note tendono alle triadi e queste alla tonalità, nello stesso modo
la forza di gravità ci attira in basso verso la terra e ciononostante l'aereo ci pona
in alto, lontano da essa. Lapparente anifìciosità di un prodotto non dice nulla
contro la sua naturalità, poiché esso si basa su leggi naturali esattamente come
i prodotti che sembrano primari. Ho mostrato inoltre che una musica senza
l'appono della tonalità non si trova affatto in una situazione nuova; al contrario
vi si trova già dai tempi di Wagner, e si tratta soltanto di usare un nuovo mezzo
di collegamento, sufficientemente fone per ricondurre gli eventi a un denomi­
natore comune; come hanno fatto - lo si diceva sopra - i musicisti dell'espres­
sione e gli impressionisti.
5) Nei miei primi lavori del nuovo stile, nella determinazione della forma sono
stato guidato, sia nei dettagli sia nell'insieme, da forze espressive molto in­
tense e non da ultimo da un senso per la forma e per la logica evimo dalla tra­
dizione e ben educato con disciplina e scrupolosità. Queste forme divennero
possibili grazie a una limitazione che mi ero inconsciamente imposta sin dal
primo momento: cioè grazie alla limitazione a brani brevi, che a quel tempo
mi spiegavo come reazione allo stile «lungo». Oggi posso spiegarlo meglio:
rinunciando ai mezzi tradizionali di articolazione, la costruzione di forme più
ampie era inizialmente impossibile, poiché esse non possono sussistere senza
una chiara articolazione. Per questo motivo gli unici lavori di ampio respiro
di quell'epoca sono composizioni basate su un testo, nelle quali la parola rap­
presenta l'elemento che crea nessi.
6) Non posso giustifìc-dre l'esclusione d�li accordi consonanti sulla base di alcuna
ragione fisica, ma sulla base, ben più decisiva, di una ragione artistica, Si tratta
infatti di una questione di economia. Secondo il mio senso della forma (e sono
suftìcientemente immodesto da attribuire a esso ogni potere decisionale du­
rante il mio comporre) l'inserimento anche soltanto di una triade tonale com­
ponerebbe conseguenze c reclamerebbe per sé uno spazio che non è disponi­
bile all'interno della mia forma. Una triade tonale avanza pretese su ciò che
segue e, retroauivamente, su tutto ciò che precede, e non si può pretendere che
io stravolga tutto ciò che precede soltanto perché una triade, sbucata inavver­
titamente, deve essere reintegrata nei propri diritti. Allora preferisco non sba­
gliarmi affatto, finché lo posso evitare. Ogni nota ha la tendenza a diventare
nota fondamentale, ogni triade a diventare triade fondamentale. Se dalla com-
116 Quntiollidi lroria mu.fir:ale

parsa di una triade volessi trarre pur sohamo quest'unica conseguenza, il pen­
siero potrebbe inavvertitamente venire instradato su un binario sbagliato; senso
per la fom1a e logica, finora me ne hanno salvaguardato. L'ho percepito sin dai
miei primi tentativi e nella mia Harmoniclchre l'ho giustificato tra l'altro con il
fano che gli accordi consonanti, affìancati ad accordi composti da molte note,
davano un effetto vuoto e asciutto. Ma, nonostante la mia posizione attuale,
non escludo di poter usare anche accordi consonanti: non appena si troverà la
possibilità tecnica di soddisfare le loro esigenze formali, o di paralizzarle.
Sin dall'inizio mi era chiaro come, con il venir meno degli ausilii ronali nel­
l'articolazione, fosse necessario trovare qualcosa in sostituzione che permet­
tesse di costruire nuovamente forme più ampie. Infatti, poiché la lunghezza
è un concetto relativo ma è una delle dimensioni della musica, e quindi poiché
i brani musicali possono essere brevi o lunghi, ricorrere ai pezzi brevi può es­
sere un rimedio soltanto occasionale. Partendo da queste considerazioni, sono
giunto alla composizione con dodici note. Quali strade ho seguito, direne o
indirene, e perché ciò sia stato possibile solo grazie a importanti cognizioni
sul pensiero musicale e sulla sua rappresentazione, lo spiegherò all'ocCOJsione
opportuna: quando avrò superato alcuni problemi ormai vicini alla soluzione.

Sono ancora debitore (ma ormai soltanto apparentemente) di una risposta alla do­
manda se sia legittimo comporre in modo tonale o atonale, o se uno o l'altro siano
addirittura necessari oppure impossibili. Voglio innanzituuo ricordare che nella mia
Hdrmonielehre (terza edizione, p. 509)1 respingo il termine atonale. Oggi purtroppo
questo metodo compositivo è generalmente definito così, ma se si dovesse per forza
dargli un nome, saprei trovame uno solo, che non è una parola d'ordine e quindi
per fortuna non è adatto alla bandiera di un partito: composizione con dodici note
in rapporto soltanto l'una con l'altra. i\-la tornando alla nostra questione: non si può
e non si deve scrivere né in maniera tonale né in maniera atonale.� Si scrive oppure
non si scrive, non bisogna porsi domande, bisogna fare quello che si sa fare. Chi sa
comporre qualcosa di puro, potrà farlo in maniera sia tonale sia atonale; coloro in­
vece che pensano in modo impuro, cioè che fanno quello che si può, hanno la pos­
sibilità di fonnare tranquillamente partiti tonali o atonali, e fame pure un gran chiasso:
certamente le loro urla copriranno noi che ascoltiamo il nostro destino; e di certo
troveranno subito ascolto presso quelli che hanno l'orecchio pronto per tutto ciò
che è ambiguo e sordo a tutto ciò che è vero. Saremo costretti a rivolgerei pure noi
a costoro, quanto meno per motivi acustici: perché una sala da concerto realmente
vuota suona ancora meno di una sala piena di vuoto (con una piccola variazione).

Alcuni, che per un certo periodo mi hanno accompagnato, si sono oggi di nuovo
allontanati dai loro tentativi atonali. Ma non ho in mente questi transfughi della
Optiliom• o cogllizione? 1 17

musica atonale, che oggi si sono rifugiati in un Rinascimento della musica, se ora
voglio affermare di stimare e apprezzare molto alcuni compositori che restano
ancora legati alla tonalità o sono ritornati ad essa. Tra loro vi sono autentici ta­
lenti, e hanno un compito molto importante: il salto da un metodo compositivo
legato alla tonalità al mio fu molto veloce e improwiso. Bisogna preparare l'o­
recchio dell'ascohatore ancora a lungo, prima che i suoni dissonanti risultino owi
e i processi basati su di essi diventino comprensibili, e la loro attività mi sembra
assai adatta a mitigare questa situazione. Il pensiero è fuori del tempo, e quindi
può tranquillamente aspettare; tuttavia il linguaggio deve affrettarsi!
Vienna, 27 .X. I 925

TITOLO ORIGINALE: Gninnmtgoder f!.rkemllllis?


FoNTt: ASC T 14.49; categoria: Gedruckte Aufsiitze 45.
Dalla pubblicazione in Hans Heinsheimer e Pau] Stefan (a cura di), 25 }ahre Neue
Musik, }ahrbuch 1926 der Um"versa/ Edt�iott, Universal Edition. Wien-Leipzig-New York
1926, pp. 2 1 -30. Luogo e data sono desunti dal dattiloscritto T 2 1 . 1 3 .
SchOnberg sce lse questo testo per l a sua unica conferenza alla Sorbonne d i Parigi e ne
realizzò la traduzione in fn1.ncese con l'aiuto di M�trya Preund e del di lei figlio, come risulta
dalla lettera che le inviò il primo novembre 1927. La conferenza avvenne in concomitanza
con i[ «Festival Amold Schoenberg», una serata organiz1.ata «avec le concours el sous la di­
rection de l'auteur» aUa Grande Salle Pleyel il 1 5 dicembre !927, che vide l'esecuzione delle
opere 6, 21 (nella tnlduzione fnl..lla.'Se e nell'interpretazione di Marya Preund), 25 e 29. La
traduzione francese di questo testo (T 16.05; categoria: Vonriige 4), apparve con il titolo
«Tonai ou Atona!» in Le Mo11de MuJical, Nr. 12, 3 1 Décembre 1927, pp. 427-430 (T 14.34;
categoria: Gedmckte Auìsiitze 30) con la seguente awenefl7.a della redazione:

En invitant M. Schoenberg il exposer ses théories, I ' École Nom1ale de Musique a


voulu montrer, non pas qu'elle désirait s'associer aux conceptions de l'auteur de
Pierrot IUJtaire, nlais qu'elle voulait ]es bien connaitre. Ctre curieux de tout ce qui
se dit, de tout ce qui se fait, est la première vertu d'une maison ol1 l'on enseigne,
ne serait-ce que pour préserver [es élèves de ce qui parait dangereux pendant la
période des études.
Nous sommes heureux de pouvoir publier ici la conìérence de M. Amold Schccn­
berg [sic]. En s'excusant de ne pas mieux connaitre notre langue, le célèbre mu­
sicien s'est mis parfois en défaut avec notre syma.xe.
Il nous a pa.ru cependam préférable de n'apporter Ìl son texte que les corrections
indispensables Ìl l'imelligence de la pensée, quitte la sacrilìer la. pureté \iuéraire.
Conferenza introduttiva a Die gliickliche Hand

Per la maggior parte di noi, che non abbiamo una conoscenza approfondita del­
l' astronomia, in generale il sole sorge più o meno a est e la volta stellata è una
tappezzeria con belle decorazioni, nella quale riconosciamo in qualche modo al­
cune forme, ma che non cambia sostanzialmente la sua Gesta/t. Eppure sappiamo
che i piccoli cambiamenti che ognuno percepisce sono in realtà movimenti gi­
ganteschi e che, quando noi li percepiamo, sono probabilmente già accaduti da
qualche migliaio di anni. Potrebbero essere stati disnuni mondi, ma in ogni caso
non dobbiamo preoccuparcene: per fortuna la distanza è enorme ... !
Osserviamo un fatto artistico da una distanza umana, cioè molto inferiore:
Wagner racconta che Spontini si definiva l'inventore del ritardo di sesta e che
riteneva questa invenzione così importante da considerare impossibile un'evo­
luzione ulteriore della musica senza di lei. A suo avviso l'universo musiatle avrebbe
evidentemente dovuto fermarsi dopo che egli, secondo la citazione da Wagner,
«fece questa grande rivoluzione».
Oggi quasi non conosciamo Spontini e in ogni caso non possiamo più imma­
ginare la grande rivoluzione determinata dall'introduzione di questo ritardo.
Paragonate ora insieme con me la nostra calma di fronte allo scontro di due
pianeti con l'agitazione del pubblico operistico, sconvolto dal ritardo di sesta alla
prima rappresentazione della Vesta/c di Spontini a Parigi! 1
Ma anche se avessimo motivo di assumere un atteggiamento più ostile di fronte
alle minacce degli astri piuttosto che verso i cambiamenti nell'arte, non possiamo
negare che questi ultimi - per minimi che siano e sebbene ci inviino segnali che
all'inizio vengono fraintesi e compresi soltanto dopo decenni - d riguardano di
più di quelle. Ci danno un'informazione che è possibile confermare nella sua ve­
ridicilà nel corso di una generazione.
Tuttavia, diamo per assodato come questi cambiamenti ci sembrino in sé mi-
Conferenza introd1111iva a Die gliickliche lland 435

nimi, talmente insignificanti che non potremmo pil1 immaginare una musica senza
il ritardo di sesta, che percepiamo la differenza tra Haydn e Mozan soltanto come
una questione di personalità, che la diversità tra i predecessori di BAch ci sembra
quasi trascurabile e che riconosciamo in modo assoluto e immediato soltanto dif­
ferenziazioni più ampie come per esempio quella tra Wagner e Bach.
Chiediamoci allora: per quale ragione tali piccoli cambiamenti vengono re­
cepiti come sconvolgimenti, li si chiama rivoluzioni, ci inquietano tanto?
In realtà, dipende evidentemente dal fano che l'effeno di questi cambiamenti
all'interno dell'opera d'arte eguaglia il cambiamento di orbita di un pianeta, al­
meno per quanto riguarda la nostra capacità di comprensione, che teme di tro­
vare die1ro alla nuova Gestall un essere nuovo, sconosciu10, incomprensibile.
E a buon diritto, perché in effetti questo accade davvero!
Come in ambito chimico un atomo di idro�eno in più, un atomo di carbonio
in meno o una disposizione e tensione diversa possono trasformare una sostanza
priva d'interesse in un colore o addirittura in un esplosivo, così succede in mu­
sica: un piccolo cambiamento nella successione delle note, una diversa modalità
di collegamento e, subito, note precedentemente innocue risplendono di luce co­
lorata o minacciano addirittura di far esplodere una forma ancora così solida un
momento prima.
Questo non accade soltanto in musica, ma in tutte le arti; anche nel teatro
musicale, che è certamente un'arte molto più composita di t une le altre arti, nella
quale, quindi, il più piccolo mutamento nella posizione o nel collegamento delle
parti che la compongono modifica sostanzialmente la fisionomia complessiva,
motivo per cui si richiede la massima sensibilità anche a tutti gli esecuwri per
realizzare la volontà di un autore.
In fondo, tutti i cambiamenti stilistid nell'evoluzione del teatro musicale si ba­
sano su simili modifiche di quantità e di posizione. Se una certa epoca ha portato
in primo piano l'intreccio drammatico e, in \'irtù di ques10, allentato l'impian10
fonnale, è forse possibile che già l'epoca successiva veda di nuovo l'elemento prin­
cipale e dominante nel canto, intendendolo ancora come stile melodico o virtuo­
sistico; se per un'altra epoca l'aspeno sovrano della musica consiste nel trana­
mento sinfonico dell'orchestra, in seguito l'unico valore riconosciuto sarà certa­
mente un «ritorno alla natura»; un'epoca di «sano realismo» potrà risultare tanto
vicina quanto una caratterizzata da un trattamento simbolistico dei contenuti.
Per quanto cambi esteriormente il fenomeno formale, dopo cent'anni tutto
quello che all'inizio non era riconducibile a qualcosa di consueto è sbiadito a tal
punto che si vedono più le analogie che le differenze.
Ora, Dic glficklichc Hand è stata composta molto prima della guerra, in un'e­
poca in cui il realismo era già superato e anche il simbolismo era in declino. Come
sempre in tali periodi, si aveva l'impressione che non si potesse proseguire con i
436 \'i/Q, opere e pemiero

vecchi mezzi, che gli ambiti d'espressione fossero inariditi e le possibilità di rap­
presentazione esaurite. Si anelava a nuovi costrutti e nuovi contenuti.
Da tempo avevo in mente una forma che, a dire il vero, credevo essere l'unica
a consentire a un musicista di esprimersi nel teatro. La chiamavo- nel linguaggio
colloquiale con me stesso: fare m u s i c a con i m e z z i s c e n i c i .
È difficile dire d i che cosa s i tratti, m a voglio cercare d i spiegarlo.
In realtà le note - a guardare con chiarezza e sobrietà - non sono altro che
un particolare tipo di vibrazioni dell'aria e come tali provocano una qualche im­
pressione sull'organo sensoriale coinvolto, l'orecchio. Tuttavia, collegandole re­
ciprocamente in una maniera particolare, evocano determinate impressioni arti­
stiche e spirituali, per così dire. Poiché però questa capacità non è affatto insita
nella singola nota, dovrebbe essere possibile, a determinate condizioni, evocare
effetti simili anche con altri materiali; bisognerebbe tranarli come le note; biso­
gnerebbe cioè riuscire, senza in questo modo negare le loro qualità ma indipen­
dememente da esse, a collegarli in forme e figure, dopo averli misurati esatta·
mente come le note, secondo la durata, l'altezza, l'ampiezza, l'intensità e molte
altre dimensioni; bisognerebbe essere capaci di parli in rapporto tra loro seguendo
leggi più profonde di quanto non siano le leggi del materiale, seguendo le leggi
di un mondo edificato dal suo creatore secondo misure e numeri.
Non posso affermare di aver pensato che fosse possibile realizzare questa in­
tenzione seguendo un percorso esclusivamente razionale. Infatti, i mezzi scenici
in realtà non sono note e sarebbe assolutamente arbitrario voler costruire per
esempio una scala della mimica facciale o un ritmo della luce. Naturalmente, un
simile tentativo pmrebbe essere affrontato soltanto da qualcuno che ha fiducia
nel proprio senso della forma; che si ritiene sicuro - indipendentemente dalle ca­
ratteristiche dei pensieri da rappresentare - di saper! i pensare; che è convinto di
saper imporre i sentimenti che deve esprimere, indipendentemente dal fatto che
possano risultare provocatori per qualcun altro. Ma se si avesse questa fiducia,
ci si potrebbe tranquillamente abbandonare alla propria fantasia, senza formu­
lare teorie. Questo tipo di arte è stata definita, non so perché, espressionistica,
ma essa non ha espresso nulla più di quel che era in lei ! Anch'io le ho dato un
nome ma non è diventato popolare. Ho detto: è l'arte della rappresentazione dei
processi interiori. Ma devo dirlo a bassa voce, perché oggi tutto questo è tacciato
di r o m a n t i c i s m o. Non si è ancora in grado di stabilire neanche per appros­
simazione chi tra Brahms e Bruckner è stato il più grande compositore, non ci si
riesce ancora a mettere d'accordo sull'importanza di Mahler per esempio, addi­
rittura non si sa decidere se Schiller è stato un grande poeta come Goethe... ma
si è già deciso in modo incontroverribile che l'epoca del romanticismo è durata
fino al novembre 1 9 1 8 e che tutto quanto è staro serino fino a quella data è già
invecchiaro da tempo.
Cou/erenza introduuiva d Die gllickliche Hand 437

Die g/Uckliche Hdnd è stata serina circa nel 1912, quindi è già molto invec­
chiata. Tuttavia, voglio mostrarvi con qualche esempio come intendevo questo
fare musica con i mezzi scenici.
All'inizio vedete dodici macchie bianche su uno sfondo nero, i volti di 6 donne
e di 6 uomini, o meglio i loro sguardi. Questo è un aspetto della mimica facciale,
è un mezzo scenico. Ora, l'impressione che mi accompagnava nella scrittura di
ques10 pezzo era all'incirca quella di percepire un c o r o di sguardi, così come si
percepiscono gli sguardi, come si awenono anche senza vederli, come comuni­
cano qualcosa. Quello che questi sguardi comunicano è traslato nelle parole can­
tate dal coro e nei colori che appaiono sui volti. La maniera in cui questa idea è
stata resa musicalmente testimonia l'unitarietà della concezione: nonostante le
variegate configurazioni di alcune voci principali, l'intera sezione introduttiva
viene per così dire «immobilizzata>> da un accordo scritto come un ostinato, esat­
tamente come gli sguardi, fissi e immobili, rimangono rivolti verso l'Uomo; l'o­
stinato della musica rende palese come questi sguardi costituiscano, a loro volta,
un ostinato.
Un altro esempio: il crescendo della luce, della bufera e dell'azione dell'Uomo.
Di ceno si potrebbe interpretare facilmente l'intero processo in modo realistico
come espressione di semimemi e presagi di gelosia. Eppure l'insieme è ben più
di questo e tengo a spiegare che da una semplice comprensione simbolica di questi
particolari si otterrebbe un'immagine fuorviante. Certo, da un punto di vista pu­
ramente esteriore questo crescendo è rivestito di un dolore crescente. Ma questa
veste è soltanto un involucro esteriore, è solamente una linea di confine. Si rico­
nosce in maniera più netta osservando come sia la luce sia i colori ma soprattutto
la musica seguano un percorso che non procede affatto per linea rettll, come per
esempio la macchina del vento o altri elementi dinamici.
Questi ultimi sono meno adatti a uno sviluppo più complicato e rimangono
quindi su una linea retta, limitandosi a un'ascesa diretta.2 Così da un lato for­
mano la spina dorsale dello sviluppo, dall'altro servono ll f<tr risaltare meglio gli
elementi di livello superiore. Ma il gioco della luce e dei colori non è costruito
soltanto secondo diverse intensità, ma anche secondo valori paragonabili sola­
mente a quelli delle altezze. Anche le note si collegano tra loro agevolmente sol­
tanto se hanno un rapporto reciproco di fondo; analogamente le tonalità di co­
lore si collegano auraverso il rapporto fondamentale che hanno l'una con l'altra.
Ma il fattore decisivo è che un processo spirituale sicuramente scaturito dal­
l'azione non viene espresso soltanto con i gesti, i movimenti e la musica, ma anche
con i colori e la luce; e deve essere chiaro che qui gesti, colori e luce vengono trat­
tati in modo simile alle note, che con loro si fa musica, che da singole intensità
di luce e tonalità di colore vengono create, per così dire, figure e Gestalten, si­
mili alle Gestaltm, ;�Ile figure e ai motivi della musica.
438 Fila, opere e pen5iero

Un ulteriore esempio sono i veli neri che, secondo le indicazioni di regia, ca­
dono sull'Uomo alla fine del primo quadro.' L'idea di fondo è all'incirca quella
di una tenebra in movimento! Come se fossero accordi gravi! L'offuscamemo di
un'oscurità, come un cambiamento di colore in un accordo scuro e fosco.
Porterebbe certamente troppo lontano voler citare tutti gli esempi che danno
l'idea di questo fare musica con i mezzi scenici. Penso però di poter dire che ogni
parola, ogni gesto, ogni raggio di luce, ogni costume e ogni scena non vogliono
simboleggiare nulla di diverso da quello che di solito simboleggiano le note. Ogni
elemento significa meno di quel che significano le note musicali.
In chiusura vorrei ancora spiegare una cosa che mi è stata chiesta spesso: che
cosa significa il titolo del brano. Questo titolo- Die gliickliche Hand, la mano fe­
lice - si collega al testo verso la fine del secondo quadro, dove si legge: «L'uomo
non si preoccupa che ella sia scomparsa: è ancora nella sua mano ed egli continua
a contemplarla». Forse anche questa è una buona occasione per mostrare che
cosa intendo con «far musica con i mezzi scenici». Infatti, qui si fa musica con i
concetti, per così dire. Le nostre estremità, quindi anche le mani, servono a rea­
lizzare la nostra volontà, a esprimere ed esternare quello che non deve rimanere
dentro di noi. Una mano felice agisce all'esterno, molto al di là del nostro io ben
protetto, e più arriva lontano più si allontana da noi; una mano felice, inoltre, è
soltanto una felicità a portata di mano; e ancora: un corpo felice è una mano fe­
lice, è felicità a portata di mano. La felicità sulla puma delle dita: tu che hai l'ul­
traterreno in te, aneli a ciò che è terreno .... ?
Allora ero spinto a dar voce a un certo pessimismo: una mano felice che cerca
di afferrare quello che può soltanto sfuggirle quando lo agguanta.
Una mano felice che non mantiene quello che promette!
[24 marzo 1928]

Tn tlltl <JRl<OIN,\LE: Vorlrag zur l:."ùt/Ubrtmg in Die p;IU.ckliche l I and gesprot-bett Ùl Bres/au
F<lNTC: ASC T 16.04; categoria: Vonriige 3 . Dattiloscritto non dall!locon correzioni e in­
tep;razioni amogrnfe.
SchOnherg lesse questo testo allo Staduhe-dter di Breslavia in occasione della rappre­
sentazione diretta da Pritz Conolezis con la regia di l lerben Graf, avvenuta il 24 marzo
1928. Si trattava del primo allestimento successivo alla prima assoluta del 14 onobre 1924
ali il Volksoper di Vi enna, per la direzione di Fritz Stiedry e la regia di Josef Tumau (seb­
bene il dramma fosse concluso già nel 1 9 1 3 ) . Cfr anche AS.SW, Abt. m: Blihnenwerke,
Reihe B. Bd. 6, Teil 3, a cura di U. Scheideler, pp. 339-343.
La soddisfazione di SchOnberg per la rappresentazione di Breslavia è espressa nella
sua lettera a Turnau del 29 marzo 1928, cfr. AS.l., pp. 138-1 39.
634 Note alla Seconda parte

Cotnposb;ioue con dodici note (Il

1 la stcssa affem�a7.ionc siincontranegliscrillisull.a rappn."SCntazione dclpensieromusicalc,cfr.pp.


93-95.e «Conuappuntoamico e nUCJYO». p. l39.

Il pensiero musicale e la sua rappresettlat.ione

1 ll manoscriuoprcsenla qui l'l-sprcssione«nicht uncntbehrlich,.Uettcrolmente non indispcn·


sabilc): considcriamo unasvistalo mancata canccllazione d.:lla n"'llazioneocnicht,..
2 Cfr. «Composizione con dodici note Ul», p. 76.
' Cfr. ocll rapporto ron il tcsto,., p. 47.
� Si uaua della stessa formulazione di un aforisma. cfr. p. IO.

Tonalità e arlicolav"otte

1 SchOnbcrg si riferisce all'articolo di Elsa Bicnenfdd, imirolato «Die Muslk der flinf und der
S...-.::hs,. (la musica <ki Cinque c dci Sci), opparsodomcniCD26 1u�:lio 1915 o p. 18 del quotidiano Neue•
Wiener /ourm�l (il ritaglio è conservato insieme con il manoscritto, cfr. immo�:inc o p. 1 10). In porti·
colare, Bicncnfdd auribuiva aJ .,consor..JO» dd Gruppo dd Sei i seguenti «prindpi artistici»: «Il ero·
motismo è proibito in quanto m�-zzo espressivo preferito dal romanticismo. (Quindi anche Amold
SchOnberg è vietato. poiché porto il cromatismo alle estreme conseguenze. fino o renderlo automa·
tico.)» e «lnvcrc, bisogna ripristinarel'armonia diotonica, pcrçhésoltanto ncllotonalitil è po$sibile
quello solido orçhitl"Ciuro che �ma le mosse, le orJina e le contrappone ebiaramcntCIO. Nello stesso
articolo SehOnberg è citato anche nella frase seguente: «l:impressionismo fl"llllecsc, rappresentato da
Dcbussy. c i primi tentativi impressionistici di AmolJ SchOnberg erano stimolati dall'orientamento
primitivo c privo di presupposti dd fantasioso russo [Musor�:skiiJ». Inoltre, de-'C 3\'Crc particolar·
mente irritato SchOnber�: la chiuso Jcll'articolo: ..Però mllf!l!iOre e minore trionfano oncotu!».
Nel lascito sono conservati ulteriori intcn•cnti critici su Elsa Bienenfcld, rcdaui ncl i927 c nel
1918 (T02.16e T 05.47). Alban Bcrg aveva !:iii polcmizzato contro Bicncnfdd nel 1920 con lo scriuo
ocDuc fcuilk-con. La critico music:�lc \"ienncsc» IAB.SL, pp. } 17·32,), o.lloru non pubbli<;llto mo nolo
a SchOnbcr� poiché im•ioto!(li con la leuero Jcl 9 settembre 192 1 .

Opinione o cogniv"one?

1 Cfr. «Il r3pporto con il testo», pp. 45·�5.


2 Cfr. ocll pcnsicromusica.le c la suu ropprcscnrazionc», pp. 78·103.
' la pagina indicata si riferisce a AS.MA.

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