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COMUNICAZIONE E
Loredana Scursatone
PREFAZIONE
INTRODUZIONE
INCLUDERE PER COMUNICARE
Occorre, poi, senza alcun dubbio uno sforzo orientato all’individuazione delle
risorse dei singoli, allo sviluppo delle autonomie personali e sociali, al
mantenimento delle capacità residue.
Berkman e Syme, in una famosa ricerca del 1979 (Berkman L.F., Syme S.L.,
1979) dimostrarono che i legami sociali non solo sarebbero occasione di
promozione del benessere e della qualità della vita, ma sarebbero perfino in
grado di diminuire i tassi di mortalità e di morbilità.
L'ampiezza, la frequenza, la molteplicità, l’intensità delle relazioni con gli altri
sono più volte stati indicati da studi successivi sulla qualità della vita delle
persone con disabilità intellettiva, quali elementi in grado di favorire il
benessere delle persone, di diminuire l’impatto negativo degli eventi
sfavorevoli della vita, oltre che di ridurre la possibilità di ammalarsi.
Rinforzando i rapporti sociali, si promuove l’inclusione, vedendone gli effetti
realizzarsi e perdurare nel tempo.
E' attraverso il lavoro sui contesti, e non soltanto sui singoli individui, che si
promuove la partecipazione sociale e il coinvolgimento di tutti, come viene
specificato anche dall'I.C.F., (Classificazione Internazionale del
funzionamento e delle disabilità), proposto dall'Organizzazione Mondiale della
Sanità (2000).
BIBLIOGRAFIA
6. E.Levinas, “L’epifania del volto”, Servitium, a cura di Franco Riva, illustrazioni di Eva
Kaiser, Sotto il monte (BG)
La LIS all’Università:
opportunità di crescita sociale, culturale e professionale per sordi e non-sordi
Anna Cardinaletti
Università Ca’ Foscari Venezia
1. Introduzione
La lingua dei segni italiana (LIS), utilizzata dalla persone sorde in Italia e da tutte le persone
udenti che comunicano con loro, non ha ancora un riconoscimento ufficiale (ad oggi, nell’Unione
Europea mancano solo Italia e Lussemburgo), ma è stata per così dire “riconosciuta” dal Ministero
per l’Università che, con il Decreto ministeriale del 23/6/1997 (G.U. 27/7/1997), ha inserito la LIS
tra le discipline del settore L09A (Glottologia e linguistica), dal 2000 ridenominato settore
scientifico-disciplinare L-LIN/01 (Glottologia e Linguistica).
Grazie a questo riconoscimento, nell’a.a. 1999/2000 l’Università Ca Foscari Venezia ha attivato
l’insegnamento della LIS, a cura della prof.ssa Carmela Bertone, come materia a libera scelta
nell’ambito della Laurea quadriennale in Lingue e letterature straniere. Nel 2002, con la riforma
universitaria, la LIS è diventata una delle lingue di specializzazione del nuovo Corso di Laurea
triennale in Lingue e Scienze del linguaggio, poi confluito nel Corso di Laurea in Lingue, Civiltà e
Scienze del Linguaggio, e del nuovo Corso di Laurea specialistica in Scienze del Linguaggio, poi
confluito nel Corso di Laurea magistrale omonimo.
In questo contributo, verrà presentato l’intero progetto didattico e i progetti di ricerca attivi
presso l’Università Ca’ Foscari Venezia, un programma di Deaf Studies unico in Italia che prevede
lo studio delle problematiche legate all’acquisizione della lingua in caso di sordità, lo studio della
cultura della comunità sorda e lo studio degli aspetti grammaticali della LIS, in prospettiva
comparativa con altre lingue dei segni e con le lingue vocali, all’interno di un progetto più ampio
sulla facoltà del linguaggio come caratteristica innata della specie umana. In questo programma di
ricerca, le lingue dei segni sono particolarmente interessanti perché, pur utilizzando la modalità
visivo-gestuale, mostrano le stesse proprietà strutturali delle lingue vocali, avvalorando così
ulteriormente l’ipotesi di un istinto innato al linguaggio intrinseco alla mente umana (Pinker 1997).
D’altra parte, le proprietà peculiari delle lingue dei segni permettono di ampliare la conoscenza
sulle possibilità previste dalla Grammatica Universale e non realizzate nelle lingue vocali.
Se, come ormai dimostrato da innumerevoli ricerche, la LIS è una lingua naturale a tutti gli
effetti e se se ne sta chiedendo il riconoscimento come una delle lingue ufficiali dello Stato italiano,
va da sé che la formazione in questa lingua deve avvenire in modo parallelo a quanto avviene per le
altre lingue naturali. La LIS come oggetto di studio ne motiva l’inserimento nei percorsi accademici
di area linguistica, al pari di qualsiasi altra lingua. Ma questo non è l’unico motivo per prevedere lo
studio della LIS in Corsi di laurea di area linguistica. Questa scelta è anche motivata dalla necessità
di formare figure professionali (sia udenti che sorde) esperte di LIS e della cultura della comunità
che la utilizza (docenti di LIS, per sordi e non solo, v. sotto §6; esperti per l’insegnamento
dell’italiano a sordi; assistenti alla comunicazione; mediatori linguistici e culturali; interpreti, ecc.),
al pari di quello che avviene con qualsiasi altra lingua naturale insegnata all’Università.
Lo studio della LIS non solo aumenta le nostre conoscenze su questa lingua e sulla cultura della
comunità che la utilizza, significando una crescita sociale e culturale per entrambe le comunità,
quella sorda e quella udente, ma offre a sordi e udenti opportunità di lavoro e di crescita culturale e
professionale nell’ambito dell’educazione, della formazione, della mediazione linguistica e
culturale e nell’innovativo campo dei servizi per l’accessibilità e l’inclusione.
Nei paragrafi che seguono, presenterò l’esperienza dell’Università Ca’ Foscari sulla formazione
di figure esperte di LIS, sordità e disabilità del linguaggio e della comunicazione, sullo sviluppo di
servizi digitali per l’accessibilità, sulla promozione di progetti di inclusione in ambito museale e
culturale, e sulla progettazione di percorsi di educazione e di riabilitazione con la LIS.
2. Il progetto didattico
All’Università Ca’ Foscari Venezia, la LIS è insegnata alla stregua delle altre 16 lingue di
specializzazione offerte dal Dipartimento di Studi linguistici e culturali comparati.1
Gli studenti del Corso di Laurea in Lingue, Civiltà e Scienze del Linguaggio possono scegliere la
LIS come una delle due lingue triennali obbligatorie. L’insegnamento della LIS nei tre anni è
affiancato da corsi di Linguistica della LIS, da corsi sulla Cultura della comunità sorda italiana, e da
un insegnamento di LIS tattile, la variante della LIS utilizzata dalle persone sordo-cieche (attivato
dall’A.A. 2011/12 in collaborazione con la Lega del Filo d’Oro), oltre a corsi sull’acquisizione
della lingua in condizioni tipiche e atipiche come quella della sordità. Nella Laurea magistrale in
Scienze del linguaggio, la LIS è offerta per un ulteriore anno, al pari delle altre lingue attivate,
accanto a insegnamenti di Linguistica per la sordità e di Linguistica clinica.2
L’insegnamento della LIS si inserisce infatti all’interno di un progetto scientifico-didattico più
ampio sulla sordità e sui disturbi del linguaggio che rappresenta un’esperienza unica in Italia
all’interno di un Dipartimento di Studi linguistici e culturali, con l’obiettivo di formare linguisti
esperti nelle disabilità del linguaggio e della comunicazione. Inserito all’interno degli studi
sull’acquisizione delle lingue, l’insegnamento della LIS intende anche promuovere una sensibilità
maggiore per l’educazione bilingue italiano/LIS dei bambini sordi e la formazione di ”Educatori
linguistici” non solo per i bambini sordi, ma anche per i bambini con altre disabilità del linguaggio e
della comunicazione, sulla base di esperienze nazionali e internazionali molto positive relative
1
In altri Atenei, ad es. Bologna-Forlì, Milano-Bicocca, Parma, Teramo, Trieste, la LIS è (stata)
offerta in maniera irregolare e/o solo come lingua annuale a libera scelta. A Catania-Ragusa, la LIS
può essere scelta come lingua biennale.
2
Moltissimi sono gli studenti che negli anni hanno scelto la LIS come lingua di specializzazione e si
sono laureati in LIS, tra cui anche alcuni studenti sordi e alcuni studenti CODA (children of deaf
adults). Nel 2015/16, ultimi dati ufficiali a nostra disposizione, gli iscritti a LIS 1 erano 120, a LIS
2 83, a LIS 3 70; gli iscritti al corso di LIS nella magistrale erano 37; gli studenti iscritti al corso di
LIS tattile erano 38.
all’attivazione delle abilità comunicative tramite le lingue dei segni (v. sotto §6).3
Dall’A.A. 2012/13, è stato inoltre attivato un Master di primo livello in Teoria e tecniche di
traduzione e interpretazione italiano/lingua dei segni italiana (LIS).4 Il Master giunge nell’attuale
A.A. 2016/17 alla sua terza edizione. I punti di forza del Master sono la costruzione di una solida
base di conoscenze teoriche, basate sulla ricerca internazionale e sulla ricerca linguistica svolta a
Ca’ Foscari, che possano accompagnare e sostenere gli interpreti nella loro attività professionale.
Viene inoltre valorizzata la formazione nella traduzione: non solo la pratica traduttiva è
propedeutica a quella dell’interpretazione, permettendo di affinare la riflessione sui testi e sulle
proprietà linguistiche delle due lingue coinvolte, ma viene anche richiesta dal mercato del lavoro la
figura professionale del traduttore di lingua dei segni, per tradurre in LIS contenuti in lingua italiana
e garantire accessibilità all’informazione e alla cultura (v. sotto §4). Le attività di traduzione
all’interno del Corso di Formazione avanzata degli anni scorsi hanno ad esempio condotto alla
traduzione in LIS di alcune opere letterarie italiane (v. Celo 2009 e Bertone 2012). La traduzione in
LIS di materiale culturale italiano ha significative ricadute culturali e sociali relativamente
all’integrazione tra comunità sorda e udente. A questo scopo, nel 2016/17 abbiamo attivato anche
un Corso di alta formazione in Teoria e tecniche di traduzione italiano/LIS, aperto a corsisti sordi e
udenti. Infine, nel Master è prevista anche la formazione nell’interpretazione da e verso la LIS
tattile.
Attualmente è in progettazione una Laurea magistrale in Interpretazione italiano/LIS. Come
avviene per la formazione degli interpreti delle lingue vocali e come richiesto per la formazione
degli interpreti negli altri Paesi europei, la formazione degli interpreti di LIS dovrebbe avvenire
all’interno di una Laurea Magistrale in Interpretazione. I tempi sembrano maturi per richiedere il
requisito della Laurea magistrale anche agli interpreti di LIS, così come succede per le altre lingue.5
Le nostre attività didattiche si sostengono, oltre che sulla collaborazione dei docenti a contratto,
su una Ricercatrice a tempo determinato, la dott.ssa Chiara Branchini, assunta nel 2011, e su un
Collaboratore ed esperto linguistico (CEL) sordo nativo di LIS, il dott. Gabriele Caia, assunto nel
2012. Siamo orgogliosi di aver dato la possibilità ad un sordo segnante di insegnare la propria
lingua nativa in una Università pubblica italiana.
In conclusione, l’inserimento della LIS nei Corsi di Laurea del Dipartimento di Studi linguistici
culturali dell’Università Ca’ Foscari Venezia risponde alla necessità di proporne l’insegnamento in
un’Istituzione pubblica, garantendo i più alti standard didattici al passo con la ricerca scientifica
internazionale.
3
Nel 2015-16, è stato attivato un Master di primo livello (cofinanziato dal MIUR) in Didattica e
psicopedagogia per gli alunni con disabilità sensoriali, rivolto in particolare all’aggiornamento degli
insegnanti. Tra le materie era previsto anche un corso di LIS, molto apprezzato dagli insegnanti, che
nell’attività di tirocinio obbligatorio hanno messo in pratica le conoscenze acquisite sia con alunni
sordi sia con alunni con altre disabilità della comunicazione. A partire da quest’anno, vengono
offerti corsi di aggiornamento e formazione professionale continua degli insegnanti sulla LIS e sulla
comprensione del testo, spesso difficoltosa per gli alunni sordi (www.unive.it/pag/6560/).
4
La formazione di interpreti LIS è stata avviata nell’A.A. 2006/07 come Corso di Formazione
avanzata in Teoria e tecniche di interpretazione italiano/lingua dei segni italiana (LIS), in
collaborazione con la Provincia di Venezia, l’ENS e l’ANIOS (v. Cardinaletti e Mazzoni 2007 e
Cardinaletti 2008). Dall’A.A. 2009/10 il titolo del Corso di Formazione avanzata è diventato
“Teoria e tecniche di traduzione e interpretazione italiano/lingua dei segni italiana (LIS)”,
includendo anche la formazione nella traduzione in LIS.
5
Il titolo di Laurea triennale (BA) per gli interpreti è richiesto da direttive della Commissione
Europea. Per la formazione degli interpreti, la Commissione europea richiede un Postgraduate
Degree in translation and conference interpreting, che corrisponde in Italia ad un Master o ad una
Laurea magistrale in interpretazione. Va ricordato che la Laurea triennale relativa è una Laurea non
in Interpretazione, ma in Mediazione linguistica e culturale.
3. I progetti scientifici
La didattica sulla lingua e sulla cultura della comunità sorda italiana si fonda su numerosi
progetti di ricerca nazionali e internazionali su LIS e sordità che ci hanno visto coinvolti in questi
anni. La ricerca sulla LIS e sulla sordità è dunque una esperienza relativamente consolidata a Ca’
Foscari e ha già ottenuto molti risultati, concentrandosi sugli aspetti che caratterizzano i programmi
di Deaf studies internazionali: grammatica della LIS, sociolinguistica della LIS, sordità e
acquisizione delle lingue, insegnamento ai sordi, cultura della comunità sorda, tematiche relative
all’interpretazione e alla traduzione da e verso la LIS.
Negli anni 2007-2009, il nostro gruppo di ricerca ha collaborato con le Unità di Milano Bicocca
e Roma La Sapienza al progetto PRIN “La lingua dei segni italiana: strutture e variazione”, che ha
raccolto un corpus di LIS da 165 sordi segnanti residenti in 10 città italiane con lo scopo di
documentare la variazione sintattica e lessicale della LIS, menzionata sporadicamente in vari lavori
descrittivi sulla LIS, ma mai sistematicamente studiata, e su quello del cambiamento diacronico
della LIS. Il progetto e alcuni risultati preliminari sono stati presentati nel volume a cura di
Cardinaletti, Cecchetto e Donati (2011). Nell’ambito dello stesso progetto è stata pubblicata la
prima grammatica della LIS (Bertone 2011), un volume sulle frasi relative e scisse in LIS
(Branchini 2014) e uno studio sulle frasi interrogative (Branchini et al. 2013).
Negli anni 2008-2010 abbiamo partecipato al progetto FP7-SME-2007-222291 “DUAL-PRO -
Dual electric-acoustic speech processor with linguistic assessment tools for deaf individuals with
residual low frequency hearing”, nell’ambito del quale abbiamo avviato i primi studi in Italia sulla
competenza in italiano dei bambini con impianto cocleare (v. Volpato e Adani 2009, Volpato 2010,
2012, Volpato e Vernice 2014, Volpato e Cardinaletti 2015).
Negli anni 2011-2015, abbiamo partecipato alla COST Action IS1006 “Unravelling the
grammars of European sign languages: pathways to full citizenship of deaf signers and to the
protection of their linguistic heritage” (www.parles.upf.edu/llocs/cost-signgram/), dedicata alla
redazione di un blueprint per la costruzione della grammatica delle lingue dei segni europee (v. il
volume a cura di Quer et al., in stampa).
Il nostro Dipartimento è stato inoltre il partner italiano del progetto Leonardo da Vinci “Spread
the Sign” (www.spreadthesign.com), che ha costruito un video-dizionario della lingua dei segni
italiana (www.spreadthesign.com/it/). Per la presentazione di Spread The Sign, v. Cardinaletti (in
stampa). I partner del progetto continuano la loro collaborazione in due progetti triennali Erasmus+,
in corso dal 2015: Spread Share (www.spreadlesson.com/) e Deaf Learning
(www.pzg.lodz.pl/deaflearning/). Il primo intende costruire una piattaforma digitale di materiali
didattici accessibili agli studenti sordi segnanti dei 13 Paesi partecipanti; il secondo sta sviluppando
i corsi di lingua nazionale per adulti sordi segnanti dei Paesi partecipanti al progetto (Austria, Gran
Bretagna, Italia, Lituania, Polonia) all’interno dei quali la lingua dei segni relativa svolge un ruolo
importante sia come lingua di insegnamento sia come fonte di comparazione linguistica utile
all’acquisizione della lingua nazionale.
Nel 2016 è partito un ambizioso progetto Horizon 2020 “The SIGN-HUB: preserving,
researching and fostering the linguistic, historical and cultural heritage of European Deaf signing
communities with an integral resource” (www.sign-hub.eu/), dedicato alla creazione delle
grammatiche digitali delle lingue dei segni dei paesi europei sulla base del blueprint
precedentemente costruito (v. sopra), di un atlante digitale delle lingue dei segni del mondo, di
strumenti di valutazione delle lingue dei segni per l’intervento clinico, e del primo archivio digitale
dei racconti delle esperienze di vita di segnanti anziani, utile a studiare anche il cambiamento
diacronico delle lingue dei segni. L’unità veneziana (www.sign-hub.it/) è coordinata dalla dott.ssa
Chiara Branchini.
Infine, sebbene l’attenzione si sia concentrata sull’interpretazione tra lingue segnate e vocali, non
si è ancora discusso sufficientemente sulla traduzione da e verso le lingue segnate. Il gruppo di
ricerca di Ca’ Foscari è pioniere negli studi sulla traduzione dall’italiano alla LIS (Bertone 2005;
Danese 2009, 2011; Danese et al. 2011a, 2011b). Particolari questioni sono poste dal fatto che, non
essendo le lingue dei segni dotate di una forma scritta, il processo traduttivo non fa uso della
scrittura ma di filmati.
4. Lo spin-off VEASYT
Dalla ricerca sulla LIS e sulla sordità del Dipartimento di Studi linguistici e culturali comparati è
nato nel 2012 lo spin-off VEASYT s.r.l. (www.veasyt.com), che sviluppa soluzioni digitali per
l’abbattimento delle barriere della comunicazione, tra cui i seguenti servizi:
- VEASYT Tour (www.veasyt.com/it/tour.html), video-audio-guide accessibili (in italiano e in LIS)
per il turismo e le attività culturali. La particolarità di queste guide è di offrire le informazioni nelle
varie modalità utili a diversi gruppi di visitatori: in testo scritto e audio in italiano semplificato,
adatto anche a persone con disabilità linguistiche, ad anziani e stranieri, e in video LIS, e di essere
accessibili su smart-phone, tablet e computer (v. anche Danese e Capiozzo 2012). Alcune delle
guide realizzate (delle Ville venete, del territorio veneto e non solo, e di Musei e mostre) presentano
anche la traduzione in altre lingue oltre all’italiano e alla LIS;
- VEASYT Live! (http://www.veasyt.com/it/live.html, www.interprete.live), un innovativo servizio
di video-interpretazione da remoto per la LIS e per le lingue vocali. Il servizio è attualmente attivo
in ambito medico (in diverse ULSS del Veneto 6 e presso il Distretto Socio Sanitario RMG6,
Carpineto Romano, Lazio, e il CNAO - Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica di Pavia) e in
ambito amministrativo, presso UniCredit Digital B2B. Il servizio è stato attivo all’EXPO di Milano
nel 2015 e al Parlamento italiano;
- VEASYT Translate (www.veasyt.com/it/translate.html), un servizio di traduzione multimediale in
lingua dei segni; i contenuti testuali sono tradotti in LIS da professionisti sordi e udenti e proposti in
modalità video. Il servizio garantisce la completa accessibilità a contenuti informativi complessi da
parte dei cittadini sordi che usano la lingua dei segni, allo scopo di garantire una piena inclusione
sociale.
L’impegno sull’accessibilità e l’inclusione delle persone sorde è in linea con la nuova agenda
dell’ONU, che ha individuato 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile, seguendo il principio “Leave
no one behind” e lo slogan “Imagine the world in 2030, fully inclusive of persons with disabilities”.
In particolare nel caso delle disabilità del linguaggio e della comunicazione, è necessario un
intervento multidisciplinare e coordinato, in cui le tecnologie possono svolgere un ruolo molto
importante. VEASYT è una delle molte aziende innovative che opera in questa prospettiva,
coinvolgendo collaboratori sordi e udenti per garantire l’accessibilità ai contenuti e l’abbattimento
delle barriere della comunicazione.
Parallelamente alla didattica e alla ricerca sulla LIS e sulla sordità, si sono approfondite le
relazioni con la comunità sorda e la conoscenza delle sue manifestazioni culturali, con
l’organizzazione di eventi culturali in LIS o con la traduzione in LIS, per la promozione della
integrazione tra comunità sorda e udente.
I nostri studenti hanno anche avviato progetti di accessibilità culturale, curando visite guidate in
LIS del Palazzo Ca’ Foscari, di alcuni Musei del Polo museale statale (Museo archeologico, Museo
d'Arte Orientale, Gallerie dell’Accademia), di Palazzo Grassi e di alcuni Musei Civici (Ca’
Rezzonico, Museo di Storia naturale) e collaborando con i Laboratori per bambini organizzati da
Palazzo Grassi, in cui è sempre previsto un operatore di LIS.
6
ULSS 7 Pieve di Soligo, Conegliano, Vittorio Veneto; ULSS 9 Treviso; ULSS 10 Veneto
Orientale; ULSS 15 Alta Padovana; ULSS 16 Padova; ULSS 17 Monselice.
Anche in questo ambito è necessario prevedere attività di formazione mirata. Dal 2013 vengono
organizzati corsi estivi di aggiornamento per operatori museali e culturali nell’ambito della Summer
School di Ca’ Foscari (http://www.unive.it/pag/10032/). Molte delle misure adottate per garantire
accessibilità culturale alle persone con disabilità del linguaggio e della comunicazione
(intervenendo sull’ambiente, sulle modalità di comunicazione e di trasmissione delle informazioni,
e sul messaggio stesso, utilizzando un italiano semplificato e accessibile) sono appropriate anche
per altre tipologie di visitatori: i bambini, gli anziani, i visitatori stranieri, gli immigrati, ecc.
L’accessibilità va primariamente garantita anche all’interno dell’Università. Agli studenti sordi
vengono offerti servizi di interpretazione italiano/LIS, selezionati tramite concorso tra interpreti
professionisti, tutor per lo studio e tutor per migliorare le competenze in italiano, selezionati tra gli
studenti di laurea magistrale o di dottorato con competenze nella linguistica per la sordità. Inoltre,
negli anni 2013-2015, è stato realizzato un progetto finanziato dal MIUR dal titolo “Interventi per
studenti sordi e con DSA all'Università: valutazione delle competenze linguistiche in italiano e in
inglese” (in collaborazione con l’Università di Bologna e lo IULM di Milano), allo scopo di
garantire pari opportunità per l’accesso allo studio universitario proponendo test di lingua italiana e
di lingua inglese accessibili agli studenti sordi (v. il volume a cura di Cardinaletti, in stampa).
L’impegno sull’accessibilità e l’inclusione è un impegno a tutto tondo sul quale molto si
investirà nei prossimi anni e che offrirà occasioni di crescita professionale a molti operatori
dell’amministrazione pubblica e privata e occasioni di lavoro anche per i sordi segnanti.
È sempre bene ricordare che la LIS non è la lingua dei sordi, ma una lingua presente nel
repertorio della comunità italiana.
La LIS viene acquisita da qualunque persona sorda o udente venga esposta ad essa ed è una delle
due lingue native dei bilingui bimodali (cosiddetti CODA – children of deaf adults, figli udenti di
genitori sordi segnanti, www.codaitalia.org/).
Inoltre, la LIS viene utilizzata anche da persone con disabilità linguistiche e comunicative non
dovute a sordità. La LIS permette il superamento delle barriere comunicative anche nei soggetti con
autismo, disprassia, Landau-Kleffner, ritardi cognitivi, sindrome di Cornelia de Lange, sindrome di
Down, sindrome di West, ecc. che non presentano produzione verbale. Molte sono ormai anche in
Italia le esperienze di questo tipo, riportate tra gli altri in Scursatone e Capellino (2013) e in
Branchini e Cardinaletti (2016). L’ultima proposta di Legge di riconoscimento della LIS, presentata
dal Senatore Francesco Russo, ha espresso le potenzialità di questa lingua oltre la sordità al terzo
comma dell’art. 1: “Le misure previste dalla presente legge si applicano anche in favore delle
persone con disabilità comunicative non dovute a sordità”. Questo punto risulta particolarmente
rilevante per evitare di operare l’equazione LIS/sordità e per trattare questa lingua alla stregua di
qualunque lingua utilizzata sul territorio nazionale italiano, ai fini della formazione e dell’utilizzo in
ambiti educativi e professionali.
La LIS può essere proficuamente insegnata anche a bambini udenti a sviluppo tipico. Dal 2011,
la LIS è inserita con successo, come attività di tirocinio degli studenti iscritti ai nostri Corsi di
Laurea, in alcune scuole dell’infanzia e primarie di Venezia e Provincia, dove sono previsti anche
percorsi di sensibilizzazione per gli insegnanti e le famiglie. Alcune di queste esperienze sono
riportate in Merlo (in stampa), che mette in luce alcuni importanti risultati nei bambini che hanno
partecipato al progetto: “una maggiore capacità di concentrazione e comprensione dei messaggi
siano essi verbali o segnati, una più rilevante interazione emotiva, maggiore autostima, motivazione
e interesse, una più armoniosa corporeità associata a un buon grado di orientamento spaziale e di
coordinazione oculo-manuale, un arricchimento espressivo anche del codice verbale, avviamento
all’acquisizione di una seconda lingua.” L’autrice nota anche che i “risultati più evidenti sono quelli
nei bambini che hanno seguito il progetto per tre anni e hanno potuto così consolidare nel tempo gli
aspetti relativi alla conoscenza dei vocaboli con una conseguente maggiore capacità di precisione e
fluidità di produzione dei segni.”
Sebbene la LIS non sia la “lingua dei sordi”, la LIS è l’unica lingua che i sordi possono acquisire
in maniera spontanea e naturale, utilizzando il senso della vista integro. L’esposizione immediata
alla LIS permette al sistema neurofunzionale del linguaggio di svilupparsi rispettando i ritmi
naturali e ne permette l’acquisizione come lingua nativa. L’acquisizione dell’italiano tramite la
riabilitazione logopedica comincia invece più tardi e con un input qualitativamente e
quantitativamente ridotto rispetto a quanto succede sia nel caso della LIS sia, per gli udenti, nel caso
della lingua vocale. La LIS permette inoltre al bambino sordo di sviluppare una comunicazione
efficace anche nei primi anni di vita, quando la sua capacità di esprimersi nella lingua vocale è
ancora limitata. Date queste osservazioni, risulta importante che, ancor prima di intraprendere il
percorso logopedico e comunque parallelamente ad esso, il bambino con diagnosi di sordità venga
esposto alla LIS, per permettere lo sviluppo di una lingua naturale in maniera spontanea, il che
permette anche di acquisire successivamente con meno sforzo qualsiasi altra lingua (Caselli,
Maragna e Volterra 2006; Bertone e Volpato 2009). Ai bambini le cui famiglie scelgono un
percorso di bilinguismo italiano/LIS, è necessario garantire che l’esposizione alla LIS avvenga non
solo in famiglia, ma in tutte le situazioni in cui venga a trovarsi il bambino, in particolare a scuola.
È pertanto necessario sviluppare progetti di bilinguismo già negli asili nido e nelle scuole
dell’infanzia, per garantire ai bambini sordi (e non solo, v. sopra) una crescita completa, linguistica,
cognitiva ed emotiva, al pari dei compagni udenti. Le esperienze di bilinguismo a scuola sono
ancora poche. Oltre alla scuola di Cossato (v. Teruggi 2003), è importante ricordare la Scuola di
Via Nomentana a Roma, l’Istituto Comprensivo Santini di Noventa Padovana, l’Istituto
Comprensivo Jacopo Barozzi di Milano. In questi percorsi educativi bilingui, è prevista la presenza
dell’interprete scolastico, che garantisce al bambino sordo l’accesso completo e autonomo ai
contenuti e alle informazioni, e viene spesso inserito più di un bambino sordo nella stessa classe,
per permettere a soggetti che vivono la stessa condizione di confrontarsi tra loro e sostenersi a
vicenda, di creare situazioni comunicative naturali e di riprodurre nella classe le situazioni sociali e
comunicative che si troveranno ad incontrare nella società reale. L’insegnamento della LIS a tutta la
classe garantisce l’inclusione del bambino sordo e, come abbiamo visto sopra, vantaggi per tutti i
bambini.
È evidente che per offrire servizi di qualità in particolare in ambito educativo, è importante che
venga garantita a tutti gli operatori e i docenti di LIS una formazione di alta qualità. In questi
contesti, anche sordi segnanti esperti della propria lingua possono trovare un’importante occasione
di crescita professionale.
Le esperienze menzionate finora dimostrano come la LIS sia effettivamente una risorsa per tutti.
Potrebbe esserlo anche per gli anziani. Attualmente è in corso nel nostro Dipartimento un progetto
finanziato dal FSE Regione Veneto dal titolo “Protocollo di stimolazione cognitivo-comunicativa
utilizzando la lingua dei segni italiana con persone anziane con decadimento cognitivo e demenza”,
che utilizza la LIS come stimolazione comunicativo-cognitiva rivolta ad anziani residenti in casa di
riposo, allo scopo di favorire la comunicazione interpersonale, contrastare l’isolamento
comunicativo, stimolare cognitivamente gli ospiti e lavorare sulla sfera emotiva. Se il progetto avrà
risultati positivi, anche questa potrà rivelarsi una situazione in cui operare con la LIS e nella quale
sordi e udenti potranno mettere a frutto la propria preparazione su questa lingua.
7. Conclusioni
Affinché il tanto auspicato riconoscimento della LIS abbia un impatto efficace, per
effettivamente migliorare le condizioni di vita, di formazione e di lavoro di sordi e non-sordi che
utilizzano questa lingua per esprimersi e comunicare, è cruciale offrire una formazione qualificata a
tutti gli specialisti di LIS (assistenti alla comunicazione/mediatori linguistici e culturali, docenti di
LIS e di italiano per sordi, educatori, interpreti di LIS). Diversamente da quanto accade negli altri
Paesi, la formazione degli specialisti di LIS è attualmente proposta in Italia in molti corsi privati,
che non sempre presentano livelli di qualità adeguati.
Per la LIS, dovrebbe essere invece garantita una formazione paragonabile a quella delle altre
lingue. Per fare alcuni esempi, i docenti e gli interpreti di lingua inglese non vengono formati in una
scuola privata come la Oxford School, ma all’Università; e i docenti e gli interpreti di lingua
rumena o polacca non vengono formati presso la comunità rumena o polacca in Italia, ma
all’Università. Dunque, la formazione di esperti di lingua dei segni, di esperti per l’insegnamento ai
sordi o altri disabili della comunicazione, di assistenti alla comunicazione e di interpreti di LIS deve
aver luogo all’Università, l’istituzione che è preposta alla alta formazione e che garantisce livelli di
qualità al passo con la ricerca internazionale. E deve aver luogo nei Corsi di laurea di area
linguistica, al pari di quanto avviene per tutte le altre lingue.
L’esperienza degli ultimi 15 anni dell’Università Ca’ Foscari Venezia dimostra che tutto ciò è
possibile anche in Italia. Siamo riusciti a mettere a punto un programma di Deaf Studies
paragonabile a quanto viene offerto in molti Stati europei ed extraeuropei, nei quali la formazione
degli esperti di sordità e di lingua dei segni è proposta in un paio di Università per Paese. Al
momento, l’Università Ca’ Foscari Venezia è l’unica in Italia a offrire questo tipo di
specializzazione, ma ci auguriamo che altre Università italiane potranno seguire il nostro esempio.
Infine, grande dovrà essere l’impegno negli anni futuri sullo sviluppo di progetti di inclusione a
scuola, al lavoro, in ambito culturale, ispirati dal principio dell’ONU “Leave no one behind”.
8. Riferimenti bibliografici
Bertone Carmela (2005), I Segni Nome tra traduttologia e interpretazione, Quaderni di Semantica
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COME NASCE UN’ IDEA
Di Dora Cinelli
Assistente alla comunicazione
ENS Latina
Perché essendo una città giovane ci sono famiglie e ragazzi giovani e un bel
numero di bambini, tra i quali anche i miei tre.
Ma tra questi bambini/ragazzi ce ne sono di “speciali” o come dico io “
bambini fantastici” dai quali c’è solo da imparare.
Ed io mi ritengo una persona fortunata perché tramite il lavoro ho la
possibilità tutti i giorni di imparare con e da essi.
Ed ecco che rispondo al titolo del mio intervento: ”Come nasce un’idea”.
E come?
Con le immagini dei segni.
Come molti di voi, staranno pensando ma già esiste un libro così!
E’ vero: esiste un dizionario ed e’ bellissimo, ricco di segni con diverse
tipologie di segno, dialetti di tutta Italia, dove ho studiato e dove tutt’ora fonte
di studio. Ma qui stiamo parlando di tutt’altro, chiunque ricordi cosa vuol dire
essere bambino, può capire come la visione e/o la lettura di un testo
tradizionale, con argomento tecnico, possa essere incomprensibile per l’età
prescolare ed oltre e forse priva di interesse ed attrattiva.
Invece i colori, le immagini semplici a fumetto attirano, catturano l’attenzione
dei più piccoli e li coinvolgono in maniera attiva, li stimolano ad interagire.
Così con l’aiuto di un bravissimo fumettista/pittore Daniele Frisina, ecco un
libro pieno di colori con un bambino protagonista delle immagini.
I colori forti e vivaci sono un modo per attirare l’attenzione dei più piccoli.
Il libro è suddiviso per argomenti sia ASTRATTI che CONCRETI, entrambi
supportati da immagini semplificate.
Questo testo ovviamente non comprende tutti i segni, ma solo quelli che
servono per una prima necessità comunicativa; inoltre insieme al libro viene
fornito un prodotto multimediale che riproduce, attraverso la ripresa filmata, il
segno LIS di ciascun vocabolo con l’aiuto di due interpreti G. Reale e M.
Iandolo.
Il lavoro oggi presentato si focalizza sul livello primario di segni, quelli che
possono considerarsi alla base della comunicazione, facenti parte di un
bagaglio naturale dell’essere umano, indipendentemente da età, istruzione,
cultura.
Con le colleghe/amiche G. Reale (interprete) e I. Picchio ( psicologa)
abbiamo pensato di creare, come naturale prosecuzione della strada
tracciata, una ulteriore raccolta di segni, propri di un livello successivo,
ovvero i “segni settoriali” suddivisi per argomenti scolastici: storia , geografia,
italiano, matematica ecc. che si rivolge ai ragazzi di medie e superiori e a tutti
coloro che condividono tale percorso di formazione.
La protagonista sarà questa volta una giovane ragazza di nome Fiorì.
PM EDIZIONI
Questo intervento si apre con la presentazione di una sequenza tratta dal film
di Dino Risi “Straziami, ma di baci saziami”, nella quale, magistralmente, Ugo
Tognazzi ci mostra una tecnica di comunicazione che permette al
protagonista (sordo e “muto”), di ordinare due caffè per telefono.
La filmografia ci ha regalato, negli anni, bellissime pellicole sul tema della
sordità, basti pensare a ”Figli di un Dio minore”, ”Godbye mr.Holland”, il più
recente “La famille Belier”, tutte pellicole straniere. Ultimamente anche il
cinema Italiano, seppure marginalmente, se ne è occupato nella pellicola
“Tutta colpa di Freud”, dove si affronta con ironia tutta italiana il tema della
fruizione dell’arte e della musica da parte delle persone sorde.
L’accesso alla letteratura, a dispetto del fatto che si dica che i giovani non
leggono, rimane il più efficace e trasversale mezzo di diffusione delle idee e
della cultura.
Basti pensare al caso letterario degli ultimi anni: Wonder, di R.J. Palacio, che
racconta del percorso formativo di un bambino affetto da una sindrome
malformativa che deve accedere per la prima volta a scuola.
A questo romanzo hanno fatto seguito molti altri, che rappresentano non solo
uno spin-off, ma anche un differente punto di vista sull’argomento. Come gli
altri bambini vedono la situazione dell’amico e come interpretano la disabilità.
Nella stessa prospettiva abbiamo ipotizzato, all’interno della trama della storia
di Luce e Nasoapunta, di offrire degli spunti visti da soggetti differenti tra loro,
in grado quindi di valutare diversi aspetti della vicenda.
La povertà di testi inerenti la sordità non facilita l’avvicinarsi dei sordi stessi a
realtà in cui la sordità è solo una delle tante componenti di disabilità.
Il titolo stesso del libro riporta al centro la persona, intesa non solo come
soggetto giuridico ma in termini di individualità precisa, che non
necessariamente riveste caratteristiche positive. E’ qui che è importante
sfatare un luogo comune, e Luce aiuta a farlo: non necessariamente essere
disabile rende persone migliori, più aperte e illuminate. Alle persone con
disabilità è necessario riconoscere i pregi ed i difetti di chiunque, quello che
rende tutti umani.
Luce aiuta a sfatare il luogo comune che vede le persone disabili come
vittime o eroi, senza le mezze misure che invece caratterizzano ogni essere
umano.
DA TOGLIERE
Il nome infatti, per Luce è garanzia di identità, e il fatto di usarlo implica un
legame emotivo. Legame, quello che Luce richiede per sé e le sue relazioni,
decisamente impegnativo (sia esso sul piano fisico che comunicativo).
Come narra Muriel Barbery in “L’eleganza del riccio” (2006), si può parlare di
seconda nascita anche in occasione di eventi apparentemente poco
significativi, come essere chiamati per nome.
Luce, infatti, racconta quanto l’essere chiamata per nome la faccia di fatto
passare dallo stato di figlia e sorella handicappata, allo stato di persona a tutti
gli effetti.
La stessa riflessione vale per l’esistenza del prossimo: siamo nel momento in
cui veniamo chiamati.
Ed infatti lo stesso processo di rinascita tocca non solo Luce, ma anche tutta
la sua famiglia, a partire dalla mamma (che, all’inverso di quanto narrato da
Pontiggia nasce due volte, la prima come madre di una persona disabile, la
seconda come madre di Luce) per continuare con tutte le persone
significative nella sua vita.
-La caratterizzazione dei personaggi. Le due diverse prospettive di
narrazione.
Il primo fresco, ironico, a tratti intriso di comicità, cinismo e rabbia, così come
pure di "catastrofia adolescenziale"… Uno spaccato autenticamente vero di
disabilità immerso in altre migliaia di drammi familiari (che nell'arco del
racconto troveranno soluzione. Alcuni facendo evolvere i personaggi coinvolti
altri, al contrario, facendoli involvere).
Una privilegiata prospettiva sulla disabilità vista con gli occhi di una ragazzina
sorda e in carrozzina dunque, affiancata da quella, altrettanto preziosa, della
sua educatrice (che avrà anche il tacito compito di "svelare" i dettagli
metodologici e professionali di un percorso educativo capillare di cui Luce
non sempre è consapevole).
-Lucia, in lingua dei segni Luce: una ragazzina spastica e sorda profonda che
passa letteralmente nel corso della narrazione dall'essere l'handicappata di
casa a persona pensante e in grado di autodeterminarsi. Luce è soprattutto
una bambina che si scopre lentamente (quand'anche faticosamente)
un'adolescente come tanti.
Il suo percorso orbita intorno alla scoperta della lingua dei segni: come tante
persone con pluri-disabilità, Luce scopre tardi di essere in grado di imparare
e comunicare, poiché, come spesso accade, su un piano medico-diagnostico,
la priorità viene data all'aspetto motorio. Accade quindi che, su un piano
cognitivo, non ci sia il necessario e subitaneo investimento.
I personaggi della sua famiglia, in primis sua madre e sua sorella, subiranno
fortissime pressioni e grandi cambiamenti.
Ognuno di loro reagisce con modalità molto differenti: mamma Bea prenderà
posizioni molto forti e molto negative, inizialmente subirà gli eventi e non
rappresenterà sicuramente un facilitatore per Luce. Non è un personaggio
con il quale il pubblico si allea immediatamente, tuttavia, come la descrive la
stessa educatrice, è una mamma talmente sopraffatta da non riuscire a
risultare francamente antipatica.
Il motivo per il quale, di fatto, Bea è una donna per la quale il lettore prova
empatia, nonostante le sue resistenze, risiede nella storia di perdite e
partenze che porta con sé, e che si scoprono man mano.
E’ una donna che pare non essere mai approdata veramente a nulla: prova
disperatamente ad essere moglie senza riuscirci, prova ad essere una madre
di un certo tipo (una mamma italiana) pur di rimanere all’interno del proprio
matrimonio, e di un’idea di famiglia che risulta essere alquanto improbabile.
Tenta di cucinare cibo italiano, approdando al solo risultato che ciò che
cucina non è né italiano né polacco.
In “nati due volte” (2000), infatti, il percorso che l’autore mette in luce è quello
per il quale un genitore diventa tale al momento della nascita del figlio, ma lo
diventa realmente e concretamente solo nel momento in cui accetta e scende
a patti con la diagnosi di disabilità del figlio.
Nel caso di Bea, questo processo inizia dal fondo: da genitore sopraffatto
dalla disabilità della figlia (che le impedisce di intravvedere nient’altro), si
scopre faticosamente madre di una persona che, oltre alla disabilità, ha
anche qualcosa da esigere alla vita.
Poiché è proprio grazie ed a partire dalla lingua dei segni, che Luce inizierà
ad intravedere se stessa in modo nuovo ed a interrogarsi sul suo rapporto
con la madre ed il suo contesto.
Questi segni tanto osteggiati (“ma siamo sicure che ce la fa?””lingua dei segni
è troppo difficile””sono troppo vecchia per imparare””e se poi parlano tra di
loro chi le controlla?”…..), diventeranno il mezzo attraverso il quale Luce
stanerà sua madre, e la porterà ad affrontare la sua famiglia, se stessa e i
suoi demoni.
Nasoapunta, Andreina, è una donna complicata: come mamma Bea anche lei
ha un passato di perdite, distanze ed allontanamenti, che condizionano il suo
essere donna e professionista.
Luce per lei rappresenterà ancora una volta questo: una sfida da giocarsi non
solo sul piano della competenza professionale sulla lingua dei segni e sulla
relazione personale con Luce e la sua famiglia, ma anche, e forse
soprattutto, sul piano dell’eterno scontro/confronto con le innumerevoli figure
che orbitano intorno ad un intervento educativo, soprattutto quando questo
intervento parte da una situazione di severità.
Anche lei deve fare i conti con i propri demoni, ed il rapporto con Luce non
potrà che essere condizionato da questi fantasmi.
Nasoapunta è un personaggio spigoloso, come dice Luce è una donna
educata ma mai gentile, che in lingua dei segni è un bel guaio, perché
educato e gentile si segnano nello stesso modo. Vive il pregiudizio sulla
lingua dei segni non solo a livello professionale, ma anche all’interno della
sua famiglia, come quando la maestra della figlia attribuisce alla lingua dei
segni, talvolta parlata a casa, gli errori linguistici commessi.
Possiamo dire che quindi è un percorso di formazione non solo per Luce, ma
per tutti i protagonisti, ed in questo il personaggio che maggiormente ci
stupisce per la sua trasformazione è la sorella, Phard.
Come accade nella vita reale, non tutti i personaggi progrediscono: alcuni
regrediranno, altri spariranno; ed a sparire, guarda a caso, sono quelli che
non si sono messi in discussione da un punto di vista comunicativo, che non
solo non hanno imparato la lingua dei segni, ma che non hanno impegnato il
proprio intelletto e la propria emotività nel tentativo di comunicare con gli altri,
ma si sono chiusi in un mondo solipsistico che li ha portati all’allontanamento.
Accadrà così per il padre e per il fratello di Luce, ( in lingua dei segni
Facciapiatta e Ringhio) che sono un po’ l’emblema del fatto che non c’è
redenzione per chi incentra la propria vita proiettato esclusivamente su se
stesso, non c’è felicità nella ricerca del proprio esclusivo vantaggio, ma ci
sono solo solitudine e depressione.
La lingua dei segni è dunque qualcosa, all’interno del libro, che serve a
mettere a nudo i personaggi, che evidenzia risorse positive e negative, che
apre strade e crea rotture funzionali.
Ogni personaggio è connotato da un nome in lingua dei segni, che rispecchia
caratteristiche personali che però sono evidenti solo, almeno in una fase
iniziale, all’attenta osservazione di Luce.
E’ lei, infatti, che “battezza” le persone che la circondano con nomi che
richiamano aspetti significativi della le personalità di chi le sta attorno.
Luce considera la prima volta che è stata chiamata per nome come una
seconda nascita, come già accennato poc’anzi a proposito di M. Barbery : il
ricevere un nome le permette di diventare, più e altro rispetto a ciò che era
prima.
“Non mi ero mei considerata una persona in grado di fare; ero una persona in
grado di non fare, e in quello non mi batteva nessuno ”.
“Io, le persone, le chiamo per nome” è quindi un testo il cui fulcro è la lingua
dei segni, ma nel quale, in realtà, convergono le tematiche che si possono
ritrovare in qualsiasi romanzo di formazione: adolescenza, quotidianità, crisi,
identità, autodeterminazione, cambiamento in una prospettiva sistemica.
Possiamo dire quindi che Luce, attraverso la lingua dei segni, vive tutto ciò
che normalmente vive una adolescente della sua età: vive fatica, frustrazione,
difficoltà familiari, innamoramento, amicizia. Tutto ciò che, se non avesse
avuto la possibilità di comunicare attraverso la lingua dei segni, avrebbe
vissuto solo marginalmente, perché non avrebbe avuto la possibilità di
esprimersi.
La lingua dei segni è quindi una sorta di treno, che ad un certo punto della
sua vita passa, probabilmente è l’ultimo treno che passa, perchè Luce ha già
nove anni, e lei riesce a prenderlo grazie alla presenza dell’educatrice. La
lingua dei segni viene presentata, come spesso accade, come l’ultima
spiaggia: dopo averle provate tutte, non rimane che la lingua dei segni, come
se fosse la scelta più degradante.
In tale ottica, volendo(e avendo potuto realizzare, grazie alla sensibilità della
PM Edizioni), rendere la lettura della storia di Luce e Naso a Punta il più
possibile trasversale, l’impaginazione è stata pensata con allineamento a
sinistra e con un front più grande. Ciò per incontrare le esigenze di lettori
ipovedenti e con Disturbi dell’Apprendimento. Inoltre, al fine di rafforzare nel
lettore l’alleanza con protagonisti, (aiutandolo a conoscerli dalla privilegiata
angolazione narrativa di Lucia- Luce), per ognuno dei personaggi che
incontrano -o si scontrano- con Lucia e/o Andreina, nel libro è presente
un’illustrazione stilizzata e fumettata del soggetto di cui via via si narra. Tale
illustrazione (in accordo con quanto accennato poc’anzi rispetto alla portata
identitaria che i nomi hanno nella vita di Luce), porta con sé il nome – segno
del personaggio di turno (completo di configurazione della mano e
orientamento del segno). Ogni illustrazione è poi corredata dal nome scritto a
mano per esteso
Buongiorno,
- interpreti
- educatori sordi
- logopedista
- comitato tecnico
- infermiera professionale
- volontario
- coordinatore psico-pedagogico
All’inizio degli anni 2000 alcuni dei soci fondatori di Insieme per l’integrazione
e il bilinguismo si sono incontrati nei vari corsi di formazione dell’Ente
Nazionale Sordi e successivamente hanno iniziato a girare per tutta Italia,
ricercando strumenti e metodi di lavoro adeguati che a livello nazionale si
presentavano a macchie di leopardo: in alcuni territori erano veramente
esigui, in altri insufficienti se non addirittura assenti.
Sul territorio nazionale ancora oggi, come allora, se da una parte si ratifica la
convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità in cui tale diritto è
riconosciuto come inalienabile, dall’altra lo si rende chiaramente un diritto
accessorio a discrezione delle priorità e dei bilanci delle amministrazioni,
creando delle diseguaglianze e disparità nei confronti delle persone sorde e
difficoltà per gli operatori del settore, ulteriore motivo per cui, nei continui
confronti tra i colleghi, fu palese la necessità di formalizzare la collaborazione
attraverso la costituzione di una equipe multi-professionale: nel 2005 è nata
Insieme per l'integrazione e il bilinguismo con sede a Bologna che ha operato
e opera nelle province emiliano romagnole e limitrofe di Ferrara, Imola,
Bologna, Modena, Reggio Emilia, Parma, Mantova.
Il lavoro, il confronto, l’approfondimento e la ricerca all’interno dell’ equipe
hanno modificato il primo obiettivo di lavoro di Insieme per
Bisognava operare una lettura più attenta ed immediata dei seguenti aspetti:
- il livello linguistico
- il grado di alfabetizzazione
Per tale motivo Insieme per l’integrazione e il bilinguismo, con la sua equipe,
interviene non solo con diverse figure professionali all’interno delle istituzioni
scolastiche, quali l’assistente alla comunicazione e l’educatore sordo, che
hanno ruoli differenti, ma anche attraverso attività specifiche extra
scolastiche.
- corsi rivolti alla Protezione civile per imparare alcune strategie comunicative
in caso di emergenza con persone sorde
La scelta del bilinguismo LIS/italiano è dettata dal fatto che il doppio codice
comunicativo consente alle persone sorde di interagire sia con i sordi che con
gli udenti, consente di rafforzare attraverso la lingua dei segni la propria
identità di persona sorda e favorisce l’apprendimento e la elaborazione del
pensiero.
Molte persone credono erroneamente che la Lingua dei Segni Italiana non sia
altro che l’Italiano trasmesso in segni. Altri pensano che sia un codice
manuale di Italiano, e che possa esprimere solo informazioni concrete, o che
ci sia solo una lingua dei segni universale usata dalle persone sorde in tutto il
mondo. Invece la ricerca linguistica ha dimostrato che le lingue dei segni
sono paragonabili per complessità ed espressività alle lingue vocali, hanno
una loro specifica struttura morfo-sintattica e grammaticale e presentano
come peculiarità un utilizzo linguistico dello spazio.
La lingua dei segni è una lingua che integra la dimensione spaziale con
quella temporale e che, per questo motivo, fa percepire quasi direttamente il
concetto. È, cioè, una lingua che stimola e facilita l'evocazione nei due luogo
di senso: lo spazio (la configurazione e l'orientamento della mano, la
posizione del segno rispetto allo spazio neutro del segnante, gli indici non
manuali) e il tempo (il movimento del segno e l'ordine dei segni nella fase).
Grazie
- Risoluzione sulle lingue dei Segni approvata dal Parlamento Europeo il 17 giugno 1988
- Legge 5 febbraio del 1992 n. 104 "Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle
persone handicappate"
- Legge 20 febbraio del 2006 n. 95 "Nuova disciplina in favore dei minorati auditivi"
- Legge 3 marzo del 2009 n. 18 "Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle
persone con disabilita', con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e istituzione
dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilita'"
-L. Vygotskij
-A.Fonzi, “Manuale di psicologia dello sviluppo”, Giunti 2004
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Tutti gli autori hanno contribuito equamente all'elaborazione del testo. Tutti gli autori sono soci o collaboratori
di Alia, società cooperativa sociale: www.aliacooperativa.it
Il testo vuole presentare uno scorcio, una parte di storia della Ludoteca
L’Albero Segnante ideato e gestito dalla cooperativa Alia.
Dal 2008 a oggi, La Ludoteca (così chiamata dai ragazzi che la frequentano e
identificata con il segno LIS di “divertimento”) si è configurata non solo come
uno spazio (fisico e temporale) di accoglienza e di gioco per bambini/ragazzi
sordi (e con altre difficoltà comunicative, cognitive, relazionale), ma come
un’occasione per dare l’opportunità a questi ragazzi di incrementare e
sviluppare le loro competenze e potenzialità.
È Albero perché l’albero cresce, è Segnante perché la LIS (insieme ad altri
linguaggi mimico-gestuali creati ad hoc in relazione alle competenze cognitive
e motorie dei ragazzi) è uno strumento comunicativo, insieme alla lingua
orale, che permette di socializzare.
La Ludoteca rappresenta una sfida per la cooperativa. Non riceve
attualmente alcun finanziamento pubblico, qualche piccola donazione privata,
il 5x1000 e tanta voglia di investire risorse proprie in un progetto in cui crede
e che, si spera, verrà un giorno istituzionalmente riconosciuto.
La Ludoteca
Il servizio di Ludoteca “L'albero Segnante” è nato nel 2008 nel comune di
Solesino (PD) grazie ai contributi del comune di Monselice e della Provincia
di Padova. L'anno successivo si è svolta nei locali “Spazi Creativi”
dell'associazione D.I.S.B.E.R.G grazie a un finanziamento dalla Cassa di
Risparmio del Veneto. A fronte del grande successo e delle richieste da parte
degli utenti, il servizio è stato trasferito dal 2012 a Padova e ha visto la sua
successiva edizione presso il Centro per le famiglie Crescere Insieme di
SPES dove ha ottenuto l'appoggio simbolico della Provincia di Padova,
dell'Ordine degli psicologi della Regione Veneto e dell'ENS (Ente Nazionale
Sordi). Il servizio ha riscosso l'interesse anche dell'Istituto Nazionale Ville
Venete e della Regione Veneto tanto che è stata realizzata una
rappresentazione delle attività di animazione presso Villa Venier Contarini di
Mira (VE). Le ultime due edizioni, inclusa quella in corso, sono state
realizzate anche grazie a un contributo del LIONS club Padova Elena
Cornaro Piscopia.
Il gioco non viene solo visto come strumento per intrattenere bambini e
ragazzi con difficoltà cognitive, comportamentali, relazionali e/o
comunicative, la Ludoteca non è soltanto uno spazio dove portare i figli e
dare sollievo ai genitori, bensì è un luogo dove i ragazzi, nel confronto con
la diversità che caratterizza ogni persona, possono aumentare il loro
bagaglio di conoscenze e competenze.
Nella seconda fase abbiamo iniziato a usare i segni che già conosceva M. (8
gesti in tutto) relativi a oggetti di uso quotidiano (bambolotto, carrozzina,
mangiare, bagno, etc.). Contemporaneamente si è aggiunto il primo gesto
nuovo, scelto per indicare un gioco (“trenino”) a cui era particolarmente
legato. Questo ha permesso di avere una forte componente motivazionale
che ha portato in pochi giorni ad associare gesto a oggetto. Il gesto (far
scivolare la mano sul banco) era semplice e facilmente adatto alle sue
competenze motorie, perciò la facilità di apprendimento ha permesso anche
un suo utilizzo quotidiano e spontaneo. L’operatore mostrava il trenino a M. e
non gli consegnava o non metteva in moto il gioco fino a che non eseguiva il
movimento richiesto. Le prime volte si favoriva l’esecuzione aiutando M. nel
movimento e successivamente lo si lasciava in autonomia. Già nella prima
settimana si è riusciti a far apprendere il gesto in modo naturale e le richieste
di gioco da parte di M. erano frequenti. Per i successivi segni introdotti è stata
seguita la stessa modalità (segni di uso comune e soprattutto di interesse per
il ragazzo). In due mesi il linguaggio di M. era composto da 16 gesti (il doppio
di quelli appresi fino ad allora).
Nella terza fase si sono aggiunti segni di uso quotidiano, non legati al gioco,
ma utilizzati per indicare oggetti di uso comune o i familiari. Nella fase di
apprendimento sono state usate foto e altro materiale visivo (video, disegni).
A volte è stata necessaria anche la presenza fisica degli oggetti o delle
persone. Ad esempio, per indicare la nonna veniva ripetuto il segno e dopo la
si faceva entrare dalla porta destando sorpresa in M. e facilitando così
l’apprendimento del gesto.
Nella quarta fase (dopo circa un anno di lavoro) e dopo aver appreso circa 50
gesti, si sono introdotte sequenze di 2 gesti per indicare azioni più complesse
(esempio: bambolotto+porta= butta il bambolotto fuori dalle porta).
Questa fase, sebbene più complessa, poiché presentava la difficoltà di
replicare più di un gesto contemporaneamente, è stata facilmente realizzabile
per il forte interesse di M. nel voler nascondere le cose e perciò dalla forte
motivazione di comunicare “richieste” (nascondere gli oggetti, buttare i giochi
dalla finestra, etc.).
È facile intuire che un lavoro di questo tipo richiede molto tempo, quotidianità
e condivisione costante con i familiari, in primo luogo, oltre che con
insegnanti, terapeuti, coetanei, etc.
In questo caso in particolare, l’operatore con la sua esperienza e le sue
conoscenze ha contribuito in maniera significativa ad ampliare le possibilità
comunicative di un ragazzo che fino all’età di 10 anni non aveva avuto la
possibilità di esprimere le sue preferenze e partecipare attivamente a scambi
comunicativi. Davvero toccante la reazione della madre quando per la prima
volta è riuscita a conoscere le preferenze del figlio, potendogli finalmente
chiedere, cosa che a noi tutti potrebbe sembrare banale, se preferisse ad
esempio bere l’aranciata o la coca-cola. Comunicazioni di base spesso
assenti quando manca un linguaggio condiviso, una modalità di
comunicazione adatta alla persona stessa, non possono essere date per
scontate se permettono all’individuo di esprimere se stesso, a partire,
banalmente, dal poter dire cosa gli piace e cosa no.
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l’albero segnante, è possibile visionare e scaricare materiale sulla Ludoteca
Riforma Delrio: Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, LEGGE 7 aprile 2014, n. 56
SEZIONE ARTICOLI CORRELATI
Abstract
In this article, we compare the answers given by two deaf Italian twins in the
standardized test TCGB and in a test developed by linguists to analyse the
competence of passives in children. Results show that their comprehension
of passives is more impaired than other syntactic constructions. Based on the
comparison of the results obtained in the two tests, some suggestions are
provided to design standardized tests for the clinical practice and language
rehabilitation and teaching strategies.
1. Introduzione
8
Il dibattito sull’acquisizione del passivo è cominciato negli anni ’70 del secolo scorso e continua
ancora. Si veda Guasti (2002:245-270) e Guasti (2007:197-208) per una panoramica degli studi su
varie lingue e, per l’italiano, Manetti (2013), Volpato et al. (2013), (2014), (2015), Belletti e Guasti
(2015:129-150). Altre indicazioni bibliografiche verranno fornite nelle sezioni successive.
9
Le difficoltà con le frasi passive sono state riscontrate anche negli afasici (ad. es. Grodzinsky
2000, Meyer et al. 2012), nei soggetti con disturbo specifico del linguaggio (DSL) (ad. es. van der
Lely 1996, Norbury et al. 2002, Friedman and Novogrodsky 2004) e nella popolazione dislessica
(tra gli altri v. per l’inglese Wisehart et al., 2009; e per l’italiano Reggiani 2010 e Cardinaletti e
Volpato, 2011, 2015).
Scopo di questo lavoro è indagare se la ricerca linguistica possa
contribuire sia in ambito clinico, ai fini della preparazione dei test diagnostici
e della progettazione dei percorsi di riabilitazione, sia in ambito formativo ed
educativo, affinché gli insegnanti curriculari e gli insegnanti di sostegno,
attraverso un’interazione efficace con l’équipe medica, possano essere
aiutati nell’elaborazione di strategie atte a favorire lo sviluppo della piena
competenza linguistica nel bambino con deficit linguistico.
Nel caso delle frasi irreversibili come (3), invece, una delle due possibilità è
esclusa (v. (3c)) e dunque l’interpretazione risulta facilitata:
2.2. Il TCGB
Le 4 frasi irreversibili sono invece classificate sulla base del tipo di verbo
usato:
3
Cipriani e Chilosi (2006:9, nota 4) motivano l’analisi di leggere come verbo
“stativo” sulla base del fatto che lo stato dell’oggetto del verbo non viene
modificato (non affected object), mentre con i verbi “di azione” come lavare e
mangiare l’azione modifica lo stato dell’oggetto (affected object). Sebbene
questo sia vero anche nel caso del verbo vedere, in realtà esistono
differenze importanti tra leggere e vedere, che non permettono di classificarli
come appartenenti alla stessa classe (Vendler 1957). Mentre vedere è
effettivamente un verbo stativo, leggere, come lavare e mangiare, è un verbo
che descrive un evento, dunque non-stativo. La differenza emerge
chiaramente in inglese, ad es. nell’uso della forma – ing e nella costruzione
media (v. Roberts 1987, Fagan 1992):
Come già detto, i limiti anche temporali posti dalla pratica clinica richiedono
test relativamente brevi e i cui risultati siano facilmente analizzabili. Nel
TCGB, ad es., viene assegnato un punteggio per ogni errore (0,5 se l’errore
viene corretto al secondo tentativo, 1,5 se l’errore viene ripetuto), cosicché
più alto è il numero di errori, più alto sarà il punteggio ottenuto. Come si
vede, la ripetizione dell’errore viene penalizzata con un punteggio
particolarmente alto.
agente Sara?
(Maratsos et al. 1985).5 A queste due variabili è stata aggiunta nel test
italiano la scelta dell’ausiliare, una proprietà specifica dell’italiano, che a
differenza di altre lingue utilizza due ausiliari per la costruzione delle frasi
passive, essere o venire. Si noti che questa variabile non appare in nessuno
degli
Marco
Sara
spinge
spinge
Sara
Marco
ruoli
corretta
invertiti
La
mamma
spinge
Marco
cambio di
agente
Fig. 1: Esempio di stimolo per la comprensione delle frasi passive con compl.
d’agente
Marco spinge la
Marco spinge Sara
mamma
ruoli invertiti
cambio di paziente
corretta
10
Nella somministrazione del test, una sezione introduttiva precedeva la parte sperimentale e
consisteva nella presentazione dei personaggi (Marco, Sara, la mamma e il papà) e nella
presentazione dei verbi utilizzati per costruire gli stimoli.
11
I due bambini hanno un QI nella norma e non mostrano altre disabilità associate. Sono nati da
genitori udenti e nella loro famiglia non sono stati riscontrati altri casi di sordità o disturbi di
linguaggio. Non conoscono la lingua dei segni italiana. Dai 3;0 ai 7;0 anni hanno svolto sedute di
logopedia ininterrottamente e regolarmente, due volte alla settimana. Al momento dei test, i cicli di
logopedia erano stati interrotti.
I due bambini sono stati sottoposti sia al TCGB sia al test linguistico,
per verificare da una parte la loro competenza linguistica generale in italiano
e dall’altra la loro conoscenza specifica della struttura passiva. La scelta di
questo tipo di frasi è motivata da due considerazioni: da una parte non ci
sono a nostra conoscenza studi specifici su questa struttura nei bambini sordi
italiani, sebbene molti lavori precedenti riportino le difficoltà che i sordi
riscontrano con il passivo;12 dall’altra la maggior parte delle risposte sbagliate
che i due bambini hanno fornito nel TCGB riguardano proprio le frasi passive.
Questo è particolarmente evidente in SB, che all’età di 7;9 anni ottiene sulle
frasi passive ben 6,5 punti su un punteggio totale di 8. Le frasi passive
risultano particolarmente deficitarie anche in SA, che a 7;9 anni totalizza 3
punti su 7:13
Struttura
Punteggio di errore
grammatical
2011, 7;9 2013, 9;0
anni anni
Frasi passive
SA 2,5 1
affirmative
Frasi passive
0,5 1
negative
Totale test 7 3,5
12
Si veda Baldo et al. (1990), Caselli et al. (1997), Bignoni et al. (2003), Chesi (2006), Bertone e
Volpato (2009), Bertone et al. (2011), Rizzetto (2012), Vacca (2012), Vivaldi (2015). Per studi
specifici sui sordi anglofoni, si veda Schmitt (1969), Power (1971), Wilbur (1977), Quigley, Power
e Steinkamp (1977), Gormley e McGill-Franzen (1980), King e Quigley (1980), LoMaglio e
Robinson
(1985), Strong (1988), Norbury et al (2002). Per l’ebraico, si veda Friedmann e Szterman (2006),
per il giapponese Fujiyoshi et al. (2012).
13
Un risultato simile è ottenuto anche da Bertone et al. (2011), che hanno testato con il TCGB la
competenza in italiano di 6 sordi segnanti con sordità profonda e severa di età compresa tra i 15;5 e
i 17;6 anni: la maggior parte degli errori si è concentrata nelle frasi passive e la differenza tra le
frasi passive e tutte le altre stutture analizzate nel test è risultata significativa statisticamente (Test
di Wilcoxon), v. Bertone et al. (2011:95).
Frasi passive
4,5 0,5
affirmative
SB Frasi passive
2 0,5
negative
Totale test 8 3
Tab. 2: Punteggio di errore nel TCGB
Struttura Soggetti
grammaticale
SA, SB, U9 U10 SA, SB, U11 U12
2011 2011 6;6 6;7 2013 2013 7;5 7;2
EA 7;9 EA 7;9 EA 9;0 EA 9;0
EL 6;6 EL 6- EL 7;9 EL 8;0
6;6
Passive 7/10 5/10 10/1 9/10 8/10 9/10 10/10 9/10
affermative 0
Passive negative 5/6 4/6 5/6 6/6 5/6 4/6 4/6 6/6
Tab. 3: Risposte corrette fornite dai due gemelli sordi e da bambini udenti
L’analisi qualitativa delle risposte fornite dai due bambini sordi nelle
frasi passive affermative ci informa che:
- SB sbaglia a 7;9 anni cinque passive reversibili, di cui due probabili (52
La bambina è vestita dalla mamma; 67 La bambina è pettinata dalla
mamma), due neutre (55 Il cane è tirato dall’uomo; 58 Il bambino è spinto
dalla bambina) e una improbabile (61 La mamma è presa in braccio dal
bambino), e a 9 anni una sola reversibile probabile (52 La bambina è vestita
dalla mamma).
a 7;9 anni, SA sbaglia una sola frase reversibile (62 Il bambino non è spinto
dalla bambina), a 9 anni la stessa frase reversibile e una senza agente (57 Il
cestino non è stato svuotato); a 7;9 anni SB sbaglia una passiva reversibile
(62 Il bambino non è spinto dalla bambina) e una irreversibile (66 La mela
non è presa dalla bambina), errore quest’ultimo che viene ripetuto anche a 9
anni.
Nel test linguistico, le risposte corrette dei due bambini sordi sono
presentate nelle tabelle seguenti (si veda anche Franceschini e Volpato
2014, 2015):
I dati rivelano una discreta comprensione del passivo da parte dei due
gemelli sordi, in particolare se il verbo è azionale, se manca il complemento
d’agente, e se l’ausiliare è essere.
Confrontando i loro risultati con quelli di bambini udenti (75 bambini di età
compresa tra 3;4 e 6;2, Volpato et al. 2013, 2015), si osserva che alla prima
somministrazione, SA e SB sono comparabili con bambini anagraficamente
più piccoli (di età 3;4-3;11 e 4;0-4;8), mentre alla seconda somministrazione
le percentuali aumentano notevolmente, raggiungendo ottimi livelli con i verbi
azionali, mentre con i verbi non-azionali le risposte sono ancora basse (v.
Franceschini e Volpato 2014, 2015).
4. Discussione
Abbiamo visto che i risultati del TCGB e quelli del test linguistico sono
molto simili. I due bambini sordi presentano un deficit nell’interpretazione del
passivo e la loro performance in questa struttura è peggiore che in altri tipi di
frase, come già riscontrato in uno studio su adolescenti sordi italiani (Bertone
et al. 2011, v. nota 9).14
- SA sbaglia nello stimolo 71 Il cane è morso dal bambino sia a 7;9 anni
che a 9 anni; - SB sbaglia nello stimolo 61 La mamma è presa in braccio dal
bambino a 7;9 anni.
nelle risposte di 75 bambini udenti in età prescolare, di età compresa tra i 3;5
e i 6;2 anni (Volpato et al. 2014, 2015). I bambini sordi danno anche altre
risposte: SA produce a 9 anni una certa percentuale di frasi agrammaticali
(4%), mai prodotte dai bambini udenti, e SB produce una altissima
percentuale di frasi che descrivono la posizione dei personaggi nelle foto o i
propri commenti sulle foto (83% e 100% rispettivamente all’età di 7;9 e 9
anni), prodotte in misura molto minore dai bambini udenti.
11
Va osservato che nessuna delle figure corrispondenti a questi stimoli
contiene il distrattore grammaticale in cui una macchina robot lava il bambino
o una mela robot prende la bambina, che renderebbe queste frasi reversibili.
12
In realtà l’immagine mostra una macchina che passando sopra una
pozzanghera bagna il bambino. L’immagine probabilmente non è
chiarissima. Si potrebbe anche ipotizzare che la frase venga interpretata
come se fosse una frase attiva.
15
I bambini udenti in età prescolare prediligono l’ausiliare venire, nella media del 76%, anche nella
produzione elicitata di frasi passive (Volpato et al. 2014, 2015). In un esperimento di priming,
l’ausiliare venire è stato prodotto anche quando lo stimolo conteneva essere (Manetti 2013).
Veniamo infine alle frasi contenenti verbi non-azionali. Il TCGB, come
abbiamo detto, ne prevede solo 1, l’item 73 contenente vedere (v. nota 3).
Entrambi i bambini sordi hanno risposto correttamente a questo unico
stimolo. Nel test linguistico, che conteneva 16 stimoli con 4 verbi nonazionali
(amare, annusare, sentire, vedere), i risultati sono stati invece relativamente
problematici. La discussione sulla competenza infantile di questi verbi è
molto accesa e ci sono autori, come Demuth et al. (2010) e Messenger et al.
(2009), (2012) che ritengono che nei compiti di abbinamento fraseimmagine,
i risultati sui verbi non-azionali siano un artefatto del disegno sperimentale,
dovuto alla rappresentazione difficoltosa dei verbi non-azionali. Messenger et
al. (2009) hanno trovato che, se si usa un test di abbinamento frase-
immagine, risultano difficili da interpretare perfino le frasi attive contenenti
verbi non-azionali, mentre gli effetti legati al tipo di verbo scompaiono se si
usa un compito di priming. Date queste considerazioni, che riguardano i
bambini a sviluppo tipico, è probabilmente opportuno non inserire questa
classe di verbi in un test clinico se la modalità utilizzata è quella
dell’abbinamento frase-immagine.
5. Conclusioni
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Bertinotti Tommaso16
Introduzione
16
Tommaso Bertinotti, vice Presidente di Alia società cooperativa sociale è psicologo e progettista sociale
difficile trovare letteratura rispetto al “dietro le quinte” ovvero la progettazione
che rende possibile l’erogazione di quei servizi che sono poi a disposizione
delle persone e delle famiglie.
A seguito di questa premessa, si entra ora nel merito della descrizione del
servizio, utile per la comprensione poi della sua storia.
18
www.aliacooperativa.it
persone, un’occasione di socializzazione, un momento di crescita attraverso il
gioco, l'interazione con gli altri, la scoperta di sé e dell'altro. Per i ragazzi si
tratta di momento in cui poter valorizzare le competenze e superare alcuni
limiti, nel rispetto della storia personale di ciascuno e della diversità che
caratterizza ognuno di noi.
Proseguiamo ora con la storia della Ludoteca sempre col fine di delineare i
passaggi di progettazione che ne hanno resa possibile la realizzazione.
Dal 2012 il servizio viene trasferito a Padova. Tale aspetto porta elementi di
progettazione utili in quanto la scelta è stata fatta per due ordini di ragioni: da
un lato, ancora una volta, si è posta attenzione all’analisi del contesto e si è
rilevato come, per le nuove famiglie beneficiarie del servizio, fosse più facile
accompagnare i figli a Padova piuttosto che nella provincia. Il secondo
elemento di progettazione è dato dal fatto che, essendosi esaurita l’annualità
coperta dal finanziamento, non si poteva più fare affidamento su una risorsa
economica importante che aveva, fino a quel momento, reso possibile
l’esistenza del servizio.
Come è noto a chi opera in ambito sociale, non sempre il 5x1000 è una quota
sostanziosa, specie per le piccole realtà. Da qui la necessità di integrare tale
scelta strategica con una ricerca di partner che potessero, in diversi modi,
contribuire a sostenere il progetto19.
20
Nella terminologia tecnica gli obiettivi vengono definiti SMART (Specific-Measurable-Achievable-Realistic-Timed
ovvero Specifici, Misurabili, raggiungibili, realistici e pianificati nel tempo)
Riassumendo quindi i passaggi che hanno possibile l’esistenza ad oggi del
progetto (nel tempo divenuto servizio), coerentemente anche questi con i
dettami della progettazione sociale sono:
- una accurata analisi del contesto sia dal punto di vista delle esigenze del
territorio (esigenza dei ragazzi, delle famiglie, dei servizi già a disposizione)
che dei cambiamenti normativi (riforma delle Provincie con la Legge Delrio,
riforma del terzo settore);
FASE I: IDEAZIONE
- fase di programmazione: tale fase pertiene alla politica, nella misura in cui
sono le politiche (nel nostro caso sociali) a definire i piani di intervento e
quindi di finanziamento. Nel caso illustrato della Ludoteca l’Albero Segnante
si è intercettato il flusso economico emanato dalla programmazione degli
interventi prima da parte del Comune di Monselice e della Provincia, poi della
Cassa di Risparmio del Veneto;
- fase di ideazione: questa fase riguarda l’ente erogatore della proposta
progettuale. È compito quindi del progettista e del team di lavoro, formulare e
proporre al Consiglio di Amministrazione o agli organi decisionali una
proposta di idea di servizio/progetto. Come detto, nel caso della Ludoteca,
l’intuito di alcuni professionisti insieme ad una lettura precisa delle esigenze
territoriali e delle necessità istituzionali, ha portato alla produzione di una idea
di servizio vincente;
FASE II: PIANIFICAZIONE
- fase di formulazione: è la fase che più direttamente interessa il progettista
e il suo team di lavoro e riguarda la concretizzazione dell’idea proposta
attraverso la strutturazione (spesso scritta) di un progetto;
- fase del finanziamento; tale piano riguarda, come anticipato, la politica e
stakeolder. Come si è visto nel racconto si è inizialmente intercettato un
flusso economico istituzionale, si è passati poi ad una fase di transizione con
l’investimento di risorse proprie fino alla costruzione di un piano di
finanziatori;
FASE III: REALIZZAZIONE
- fase di realizzazione: dal 2008 ad oggi il servizio è garantito relativamente
alle risorse economiche e umane a disposizione. Come descritto questa fase
comprende anch’essa, al suo interno, un processo ciclico che prevede
l’avvio-esecuzione-ripianificazione (quest’ultima se necessaria) e chiusura: si
è potuto vedere tale ciclicità ad esempio nella ridefinizione delle strategie (da
integrazione sordi-udenti a bilinguismo degli operatori). Questa è la fase in
cui ci si rende conto che un progetto non si realizza mai per come è stato
progettato spesso per via di inevitabili e inaspettate difficoltà.
FASE IV: CHIUSURA
- valutazione-analisi: tale prassi, come già accennato, oltre che eticamente
corretta è stata strategica nel mantenimento della rete nella misura in cui si è
fatto vedere a tutti gli stakeholder i risultati ottenuti. È la fase che, di volta in
volta, mette in moto la macchina che permette la replica del servizio per
l’anno successivo.
BIBLIOGRAFIA
A Guide to the Project Management Body of Knowledge, (PMBOK Guide,
Quinta Edizione), Project Management Institute (PMI), 2013
www.progettistisociali.it
Dario Forti, Flavio Masella, Lavorare per progetti, Cortina Raffaello, 2004
In questo breve articolo tratteremo del progetto in atto presso il Liceo artistico
“Pinot Gallizio” di Alba (CN), che è nato nel corso dell’anno scolastico
2016/2017 per volontà del professor Antonio Trienti, in accordo con il collegio
docenti e con il dirigente scolastico dell’istituto “Govone”, professor Luciano
Marengo.
La presenza di una studentessa sorda in una classe prima, ha comportato, a
livello progettuale, tutto il doveroso apparato formativo che già negli articoli
precedenti è stato illustrato: la presenza di un assistente alla comunicazione
è stata vissuta non solo come un supporto alla persona sorda, ma come
valore aggiunto a livello sistemico all’interno della classe e come ponte tra la
persona sorda e il gruppo dei pari.
L’ora dei lingua dei segni settimanale è stata calendarizzata all’inizio
dell’anno, con la finalità primaria di permettere ai nuovi compagni di mettersi
in comunicazione con la compagna segnante, in un’ottica di centralità della
persona e dei suoi bisogni.
Accade frequentemente, però, che questo momento formativo non venga
percepito a livello collegiale come un reale valore aggiunto, ne tantomeno
come un’esigenza formativa ai fini di un’inclusione soddisfacente.
I nodi critici che spesso insorgono, laddove l’inclusione richieda sforzi
formativi e impiego di risorse dal punto di vista umano e professionale, sono
proprio questi: non sempre è facile far comprendere la reale necessità della
formazione di tutto il contesto di vita di un soggetto, spesso si incontrano
resistenze culturali (non abbiamo tempo di imparare la lingua dei segni),
barriere legate ai tempi dei programmi ministeriali (siamo già indietro col
programma, non abbiamo spazio per la LIS), di gestione delle istanze delle
famiglie (i genitori preferiscono che facciamo dei recuperi piuttosto che fare
lingua dei segni), e molte altre problematiche.
Questo articolo vuole dare risalto, alla luce delle difficoltà spesso affrontate
dalle figure preposte, ad un progetto che, al contrario di quanto appena detto,
ha valorizzato la lingua dei segni come risorsa culturale, sociale e linguistica.
L’intuizione del docente di lingua e letteratura Italiana ha generato dalla
difficoltà, all’interno di un contesto nel quale le discipline pratiche la fanno da
padrone, di creare interesse intorno alla grammatica italiana.
La grammatica è una materia ostica, all’interno della quale risulta difficile
creare aspetti accattivanti che non la facciano percepire come inutile o
pesante.
La comparazione tra lingue differenti è senz’altro un percorso valido per
rendere più interessante la materia, e l’opportunità di comparare anche una
lingua particolare ed al di fuori dagli schemi curriculari è sembrata
un’opportunità da non perdere.
Il tempo dedicato alla lingua dei segni, su richiesta specifica del docente, è
raddoppiato, in modo da dare maggiore spazio agli aspetti strettamente
linguistici e comparati.
Un esempio di comparazione linguistica è lo spazio dedicato alle proposizioni
interrogative ed in particolare all’avverbio-congiunzione PERCHE’:
-La lingua Italiana prevede un solo perché, che è valido sia in forma di
domanda che in quella di risposta: “Perché l’hai fatto?” ”L’ho fatto perché
dovevo”.
-La lingua dei segni ne prevede due, esattamente come l’inglese:
“Fatto perché?” “Motivo: deve”. Il PERCHE’ (configurazione 5 chiuso) della
lingua dei segni corrisponde al WHY? della lingua inglese, mentre la formula
di risposta MOTIVO (configurazione Q) corrisponde al BECAUSE della lingua
inglese (That’s it!, Kelly-Chiodini-Bettinelli Backhouse 2013).
-Nella lingua francese esistono addirittura tre formule, che prevedono:
domanda/risposta/spiegazione (pourquoi, parce-que, car).(Bruneri-Durbano-
Vico “Quelle chance!”2011)
Bibliografia
Volterra V., La lingua italiana dei segni, Il Mulino, Bologna, 1987
Volterra V., Educazione bimodale e bilingue del bambino sordo, Rivista età evolutiva, n.20, 1985
Raduzky E., Dizionario bilingue elementare della lingua dei segni, Kappa, Roma, 2001
Kelly-Chiodini-Bettinelli Backhouse 2013 “That’s it!”,Lang edizioni 2013
Bruneri-Durbano-Vico “Quelle chance!”, Lang edizioni 2011
Logatto E., Grammatica della lingua russa, Feltrinelli 1997
Il progetto Spread The Sign
Anna Cardinaletti*
21
Lisa Danese ha sviluppato le sue competenze di traduzione in LIS anche all’interno delle attività
dello spin-off dell’Università Ca’ Foscari Venezia VEASYT srl da lei co-fondato
(www.veasyt.com), che si occupa di servizi digitali per l’abbattimento delle barriere della
comunicazione, tra cui un servizio di video-interpretariato da remoto (VEASYT Live!,
www.interprete.live). Nel periodo 05/2013 - 04/2014 ha anche usufruito di un assegno di ricerca
finanziato dal Fondo Sociale Europeo e tutorato dalla dott.ssa Chiara Branchini, dal titolo Sviluppo
di video-glossario di termini specialistici in Lingua dei Segni Italiana (LIS) negli ambiti: pubblico-
amministrativo, giuridico-legale, artistico, i cui termini sono in parte confluiti nel video-dizionario
STS.
internazionali del progetto ha partecipato in qualità di interprete inglese/LIS la
dott.ssa Lara Mantovan, anche lei laureata in Scienze del linguaggio e diplomata nel
nostro Master in Teoria e tecniche di traduzione e interpretazione italiano/LIS22.
Il progetto (2012-2015) ha sviluppato un precedente progetto pilota Leonardo da
Vinci (2006-2008) dallo stesso nome, coordinato da Thomas Lydell-Olsen. Nel
progetto pilota erano rappresentate le lingue dei segni britannica, ceca, lituana,
portoghese, spagnola e svedese. Un successivo progetto Leonardo da Vinci (2008-
2010) ha visto l’ingresso di Francia, Germania e Turchia. In pochissimi anni, STS ha
raggiunto dunque una grande visibilità e molti partner di vari Paesi, tra cui il nostro
Dipartimento, si sono aggiunti al gruppo di partner iniziale. Per noi si è trattato di un
riconoscimento importante, che premia la qualità del lavoro svolto a Ca’ Foscari in
15 anni di didattica e di ricerca sulla LIS23. I membri del progetto si possono
visualizzare alla pagina www.spreadthesign.com/it/members; nella mappa alla
pagina www.spreadthesign.com/it/map li si può localizzare all’interno dei loro Paesi.
STS è stato rifinanziato recentemente nell’ambito del progetto Erasmus+ (2015-
2018) con il nome di Spread share; lo scopo di questo nuovo progetto è verificare la
qualità dei segni caricati nel dizionario, creare una funzione Google Map in lingua dei
segni e una piattaforma su cui condividere materiali per l’insegnamento ai sordi.
Tra gli sviluppi del progetto STS, il coordinatore prevede anche la possibilità di
abbinare alle parole suoni e animazioni in 3D. Alla data del 29 gennaio 2016 sono
stati caricati in totale 100.545 audio.
Il lavoro di preparazione dei 15.000 segni italiani caricati nel dizionario STS24 è stato
molto impegnativo, essendosi svolto nell’arco di soli tre anni (mentre per altre
lingue il lavoro di traduzione era cominciato in precedenza) e ad opera di
collaboratori a tempo parziale. Le parole inglesi fornite dal Coordinatore sono state
in primo luogo tradotte in italiano, anche con l’aiuto di studenti tirocinanti iscritti ai
Corsi di Laurea del Dipartimento; è stata successivamente verificata con il segnante
nativo l’esistenza di un segno condiviso nella comunità sorda italiana; in caso
negativo è stata discussa la possibilità di creare un neologismo o la necessità di
22
Durante l’incontro internazionale svoltosi a Venezia, il 24 febbraio 2014 si è tenuta una
conferenza stampa di lancio del progetto STS in Italia, cui ha partecipato per l’Ente Nazionale
Sordi il dott. Pier Alessandro Samueli. Il progetto ha avuto visibilità in molte testate giornalistiche
e a RAI Radio 3.
23
A Ca’ Foscari il primo corso di LIS, a scelta libera, è stato attivato nel 1999; dal 2002, la LIS è
diventata lingua di specializzazione al pari delle altre lingue offerte nei Corsi di Laurea triennali e
magistrali della ex-Facoltà di Lingue e letterature straniere e
24
Il dizionario STS è sei volte più grande del più grande tra i dizionari di LIS pubblicati finora:
Romeo (1991) contiene circa 1400 segni; Radutzky (1992) e Radutzky, Ottolini, Vitali (2014) circa
2500 segni; ElisDiz (2006) 400 segni.
ricorrere alla dattilologia della parola italiana corrispondente25. Per la terminologia
relativa ai toponimi di altri Paesi (il cui segno non era già esistente in LIS) o a termini
relativi alla cultura di altri Paesi si è deciso di utilizzare prestiti dalle lingue
corrispondenti, per evitare un ricorso troppo massiccio alla dattilologia. Questa
grande attenzione ad evitare il più possibile la dattilologia e a creare neologismi, con
le tecniche tipiche delle lingue dei segni (Danese, 2011), caratterizza in particolare il
dizionario di LIS, e ha richiesto un lungo lavoro di riflessione sulla traduzione, che si è
basato sulle