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INDOOR

AIR QUALITY
Valutazione del Rischio Microbiologico
dovuto all’Inquinamento Indoor negli Ambienti di Lavoro
INDOOR AIR QUALITY
Valutare il Rischio Biologico correlato agli impianti di
condizionamento negli ambienti di lavoro
© FIROTEK

Titolo
Indoor Air Quality

Sottotitolo
Valutare il Rischio Biologico correlato agli impianti di condizionamento
negli ambienti di lavoro

Pubblicato da Aria Sicura®


Marchio registrato di Firotek Srl
Via di macchia Saponara 140/B - 00125 Roma

Prima edizione:
Luglio 2020

Proprietà letteraria riservata.


E’ vietata la riproduzione con qualsiasi mezzo.
Il presente testo è stato redatto a cura dello staff tecnico Aria Sicura®
- Firotek.Nasce con lo scopo di offrire strumenti per la valutazione e il
controllo dei rischi microbiologici negli impianti idrici e aeraulici.
INDICE

INTRODUZIONE 2


1. Gli agenti biologici come causa di malattie .......... 6
2. Valutazione del Rischio ......................................................... 9
3. La valutazione del rischio negli impianti
di condizionamento ................................................................. 16
4. Patologie e Indoor Air Quality ......................................... 21
5. Riduzione dell’inquinamento indoor........................... 25
6. Riferimenti normativi ............................................................. 28
7. Valutazione dello stato igienico
degli impianti HVAC ................................................................ 32
8. Il Protocollo Aria Sicura® ........................................................ 35
UTA ................................................................................................... 38
Canali .............................................................................................. 39
Fancoil ............................................................................................ 42
9. I 3 gradi di valutazione di contaminazione .............. 44
10. L’intervento di Bonifica e sanitizzazione ............... 47
UTA ................................................................................................... 47
Canali .............................................................................................. 48
Bocchette, anemostati e griglie .............................. 49
Sanitizzazione finale .......................................................... 50
Controllo finale ....................................................................... 50
INTRODUZIONE

Aria Sicura® è la business unit di Firotek specializzata


nel controllo del rischio microbiologico degli impianti
aeraulici, improntata sulla stretta connessione che esiste
fra qualità dell’aria degli ambienti confinati e gli impianti
di condizionamento. L’azienda opera in tutta Italia
affiancando più di 1000 clienti con un Team di Biologi,
Dottori Chimici e Tecnici Specializzati, per garantire il
rispetto dei principali parametri di qualità dell’aria negli
ambienti ospedalieri, industriali e nei luoghi di lavoro. Ogni
processo operativo è certificato con i più alti e rigorosi
Standard Internazionali quali ISO 9001, ISO 14001 e BS
OHSAS 18001.

L’argomento che verrà approfondito è la correlazione


tra lo stato igienico degli impianti di condizionamento e i
rischi a cui sono esposti i lavoratori o chiunque usufruisca
degli ambienti serviti dagli impianti di condizionamento;
in particolare, si farà luce sulla stretta connessione che
intercorre fra qualità dell’aria interna e lo stato igienico

2
degli impianti di condizionamento, poiché fra i due esiste,
come vedremo, un fortissimo legame correlativo. Prima di
affrontare l’argomento principale, è doveroso partire dalla
“base della piramide”, cioè dalla valutazione del rischio.

Il Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia


di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro,
obbliga il datore di lavoro ad effettuare la valutazione del
rischio nella propria struttura. La valutazione del rischio
consiste nella stesura di un Documento della Valutazione
dei Rischi (DVR) che viene redatto congiuntamente ad
un prospetto che prende in considerazione tutti i rischi
e le misure di prevenzione per la salute e la sicurezza sul
posto di lavoro. Questo Documento della Valutazione del
Rischio è obbligatorio per tutte le aziende con almeno un
dipendente; quindi, fondamentalmente, è obbligatorio
per tutte le aziende. Il datore di lavoro è obbligato a
valutare i rischi a cui sono esposti i propri lavoratori ed
esistono tre tipologie di rischio:

1. fisico,
2. chimico,
3. biologico.

Il Rischio fisico, è quello dovuto a esposizione a fonti di


rumore, radiazioni, luce artificiale, campi elettromagnetici
o a inadeguata ventilazione.

I Rischi chimici possono essere rappresentati


dell’esposizione a metalli pesanti, solventi organici o
idrocarburi aromatici. La presenza di questi inquinanti
di natura chimica e fisica dipende in particolar modo sia

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dalle diverse soluzioni impiantistiche e costruttive, sia dal
comportamento delle persone che vivono in un edificio.
Potremmo azzardare che la valutazione del rischio di tipo
chimico e fisico è abbastanza “semplice”. Infatti, dal punto
di vista di un sopralluogo, già analizzando la tipologia
di struttura e gli impianti associatialla struttura stessa
si può dare già una prima indicazione sui rischi a cui si è
potenzialmente esposti.

Il Rischio biologico è rappresentato invece


dall’esposizione ad agenti microbiologici come batteri,
funghi e protozoi, esseri viventi liberi di riprodursi in natura
anche in modo autonomo, e virus, endoparassiti obbligati
la cui attività metabolica è strettamente dipendente dalle
cellule che infetta. La presenza degli inquinanti di origine
biologica dipende in particolar modo dai livelli di igiene,
dai livelli di pulizia dei locali, degli impianti connessi agli
ambienti stessi e dalla pulizia anche personale.

La redazione del Documento di Valutazione del Rischio


dal punto di vista dei rischi chimici, fisici e biologici è
obbligatoria per legge e se il datore di lavoro effettua in
modo incompleto o non elabora del tutto il DVR è punibile
con sanzioni amministrative o penali. Inoltre, la mancata
redazione del DVR, se reiterata nel tempo, può comportare
anche la sospensione dell’attività imprenditoriale.

Come già dettagliato, in questo contesto, ci


soffermeremo sulla stretta correlazione che esiste fra
impianto di condizionamento e qualità dell’aria interna
focalizzando di conseguenza l’attenzione sul Rischio
Biologico, ponendo un focus sui diversi agenti biologici e
le conseguenze ad essi associate.

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1. Gli agenti biologici come causa di malattie

Un agente biologico è definito come “qualsiasi


microrganismo, anche se geneticamente modificato,
coltura cellulare o endoparassita umano, che potrebbe
provocare infezioni, allergie o intossicazioni”. Mai come
in questo periodo il rischio biologico è un argomento di
massima attualità e l’esposizione ai rischi che si corrono
stando a contatto con agenti biologici determina la
pericolosità degli agenti biologici stessi.

La pericolosità di un qualsiasi microrganismo dipende


da diversi fattori e da come essi interagiscono tra loro, in
qualche modo. Innanzitutto, il pericolo biologico è dovuto
soprattutto alla patogenicità, cioè la capacità di produrre
una malattia a seguito dell’infezione; all’infettività, che è
la capacità dei microrganismi di penetrare e moltiplicarsi
all’interno degli ospiti; alla trasmissibilità tra un soggetto
infetto e un altro suscettibile e dalla neutralizzabilità,
ovvero la disponibilità da parte dell’uomo di disporre di
misure profilattiche per la prevenzione della malattia e
terapeutiche per la sua cura.

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Nonostante la possibilità di essere potenzialmente
esposti ad un determinato agente biologico, non tutti gli
individui avranno lo stesso effetto sulla propria salute da
parte di quell’agente biologico. Questo è dovuto al fatto
che la suscettibilità individuale prevale sul manifestarsi
della malattia e sulle conseguenze sulla salute.

Molti fattori incidono sul manifestarsi della malattia


in caso di infezione da parte di un microrganismo e sono
questi che determinano se un individuo è più o meno
suscettibile ad un dato microrganismo. Alcuni di questi
fattori sono:

›› l’età avanzata, che aumenta i rischi di infezione;


›› il sesso, che può essere determinante, come
ad esempio nel caso del Coronavirus o della
Legionella, che colpiscono più il sesso maschile che
quello femminile;
›› il fumo di sigaretta; infatti, i fumatori sono più
esposti ai rischi delle malattie dell’apparato
respiratorio;
›› soffrire di patologie croniche degenerative o di
immunodeficienza, il che determina un sistema
immunitario compromesso e, perciò, una maggiore
suscettibilità a tutti i rischi di infezione.

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2. Valutazione del Rischio

La valutazione del rischio, di qualsiasi tipo, ma in


particolare di quello biologico, prevede vari step. Il primo
step per poter valutare il rischio biologico consiste
nell’individuare e analizzare i pericoli potenziali relativi alle
attività e modalità operative della struttura che è oggetto
di indagine. Si valutano quindi gli ambienti di lavoro, le
dotazioni di servizio, la tipologia del personale esposto
a eventuali agenti biologici e l’utilizzo diretto o indiretto
dell’agente biologico stesso.

È doveroso, a questo punto, fare una classificazione


degli agenti biologici; nel decreto 81/08 è presente
una tabella in cui essi sono suddivisi in quattro gruppi a
seconda del danno che causano sull’uomo.

Il primo gruppo racchiude tutte le specie biologiche


che costituiscono un rischio molto basso per il lavoratore
poiché hanno scarsa probabilità di causare malattie
nell’uomo. Al quarto gruppo appartengono i microrganismi
che causano gravi danni all’uomo perché determinano
l’insorgenza di malattie molto gravi e spesso anche

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GRUPPO 1 GRUPPO 2
DANNI SULL’UOMO: DANNI SULL’UOMO:
Scarse possibilità di causare malattie Possono causare malattie

RISCHIO PER I LAVORATORI: RISCHIO PER I LAVORATORI:


Molto Basso Rischio Basso; poche probabilità di
propagarsi nelle comunità
MISURE PROFILATTICHE E
TERAPEUTICHE: MISURE PROFILATTICHE E
TERAPEUTICHE:
ESEMPI DI AGENTI BIOLOGICI: Di norma disponibili
Saccharomyces cerevisiae
ESEMPI DI AGENTI BIOLOGICI:
Virus influenzali, Legionella
pneumophilia, Clostridium tetani, E.coli
(ceppi non patogeni), Pseudomonas
aeruginosa, Staphilococcus aureus,
Aspergillus fumigatus.

GRUPPO 3 GRUPPO 4

DANNI SULL’UOMO: DANNI SULL’UOMO:


In grado di provocare malattie gravi Malattie gravi

RISCHIO PER I LAVORATORI: RISCHIO PER I LAVORATORI:


Serio rischio; riescono a propagarsi Serio rischio; riescono a propagarsi
nelle comunità molto facilmente nelle comunità

MISURE PROFILATTICHE E MISURE PROFILATTICHE E


TERAPEUTICHE: TERAPEUTICHE:
Di norma disponibili Di norma non disponibili

ESEMPI DI AGENTI BIOLOGICI: ESEMPI DI AGENTI BIOLOGICI:


Virus epatite B e C, virus HIV, Rickettsia Virus delle febbri emorragiche
conorii, Salmonella typhi, Mycobacte-
rium tubercolosis, Brucella abortus
Escherichia Coli (ceppi patogeni)

Immagine 1: Classificazione degli Agenti Biologici

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mortali; quindi l’esposizione a questa tipologia di agenti
biologici rappresenta un serio rischio per i lavoratori e
normalmente non sono disponibili misure profilattiche
terapeutiche per la malattia. Un tipico esempio di questi
microrganismi sono i virus più pericolosi, come quelli della
febbre emorragica o il Coronavirus SARS-CoV2, perché
hanno un’alta probabilità di trasmissione nella comunità
e non si conoscono attualmente misure profilattiche o
terapeutiche efficaci, il che determina gravi conseguenze
sulla salute.

Il secondo step della valutazione del rischio biologico


prevede l’identificazione di tutte le misure di prevenzione
e protezione già adottate all’interno della struttura e
la valutazione della loro adeguatezza. Si valutano tutti
i rischi intrinseci, i rischi residui, quindi si definisce la
priorità dell’intervento da attuare per ridurre il rischio. Nei
casi più gravi, si individuano i provvedimenti da adottare
per la riduzione massima del rischio.

Per poter stabilire a quale livello di rischio biologico


si può essere esposti, si sancisce innanzitutto qual è la
probabilità, o frequenza, con cui si può verificare l’evento
dell’esposizione all’agente biologico.

Congiuntamente alla probabilità, si valuta la gravità del


danno in base alle conseguenze sulla salute della persona,
bisogna quindi capire il gruppo di appartenenza dell’agente
biologico a cui si è esposti. Valutati questi due fattori si
stabilisce il rischio vero e proprio. Matematicamente, il
livello di rischio (R) si ottiene dal prodotto tra la probabilità

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di esposizione (P) e il danno alla nostra salute (D):

R= P x D

La probabilità che si verifichi un evento dannoso


viene valutata tenendo conto dell’analisi oggettiva del
verificarsi dell’evento. In pratica, si attribuisce prima un
determinato valore alla probabilità, su una scala che va da
1 a 4, secondo la seguente valutazione:

1. molto improbabile: il danno può dipendere da un


concatenamento di eventi indipendenti (secondo
gli addetti, è impossibile il suo verificarsi oppure
non è mai accaduto un danno simile).
2. poco probabile: il danno può dipendere da
condizioni sfavorevoli (eventi accaduti raramente).
3. probabile: il danno può dipendere da condizioni
non del tutto connesse alla situazione ma possibili
(eventi già riscontrati in letteratura).
4. molto probabile: il danno può dipendere da
condizioni connesse alla situazione (eventi già
accaduti).

Il danno dipende dalla natura intrinseca di un


determinato microrganismo. È possibile fare una stima
del danno grazie agli studi riguardanti il microrganismo e
la malattia che esso può causare. Pertanto, si distinguono
4 livelli di sintomatologia:

›› lieve: disturbi reversibili in pochi giorni, esposizioni


croniche con disturbi di rapida risoluzione.

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›› di modesta entità: disturbi reversibili in qualche
mese, esposizioni croniche con disturbi reversibili.
›› grave: invalidità permanente, parziale o irreversibile,
oppure esposizioni croniche con effetti di invalidità
permanente parziale o irreversibile.
›› molto grave: invalidità totale o mortale, esposizione
cronica con effetti mortali o del tutto invalidanti.

Quello che si ottiene moltiplicando un dato livello


di rischio per il valore attribuito al danno causato da un
microrganismo rappresenta uno dei quattro livelli di
rischio: dal rischio trascurabile, il più basso, fino al rischio
inaccettabile. A seconda del rischio a cui si è esposti,
bisogna mettere in atto misure più o meno stringenti di
quelle già adottate per poter mantenere sempre i livelli di
rischio al minimo possibile.

Secondo le esplicitazioni del D.lgs. 81/08, il datore di


lavoro non solo è obbligato ad effettuare la valutazione
del rischio biologico, ma deve mettere in atto tutte le
valutazioni dei rischi, anche degli agenti fisici e chimici. La
scelta delle indagini da far eseguire dipende sempre dalla
tipologia della struttura e dalla tipologia dell’impianto
presente.

Le indagini necessarie per eseguire una corretta


valutazione del rischio, infatti, sono sempre mirate e volte
a selezionare in maniera puntuale i possibili rischi chimici,
fisici e biologici specificatamente connessi alla struttura
in esame.

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01. RischioTrascurabile
Non sono necessarie ulteriori misure e quelle in es-
sere risultano adeguatamente sotto controllo.

02. Rischio Adeguatamente Controllato


Il rischio può essere ritenuto accettabile se le misure
in essere sono sottoposte a controllosure aggiuntive

03. Rischio Moderatamente Controllato


Deve essere valutata la necessità di misure aggiuntive

04. Rischio Inaccettabile


Deve essere adottato un insieme articolato di
misure aggiuntive, anche mediante il suppor-
to di risorse esterne

01 02 03 04
LIVELLO DI RISCHIO I LIVELLO DI RISCHIO II LIVELLO DI RISCHIO III LIVELLO DI RISCHIO IV
R≤8 8 < R ≤ 16 16 < R ≤ 32 R > 32

Immagine 2: Valutazione del Rischio Biologico

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3. La valutazione del rischio negli impianti di
condizionamento

Gli impianti di condizionamento, per caratteristiche


costruttive e modalità di funzionamento, rappresentano
un ambiente ideale per la proliferazione di diverse specie
microbiotiche e muffe. Per gli impianti HVAC è necessario,
dunque, che venga effettuata una valutazione del rischio
biologico, poiché gli inquinanti a cui si può essere esposti
con questa tipologia di impianti sono prettamente
di natura biologica e la presenza di microrganismi
dipende fondamentalmente da una mancata pulizia e da
un’inadeguata manutenzione dell’impianto stesso.

Gli impianti aeraulici possono mostrare anche


presenza di altri inquinanti di origine chimica; CO2 o
composti organici volatili, possono essere presenti, ad
esempio, a causa di uno scarso numero di ricambio orario
o di un eccesso di ricircolo in ambiente. Considerando
che trascorriamo la maggior parte del nostro tempo in
ambienti chiusi e luoghi indoor e solo il 20% respirando
aria in spazi aperti, è fondamentale valutare anche la
qualità dell’aria nell’ambiente, la cosiddetta aria indoor.

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01. FONTI: INQUINANTI:
Processi di combustione a gas o carbone Prodotti di combustione (CO, NOX, SO2,
per riscaldare e/o cucinare, camini e stufe a particolato)
legna, gas di scarico veicoli

02. FONTI: INQUINANTI:


Materiali da costruzione e isolanti Amianto, fibre vetrose artificiali, particolato,
radon; agenti biologici (per presenza di umi-
dità e/o polvere)

03. FONTI: INQUINANTI:


Materiali di rivestimento e moquette Formaldeide, acrilati, COV e agenti biologici
(per presenza di umidità e/o polvere).

04. FONTI: INQUINANTI:


Arredi Formaldeide, COV e agenti biologici (per
presenza di umidità e/o polvere).

05. FONTI: INQUINANTI:


Liquidi e prodotti per la pulizia Alcol, fenoli, COV.

06. FONTI: INQUINANTI:


Fotocopiatrici Ozono (O3), polvere di toner, idrocarburi
volatili (COV).

07. FONTI: INQUINANTI:


Fumo di sigaretta Idocarburi policiclici, COV formaldeide, CO,
particolato fine.

08. FONTI: INQUINANTI:


Impianti di condizionamento CO2 e COV (per scarso numero di ricambi
orari o eccesso di riciclo); agenti biologici
(per mancanza di pulizia/manautenzione)

09. FONTI: INQUINANTI:


Polvere Agenti biologici (allergeni indoor: acari).

10. FONTI: INQUINANTI:


Individui CO2 e agenti biologici (batteri, virus ecc.).

11. FONTI: INQUINANTI:


Animali Allergeni indoor (peli ecc).

12.FONTI: INQUINANTI:
Sorgenti naturali (lave, tufi, graniti, ecc.) Radon

Immagine 3: Fonti dei principali inquinanti

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L’ambiente indoor è definito come un ambiente
confinato di vita e di lavoro, non industriale; quindi parliamo
di abitazioni, uffici e strutture comunitarie. Oppure
è rappresentato dall’ambiente destinato ad attività
ricreative o dai mezzi di trasporto. Si parla di ambiente
non industriale perché l’ambiente di tipo industriale deve
rispettare tutti i protocolli e i controlli di legge specifici,
dedicati e mirati (specificazione a sé stante).

Studi della dell’Organizzazione Mondiale della Sanità


(OMS) hanno dimostrato che l’inquinamento dell’aria
indoor che respiriamo è responsabile del 3% circa del
totale mondiale di malattie. Questi dati sottolineano
l’importanza della valutazione del rischio negli ambienti
indoor, ovvero dell’aria che respiriamo, e, soprattutto in
presenza di impianti di condizionamento, della valutazione
del rischio dello stato igienico degli impianti. Per poter
valutare questi rischi dobbiamo innanzitutto individuare
da dove derivano i rischi di un potenziale inquinamento
dell’aria negli spazi indoor.

In primo luogo, la pulizia dell’ambiente è una delle


principali cause di un possibile inquinamento dell’aria di
uno spazio confinato: più si mantengono puliti gli ambienti
in cui si vive, minore sarà il rischio di contaminare l’aria che
respiriamo.

Dalpunto divistaimpiantistico,il rischiodi inquinamento


degli impianti di condizionamento può derivare dalla
cattiva gestione e manutenzione dell’impianto stesso.
Se non si possiede un protocollo ordinario di pulizia e

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sanificazione dei filtri o delle unità di trattamento aria, è
molto probabile che il rischio di contaminazione microbica
degli impianti di condizionamento sarà più elevato.

Dal punto di vista strutturale, invece, il rischio deriva


dalle componenti e dal materiale con cui l’impianto di
condizionamento è costruito. Possiamo prendere come
esempio l’amianto: quando in una struttura sono presenti
componenti in amianto, in coperture o pavimenti, il
rischio di un’esposizione a questo agente cancerogeno
è naturalmente maggiore. Oppure, il rischio può essere
rappresentato da arredi molto datati, come in alcuni edifici
storici, che nel corso degli anni possono assorbire e poi
rilasciare varie tipologie di inquinanti, di natura chimica o
biologica.

In ultimo, il rischio deriva dal mancato rispetto delle


norme igienico comportamentali, che può rappresentare
la prima fonte di contaminazione. Soprattutto in
ambito sanitario, ad esempio, la contaminazione di un
sito chirurgico si ripercuote sulla salute di un paziente
sottoposto ad intervento.

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4. Patologie e Indoor Air Quality

Dal punto di vista degli ambienti lavorativi, le malattie


che più di frequente si possono verificare sono classificate
in tre categorie e sono definite patologie correlate ai
luoghi di lavoro. Queste tre categorie sono:

1. le malattie associate agli edifici (Building Related


Illness, BRI) sono quelle che si presentano con
un quadro clinico ben definito e delle quali si
può identificare l’agente causale della malattia.
Sappiamo dove ritrovare la contaminazione e di
norma interessano solo una quota limitata delle
persone che occupano quell’edificio. In genere,
sono patologie a carico dell’apparato respiratorio,
cardiovascolare o del sistema nervoso. Un
tipico esempio di malattie associate all’edificio
è la legionellosi: sappiamo che questa malattia è
causata dal batterio Legionella, sappiamo dove
trovare la contaminazione (in un impianto idrico o
aeraulico), si conosce il quadro clinico della malattia
e di norma sono disponibili le misure terapeutiche.

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2. la sindrome dell’edificio malato (Sick-Building
Sindrome, SBS) interessa le patologie con
manifestazioni cliniche aspecifiche. Si tratta di
sintomatologie che generano un discomfort delle
persone, insorgono dopo poche ore di permanenza
nell’edificio e in genere si risolvono allontanandosi
dall’edificio stesso. Il tipico esempio di sindrome
dell’edificio malato può essere un ufficio in cui, a
metà giornata, un dipendente avrà mal di testa,
uno avvertirà bruciore agli occhi, un altro avrà
senso di stanchezza o irritazioni cutanee e,
all’allontanarsi dall’edificio, tutti questi sintomi
si alleviano o spariscono del tutto. Questo indica
chiaramente che in quell’ufficio è presente qualcosa
che non va, sebbene i sintomi che si manifestano
durante l’arco della giornata non possono essere
ricondotti in modo certo a cause specifiche.

3. la sindrome da sensibilità chimica multipla


(Multiple Chemical Sensitivity Sindrome, MCS) è un
disturbo cronico dovuto all’esposizione agli agenti
chimici. In genere il disturbo si manifesta a causa
dell’esposizione a concentrazioni di agenti chimici
che sono normalmente tollerate dalla maggior
parte degli individui, ma che in una piccola quota
della popolazione possono avere effetti evidenti
sulla salute; sono quindi patologie che riguardano
pochi individui. Spesso, la presenza di questi agenti
chimici viene segnalata come percezione di uno
o più odori. Una delle cause di MCS può essere
l’intolleranza al limonene, una molecola aromatica

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contenuta nei profumatori ambientali. Un individuo
intollerante al limonene, in presenza di profumatori
ambientali che contengono questa molecola,
manifesterà disturbi cronici dovuti all’esposizione a
tale agente chimico.

Alcuni dati dell’OMS e dell’Agenzia dell’Istituto NEMIC


(National Energy Management Istitute Committee),
un istituto americano che si occupa degli ambienti
sani di lavoro, evidenziano che il 30% delle persone
ospitate in edifici non residenziali è colpito da forme di
malessere, che il 50% degli impianti di ventilazione risulta
insalubre e circa l’80% edifici commerciali non raggiunge
costantemente gli standard di conformità per una qualità
dell’aria interna accettabile. Inoltre, sono stati condotti
anche studi sugli effetti economici di una non corretta
gestione degli impianti e si è stabilito che in America circa
il 25% del consumo medio annuo di energia destinato
alle scuole, stimato in circa 6 miliardi $, viene disperso a
causa dell’inefficienza degli impianti, a conferma delle
percentuali sopra riportate relative agli impianti insalubri.

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5. Riduzione dell’inquinamento indoor

Quali sono i mezzi per poter ridurre i livelli di


inquinamento indoor?

Innanzitutto, predisporre un ricambio continuo dell’aria


nei locali, quindi introdurre sempre aria esterna pulita e
aria di rinnovo. Il modo più semplice ed economico per
garantire un ricambio di aria è quello di creare un’areazione
naturale, aprendo le finestre e quindi facendo entrare aria
dall’esterno.

Questa soluzione spesso non è applicabile e quindi


l’alternativa è quella di introdurre aria nell’ambiente
indoor in modo forzato, mediante l’impianto di
ventilazione. Questa tipologia di soluzione è quella più
affidabile, perché non determina squilibri microclimatici
e gli impianti di ventilazione rappresentano, o almeno
dovrebbero rappresentare, un’efficace misura per
migliorare la qualità dell’aria indoor.

Il condizionale è d’obbligo perché, per poter garantire


che l’impianto di condizionamento migliori la qualità

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dell’aria immessa, è necessario valutare il rischio correlato
proprio all’igiene degli impianti di trattamento dell’aria;
perciò il monitoraggio della qualità dell’aria determinerà
l’efficienza reale dell’impianto.

Il monitoraggio è necessario per tenere sotto controllo


la qualità dell’aria respirata. L’obiettivo è privare l’aria
immessa di tutti gli inquinanti di natura chimica, fisica e
biologica, al fine di migliorare lo standard di vita.

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6. Riferimenti normativi

Esistono alcuni riferimenti normativi che bisogna


rispettare per poter garantire il rispetto dei requisiti degli
impianti di condizionamento.

Essi sono indicati nel Decreto Legislativo n° 81 del


2008, nell’Accordo Stato Regioni del Febbraio 2013 e
in varie leggi regionali, le quali completano le lacune di
tale Decreto. Il Decreto 81/08 obbliga il datore di lavoro
ad eseguire tutte le valutazioni del rischio chimico,
fisico e biologico della propria struttura e, allo stesso
tempo, ad eseguire una valutazione dei rischi anche a
livello impiantistico dei sistemi di condizionamento.
Quest’obbligo è esplicitato nel Titolo II: Luoghi di lavoro
– capo I – articolo 64, allegato IV: requisiti dei luoghi di
lavoro:1.9 – e obbliga l’immediata rimozione di tali depositi
e la sanitizzazione degli impianti. Parlando dei luoghi di
lavoro, nell’allegato IV, viene sviscerato l’argomento dei
requisiti dal punto di vista microclimatico dei luoghi di
lavoro e si fa riferimento proprio alla manutenzione degli
impianti di condizionamento.

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In particolare, ciò è enunciato nei punti 1.9.1.4 dove
viene detto che

“gli stessi impianti di funzionamento devono essere


periodicamente sottoposti a controllo, manutenzione,
pulizia e sanificazione per la tutela della salute dei
lavoratori”

Mentre nel punto successivo, 1.9.1.5 viene riportato che

“qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe


comportare un pericolo immediato per la salute dei
lavoratori dovuto all’inquinamento dell’aria respirata
deve essere eliminato rapidamente”.

Sempre nel D.lgs. 81/08 sono definiti i criteri e le


regole per la protezione dei lavoratori contro i rischi
derivati da esposizione a microrganismi potenzialmente
patogeni, comprese le attività con uso deliberato di
agenti o di microrganismi che possono essere fonte
di rischio. La differente tipologia dei rischi condiziona
tutti gli adempimenti normativi che il datore di lavoro
deve adottare. Il Decreto non dà, però, prescrizioni
riguardo alla frequenza con cui tali controlli debbano
essere effettuati, né circa le modalità di intervento per
l’eliminazione dei possibili inquinanti presenti. Il motivo
di questa “mancanza” è dovuto al fatto di essere un testo
unico, che vale cioè per tutte le tipologie di luoghi di
lavoro. Per tale motivo non si possono dare tempistiche
e modalità operative universali, uguali e valide per tutti,
perché ogni struttura e ogni impianto ha una storia a sé e

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una sensibilità differente. Quindi deve essere il datore di
lavoro a stabilire la frequenza con la quale fare interventi,
a seconda della tipologia di impianto. Queste lacune
vengono colmate con l’Accordo Stato Regioni del 2013,
un documento emanato nel febbraio di quell’anno, che
rappresenta la procedura operativa per la valutazione
e gestione dei rischi correlati all’igiene degli impianti di
trattamento dell’aria.

La Delegazione dello Stato e dei vari membri delle


Regioni ha stilato tale procedura operativa per fornire
al datore di lavoro tutte le indicazioni pratiche sulla
valutazione e gestione dei rischi volte a pianificare gli
interventi di manutenzione sugli impianti. In questo
caso vengono anche indicate frequenze consigliate per
le ispezioni visive sugli impianti di condizionamento: si
consiglia, ad esempio, un’ispezione con frequenza almeno
annuale o comunque stabilita in funzione dei risultati delle
ispezioni precedenti e delle valutazioni dei rischi. Quindi,
un aspetto importante è che il datore di lavoro, dopo
aver analizzato i risultati delle ispezioni effettuate su ogni
singolo impianto, stabilisce la frequenza delle successive
ispezioni.

Per strutture in cui gli impianti sono ad umidificazione


adiabatica e che si trovano in aree con clima ed umidità
elevate, l’insieme delle normative raccomanda la
periodicità delle verifiche e delle valutazioni con cadenza
semestrale, poiché in presenza di questa tipologia di
impianti aumentano i rischi di contaminazione di tipo
biologico.

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7. Valutazione dello stato igienico degli
impianti HVAC

Poiché l’aria immessa all’interno dell’ambiente deriva


quasi esclusivamente dagli impianti di condizionamento,
per poter effettuare una valutazione della qualità
dell’aria indoor dobbiamo analizzare tutte le componenti
impiantistiche per capire il loro livello igienico, nonché la
tipologia di manutenzione e il rispetto di tutte le attività
ordinarie sugli impianti. Infatti, la mancata pulizia e
manutenzione dell’impianto determina l’accumulo di
sporcizia all’interno dei canali e i possibili inquinanti in
essa presenti vengono poi aerotrasportati e possono
essere respirati.

Per poter valutare quindi lo stato igienico dell’impianto


bisogna seguire le linee guida e i protocolli operativi.
Le linee guida sono elencate nello schema operativo
standard, ovvero il manuale ACR, emanato dalla NADCA
(National Air Duct Cleaners Association) nel 2013,
mentre il protocollo operativo da seguire è quello AIISA
(Associazione Italiana Igienisti Sistemi Aeraulici) del

32
2018. La NADCA è la società americana che detta a livello
mondiale le linee guida su come eseguire il monitoraggio
e la bonifica degli impianti di condizionamento, mentre
l’AIISA è il corrispettivo italiano.

Lo schema operativo si sviluppa in 4 step:


1. valutazione preliminare dei rischi,
2. intervento di bonifica ambientale, se necessario,
3. valutazione dei risultati e le analisi post-intervento,
4. certificazione dell’impianto di condizionamento.

33
34
8. Il Protocollo Aria Sicura

Il Protocollo Aria Sicura® di Firotek nasce dall’esigenza


di fornire agli specialisti della sicurezza uno strumento
completo per la gestione dei rischi correlato agli impianti
di condizionamento. Oltre ad operare nel rispetto della
legislazione italiana e dei protocolli operativi tecnici
menzionati, fornisce tutto quanto la scienza e l’esperienza
Firotek ha accumulato nel corso dei decenni su questa
tematica così importante.

La messa in opera del protocollo prevede un


monitoraggio degli impianti di condizionamento e, se da
esso risulta una corrispondenza ai requisiti normativi,
una certificazione rilasciata al Datore di Lavoro
che stabilisce che l’impianto è a norma. Se invece il
monitoraggio mette in evidenza che non sono rispettati
i requisiti normativi dal punto di vista igienico, allora è
pianificato un intervento di Bonifica e Sanificazione, con
un monitoraggio post-intervento, a termine del quale
viene rilasciata la certificazione di avvenuto intervento,
che stabilisce la messa a norma dell’impianto.

35
Cosa prevede la legge?

Vediamo in dettaglio quali sono gli step previsti dalla


normativa (D.lgs. 81/08 e Accordo Stato Regioni 2013,
schema operativo ACR 2013).

La prima fase è l’ispezione visiva dell’impianto


aeraulico. Generalmente quest’operazione viene eseguita
compilando una check-list, presente anche nel manuale
dell’Accordo Stato Regioni. Consiste in un sopralluogo
atto a valutare dal punto di vista macroscopico il
rispetto delle norme igieniche dell’impianto. Durante il
sopralluogo si valutano, ad esempio, se le prese d’aria
esterne presentano ostruzioni o detriti, se le batterie di
scambio termico sono pulite o ostruite dalla polvere, se è
presente ristagno d’acqua nella vasca di umidificazione, il
livello igienico dei filtri, se ci sono corrosioni lungo il corso
dell’impianto, etc.

Se l’ispezione visiva evidenzia requisiti igienici


soddisfacenti, l’attività è registrata e riprogrammata con
cadenza annuale o semestrale (in funzione della generale
valutazione dei rischi). Se, invece, i requisiti igienici non
sono rispettati del tutto, bisogna stabilire la tipologia di
intervento da effettuare sull’impianto:

›› S
e a seguito dell’ispezione visiva l’intervento da
effettuare è chiaro, si mette in atto la manutenzione
ordinaria (ad esempio, una sostituzione dei filtri), si fa
una pulizia e sanitizzazione dell’impianto, si registra
l’attività e si riprogramma per l’anno successivo.

36
›› S
e invece, dopo una prima ispezione visiva,
l’intervento da mettere in atto non è chiaro, si rende
necessaria l’ispezione tecnica. Essa consiste in
controlli approfonditi, analisi microbiologiche e
MONITORAGGIO
analisi delle polveri, necessarie per capire il reale
IMPIANTI
HVAC
rischio a cui si è esposti respirando l’aria immessa
dall’impianto.

Determinazione Stato Igienico

Rispondenza Non Rispondenza


ai requisiti Normativi ai requisiti Normativi

Certificazione Impianto Intervento di Bonifica


e Sanificazione

Monitoraggio
post Intervento

Immagine 4: Determinazione dello Stato Igienico

L’ispezione tecnica, prevista dal protocollo Aria


Sicura®, prevede campionamenti e controlli su tutte le
componenti dell’impianto e permette di diagnosticare le
criticità manifestate all’interno dell’impianto stesso.

37
UTA

Nell’analisi di tutte le componenti si parte dall’unità


di trattamento aria (UTA). Inizialmente si fa un controllo
dello stato di inquinamento con un’ispezione visiva che
comprende un report fotografico di tutte le componenti
interne dell’UTA.

Successivamente, si effettua una valutazione


dell’efficienza di filtrazione, osservando il livello di
inquinamento microbiologico dei filtri e si prosegue con
analisi microbiologiche sulle superfici interne dell’UTA;
generalmente, per queste indagini, si sceglie come punto
di riferimento l’ultima batteria di scambio termico perché
è il punto più critico di contaminazione. Infatti, le batterie
di scambio termico creano le condizioni microclimatiche
idonee, prima su tutte la temperatura, alla proliferazione
dei microrganismi.

Proseguendo con le indagini, se è presente acqua nella


vaschetta di umidificazione dell’UTA, ne viene prelevato un
campione per valutare la contaminazione microbiologica
con particolare riferimento alla Legionella.

38
A
B
ISPEZIONE
TECNICO-VISIVA VIDEO
ISPEZIONI

ANALISI
F ARIA MONITORAGGIO
IMPIANTI
HVAC ANALISI
SUPERFICI C

ANALISI
POLVERI ANALISI
LEGIONELLA

E
D

Immagine 5: Monitoraggio degli impianti HVAC

Canali

Dal punto di vista delle canalizzazioni di mandata


e/o di ripresa, viene effettuata in prima battuta una
videoispezione che mette in luce la contaminazione
macroscopica eventualmente presente all’interno delle
canalizzazioni. Per questa attività vengono impiegati
dei robot specifici, grazie ai quali già dopo pochi metri
percorsi è possibile capire lo stato macroscopico di pulizia
di un canale.

39
Durante queste ispezioni, non è raro ritrovare resti di
animali e dei loro nidi, sporcizia e detriti. Quindi, già nei
primi momenti della videoispezione si può capire se un
canale è molto sporco e il relativo rischio di esposizione.
In genere, all’interno del canale si accede direttamente
da una bocchetta o vengono aperte delle asole sulla
superficie del canale, che poi vengono richiuse con tappi
ispettivi a norma.

Si prosegue lungo il canale per circa 20-25 m, sia a


destra, sia a sinistra dal punto di accesso al canale, per
poter avere una stima abbastanza rappresentativa dello
stato di pulizia del canale sottoposto a monitoraggio.

Il Protocollo prevede campionamenti microbiologici


sulle superfici interne del canale e dell’aria immessa dalle
bocchette e viene eseguito il NADCA Vacuum Test, cioè
l’analisi quantitativa delle polveri sedimentate all’interno
del canale (l’accordo dello schema operativo ACR
definisce come 1 g/m2 il limite entro il quale il canale può
essere definito pulito e non soggetto a verifica).

Dal punto di vista microbiologico, dovendo effettuare


una valutazione complessiva del rischio biologico,
viene ricercata e determinata la carica batterica totale
psicrofila, come indice di contaminazione batterica
ambientale, la carica batterica totale mesofila, come
indice di contaminazione di origine animale, e la carica
fungina totale, che indica quantitativamente la presenza
di muffe e lieviti; quest’ultimo parametro è importante

40
perché la presenza di tali specie spesso è correlata ad
ambienti molto umidi.

ISPEZIONE TECNICA
ISPEZIONE VISIVA
Controlli approfonditi dello stato ig-
Tutti i requisiti igienici
ienico dell’impianto per definire la tip-
sono rispettati?
ologia e l’entità degli eventuali inter-
venti da effettuare o per verificare l’ef-
ficiacia degli interventi già eseguiti.

SÌ NO

Registrare l'attività e ripetere È chiaro il tipo di intervento


l'ispezione visiva annuale o da effettuare sull'impianto?
secondo necessità

SÌ NO

Manutenzione ordinaria
(i.e. sostituzione filtri), pulizia o sanificazione

ISPEZIONE PRE INTERVENTO

ISPEZIONE POST INTERVENTO

Immagine 6: Fasi dell’ispezione

La pericolosità degli ambienti molto umidi è dovuta


al fatto che più ci si allontana dal range di 40-60% di
umidità relativa, la percentuale del comfort termico per
l’organismo umano, più aumentano e probabilità che si
sviluppino molte specie patogene per l’uomo dal punto
di vista microbiologico, oltre al discomfort termico
personale. Questo dato è molto importante perché la
presenza di miceti e muffe aumenta i rischi di esposizione
ad agenti patogeni.

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Fancoil

Spesso, all’interno di una struttura o di un luogo


di lavoro non è presente un impianto canalizzato, ma
sono presenti split e fancoil. Anche in questo caso il
datore di lavoro è obbligato a valutare lo stato igienico
di questi impianti in modo analogo al controllo delle UTA
perché si tratta sempre impianti di trattamento dell’aria.
L’intervento consiste nello smontaggio del carter dello
split o del fancoil esterno e nell’esecuzione di un report
fotografico di tutte le componenti interne dell’impianto.

Anche in questo caso, è previsto un campionamento


microbiologico delle superfici delle batterie di scambio
termico e dell’aria immessa dal fancoil o dallo split e, se è
presente anche una vaschetta di raccolta della condensa,
si preleva un campione di acqua per poter valutare la
carica microbiologica con particolare attenzione alla
Legionella. Dalla valutazione non devono essere escluse,
infine, le bocchette, gli anemostati e tutto il vario
bocchettame, i corrugati flessibili, gli eventuali silenziatori,
serrande tagliafuoco e batterie di post riscaldamento
eventualmente presenti nell’impianto.

42
43
9. I 3 gradi di valutazione di contaminazione

Da questi monitoraggi si possono determinare 3 gradi


di contaminazione e i rischi connessi:

I. Una condizione di ecologia normale è quella


in cui i parametri delle analisi effettuate sono
rientrati tutti entro i limiti di riferimento; sono
presenti spore stabili, frammenti di funghi
o tracce reali di crescita microbiologica, ma
questi risultati riflettono comunque un’ecologia
normale per l’ambiente interno e rappresentano
un pericolo minimo per la nostra salute.

II. La condizione di presenza di spore radicate


e tracce di sviluppo, invece, è una situazione
borderline, in quanto siamo in presenza di ambienti
contaminati, ma si può considerare una condizione
di rischio intermedio perché alcuni valori rientrano
nei limiti di riferimento. Le soluzioni da mettere
in atto per ridurre i rischi variano a seconda dei
risultati del monitoraggio e vanno interpretati per
mettere in pratica i provvedimenti specifici volti

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a ridurre i rischi (ad esempio, un monitoraggio
che dovrà essere eseguito dopo sei mesi invece
che dopo un anno, oppure la necessità di fare
solo la sanificazione dell’impianto, oppure
ancora si può mettere in atto un protocollo di
bonifica e sanificazione dell’impianto stesso).

III. L’ultima condizione che si può riscontrare è quella


dello sviluppo affettivo di microrganismi e di un
ambiente interno realmente contaminato, con
crescita reale di muffe e spore. Questa condizione
rappresenta un rischio reale per chi occupa
quell’ambiente, pertanto è necessario mettere in
atto immediatamente un intervento di bonifica e
sanificazione dell’impianto.

45
46
10. L’intervento di Bonifica e sanitizzazione

Il protocollo Aria Sicura® contempla anche la parte


relativa al progetto di bonifica e sanitizzazione degli
impianti. La Bonifica si attua seguendo il flusso dell’aria
che passa attraverso un impianto e, in genere, non si
realizza in un’unica giornata lavorativa, ma può prevedere
anche settimane o mesi di lavoro. In questo modo, alla
riaccensione degli impianti, si evita la contaminazione di
porzioni impiantistiche già pulite. Se un impianto prevede
il ricircolo, si parte bonificando prima i canali di ripresa, poi
l’UTA ed infine i canali di mandata.

UTA

La bonifica dell’UTA prevede lo smontaggio dei


pannelli di rivestimento e dei filtri (che potrebbero
anche essere sostituiti), lo svuotamento della vaschetta
di umidificazione se è presente acqua, lo smontaggio
del separatore di gocce. In seguito, si decalcificano e
degrassano con prodotti chimici specifici tutte le superfici.
Le componenti vengono poi risciacquate tramite

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idropulitrice ad alta pressione, per il lavaggio e rimozione
dei residui. Per quanto riguarda i filtri, se si tratta di filtri
a tasche o filtri assoluti andranno direttamente sostituiti,
mentre se sono rappresentati da feltri a panno possono
essere sanitizzati, dopo asportazione di eventuali residui
e reinstallati prima dell’accensione dell’impianto.

La vaschetta di umidificazione può essere rivestita con


delle resine particolari che servono a coprire eventuali
porzioni ossidate e ad evitare la formazione di biofilm,
quindi batteri, alghe e muffe adesi alle superfici.

Ogni intervento è correlato da un report fotografico pre


e post-intervento che mette in evidenza la rimessa quasi
a nuovo dell’impianto; in questo report è testimoniata la
rimozione di detriti e sporcizia, al fine di evidenziare il nuovo
stato dell’impianto. In casi particolari, si può procedere
anche allo smontaggio delle batterie di scambio, per
trattare anche la faccia non raggiungibile della stessa.

Canali

Le canalizzazioni, invece, andranno pulite a sezioni di


circa 20-30 m per volta. Il tratto interessato dalla bonifica
deve essere messo in depressione, si isola il tratto, si
smontano tutti gli accessori di diffusione aria e le bocchette
verranno poi sigillate. Su una estremità del tratto di canale
sezionato si installa un aspiratore dotato di filtro assoluto
(HEPA), mentre sull’altra estremità si procede alla pulizia
tramite l’utilizzo di spazzole ad azione meccanica, robot

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polifunzionali oppure getti di aria compressa; in questo
modo tutti i residui saranno convogliati verso l’aspiratore
e non dispersi nell’ambiente.

L’esperienza sul campo mette in luce che la


spazzolatura meccanica è quella che ha maggiore efficacia
nella rimozione di tutti i detriti.

I canali a norma prevedono una coibentazione esterna;


quelli non più a norma, invece, presentano ancora le
coibentazioni al loro interno, che possono essere di
spugna, di lana di roccia o lana di vetro, tutti materiali
che potrebbero sfaldarsi e entrare in circolo. Per poter
mettere a norma queste canalizzazioni si effettua
un’inertizzazione, quindi, un incapsulamento della
coibentazione. Questa operazione è eseguita da robot
polifunzionali che erogano una resina con lo scopo di
incapsulare il materiale coibentante non più a norma.

Bocchette, anemostati e griglie

Tutti gli accessori di diffusione dell’aria che sono stati


smontati all’inizio andranno puliti, sanificati e reinstallati
prima dell’accensione dell’impianto.

Sia per le bocchette, sia per i filtri assoluti, la cassetta


di alloggio del filtro va pulita e sanificata, poi può essere
installato il nuovo filtro.

49
Sanitizzazione finale

L’ultimo step della bonifica dell’impianto prevede la


nebulizzazione di prodotto sanificante. I principi attivi
utilizzati normalmente sono i sali d’ammonio quaternari,
il perossido d’idrogeno e l’acido peracetico. In base al
tipo di analisi microbiologiche eseguite si stabilisce quale
agente sanificante è più idoneo ad abbattere l’eventuale
contaminazione, oppure si può agire con un agente a più
ampio spettro per sanificare l’intero impianto aeraulico.
Il prodotto sanificante, qualunque esso sia, è nebulizzato
a partire dall’unità di trattamento aria per poi proseguire
lungo i canali.

Gli interventi devono essere assicurati su tutti gli


elementi a corredo, tra cui silenziatori, serrande tagliafuoco
e batterie di post riscaldamento eventualmente presenti
nell’impianto. Generalmente i corrugati flessibili sono
sostituiti con nuovi elementi.

Controllo finale

In ultimo, si effettua la valutazione dei risultati post-


intervento, ripetendo il procedimento attuato all’inizio per
il monitoraggio: videoispezioni, indagini microbiologiche
dell’aria, delle superfici e il NADCA Vacuum Test, i cui limiti
di accettabilità scendono da 1 g/m2 a 0,75 mg/100 cm2.

Solo dopo queste procedure possiamo garantire che


l’impianto è stato bonificato e sanitizzato: vengono quindi

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rilasciati l’Attestato di Avvenuto Intervento valido ai fini
di legge e il Certificato di Idoneità igienico sanitaria per
l’impianto appena bonificato.

I benefici ottenuti dagli interventi sono:


›› salubrità dell’aria, perché attraverso un impianto
pulito viene immessa aria salubre,
›› maggiore efficienza funzionale degli impianti con
una riduzione dell’impatto ambientale (un’efficienza
dell’impianto maggiore di circa l’80%),
›› risparmio energetico del 5-10% medio annuo,
›› conformità dell’impianto ai requisiti legislativi.

Il Protocollo Aria Sicura®, quindi, attraverso questi


step, consente di poter respirare aria sana e, poiché
“siamo ciò che respiriamo”, di vivere una vita più sana e
migliore.

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Presentazione azienda Firotek S.r.l.

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