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Capitolo XVI

Sintesi. Riuscito finalmente a sfuggire alle grinfie degli sbirri e del notaio Renzo pensa di dirigersi nel
bergamasco per chiedere ospitalità al cugino Bortolo, dato che ormai nel Ducato di Milano il suo nome e sui
«libracci» della giustizia. Addentrandosi nella campagna, il giovane si ferma in una piccola osteria dove lo
accoglie una vecchia che gli offre un pasto frugale. Una volta rifocillatosi, prosegue il viaggio sino al paese di
Gorgonzola, al confine con il bergamasco. Renzo si ferma di nuovo in un’altra osteria dove prende posto in
un angolo, proprio vicino all'uscio: il «posto de’ vergognosi». viene subito pressato dalle domande di un
avventore che gli chiede notizie sui fatti di Milano, ma si mostra assai evasivo. Renzo tenta di chiedere
informazioni all’oste sulla strada da prendere per raggiungere l’Adda, ma l’eccessiva curiosità dell'uomo lo
scoraggia e lo conferma nell’idea che degli osti non ci si possa fidare. A un certo punto, entra nell'osteria un
mercante proveniente da Milano che racconta i fatti della giornata in una ottica deformata: nelle sue parole
Renzo diventa un «birbone» capo di una misteriosa «lega». Il pranzo è ormai rovinato, così Renzo aspetta
che gli avventori cambiano discorso per non destare sospetti, salda il conto e se ne va.

Riassunto ampio. Al grido di «Scappa, scappa, galantuomo», la folla fece fuggire Renzo, che in quella
circostanza non aveva certo bisogno di essere spronato a farlo. Renzo, consapevole che ormai il suo nome
era noto alla polizia, decise di fuggire dal Ducato di Milano per rifugiarsi nel territorio di Bergamo dove
viveva suo cugino Bortolo: il problema era trovare la strada. Renzo, che aveva imparato la lezione e stava
iniziando a essere più accorto e sospettoso, non volle chiedere indicazioni e così, dopo aver ringraziato i
suoi liberatori, si mise a correre tra la folla che gli faceva largo. Una volta lontano, cominciò osservare i
passanti per trovare qualcuno che gli ispirasse fiducia per farsi mostrare la strada.

Diventato sempre più attento e diffidente per via degli ultimi eventi, Renzo passò in rassegna la fisionomia
di una serie di persone che gli capitò di incontrare per la strada, ma non trovo nessuno che gli ispirasse
fiducia e a cui potesse chiedere indicazioni. Dopo aver passato in rassegna una lunga serie di visi, Renzo alla
fine vide un uomo che arrivava di gran fretta e gli chiese indicazioni su come andare a Bergamo: costui gli
indico la via per Porta Orientale. Quando Renzo si incamminò rapidamente, il passante pensò fra sé che
stava sicuramente scappando da qualcosa. Renzo fece il cammino a ritroso, passando per gli stessi luoghi
visti il giorno prima: ovunque c'era devastazione e desolazione. quando arrivò al convento dei Cappuccini fu
tentato di entrarvi e chiedere asilo, ma il richiamo della libertà e il pensiero che probabilmente gli sbirri non
si stavano dando troppo da fare per trovarlo lo convinsero a continuare per la sua strada. Oltrepassò la
porta sorvegliata dalle guardie e, una volta uscito dalla città, lasciò la strada maestra per incamminarsi su
una via laterale meno frequentata. Renzo passò accanto a fattorie e paesi senza mai chiedere nulla,
convinto di allontanarsi da Milano. I polsi segnati dalle manette gli facevano ancora un po’ male. Nella sua
mente cercava di ricordare e riordinare gli eventi, facendo congetture su come il suo nome fosse potuto
arrivare alla polizia: i sospetti principali cadevano sul lo spadaio Ambrogio Fusella, ma l'amnesia dovuta al
troppo vino della sera precedente non gli permetteva di venirne a capo.

In formatosi sulla direzione da seguire, Renzo si mise in marcia, con l'intenzione di avvicinarsi appena
possibile alla strada maestra. Il suo progetto non ebbe però un esito molto felice, perché, in questo modo, a
furia di zigzagare, dopo aver percorso 12 miglia, si era allontanato da Milano forse di sei e Bergamo non
pareva affatto vicina. Così andava elaborando nella sua mente un piano: si sarebbe fatto dire in qualche
modo il nome di un paese vicino al confine e poi avrebbe chiesto indicazioni per raggiungerlo. I pensieri di
Renzo sui fatti accaduti lasciarono il posto alle preoccupazioni su come trovare la strada per Bergamo.
D'altra parte, la paura di chiedere informazioni e la scelta di percorrere vie secondarie gli fecero perdere
molto tempo. A un certo punto, stanco e affamato, decise di entrare in un'osteria: lo accolse una vecchia
intenta a filare: gli offrì stracchino e vino, ma Renzo accettò solo il primo. La donna gli fece moltissime
domande, ma Renzo riuscì al tempo stesso a essere evasivo e a sfruttare la sua curiosità per ottenere
informazioni. Senza dire dov'era diretto, Renzo riuscì a ottenere informazioni sulla strada da seguire per
avvicinarsi a Bergamo passando per vie secondarie. Finito di mangiare, prese il pane avanzato gli, pagò il
conto e si incamminò verso Gorgonzola, che la vecchia gli aveva indicato come un paese vicino al confine
con Bergamo. Vi giunse un’ora prima di sera. Durante il tragitto, Renzo aveva deciso di andare in un’osteria
per mangiare qualcosa di più sostanzioso della magra colazione consumata dalla vecchia e per chiedere
indicazioni su come arrivare al fiume Adda, che faceva confine, per un tratto del suo corso, fra lo stato
milanese e quello Veneto. Quindi avrebbe camminato finché le forze glielo avrebbero permesso, poi si
sarebbe fermato a dormire ovunque, purché non fosse un’osteria: dopo la brutta avventura della Luna
Piena, Renzo è decisamente restio a entrare di nuovo in un’osteria, luogo dell'inganno e della
dissimulazione. A gorgonzola, vista un'insegna di osteria, Renzo entrò e ordinò da mangiare e un po' di vino.
Sollecitò l’oste a servirlo in fretta, dicendo che doveva andarsene subito e si mise a sedere nel posto più
defilato: nel posto dove si mettono quelli che non vogliono farsi vedere. Gli avventori dell'osteria erano dei
fannulloni del paese che chiedevano informazioni sui fatti accaduti a Milano: appena Renzo entrò, uno di
loro gli si fece immediatamente incontro. Alle domande dell'avventore, Renzo si mostrò molto evasivo,
evitando di rispondere direttamente o dicendo solo mezza verità e facendo capire con chiarezza di non
voler essere importunato. Quando l'oste gli portò la cena, Renzo si informò genericamente sulla strada da
prendere per attraversare il fiume Adda, ma lo sguardo indagatore dell’uomo lo fece destare dal chiedere
ragguagli più precisi e lo confermò nell’idea che dalla categoria degli osti non c'era da fidarsi. Cominciò così
a mangiare, facendo attenzione a tutto quello che veniva detto attorno a lui.

Gli avventori dell'osteria si intrattenevano parlando dei fatti di Milano, quando all'improvviso arrivò alla
locanda un mercante di Milano, ospite abituale è ben conosciuto, che - dopo aver dato disposizioni all’oste
sul vitto e sull’alloggio per quella notte - iniziò a raccontare: Renzo, facendo finta di nulla e continuando
molto lentamente a mangiare, non perdeva una parola. Il mercante riferì i tumulti di Milano, ma dal suo
personale punto di vista: nelle sue parole, i popolani affamati divennero dei «birboni», come se tutto fosse
stato orchestrato ad arte. Descrisse il tentativo d'assalto alla casa del vicario di provvisione, di fatto
impedita da una barricata di soldati armati, parlò della razzia a un forno e dello sventato rogo dello stesso,
raccontò di alcuni sovversivi, fatti prigionieri e destinati all’impiccagione; per finire, accennò a un
complotto. Quando il mercante accenno un tizio catturato in un’osteria, Renzo comprese che parlava di lui.
Nel racconto del mercante, però, Renzo era diventato un delinquente e un facinoroso, in cerca di una
giustizia facile e sommaria. Sentendo le parole del mercante, a Renzo era passato l'appetito, ma non si
risolveva a uscire per paura di destare sospetto. Quando l'oste gli si avvicinò per vedere che cosa stesse
facendo, il giovane si affrettò a pagare il conto e a uscire dall' osteria, tentando di non dare nell'occhio.

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