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Capitolo XVII – Promessi Sposi.

Renzo si incammina verso l'Adda. Sono circa le cinque e mezzo di pomeriggio e Renzo lascia il paese di Gorgonzola,
dirigendosi a piedi verso l'Adda: è combattuto tra il desiderio di correre e di star nascosto, poiché le parole del
mercante all'osteria lo hanno messo in grande agitazione. Il giovane ora sa che la sua vicenda a Milano ha fatto
chiasso e che la giustizia è davvero decisa a catturarlo, anche se si rincuora pensando che nessuno, a parte i due birri
che l'hanno arrestato, lo ha visto in faccia e che non ha il suo nome scritto in fronte. Percorre la via maestra,
intenzionato a imboccare il primo viottolo fuori mano per non fare brutti incontri, e vuole raggiungere ad ogni costo
il fiume, del quale sentirà il forte scroscio (se non potrà attraversarlo subito è deciso a passare la notte in qualche
ricovero di fortuna, che sarà sempre meglio che finire in prigione). Imbocca un sentiero sulla sinistra e inizia a
pensare tra sé, non incontrando nessuno. Il giovane ripensa alle parole del mercante sul suo conto ed è in collera per
le falsità che ha sentito, specie riguardo ai suoi presunti propositi di "ammazzare tutti i signori": ricorda a se stesso di
aver solo aiutato Ferrer e il vicario di Provvisione, rischiando oltretutto di essere linciato dalla folla, mentre il "fascio
di lettere" che, secondo il mercante, sarebbe nelle mani della giustizia, è in realtà la sola lettera scritta da padre
Cristoforo e ancora in possesso di Renzo, e contiene le parole di un religioso che, secondo il giovane, vale assai più
del mercante che va in giro a parlare dei fatti altrui senza conoscerli.

Renzo si addentra nella boscaglia. Renzo prosegue il cammino e a un certo punto arresta il corso dei suoi pensieri: è
buio e non ha timore di essere seguito o scoperto, ma la solitudine e la stanchezza iniziano a pesargli e la brezza
serale lo infreddolisce, dal momento che indossa vestiti leggeri. Quando passa accanto a case o cascinali vede solo
dei lumicini attraverso le finestre chiuse, mentre tende invano l'orecchio per sentire il rumore dell'Adda; dalle case
sente il mugolare dei cani, che diventa un abbaiare furioso se si avvicina troppo. Potrebbe bussare a una porta per
chiedere asilo, ma teme di suscitare domande curiose o, peggio, di mettere in allarme gli abitanti facendo credere di
essere un ladro, per cui decide di continuare a camminare fino a giungere al fiume, per non essere costretto a
cercarlo anche alla luce del sole. Il giovane abbandona l'abitato per addentrarsi in una fitta boscaglia, che gli sembra
preannunciare la vicinanza del fiume; procede in luoghi selvatici e lontani dalle colture umane, recitando tra sé le
preghiere per i morti onde scacciare il timore che sente nascere in cuore, al ricordo di certe storie paurose sentite da
bambino. Procede ancora e si accorge di entrare in un vero e proprio bosco, passo che affronta non senza un qualche
ribrezzo: la sagoma oscura degli alberi gli sembra spettrale e mostruosa, ogni minimo rumore lo fa sobbalzare, le
gambe sembrano non reggere più e, come se non bastasse, la brezza notturna lo rende intirizzito dal freddo. La
situazione lo riempie di terrore e sta per smarrirsi del tutto, poi riesce a riaversi e a fare appello a tutto il suo
coraggio, ormai sul punto di ritrovare una strada battuta e chiedere ricovero in qualche posto abitato, anche in
un'osteria. Si ferma e resta in silenzio per qualche attimo, finché sente un mormorio indistinto che, ascoltando con
più attenzione, gli sembra uno scroscio d'acqua: capisce con enorme sollievo che si tratta dell'Adda e, quasi non
sentendo più la stanchezza, procede senza paura verso il rumore, certo di essere ormai vicinissimo al fiume.

Renzo raggiunge l'Adda. Dopo pochi attimi Renzo raggiunge la riva dell'Adda e vede l'acqua del fiume che scorre
luccicante in basso: alza lo sguardo e scorge vari paesi sulla riva opposta, compresa una gran macchia biancastra che
dev'essere la città di Bergamo. Raggiunge la riva e osserva se per caso ci sia qualche barca nelle vicinanze, o se si
senta il battere dei remi, poiché però non vede né sente nulla decide di attendere l'indomani prima di fare
qualunque cosa, poiché l'Adda non è fiume di cui si possa tentare il guado a cuor leggero. Il giovane pensa dove sia
meglio passare la notte ed esclude di arrampicarsi su un albero, poiché il freddo rischierebbe di farlo congelare, e
anche di camminare avanti e indietro, poiché le sue gambe sono troppo stanche per reggere la stanchezza. Si ricorda
di aver visto poco prima un capanno di paglia e fango usato dai contadini per custodire il raccolto d'estate e
abbandonato d'autunno, per cui decide di passare lì la notte e si rimette in marcia per raggiungerlo. Una volta
arrivato al capanno, ne apre facilmente l'uscio e vi entra, trovandovi una specie di amaca sospesa in cui tuttavia non
si azzarda a salire; vede in terra poca paglia e decide di stendersi lì per dormire le poche ore che lo separano dal
mattino.

Renzo passa la notte nel capanno. Renzo si inginocchia sulla paglia ringraziando la Provvidenza di avergli fatto
trovare quel ricovero, quindi recita le preghiere a differenza della sera prima, quando è andato a letto ubriaco (e
forse per questo, pensa, il risveglio è stato tanto spiacevole). Quindi il giovane si copre con la paglia per difendersi
dal freddo, che è pungente anche dentro al capanno, e si stende deciso a dormire, anche se la cosa gli riesce difficile
in quanto la mente è piena di immagini e pensieri relativi alle recenti esperienze. Renzo vede davanti a sé tutti i
personaggi da lui incontrati negli ultimi due giorni (il mercante, il notaio criminale, i birri, il poliziotto, l'oste della
Luna Piena, Ferrer, il vicario...), nonché don Abbondio e don Rodrigo, tutta gente con cui ha dei conti in sospeso;
vede anche nella sua mente i volti delle persone care, Agnese, Lucia, padre Cristoforo, specie gli ultimi due che sono
strettamente associati in lui a ricordi piacevoli. Ma anche questo pensiero ha qualcosa di doloroso, sia per il
rammarico di non aver seguito i saggi consigli del frate, sia per i sentimenti che il giovane prova per la sua promessa;
quanto ad Agnese, Renzo la ricorda con affetto ma anche col triste pensiero che la donna è stata costretta a lasciare
la sua casa, incerta dell'avvenire, tutto a causa di quel matrimonio che lei aveva così felicemente approvato. Tra i
pensieri angosciosi e il freddo pungente, Renzo dispera di prender sonno e attende con impazienza la venuta del
giorno, misurando il lento scorrere delle ore grazie ai rintocchi del campanile di un paese vicino, probabilmente
Trezzo d'Adda.

Renzo attraversa il fiume sulla barca del pescatore. Quando il campanile batte le cinque del mattino, Renzo decide
che è il momento di alzarsi ed esce dal capanno, ancora tutto infreddolito e con le membra intorpidite, guardandosi
intorno per sincerarsi che non ci sia nessuno. Imbocca poi il sentiero percorso la notte prima e si dirige al fiume,
mentre il cielo promette una giornata serena all'incerto chiarore lunare e l'alba proietta una luce rossastra
sull'orizzonte, disegnando un paesaggio assai diverso da quello cui il giovane è abituato tra le sue montagne.
Percorre nuovamente la strada della sera prima, ridendo tra sé per il terrore ispiratogli dalle piante che ora gli
sembrano innocue, e alla fine raggiunge la riva dell'Adda, dove vede un pescatore che si avvicina alla sponda con la
sua barchetta remando controcorrente. Renzo chiama il pescatore e gli fa cenno di approdare, e dopo che l'uomo ha
accostato con mille cautele il giovane salta dentro il battello, chiedendo di essere traghettato sull'altra sponda in
cambio di una ricompensa. Il pescatore accetta e inizia a muovere la barca verso la riva opposta, mentre Renzo
afferra un secondo remo e aiuta a sua volta a fendere le acque, dimostrando al barcaiolo che sa come manovrare
un'imbarcazione. Il battello procede a zig-zag, ora fendendo la corrente e ora assecondandola, quindi Renzo chiede
al pescatore se il paese dall'altra parte sia Bergamo: l'altro risponde di sì e aggiunge che la riva opposta è terra di S.
Marco, al che Renzo si lascia andare a un'esclamazione di gioia. Una volta approdati sull'altra sponda, Renzo dà al
pescatore una berlinga e si allontana, mentre l'uomo intasca la moneta e augura al giovane buon viaggio. Il
pescatore è solito svolgere un servizio simile ai contrabbandieri e ai banditi che chiedono di essere traghettati sulla
sponda veneta del fiume, non tanto per avidità di guadagno quanto per non farsi dei nemici fra quel genere di
individui, badando a non incorrere nella giustizia.

Renzo in cammino verso il paese di Bortolo. Renzo si sofferma un momento sulla riva, guardando la patria che ha
appena lasciato e rallegrandosi dello scampato pericolo, anche se è triste al pensiero delle persone care che sono
rimaste laggiù. Si incammina poi verso Bergamo, chiedendo lungo la strada con disinvoltura ai viandanti come
raggiungere il paese del cugino Bortolo, apprendendo che gli restano da percorrere nove miglia. Si mette in marcia
inoltrandosi nel territorio e non tarda a rendersi conto che la carestia è tristemente presente anche qui:
attraversando i villaggi vede molti accattoni che non sono soliti esercitare questo mestiere e contadini impoveriti che
chiedono l'elemosina insieme alle loro famiglie, per cui si domanda se troverà lavoro a dispetto di tanta penuria. Si
consola pensando che Bortolo è un uomo benestante e non lo abbandonerà, confidando anche nell'aiuto della
Provvidenza. Mentre cammina si rende conto di essere affamato e pensa che non sarebbe una bella cosa presentarsi
al cugino chiedendo un pasto, quindi vuota le tasche per sincerarsi di quanto denaro gli rimanga: non è gran che, ma
è sufficiente per un pasto frugale e perciò entra in un'osteria (dopo aver pagato il conto, gli rimane ancora qualche
moneta).

Renzo spende gli ultimi soldi in elemosina. Mentre esce dall'osteria in cui ha mangiato, Renzo vede due donne
accasciate in terra, una anziana e l'altra più giovane con un bambino fra le braccia che tenta inutilmente di allattare,
mentre in piedi accanto a loro c'è un uomo che un tempo doveva essere robusto e che ora le privazioni hanno reso
debole e fiacco. Tutti e tre stendono la mano per chiedere qualcosa e Renzo esclama che c'è la Provvidenza,
estraendo dalla tasca le ultime monete e mettendole nella mano più vicina, riprendendo subito dopo il suo
cammino. L'opera buona e il pasto consumato hanno rallegrato il giovane, che si è privato degli ultimi soldi ma
confida maggiormente nell'avvenire, poiché la Provvidenza ha fatto in modo che lui, forestiero e per giunta
fuggiasco, facesse l'elemosina a quelle povere persone, quindi non potrà certo abbandonarlo nel momento del
bisogno. Renzo pensa inoltre che la carestia prima o poi finirà, che è abile come lavoratore della seta e che a casa ha
un po' di denaro, che provvederà a farsi spedire; fantastica circa il fatto che, una volta tornata l'abbondanza, troverà
lavoro in un filatoio e metterà da parte dei risparmi, con cui potrà fare in modo che le due donne lo raggiungano,
mentre pensa che anche in quella terra ci sono curati e che potrà sposare Lucia senza troppi problemi. Sogna la loro
vita insieme in quei luoghi, dove mostrerà alla promessa sposa e ad Agnese il punto in cui ha attraversato l'Adda,
lasciandosi alle spalle il triste passato.

Renzo ritrova il cugino Bortolo. Renzo arriva finalmente al paese del cugino e vede un edificio alto con più ordini di
lunghe finestre, che riconosce subito come un filatoio: entra e chiede se si trova lì Bortolo Castagneri, al che un
lavorante gli indica il "signor Bortolo" poco lontano. Sentendo che il cugino è chiamato "signore" Renzo si rincuora,
quindi raggiunge il cugino all'interno dello stabilimento: dopo uno scambio di affettuosi saluti Bortolo porta Renzo in
una stanza appartata, lontano dalle macchine e dai curiosi, dove lo rimprovera bonariamente di averlo raggiunto
solo ora, in un momento critico per la produzione della seta. Renzo spiega le circostanze in cui ha dovuto compiere
quel passo e il cugino lo rassicura dicendogli che, se anche il lavoro è scarso e non c'è grande richiesta di operai, lui
farà in modo di aiutarlo grazie al favore che gode presso il padrone del filatoio, di cui è il factotum. Bortolo ricorda
poi con piacere Lucia e la povera casetta in cui viveva con Agnese, aggiungendo parole di condanna per don Rodrigo,
quindi chiede a Renzo se ha mangiato e quanti denari gli restano. Il giovane dice di aver fatto colazione e di aver
finito gli ultimi soldi, ripromettendosi di farsi inviare quelli che ha a casa, quindi Bortolo afferma che sarebbe inutile
per lui aver messo da parte del benessere se non lo usasse per aiutare parenti e amici. Chiede inoltre a Renzo
ragguagli sulla rivolta avvenuta a Milano e aggiunge che, quanto alla carestia, nel Bergamasco le cose vanno
diversamente e la città ha acquistato da un mercante di Venezia del grano proveniente dalla Turchia, per provvedere
alla popolazione; le città di Verona e Brescia hanno cercato di imporre dazi doganali, ma un avvocato di nome
Lorenzo Torre è andato di persona a Venezia per convincere il doge dell'insensatezza del provvedimento ed esso è
stato revocato. In seguito, il senato veneziano ha spedito una quantità di miglio nel Bergamasco, per provvedere alle
necessità delle popolazioni rurali.

Bortolo dà a Renzo alcuni utili consigli. Bortolo spiega poi a Renzo che lo presenterà al padrone del filatoio, un
uomo generoso al quale lui ha già parlato del cugino e che gli troverà certamente un impiego, quindi informa il
giovane che i Milanesi vengono chiamati dai Bergamaschi col titolo non molto onorevole di "baggiani" (sciocchi), sia
pure in senso affettuoso. Renzo non accoglie bene la notizia e si mostra irritato da questa bizzarra abitudine, ma
Bortolo gli spiega che la cosa è normale in quel territorio e se un Milanese vuol vivere lì ci si deve rassegnare,
altrimenti dovrebbe venire alle mani tutto il tempo; può darsi che in futuro questa strana consuetudine verrà meno,
ma per il momento le cose stanno così e Renzo si dovrà abituare, specie pensando a ciò che volevano fargli i suoi
compatrioti milanesi. Bortolo accompagna poi Renzo dal padrone e fortunatamente riesce a sistemarlo in modo
dignitoso, cosa provvidenziale perché il giovane non potrà certo fare assegnamento sui denari lasciati a casa
(vedremo presto il motivo).
ANALISI DEL TESTO.
La struttura. Anche questo capitolo è direttamente collegato al precedente, di cui rappresenta la continuazione:
Renzo, uscito dall'osteria di Gorgonzola, si accinge a continuare il viaggio verso la salvezza, in direzione di Bergamo.
La narrazione è divisa in due parti: nella prima, è descritto il cammino del giovane che attraversa un bosco alla
ricerca dell'Adda; nella seconda, con il ritrovamento del cugino Bortolo, si apre una nuova fase, quella
dell'abbandono, almeno temporaneo, della propria patria. Si può dire che, strutturalmente, questo particolare
momento della storia di Renzo si ricolleghi al capitolo XI, quando il narratore osservava che egli si stava impegnando
a favorire i piani di don Rodrigo, meglio e più in fretta di quanto avrebbe potuto fare Azzeccagarbugli. Evidenziando
la struttura della macrosequenza che comprende i capitoli XI-XVII, risulterà una narrazione continua, in cui la vicenda
non si conclude con la chiusura di un capitolo, ma ogni volta prosegue in quello successivo; è inoltre evidente il
rapporto tra storia (i fatti realmente accaduti) e invenzione (le avventure di Renzo, personaggio di fantasia).

Lo spazio e il tempo.

L'opposizione esterno – interno. Anche nei capitoli milanesi, come già in precedenza, la rappresentazione dello
spazio è strutturata simbolicamente secondo la coppia oppositiva esterno-interno. Il fuori è rappresentato
innanzitutto dalle piazze e dalle strade di Milano, agli occhi dell'ingenuo forestiero un vero e proprio labirinto, il che
richiede, per essere attraversato, l'aiuto di una guida: così, è facile affidarsi a chi si mostra tanto servizievole. Per le
vie della città, Renzo compie importanti esperienze che contribuiranno alla maturazione e all'arricchimento della sua
personalità: l'esterno è quindi negativo, nel momento in cui il giovane si trova coinvolto in situazioni pericolose, ma
gli permette, al tempo stesso, di uscire dall'ambiente ristretto di altre strade e altre piazze (quelle del villaggio) per
allargare i propri orizzonti misurandosi con l'ignoto. Nel capitolo diciassettesimo, l'esterno è rappresentato dal bosco
che conduce all'Adda, confine tra il territorio milanese e quello veneto. In questo caso, lo spazio si carica di un
significato simbolico particolarmente intenso, perché il viaggio di Renzo è fisico e spirituale insieme. Infatti, non si
tratta soltanto di attraversare un luogo avvolto nel silenzio e nelle tenebre, quanto soprattutto di vincere un
disordine interiore che proietta inquietudini e ossessioni sul paesaggio circostante. Nel momento in cui il coraggio e
la determinazione stanno per venirgli meno, il giovane sente un mormorio d'acqua corrente: l'intervento della
Provvidenza gli si manifesta prima con il ritrovamento dell'Adda, poi con quello della capanna, il rifugio improvvisato
nel quale trascorre la notte. È significativo che, nel momento culminante della crisi, lo spazio appaia a Renzo
talmente ostile da volerne assolutamente uscire; al contrario, dopo il superamento delle difficoltà, l'esterno perde i
suoi connotati negativi e il giovane non esita a internarsi sempre più nel bosco. Agli esterni, di volta in volta negativi
o positivi, si oppongono gli interni, le osterie, che incarnano il luogo dell'inganno e della violazione di ogni codice
morale e i cui padroni si dimostrano egoisti, interessati esclusivamente ai propri affari e un po' troppo curiosi. La
capanna dove Renzo trascorre la notte in riva all'Adda invece, connotandosi positivamente come luogo del riscatto
morale e religioso del protagonista, si configura come nuova casa, equivalente di quella abbandonata
precipitosamente dopo la notte degli imbrogli.

II tempo. Per quanto riguarda il tempo, diciamo che la vicenda narrata nei capitoli XI-XVII si svolge in un arco molto
breve, da sabato 11 novembre a lunedì 13, anche se il lettore potrebbe avere l'impressione di una durata molto
maggiore. Ciò è dovuto alla particolare struttura della macrosequenza: si pensi che, all'inizio del XII capitolo, la pausa
rappresentata dalla disgressione sulla carestia interrompe e rallenta il racconto che, anche in seguito, si articola
intorno alla minuziosa descrizione di pochi episodi (il tumulto, l'osteria della luna piena, l'arresto e la fuga di Renzo, il
suo viaggio verso il Bergamasco), arricchiti da numerosi interventi del narratore. Come al solito, non si indica
esplicitamente la data; tocca al lettore dedurla dalle espressioni che sottolineano il trascorrere del tempo. Infine,
soprattutto nel XVII capitolo, è evidente che anche il tempo, come lo spazio, può avere un significato simbolico. La
notte rappresenta, per Renzo, un momento di prova (o di tentazione: è alla fine della giornata, a sera tardi o di notte,
che egli si reca nelle osterie). Il giovane è turbato, inquieto, pieno di paura e ormai vicino alla disperazione, ma riesce
a recuperare la fiducia in sé stesso che è soprattutto fiducia in Dio e nel suo aiuto. Così facendo, lascia spazio
all'intervento della Provvidenza che non è di tipo miracolistico, ma richiede la collaborazione personale
dell'individuo. Il cambiamento ormai avvenuto in Renzo è segnalato da un mutamento temporale: il passaggio dalla
notte all'alba, il cui cielo, sfumato di innumerevoli colori, è il simbolo della pace ritrovata. La liberazione dalla
sfiducia, dalla stanchezza, dalla delusione amara, la riconquista di una coscienza limpida e pulita sono simboleggiate
dall'elemento luminoso, dai colori della luce che fa impallidire la luna, la cui presenza ha dominato i momenti
negativi del racconto (la notte degli imbrogli, l'attraversamento del bosco).
I personaggi e i nuclei tematici.

La formazione del protagonista.


Nei capitoli che lo vedono spettatore-attore di tanti fatti, Renzo si misura con sé stesso e mette alla prova risorse
interiori e capacità; inoltre, si scontra con la società del suo tempo e con le forze complesse, e spesso oscure, che la
governano: in questo modo, viene a contatto con altri uomini che non appartengono al suo villaggio e alla
quotidianità (sono degli estranei, in genere pericolosi). Si potrebbe dire che le vicende del giovane si configurano
come un Bildungsroman, o romanzo di formazione, in cui le due direttrici di scontro prima ricordate sono
strettamente legate fra loro: Renzo conosce sé stesso quando e nella misura in cui conosce gli altri. Il modello
narrativo offerto dal romanzo di formazione sviluppa un'analisi della vita del protagonista dall'infanzia alla maturità.
A rigor di termini, non sarebbe questo il nostro caso, perché la storia di Renzo è seguita dal narratore per la
brevissima durata di tre giorni. Eppure, proprio in un periodo di tempo così ristretto, si compiono nel suo animo
quelle trasformazioni che, in altri individui, si produrrebbero forse nel giro di anni: l'esperienza provoca in lui una
maturazione profonda sul piano intellettuale, morale e religioso. Di solito, il protagonista del romanzo di formazione
compie un lungo viaggio per completare e raffinare la propria educazione: nel caso di Renzo, il viaggio a Milano e
l'attraversamento del bosco sono poco significativi quanto a durata, ma molto importanti in termini di maturazione.
L'itinerario di Renzo è quindi non solo fisico ma anche e soprattutto spirituale; è la conquista della maturità e della
coscienza adulta.

Le tecniche narrative. Il capitolo è incentrato sulla figura di Renzo che riflette e commenta i fatti di cui è stato
protagonista; di conseguenza, la tecnica narrativa prevalente è quella del soliloquio che permette al giovane di
instaurare una specie di colloquio a distanza, soprattutto con il mercante dell'osteria di Gorgonzola che ha distorto
gli avvenimenti e accusato un innocente. Il soliloquio fa emergere anche i valori morali e cristiani di Renzo, in
opposizione a quelli del mercante, impegnato a difendere la bottega e i propri interessi. Nella parte conclusiva del
capitolo, il dialogo con il cugino Bortolo rivela finalmente un uso nuovo della parola, non più ingannatrice, ma
positiva, sincera e volta all'aiuto del prossimo.

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