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HomeAntico TestamentoDall’armonia alla dis-armonia: il serpente di Gen 3,1


Antico Testamento
Dall’armonia alla dis-armonia: il serpente di Gen 3,1
Roberto Tadiello
By
Roberto Tadiello
23 Agosto 2013
0
3404

All’improvviso il narratore introduce in Gen 3,1 la figura del «serpente» (nāḥās) e


lo qualifica come «il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva
fatto» (3,1a). Il vocabolo ebraico nāḥās, che nel libro della Genesi ricorre solo
qui, deriva da una radice con il significato di «praticare la divinazione»,
«esercitare la magia» 1. Ciò in Israele fu sempre sinonimo di idolatria ed era
proibito dalla Legge (cf. Lv 19,26; Dt 18,10).

Anche se il serpente sembra entrare in scene improvvisamente c’è un legame con


quello che precede per due ragioni: il gioco di parole con cui il narratore in Gen
3,1 dice del serpente che è «astuto» ʿārûm, mentre dell’uomo e della donna in Gen
2,25 aveva detto che erano «nudi» ʿărûmîm; i due termini, come si vede, sono molto
simili per grafia. Presenta poi il serpente come un «essere del campo» (ḥayyat
haśśādeh), espressione già utilizzata in precedenza per gli animali (cf. Gen
2,19.20). Di conseguenza per il narratore il serpente rimane sempre nell’ambito
animale, non è affatto una divinità. Con questa rappresentazione il male è
demitizzato, è de-divinizzato.

Il serpente è detto ʿārûm reso in italiano con «astuto» per evidenziarne la


sfumatura negativa, ma il vocabolo ebraico ha valore positivo: nell’ambiente della
sapienza di corte qualifica l’uomo saggio e intelligente contrapposto all’uomo
stolto e inetto 2. Non è quindi da escludere una allusione, con una velata
polemica, alla mentalità “razionalista” di quel contesto culturale.

Ma chi è questo serpente che parla e poi sparisce dalla circolazione senza che il
racconto lo prenda più in considerazione? Subirà la condanna, senza reagire e senza
parlare, per non comparire più in altre vicende. I commentatori ebrei e cristiani
identificarono il serpente con Satana o il diavolo, ma non c’è nessuna traccia di
ciò nella prima parte dell’AT.

L’identificazione non è cosa semplice. Per il mondo cananeo il serpente è figura


ctonica, cioè legata alla terra e connessa ai culti della fertilità, di conseguenza
Gen 3 illustrerebbe la scelta che perennemente sta di fronte a Israele: scegliere
YHWH o seguire Baal? 3.

Nel vicino oriente antico i serpenti erano simboli del divino, della saggezza ma
anche del caos, tutti temi che hanno punti di contatto con il nostro racconto,
anche se va detto che questi non spiegano la sua presenza nel nostro passo.

Si può ipotizzare la presenza di un elemento mitico come è già avvenuto in


precedenza nel caso della creazione della donna. Nel poema epico di Gilgamesh si
racconta di come il protagonista, Gilgamesh, trovi la pianta dell’immortalità.
Sfortunatamente mentre lui sta nuotando in un stagno un serpente, uscito
all’improvviso, la ingoia, togliendogli così l’opportunità della vita immortale.
Genesi riferisce una storia piuttosto diversa, ma ancora una volta si riscontrano
elementi comuni: il serpente, l’uomo, la piante e la promessa della vita. Nel
racconto genesiaco l’uomo, però, perde l’immortalità a causa della sua
disobbedienza, mentre nel poema mesopotamico, la perdita è ascritta a un colpo di
sfortuna.

Secondo la classificazione biblica degli animali di Lv 11 e Dt 14, il serpente


figura come tipico animale impuro. Il suo strisciare e il suo contorcersi lo rende
intrinsecamente non ascrivibile fra gli animali puri, vale a dire tra quelli che
possono essere offerti in sacrificio.

All’interno del simbolismo animale veterotestamentario un serpente è un ottimo


candidato per ricoprire il simbolico ruolo di anti-Dio, nonostante sia creato da
Dio. Questo sembra essere il motivo della scelta del narratore. Il serpente incarna
quindi l’anti-Dio, l’elemento creaturale più alieno alla sfera divina, perché
impresentabile come animale cultuale. Un altro esempio di ciò che raffigura il
serpente è il Leviatan, un mostro marino menzionato nei miti di Ugarit, che in Is
27,1 è destinato a essere distrutto da Dio. La scelta quindi del serpente come
simbolo della potenza del male per un narratore semita era più che sensata.

Il racconto biblico denuncia la presenza del male incarnato nel serpente, ma non la
spiega: indica che il serpente è già là e l’umanità l’incontra, senza esserne
l’origine ma rimanendone sedotta. E. Bianchi così si esprime:

«Il serpente dunque, presenza enigmatica e scandalosa, ma quasi naturale e che


non desta sorpresa, tant’è vero che la donna gli parla come a una vecchia
conoscenza, svela subito la sua qualità di ministro dell’anti-rivelazione con le
sue prime parole che sono una distorsione della parola di Dio. È l’antiparola di
fronte alla Parola di Dio. Esattamente come Satana che tenta Gesù nel deserto
appoggiandosi proprio sulla parola di Dio (cf. Mt 4,1-11 e Lc 4,1-13; è
significativo che il racconto parallelo di Mc 1,12-13 mostri Gesù come il nuovo
Adamo vincitore della tentazione), così il serpente esercita il suo inganno
insinuandosi, come nel terreno privilegiato per indurre in tentazione, nella parola
di Dio e stravolgendo il comando dato all’uomo da Dio in Gn 2,16-17» 4.

Sul vocabolo ebraico vedi GLAT V, 784-799; cf. anche V.P. Hamilton, The Book of
Genesis: Chapters 1–17 (NICOT n.d.), Grand Rapids 1990, posizione 3414.
Pr 12,16.23; 13,16; 14,8.15.18; 22,3; 27,12. Sullo sfondo sapienziale di Gn 2–3
cf. L. Alonso Schökel, Motivos sapienciales y de alianza en Gn 2-3, in Bib 43
(1962), 295-316.
Cf. G. O’Collins, Teologia fondamentale, Brescia 1982, 288-290.)) Ma, come
osservano alcuni commentatori, sembra poco probabile che YHWH-Dio crei il serpente
sapendo che sarebbe diventato il nemico per eccellenza della fede ((Cf. Westermann,
Genesis 1-11, 237-239.
Bianchi, Adamo, dove sei?, 185.

TagsCreazioneDioSerpenteYhwh-Dio

Roberto Tadiello
Roberto Tadiello
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