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Gli Unni erano un popolo guerriero nomade, proveniente dalla Siberia meridionale, che giunse in Europa

nel IV secolo. Sono particolarmente conosciuti per le incursioni compiute a metà del V secolo contro
l'Impero romano d'Occidente. Tra il 447 e il 454, sotto Attila, formarono un impero nomade che fu il più
vasto del suo tempo, con una superficie di 4,0 milioni di km² all'apice.

Provenivano dalla Siberia meridionale, come dimostra un documento cinese antico e la loro lingua era
forse di ceppo turco. Lo storico romano del IV secolo, Ammiano, si limita a specificare che essi
provengono da «al di là delle paludi meotiche», una zona di steppe molto vasta. [4]

In passato è stata proposta un'identificazione con gli Xiongnu 匈奴 (una variante arcaica o una tribù
completamente diversa), una popolazione nomade che, riportano fonti cinesi, nel I secolo a.C. minacciava
la Cina. Durante la dinastia Han 漢 (206 a.C.-220 d.C.), gli Xiongnu fondarono un regno nelle regioni a
nord dell'impero cinese sconfiggendo nel 162 a.C. gli Yuezhi (popolo indoeuropeo). Il potere degli
Xiongnu si indebolì durante i secoli seguenti e alla fine, nel 48 a.C., si scisse in due gruppi: uno venne
sottomesso e inglobato dai Cinesi, mentre l'altro, i Xiongnu Meridionali, combatté contro l'Impero cinese
ancora per un altro secolo fino a che non fu costretto a migrare verso occidente in seguito a una sconfitta
subita ad opera degli Hsieng-Se, alleati dei Cinesi, nel 93 d.C. Durante la migrazione verso occidente
attraverso la valle dell'Ili - se l'identificazione con gli Unni è corretta - gli Unni si sarebbero poi stabiliti
lungo il corso del Volga, invadendo i territori degli Alani (in cinese: Ālánliáo 阿蘭聊), degli Ostrogoti e dei
Visigoti. I Xiongnu Occidentali invece rimasero sotto l'influenza politica dell'impero cinese.

Addirittura, un principato unno che comprendeva i territori delimitati dal Fiume Talas, dai Monti Altaj e
dal Fiume Tarim arruolò come mercenari un gruppo di soldati capaci di combattere "uniti come le
squame del pesce", in base a quanto scritto dalle cronache cinesi, nel 36 a.C., provenienti dalle regioni
orientali di confine del Regno dei Parti: ci sono fondati indizi che tali mercenari furono legionari romani
presi prigionieri dai Parti tra il 53 a.C. (disfatta di Crasso a Carre) ed il 36 a.C. (disfatta di Marco Antonio).
Se effettivamente la situazione stesse in questi termini, legionari romani, in seguito catturati dai cinesi,
avrebbero combattuto per gli avi di coloro che furono i protagonisti della caduta dell'Impero romano
d'Occidente mezzo millennio più tardi [1]. Comunque, l'identificazione degli Unni (xiongren in mandarino
moderno) con tale gruppo nomade è carente di prove. Si diceva che dove passassero gli Unni non
crescesse più l'erba. Questo fa bene intendere quali fossero le devastazioni arrecate dalle loro scorrerie.

Da quando Joseph de Guignes nel XVIII secolo ha identificato gli Unni con gli Xiongnu, il dibattito sulla loro
origine si è acceso. L'identificazione tra Unni e Xiongnu, seppur affascinante, non è comprovata con prove
certe, e tra l'altro, se vi sono delle analogie tra le due popolazioni, vi sono anche notevoli differenze: [4][5]

• Gli Unni e gli Xiongnu avevano un'organizzazione politica completamente differente: gli Unni nel
IV secolo avevano molti re, i due gruppi di Xiongnu avevano invece un unico capo, lo Shan-Yu.
• Anche il modo di legare i capelli era differente: gli Xiongnu legavano i capelli in una coda di
cavallo, a differenza degli Unni.
• Inoltre il rinvenimento di artefatti bronzei Xiongnu del deserto Ordos in Mongolia ha permesso
agli studiosi di constatare come i reperti archeologici attribuibili agli Xiongnu siano del tutto
diversi a quelli Unni, come constatato da uno dei più autorevoli studiosi degli Unni, Otto
Maenchen-Helfen, il quale ha concluso:

«I bronzi di Ordos furono prodotti da o per gli Xiongnu. Anche controllando a uno a uno tutti i pezzi
dell'inventario di Ordos, non saremmo in grado di indicare un solo oggetto da mettere in relazione con un reperto
proveniente dal territorio una volta occupato dagli Unni… In questo stile di disegni animali ricorrono motivi ben
noti… Non uno dei motivi appartenenti a questo ricco repertorio è mai stato identificato su un oggetto unno.»
• Sono stati rinvenuti inoltre ulteriori reperti archeologici a Ivolga in Russia nel 1996, che
confermano le notevoli differenze tra Xiongnu e Unni, confermando la tesi di Maenchen-Helfen
sulla non corrispondenza tra i due popoli.
Secondo una congettura di Christopher Kelly, per niente affatto convinto della corrispondenza tra Unni e
Xiongnu, gli Unni potrebbero provenire dalle steppe dell'odierno Kazakistan, zona dal clima gelido e dai
venti molto intensi.[4]

La stirpe mongolide degli Unni viene messa in dubbio anche da altri studiosi:

«"Sulla spinosa querelle relativa alla complessa origine degli Unni, ritenuti generalmente di stirpe mongolide, si è
ora propensi a prendere atto che i dati posseduti non risultino chiarificatori, in quanto basati in larga misura su
considerazioni etimologiche [… che] non solo rappresenterebbero realtà storiche diverse, ma sarebbero anche
linguisticamente scollegate tra loro […]. È tuttavia legittimo chiedersi da dove mosse, come ultima sede, il popolo
che travolse Alani e Goti. La “fase formativa” degli Unni sembra fosse avvenuta in un'area collocabile tra il lago
d'Aral e il Mar Caspio; poi essi avrebbero aggirato il Caspio a settentrione restando a nord della catena del
Caucaso per occupare un immenso territorio fino alla palude Meotide intorno al Mar d'Azov, ricordata anche da
Ammiano Marcellino (Res gestae, XXXI, 2)" (tratto da: Silvia Blason Scarel, Attila e gli Unni, Catalogo mostra
itinerante, Gruppo archeologico aquileiese, L'Erma di Bretschneider, 1995, p. 16-17)»
Recenti ricerche hanno mostrato che nessuna delle grandi confederazioni di guerrieri della steppa era
etnicamente pura e, a rendere le cose più difficili, molti clan affermavano di essere Unni basandosi
semplicemente sul prestigio del loro nome; o era attribuito da estranei che li descrivevano con comuni
caratteristiche, presunti luoghi d'origine o reputazione. Sebbene sia molto difficile risalire ad un luogo di
origine degli Unni, sembra che all'inizio il nome designasse un prestigioso gruppo di guerrieri della steppa
la cui origine etnica è sconosciuta.[senza fonte]

Gli Unni non devono essere confusi con gli Aparni ("Unni Bianchi")[6] di Procopio, in quanto si tratta di un
ramo culturale e fisico completamente diverso, né con i Chioniti (gli Unni rossi, probabilmente i Kian-yun
dei cinesi)[7] che comparvero sulla scena in Transoxiana nel 320, guidati dal re Kidara.

Gli Unni erano un popolo bellicoso, probabilmente di origine mongola, sebbene la loro identificazione con
gli Hsiung-Nu non sia certa. Lo storico romano Ammiano Marcellino, scrivendo intorno al 390, in una
digressione della sua opera dipinge gli Unni come un popolo rozzo e incivile:

«Il popolo degli Unni… supera ogni limite di barbarie. Siccome hanno l'abitudine di solcare profondamente con un
coltello i bambini appena nati, affinché il vigore della barba, quando spunta al momento debito, si indebolisca a
causa delle rughe delle cicatrici, invecchiano imberbi, senz'alcuna bellezza e simili ad eunuchi. Hanno membra
robuste e salde, grosso collo e sono stranamente brutti e curvi, tanto che si potrebbero ritenere animali bipedi o
simili a quei tronchi grossolanamente scolpiti che si trovano sui parapetti dei ponti. …sono così rozzi nel tenore di
vita da non aver bisogno né di fuoco né di cibi conditi, ma si nutrono di radici di erbe selvatiche e di carne cruda di
qualsiasi animale, che riscaldano per un po' di tempo tra le loro cosce e il dorso dei cavalli. … Adoperano vesti di
lino oppure fatte di topi selvatici, né dispongono di una veste di casa e di un'altra per fuori. Ma una volta che
abbiano fermato al collo una tunica di colore sbiadito, non la depongono né la mutano finché, logorata dal lungo
uso, non sia ridotta a brandelli. … E nelle assemblee…, tutti in questo medesimo atteggiamento discutono degli
interessi comuni. … Nessuno di loro ara né tocca mai la stiva di un aratro. Infatti tutti vagano senza aver sedi fisse,
senza una casa o una legge o uno stabile tenore di vita. Assomigliano a gente in continua fuga sui carri che
fungono loro da abitazione. Quivi le mogli tessono loro le orribili vesti, qui si accoppiano ai figli sino alla pubertà…
Sono infidi e incostanti nelle tregue, mobilissimi ad ogni soffio di una nuova speranza e sacrificano ogni
sentimento ad un violentissimo furore. Ignorano profondamente, come animali privi di ragione, il bene ed il male,
sono ambigui ed oscuri quando parlano, né mai sono legati dal rispetto per una religione o superstizione, ma
ardono di un'immensa avidità di oro. A tal punto sono mutevoli di temperamento e facili all'ira, che spesso in un
sol giorno, senza alcuna provocazione, più volte tradiscono gli amici e nello stesso modo, senza bisogno che
alcuno li plachi, si rappacificano.»
(Ammiano, XXXI,2.)
La descrizione di Ammiano, secondo lo storico revisionista Christopher Kelly non è del tutto attendibile, in
quanto influenzata dal topos letterario della contrapposizione tra lo straniero percepito come "rozzo" e
"incivile" e i "civilizzati" Romani. A detta dello storico australiano, tutti i popoli al di fuori del confine
romano, erano considerati razze inferiori e senza leggi, e venivano caratterizzati dunque come brutali,
disonesti, irrazionali, feroci, incolti, senza una buona forma di governo o una vera religione. [4] Inoltre la
descrizione di Ammiano è influenzata dai suoi modelli letterari (in primis Erodoto quando descrive gli
Sciti), ed è improbabile, secondo il suddetto storico, che Ammiano abbia mai fatto personalmente
conoscenza con un unno, a differenza dello storico del V secolo Prisco di Panion che visitò la corte di
Attila e fa una descrizione più attendibile e positiva, e meno stereotipata degli Unni. [4] Evidenti errori
nella descrizione di Ammiano sono ad esempio l'affermazione che vivessero sempre sui carri, perché,
come attesta ad esempio Prisco, essi facevano uso delle tende, oppure l'affermazione secondo cui gli
Unni non avevano "bisogno né di fuoco né di cibi conditi": infatti rinvenimenti archeologici attestano l'uso
da parte degli Unni di calderoni di rame per cucinare e cuocere la carne. [4] Ciò, comunque, non vuol dire
che la descrizione di Ammiano non contenga informazioni vere: la descrizione degli Unni come
"stranamente brutti e curvi" e dunque deformi potrebbe essere motivata dalla loro usanza di appiattirsi
artificialmente la zona frontale del cranio; oppure l'affermazione secondo cui non si cambiassero le vesti
e non le lavassero potrebbe avere qualche fondamento per analogia con i Mongoli di Gengis Khan, che
imponeva ai suoi di non levarsi i propri indumenti e di non lavarli finché non fossero consunti. [4]

Non si conosce quasi nulla della lingua unna, di essa sono oggi pervenuti solo alcuni nomi di persona e
pochissimi vocaboli. L'ipotesi più accettata è che si trattasse di una lingua altaica ma sono state avanzate,
soprattutto nel passato, diverse altre teorie che la vorrebbero vicina al moderno ungherese o addirittura
alle lingue iraniche.

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