Sei sulla pagina 1di 5

Ismaele

Terza biografia apocrifa

(raccolta da Nerina Garofalo in una grotta)


Ismaele ha forse appena pi di 50 anni. Della sua storia non sapevo molto, allinizio, se non per
quelle cose che restano ferme nella memoria adolescente, e ingigantiscono per la portata
dell'innocenza con cui ci sono state, spesso senza volerlo e involontariamente, perch abitavano la
porta accanto.

Ismaele un giornalista, un giornalista militante. Ismaele un professore, in una scuola secondaria.


Ismaele , sotto sotto, dove nessuno vede, uno scrittore. Ma il mio Ismaele, quello di questo
incrocio a pianerottolo esistenzial/romantico, era un ragazzo di poco pi di quei vent'anni che "non
dir mai", con un sorriso tutto strano, a met strada fra la disperazione e quella disperante tenerezza
che sanno solo quelli che han capito cosa vuol dire giocarsi tutto nella bellezza immersa di una
partita a mezzanotte, sulla spiaggia, senza la luce a far rigare dritto n la palla n le gambe.

Da quando mi occupo di biografie, da quando ho cominciato a credere che raccogliere le storie sia
unoperazione che resiste al tempo, una battaglia contro la finitezza ma in fin dei conti per la sua
comprensione, ho questa voglia che mi prende di ascoltare le parole, che viene su quando si riapre
la ferita della vicinanza, che a volte passa anche l dove la conoscenza stata limitata, tutta
understatement e in misteriosa intuizione. Perch davvero le prossimit possiamo solo pre-sentirle,
per ritrovarle decenni dopo, e poi aprirle come corolle in pieno aprile.

E quindi ora, caro Ismaele, vorrei ascoltarti dire di te, porgendoti una scia, come la bava della
lumaca che si sposta alla ricerca di una qualche posizione che accettabile si spieghi sotto, come una
colla per ancorare le domande, ed eccole che stanno, e attendono di te:

Ismaele, tu vivi a sud, dove le cose son possibili per sempre, perch per sempre in qualche
modo perse. Dove sei nato? E cos' nascere, per te?

Sono nato a Cosenza, ma i miei primi nove anni li ho passati da mia nonna, a Paola. Una citta di
mare e vento. Ancora oggi sono le cose che mi piacciono maggiormente. Il vento soprattutto,
Quando ero piccolo mi domandavo quale gigante potesse avere un soffio cos potente. Poi, quando
ho scoperto che non cera nessun gigante, il vento ha continuato a piacermi lo stesso. Non so cosa
sia nascere. So un po meglio cosa sia crescere. Crescere mia nonna che mi spiega che posso avere
qualche caramella, ma non tutte le caramelle. Per la cronaca le caramelle erano quelle a forma di
spicchio, al gusto di arancia, limone, mandarino. Credo non ci siano pi.

Da giornalista, da scrittore, sei bravo a usar la lingua (che molto pi delle parole). Quale
linguaggio usi per descrivere la storia tua nel giornalismo, a Sud, dove le cose nascono e poi
muoiono, e poi si fanno altre?

Il giornalismo stato, dopo una non breve pausa di esilio, la ripresa di una forma diversa di
militanza, di impegno politico. Qui al Sud puoi raccontare di dighe che sono costate 80 milioni di
euro, eppure non esistono. Di avvocati che sono al tempo stesso i legali del presunto mandante di un
omicidio di mafia e anche del comune che si costituisce parte civile, senza ironia n senso del
ridicolo. Quando racconti queste cose, fai una rivoluzione, perch la biro compie una epifania,
mentre la ndrangheta, certa politica, certi affari, non amano essere disvelati.
Quando sei diventato giornalista? E quando professore? Che cosa insegna, uno che sa
sorridere senza vergogna del sorriso, a quei ragazzi non hanno una citt per madre?

Ho sempre scritto, prima per le riviste del movimento, a leggerle adesso certe cose forse se lo
meritavano il 270-bis. Poi ci fu lesilio. Dalle persone soprattutto. E per paradosso io che ero
destinato a non raccontare, ho vinto una cattedra e sono stato mandato a parlare con un esercito di
ragazzi. Ero militare e per avere le licenze partecipavo ai concorsi a cattedra. Cos alla fine della
naia, mi avvisarono che ero diventato professore. Insegno da 23 anni e ancora mi piace. Cerco di
sedurre i miei ragazzi, in senso socratico. Di condurli a me, a certe pagine che non hanno
cittadinanza nei saperi grigi delle lezioni quotidiane. E questi ragazzi me li porto appresso anche la
sera, in redazione, a casa. Mi capita di leggere una cosa, vedere un film, sentire una canzone e
pensare: ecco, questo domani lo porto in classe. Perch ogni giorno devo conquistarli, esattamente
come si fa con un amore grande e difficile. Stanno con me tre anni e poi via, scappano. I ragazzi
sono come schegge di me. Come boomerang. Se li costruisci bene, certe volte, dopo che li hai
lanciati, tornano. Alcuni li ho ritrovati nei corsi universitari. Poco tempo fa venuta una ex
studentessa, mi ha detto che ha vinto un semestre presso la facolt di Sociologia di Chicago. Ecco,
lei una parte di me che va dove io non andr mai. E questo bellissimo. Malgrado tutto non riesco
a vedermi vecchio. Li guardo ancora come fratelli pi giovani e meno fortunati.

Circa il giornalismo, un vecchio compagno, che poi stato, per un breve periodo, anche il mio
direttore, mi ha portato nella redazione di una emittente televisiva e da l tutto ricominciato. Posso
prendermi trenta secondi di autocelebrazione, dei quali mi pentir con comodo pi tardi? Nel 1995
nasceva il Quotidiano e io me lo ricordo ancora il magazzino seminterrato dove si faceva il
giornale. Dieci anni dopo nasceva Calabria Ora e io cero. Oggi al via una nuova avventura, forse
la pi importante: Il Corriere della Calabria. Ho visto nascere tre giornali. Sono davvero vecchio.

Quando ci siamo visti, dopo anni e anni, hai detto: questa citt non pi quella che abbiamo
avuto noi. Che cosa intendi? Cosa pu essere, nell'esperienza di un ragazzo di 20 anni, una
citt, poi un'altra, poi una a cui si torna?

Cosenza non ha pi i fermenti di una volta. Le manca una borghesia colta e raffinata, le manca una
visione di se stessa. Cosenza era un luogo da cui partire ricchi e cui tornare come si torna a un
amore, ancora pi ricchi. Oggi il simulacro di s. Banale, povera, molto truccata, non pi bella.

Ai miei 20 anni mi hai insegnato la differenza fra un creativo ed un cretino, dandomi senza
saperlo una chiave di seriet che nella vita spesso mi tornata a mente, per l'anima e per
trovare la porta giusta nelle cose. Come definiresti quest'assenza di creazione e questo trionfo
di stupidit che sembra che si affolli al nostro tempo?

Siamo un Pese impoverito. Ci hanno raccontato che la societ non esiste. E ci abbiamo creduto.
Cos oggi cerchiamo una inesistente felicit individuale. Abbiamo rinunciato alla meraviglia, che
viene da guardare le cose inutili e perci stesso bellissime. Come lo scolapasta rovesciato che certe
volte sembra essere il cielo di notte con le stelle. Se uno guarda il cielo di notte e non pensa che
possa sembrare uno scolapasta rovesciato dai cui buchi filtrano puntini di luce, allora un cretino.

Ti ho visto regalare a una ragazza, innamorato, il libro del pianeta piccolo. Non ero io, ma voi
eravate nello spazio del mio mondo, e quindi ne ho beneficiato. Cosa vuol dire, oggi per te,
Ismaele, lasciarsi addomesticare da qualcuno o da qualcosa?
Come una cane cerco ancora le carezze. So che se le chiedi valgono di meno, rispetto a quelle che
vengono da sole, ma mi piacciono lo stesso. Lasciarsi addomesticarsi vuol dire farsi condurre dalle
carezze. Ci che guardo prima di tutto in una donna sono le mani. La ragione sta tutta nella loro
capacit di accarezzare. Lasciarsi addomesticare vuol dire ascoltare la sua voce che legge una
pagina. Viaggiare sulla voce di lei.

Sei sempre stato un militante. Una persona che si schiera, che vuole interpretare. Interpretare
un atto che lavora sul passato. Cos' per te il passato? Cosa ti manca, su cui senti di voler
ancora ritornare, per capire, per com-prendere? Cos' per te la Storia?

Siamo persone da piccole storie, storie minuscole. Ma quelle storie mi mancano, certe volte tornano
sul viso stanco di vecchi amici, restando per ormai lontane. Vorrei tornare indietro, ma con la
consapevolezza che ho oggi. Prima capivo meno, oggi mi pare di pi. La storia, per me resta il
disincanto per le cose. E la meraviglia per tutto.

E cosa manca, caro Ismaele, a questa storia tua con la scrittura letteraria? Perch non fare il
salto?

Perch ho la misura del limite. Nei giornali in cui ho lavorato, e anche adesso al Corriere della
Calabria, mi sono occupato di cose sul confine tra la narrazione e la cronaca. Racconto storie e
personaggi. Una volta Lanfranco Pace ha preso in prestito, pari pari, un mio profilo su due politici
cosentini e lo ha pubblicato su Libero. Ne sono stato orgoglioso.

Come ogni rivoluzionario (nel senso di chi opera per la trasformazione attraverso la
proposizione di uno sguardo capace di innovare), ci sono tre parole con le quali potresti
confrontarti: amore, perdita, conquista. Me le regali tre definizioni?

Amore e perdita stanno assieme. Ho amato e perso. Idee, persone, luoghi. La conquista la cosa di
cui ti innamori e per la quale butti lanima per realizzarla. Vale pure per le persone.

Credo tu sia, bench non ti abbia visto l, un ottimo insegnate. Ma so da quel che dici e scrivi
che ti manca la dimensione del giornale, la frenesia della composizione in gruppo, la bellezza
del confronto. Cos' per te la solitudine dell'insegnante? E cosa la meraviglia della costruzione
del sociale sulle pagine in edicola od in rete?

Non si mai soli. Non sono gregario, ma non riesco a immaginare un mio agire solitario. La magia
la condivisione, il mutamento che plurale, il trascinamento delle molte idee. La Ciroma, intesa
come disordinato vociare della moltitudine. In classe, quando parte la discussione, mi metto e
guardo i ragazzi. Non ci penso proprio a fermarli. In redazione le riunioni sono la cosa pi bella che
ci sia. Le battute, le idee, sembriamo fabbri che forgiano battendo e facendo schizzare scintille. Poi
arrivi in edicola. Hai lanciato il sasso, come facevi durante i cortei e aspettavi il bonk sullo scudo
della polizia. Quel che verr, lo hai voluto tu e lo sai.

So che tu ami immergerti. Sott'acqua, sotto terra. Allora, cos' che siamo, quando siamo
"sotto"? Cosa possiamo ritrovare di non visto in superficie?

Quando vado sotto sono occhi che guardano stupiti. Anzi di pi, incantati. Ho conosciuto il mare
profondo, quello dei relitti, immobili, sospesi nel tempo. Sai quante volte ho immaginato la gente
che stava su quelle navi? Girando nelle cabine, nelle cucine, raccogliendo i piatti o ci che restava
di quella vita? Ora vado in grotta. Non so cosa mi chiami in luoghi bui e scomodi, ma mi piace da
morire. Mi piacciono i pozzi di cui non immagini nemmeno il fondo, i meandri stretti, che quando
ci resti bloccato butti fuori laria e ti fai piccolo per passarci e se ti fermi lo senti ridere, il meandro.
Ride di te che ti dimeni, scordando che laggi la fretta semplicemente non ha cittadinanza. Quel che
troviamo sono i segreti, e dato che siamo destinati a non volerli tenere per noi, scrivo, faccio foto.
Racconto. Perch quello che dentro di noi, quello inenarrabile.

Sotto in qualche modo come dire a Sud. Come lo vedi questo Sud che incrocia il tempo
nuovo? A quale Sud ti senti appartenere?

Qualche volta rileggo alcune poesie di Franco Costabile, misconosciuto poeta calabrese. Quel Sud,
quella Calabria non c pi. Ma il mio Sud ha il sapore dellalbicocca deliziosa che ho assaggiato
laltro giorno, rubata da un albero. E fatto di una ira profonda che, come disse Gramsci, scrittori
salariati hanno raccontato come cosa di banditi. E la post modernit che travolge, con linvasione
del lavoro immateriale, senza che qui sia passata una briciola di modernit e di industrializzazione.
Siamo stati sparati avanti, senza farci passare per la linea di partenza.

Come ti senti a stare qui a parlare un po' con me, sapendo che con me pu diventare
"altrove"?

Intendi dire che queste parole possono diventare pubbliche? E come il sasso di cui parlavo prima,
se lo lanci non puoi pi riaverlo indietro. Credo si chiami entropia, in qualche modo una perdita
necessaria.

Quando mi hai detto che non sapevi se volevi che ti intervistassi, e mi hai donato da leggere un
racconto, un pezzo letterario, ho subito sentito che avrei dovuto agir di violazione, e quindi un
po' cos mi sento: maschile ed azzardata. Per ci sono, a domandare, perch le storie fanno
Resistenza, a quel silenzio e a quella dispersione dei pensieri che rischiamo di abitare. E tu, ci
sei?

Sorrido. Tranquilla tu non puoi farmi male. Tranquilla, sono qui. E per la cronaca, sono ancora dove
mi hai lasciato. A parte qualche grotta, non vado in nessun posto. Resto qui a raccontare quel che
gli altri non ce la fanno a raccontare. Per divertimento, per militanza, per tigna, come dicono i miei
amici romani. Dalla parte sbagliata del coltello. Che quella dove non sta il manico. Ma posso dirti
una cosa: tutto questo mi diverte troppo.

Caro Ismaele, soltanto grazie, per le sorrise parolette, che ho voluto e che mi hai dato.

(Intervista a cura di Nerina Garofalo Roma, luglio 2011)

Immagini da Les amantes rguliers di Philippe Garrel - Francia, 2005

Potrebbero piacerti anche