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GUSTAVO MODENA

OPERE:

Saul: Esempio più compiuto del realismo grottesco. M. mette in scena


l’uomo e il groviglio delle sue contraddizioni. In questo modo, il pubblico
si confronterà con questi elementi del carattere umano per arrivare ad
una condizione di riflessione e solo in seguito, agire. Visto che per M. la
rappresentazione teatrale è un momento in cui il pubblico deve pensare
e agire, egli cerca sempre di dare agli spettatori elementi di
consapevolezza critica. La parte più imp della tragedia di Saul si trova
proprio all’interno del suo personaggio. Troviamo segni di
sdoppiamento nell’anima di S. Ad esempio David è suo nemico ma solo
perchè all’interno dei suoi pensieri lo è. In Saul troviamo la paura della
morte, il terrore del giudizio altrui, l’angoscia della paternità e dunque
un rapporto di odio-amore con la figlia. Modena riconosce ad Alfieri di
aver costruito un personaggio vero ma che in esso manca un elemento: il
grottesco. Modena vuole abituare il pubblico a confrontarsi con la
complessa verità delle cose concrete. In questo modo popolarizza Alfieri,
ovvero toglie quel velo ideale da cui sono avvolte le tragedie, evitando il
falso. La recitazione proposta da Modena è ANTITRAGICA, da non
confondere con il naturalismo poichè esso continua a mescolare il
comico con il tragico. Infatti Saul è un antieroe in grado di far provare
compassione da parte del pubblico. L’obbiettivo princ di M. è quello di
far avvicinare il pubblico a Saul senza però permettergli di
immedesimarsi in esso. TEORIA del PATHOS DELLA VICINANZA di
Walter Benjamin; far avvicinare il pubblico al personaggio ma allo stesso
tempo distanziarlo per far si di evitare il processo di immedesimazione.
Il pubblico partecipa ai sentimenti di Saul, poichè M evidenza i suoi
punti deboli, mostrando la fragilità del vecchio, la sua solitudine. Saul è
un uomo che combatte costantemente contro i suoi fantasmi, anche per
questo si distacca dalla Bibbia (al contrario del personaggio originale di
Alfieri).

LUIGI XI

Cavallo di battaglia di M. Tratto dal testo di Delavigne, non molto


importante dal punto di vista letterario, ma M. prenderà il personaggio e
lo trasformerà in qualcosa di inimitabile. Ricrea un opera teatrale da un
opera letteraria. Egli aveva bisogno di un pubblico in grado di capire e di
attori di valore. L’attore si deve comportare in scena come l’autore.
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REALISMO: tende a porre una sorta di lontananza tra spettatore e
personaggio, visto anche come svelamento della verità. Il personaggio di
Luigi XI è GROTTESCO , apparenze volgari e ridicole e riassume in sè
l’elemento drammatico comico e tragico. Cura del dettaglio spiazza il
pubblico. Ciò che interessa a Modena è il lato contradditorio di Luigi XI.
Egli è un feroce tiranno, ma ciò che M evidenzia è la sua parte di
carattere propria a tutti gli uomini. Lo spettatore, come in Saul, prova
grande compassione per il personaggio. La distanza porta a dun
avvicinamento da parte del pubblico, che in questo modo è coinvolto
prima ciriticamente e poi solo dopo anche emotivamente. Il pubblico è
da un lato turbato ma dall’altro interessato.

La costruzione del personaggio:

Lo stile di Modena sarà sempre misurato ma coinvolgente. Sarà sempre


attentissimo ai dettagli e ai piccoli movimenti, i silenzi molto usati per
delineare il suo carattere. In scena però nulla appare falso. Una
caratteristica molto IMP è che l’autore non si abbandonerà mai
completamente all’ispirazione ma il suo sarà sempre un personaggio
studiato e costruito. Secondo lui sbaglia che pensa che l’attore debba
abbandonarsi al volere dell’anima perchè egli sta di fatto COSTRUENDO
un’opera d’arte. L’ispirazione è fonte di errori e sbavature e ci allontana
da cosa è realmente una scena, ovvero un’arte e NON dove si manifesta
un’anima. MOROCCHESI pensa: in scena bisogna provare le emozioni
che poi si dovranno recitare, approccio legato all’ispirazione e NON al
controllo. L’attore, recitando, deve essere commosso da ciò che dovrà far
commuovere il pubblico. ENRICO FRANCESCHI: l’attore deve fingersi
diverso da ciò che egli è nella vita reale. Per poter fare ciò l’attore non
deve provare in scena i sentimenti del personaggio che recita. L’attore,
dunque dovrà contraffarsi. Esiste dunque un VERO MORALE, la
capacità di variarsi, fingere. VERO STORICO: sapersi semplicemente
contraffare, personificazione fra attore e personaggio. Modena seguirà la
tecnica del vero morale, esso infatti non si farà cogliere dall’ispirazione
ma sarà in grado di fingere alla perfezione a seguito di numerosi studi.

L’immedesimazione:

Questo termine indica un rapporto di empatia o di sovrapposizione fra


attore e personaggio. Non significa però abbandonarsi al personaggio o
annullarsi ad esso ma appropriarsene per renderlo al meglio in scena.
Riguardo a come Modena costruisca il proprio personaggio, sappiamo
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che egli compie una sorta di identificazione in esso. la sua recitazione
controllata lo porta a trasformarsi continuamente in scena, questo non
vuol dire che l’artista si annulla nel personaggio ma piuttosto che egli
non mostra lo sforzo scenico che compie. “Immedesimarsi”, scrive
Canova,vuol dire impadronirsi della parte in modo tale che sembri al
pubblico una cosa propria, non studiata. L’attore e il personaggio si
fondono in un’unità molto salda, tanto che allo spettatore sembrano una
cosa sola. Si dice che non è Modena che diventa Saul o Luigi XI ma sono
questi ultimi 2 a diventare Modena.

Le Dantate

L’ideologia politica di M influenzerà la sua arte e viceversa. M è


contemporaneamente attore e politico, non nel senso che sempre i due
frangenti corrispondano nella concretezza della sua biografia. M fu
sempre sminuito come politico ed acclamato come attore, ma in realtà fu
valido in entrambi i campi. Egli era un repubblicano intransigente,
all’interno di un movimento risorgimentale di democratico socialista.
Partecipa diciassettenne a Padova alle insurrezioni del ’20 e ai moti del
31. Si recherà a Marsiglia dove incontrerà Mazzini e stringerà una forte
amicizia con esso, tanto che ebbero anche un rapporto di influenza sotto
il punto di vista del lavoro artistico. C’erano alcune divergenze, però dal
punto di vista dell’ideologia. Modena vedeva nella fraternità e
nell’uguaglianza, i cardini dell’azione politica e quindi meno attratto
dalla parola d’rodine della lotta contro la patria. In ogni caso Modena
proverà sempre grande rispetto per Mazzini, tant’è che si incaricò di
redigere una serie di opuscoli per la Giovine Italia (gruppo di Mazzini)
con il nome di “insegnamenti popolari”. Con ciò aveva l’obbiettivo di
spronare la classe popolare al fine di rivoluzionarsi per l’avvento di una
repubblica.
Il rapporto tra Mod e Mazz si estende anche all’ambito artistico. L’idea
di Mod di procedere verso la delineazione di una sorta di autore della
rappresentazione teatrale, trova uno stimolo nelle riflessioni mazziniane
contenute in Filosofia della musica del 1836. In più le sperimentazioni
di Mod sul dramma storico, coincidono con le osservazioni di Mazzini
contenute nei due scritti sul romanzo storico e sul dramma storico.
Modena decide di cimentarsi in una riduzione teatrale dei Promessi
Sposi che Mazz considera come esempio nuovo di romanzo storico.
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I Promessi Sposi

Modena elimina Fra Cristoforo ( eliminando l’unico elemento positivo


legato alla chiesa), e a volte sostituisce la sua figura con Don Abbondio.
Di Renzo sottolinea il carattere collerico, ruvido ed aggressivo. Il finale è
brusco in modo da troncare ogni speranza che di solito viene riposta
nella divina provvidenza. Con il dramma storico M vuole evidenziare il
suo carattere critico-parodico per risvegliare gli animi degli spettatori.
Vuole indurre gli spettatori a pensare, quindi renderli uomini liberi.
Ecco perchè critica il teatro bottega del suo tempo, che cerca solamente
di avere il consenso del pubblico.

Il Dante di Modena

Le dantate sono forse l’opera più completamente politica con cui si


cimenta M. Le prime rappresentazioni risalgono agli anni dell’esilio,
prima a Parigi e poi a Londra. Un esperimento riguardo il nuovo genere
di rappresentazione in quanto l’attore/autore si cimenta nella
recitazione dei versi della Divina Commedia. Esso infatti, si presenta in
scena vestito da Dante, nell’atto di comporre versi. La scelta di
presentarsi con quel costume fa parte di un’esigenza precisa, dare al
pubblico qualcosa di diverso, spiazzandolo in modo da indurlo a
pensare. Tutto questo perchè in questo modo egli può mettere in
evidenza l’artificialità dell’arte. In oltre, vestirsi da Dante è un modo per
avvicinare il personaggio al pubblico, portare la figura del divino poeta
nella modernità. Anche in questo caso non è Mod a traformarsi in Dante
ma è Dante che diventa Modena. (non si taglierà la barba e i baffi). M,
ritiene così importante l’accostamento tra se stesso e Dante, tanto da
non farsi riconoscere dal pubblico. L’opera dunque è letta in chiave
grottesca, un’opera seria e buffa. E’ molto importante farsi capire dagli
spettatori. In questo senso le Dantate assumono un accento popolare,
che si traduce in una recitazione dal tratto didascalico. (molto insistito).
Egli declama così chiaramente il testo che finisce per ingentilire il testo
di Dante(Modena stesso se ne rende conto). Quasi sembra che l’autore
faccia un commento sotterraneo soprattutto gestuale alle parole
recitate , per questo si pensa che l’opera abbia un accento epico. Molto
realismo, gesti e movenze reali. Il pubblico è sorpreso, perplesso. Tutto
si trasforma in allegoria, tutto coincide con la poetica del vero. Ad es
utilizza dei fogli per l’atto di comporre, ma i fogli, come altri oggetti,
hanno anche funzione parodica.
GUSTAVO MODENA

La compagnia dei giovani

L’idea di Modena era quella di istituire una compagnia il più possibile


stazionaria e sottratta alla tirannia della tournée. L’idea così mostrata da
Modena non verrà mai realizzata all’inizio. Dopo un un primo approccio
fallito fra il ’38 e il ’39 con Giacinto Battaglia ( uno dei più importanti
animatori teatrali milanesi che ha intenzione di creare una compagnia
stabile), M nel 1842 propone al governo cittadino di Milano un progetto:
La cessione gratuita del teatro della Canobbiana per 9 mesi l’anno, da
Pasqua a Natale, prevedendo 3 recite settimanali. Progetto respinto. M
non demorde , progetta la costituzione di una compagnia scuola formata
da attori giovani sovvenzionata da un gruppo di sottoscrittori (Chi,
firmando, aderisce a un'iniziativa per manifestare un'idea o raccogliere
fondi di solidarietà) per un periodo di 5 anni; la COMPAGNIA DEI
GIOVANI. L’iniziativa viene avviata nel 1843 e assume un rilievo assai
significativo ma ha vita breve, infatti si scioglierà dopo soli 2 anni. M
però continuerà a lavorare a progetti simili. Il teatro in sé richiama la
figura della regia fin dalle sue origini, perchè si ha sempre bisogno di
una direzione e una cura per l’armonia complessiva della
rappresentazione. Secondo Franceschni, l’errore di Modena sta nel non
aver mai diretto realmente i suoi attori, perchè si faceva semplicemente
copiare dai suoi allievi. Al contrario, se il direttore non è un attore, egli
può avere la giusta attenzione durante le prove e portare i suoi allievi
verso una buona rappresentazione. Abbiamo però anche casi di direttori
attori, come ad es Canova, il quale credeva che il direttore debba tenere a
freno la negligenza e disattenzione dei comici e costruire un’armonia che
avrebbe persuaso il pubblico. Francesco Augusto Bon, attore capo-
comico, spesso autore dei testi che recita. Adelaide Ristori e Gustavo
Modena che si propongono come autori oltre che del proprio
personaggio anche della rappresentazione in quanto tale, nella sua
interezza. La Ristori, mira a costruire spettacoli bien faite, a differenza
di Modena che cerca sempre di trasmettere scosse elettriche al pubblico.
L’approccio della Ristori trova il proprio esito nella confezione sapiente
di spettacoli- prodotti da replicare, che si ripetano sempre uguali sera
dopo sera.

Sotto la sua direzione, Modena voleva far raggiungere ai suoi attori la


consapevolezza della loro arte e politica. La via maestra per Modena,
infatti, era la pedagogia. Per realizzare a pieno il suo progetto sarebbe
stato utile all’artista avere una compagnia che fosse del tutto stabile e
che non fosse stata costretta a recitare ogni sera , che si sottragga al
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commercio. I sovvenzionatori vengono a meno e quindi sarà costretto a
dirigere una compagnia più tradizionale ma dopo poco tempo sarà
costretto a scioglierla. Gli obbiettivi della compagnia erano; la
costruzione di una rappresentazione unitaria, una mise en scene
calibrata sugli attori e la centralità dell’attore. Modena vuole scegliere
prediletti fra i figli d’arte e fra i dilettanti per poi educarli alle arti
( recitazione, danza, musica, storia..). Modena era un direttore forte e
per dare vita ad una rappresentazione altrettanto forte aveva delle regole
precise da rispettare: badare al risultato finale come insieme, distribuire
le parti secondo le singole attitudini artistiche, lavoro della compagnia
come frutto di un lavoro dei singoli e di quello con il maestro.

Idea di INSIEME: concepire il lavoro di insieme della compagnia come


un percorso artistico con l’intenzione di fare della rappresentazione
un’opera intesa in senso complessivo. L a grandezza dell’arte, secondo
Modena, deve fare i conti con la disciplina necessaria per raggiungere un
risultato unitario, la sola arma per contrastare il teatro-commercio. Nel
momento in cui si avviano i processi di reificazione (si converte qualcosa
di astratto in concreto), la vera grandezza artistica inizia a presentarsi in
forma negativa, trovando nel limite, nell’impedimento la propria
espressione più autentica. Da Modena alla Duse a Bene, sono uniti dal
sentimento moderno del negativo.

I RUOLI: Modena assegna le parti secondo le attitudini degli attori. Egli


chiede che nei manifesti venisse semplicemente indicato “gli artisti
diretti da G.Modena”. Ritroviamo dunque quella concezione di direzione
che apparteneva a Modena: lavorare sulla rappresentazione nel suo
insieme così che ciascun attore avesse la possibilità di dimostrare il
proprio talento. Capita spesso che anche i primi attori debbano
interpretare ruoli secondari o addirittura comparse. Allo stesso Modena
accade. Questo stava a dimostrare che ogni attore poteva interpretare
ogni parte. Tutto ciò è possibile perchè Modena si circonda di attori
giovani e quindi non ancora guasti dalle convenienze istrioniche. ( 14
anni Tommaso Salvini, 15 Angelo Vestri..). Il tentativo fallirà e lo stesso
Modena si renderà conto di non essere riuscito a formare allievi.

I DILETTANTI: Accanto all’attenzione per i giovani attori, Modena


nutre grande interesse per la pratica di alcuni dilettanti. Significativo
l’esempio di Jannetti, letterato e attore estraneo alla professione in senso
stretto. Jannetti sembra essere in sintonia con gli insegnamenti
modeniani, e Modena stesso crede molto in lui. Tant’è che lo farà
recitare al posto suo quando malato nel febbraio del’44. Al suo ritorno
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decide di recitare insieme a Jannetti nel Filippo di Alfieri. L’interesse di
Modena per un attore come Jannetti va collocato nel clima più
complessivo che si registra nel teatro italiano del primo 800 di forte
attrazione per la pratica del dilettantismo.

LE PROVE: La scuola di M doveva essere una vera e propria scuola


drammatica. Non si trattava di lavorare in vista della rappresentazione,
ma impostare un lavoro che attraverso il testo permettesse agli attori di
realizzare sul palcoscenico la propria seconda creazione. Il segreto di
Modena nel suo rapporto con gli altri attori, era la libertà. Gli leggeva la
parte, gli spiegava il carattere del personaggio, poi lo lasciava libero di
interpretarlo come più credeva.

Modena però, si ritrova davanti a un grandissimo problema, che gli


impedirà di portare a termine il suo progetto: l’impossibilità di
sganciarsi dal condizionamento dei gusti del pubblico. L’idea della
compagnia dei giovani nasce proprio con lo scopo di svincolarsi dal
gusto multiforme e guasto del pubblico. L’idea di M secondo la quale i
cittadini avrebbero dovuto pagare per lasciare a lui carta bianca nella
realizzazione dei suoi progetti, era destinata a fallire. Il concetto è chiaro,
chi paga vuole essere garantito. Per cambiare ciò è necessario anche un
cambiamento strutturale. Le recensioni alla compagnia dei giovani
riflettono il malumore di un pubblico che vorrebbe essere più gratificato
e confermato nei propri gusti.

UN PARTICOLARE SAUL: Saul è, insieme a Luigi XI, il suo cavallo di


battaglia. L’innovazione più importante è l’introduzione del cantato per
la parte di David. Non si tratta di un escamotage, ma di una soluzione
scenica meditata.

ADELCHI: Modena recita Adelchi a scene spezzate, cioè a brani, con il


consenso dello stesso Manzoni. Questo in modo da evidenziare il tratto
epico della rappresentazione e ridurre la centralità del protagonista.
Mantiene comunque le scene migliori e più forti della tragedia. Assegna
la parte di Ermenegilda ad un’attrice praticamente esordiente, Adelia
Arrivabene, quella di Adelchi a Tommaso Salvini e riserva per sé due

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personaggi, Desiderio e Diacono Martino, sottolineando attraverso lo
sdoppiamento, la distanza fra l’attore e il personaggio.

I DRAMMI POLITICI: Tra il 1844 e il 1846, M mette punto alcuni


esperimenti di drammi politici. In particolare il Fornaretto di
dall’Ongaro, il Mora di Riccardo Ceroni, il Cittadino di Gand
di Hippolyte Romand. In tutti e tre i casi, Modena affianca al
contenuto politico-sociale una caratterizzazione in senso epico. Prova,
cioè a smorzare il tratto naturalistico e mette in evidenza l’elemento
corale.

LA MORTE DI WALLENSTEIN: il lavoro impostato con la compagnia


dei giovani consente a Modena di avventurarsi nella rappresentazione di
testi inusuali per le scene italiane, come La morte di wallenstein di
Shiller. Modena interviene in modo significativo sul testo, tagliando e
adattando, giungendo quasi a riscriverlo. Si concentra molto sul
momento delle prove. La reazione del pubblico fu di perplessità e di
rifiuto. Questo perchè il dramma è estraneo alla sensibilità del pubblico,
mai tradotto e non adeguatamente recitato. Viene eliminato un
personaggio femminile (la moglie di Wallenstein). Il Wallentein di
Modena è un personaggio meno tormentato e più determinato, non è un
traditore del suo sovrano ma un uomo che combatte per ribellarsi al suo
impero. Il tormento del protagonista non è più per il suo destino
personale, ma più che altro per il destino della politica del sui paese. Il
finale è prosciugato e mette bene in evidenza l’elemento grottesco.

La compagnia dei giovani non ha vita facile. Esordisce nell’Aprile del


1843 a Padova ed effettua il suo primo corso di recite al teatro Re di
Milano. Con l’inizio del ’44 le cose volgono al peggio. Modena si ammala,
i giornali iniziano a riferire di una possibile imminente scioglimento
della compagnia. (lettere di M in cui lo conferma “matto sarebbe chi
sperasse di dar vita a questo fango”). All’inizio del 45 alcuni attori
abbandonano la compagnia (Salvini, Romagnoli, Vestri). Restano quasi
tutte le attrici. Battaglia gli propone di collaborare al progetto della
compagnia Lombarda come direttore,ma non essendo convinto
abbandona l’incarico. Non lascerà mai le scene mai continuerà a recitare
in compagnie altrui.
M. dirà di non essere mai riuscito a creare dell’arte da un’anima vergine
con i suoi allievi , dato che non è mai riuscito a riformare la scena e
quindi non ha mai potuto realizzare a pieno la sua arte.
GUSTAVO MODENA

MODENA E SALVINI:

Modena dirà di non essere mai riuscito a creare dell’arte vergine con i
suoi allievi, poiché non è mai riuscito veramente a riformare la scena e
dunque realizzare a pieno la sua arte. Salvini ricorda Modena come una
persona dal carattere negativo e un pessimo rapporto con i suoi allievi.
In oltre non aveva un metodo teorico per formarli, ma solo pratico,
dunque portava gli allievi a limitarsi a copiare il maestro. Le differenza
tra S e M sono soprattutto sul piano stilistico.
MODENA: profondamente segnato da un raffinato e rabbioso realismo
grottesco, criticando il sublime tragico. completamente
antiemozionalista.
SALVINI: concentrato nel precisare una poetica del tragico che, per
quanto ammorbidita da un tratto di classicismo naturalistico, gli
permette di frequentare ancora il sublime. fortemente emozionalista.

Entrambi affronteranno l’Oreste di Alfieri. Modena recita l’Oreste fin


dagli anni giovanili, è un suo cavallo di battaglia. Emerge quel tentativo
di tormentare il tragico rovesciandolo in una forma particolarissima di
grottesco. Salvini affronta l’Oreste a 19 anni dopo aver lasciato
Modena> si distacca completamente dall’impostazione modeniana della
ridefinizione del tragico in chiave di dimezzamento del sublime. Eppure
ebbe grandissimo successo. M, toglierà dal suo repertorio l’Oreste.

Nel 1848, a Venezia, reciteranno contemporaneamente Modena-Rossi e


Adelaide Ristori. Dal punto di vista artistico la Ristori presenterà i fiati
in scena come caratteristica convenzionale della sua recitazione e
soprattutto non avrà mai uscite inaspettate e geniali, in quanto si
limiterà solo ad eseguire. M invece in scena creerà sempre come un
poeta.

UN NUOVO ESILIO

L’anno che marcherà la vita di M è il 1849. Il fallimento


dell’insurrezione rivoluzionaria in Europa, accentua nell’attore la
disillusione e il pessimismo. Costretto a risiedere nel Regno di Sardegna,
M è come in esilio. Questo, però è il periodo più conosciuto della vita
teatrale di M, scandito da molte lettere e alcuni importanti scritti. Dopo
la chiusura della compagnia dei giovani , non rinuncia alla scena ma
recita in compagnie altrui. Es. collaborazione con Righetti per la
compagnia Reale-Sarda. Grazie alla formazione, (Ernesto Rossi e
GUSTAVO MODENA
Adelaide Ristori) Righetti riuscirà a realizzare la celebre tournée
parigina del 1855, importante perché da qui nasce la stagione del
“grande attore italiano”. M collaborerà ma da subito abbandonando
l’idea di recitare e si propone solo per l’insegnamento, ma ha scarsa
fiducia. Nel 1857 la compagnia esordisce a Torino al teatro Frignano, ma
ha poco successo(pare più una scuola) anche per la mancanza di Modena
sulla scena.

Modena mantiene un’attenzione costante al repertorio, ma torna sempre


su alcune interpretazioni come Wallenstein, il cittadino di Gand e Edipo
re (Sofocle). L’interesse per quest’ultimo è dovuto a 2 ragioni;
innanzitutto è attirato dal tema del libero arbitrio e del destino.
Quest’ultimo visto come irrimediabilmente segnato e la conseguente
disperazione nel voler intervenire nel corso degli eventi. In secondo
luogo è importante anche per Modena la commistione fra l’antico e il
moderno. Mantiene in vita l’antico nella rappresentazione grazie al coro
e alla cura dello spettacolo.
Durante l’esilio l’artista attraversa momenti di coinvolgimento artistico e
culturale e momenti di distacco, senza mai abbandonare i suoi progetti.
Il suo atteggiamento continua ad essere contraddittorio, disincantato ma
sempre pronto a mettersi in gioco. Nonostante le delusioni non si tirerà
mai indietro. Colpito dalla pleurite, muore a Torino il 20 febbraio 1861.

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