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NORTON ANTOLOGY

Reinaissance humanism
Durante il 15° secolo alcuni chierici inglesi e funzionari governativi hanno viaggiato in Italia, e hanno visto
fiorire uno straordinario movimento culturale detto Rinascimento, che ha comportato una rinascita di
lettere e arte stimolata dal recupero di testi classici, lo sviluppo di tecniche come la prospettiva lineare e la
creazione di nuove pratiche estetiche basate sui modelli classici. Inoltre, tale movimento, ha anche
scatenato nuove forze sociali, politiche ed economiche che hanno rimpiazzato i valori del medioevo. In
questo periodo, si sviluppò un pensiero che vedeva l’uomo misura di tutte le cose. Tuttavia, in Inghilterra, il
Rinascimento poté mettere radici quando il regno di Enrico VII portò stabilità politica, e poté fiorire solo
quando salì al trono Enrico VIII. Tale fioritura però si è sviluppata soltanto nel programma intellettuale e
nella visione letteraria conosciuta come Umanesimo. Una delle maggiori opere di appartenenti a questo
tipo di pensiero è “Utopia” di Sir Thomas More, in cui vi è un interesse in particolare per l’educazione. Lo
scopo di tale interesse era quello di educare i figli della nobiltà a parlare e a scrivere bene il latino, la lingua
della diplomazia. Le loro sorelle invece venivano educate a casa o in altre case nobili, dove studiavano
lingue moderne, religione, musica, ma raramente studiavano le lingue antiche e la letteratura classica.

Sir Thomas Wyatt, the elder (1503-1542)


Wyatt ha fatto carriera nelle mutevoli e pericolose correnti del rinascimento di corte, e con le sue lotte
contro il potere e intrighi sessuali raggiunge notevoli risultati come poeta. Sir Thomas Wyatt ha studiato al
St. John’s college, a Cambridge per poi lavorare al servizio di Enrico VIII, diventando responsabile dei gioielli
della corona, un membro della missione diplomatica in Francia e nei Low Countries. Nel 1537-39 viene
nominato ambasciatore in Spagna alla corte del Sacro Romano Impero di Carlo V, (gli anni passati come
diplomatico hanno avuto grande impatto sulle sue opere). La vita nell’orbita dell’imprevedibile Enrico VIII
era competitiva e rischiosa, infatti, nel 1536, Wyatt venne accusato di adulterio con la Regina, Anna Bolena,
e venne imprigionato assieme ad altri uomini, lui venne però infine risparmiato (il sonetto “whoso list his
wealth and ease retain” testimonia la sua presenza all’esecuzione della regina). Morì poi all’età di 39 anni a
causa della febbre. Wyatt all’interno delle sue opere esprime desiderio di risolutezza e fuga dalla
corruzione. Per quanto riguarda la sua scrittura, egli ha introdotto non solo il pentametro giambico
(sequenza sillaba breve-lunga; nella metrica accentativa tale sequenza diviene tra sillaba atona e sillaba
accentata), ma anche un complesso schema di rime: per la maggior parte ha preso i propri soggetti dai
sonetti di Petrarca, ma lo schema delle sue rime è caratterizzato da una differenza significativa. I sonetti di
Petrarca consistono in ottave con schema metrico ABBA ABBA seguite da una sestina con schema variabile
(CDCDCD o CDECDE); Wyatt invece utilizza la sestina caratterizzata da un distico finale (CDCD EE). Nei
sonetti di Petrarca l’amore per l’amante è un’esperienza trascendente che si estende oltre i limiti della vita
stessa; in quelli di Wyatt invece l’amore è un sentimento passeggero, nonché amaro. Wyatt non ha mai
pubblicato in vita una raccolta di suoi poemi, e molto poco dei suoi versi è stato pubblicato mentre era in
vita. Circa 15 anni dopo la sua morte, l’editore Tottel incluse nella miscellanea “songs and sonnets” di 271
poemi, 97 probabilmente appartenenti a Wyatt. Inizialmente non ci si rese conto della vigorosità dei suoi
versi, infatti Tottel dovette modificarli e ammorbidirli.

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SONETTI WYATT
“The long love that in my thought doth harbor”
The long love that in my thought doth harbor,
And in mine heart doth keep his residence, 
Into my face presseth with bold pretence 
And therein campeth, spreading his banner. 
She that me learneth to love and suffer 
And will that my trust and lust’s negligence 
Be reined by reason, shame, and reverence, 
With his hardiness taketh displeasure. 
Wherewithal unto the heart's forest he fleeth, 
Leaving his enterprise with pain and cry, 
And there him hideth, and not appeareth. 
What may I do when my master feareth,
But in the field with him to live and die? 
For good is the life ending faithfully. 

Traduzione
Il duraturo amore che ha asilo nel mio pensiero,
E nel mio cuore tiene la sua sede,
Sul mio volto (fronte) pressa con sfrontata pretesa,
E lì si stabilisce, e spiega la sua bandiera.
Lei che mi insegna ad amare e soffrire
E vuole che la mia aperta e distratta dichiarazione d’amore
Sia dominata dalla ragione, dalla vergogna, dalla reverenza,
Con la sua fermezza porta dispiacere.
A causa del quale fino alla foresta del cuore (amore) fugge,
Abbandonando la sua impresa con dolore e pianto,
E lì si nasconde, e non appare.
Cosa posso fare, quando temo il mio signore,
Se non nel campo con lui vivere e morire?
Poiché bello è finire la vita fedelmente.

Rima 140 – Petrarca Analisi sonetto Petrarca


Amor, che nel penser mio vive et regna Per quanto riguarda la prima quartina qui abbiamo il
e 'l suo seggio maggior nel mio cor tene, sentimento amoroso che dal cuore passa al volto, dove la
talor armato ne la fronte vène, ragione deve frenare il piacere e il desiderio. Nella seconda
ivi si loca, et ivi pon sua insegna. quartina si ritorna al sentimento palesato, di conseguenza il
Quella ch'amare et sofferir ne 'nsegna sentimento che dal cuore torna al volto mostrandosi alla
e vòl che 'l gran desio, l'accesa spene, donna amata. Nella prima terzina abbiamo lui, che dopo lo
ragion, vergogna et reverenza affrene, spavento per il dispiacere di lei nel vedere tali sentimenti
di nostro ardir fra se stessa si sdegna. palesati dal suo volto, ritorna; nell'ultima terzina vediamo
Onde Amor paventoso fugge al core, come non debba esserci alcun abbandono al desiderio e
lasciando ogni sua impresa, et piange, et trema; all'amore fino alla propria morte per non creare dispiacere.
ivi s'asconde, et non appar piú fore. Questo palesare il proprio amore, il rossore provocato
Che poss'io far, temendo il mio signore, dall'imbarazzo, erano considerati degli inconvenienti all'epoca
se non star seco infin a l'ora extrema? e di conseguenza contro il decoro.
Ché bel fin fa chi ben amando more.

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“Whoso list to Hunt”
Whoso list to hunt, I know where is an hind, 
But as for me, hélas, I may no more. 
The vain travail hath wearied me so sore, 
I am of them that farthest cometh behind. 
Yet may I by no means my wearied mind 
Draw from the deer, but as she fleeth afore 
Fainting I follow. I leave off therefore, 
Sithens in a net I seek to hold the wind. 
Who list her hunt, I put him out of doubt, 
As well as I may spend his time in vain. 
And graven with diamonds in letters plain 
There is written, her fair neck round about: 
Noli me tangere, for Caesar's I am, 
And wild for to hold, though I seem tame. 

Traduzione

Chiunque sia interessato a cacciare, io so dov’è una cerva,


Ma per quanto mi riguarda, ahimé, io non posso più (cacciarla).
La vana fatica (di seguirla) mi ha sfinito così seriamente,
Che sono tra loro quello che resta più indietro.
Non posso per nulla la mia mente sfinita
Distogliere dalla cerva, se, non appena lei fugge davanti,
Sfinito la inseguo. Smetto, quindi,
Poiché cerco di afferrare il vento in una rete.
Chiunque voglia cacciarla, gli tolgo ogni dubbio,
Come me potrebbe sprecare il suo tempo.
Inciso con diamanti in lettere chiare,
C’è scritto, intorno al suo collo candido,
“Nessuno mi tocchi, poiché sono di Cesare,
E selvaggia da catturare, sebbene sembri mansueta.”

Rima 190 – Petrarca Analisi


Questa rima è una sorta di dichiarazione poetica in forma
Una candida cerva sopra l'erba autobiografica; abbiamo il termina Candida riferito a Laura, che
verde m'apparve, con duo corna d'oro,
indica la sua castità e purezza (termine non presente in wyatt
fra due riviere , all'ombra d'un alloro,
perché il sonetto è dedicato ad Anna Bolena). Nella seconda
levando 'l sole a la stagione acerba.
Era sua vista si dolce superba, quartina abbiamo una descrizione dell'aspetto di lei, dolce e
ch'i' lasciai per seguirla ogni lavoro: superbo, di Petrarca che ha lasciato qualsiasi lavoro pur di
come l'avaro che 'n cercar tesoro seguirla, così come l'avaro è in cerca di denaro e con piacere
con diletto l'affanno disacerba. stempera le fatiche. Per quanto riguarda il lavoro lasciato da
"Nessun mi tocchi" al bel collo d'intorno Petrarca questo si riferisce alle opere in latino che egli abbandonò
scritto avea di diamanti et di topazi : nel momento in cui si innamorò di Laura, scrivendo quindi il
"libera farmi al mio Cesare parve". Canzoniere in volgare e le rime a lei dedicate. Nelle due terzine
Et era 'l sol gia volto al mezzo giorno, invece abbiamo questa cerva che aveva sul suo collare tale
gli occhi miei stanchi di mirar, non sazi, citazione “Nessuno mi tocchi in quanto Cesare ha voluto che fossi
quand'io caddi ne l'acqua, et ella sparve. libera”. Il nome Cesare indica il suo signore oppure ella stessa,
libera dal potere carnale, quindi simbolo di castità. Abbiamo poi
una chiusura che equivale alla dissoluzione dell'immagine.

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“I find no peace”

I find no peace, and all my war is done. 


I fear and hope. I burn and freeze like ice. 
I fly above the wind, yet can I not arise; 
And nought I have, and all the world I season. 
That loseth nor locketh holdeth me in prison 
And holdeth me not, yet can I scape no wise;
Nor letteth me live nor die at my device, 
And yet of death it giveth me occasion. 
Without eyen I see, and without tongue I plain. 
I desire to perish, and yet I ask health. 
I love another, and thus I hate myself. 
I feed me in sorrow and laugh in all my pain; 
Likewise displeaseth me both life and death, 
And my delight is causer of this strife. 

Traduzione

Non trovo pace, e tutta la mia guerra è fatta


Temo e spero, brucio e gelo come il ghiaccio,
Volo sopra il cielo, eppure non riesco a sollevarmi,
E nulla ho e tutto il mondo stringo.
Che né mi libera né mi serra mi tiene imprigionato,
E non ancora mi tiene , eppure non posso scappar in nessun mondo;
Non mi lascia né vivere né morire come voglio io
Eppure non dà alcuna occasione di morte
Senza occhi io vedo, e senza la lingua io mi lamento;
Desidero morire, eppure chiedo la salute;
Amo un altro, e quindi odio me stesso;
Mi nutro nel dispiacere, e rido in tutto il mio dolore.
Egualmente mi dispiace sia morte che vita,
E il mio piacere è causa di questo conflitto.

Rima 134 – Petrarca


Analisi
Pace non trovo, et non ò da far guerra;
e temo, et spero; et ardo, et son un ghiaccio; Nella prima quartina abbiamo un ossimoro tra Pace e Guerra,
et volo sopra 'l cielo, et giaccio in terra; si tratta quindi di un gioco di contrapposizioni; nella prima
et nulla stringo, et tutto 'l mondo abbraccio. terzina abbiamo il ritorno al tema del Cortigiano di
Tal m'à in pregion, che non m'apre né serra, Castiglione, ovvero l'innamorato che non guarda con l'occhio
né per suo mi riten né scioglie il laccio; fisico, ma bensì con guardando con il cuore, dove si trova
et non m'ancide Amore, et non mi sferra, l'immagine della donna amata, abbiamo poi un sentimento
né mi vuol vivo, né mi trae d'impaccio. autocensionistico, ovvero odio nei propri confronti per il
Veggio senza occhi, et non ò lingua et grido; sentimento d'amore che prova nei confronti della donna.
et bramo di perir, et cheggio aita; Nella seconda terzina invece abbiamo questo struggimento,
et ò in odio me stesso, et amo altrui. pianto, risa e dolore provocato quindi dalla donna.
Pascomi di dolor, piangendo rido;
egualmente mi spiace morte et vita:
in questo stato son, donna, per voi.

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“My galley”

My galley, chargèd with forgetfulness,


Thorough sharp seas in winter nights doth pass
'Tween rock and rock; and eke mine en'my, alas,
That is my lord, steereth with cruelness;
And every owre a thought in readiness,
As though that death were light in such a case.
An endless wind doth tear the sail apace
Of forced sighs and trusty fearfulness.
A rain of tears, a cloud of dark disdain,
Hath done the weared cords great hinderance;
Wreathèd with error and eke with ignorance.
The stars be hid that led me to this pain;
Drownèd is Reason that should me comfort,
And I remain despairing of the port.

Traduzione

La mia galera carica di oblio (smemoratezza)


Attraverso mari aspri, passa in notti d’inverno
Fra roccia e roccia; e anche il nemico mio, ahimé,
Che è il mio signore, guida con crudeltà.
E ogni remo un pensiero mi si appressa (pronto)
Come il pensiero che la morte sia lieve in tal caso.
Un infinito vento strappa la vela rapidamente,
(vento) Di sospiri forzati e di paura di cui fidarsi.
Una pioggia di lacrime, una nube di buio disdesgno,
Ha creato alle funi logore grande ostacolo;
Attorto con errore e ignoranza.
Le stelle sono nascoste e ciò mi porta a questo dolore.
Annegata è la ragione che dovrebbe accompagnarmi,
E io resto disperando del porto.
Analisi
Rima 189 – Petrarca
All'interno di questa rima il poeta si rappresenta come una nave
Passa la nave mia colma d'oblio che non riesce a giungere in porto a causa dello sconquasso
per aspro mare, a mezza notte il verno, dell'acqua, che in questo caso rappresenterebbe l'amore. Le sue
enfra Scilla et Caribdi; et al governo vele sono spinte dai sospiri e dalle lacrime, non riuscendo a dare
siede 'l signore, anzi 'l nimico mio. controllo alla nave (vita), si genera così un vento umido con
A ciascun remo un penser pronto et rio continui sospiri che non fanno altro che rompere la vela. A causa
che la tempesta e 'l fin par ch'abbi a scherno; delle lacrime e dei sospiri anche l'albero maestro oscilla con le
la vela rompe un vento humido eterno sartine allentate, intrecciate dall'errore e dall'ignoranza (Petrarca
di sospir', di speranze, et di desio. intende gli errori giovanili commessi in amore).
Pioggia di lagrimar, nebbia di sdegni La nave, ovvero la vita, perde il proprio controllo nel momento in
bagna et rallenta le già stanche sarte, cui egli non vede più le stelle, ovvero gli occhi della sua amata, e
che son d'error con ignorantia attorto.
di conseguenza la sua capacità di orientarsi ed andare avanti si
Celansi i duo mei dolci usati segni;
perde, morta tra le onde, iniziando così a disperare nel porto.
morta fra l'onde è la ragion et l'arte,
tal ch'incomincio a desperar del porto. Il tema qui presente è quello della perdita dell'autocontrollo, un
importante tema romantico.

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Henry Howard, Earl of Surrey (1517 - 1547)
L’ascia che decapitò Surrey all’età di 30 anni era rimasta in bilico per la maggior parte della sua vita. Nella
corte di Enrico VIII era pericoloso essere un potenziale pretendente al trono, e Surrey discendeva da Re da
entrambi i lati della famiglia. Venne portato al castello di Windsor come amico più stretto del figlio
illegittimo di Enrico VIII, il duca di Richmond, che sposò la sorella Di Surrey. Come suo padre e suo nonno
era un bravo e coraggioso soldato, al servizio di Enrico VIII durente la guerra in Francia, come tenente
generale del re. È stato inoltre ripetutamente imprigionato per comportamento inadeguato. Nei primi anni
40 del 500, grazie a sua cugina Catherine Howard fece rilasciare il suo più grande amico, Wyatt, accusato di
tradimento. La regina verrà poi giustiziata. Il potere andrà poi alla famiglia reale di Surrey in quanto Enrico
VIII sposò Jane seymours, che muore dando alla luce l’erede maschio tanto atteso. La situazione di Surrey
peggiorò quando espresse il suo astio contro la famiglia della nuova regina, fu imprigionato per tradimento
e si dice che Surrey sia stata l’ultima vittima del re. I poeti e i critici del tardo sedicesimo secolo furono
affascinati dal tragico destino di Surrey. Surrey utilizzò per le sue poesie il pentametro giambico con 3
quartine e un distico finale con uno schema di rime ABAB CDCD EFEF GG. Ancora più importante è il fatto
che Surrey fu il primo a pubblicare in blank verse (un pentametro giambico non rimato).

“Love, that doth reign and live within my thought”


Love that doth reign and live within my thought
And built his seat within my captive breast,
Clad in arms wherein with me he fought,
Oft in my face he doth his banner rest.
But she that taught me love and suffer pain,
My doubtful hope and eke my hot desire
With shamefaced look to shadow and refrain,
Her smiling grace converteth straight to ire.
And coward Love, then, to the heart apace
Taketh his flight, where he doth lurk and 'plain,
His purpose lost, and dare not show his face.
For my lord's guilt thus faultless bide I pain,
Yet from my lord shall not my foot remove:
Sweet is the death that taketh end by love.

Traduzione
Amore, che regna e vive nel mio pensiero,
E ha costruito la sua sede nel mio petto chiuso,
Vestito dell’armatura nella quale ha lottato con me,
Spesso sul mio volto (fronte) pone la sua bandiera.
Ma lei che mi ha insegnato ad amare e a soffrire il dolore,
La mia dubbiosa speranza e anche il mio acceso desiderio
Con vergogna/riservatezza cerca di adombrare e frenare,
La sua grazia sorridente trasforma l’ordine in ira.
E l’amore codardo quindi subito al cuore
Fugge, dove si nasconde e si lamenta,
Del suo scopo perso, e non osa mostrare il suo volto.
Per colpa del mio signore quindi senza colpe sopporto (patisco) il dolore,
Eppure dal mio signore non voglio muovere un passo:
Dolce è la morte che uccide con l’amore.

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Sir Thomas Hoby (1530 - 1566)
Uno dei più grandi ed influenti libri del Rinascimento era “Il Cortigiano” pubblicato nel 1528 da Baldassare
Castiglione e tradotto poi nelle principali lingue europee. Per quanto riguarda quella inglese fu Sir Thomas
Hoby a tradurlo, ma quest'ultima non venne pubblicata prima del 1561 nonostante fosse stata scritta in
precedenza, forse durante il regno della regina Maria quando Hoby viveva all'estero come Protestante
esiliato. Il libro di Castiglione descrive in quattro dialoghi fittizi le qualità di un cortigiano ideale. Al di sopra
di tutte queste qualità abbiamo la Grazia, misterioso attributo che dona persuasione, commozione e
bellezza al discorso di un uomo. Non molte persone sono nate con il dono della grazia, e per la restante
parte degli uomini non resta che imparare ed acquisire la grazia attraverso misteriose tecniche. Abbiamo un
famoso passaggio dove Ludovico Canossa afferma l'esistenza di tale pratica, chiamata Sprezzatura, ovvero
l'acquisizione di queste qualità senza però dare a vedere la finzione di tali pratiche. Uno dei più importanti
passaggi all'interno del Cortigiano è quando Pietro Bembo cristianizza ed eterosessualizza gli ideali del
Simposio di Platone; dichiara quindi che l'amore non è una mera gratificazione dei sensi, ma una vera e
propria smania dell'anima dopo la bellezza. L'amore viene quindi identificato da Bembo come una scala,
partendo dal livello più basso fino a raggiungere il suo apice, quando lo spirito viene purgato dalla carne,
dall'involucro, e viene così ammesso alla cerchia degli Angeli celesti.

THOMAS HOBY LIBRO PRIMO, SEZIONI 25 – 26 - GRAZIA


Thomas Hoby traduce il Cortigiano di Castiglione, un trattato dialogico ambientato alla corte di Urbino, con
personaggi storici come Canossa. All'interno di ogni libro viene affrontato un tema differente; vi è un'idea di
fondo secondo la quale il Cortigiano debba avere una certa nobiltà di sangue che non può essere insegnata.
La prima tecnica esposta all'interno del libro è la Sprezzatura (Recklessness), quest'ultima è un termine
coniato dallo stesso Castiglione; per questa tecnica abbiamo l'esempio di un cortigiano con un linguaggio
scomposto, privo di qualsiasi schema; abbiamo invece ad esempio la danza, con tecniche e schema precisi
che vanno imparati ed assimilati fino a diventare del tutto naturali. Ed è ciò che il cortigiano deve fare,
acquisire tali tecniche di comportamento fino a farle sembrare non artificiose ma bensì del tutto naturali;
va quindi in un certo senso dissimulata la disinvoltura in modo da evitare che gli altri capiscano che il
cortigiano è nell'atto dell'apprendimento. All'interno del primo libro a parlare è Ludovico Canossa (figlio di
Bartolomeo ed Elisabetta degli Uberti, vescovo cattolico italiano), secondo cui in Italia vi sono i migliori
modelli per acquisire Grazia, nonostante (Notwithstanding) non la si possa apprendere egli cerca
comunque di consigliare. Bisogna in ogni modo avere dei modelli adeguati, e assimilare da ciascuno di loro
le cose migliori; nonostante questi siano i migliori, anche loro hanno dei difetti e di conseguenza non vanno
imitati quest'ultimi ma bensì le proprie virtù. Bisogna quindi coprire l'arte, in modo da far sembrare tutto
assolutamente naturale, quasi come gli oratori, che tramandano l'arte del parlare, ma la meraviglia la si ha
nel momento in cui sembra sia tutto improvvisato.

LIBRO 4, SEZIONI 49 – 73 THE LADDER OF LOVE (PARTE 1)


Abbiamo Pietro Bembo a cui Castiglione parla. Parla dell'amore, dicendo che il cortigiano perfetto, ideale,
potrebbe essere maturo riuscendo quindi a frenare i propri istinti rispetto ai giovani cortigiani (dovrebbe
astenersi dall'amore). Bembo dice che l'amore spirituale è quello che contraddistingue il cortigiano maturo.
Oltre all'amore spirituale abbiamo anche l'amore terreno, che si rifà al Simposio di Platone. Solitamente il
Simposio è un momento di aggregazione, e in quello di Platone abbiamo Socrate che afferma l'esistenza di
due tipi di amore tra cui quello del desiderio della bellezza, che dovrà andare poi oltre diventando bellezza
ideale. Per quanto riguarda la bellezza terrena, questa è effimera e può essere eternata in due modi:
continuando con la propria specie (procreazione fisica) oppure attraverso la trasmissione di opere poetiche
e filosofiche. Abbiamo quindi l'eternità affidata al parto del corpo (parto della donna) e al parto dell'anima
(tra un uomo maturo e un giovane). Qui Bembo fa la differenza tra l'amore dei giovani, ovvero quello fisico
(etera sessualizzazione) e l'amore platonico e spirituale non tra due uomini, bensì tra un cortigiano maturo

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ed una donna (cristianizzazione); Per quanto riguarda la contemplazione dell'amore questa parte
dell'amore carnale, fisico e viene spiritualizzato attraverso un determinato processo chiamato THE LADDER
OF LOVE, ovvero la scala dell'amore.

THE LADDER OF LOVE (PARTE 2)


Bembo afferma che prima che il cortigiano maturo possa amare in modo spirituale deve prima capire la
concezione di amore, in quanto “l'amore è un desio di bellezza”. All'interno della seconda parte si
distinguono tre facoltà: senso, ragione ed intelletto e l'uomo si trova nel mezzo tra questi estremi, di
conseguenza nella ragione. L'uomo può poi protendere verso il senso (degradare verso il basso), oppure
innalzarsi all'intelletto e a seconda della facoltà in cui si trova è in grado di amare in modi diversi. Abbiamo
poi l'influsso della bontà celeste, ovvero la bellezza che si manifesta con un gioco di luce ed ombre sul viso
della donna; attraversi gli occhi tale bellezza arriva poi all'anima in modo da poter essere contemplata
anche senza che essa, il soggetto dell'amore, sia presente.

THE LADDER OF LOVE (PARTE 3)


Per Bembo/Castiglione la bellezza proviene da Dio, ha la forma di un cerchio con la sua bontà al centro di
esso. Bellezza, emanazione divina, per Bembo quest'ultima è segno di bontà (corrispondenza del bello e del
buono, da Platone), e ciò è riferito sia alla bellezza del corpo che alla bontà dell'anima. All'interno di questa
parte abbiamo anche il corpo umano, dell'uomo, paragonato al microcosmo. Abbiamo poi un modo più
complesso di spiegare il meccanismo dell'amore che coinvolge gli occhi, il cuore e la gola: gli occhi attirano
l'immagine dell'amata portandola al cuore in modo che l'anima possa contemplarla.
Abbiamo anche un altro principio, ovvero la bellezza contemplata dall'anima, che è quella imperfetta di un
corpo, non la bellezza ideale a cui l'anima deve arrivare. Si è inoltre attratti da tale bellezza, e l'amore
spirituale avviene tramite due sensi su cinque, ovvero l'udito e la vista: per quanto riguarda l'udito abbiamo
l'ascolto della voce dell'amata e per quanto riguarda la vista come abbiamo detto in precedenza abbiamo la
vista della sua bellezza. L'unico contatto fisico permesso tra i due amati è un bacio, che non viene
considerato peccaminoso; quest'ultimo farà sì che i due amanti si sentano uno la parte dell'altra, come se le
labbra l'uno dell'altro facessero parte del proprio corpo.
L'unico contatto permesso è il bacio in quanto la bocca è fonte di parole, di respiro; e come abbiamo detto
prima vi è questa sorta di scambio tra i due e quest'ultimo intreccia le due anime in modo da formare un
solo corpo. Possiamo vedere come ritorna ancora il tema della scala, che semplifica notevolmente questo
processo di amore spirituale con l'ascesa al mondo divino, dal terreno al sovrasensibile. Durante tale
percorso, tale ascesa, la bellezza fisica della donna sembrerà nulla rispetto alla bellezza alla quale il
cortigiano aspira, nonostante vi sia la difficoltà iniziale non fermandosi alla bellezza fisica. Nelle ultime parti
abbiamo poi un'idea platonica, secondo la quale non sono gli occhi fisici, quelli del corpo a dover guardare
la bellezza, ma bensì quelli dell'anima.
Per quanto riguarda poi il termine de “Il Cortigiano”, questo termina in modo piuttosto ironico, in quanto
l'anima del corteggiano sembra staccarsi dal proprio corpo, a causa di tutto il processo derivante dalla
spiritualizzazione di tale amore.

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Renaissance love
nel sedicesimo secolo domanda comune tra i giovani uomini era 'Devo scrivere?' o 'qual è il motivo per il
quale scrivo?';

In una delle opere più importanti del periodo “Astrophil and Stella” la musa che si rivolge al poeta perplesso
dicendogli di guardare nel proprio cuore e scrivere. Tra l'altro abbiamo parametri e problemi diversi tra il
ventesimo e il sedicesimo secolo per quanto riguarda la scrittura; nel sedicesimo secolo andavano
rispettate determinate forme, censure, nonché la predilezione per i temi amorosi. L'abilità di scrivere poemi
a quel tempo apparteneva ad una larga competenza culturale, di chi sapeva muoversi con grazia, come
essere intonato e come parlare con eloquenza. A quei tempi ci si aspettava che uomini e donne avessero
una struttura dove esercitare la propria recitazione, non chiunque e non tutti, ma una selezionata gamma di
artisti. Il vero banco di prova ai tempi della cultura dei Tudor non era individuale, bensì sociale: i poemi
erano oggetti integrati accuratamente in un mondo retorico. I loro creatori pensavano a sé stessi per
eseguire atti come elogiare, incolpare, invitare, commemorare, scusarsi, persuadere, avvertire, insultare,
lamentarsi e se possibile, sedurre. Tutti questi atti, con la ampia opportunità di mostrare sé stessi, si
amplifica nella forma della poesia amorosa.

Colui che ha più influenzato il Rinascimento è stato il poeta del quattordicesimo secolo Petrarca, che ha
fornito un perfetto modello di poesia. Nessuno mai come Petrarca ebbe così tanti risultati, nemmeno i suoi
contemporanei, per quanto riguarda la propria abilità nello scrivere, fondere e assimilare. E nessuno mai è
riuscito a scrivere poesie d'amore che sembrassero provenire dal profondo del cuore spezzato di un
individuo. Rime Sparse di Petrarca, composto in circa 4 decenni, consisteva una sequenza vagamente
unificata di 366 poemi, 317 erano sonetti. Una miscela di poesia Romana Classica e di tradizioni di Corte
Medioevali ha creato rappresentazioni senza precedenti per intensità e per le sfumature psicologiche
dovute alla passione e all'amore per Laura, nonché ciò che lei simboleggia per lui. Inoltre, in una delle prime
rime ci insegna ciò che lui ha dolorosamente imparato, ovvero che tutto ciò che il mondo ama non è altro
che un breve sogno. L'amore di Petrarca per Laura continua anche in seguito alla sua prematura morte, e fu
in uno di quei momenti di disperazione che raggiunse uno stato di paralisi spirituale. I suoi sonetti
sbrogliano lo stato emotivo dell'amante, pensando alle proprie passioni come un esilio, una ferita mortale,
un inseguimento, una forma di schiavitù o uno stormo in mare, e raffigurare il proprio amato come un
maestro, un idolo ingioiellato, un fiore. Queste e tante altre metafore vengono utilizzate molto spesso nelle
14 righe rimate che permettono al poeta di tenerle una ad una con attenzione in modo da elaborare e allo
stesso tempo di trasmettere forza emotiva. Petrarca era ammirato durante la sua vita come uno studioso e
un poeta Latino, ma la fama dei suoi poemi in italiano arrivò solo dopo la sua morte con una brillante
traduzione da parte di Thomas Wyatt. Per quanto riguarda la figura della donna nella poesia Petrarchesca
sappiamo benissimo che la sua musa, Laura, viene celebrata all'interno delle sue opere, elogiata, ammirata;
ma vi sono poeti inglesi che aggiungono tratti distintivi a queste caratteristiche, ad esempio Michael
Drayton affibbia alla sua Lady tratti crudeli nonché sadici: quest'ultima viene descritta come un chirurgo che
partecipa ad una diabolica seduta di torture. I vari scrittori scrittori e poeti non cercavano di fuggire ad ogni
costo dalle convenzioni e dalla formalità, dati i pochi temi possibili, cercavano di risultare liberi e unici
apportando modifiche del tutto personali ai vari temi convenzionali, e si può dire che questo sia il marchio
dei poeti Inglesi del sedicesimo secolo.

THE POETS

Thomas Vaux: secondo barone di Vaux, nasce da una famiglia nobile, si sposa all'età di 14 anni menre nei
primi venti è già un membro del parlamento diventano inoltre una figura familiare alla corte di Enrico VIII.
La sua poesia è inoltre collegata con quella di Wyatt e Surrey; molto probabilmente per il suo cattolicesimo,
fu rattristato dal divorzio del re e quando ci fu la conversione al protestantesimo si ritirò a vita privata, il
tutto nei suoi vent'anni.

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George Gascoigne: figlio di un rispettabile uomo di paese, ha avuto una vita turbolenta. Ha sperperato la
propria eredità cercando di apparire a corte, ma senza successo in quanto fallì sia come avvocato che come
soldato; si ritrovò quindi in costante cerca di occupazione e patrocinio. Nonostante ciò con i suoi lavori, per
lo più romanzi in prosa, poemi, canzoni, reportage militari e tanti altri, portarono lui una grande stima;
nonostante tutto alcuni dei suoi lavori furono ampiamente criticati come osceni. Morì nelle stesse
condizioni in cui visse, ovvero in ristrettezze economiche.

Edward de Vere: unico figlio di un benestante uomo aristocratico. Il suo successo arriva nella contea all'età
di 12 anni diventando il pupillo di William Cecil, il principale avvocato/consigliere della regina Elisabetta. Il
giovane fu grossamente viziato/assecondato: quando all'età di 17 anni, mentre praticava la scherma, si
fiondò su di uno spettatore disarmato, e si annunciò che l'uomo si era suicidato gettandosi sulla propria
spada. L'intera vita di de Vere seguì questo corso, una vita di indulgenze; scrisse, e fu notevolmente
acclamato sia per gli spettacoli che per i poemi lirici. Morì in seguito ad aver sperperato una grande fortuna
dopo la successione di Giacomo I.

Fulke Greville: l'agiato Greville fu educato a Cambridge, ha viaggiato attraverso il continente, servito in
Parlamento, ed era un cortigiano di successo, sotto Elisabetta I e Carlo I. non si è mai sposato, ha scritto
alcune poesie sul convenzionale amore eterosessuale, ma la sua più appassionata espressione d'amore era
per il suo amico Sir Philip Sidney, morto nel 1586, egli non ha mai smesso di piangerlo. Nonostante i suoi
piccoli poemi, Greville ha scritto anche lunghi versi filosofici che trattavano di drammatiche accuse politiche
e una biografia del suo amico Sidney. Greville terminò la sua vita all'insegna del suo pessimismo: fu
pugnalato da un servitore di lunga data che finì per uccidersi.

Thomas Lodge: nato a Londra fu educato ad Oxford, studiò legge e alla fine diventò un medico. Si imbarcò
nel 1591 in un disastroso viaggio verso il Nuovo Mondo, al quale fortunatamente sopravvisse. Ha avuto una
carriera complicata dal suo Cattolicesimo in una società protestante, iniziò così a scrivere spettacoli,
traduzioni e testi in prosa.

Henry Constable: fu il secondo poeta inglese, dopo Sidney, a pubblicare una sequenza di sonetti, ha inoltre
scritto numerosi trattati teologici. Nato da una benestante famiglia protestante, si converte al
cattolicesimo, rinunciando alla propria eredità e mettendo a rischio la propria vita tentando di convertire Re
Giacomo e per discutere della tolleranza del cattolicesimo.

Samuel Daniel: fu per un periodo di tempo all'interno della cerchia di Mary Sidney, contessa di Pembroke,
ha poi intrattenuto incarichi presso la famiglia della regina di Re Giacomo, Anna di Danimarca. Un prolifico
scrittore, ha composto tragedie, storie epiche una prosa celebrativa della storia inglese. Ha composto
inoltre una delle migliori sequenze di sonetti elisabettiani, Delia.

Michael Drayton: figlio del boia del Warwickshire, Drayton ha avuto una produttiva carriera come scrittore.
A collaborato a spettacoli, scritto sacre scritture, complaints, odi, versi epistolari. Il suo capolavoro Poly –
Olbion, un poema storico geografico che celebra i paesi dell'Inghilterra e il Galles. Ha inoltre collaborato al
proficuo periodo dei sonetti scrivendo una sequenza di sonetti intitolato Idea's Mirror, in seguito viene
ripubblicato con il titolo di Idea.

Thomas Campion: dopo tre anni a Cambridge, ha studiato legge prima di poter diventare finalmente
medico; è diventato anche un compositore, scrittore e poeta. La paggio parte delle sue poesie sono il
Latino, ed era propenso all'utilizzo dei classici principali di versificazione quantitativa in inglese. Il suo
memorabile successo lo si deve al fatto che egli era sia un poeta che un compositore.

Sir John Davies: dopo aver tentato di entrare ad Oxford studia legge a Londra, dove nei suoi indisciplinati
vent'anni scrive alcuni dei suoi più bei poemi. Si include anche il poema filosofico Nosce Teipsum e

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Orchestra. In seguito, si impegnerà in una proficua carriera ì, soprattutto in Irlanda dove prenderà degli
importanti incarichi giuridici.

Barnabe Barnes: figlio del vescovo Durham, ha studiato ad Oxford, ha vissuto con la sua eredità e non ha
scelto alcuna professione. Ha pubblicato un'opera teatrale e due raccolte di sonetti. Conosciuto per la sua
attenzione e dedizione a ciò che era italiano, venne accusato di aver assassinato qualcuno con un limone
avvelenato. Venne arrestato ma l'accusa non arrivò mai ad una conclusione.

Richard Barnfield: il figlio maggiore di proprietari terrieri fu educato ad Oxford. Nel '94 e '95 ha pubblicato
due raccolte di versi pastorali; entrambe le raccolte hanno temi omoerotici/omosessuali. Dopo aver
pubblicato un ulteriore lavoro nel 1598 Barnfield non pubblicò per il resto della sua vita. Per motivi
sconosciuti venne inoltre diseredato dal proprio padre.

Richard Linche: conosciuto come Linche, poeta e traduttore. Sarà poi conosciuto come R.L autore della
raccolta di sonetti Diella del 1596.

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Sir Philip Sidney (1554 - 1585)
Philip Sidney è entrato alla Shrewsbury School nel 1564 all'età di 10 anni. Ha frequentato Oxford ma ha poi
abbandonato senza ricevere la propria laurea, completando la propria educazione attraverso viaggi nel
continente. Con i suoi viaggi Sidney ha incontrato alcuni dei personaggi importanti dell'epoca, come filosofi,
teologi e poeti. In Francia ha vissuto il giorno del Massacro di San Bartolomeo, iniziato a Parigi nell'Agosto
1572 e protrattosi per almeno un mese, dove vennero massacrati circa 50.000 ugonotti (Protestanti
Francesi); tale vicenda fece accrescere in Sidney la devozione al protestantesimo, inculcatogli dalla sua
famiglia e dalla sua educazione. Una volta tornato in Inghilterra dovette fare i conti con la regina Elisabetta,
che purtroppo lo relegò ad azioni diplomatiche, in quanto la regina riteneva che lo zelo del giovane uomo
fosse dovuto solo al suo scetticismo. In questo periodo ciò che fa Sidney è soprattutto incoraggiare grandi
uomini di lettere come il suo amico Greville, oppure Edmund Spencer che scriverà e dedicherà a Sidney The
Shepheardes Calender; il giovane Sydney non incoraggerà solo uomini di lettere, in quanto verrà
autorizzato ad opporsi pubblicamente, dinanzi alla Regina nel 1580 riguardo il matrimonio della regina con
il cattolico duca di Anjou. In seguito a questo evento la regina, contraria alle intromissioni ed interferenze
all'interno dei suoi affari diplomatici, dimette Sydney dalla corte. Si ritira a Wilton, nella proprietà di sua
sorella acquisita Mary Herbert, Contessa di Pembroke. Sidney scriverà per lei un'opera in prosa (storia
d'amore epica) intitolata Arcadia. In seguito alla scrittura di tale opera abbiamo diverse imitazioni e opere
ispirate a quest'ultima, come ad esempio Urania della nipote di Sidney, Lady Mary Wroth. Abbiamo poi
altre opere di Sidney scritte in seguito ad Arcadia, opere che hanno avuto un'importanza maggiore: The
Defense of Poesy e Astrophil and Stella (Amante delle stelle e Stella) che rappresenta il primo del grande
Ciclo di Sonetti Elisabettiani. Al suo interno abbiamo sequenze di eventi, l'evolversi di una relazione; e
ancora, Sidney esplora lo stato d'animo degli amanti, impulsi contraddittori, intensi desideri e frustrazioni
che lo attanagliano. Nemmeno l'amore per la letteratura poteva distrarre e privare Sidney dal suo destino;
nel 1585 prova ad unirsi alla West Indian Expedition di Sir Francis Drake, ma la regina glielo impedì e lo
nominò governatore di Flushing nei Paesi Bassi, e come cavaliere errante ingaggia battaglie e schermaglie
con gli odiati Spagnoli. A Zutphen, contro ogni probabilità, Sidney fu ferito ad una gamba, muore per la
ferita dopo 26 giorni. Sidney chiamava la poesia la sua Vocazione non eletta, non pubblicava però le sue
opere. La sua ambizione era di essere un uomo d'azione che avrebbe influenzato il destino del suo paese,
eppure lui fu l'autore della più ambiziosa opera in prosa, della più importante opera di critica letteraria e
del più influente ciclo di Sonetti dell'era Elisabettiana.

Astrophil & Stella


all'interno di queste sequenze abbiamo tratti autobiografici derivanti dal rapporto di Sidney con Penelope
Devereux, che si presume sia Stella. Venne annunciato un matrimonio tra i due nel 1576, se ne parlò per
circa due anni, fin quando nel 1581 Penelope sposò Lord Robert Rich, e due anni dopo lo stesso Sidney si
sposò; ovviamente questi erano tutti matrimoni combinati per garantire la stabilità e la potenza di
determinate famiglie dell'epoca, non per garantire la felicità all'individuo. All'interno del componimento
abbiamo da parte di Sidney furbi doppi sensi appartenenti al nome Rich, nome del marito di Penelope, e
sembra che ci siano comunque dei tratti autobiografici tra le ombre dei suoi disegni narrativi. Allo stesso
tempo all'interno della trama abbiamo ostacoli e molta sofferenza da parte dell'amante e occasionalmente
troviamo anche incoraggiamenti dalla parte della signora, alcune cose al suo interno derivano comunque da
Petrarca e dai suoi imitatori di diverse nazionalità. Nel ruolo di Astrophil, Sidney assicura di non utilizzare
frasi convenzionali standard, che i suoi versi sono originali e arrivano dal cuore, e cerca di infondere ai suoi
sonetti straordinario vigore e freschezza.

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Sonetti Astrophil & Stella
Sonetto 1
Loving in truth, and fain in verse my love to show, 
That the dear she, might take some pleasure of my pain,— 
Pleasure might cause her read, reading might make her know, 
Knowledge might pity win, and pity grace obtain,— 
I sought fit words to paint the blackest face of woe; 
Studying inventions fine her wits to entertain, 
Oft turning others' leaves, to see if thence would flow 
Some fresh and fruitful showers upon my sunburn'd brain. 
But words came halting forth, wanting invention's stay; 
Invention, Nature's child, fled step-dame Study's blows; 
And others' feet still seem'd but strangers in my way. 
Thus great with child to speak and helpless in my throes, 
Biting my truant pen, beating myself for spite, 
"Fool," said my Muse to me, "look in thy heart, and write."

Traduzione

Amando in verità, e desideroso di mostrare in versi il mio amore,


che la cara Lei potrebbe prendere qualche piacere dal mio dolore,
il piacere possa spingerla a leggere, e leggendo possa farle conoscere,
la conoscenza potrebbe far vincere la pietà, e la pietà ottenere grazia,
ho cercato parole adatte per dipingere la faccia più nera del dolore,
studiando belle invenzioni, per intrattenere il suo spirito,
spesso voltando le pagine di altri, per vedere se da lì fluissero
alcune fresche e fruttifere idee/docce sul mio cervello bruciato dal sole.
Ma le parole vennero zoppicando, mancando il supporto dell’Invenzione;
l’Invenzione, figlia della Natura, fuggiva ai colpi dello studio della matrigna,
e i passi degli altri sembravano estranei sul mio cammino.
Così gravido di parole, e privo d’aiuto nelle mie doglie,
mordendo la mia oziosa penna, picchiandomi per dispetto,
“sciocco,” disse la mia Musa a me, “guarda nel tuo cuore e scrivi”.

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Sonetto 2

Not at first sight, nor with a dribbed shot,


Love gave the wound which while I breathe will bleed;
But known worth did in mine of time proceed,
Till by degrees it had full conquest got.
I saw, and liked; I liked, but loved not;
I loved, but straight did not what love decreed;
At length to love’s decrees I, forced, agreed,
Yet with repining at so partial lot.
Now even that footstep of lost liberty
Is gone, and now like slave-born Muscovite
I call it praise to suffer tyranny;
And now employ the remnant of my wit
To make myself believe that all is well,
While with a feeling skill I paint my hell.

Traduzione

Non a prima vista, né per dardo casuale,


Amor m’inflisse la ferita che ancora sanguina, mentre io respiro,
Ma quando ne conobbi il valore, lui avanzò Dai meandri del tempo,
finché non m’avvinse tutto per gradi.
Vidi e ammirai; ammirai ma non amai,
Amai, ma non seguii subito ciò che Amore aveva decretato.
Alla lunga, per costrizione, accettai le regole d’Amore,
Seppure afflitto da un fato tanto ingiusto.
Ora, perfino quelle orme di perduta libertà
Sono svanite; ora, come un Moscovita nato schiavo,
Innalzo lodi alla sofferenza della tirannia,
E quel che resta del mio ingegno lo impiego
Nel convincere me stesso che va tutto bene,
Mentre con arte sofferente il mio inferno dipingo.

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Sonetto 5

It is most true, that eyes are form’d to serve


The inward light, and that the heavenly part
Ought to be king, from whose rules who do swerve,
Rebels to Nature, strive for their own smart.
It is most true, what we call Cupid’s dart,
An image is, which for ourselves we carve;
And, fools, adore in temple of our heart,
Till that good God 10 makes Church and churchmen starve.
True, that true Beauty Virtue is indeed,
Whereof this beauty can be but a shade,
Which elements with mortal mixture breed;
True, that on earth we are but pilgrims made,
And should in soul up to our country move:
True, and yet true that I must Stella love.

Traduzione

E’ proprio vero che gli occhi sono fatti per servire


L’intima luce e che La parte divina
dovrebbe regnar sovrana, e coloro che ribelli alla Natura
Deviano dalle sue leggi, si procurano solo supplizi!
È assai vero che ciò che noi chiamiamo dardo di Cupido
È solo un’immagine simbolica che scolpiamo per noi stessi
E che adoriamo come folli nel tempio del nostro cuore,
Finché quel falso dio non lascia a spasso Chiesa e sacerdoti.
È proprio vero che la Virtù è l’unica vera beltà
E che questa beltà terrena, che gli elementi plasmano
Con mortal mistura, non è che l’ombra di quella;
Ed è pure vero che sulla terra siam fatti per essere pellegrini
E che con l’anima dovremmo ascendere al nostro regno:
Tutto questo è vero, ma è pur vero che io devo amare Stella.

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Shakespeare – introduzione ai Sonnets

Abbiamo 154 sonetti, i sonetti 1 – 126 dedicati al Fair Youth, ovvero al grazioso giovane, e i sonetti 127 –
152 dedicati alla Dark Lady. Shakespeare non usa propriamente il termine Fair Youth ma bensì Lovely Boy,
amore spirituale per un giovane, in quanto Fair Youth viene utilizzato dalla critica. Per quanto riguarda Dark
Lady anche questo è coniato dalla critica, in quanto Shakespeare utilizza semplicemente l'appellativo dark,
che indica amore sensuale per una donna. I sonetti sono stati pubblicati nel 1609, nonostante fossero stati
composti in precedenza; Meres ne parla nel 1598 in Palladis Tamia, abbiamo poi nel 1599 la pubblicazione
di Passionate Pilgrim, dove vengono pubblicati i sonetti 138 e 144 di Shakespeare. Nel 1600 abbiamo una
voce nello Stationer Register di un editore pagato per la pubblicazione di Amors by J.D, songs certein W.S.
Abbiamo poi nel 1609 la pubblicazione a stampa con una dedica non di Shakespeare ma bensì dall'editore
per un certo W.H, forse conte di Southempton o conte di Pembroke, augurandogli fortuna e buona vita a
colui che ha ispirato alcuni dei sonetti. Abbiamo poi la parola Begetter, che potrebbe indicare l'ispiratore
dei sonetti, oppure procuratore del testo da stampare, e la dedica dello stampatore fa inoltre pensare che
Shakespeare fosse più lontano di quanto si pensasse da questa pubblicazione, di conseguenza non
sappiamo se fosse o meno una pubblicazione autorizzata da lui stesso. Nel momento della pubblicazione i
sonetti non ebbero grande consenso da parte del pubblico, soprattutto perchè vennero pubblicati nel
momento in cui questo genere andava scomparendo. Abbiamo una prima edizione ristampata nel 1640
filologicamente errata, da parte di John Bennson: i pronomi maschili vennero sostituiti, mancavano circa
otto sonetti e in ordine diverso dalla stampa originale. I sonetti vengono quindi da lui eterosessualizzati. Gli
editori successivi del '700 presero in considerazione la copia di Benson facendo conoscere al pubblico lo
Shakespeare sbagliato. Ad esempio King Lear, dove originariamente portava la morte Cordelia, le sue ri –
iscrizioni volevano rendere e trasmettere una lezione morale portando al trionfo il personaggio buono.
Possiamo addirittura vedere l'influenza di Platone nei sonetti di Shakespeare, ovvero il parto dell'anima (tra
uomo maturo e un giovane) come ad esempio ritroviamo nel cortigiano di Castiglione, e il parto fisico
ovvero quello della donna; questi due elementi rendono quindi immortali la bellezza e la vita in due modi
diversi. Abbiamo quindi l'amore del poeta nei confronti del Fair Youth che crea i sonetti stessi avendo un
parto dell'anima, in quanto i sentimenti spirituali provati creano essi stessi poesia; abbiamo poi questo
giovane ragazzo che deve amare una donna, destinato così a causa della sua infinita bellezza che deve
essere tramandata ed eternata tramite il parto fisico della donna.

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Sonetto 1
From fairest creatures we desire increase,
That thereby beauty's rose might never die,
But as the riper should by time decease,
His tender heir might bear his memory;
But thou, contracted to thine own bright eyes,
Feed'st thy light's flame with self-substantial fuel,
Making a famine where abundance lies,
Thyself thy foe, to thy sweet self too cruel.
Thou, that art now the world's fresh ornament
And only herald to the gaudy spring,
Within thine own bud buriest thy content
And, tender churl, mak'st waste in niggarding.
Pity the world, or else this glutton be,
To eat the world's due, by the grave and thee.

Traduzione
Dalle creature più belle desideriamo elevarci,
Cossìchè la bellezza della rosa possa non morire mai,
Ma come il più maturo dovrebbe col tempo appassire,
Così il suo tenero germoglio dovrebbe portare la sua memoria;
Ma tu, concentrato sui tuoi stessi occhi lucenti,
Nutri la luce della tua fiamma con energia della tua stessa sostanza,
Creando carestia dove abbondanza mente, (si finge)
Tu stesso tuo nemico, verso il dolce te troppo crudele.
Tu che sei ora del mondo il fresco ornamento,
E unico (principale) annunciatore dell’accesa primavera,
Nel tuo stesso bocciolo bruci la tua contentezza (contenuto),
E, tenero cafone, la sprechi (perdi) nell’avarizia.
Pietà del mondo, o anche così ingordo sarai,
Da divorare (mangiare) ciò che è dovuto al mondo (i tuoi posteri), dalla tomba e te.
(Sarai ingordo nel far sì che ciò che è dovuto al mondo venga divorato dalla tomba e dentro di te)

Analisi
Nella prima quartina abbiamo un contesto matrimoniale riferito al giovane ragazzo, in quanto bisogna
salvaguardare la propria bellezza, e lo si può fare attraverso il matrimonio e la procreazione. Abbiamo poi
un rimprovero all'interno della terza quartina, un rimprovero nei confronti del narcisismo del giovane in
quanto tende a concedere la propria bellezza solo a se stesso e non ad altri, e nel distico finale abbiamo una
sorta di supplica, dove il poeta afferma che bisogna avere pietà del mondo, altrimenti si finisce per essere
complice della morte della bellezza.

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Sonetto 15
When I consider every thing that grows
Holds in perfection but a little moment,
That this huge stage presenteth nought but shows
Whereon the stars in secret influence comment;
When I perceive that men as plants increase,
Cheered and checked even by the self-same sky,
Vaunt in their youthful sap, at height decrease,
And wear their brave state out of memory;
Then the conceit of this inconstant stay
Sets you most rich in youth before my sight,
Where wasteful Time debateth with decay
To change your day of youth to sullied night,
    And all in war with Time for love of you,
    As he takes from you, I engraft you new.

Traduzione
Quando considero che ogni cosa che cresce
Resiste in perfezione solo per un piccolo istante;
Che questo immenso palcoscenico nulla offre ma mostra
Come le stelle segretamente influenzino (le azioni dell’uomo);
Quando mi accorgo che gli uomini come le piante crescono,
Incoraggiati e rimproverati persino dal cielo stesso,
Si vantano della loro linfa giovanile, al culmine del declino (già sfiorita),
E indossano il loro valoroso stato nel ricordo;
Allora l’idea di questo stare inconstante
Ti rende più ricco in giovinezza dinanzi alla mia vista;
Dove rovinoso Tempo si allea con Decadenza
Per trasformare il tuo giorno di giovinezza in notte offuscata,
E in guerra totale col Tempo per amor vostro (tuo),
Così come lui ti toglie (prende da te), così io ti rinnovo.

Analisi
La prima e la seconda quartina iniziano con 'When' e ciò indica lo scorrere del tempo e di conseguenza la
bellezza del giovane che viene oltraggiata; abbiamo quindi una lotta contro il tempo indicato soprattutto
dal 'Then' con il quale inizia la terza quartina. Tale lotta andava affrontata dal giovane ma essendo riluttante
al matrimonio e alla conseguente procreazione l'atto di eternare la sua bellezza e la sua immagine vengono
affidate al poeta attraverso i suoi versi, ed è una caratteristica dei primi 17 sonetti. Nei primi due versi della
composizione abbiamo la perfezione che non dura altro che un momento, mentre nei due versi seguenti
abbiamo il mondo mostrato come un palcoscenico mostrando quindi solo le apparenze, le ombre del
mondo. Abbiamo quindi un mondo dominato dal mutamento e dalla trasformazione, tema fortemente
elisabettiano che ritroviamo anche nella seconda quartina del sonetto. Al verso otto abbiamo nuovamente
questa mutabilità in quanto è un verso che si riferisce a qualcosa di estinto e dimenticato, una memoria
consumata fino all'oblio totale di sé. Nella terza quartina abbiamo un tema più personale rispetto a quelli
generali trattati nelle prime due quartine, in quanto abbiamo questo tema del mutamento che tocca e si
intreccia direttamente con la vita del giovane in quanto è destinato a crescere, cambiare, invecchiare e

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infine morire; si tratta quindi del tempo, un tempo divoratore e distruttore, ciò che il tempo toglie al
giovane il poeta glielo restituirà scrivendo versi rendendolo in questo modo immortale ed eternando la sua
bellezza.

Sonetto 55
Not marble, nor the gilded monuments
Of princes, shall outlive this powerful rhyme;
But you shall shine more bright in these contents
Than unswept stone, besmeared with sluttish time.
When wasteful war shall statues overturn
And broils root out the work of masonry,
Nor Mars his sword, nor war’s quick fire, shall burn
The living record of your memory:
’Gainst death, and all oblivious enmity,
Shall you pace forth; your praise shall still find room
Even in the eyes of all posterity
That wear this world out to the ending doom.
So, till the judgement that yourself arise,
You live in this, and dwell in lovers’ eyes.

Traduzione
Né marmo né aurei (d’oro) monumenti
Di principi sopravvivranno a questi potenti versi;
Ma tu splenderai più luminoso in queste rime
Che in polverosa pietra consunta dal volgare tempo.
Quando la distruttiva guerra travolgerà (rovescerà) le statue,
E sradicherà ogni opera d’arte,
Né la spada di Marte né il suo divampante fuoco bruceranno
Il vivente ricordo della tua memoria.
Contro la morte e ogni ostilità dell’oblio (dell’essere dimenticato)
Tu vivrai (camminerai) ancora; la tua gloria troverà ancora asilo (spazio)
Proprio negli occhi di ogni posterità
Che trascinerà (consumerà) questo mondo al giorno del giudizio.
Così, fino al giudizio che ti farà risorgere,
Vivrai in questo (questi versi), e dimorerai negli occhi degli amanti.

Analisi
Nel sonetto 55 vi è la celebrazione della bellezza e anche del suo verso, di Shakespeare, paragonando la
poesia a diverse arti, in quanto la poesia è più eterna rispetto ad un dipinto, quest'ultimo tende a
deteriorarsi, rovinarsi, ma non i versi; i versi sono immortali, vengono tramandati, oppure come opere
scultoree o architettoniche, anche queste ultime possono deteriorarsi, rompersi, essere distrutte. Possiamo
dire che questi sono versi autoreferenziali all'interno cui viene monumentalizzata la bellezza; il poeta
afferma inoltre che queste opere d'arte figurative non possono durare per sempre, a differenza della
bellezza che viene appunto eternata dai suoi versi, ma anche dalle persone da lui amate conservando la sua
immagine nei propri occhi.

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Sonetto 71
No longer mourn for me when I am dead
Than you shall hear the surly sullen bell
Give warning to the world that I am fled
From this vile world, with vilest worms to dwell:
Nay, if you read this line, remember not
The hand that writ it; for I love you so,
That I in your sweet thoughts would be forgot,
If thinking on me then should make you woe.
O, if, I say, you look upon this verse
When I perhaps compounded am with clay,
Do not so much as my poor name rehearse,
But let your love even with my life decay;
Lest the wise world should look into your moan,
And mock you with me after I am gone.

Traduzione
Non piangere per me più a lungo – quando sarò morto-
Di quanto udirai la torva (scontrosa) tetra (lugubre) campana
Avvisare il mondo che sono fuggito
Da questo vile mondo, con più vili vermi per dimorare.
No, se leggi queste righe, non ricordare
La mano che le ha scritte; perchè io ti amo tanto
Da voler essere dimenticato nei tuoi dolci pensieri,
Se pensare a me dovesse poi renderti triste (sofferente).
Oh, se, dico io, darai un'occhiata a questi versi
Quando io forse mescolato sarò con l'argilla,
Non far tanto da ripetere il mio povero nome,
Ma lascia che il tuo amore con la mia vita si estingua; (si spenga)
Affinché (per timore che) il saggio mondo non scruti nei tuoi gemiti,
E si faccia beffe di te con me dopo che me ne sarò andato.

Analisi
Qui Shakespeare immagina di essere morto, a differenza del ragazzo che più giovane di lui vive ancora, in
modo da poter leggere i versi a lui dedicati e da lui ispirati. Si tratta inoltre di una poesia destinata al
dedicatario, a lui riservata, versi che non andrebbero letti nel caso in cui quest'ultimi suscitassero tristezza
nel giovane, dovendo dimenticare il poeta per sempre nel caso in cui così fosse.

Abbiamo poi i sonetti dedicati alla Dark Lady, per i quali viene utilizzato un registro diverso; come ad
esempio il sonetto 130, parodia del tipico modo di descrivere le donne, rovesciando quindi gli stereotipi.
Non c'è bisogno che questa donna sia uguale a tutte le altre donne che vengono rappresentate in quanto la
bellezza è puramente soggettiva, giudicando false e macchinose le bellezze celebrate dagli altri in quanto
potrebbero non essere belle come essi celebrano.

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