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IMPUTAZIONE ATTIVITA’ DI IMPRESA in sostanza quali sono le condizioni giuridiche affinché

l’attività di impresa sia imputabile ad un determinato soggetto (inteso sia come persona fisica che
come persona giuridica cioè ente). In materia di imputazione dell’attività il principio dal quale
occorre prendere le mosse è quello della SPENDITA DEL NOME che ritroviamo in due norme del
cod civi: art 1388 e 1705 cc.
L’art 1388 è una norma che la si ritrova nell’ambito della disciplina del rappresentante, cioè di
colui che in forza di un atto unilaterale detto procura, è stato investito del potere di spendere
l’altrui nome nel traffico giuridico; spendere il nome nel traffico giuridico significa porre in essere
un atto negoziale non solo per conto altrui ma anche spendendo l’altrui nome dimostrando che
questo agire per conto altrui si fonda su un potere rappresentativo cioè su una legittimazione
formale a disporre dell’altrui interesse. La conseguenza di questo fenomeno chiamato
RAPPRESENTANZA è che gli effetti giuridici attivi e passivi dell’atto negoziale posto in essere dal
soggetto rappresentante ricadono nella sfera patrimoniale del rappresentato.

Dal principio della spendita del nome deriva una conseguenza se la spendita del nome è
l’elemento che determina il soggetto su cui si appuntano gli effetti negoziali dell’atto, quando un
soggetto agisce per contro altrui come mandatario senza rappresentanza, quindi agendo per conto
altrui ma spendendo il proprio nome e non quello del mandante: la conseguenza sarà che gli
effetti degli atti giuridici posti in essere dal mandatario senza rappresentanza ricadranno sul
mandatario e non sul mandante (perché il mandatario pur essendo portatore di un altrui
interesse, non ha speso il nome del mandante e ha agito in nome proprio e quindi ricadranno su di
lui gli effetti degli atti posti in essere: ce lo dice l’art 1705 cc).

Nel diritto commerciale è frequente che l’impresa venga svolta con l’ausilio di rappresentanti che
pongono in essere atti negoziali in nome e per conto dell’imprenditore. Gli ausiliari
dell’imprenditore (che sono dei rappresentanti) non diventano obbligati direttamente nei
confronti dei terzi, ma obbligato nei confronti dei terzi è solo l’imprenditore il cui nome è speso
nel traffico giuridico degli ausiliari. Gli ausiliari dell’imprenditore non diventano imprenditori
perché quegli atti di impresa sono posti in essere in nome altrui e non in nome proprio.

Seconda conseguenza che deriva nella nostra materia della spendita in nome è che quando un
soggetto non si avvale di ausiliari intesi come rappresentati (cioè soggetti che spendono il suo
nome) ma si avvale per l’esercizio dell’attività di impresa di meri mandatari cioè soggetti agenti in
nome proprio, cosa accede? Accade che la qualifica di imprenditore, quindi l’applicazione della
disciplina dell’impresa, ivi compreso il fallimento, non si produce in capo al soggetto titolare
dell’interesse sostanziale cioè al mandante ma in capo al mandatario fenomeno dell’impresa
occulta. Parliamo di impresa occulta quando colui che all’esterno pone in essere atti di impresa è
un mandatario senza rappresentanza. Agisce nell’interesse altrui (persona che rimane dietro le
quinte) ma non spende il nome di questa persona, questo soggetto diventa all’esterno
imprenditore e sarà lui obbligato nei confronti dei terzi per i debiti d’impresa perché tali debiti
sono contratti in suo nome e non in nome dell’imprenditore occulto.
Nozione è imprenditore occulto colui che esercita un’attività di impresa senza spendere il
proprio nome nel traffico giuridico, bensì avvalendosi di un prestanome con il quale intercorre un
rapporto di mandato senza rappresentanza
Il rapporto che lega l’imprenditore occulto ed il prestanome è un rapporto di mandato senza
rappresentanza e le conseguenze di questo fenomeno sono il mandatario senza rappresentanza
chiamato anche IMPRENDITORE PALESE o PRESTANOME, sarà colui il quale risponderà verso i
terzi per gli atti di impresa essendo posti in essere in suo nome; sarà colui che acquisita la qualità
di imprenditore, sarà colui che in quanto imprenditore sarà soggetto alle procedure concorsuali in
caso di crisi o insolvenza. Viceversa l’IMPRENDITORE OCCULTO non risponderà verso i terzi per gli
atti di impresa perché non posti in essere in suo nome; non acquisirà la qualità di imprenditore,
non è soggetto alle procedure concorsuali (NB) ed in caso di insolvenza, a fallire sarà il prestanome
e non l’imprenditore occulto. Le ragioni che inducono un imprenditore ad esser occulto è il
vantaggio di potersi appropriare dei risultati positivi di una attività di impresa senza esporsi
personalmente nei rapporti con i terzi (cioè senza divenire debitore nei confronti dei terzi) e senza
esser esposto alle procedure concorsuali.

Il problema di fondo che pone questa fattispecie è che fin quando le cose vanno bene, il
prestanome adempie regolarmente le obbligazioni contratte nell’altrui interesse con le risorse
finanziarie che gli derivano dall’imprenditore occulto che gli somministra i mezzi per l’esecuzione
dell’incarico. Quando le cose vanno male, l’imprenditore occulto non ha più interesse che
l’imprenditore palese paghi i suoi creditori ed estingua le obbligazioni contratte nell’esercizio
dell’impresa, non ha interesse perché lo scopo è quello di evitare di esporsi al rischio di impresa
nell’ipotesi in cui dovessero andare male. Il problema sorge quando le cose non vanno bene e i
creditori si accorgono di esser creditori soltanto dell’imprenditore palese che spesso è un
nullatenente e non ha mezzi per pagare i creditori e non possono rivalersi sull’imprenditore
occulto perché il principio della spendita del nome glielo impedisce in quanto secondo tale
principio è solo l’imprenditore palese soggetto obbligato nei loro confronti.

Il vantaggio per l’imprenditore occulto è quello di trasferire il rischio di impresa sui creditori
perché formalmente il rischio di impresa non cade sui creditori ma sull’imprenditore palese ma se
questo è nullatenente il rischio di impresa finisce per ricadere sui creditori. Non cade
sull’imprenditore occulto in quanto è aggredibile, ricade solo formalmente ma non
sostanzialmente sull’imprenditore palese: il rischio cade sui creditori.

SOCIETA’ OCCULTA

Che differenza c’è tra impresa occulta e società occulta? La differenza sta nel tipo di legame
giuridico intercorrente tra i soggetti coinvolti. Tra imprenditore occulto e quello palese vi è un
rapporto di mandato senza rappresentanza, tra di loro non vi è una società perché non si
riconosce nei loro rapporti gli elementi richiesti dall’art 2247 cc per la società. L’essenza del
fenomeno societario è racchiusa in una condivisione di tre fattori: rischio, potere e profitto.
Quando si ha società occulta? Quando tra due soggetti non vi è solo un rapporto di mandato ma
anche un rapporto societario, vale a dire che l’imprenditore palese è socio di chi rimane dietro le
quinte; essere socio significa che anche l’imprenditore palese prende le decisioni, che si appropria
del profitto ed utilizza le sue risorse economiche personali mettendole in comune con quelle
dell’imprenditore occulto per l’esercizio dell’attività di impresa. Quando si ha il fenomeno di
condivisione tra i due soggetti del profitto, potere e rischio si è in presenza di società occulta.
Anche qui vi è un mandato senza rappresentanza perché all’esterno non si palesa un agire
societario, il soggetto che opera all’esterno non si presenta ai terzi come socio ma come
imprenditore individuale.

TEORIA DEL POTERE DI IMPRESA

Il problema è quello di cercare di tutelare maggiormente i creditori perché sono esposti nel
momento in cui chi ha operato all’esterno non è solvibile. Si è cercato di trovare una strada per
aggredire l’imprenditore occulto e superare il principio della spendita in nome; uno dei percorsi
orientati a questo scopo prende il nome di teoria del potere di impresa secondo questa teoria il
dominus cioè il titolare dell’interesse sostanziale/imprenditore occulto/mandante risponderebbe
nei confronti dei terzi nonostante il suo nome non sia speso nel traffico giuridico perché dominus,
cioè per il fatto stesso di essere titolare dell’interesse sostanziale. Secondo questa teoria in
materia di diritto commerciale dove c’è il potere c’è anche la responsabilità.

Teoria dell’assoggettamento dell’imprenditore occulto a procedure concorsuali= in base al


principio della spendita del nome in caso di insolvenza fallisce solo l’imprenditore palese perché è
il soggetto operante all’esterno. Questa conclusione si deve confrontare con la disciplina del
fallimento la quale non prevede il fallimento dell’imprenditore occulto ma prevede il fallimento
della società occulta ed il fallimento del socio occulto di società palese. Questo ha generato in
dottrina un disordine perché vi è un settore non marginale che tende ad applicare analogicamente
queste regole anche all’impresa occulta e a ritenere che se il legislatore ha previsto espressamente
il fallimento del socio occulto di società palese e della società occulta non vi motivo di ritenere che
non debba fallire anche l’imprenditore occulto. Quali sono le norme che disciplinano il fallimento
del socio occulto di società palese e la società occulta? Art 147 legge fallimentare.

Il socio occulto di società palese fa riferimento all’ipotesi in cui la società è palese, i terzi sanno che
esiste una società, la società si presenta all’esterno come tale. Tuttavia vi è uno dei soci che è
occulto. In questo caso il legislatore dice che una volta che è fallita la società palese, se quel tipo di
società prevede anche il fallimento dei soci fallisce anche quello occulto.

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