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Simulazioni diritto penale

1) La Giunta Municipale di un comune della provincia ha approvato un progetto preliminare per la


realizzazione di una grande arteria stradale. Per l’esecuzione della predetta opera, da parte del
comune, viene esperita la procedura dell’asta pubblica.
Tizio, legale rappresentante della società X, offre a Caio, segretario comunale, il quale accetta, la
somma di euro 20.000, al fine di farlo intervenire direttamente per favorire l’aggiudicazione
dell’appalto alla su indicata società. Vengono così inviate le offerte da parte di tutte le società
concorrenti e Caio, prima della scadenza del termine fissato per effettuare o modificare le predette
offerte, riesce a conoscerne l’ammontare e a comunicarlo a Tizio.
La società X, ottenendo così la conferma che, tra tutte le offerte presentate, la sua offerta è la
migliore, mantiene ferma l’offerta stessa.
Tizio viene a conoscenza del fatto che vi sono indagini in corso riguardanti l’appalto, così
preoccupato, si rivolge ad un legale.
Il candidato, assunte le vesti del legale, premessi brevi cenni sui delitti contro la pubblica
amministrazione, svolga un parere motivato illustrando le problematiche sottese al caso in esame.

Svolgimento:

Introduzione generale sui delitti contro la pubblica amministrazione: bene giuridico; soggetti attivi;
questioni controverse.
Nel caso di specie potrebbero configurarsi in capo a Tizio i delitti di corruzione per atto contrario ai
doveri di ufficio ex art. 319 c.p.; il delitto di turbata libertà degli incanti ex art. 353 cod. proc. pen. e
quello di concorso in rivelazione e utilizzazione di segreto di ufficio ex art. 326 c.p.
Ai sensi dell’art. 352 cod. pen., “salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque con violenza
o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, turba il procedimento
amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente al fine di
condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione è punito
con la reclusione da sei mesi a cinque anni e con la multa da euro 103 a euro 1.032”.
In virtù della clausola di riserva contenuta nella norma, possiamo pacificamente affermare che trova
applicazione in capo a Tizio il solo reato ex art. 319 cod. pen. in quanto più grave.
Quanto al reato di rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio, nella traccia si rappresenta che
Caio, prima della scadenza del termine fissato per effettuare o modificare le offerte, comunica
l’ammontare delle stesse a Tizio. Caio, dunque, in qualità di pubblico ufficiale, risponde
sicuramente del delitto di cui all’art. 326 cod. pen.
Di tale reato può rispondere però anche Tizio, dal momento che la giurisprudenza è concorde nel
ritenere che sussiste concorso dell’extraneus nel reato di rilevazione di segreti d’ufficio quando il
privato, lungi dal limitarsi a ricevere la notizia, istighi o induca il pubblico ufficiale a porre in essere
la rivelazione (ex multis, n. 47997 del 2015).

2) In data 3 ottobre, mentre Sempronio si trovava a piedi a percorrere la via Tommaso Cannizzaro,
in compagnia della moglie Caia, veniva ingiustificatamente aggredito da Tizio, il quale, dopo averlo
offeso verbalmente, si scagliava contro Sempronio e lo aggrediva fisicamente.
Non riuscendo in altro modo a sottrarsi alla furia dell’uomo, nel tentativo di difendersi da calci e da
pugni che lo stavano riducendo allo stordimento, Sempronio afferrava un oggetto trovato per terra e
lo lanciava contro il suo aggressore.
L’oggetto, tuttavia, colpiva Tizio sul volto, procurandogli un grave trauma contusivo all’occhio
sinistro con fuoriuscita del bulbo oculare.
A seguito di quanto accaduto, Sempronio veniva indagato per il reato di lesioni volontarie
gravissime e nei suoi confronti il Gip accoglieva la richiesta del PM di applicazione della misura
della custodia cautelare in carcere.
Tale misura custodiale veniva applicata rilevando la sussistenza di un pericolo di reiterazione del
reato fondato sulla gravità del fatto, sulla futilità dei motivi e sulla presunta indole violenta
dell’indagato, nonché di un pericolo di fuga all’esterno, date le ampie disponibilità economiche di
quest’ultimo.
Successivamente, veniva altresì rigettata dal medesimo Gip la richiesta di revoca o modifica della
suddetta misura cautelare, presentata nell’interesse dell’indagato.
Il candidato, assunte le vesti del legale di Sempronio, rediga motivato parere e fornisca la strategia
processuale da consigliare nell’interesse del proprio assistito.

Svolgimento:

La condotta di Sempronio risulta senz’altro realizzata in stato di legittima difesa ex art. 52 cod. pen.
La legittima difesa è una causa di giustificazione il cui fondamento è da rinvenirsi nell’esigenza
di autotutela del singolo che si manifesta in situazioni nelle quali lo Stato non è in grado di
assicurare una pronta ed efficace protezione dei beni giuridici individuali. Trattasi, dunque, di una
deroga al monopolio statuale dell’uso della forza.
Ai fini dell’operatività della scriminante è tuttavia necessario: a) l’attualità del pericolo; l’ingiustizia
dell’offesa; la costrizione, ovvero il condizionamento psicologico di chi subisce l’offesa che si vede
costretto a porre in essere una reazione difensiva; la proporzionalità tra offesa e reazione difesa.
Quanto a quest’ultimo requisito, la giurisprudenza ha chiarito che il requisito della proporzione
presuppone una comparazione tra i beni interessi in gioco e non riguarda invece i mezzi impiegati
per difendersi.
Nel caso di specie, Sempronio ha reagito all’altrui aggressione ingiusta (potenzialmente idonea a
compromettere la sua stessa vita) scagliando contro l’aggressore l’unico oggetto a sua disposizione.
Per tutelare le ragioni del medesimo risulta dunque opportuno proporre istanza di appello avverso
l’ordinanza di rigetto della richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare, adducendo
l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. L’art. 273, comma 2, cod. proc. pen., prevede infatti
che nessuna misura può essere applicata se risulta che il fatto è stato compiuto in presenza di una
causa di giustificazione o di non punibilità o se sussiste una causa di estinzione del reato ovvero una
causa di estinzione della pena che si ritiene possa essere irrogata.

3) Tizio, noto imprenditore commerciale, mediante una struttura privata non registrata, cede il ramo
di azienda costituito da uno dei suoi punti vendita all’amico Caio per un corrispettivo di euro
50.000. In ragione del suo rapporto di amicizia con l’acquirente, Tizio non chiede l’immediato
pagamento dell’acconto di euro 15.000.
Trascorso quasi un anno dalla sottoscrizione della scrittura privata di cessione e non ricevendo
alcun pagamento, Tizio, accompagnato dall’amico Ercole, si presenta da Caio per richiedere il
legittimo pagamento di quanto dovuto. Durane il colloquio Tizio, innervosito dalle risposte evasive
di Caio, lo colpisce con un pungo, rompendogli il setto nasale.
Dopo circa una settimana, Ercole, venuto a conoscenza che Caio si è recato dai carabinieri per
sporgere denuncia in merito ai fatti avvenuti, si reca dall’avvocato Zancle per sapere se possa essere
anch’egli indagato in conseguenza del pugno dato da Tizio a Caio.
Il candidato, assunte le vesti dell’avvocato Zancle, esprima parere motivato, premettendo previ beni
sulla disciplina del concorso di persone nel reato e sui reati c.d. propri esclusivi.

Svolgimento:

Premessa sulla funzione incriminatrice dell’art. 110 cod. pen. e sulla differenza tra i reati comuni e i
reati propri. I reati propri sono quelli che richiedono in capo all’autore una particolare qualifica
soggettiva che può derivare da una situazione di diritto o di fatto. All’interno dei reati propri si
distinguono i reati propri esclusivi (quando lo stesso fatto, se realizzato senza la qualifica
soggettiva, non costituisce reato) e reati propri non esclusivi (quando la sussistenza della qualifica
determina esclusivamente il mutamento del titolo del reato).
Nell’ambito dei reati propri esclusivi, si individua un’ulteriore sotto-categoria costituita dai c.d.
reati di mano propria, che richiedono che sia l’intraneus l’esecutore della condotta tipica in quanto,
diversamente, verrebbe del tutto meno il disvalore del fatto.
Fatte tali precisazioni, la fattispecie che viene in rilievo nel caso in esame è quella di cui all’art. 393
cod. pen. “esercizio arbitrario delle proprie ragioni”.
L’art. 393 cod. pen., dispone che chiunque, al fine indicato nell’articolo precedente, e potendo
ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da sé medesimo usando violenza o minaccia alle
persone, è punito, a querela dell’offeso, con la reclusione fino a un anno.
La giurisprudenza ha qualificato tale reato quale reato proprio esclusivo di mano propria.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, può concorrere nel reato proprio anche chi non possiede la
qualifica soggettiva richiesta dalla legge, a condizione che sia consapevole di concorrere con il
titolare della qualifica soggettiva.
Astrattamente, dunque, anche Ercole potrebbe essere indagato per concorso con Tizio nel delitto di
esercizio arbitrario delle proprie ragioni, salvo poi far valere in giudizio l’inconsapevolezza del
medesimo circa le cattive intenzioni dell’amico e conseguentemente l’irrilevanza penale della sua
condotta quale mera connivenza non punibile.

4)Tizio, invidioso della carriera della propria collega Lella, inizia a chiamarla continuamente al
telefono e mandarle messaggi ed e-mail offensive sui social, anche da account diversi dal proprio.
Non contento dell’esito, nei giorni successivi spinge e urta violentemente la collega ogni volta che
la incontra a lavoro, tanto che Lella è costretta a cambiare le proprie abitudini di vita.
Infine, un giorno, mentre Lella si trovava sul ciglio delle scale dell’ufficio, la spinge giù così forte
che la stessa cadendo muore a causa delle gravi ferite riportate.
Tizio, preoccupato della situazione, si rivolge ad un legale incaricandolo di difenderlo nel
procedimento penale che potrebbe essere aperto a suo carico.
Il candidato, assunte le vesti del legale di Tizio, esamini e illustri i profili di possibile responsabilità
penale che emergono nel caso di specie e prospetti una linea difensiva comprensiva delle iniziative
processuali che possono essere assunte.

Svolgimento:

Viene in rilievo innanzitutto il delitto di atti persecutori ex art. 612-bis cod. pen.. Trattasi di un reato
pluri-offensivo; la norma, infatti, tutela sia la salute sia la libertà morale della persona offesa.
In secondo luogo, l’omicidio aggravato ex art. 576, comma 1, n. 5.1. cod. pen. che prevede la pena
dell’ergastolo se il delitto di omicidio di cui all’art. 575 cod. pen. è commesso dall'autore del delitto
previsto dall'articolo 612-bis nei confronti della persona offesa.
Circa il rapporto tra le due fattispecie è sorto un contrasto giurisprudenziale, recentemente risolto
dalle Sezioni Unite della corte di cassazione.
Un primo orientamento negava, infatti, l’assorbimento del delitto di stalking in quello di omicidio
aggravato ai sensi dell’art. 576 c. 1 n. 5.1. c.p., evidenziando, per lo più sulla base del tenore
letterale delle disposizioni, l’insussistenza di un rapporto di specialità. Secondo tale indirizzo,
dunque, era ammesso il concorso tra il delitto di cui all’art. 612-bis c.p., e quello di omicidio
aggravato.
Il secondo orientamento, accolto dalle Sezioni Unite, ha invece ritenuto che l’art. 576 c. 1 n. 5.1.
c.p. configuri un vero e proprio reato complesso ai sensi dell’art. 84 c. 1 c.p., assorbendo
integralmente il disvalore delle condotte persecutorie precedentemente poste in essere dall’agente ai
danni della medesima persona offesa, di cui l’omicidio costituisce il momento culminante.
In base a tale ultimo orientamento giurisprudenziale, Tizio risponderà del solo reato di omicidio
aggravato.
Sotto il profilo processuale, può richiedersi la definizione del giudizio mediante rito abbreviato e
ottenere così una riduzione di pena di un terzo rispetto alla pena base del reato, oltre al
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

5)Tizio e Caia, legati da una lunga relazione affettiva, convivono da dieci anni.
Un giorno Tizio, alla guida di un’autovettura, benché privo di patente in quanto revocata, provocava
un incidente stradale e si allontanava senza prestare assistenza alle persone coinvolte nel sinistro.
Caia dichiarava falsamente ai carabinieri di essere stata lei alla guida dell’autovettura, a bordo della
quale, invece, viaggiava come passeggera.
All’esito del giudizio di primo grado Caia veniva condannata alla pena di mesi 6 di reclusione in
esito all’affermazione di responsabilità penale per il delitto di favoreggiamento.
Il candidato assunte le vesti del difensore di Caia, rediga motivato parere con particolare riferimento
all’opportunità o meno di proporre appello avverso la sentenza di condanna.

Svolgimento:

La questione oggetto della traccia verte sulla possibilità di applicare analogicamente la causa di
esclusione della colpevolezza di art. 384 cod. pen., anche al convivente more uxorio.
Nel dettaglio, ai sensi dell’art. 384 cod. pen. nei casi previsti dagli articoli 361, 362, 363, 364, 365,
366, 369, 371-bis, 371-ter, 372, 373, 374 e 378, non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi
stato costretto dalla necessità di salvare sé medesimo o un prossimo congiunto da un grave e
inevitabile nocumento nella libertà o nell’onore. 2. Nei casi previsti dagli articoli 371-bis, 371-ter,
372 e 373, la punibilità è esclusa se il fatto è commesso da chi per legge non avrebbe dovuto essere
richiesto di fornire informazioni ai fini delle indagini o assunto come testimonio, perito, consulente
tecnico o interprete ovvero non avrebbe potuto essere obbligato a deporre o comunque a rispondere
o avrebbe dovuto essere avvertito della facoltà di astenersi dal rendere informazioni, testimonianza,
perizia, consulenza o interpretazione.
L’art. 307 cod. pen., contiene al terzo comma la definizione di prossimo congiunto prevedendo che
agli effetti della legge penale, si intendono per i prossimi congiunti gli ascendenti, i discendenti, il
coniuge, la parte di un'unione civile tra persone dello stesso sesso, i fratelli, le sorelle, gli affini
nello stesso grado, gli zii e i nipoti.
In tale nozione, a ben guardare, non è ricompreso il convivente more uxorio; sul punto è sorto
dunque un contrasto giurisprudenziale, recentemente risolto dalle Sezioni Unite della corte di
cassazione.
Un primo orientamento escludeva l’applicazione della causa di esclusione della colpevolezza al
convivente more uxorio.
La stessa Corte Costituzionale in un primo intervento ha ritenuto non irragionevole l’esclusione del
convivente more uxorio, evidenziando che mentre la famiglia fondata sul matrimonio trova esplicita
tutela costituzionale nell’art. 29, la famiglia di fatto risulta tutelata in via generale solo dall’art. 2.
Si evidenziava inoltre, quale ulteriore argomento contrario all’applicabilità analogica della norma,
la circostanza che il legislatore fosse intervenuto (con la legge Cirinnà) introducendo nell’art. 307
cod. pen. l’esplicito riferimento alle unioni legali tra persone dello stesso, senza nulla dire in ordine
alle convivenze more uxorio.
Il secondo orientamento, anche sulla scorta dell’ampia nozione di famiglia assunta nell’ambito della
giurisprudenza sovranazionale, riteneva invece estensibile l’art. 384 cod. pen., anche al convivente
more uxorio.
Le Sezioni Unite con sentenza del novembre 2020 hanno accolto tale ultimo orientamento
evidenziando, con riferimento alle obiezioni sollevate dal primo indirizzo in ordine alla presunta
violazione del divieto di analogia, che esso, in base alla sua stessa ratio, non opera laddove si tratti
di analogia in bonam partem.
Nel caso di specie Caia, rendendo false dichiarazioni, ha realizzato il reato di autocalunnia ex art.
369 cod. pen. che costituisce un’ipotesi specifica di favoreggiamento personale, al chiaro fine di
salvagardare il proprio convivente da un grave e inevitabile pregiudizio nella libertà e nell’onore.
Sulla scorta della giurisprudenza sopra citata, sarà dunque opportuno proporre appello avverso la
sentenza di condanna, chiedendo al giudice l’assoluzione dell’imputata perché il fatto non
costituisce reato per difetto dell’elemento soggettivo.

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