Sei sulla pagina 1di 3

ITALO CALVINO

Calvino nasce il 15 ottobre del 1923 a Cuba da genitori entrambi italiani e scienziati. Dopo due
anni, ritornano in Italia, è cresciuto in Liguria a San Remo con i genitori fino a 20 anni, partecipa
alla guerra di liberazione combattendo con i partigiani. Il padre è un anticlericale e la madre una
socialista, per questo risulta avere una famiglia variamente orientato sotto il punto culturale. La
casa a San Remo è una villa, caratterizzata da un parco nel quale il padre può continuare a
sperimentare colture di fiori. A quei tempi la città di San Remo è una città di villeggiatura.
Successivamente si trasferiscono a Torino per far continuare gli studi all’università allo stesso Italo
e al fratello. Entrambi seguono le orme della famiglia iscrivendosi a facoltà scientifiche; l’autore in
una delle sue lettere si definisce ‘la pecora nera della famiglia’ e infatti conseguirà la laurea in
Lettere, quindi in campo umanistico. Nel 1936 scrive per alcune riviste letterarie ma soprattutto
disegna su di esse bozzetti umoristici. Questo lo farà fino allo scoppio della guerra, periodo
vissuto con un atteggiamento lontano dalla politica perché, infatti, Calvino non entra attivamente a
dire la sua. Con la guerra decide comunque di assumere una posizione antifascista, partecipando
nel 1944 alla lotta partigiana e successivamente aderisce al comunismo. Ebbe con questo
movimento un rapporto conflittuale: si iscrive al PCI (partito comunista italiano) perché era il partito
che in maniera più palese si opponeva al fascismo ma dopo lo abbandona a causa della
percezione dell’inquadramento ideologico he avrebbe vincolato la sua ricerca letteraria. Calvino
voleva essere libero. Nei suoi romanzi è evidente tutto questo processo. Nel 1947 pubblica “Il
sentiero dei nidi di ragni”, dove troviamo ancora vivo il ricordo della resistenza. Il protagonista
dei racconti è un bambino di nome Pin. Pin, con gli occhi del disincanto e dell’intensità, osserva
senza ideologia alla resistenza, anche a causa della sua età. Pin è orfano di madre e il padre è
marinaio; vive a San Remo con la sorella che per procurargli da mangiare, vista la condizione di
povertà in cui vivono, fa la prostituta. Proprio per questo, il bambino cerca di estraniarsi dalla
realtà, in un proprio mondo; la sorella si concede soprattutto ai soldati tedeschi ad uno dei quali
Pin ruba una pistola e corre a nasconderla in un posto dove i ragni tessono i nidi. Questo per Pin è
un posto magico, perché il luogo in cui ha nascosto un oggetto che per la prima volta sente suo.
Viene però scoperto, preso ed imprigionato dai soldati. In carcere conosce un gruppo di ragazzi,
grazie a uno dei quali riesce ad evadere, e visto che il ragazzo era partigiano, anche Pin si unisce
ad un gruppo di partigiani. Il protagonista partecipa alla resistenza ma è comunque un bambino.
Decide di ritornare dalla sorella per recuperare un'altra pistola: ne ruba un'altra e la scambia con
un partigiano, il quale vuole una donna e chiede quindi a Pin di portalo da sua sorella. Visto che la
sorella andava soprattutto con i soldati tedeschi, era considerata una traditrice; il partigiano allora
si allontana da Pin e si sentono solo colpi di pistola. Calvino non lo dice, ma si percepisce che la
sorella viene uccisa. Il fenomeno della guerra ha rivoluzionato i valori tanto da non rendere
percepibili i sentimenti: gli uomini vivono in una bolla in cui non si ha percezione dell’umanità
(azzeramento di tutto). Dal racconto traspare che Pin vede la realtà con una lente di fantasia
(neorealismo).

Nel 1948, Calvino scrive una raccolta di racconti che prende il nome dall’ultimo racconto della
stessa, “Ultimo viene il corvo”. il tema principale è sempre la lotta partigiana, la guerra, lo
scontro generazionale. L’atmosfera è quella dell’Italia postbellica, un’Italia povera ma tesa verso la
speranza di una rinascita soprattutto economica. Nel racconto ritroviamo il personaggio di un
bambino che trova un gruppo di partigiani in un bosco (luogo incantato) con il quale si imbatte in
un’imboscata di tedeschi; ruba la pistola e si nasconde dietro un cespuglio dal quale si mette a
fare il tiro a segno con un soldato tedesco privo di armi. Il bambino non colpisce l’uomo, ma punta
la pistola su un oggetto posto sulla giacca del soldato: il bambino, quindi, gioca a tiro a segno,
vede la vita come un gioco. Questo è l’azzeramento dei valori di cui parla Calvino.

La guerra è finita e l'Italia si sta sollevando; in guerra tutti gli uomini erano uguali, accomunati da
essa. Ora non lo sono più e Calvino in una lettera esprime tutta l'impossibilità per lui di narrare la
realtà, una realtà definita indescrivibile. Lo stesso autore dice ‘di che cosa potrò parlare per essere
capito?’ E per questo intraprende un percorso narrativo che lo porta a sperimentare il fantastico, a
un lettore che inventa storie e che parla di sé nella sua nuova narrativa, il metaromanzo. In questi
anni dirige la casa editrice Einaudi dove pubblica anche molti romanzi stranieri. Tra il 1952 e il
1959 inizia la stesura del “Circolo dei nostri antenati” formato da una trilogia di racconti: “Il
visconte dimezzato” Ambientato durante la guerra dove l'uomo a causa di una bomba viene diviso
a metà, una buona ed una cattiva, sinonimo di alienazione. Il secondo racconto “Il Barone
rampante”, racconta una storia di un ragazzo che vuole osservare l'intera realtà dall'alto e decide
quindi di vivere sugli alberi. E il terzo racconto “Il cavaliere inesistente” che racconta di
un'armatura di ferro in cui non c'è nessuno, e sta a sottolineare l’inconsistenza della realtà.

Il linguaggio utilizzato da Calvino è classico, si capisce senza rendersene conto, è un italiano


semplice, scorrevole, un equilibrio tra forme e contenuto (elemento classico). Calvino è alla ricerca
narrativa di nuovi modi attraverso cui descrivere la realtà dei propri tempi, in maniera più coerente.
Sperimenta diversi modi di approccio alla narrazione; l'elemento chiave della sua poetica è
l'ironia. La tensione e la tendenza all'immaginazione e al fiabesco è una costante della sua
narrativa.

Nel 1963 pubblica il romanzo “Giornata di uno scrutatore”: Il romanzo racconta la giornata che
Amerigo Ormea, intellettuale comunista, passa come scrutatore durante le elezioni del 1953 alla
Piccola Casa della Divina Provvidenza "Cottolengo" di Torino, un istituto religioso dove sono
ricoverati migliaia di persone privati delle loro facoltà fisiche o psichiche. Lo scopo di Amerigo è
quello di impedire che persone incapaci di intendere e di volere siano indotte dai religiosi a votare
per la DC (democrazia cristiana); tuttavia la vista di tutti gli infelici che abitano quel mondo
parallelo scuoterà profondamente la coscienza di Amerigo, mettendo in crisi tutte le sue certezze
e rendendolo, forse, alla fine della giornata, un uomo diverso. Già il nome del protagonista è
significativo, infatti Amerigo ricorda ovviamente Amerigo Vespucci, Amerigo come Vespucci va in
un mondo nuovo, quando il nostro personaggio entra nell’istituto religioso ha la sensazione di
entrare in un altro mondo, il suo è un viaggio oltre le frontiere dell'umano. Invece il cognome
Ormea è l'anagramma della parola "amore", infatti ciò che Amerigo capirà alla fine della giornata è
un nuovo significato di "amore". Il racconto si svolge tutto in una sola giornata, ed è praticamente
ambientato solo all'interno dell’istituto religioso; lì Amerigo assiste all'incredibile sfilata dei votanti
che sono tutti individui "fuori dalla norma", sono persone malate e con gravi deformità che
colpiscono molto il protagonista e lo inducono a una serie di riflessioni e pensieri per lui
completamente nuovi. Si chiede se sia giusto che questi uomini possano votare o essere aiutati a
votare, si chiede cosa sia l'umano, fino a che punto arrivi l'umano e fino a che punto un malato
molto grave e deformato possa essere definito uomo. L'unica risposta che trova è nell'amore,
L'umano arriva dove arriva l'amore; non ha confini se non quelli che gli diamo. La giornata di uno
scrutatore è per molti versi un libro autobiografico, in quanto l'intellettuale Amerigo Ormea è
chiaramente un alter ego dell'autore. È lo stesso Calvino, nella prefazione del libro, ad affermare
che l'idea di scrivere La giornata di uno scrutatore gli venne per la prima volta con le elezioni del 7
giugno 1953 (la stessa data in cui è ambientato il romanzo), dopo aver passato alcuni minuti
nell’istituto religioso in qualità di candidato del Partito Comunista.

Scrive molti saggi letterari nei quali sottolinea la valenza educativa dei classici: ‘il classico è l'opera
che potresti leggere 1000 volte e trovarci sempre qualcosa di diverso’, parole di Calvino, secondo
cui il classico va oltre i tempi perché è una conquista per sempre. Nel 1965 scrive “Le
cosmicomiche” racconti con le quali rompe gli schemi lessicali della sua narrativa. Tra gli anni
’60 e ’70 si reca a Parigi e prende parte alla sperimentazione, sulla narrativa combinatoria che
prende elementi apparentemente diversi tra loro e li metti insieme per creare una storia, i romanzi
a struttura combinatoria sono costruiti in modo da lasciare al lettore la libertà di scegliersi un suo
personale percorso di lettura, e quindi di combinare a piacere le pagine del testo. Il lettore, da
soggetto passivo, diventa attore che interagisce con il testo. Da questa nuova narrativa stende i
romanzi nel 1969 “Il castello dei destini incrociati” e “La Taverna” che è la sua prefazione. Il
romanzo nasce per un'esigenza più editoriale, per necessità economica: ogni lettore ha la
possibilità di crearsi delle proprie storie autonome. Nella prima edizione si attiene alle indicazioni
dell'editore ma poi capisce che non gli porta guadagno e decide quindi di applicare il metodo
combinatorio; il racconto parla di un gruppo di viaggiatori che si perde nel bosco e si riparano in
un castello dove si accorgono di essere muti. La padrona del castello gli dà quindi un mazzo di
carte (tarocchi del mazzo visconteo) in modo da descrivere con le illustrazioni delle carte la loro
storia. Capiamo quindi che la realtà non è inesprimibile e vediamo la funzione di gioco verbale.

Calvino pubblica “Fiabe italiane”, le fiabe sono un genere dell'oralità, un genere popolare;
raccoglie le fiabe delle diverse regioni italiane e le traduce dai vari dialetti in italiano rielaborandole
e aggiungendo anche qualcosa di diverso. Nel 1972 pubblica “Le città invisibili” con la figura di
Marco Polo che parla con l'imperatore il quale gli racconta di tutte le città del suo impero che in
realtà non esistono. Altro racconto è “Se una notte d'inverno un viaggiatore” dove ricomincia
dall'inizio raccontando di sé stesso.

Calvino muore nel 1985 a seguito di un ictus e di un'emorragia celebrale a Siena; il suo ultimo
saggio “Lezioni americane” viene pubblicato dopo la sua morte, è tratto dalle lezioni che doveva
tenere negli Stati Uniti ma che non ha fatto a causa della sua morte.

Metaracconto: il narratore è diretto con il lettore stesso interagisce e compare nella storia con il
suo punto di vista.

Potrebbero piacerti anche