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SALUTE DELLO STRANIERO

INTRODUZIONE
1.la dimensione processuale della salute: premesse teoriche
Si è convinti che a incidere sulla qualità di vita delle nostre società siano fattori sia interni che
esterni, legati a quello che oggi definiamo “mondo globale”; sono diversi i processi che danno vita
alla globalizzazione, infatti possono essere di tipo economico, istituzionale, culturale,
multidimensionale e industrialista. Secondo Robertson, la globalizzazione deve essere considerata
come un processo che mette insieme aspetti soggettivi ed oggettivi che si riferiscono alla
consapevolezza che gli attori hanno di vivere in un mondo inteso come un tutto. La testimonianza
più diretta di un’immagine unificata del mondo è data dalla figura dello straniero: le condizioni che
egli vive esprimono le difficoltà pratiche di una tensione fra il recupero delle proprie tradizioni e
l’apertura alle novità del nuovo contesto. Simmel ha definito lo straniero come colui che oggi vive
e domani rimane. La relazione fra straniero e gruppo si fonda sul riconoscimento dell’unità e della
differenza: l’unità è data dall’appartenenza alla comunità, mentre la differenza è formata dalle
posizioni temporali relative allo spazio. La relazione che si instaura è vicina e lontana, così come è
la prospettiva cognitiva con cui lo straniero si rapporta alla società perché egli è parte della società
in cui emigra, ma è anche parte del vissuto che si è lasciato alle spalle della società di provenienza.
La salute deve essere intesa come il prodotto fra idee pregresse del corpo, della malattia, della
cura relative all’universo simbolico a cui la persona apparteneva, e la cura dello straniero presenta
per la società di accoglienza dei problemi relativi all’organizzazione dei servizi. In conclusione, la
salute è una condizione che non si limita solo agli aspetti terapeutici ma si considerano anche le
idee che le persone si costruiscono. La letteratura ha cercato di liberarsi di alcuni stereotipi sulla
condizione migratoria: il primo è quello che vede lo straniero come un “povero” che giunge sulle
nostre sponde; il secondo si riferisce a un’immagine simbolica e all’appartenenza etnica. In
relazione a entrambi, la Di Nicola afferma che molti lasciano il Paese di origine per migliorare le
proprie condizioni di vita.
L’immagine dello straniero risulta “riabilitata”, da soggetto che subisce passivamente il processo di
migrazione ad un’immagine dove lo straniero diventa attore che prende su di sé sia i rischi e sia i
vantaggi del processo migratorio. Si parla, quindi, di costruzionismo umanista, dove l’immigrato
entrando a far parte delle strutture della società, sarà da esse condizionato ma correrà con la sua
originalità ad alimentare queste strutture. Lo straniero fa riferimento: a un processo di
responsabilizzazione rispetto alla propria salute relativo ai fattori di rischio individuali; alle capacità
critiche dei pazienti; alla necessità di una concezione non essenzialistica della cultura e ai contesti
di cura che sono luoghi dove si può prevenire.
1.1 Quale salute per lo straniero? Tra promozione e benessere
La salute deve essere intesa come un completo stato di benessere fisico, mentale e sociale, dove
un individuo o un gruppo deve essere capace si identificare e realizzare le proprie condizioni, le
proprie aspirazioni. Con riferimento all’Italia, la legge n.40 del 6 marzo 1998, ha esteso il diritto
alla salute e all’assistenza anche agli stranieri che non sono in regola con le norme relative
all’ingresso e al soggiorno. La società deve favorire i processi di integrazione sociale dello straniero
e le risorse utili allo straniero per ampliare il “capitale sociale”. Secondo Putnam, la società di
accoglienza dovrebbe favorire per gli stranieri vari aspetti quali: la fiducia delle norme reciproche,
che si può realizzare solo quando la società di accoglienza non metta ai margini o faccia sentire lo
straniero in condizioni di subalternità. Le politiche di integrazione affrontano i fattori che
costituiscono le “discriminazioni strutturali” le quali impediscono di equiparare lo status di
cittadino degli autoctoni a quello dello straniero. Per Entzinger e Biezeveld ogni politica che mira
all’integrazione degli stranieri deve tener conto di tre ambiti: quello socioeconomico, legale
politico e quello culturale. Inoltre, nessuna salute dello straniero può essere tutelata se non passa
prima attraverso il rispetto dei diritti di cittadinanza. Un altro aspetto da considerare è la differenza
tra politiche d’integrazione e processi integrazione: le prime sono intenzionali, consapevoli e
derivanti dall’azione delle istituzioni statuali. Il multiculturalismo è una pratica culturale che
affonda la sua radice nella valorizzazione di ciò che è comune.
CAPITOLO 1
1. La salute dello straniero: tra paese d’origine e paese d’immigrazione
La salute è il principale patrimonio che possiede ogni individuo, ed è la condizione fondamentale
affinché una società possa esistere. La sociologia ha definito la salute come una condizione
irrinunciabile della società. La sua salvaguardia e l'obiettivo che si pongono tutti gli Stati, si parlerà
di sanità pubblica e igiene sociale, che fanno capo ad un obiettivo ben preciso, il concetto di
benessere. La salute è una dimensione molto importante, tutte le altre come quella sociale,
politica e culturale, fanno riferimento ai mezzi necessari per raggiungere un completo stato di
benessere psicofisico e relazionale. il perseguimento della salute è un'azione politica, che di fronte
alla globalizzazione, deve acquisire una valenza transnazionale, e non può essere più circoscritta
solo ai confini di uno stato. La globalizzazione ha messo in evidenza le disuguaglianze esistenti tra
le aree povere e ricche del mondo, mettendo in evidenza il peggioramento dello Stato di salute
delle prime. Anche se queste differenze non sono solo extra continentali, perché si possono notare
anche all’interno di un medesimo stato, come ad esempio la differenza che vi è tra i cittadini ricchi
e i cittadini poveri, barboni, nomadi, immigrati. Per gli immigrati, la salute è un capitale, perché
soltanto quelli che ne dispongono possono attuare il proprio progetto migratorio; infatti, si parla di
effetto migrante sano, per sottolineare che essa è un processo di selezione, per far sì che soltanto
chi dispone di una tempra fisica e mentale capace di affrontare l'esperienza dell'emigrazione, può
emigrare. Non è un caso che chi emigra è un giovane adulto con un grado medio di istruzione.
La consapevolezza dell’effetto migrante non è stata facile da acquisire, perché si è sempre parlato
della paura del diverso, accompagnata dall’idea che costui potesse mettere a repentaglio la
sicurezza e la salute dei paesi di accoglienza.
In realtà, i pazienti stranieri, si ammalano delle stesse patologie che colpiscono gli autoctoni. Vi
sono:
1. Patologie o problemi di importazione: si fa riferimento alle patologie che gli immigrati
portano con sé e dal proprio paese di origine, come ad esempio la malaria, la tubercolosi,
la Aids. Anche te si è notato che il termine importazione e fuorviante, perché favorisce i
processi di esclusione. Inoltre, a livello epidemiologico si evidenzia che i rischi connessi alla
salute degli immigrati non sono dovuti alle condizioni di partenza, ma alle condizioni di
arrivo e di adattamento alla nostra società. Le stesse patologie di importazione, se
inizialmente poco verificabili per il cosiddetto effetto migrante sano, oggi assumono una
grande importanza in conseguenza del mutato quadro dei flussi migratori, in quanto essi
sono arricchiti di nuovi attori, anche a seguito dei progetti di ricongiungimento familiare.
2. patologie di adattamento: Il tè giorno connette a problemi di inserimento socioculturali,
fanno riferimento a disturbi psicosomatici, cioè a forme di malessere dovuto dallo
sradicamento dalle proprie origini, cui si associano l’incertezza relativa al futuro.exe te
sono spesso conseguenza di una valutazione negativa del proprio progetto migratorio,
allora quanto si verifica una distanza fra le aspettative e la realtà. Tutto ciò è favorito da
un’assenza di una rete di supporto, dalla mancanza di occasioni che permettano al
migrante di consolidare un capitale sociale nuovo. Dunque, tutto ciò deriva dai paesaggi
venissi da una mancata integrazione socioculturale.
3. patologie di acquisizione: Consistono nella persistenza di fattori di rischio a cui l'immigrato
viene esposto nel paese ospite. Essi rappresentano, un aumento delle patologie
traumatiche, un aumento della pratica dell’interruzione volontaria di gravidanza, l'utilizzo
improprio dei servizi sociosanitari.
In Italia vi è una differenza nel modo in cui i sistemi sanitari rispondono all'esigenza di queste
persone. Ciò dipende dalla sensibilità delle organizzazioni sanitarie. L’integrazione sanitaria di
questi cittadini deve essere costruita in modo tale che queste persone possano essere considerate
responsabili e capaci di modificare le loro scelte in materia di salute. Questa possibilità nasce solo
dal presupposto che l'altro è anche fonte da cui apprendere, una reale integrazione sanitaria deve
facilmente rimuovere, forme di pregiudizio.
2. Salute, fattori di rischio e disuguaglianza
Le differenze nelle condizioni di salute della popolazione hanno accompagnato da sempre la storia
di ogni società punto ogni epoca è stata caratterizzata da tante disparità, riconducibili
principalmente ad aspetti di carattere sociale. Le disparità di salute sono ormai delle costanti
all'interno della nostra società i con l'effetto della globalizzazione aumentano maggiormente.
Alcuni studiosi statunitensi, Hayward e Heron, mettono in evidenza come gli individui di colore
presentano tassi di mortalità superiori per tutte le malattie rispetto ai bianchi, oltre che presentare
uno scarso utilizzo dei servizi. In merito alle caratteristiche sociodemografiche, ci sono delle
differenze rispetto all’età e al genere: per l’età è posta l’attenzione sulla condizione del bambino
migrante, i quali hanno una percezione dello stato di salute migliore rispetto agli anziani; invece,
per il genere alcuni autori mettono in evidenza come la condizione delle donne immigrate sia una
situazione vissuta nel “doppio vantaggio” di essere contemporaneamente “straniera” e “donna”,
esse a causa della salute riproduttiva accedono maggiormente ai servizi della medicina, invece i
maschi solo in caso di urgenza. Altro aspetto da considerare è la scarsità di ricerche che analizzano
le diseguaglianze di salute dei cittadini stranieri LGBT, in quanto il numero è sempre maggiore di
chi richiede asilo perché perseguitato nel Paese di origine per il proprio orientamento sessuale.
Per quanto riguarda lo stile di vita, ci sono fattori che sono rischiosi per la salute, come ad esempio
il consumo del tabacco, l'abuso di alcol e di droghe, il sovrappeso, alcuni comportamenti sessuali.
Alcuni studi hanno posto in evidenza come le abitudini di consumo dei fattori suddetti, siano vicine
a quelle degli autoctoni. Ci sono stati degli studi dedicati alla dimensione del capitale sociale come
condizione facilitante il percorso di inserimento dei cittadini stranieri nel paese di immigrazione.
Le reti sociali etniche sono centrali per lo straniero perché gli assicurano una serie di risorse che
facilitano il processo di integrazione nel Paese di accoglienza: se da un lato, le reti etniche
consentono allo straniero di inserirsi rapidamente nella società d’accoglienza, dall’altro tali
relazioni potrebbero esercitare un ostacolo per il processo di inserimento sociale e culturale. Per
questo bisogna tener presente vari fattori come: il possedimento o meno del titolo di soggiorno, il
tempo di permanenza sul territorio, il tipo di progetto migratorio e le difficoltà pratiche vissute.
Grazie ai quali lo straniero riesce ad integrarsi meglio con gli autoctoni.
Per comprendere come il capitale sociale possa essere positivo per la salute e il benessere dello
straniero, è utile dividere il capitale sociale in bonding, bridging e linking:
 il capitale sociale primario/informale (bonding) produce beni e risorse relazionali utili e
aperte ai membri di un gruppo, è definito come capitale sociale etnico. Inoltre, bisogna
considerare anche gli aspetti negativi perché può succedere che la rete si fa portatrice di un
modello di spiegazione della salute incompatibile con quello della medicina ufficiale;
 il capitale sociale secondario/ formale (bridging), è un capitale sociale che riguarda
l’insieme di risorse prodotte nelle reti di relazione, questa condizione si sperimenta con
una migrazione più matura, dove è più facile che si creano delle associazioni di stranieri;
 il capitale sociale generalizzato (linking) è dato da relazioni di fiducia nell’altro
generalizzato e nelle istituzioni. Per gli immigrati quest’ultimo livello è essenziale perché
costituisce il capitale sociale inteso come generatore di “relazioni e fiducia diversificata”.
Riferendosi ad altri aspetti, bisogna considerare quello del lavoro, motivo che li porta nel nostro
paese. Gli stranieri sono occupati nei sistemi più bassi e sono sottoposti a condizioni faticose, sia
sul piano fisico e sia psicologico (agricoltura, edilizia).
Tra i determinati di salute, molto importante sono le condizioni abitative, in quanto l’acquisto di
una casa diventa una scelta obbligata a causa delle difficoltà legate al mercato degli affitti; quindi,
l’acquisto dell’abitazione non corrisponde a una condizione di benessere economico, Anche
perché agli stranieri sono riservate quelle proprietà che si presentano più fatiscenti e non
ristrutturate, rappresentando dunque un fattore di rischio per la salute.
La crisi economica attuale ha ridisegnato il fenomeno immigratorio perché gli stranieri sono la
componente più colpita; questa crisi ha interessato molto la condizione maschile in quanto
incrementano il lavoro a nero e forme di falso part- time e lavoro autonomo.
3. Gli immigrati in Campania: vissuti ed emergenze socio-sanitarie
Nonostante la crisi economica abbia causato una consistente riduzione dei flussi migratori,
l’Europa continua a essere un’area del mondo particolarmente attrattiva per gli immigrati e le
donne sono sempre le principali protagoniste del flusso migratorio (fenomeno “rosa”). Dato il gran
numero di stranieri aumenta anche la quota di disoccupati e inattivi soprattutto nel Mezzogiorno
definita come regione di transito, Cioè un'area di primo inserimento per procedere poi verso
regioni più sviluppate. Solo recentemente si assiste a un processo di stabilizzazione dei migranti
anche nelle regioni meridionali, inconseguenza anche dell’aumento di matrimoni e unioni tra
immigrati e autoctoni. In Campania ti registra il numero più alto di cittadini migranti del Sud Italia:
sono distribuiti per tutte le 5 provincie: Napoli (oltre 50%) Salerno e Caserta sono maggiormente
piene di stranieri, in prevalenza di donne. Possiamo evidenziare alcune caratteristiche che il
fenomeno riscontra nel territorio:
-La popolazione straniera è di prevalenza di donne e giovani in tutto il Meridione.
-In merito ai settori occupazionali abbiamo la figura del bracciante e della badante considerando
che gli stranieri occupano posizioni lavorative più basse rispetto agli autoctoni.
- bisogna tener conto anche dei bisogni e delle problematiche dei cittadini irregolari.
3.1 La condizione del lavoratore straniero nell’agricoltura
Il lavoro rappresenta il principale requisito per l’ottenimento del permesso di soggiorno e dei diritti
sociali annessi. Il lavoro rappresenta il principale requisito per l’ottenimento del permesso di
soggiorno e dei diritti sociali. Nel Mezzogiorno, gli stranieri trovano lavoro nei settori caratterizzati
da precariato e irregolarità come il sistema agricolo e turistico. Per gli immigrati l’agricoltura è una
rete di salvataggio per coloro che sono in una situazione di irregolarità amministrativa. Coloro che
si occupano dell’agricoltura si dedicano alle fasi della semina e della raccolta, alla sorveglianza del
bestiame nelle stalle e nei pascoli, mentre difficilmente occupano posizioni come quelle dei
potatori, innestatori e addetti agli impianti delle serre. L’utilizzo di forza lavoro a basso costo, il
lavoro a nero, la negazione di stili di vita decenti sono aspetti che non godono di tutela sindacale e
operano al di fuori delle norme di prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro. Attualmente i
cittadini che lavorano nelle aziende agricole attuano diverse soluzioni per l’alloggio: alcuni
continuano a vivere i ruderi abbandonati nelle campagne, altri hanno trovato stanze affittate.
Molto frequenti sono gli incidenti sul luogo di lavoro dovuti all’assenza di condizioni minime di
sicurezza, ma il caso più cruciale è quello degli avvelenamenti e intossicazioni dovuti ai pesticidi,
con danni alla pelle e alle vie respiratorie. Per i migranti, non esiste alcuna possibilità di
separazione fra tempo per sé e tempo del lavoro, poiché l’attività produttiva li tiene impegnati
gran parte del quotidiano. Nella Piana del Sele, si verificano delle condizioni migliori per un rapido
inserimento di cittadinanza, grazie all’abbondanza di offerta di lavoro e dei pochi controlli; dal lato
del datore di lavoro, la condizione di irregolarità dello straniero diventa conveniente, invece
l’immigrato è assoggettato alle sue decisioni e difficilmente denuncerà una condizione di
sfruttamento perché potrebbe essere facilmente rimpiazzato
3.2 La salute riproduttiva della donna straniera e il ricorso alla pratica dell’IVG
per la donna straniera stare in salute è un aspetto importante alla buona riuscita del progetto
migratorio, ma si registra un utilizzo dei servizi relegato solo ai momenti di urgenza. La scelta di
avere un figlio può essere legata al bisogno di conferma e sicurezza che nel contesto migratorio
spesso manca, ma una gravidanza non desiderata si rivela un problema e per questo si ha il ricorso
dell’interruzione volontaria di gravidanza (ivg). Ci sono difficoltà anche sul modo di gestire la
gravidanza della donna straniera rispetto alla donna autoctona, in quanto la donna straniera
potrebbe vivere tale esperienza con un atteggiamento meno apprensivo e medicalizzato o senza
controlli neonatali; infatti, hanno il rischio di partorire neonati pretermine o con un peso più basso
del neonato alla nascita. Il ricorso alla pratica dell’Ivg è maggiore per le donne prive di permesso di
soggiorno. Al di là del dato culturale, si può sostenere che sul ricorso alla pratica abortiva incide
una condizione migratoria che non consente di poter affrontare serenamente una gravidanza; le
donne straniere presentano nei confronti della maternità un atteggiamento di attrazione ma al
contempo di rinuncia di attrazione.
3.2 Il lavoro di cura come fattore di rischio
La concentrazione dell’occupazione straniera femminile nei servizi domestici assume una rilevanza
del 24%, diversi sono i motivi, in particolare, la forte diminuzione delle lavoratrici italiane disposte
a svolgere quest’attività. All’interno di questo ambiente si confrontano individui con aspettative
diverse: l’assistito, i suoi familiari e l’assistente domiciliare; per l’assistito, la badante è una
forzatura che accetta per evitare l’ipotesi di ricovero; per i familiari, invece, la straniera
rappresenta la soluzione adatta quando non si ha la possibilità di occuparsi del familiare.
Di solito, le condizioni di lavoro sono molto gravose e precarie: orari lunghi, isolamento sociale,
assenza di vita privata, rischio di rottura improvvisa del rapporto quando l’assistito si aggrava o
muore. Il lavoro di cura, però, costituisce per la donna straniera un’esperienza significativa perché
favorisce i processi di integrazione e inserimento sociale. Grazie alle reti etniche, le donne
straniere appena arrivate si trovano subito inserite in una trama di rapporti e grazie ai mezzi di
comunicazione, mantengono i rapporti con i genitori e i partner e i figli lasciati in patria.
4. L’ utilizzo dei servizi sanitari degli immigrati: fattori ostacolanti e predisponenti
Il percorso di migrazione è il risultato di un momento di riflessione per il migrante, è un confronto
tra fattori relativi alle condizioni di partenza, fattori di spinta, e fattori di richiamo. Il divario, non
riguarda l’incapacità culturale dei migranti di adattarsi ai sistemi di risposta previsti nella società
ricevente, ma alla incapacità di quest’ultima a prevedere forme più elastiche ai loro modelli
cognitivi e culturali. In merito alle variabili sociodemografiche, il genere rappresenta un fattore di
differenziazione dei servizi sanitari in quanto la donna ricorre più frequentemente ai servizi
rispetto agli uomini. Con l’aumentare del titolo di studio, si riscontrano minori problemi
nell’utilizzo dei servizi. Anche l’occupazione può ostacolare l’utilizzo di servizi, perché con la
disoccupazione, a causa dell’indisponibilità economica, i migranti non possono affrontare visite
specialistiche o a pagamento. In merito alle variabili culturali, gli immigrati si riferiscono a un’idea
di salute e malattia che in alcuni casi è differente, o meno medicalizzata rispetto a come succede
per gli autoctoni. A incidere sull’utilizzo di servizi degli stranieri, sono le “culture organizzative” e
quindi, l’insieme di azioni previste dalle aziende sanitarie volte a favorire l’accesso ai servizi dei
cittadini stranieri. Un primo modello è il “modello economico”, che mette in relazione l’utilizzo dei
servizi sanitari con le disponibilità finanziarie che il soggetto ha a disposizione; un altro modello è
formato da variabili che ostacolano l’utilizzo del servizio sanitario: variabili che predispongono
all’uso (fattori predisponenti) quali: età, sesso, stato civile, conoscenza e informazioni che
l’individuo ha dell’organizzazione sanitaria; variabili che abilitano all’uso (fattori abilitanti),
comprendono le caratteristiche individuali, indicano il reddito, il luogo di residenza; variabili che
rendono necessario l’uso (fattori di bisogno), riguardano lo stato di salute delle persone.
5. Da bisogno di salute a domanda di salute
Gli immigrati giungono ai servizi quando le patologie di cui sono portatori sono al culmine, ma in
un clima di sfiducia e in conseguenza di cattive esperienze di comunicazione nei servizi,
l’immigrato si orienta a un utilizzo strumentale del servizio. Si può considerare anche i fattori che
permettono di trasformare un “bisogno di salute” in “domande di salute”, quest’ultima intesa
come una difficile esternazione del primo nelle forme e nei modi previsti dal sistema sanitario. Un
altro elemento che rende possibile o ostacola la possibilità di far corrispondere bisogni e domanda
di salute è dovuto all’offerta di salute che consiste nell’insieme dei servizi sanitari offerti all’utente
affinché sia data risposta alle sue richieste di salute.
Secondo Castiglioni, ci sono dei fattori che facilitano il percorso che permette di trasformare i
bisogni di salute in domanda di salute, primo fra tutti lo status sociale che viene definito tramite
una serie di variabili: la situazione giuridica (con o senza permesso di soggiorno), la residenza, il
lavoro, la conoscenza della lingua italiana. In relazione a queste variabili, Castiglioni distingue tre
livelli sociali fra gli immigrati: medio, in cui sono presenti tutte le variabili e si presentano tutte le
condizioni per rivolgersi al medico e ai servizi; basso, una di queste variabili manca pur avendo il
permesso di soggiorno e quindi non può avere l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale;
underclass, non è presente nessuna di queste variabili.

CAPITOLO 2 LA SALUTE DELLO STRANIERO NEI SERVIZI SANITARI: TRA ACCORGIMENTI


STRUTTURALI E RELAZIONE
1.La salute degli immigrati: diritti e forme di intervento
T. Marshall afferma che i diritti di cittadinanza sono diritti civili, politici e sociali, riconducibili alla
categoria dei diritti fondamentali. La salute, come bene primario, rientra fra i diritti sociali, cioè si
inscrive all’interno dei diritti relativi alla sicurezza sociale.
Il termine cittadinanza in relazione ai fenomeni migratori fa riferimento:
all’appartenenza di uno Stato: che comporta il diritto di risiedere liberamente sul territorio e a
uscire ed entrare dai suoi confini;
all’emancipazione: ossia alla possibilità di contribuire alle decisioni pubbliche per l’immigrazione;
alla dotazione comune: La possibilità di poter godere dei diritti sociali.
alla standardizzazione: cioè alla condizione di uguaglianza dei cittadini, superando differenze e
particolarismi locali, religiosi, etnici e linguistici.
La tutela dei diritti di cittadinanza si lega alla maniera in cui uno stato risponde agli immigrati
rispetto ai criteri sopra indicati e tali risposte dipendono dal modello di inclusione applicato dal
paese di accoglienza. bisogna scegliere un modello pluralista che può rappresentare la massima
espressione della garanzia di tutela della cittadinanza. invece un modello orientato alla
temporaneità e sicuramente un modello che garantisce misure molto restrittive.
In Italia, l’immigrazione È un fenomeno relativamente giovane, di conseguenza essa si configura
come una questione vista nell'ottica dell'emergenza. Avere la piena cittadinanza significa integrarsi
a pieno nella società in cui si intende vivere, essa è un fattore che garantisce e sostiene i percorsi
di integrazione nei suoi molteplici aspetti.
Il legame che esiste tra garanzia dei diritti di cittadinanza, integrazione e salute, può per l'Italia a
mostrarsi in modo più evidente, poiché esiste una disparità fra diritto sanitario e norme relative
All'ingresso. un immigrato può legittimamente chiedersi come mai uno stato così ingiusto verso il
suo inserimento è così generoso in campo sanitario.
L’importanza dei processi di integrazione non ha solo ripercussioni micro, ma anche macro perché
nessuna salute può essere realizzata se non si creano i presupposti che permettono di tutelarla
(abitazione sicura).
La legislazione italiana è generosa verso le politiche sociali, soprattutto per quanto riguarda
l’espansione delle aree d’intervento a favore degli stranieri, ma allo stesso tempo si osserva uno
squilibrio fra diritti che i migranti hanno sulla carta e diritti effettivamente fruibili. Lo studioso
Busso distingue fra: politiche di accoglienza (rivolte agli immigrati); politiche di convivenza (rivolte
a tutti); politiche di settore (specifiche per gli immigrati) e politiche per la cittadinanza (rivolte a
tutta la popolazione).
1.1 La normativa di riferimento italiana per la tutela della salute del cittadino straniero
Il diritto alla salute e i doveri sono sanciti dalla Costituzione, dove l’art.32 afferma: “la Repubblica
tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo”;
Il termine individuo fa sì che la tutela non riguarda solo il cittadino italiano, ma chiunque si trovi
all’interno della Repubblica. A livello internazionale, il diritto alla tutela della salute dei migranti è
inscritto tra i diritti generali e inalienabili dell’individuo: la Dichiarazione Universale dei Diritti
dell’uomo, che oltre a sottolineare che ogni individuo ha il diritto di lasciare qualsiasi Paese, dà
rilievo anche al fatto che ogni individuo ha diritto a una vita sufficiente a garantire la salute e il
benessere per sé e la propria famiglia, e ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione.
Il decreto legislativo n.489 del 18 novembre 1995 riconobbe il diritto alla salute per tutti gli
stranieri, anche irregolari o clandestini; solo nel marzo 1998 si arriverà alla legge definitiva attuale,
nota come Legge 40 con l’intento di superare la logica dell’emergenza per garantire un percorso di
cittadinanza agli immigrati regolari, per contrastare l’immigrazione clandestina e lo sfruttamento
criminale dei flussi migratori. L’articolo 35 “assistenza per gli stranieri non iscritti al Servizio
sanitario nazionale” ribadisce l’importanza di assicurare le cure ambulatorie e ospedaliere e in
particolare sono garantiti:
la tutela sociale della gravidanza e della maternità;
la tutela della salute del minore in esecuzione; le vaccinazioni;
gli interventi di profilassi internazionale e infine la profilassi, la cura e la diagnosi delle malattie
infettive. Definito l’assetto normativo, il passaggio successivo è stato di renderlo effettivo
attraverso una serie di misure, azioni e ostacoli. Per risolvere questi disagi, il Piano Sanitario
Nazionale pone come priorità la salute degli immigrati;
gli obiettivi del piano sono: di garantire l’accesso all’assistenza sanitaria, rimuovere gli ostacoli
attraverso delle strategie: la costruzione di strumenti di riconoscimento, monitoraggio e
valutazione dei bisogni di salute; la formazione degli operatori sanitari all’interculturalità.
Le azioni previste per i programmi di prevenzione si rivolgono alle categorie più a rischio come gli
adolescenti e i giovani adulti stranieri, molto importante è anche lo sforzo previsto nell’educazione
alla genitorialità. Come si può notare dalle dichiarazioni contenute nei due ultimi Piani Sanitari è la
fragilità sociale il fattore di rischio per la popolazione immigrata, infatti è necessario puntare su
una integrazione costante fra politiche dell’accoglienza, politiche sociali e politiche sanitarie,
eliminando i rischi.
2. Barriere d’accesso all'utilizzo dei servizi sanitari dello straniero
Il Servizio Sanitario Nazionale si basa su un modello ispirato ai principi:
dignità umana, ogni individuo deve essere trattato con rispetto; protezione, la salute
dell’individuo deve essere protetta; solidarietà, attraverso distribuzione delle risorse;
efficacia, efficienza e appropriatezza; equità, superamento di ogni discriminazione.
Tutti questi principi spingono il Sistema Sanitario a usare gli strumenti che consentono un equo
utilizzo dei servizi eliminando varie barriere:
 barriere giuridico- legali, si riferiscono al tipo di permesso di soggiorno, al tipo di visto e al
livello di cittadinanza; barriere economiche, fanno riferimento alla natura dell’onere
economico che gli immigrati versano al Servizio Sanitario Nazionale;
 barriere burocratico-amministrative e organizzative, possono disincentivare l’utilizzo di un
servizio da parte degli immigrati;
 le barriere organizzative sono considerate come un’espressione della cultura organizzativa
che risponde alle esigenze dell’utenza straniera e inoltre possono limitare l’accesso ai
servizi da parte degli immigrati;
 barriere linguistiche, comunicative e interpretative, incidono sulla fruibilità dei servizi.
3. La salute degli immigrati tra accorgimenti strutturali e relazione
Gli immigrati accedono ai servizi sanitari secondo diverse modalità, e che dipendono dalla
condizione migratoria, dalle caratteristiche sociodemografiche oppure dalla cultura di partenza, Ad
esempio gli immigrati vengono da un paese in cui il sistema sanitario è raro e limitato solo ai casi di
urgenza, abitudine che può essere trasferita nel contesto dove si immigra. Gli stranieri a volte non
riescono a riconoscersi come portatori di diritti; dunque, i servizi sanitari sono chiamati anche a far
emergere i loro bisogni attraverso la promozione e l'educazione alla salute. Un cambiamento delle
modalità di accesso e di fruibilità del servizio sanitario per l’utenza straniera può avvenire solo
all’interno di una cultura organizzativa fortemente flessibile e in un’organizzazione che prevede:
 spazi relazionali dove merga la soggettività, dunque il modo di intendere la salute e la
malattia;
 stevie e modalità comunicative dei servizi adeguati all’utenza multiculturale;
 figure professionali di accompagnamento, come i mediatori culturali, allo scopo di
supportare e favorire un corretto utilizzo dei servizi da parte degli stranieri, evitando
incomprensioni.
 Un sistema coordinato di servizi e interventi, ossia forme di collaborazione che consentano
al migrante di costruire un capitale sociale utile a rafforzare le sue potenzialità, la sua
autonomia e indipendenza, e che consentono all'operatore di programmare i suoi
interventi in base a regole, azioni e valori comuni.
 Una formazione specifica all’intercultura per gli operatori sanitari di qualsiasi livello, con
l'obiettivo di rimuovere pregiudizi che possono minare l'accesso ai servizi.
4. La relazione tra operatore sanitario e utente straniero
Molto importante è la cura degli aspetti relazionali, poiché spesso l’operatore agevola i percorsi di
accesso ai servizi sanitari dello straniero, aggirando a suo favore le regole o le procedure qualora si
presentano poco elastiche. Attraverso una buona relazione operatore medico/paziente si ha la
possibilità di rilevare i reali bisogni sanitari e sociali dell’immigrato. Il momento di prima
accoglienza, dove si realizzerà la possibilità di poter capire le regole e le funzionalità del servizio, è
molto importante soprattutto nei primi momenti del ciclo migratorio, perché esso diventa
fondamentale e segna il modo in cui stranieri accederanno al servizio in futuro.
Tuttavia, anche per gli aspetti relazionali esistono delle complessità di attuazione:
- un’assenza di formazione specifica rispetto all’utenza straniera, quindi al persistere di cognizioni
sbagliare;
- e aspetti di natura trasversale riconducibili agli schemi concettuali con cui si guarda alla salute del
paziente; dunque:
 La prima relazione con l'operatore sanitario è il momento attraverso lui l'immigrato accedi
alla comprensione delle regole formali di un servizio, dei suoi tempi e dei suoi
procedimenti. Esso è pertanto il primo ambito in cui si palesa la possibilità di una reale
integrazione sanitaria, dove si comprendono diritti e doveri, ma soprattutto si ricevono i
primi rudimenti di educazione alla salute. Una disattenta impostazione di tali aspetti, ad
esempio poca attenzione alla formazione degli operatori su queste tematiche può
comportare un incremento dell’abbandono dei servizi da parte dello straniero oppure a un
loro utilizzo improprio.
 In secondo luogo, si è visto che la salute degli immigrati parte attraverso il piano
relazionale poiché prevede una serie di azioni concrete dei sanitari volte a favorirne la
tutela, che passerebbero attraverso la concreta valorizzazione degli aspetti su gentili,
infatti, nei bisogni degli immigrati, che si esprimono gli operatori nei contesti di cura.
 Infine, di analizzato che la salute degli immigrati passa anche attraverso gli aspetti sociali,
quindi, anche per la capacità dell’operatore di attivare informalmente punti di
collegamento con altri settori istituzionali, allo scopo di rispondere complessivamente alle
esigenze dell'utente.
In tutto questo, bisogna chiedersi quali aspetti sono un problema per la relazione fra operatore e
paziente straniero; come prima cosa si fa riferimento alle debolezze conoscitive degli operatori
sanitari rispetto alle caratteristiche dell’utenza straniera, tale debolezza si esprime in una
“sopravvalutazione o sottovalutazione” del dato culturale per la lettura degli atteggiamenti e
comportamenti degli immigrati. A queste difficoltà vanno incluse anche quelle che gli operatori
hanno nel rapportarsi alla richiesta di soggettività posta dai pazienti e alle loro difficoltà relazionali
con altre professioni del sanitario.
4.1 Stereotipi, rappresentazioni sociali dell'altro: verso una comunicazione interculturale
Il primo contatto tra l’operatore sanitario e l’utente straniero costituisce un primo momento
essenziale che può segnare l’esito della relazione: per l’operatore la maniera attraverso la quale
prenderà in carico l’utente straniero, mentre per lo straniero la buona riuscita dell’incontro si basa
sull’adesione al piano terapeutico e riesce a comprendere come funzionano i servizi del Paese
d’immigrazione. Il migrante assume agli occhi degli operatori vari volti: alcune volte quello del
“povero”, altre quello di chi “approfitta” di colui che sottrae agli autoctoni, e altre ancora è un
semplice “paziente”. Queste conoscenze pregresse chiamate “rappresentazioni sociali” si basano
sugli atteggiamenti messi in atto dagli operatori e dagli stranieri, perché se l’operatore può
decidere di non entrare in contatto con lo straniero, dal lato del migrante, le necessità pratiche,
legate al bisogno di curarsi, farsi comprendere, gli impongono di assumere un atteggiamento
aperto.
Per Mucchi Faina le conoscenze pregresse e le aspettative relative all’incontro sono l’esito di un
processo cognitivo che va dalla categorizzazione all’individuazione:
per categorizzazione si intende quel processo cognitivo che permette di organizzare il mondo e
conduce a identificare e classificare le cose e le persone come elementi di un raggruppamento
ampio; l’individuazione è quel meccanismo che fa riferimento a specifiche sue caratteristiche.
Lo stereotipo, come rappresentazione cognitiva, viene in aiuto ai soggetti ogni volta che essi
entrano in relazione con i membri di una categoria sociale. Queste rappresentazioni condizionano
le forme di intervento, soprattutto sulla capacità dell’operatore di leggere e valutare il bisogno
espresso dallo straniero. Gli atteggiamenti vanno messi in relazione con le rappresentazioni,
poiché un atteggiamento nei confronti di un oggetto implica l’esistenza di una rappresentazione
sociale, noi costruiamo nuove rappresentazioni pratiche a partire da quelle esistenti o in contrasto
con esse.
Le rappresentazioni si dividono in quattro procedimenti cognitivo-descrittivi:
inversione, attribuisce allo straniero il contrario delle nostre caratteristiche socioculturali;
mancanza, allo straniero manca qualcosa che noi possediamo;
eccesso, si considerano come esagerati alcuni tratti degli stranieri rispetto ai nostri;
combinazione, tutto ciò che è diverso, è visto come una combinazione di animalità. Al di là delle
variazioni, si possono individuare alcuni elementi comuni dello straniero.
opportunità, in Simmel lo straniero è l’arbitro perfetto, poiché in virtù del minor coinvolgimento
che vive nel gruppo, egli assume un atteggiamento neutro. Il cittadino immigrato è considerato
come un attore, che sei sufficientemente sostenuto è in grado di apportare grandi benefici alla
società in cui si inserisce; pericolo, esprime il bisogno psicologico dell’uomo di categorizzare, di
ricorrere a stereotipi o pregiudizi al fine di mantenere un ordine cognitivo e sociale,
quest’immagine nasce dall’ansia di perdere la propria identità comunitaria e personale;
come un individuo, in questa visione per lo straniero non si prevedono né azioni positive per
l’inclusione e né azioni negative verso l’esclusione. Un altro aspetto da considerare è il rapporto
che esiste tra rappresentazione (insieme di stereotipi e pregiudizi che lo compongono) e
atteggiamento. 5. Promuovere una sensibilità interculturale per tutti: quale formazione?
Ci si chiede se è possibile sollecitare gli operatori sanitari ad una sensibilità interculturale.
Operatori che appartengono a diverse categorie sociali e professionali, figure chiamate a
rispondere, in base alle proprie competenze, alle diverse esigenze dell’utenza straniera nei servizi.
Tra queste competenze rientrano anche quelle relazionali.
Che importanza assume all’interno di un contesto sanitario un atteggiamento distaccato, che si
avverte come freddo e limitato alla sola cura della malattia?
Alcuni corsi di formazione e promozione alla comunicazione interculturale sono puntualmente
disertati da buona parte dei medici, tale aspetto però non deve far pensare a una indifferenza
della professione medica verso le problematiche dell’utenza straniera, ma semplicemente una
sottovalutazione di questi aspetti, da parte di alcuni, e un investimento maggiore sui corsi di
formazione di tipo tecnico. Un altro aspetto da considerare è relativo al significato che assume il
concetto di intercultura, concetto che rimanda alle considerazioni sull'opportunità o meno di
garantire un'integrazione sociale che rispetti, oltre che i valori della società di accoglienza anche la
diversità culturale dei migranti. La questione della formazione all’intercultura e sul miglior modo di
garantirla, ad esempio nei servizi sanitari, attiene a quella di Cesario: che qualifica come
dimensione assiologica dell'integrazione e riguarda i criteri utilizzati per stabilire che cosa si
intende per buona integrazione. Tra questi criteri vi è:
il rispetto delle diversità etno-culturali; ma soprattutto l'idea che l'integrazione consiste sempre in
un processo che necessita di tempo, essa è una meta che non si acquisisce una volta per tutte, ma
viene costantemente perseguita. Non esistono delle ricette pronte all’uso, ma un momento di
formazione continua motivato dalla reale volontà di superare i limiti che minano la relazione con
l'utente straniero. Dunque, non vi sono delle soluzioni pronte, ma delle soluzioni praticabili:
 stimolare una sensibilità alla diversità, la capacità di assumere un atteggiamento empatico
rispetto all'utenza in generale, prendere in considerazione la diversità di tutti,
indipendentemente dalla loro provenienza, come ad esempio l'orientamento sessuale o
religioso.
 Una formazione alla comunicazione interculturale per tutti, un'ottica questa che deve
essere orientata verso tutti, a partire dalla dirigenza fino all’operatore che si trova a
contatto con lo straniero.
 Una visione non stereotipata della mediazione linguistica, che vede il mediatore come
quell'operatore sul quale si scaricano tutti i problemi connessi alla relazione con l'utente
straniero. L'ottica complessiva dell'intervento è quella del lavoro di rete, e non di delega,
dove ognuno apporta le proprie competenze.
 Una formazione non limitata a trasferire informazioni sui migranti, pensando che questa
comporta automaticamente una rimozione degli stereotipi e dei pregiudizi. Si rivela invece
molto più utile un intervento formativo che assuma un obiettivo non limitato nel tempo,
ma sorretto da un progetto di approfondimento continuo, sottoposto a costante
autovalutazione, si passa così da un idea di formazione all’intercultura tesa soprattutto a
rimuovere pregiudizi e comportamenti discriminatori, a una più ampia competenza alla
diversità, ovvero ad un processo più lento nel quale gli operatori mettono in discussione il
proprio punto di vista, spesso etnocentrico per dotarsi di un punto di vista etnorelativo.
 Una formazione che promuova più occasioni di incontro con lo straniero, come
presupposto per conoscere e approfondire anche il suo punto di vista, che spesso non
emerge per mancanza di tempo, o di volontà. Ridurre la distanza sociale è fondamentale,
poiché è emerso che non tutti gli operatori, riescono a stabilire un contatto di conoscenza
approfondito con lo straniero.
 Una formazione per la soluzione delle problematiche concrete degli stranieri di quel
territorio e di quei servizi. Più che trasmettere informazioni, lezioni dovrebbero costruire
conoscenza a partire dai problemi che gli operatori effettivamente riscontrano in cui serviti
e con quella specifica udienza. Spesso i corsi di formazione sono impostati per trasferire
nazioni generalizzate, ma accanto a queste sarebbe opportuno aprire più spazi di dibattito
e riflessione sulle caratteristiche dell'utenza di quei servizi, e in particolare le difficoltà che
in quei servizi costoro vi incontrano.
 Infine, una formazione ispirata all’ottica della ricerca-azione, dove il momento formativo è
anche momento di conoscenza, rispetto a quanto succede nei servizi, rispetto a quanto
riscontrato attraverso le parole degli operatori e dei migranti, attraverso le indagini sul
campo con un ritorno costante alle premesse, una revisione degli obiettivi di intervento,
che tutti devono oltre che conoscere, condividere, solo una formazione che combina il
momento conoscitivo con il momento di ricerca, in maniera continua e strutturata, può
produrre risultati utili a risolvere molti dei divari relazionali che si verificano nei servizi con
lo straniero, altrimenti il momento formativo sarà solo un ulteriore spreco di risorse oltre
che di accrescimento dell’operatore sanitario di dubbio e incertezza.

CAPITOLO 3 SALUTE, CULTURA E PLURALISMO SANITARIO


1. Premessa
L'esistenza di riferimenti culturali diversi per quanto riguarda la salute e la malattia non deve,
cedere il passo a un’idea che il migrante sia dotato di una cultura sanitaria opposta a quella di
gente nella società di accoglienza. L'immigrato, anche se portatore di un modello di salute
differente è pur sempre disposto alla rielaborazione dei suoi significati, inoltre da non
sottovalutare il fatto che i già conosce il modello medicale del paese in cui migra. si parla in questo
senso di pluralismo medico dei pazienti stranieri “la relazione fra questi due sistemi non è
necessariamente di esclusione o di opposizione, le innovazioni sono accettate, qualora si curino
benessere siano frutto di una scelta”.
2. Per una ridefinizione del concetto di cultura
Si può definire la cultura come: “l’insieme delle qualità che l’uomo sviluppa nei rapporti sociali, al
fine di dominare la propria condizione esistenziale”. L'accento è posto sul rapporto che essa
detiene con l'azione o con l'esperienza, con tale legame si intende sottolineare che essa precede e
si nutre dell’azione.
Secondo Mantovani 3 sono le funzioni della cultura:
• mediazione: La cultura seleziona alcune conoscenze
• produzione di significati: grazie a una rete di analogia, essa collega i domini differenti
della realtà, fornendo ai suoi membri un repertorio di credenze condivise, senza questa
comune rete di senso non
sarebbe possibile la comunicazione e la mutua comprensione.
• creazione di una cornice e morale: essa si articola in valori e norme, e quindi rappresenta
il codice attraverso il quale giudicare buone o cattive le proprie azioni o quelli altrui.
La cultura si nutre, e si modifica nell'agire stesso. Concepire la cultura Come un processo significa
considerare che le culture non sono sistemi chiusi, bensì sistemi aperti i in continua
trasformazione per effetto dei contatti con altri sistemi e sottosistemi, e che l'agire non è solo il
risultato di un insieme di regole collettive che anticipano e permettono di prevedere il suo
decorso, ma è anche il modo attraverso cui si stabiliscono e si reinventano nuovi codici culturali.
Occorre dunque tenere presente che il rapporto tra struttura sociale e cultura non è dato una
volta per tutte come accade, per la scuola funzionalista, ma che l’azione o l'esperienza conducono
a nuove soluzioni. I soggetti non sono portatori passivi di una cultura di un dato sistema, ma sono
rilevanti agenti di trasformazione di quest'ultimo.
Lo stesso concetto di assimilazione nasce su un’idea di cultura come di un qualcosa che si presenta
in forma piuttosto statica, di cui è possibile con il tempo liberarsi, spogliarsi, apprendendo nuovi
retaggi culturali e tradizioni.
Una delle principali critiche ha portato a questa visione è connessa nella sua sottovalutazione del
concetto di persona, nella dimenticanza di come l’identità, di cui valori, norme e tradizioni un
popolo si nutre, non è un concetto stabile e fisso: si dimentica che a emigrare ad esempio non
sono le culture, ma le persone che le portano “nella vita quotidiana non sono le culture ad
incontrarsi, ma i portatori di quelle culture, ovvero uomini e donne in carne ed ossa. Questa lo giro
conduce a pensare alla capacità dei migranti di integrarsi come una qualità direttamente rilevabile
dai loro retroterra culturali per cui esisterebbero cultura e più integrabili di altre e cultura incapaci
di integrarsi. La logica simile azionista, in definitiva, non considera la capacità del migrante di
elaborare i significati delle proprie conoscenze, non eliminandole, Ma adattandole o
semplicemente comprendendole insieme alle nuove apprese nel contesto di immigrazione.
Attualmente nel dibattito sull'integrazione sono preferite argomentazioni che, oltre a richiamare la
necessità del migrante di adattarsi alla società di accoglienza, fanno anche richiamo alla stessa nel
garantire alcune premesse strutturali che di fatto spesso le impediscono. Questo chiama in causa
una serie di responsabilità, non solo quindi il dovere dell'immigrato di assimilarsi, ma anche il
dovere di aprirsi alle esigenze dei nuovi vissuti: si parla di incorporazione e di inclusione
l'assimilazione e rapida per alcuni aspetti, come la padronanza della lingua e l'apprendimento dei
codici sociali indispensabili per trovare un lavoro, mentre in altre aree, soprattutto quelle della
sfera privata, si aprono maggiori spazi di tutela della diversità (abbigliamento, pratiche religiose).
Tale logica nasce proprio nel considerare la cultura come un aspetto dinamico, le cui modifiche e
riassestamenti in un contesto plurale avvengono in maniera graduale e inconsapevole: non si
tratta di fare posto ad altre culture, intese come entità rigide modificabili, definite per differenza
rispetto ad una cultura della società ricevente, supposta come altrettanto unitaria intangibile. in
realtà non esistono le culture come tali, bensì le persone che rielaborano incessantemente la
propria identità, attingendo al patrimonio culturale ricevuto e confrontandolo con il contesto in cui
si trovano a vivere.
3. Compresenza di culture, asimmetrie di potere, adattamento
Secondo Augè, La malattia è un evento biologico individuale e sociale allo stesso tempo, non solo
perché a farsene carico nelle diverse fasi sono un certo numero di istituzioni, ma anche perché gli
schemi di pensiero che permettono di individuarla, di darle un nome e di curarla, sono
eminentemente sociali.
Da qui si comprende che il corpo, e le conoscenze acquisite su di esso, sulle sue funzioni e sul suo
mantenimento sono il frutto di significati che gli individui costruiscono e condividono all’interno
dei propri contesti di appartenenza. Tali significati costituiscono l'insieme da cui direttamente
deriva l'identità degli individui in cui essi si riconoscono e da cui derivano i loro orientamenti
nell'agire.
Se dunque la malattia e la salute sono le letture che variano con il variare dei contesti, si può
affermare che al variare di questi, delle condizioni socio ambientali, culturali, variano le attese, i
vissuti soggettivi, la percezione nei confronti dello Stato di salute la malattia.
Per lungo tempo all’interno della visione funzionalista, è prevalsa l'idea che questi significati,
aspettative connesse alla salute e alla malattia che gli individui condividevano, quindi d'essere in
maniera armoniosa con i significati e le aspettative della medicina contemporanea. di fatto gli
individui sono sempre più socializzati alla medicina e utilizzano metafore, codici linguistici tratti dal
suo mondo. Questa maggiore competenza, fa riferimento ad un insieme di credenze, miti, idee che
si sono costruite intorno al mondo della medicina, dei suoi professionisti e dei suoi strumenti
tecnici, e si presenta pur sempre in delle rappresentazioni in cui sono riconoscibili simbolismi di
natura propriamente sociale, che si condividono con il proprio gruppo di appartenenza.
Freidson Dimostra come esistono in realtà livelli di adesione al modello biomedico variabili per
contesto, in cui il rapporto fra struttura e cultura diventa variabile e posto in continua
negoziazione sulla base delle esigenze concrete e reali degli individui. Il paziente si presenta così al
professionista solo dopo averlo letto, discusso e definito i propri sintomi all’interno della propria
rete di appartenenza informale. Questa lettura che enfatizza il carattere processuale del rapporto
struttura -cultura, evidenzia tre aspetti notevoli:
• Il primo è che sono compresenti diverse culture della salute
• il secondo è relativo al carattere conflittuale negoziale che la relazione fra medico paziente
può assumere
• il terzo è dovuto per l'appunto una capacità di adeguamento del paziente il modello
medicale e quindi, ha una sua più generale capacità di rielaborazione dei contenuti e delle
conoscenze profonde che possiede.
Diasio Afferma che non è possibile identificare in ogni comunità un'unica tradizione medica, a
partire dalla coesistenza di diverse tradizioni mediche possono essere individuati dei sistemi etno-
sanitari, che riordinano gerarchicamente la totalità delle risorse terapeutiche disponibili sulla base
di un peculiare modo di pensare la malattia.
Accanto a questi sistemi, oggi vanno incluse anche la terapia non convenzionali, un insieme di
pratiche e metodologie di cura che stanno conoscendo nelle società occidentali un largo utilizzo da
parte dei pazienti e dei medici e che possono variamente essere incluse all’interno dei modelli a
cui si ispirano le cosiddette medicine olistiche. Il peso di ognuno di questi settori ovviamente varia
a seconda del contesto, così facendo ogni sistema sanitario è caratterizzato da una sua
configurazione originale. Ciò che occorre sottolineare è che la pluralità delle risorse a terapeutiche
in ogni comunità fa sì che il ricorso al medico o alla figura specialistica sia solo la punta di un
iceberg in cui la domanda eccede.
Questo modello interpretativo permette di aggiungere alcune considerazioni che per il migrante si
evidenziano principalmente:
 La presenza di un sistema etno-sanitario già nelle società di origine e la compresente
pluralità di risorse, che inducono a pensare che il migrante sia in grado di utilizzare, le
diverse opportunità terapeutiche. il paziente, quindi, è già esperto orientato verso un
pluralismo sanitario.
 La presenza di un ridotto sistema etno-sanitario nelle società di approdo; infatti gran parte
della letteratura pone in evidenza l'assenza di reti sociali significative per il migrante.
Questo aspetto considerato nelle sue conseguenze induce a riflettere su come il migrante
nei territori di migrazione perda risorse utili per la sua salute e come la dipendenza dal
settore professionale biomedico diventi spesso totale.
 L'esperienza della malattia è vissuta direttamente nel campo biomedico: di fatto la maggior
parte dei bisogni sanitari degli immigrati viene soddisfatta da quest'area. sei in questo
campo i pazienti autoctoni si presentano i medici con autonomia e con potere decisionale
relativamente ad un medico, i pazienti immigrati invece, per tutta una serie di motivi
rischiano di essere totalmente assoggettati alle decisioni dei medici.
 Sei nella nostra cultura la percezione del sé è prettamente individuale ed i normali identità
è legata a caratteristiche psichiche e operative, per molte culture soprattutto quelle
africane, non è affatto così, vi è una percezione del sé direttamente connessa al gruppo di
cui è parte.
 L'ultimo punto fa riferimento alla capacità di rielaborazione da parte del migrante delle
proprie conoscenze circa la salute e la malattia nei contesti di cura della società che lo ha
accolto. La doppia presenza del migrante fa in modo che lo straniero conserva qualcosa del
vecchio insieme a qualcosa di nuovo, al fine di dar vita a superare il doloroso processo di
trans culturazione.
L'identità dell’immigrato si costruisce così attraverso un progetto che è possibile distinguere in tre
fasi
 Arroccamento: si evidenzia una sorta di crisi etica rispetto ai comportamenti e i valori o
positivo ai propri nella società di accoglienza. Questa fase implica un atteggiamento di
chiusura e di rifiuto nei confronti della società ospite, con esiti drammatici.
 Iperadattamento: esso risponde al tentativo di rimodellare la propria identità strettamente
sugli schemi della società ospite. Tale fase spesso riscontrabile nei bambini, ma
sostanzialmente e relative anche agli adulti allorquando comprendano che l'unico modo
per meglio inserirti è quello di somigliare nei modi di fare di essere gli autoctoni della
società in cui si emigra.
 Criticismo: in questa fase si elabora la possibilità di un arricchimento e di una certa crescita
identitaria. Sparite certe aspettative, l'immigrato comprende che la strategia migliore è
quella di rendere critici gli aspetti relativi non solo alla cultura della società di accoglienza,
ma anche a quella di origine.
4. Il peso della cultura: i livelli di complessità e incomprensione con l'utente straniero
Il fulcro all'interno del quale vi sono tutte le problematiche odierne dell'utenza multietnica è
dovuto al modo di intendere il concetto di cultura. Si tratta di analizzare quanto il discorso sulla
cultura posta costituire un limite, nel momento in cui diventa agli occhi dell’operatore una
questione la cui natura appare insormontabile.
Bisogna stabilire che ogni incontro sì a Lugo che produce nuovi concetti, in cui le diversità possono
come esito ricomprendersi e trasformarsi in qualcosa di differente, sia per il medico sia per il
paziente immigrato. La lettura sulla medicina delle migrazioni individua cinque livelli di
complessità, livelli che fanno riferimento al rapporto medico paziente, ma che possono essere
estesi anche per le altre professioni:
• Livello prelinguistico: Fa riferimento all'incapacità dello straniero a comunicare i propri
vissuti interiori, i medici generalmente si interessano solo alla manifestazione oggettiva
della malattia, riducendo dunque la propria attenzione ai sintomi, meno invece all'insieme
di sensazioni, emozioni, pensieri e comportamenti correlati, propri della percezione
soggettiva dell’essere ammalato del paziente. Capita inoltre che il paziente autocensuri le
proprie opinioni sulla malattia, non solo per le ovvie difficoltà linguistiche, ma anche per
evitare di apparire selvaggio o rozzo, soprattutto quando gli fa riferimento a un modello di
lettura della salute differente, ad esempio basati su fenomeni di possessione, o
stregoneria.
• livello linguistico: Generalmente è questo il livello che maggiormente viene citato come
aspetto problematico della relazione tra il medico e il paziente straniero. Il livello di
incomprensione linguistica appare risolvibile, attraverso due modalità:
-o per mano di interpreti occasionali, grazie all'intervento di parenti o amici;
-o attraverso un intervento più strutturato e competente, svolto dai mediatori culturali.
entrambi i casi presentano dei problemi, nel primo, alcune notizie, che il migrante esprime
possono, nella traduzione, essere omessi, Nel secondo caso si rischia di affidare gli ambiti
relazionali al mediatore culturale, con evidente di impegno da parte dei medici.
• livello metalinguistico: Fa riferimento al fatto di un medesimo termine può riferirsi a un
diverso contenuto simbolico fra i partecipanti della relazione.
• livello culturale: tale livello è l'espressione più concreta della distanza che esiste fra
medico e paziente straniero. Per la salute si fa riferimento all'insieme di conoscente,
abitudini, interpretazioni relative al corpo e alla malattia e ai significati della sua
causazione, che il migrante porta con se nel paese di immigrazione punto a questo livello
si collocano fra medico e paziente diverse incomprensioni, fra cui il fatto di considerare la
cultura solo in maniera prescrittiva, non tenendo conto di come essa sia anche e
soprattutto un prodotto della storicità, dell’esperienza concreta e vissuta.
• livello metaculturale: Si riferisce alle differenze ideologiche, filosofiche e religiose che
possono farsi sentire all’interno della relazione. Se il livello culturale è un processo in larga
parte inconsapevole, il livello metaculturale si riferisce a quegli aspetti ampiamente
consapevoli e dichiarati dai partecipanti della relazione medico-paziente e, dunque, se da
un lato essi possono rappresentare fonte gli esplicito contrasto, dall'altro sono aspetti più
facilmente negoziabili.
5. Osservare la cultura: brevi considerazioni antropologiche per l'interpretazione dei
comportamenti dello straniero nei servizi
Al fine di rendere centrali le complessità che emergono nel discorso della relazione con il paziente
straniero, può essere interessante, individuare quali sono gli ambiti per i quali si rende più palese
l'influenza di un orientamento culturale sul comportamento del paziente. se è vero che la cultura
influenza il comportamento dello straniero, è anche vero che nel momento in cui lo straniero
utilizza un servizio, egli ha già aderito all’approccio di diagnosi, trattamento e cura proposto dalla
medicina e dalla società di accoglienza.
Difficilmente, nei servizi si verifica la possibilità di esprimere i contenuti del modello di cultura
della società di provenienza.
Dalla ricerca condotta sui medici emerge che i divari di natura culturale con lo straniero non sono
tanto riferibili alle concezioni di salute e di malattia, benché Fra qualche operatore permanga una
visione un po’ stereotipata della medicina dei paesi di origine, spesso vista come un misto tra
medicina popolare, magia e stregoneria, Ma fanno riferimento principalmente:
• All'espressione del dolore dei sentimenti in generale legati alla salute e alla malattia;
• Alla presenza nei servizi di cura dell’ entourage più prossimo al paziente straniero;
• alle differenze rispetto a norme di comportamento, relative ai codici che per gli autoctoni
contraddistinguono la buona e la cattiva educazione;
• alle differenti abitudini alimentari
• alle differenze rispetto alle concezioni e norme igienico-sanitarie
• i comportamenti relativi alla sessualità del migrante e alla sua salute riproduttiva
• le relazioni che si stabiliscono tra gli stranieri;
• i riti di passaggio: parto, nascita, morte.
• Ovviamente le considerazioni espresse rispetto a “problematiche” variano in base alla
provenienza del migrante, e si avvertono principalmente per culture molto distanti da
quella occidentale come africa o asia.
• È possibile riprendere singolarmente alcuni degli aspetti problematici sopraelencati ovvero
i divari culturali evidenziati dagli operatori sanitari nel relazionarsi all’utente straniero, al
fine di discuterli, oltre che problematizzarli “antropologicamente” tramite l’ausilio della
lettura.
5.1 Variazione l'espressione del dolore secondo i gruppi di appartenenza
Nonostante i sintomi presentano fisiologicamente la stessa condizione per ogni patente, è
possibile riconoscere delle differenze culturali nella loro interpretazione. Tali differenze si situano
a un livello spesso ignorato o banalizzata dalla medicina ufficiale. Molti studi descrivono di un
diverso modo di esprimere il dolore nei servizi al seconda del gruppo etnico di riferimento.
L'antropologia da questo punto di vista ha evidenziato come le radici culturali, in particolare quelle
religiose abbiano da sempre influito sulla considerazione oltre che espressione del dolore, ad
esempio il modello giudaico-cristiano valorizza il controllo del corpo e la capacità di gestire le
proprie emozioni, considerato che il dolore è la strada attraverso la quale i malati peccatori poi
sono riscattarti agli occhi di Dio, e pertanto esso deve essere sopportato. Al contrario in altre
culture è molto più probabile che il malessere venga espresso molto più palesemente, essendo la
malattia del singolo un episodio vissuto in modo collettivo.
5.2 Norme di comportamento atteggiamento degli immigrati nei servizi
Non è raro che tra i motivi di scontro nei servizi con i migranti vengono incluse le norme di
comportamento. Per gli operatori, gli stranieri oltre a non rispettare le regole di utilizzo di un
servizio, presentandosi tardi agli appuntamenti, spesso sono anche irrispettosi nei loro confronti; il
significato che assume per gli operatori la questione del rispetto rimanda direttamente alle
rappresentazioni sociali che costoro hanno costruito dello straniero, allo statuto che gli autoctoni
gli attribuiscono, se di cittadino alla pari o di ospite.
Tra gli aspetti che maggiormente danno origine ai malintesi nell'interpretazione del
comportamento dello straniero, rientrano le diversità relative alle manifestazioni corporee degli
stati d'animo, o comunicazione non verbale, che varia a seconda della cultura di riferimento, come
accade per la questione della distanza che si pone fra 2 interlocutori; Per alcuni stranieri molto
ravvicinata, mentre i codici occidentali predispongono un contatto più distanziato, soprattutto nei
confronti di persone con le quali non si ha un rapporto di familiarità. A questi aspetti vanno poi ad
aggiungersi la questione degli odori corporali, oltre che la questione del tono della voce che pure si
ripercuotono e sono oggetto di giudizi da parte degli autoctoni.
Anche la lingua può dare luogo a grossi malintesi, ad esempio in alcune lingue non esistono i
pronomi allocutivi di cortesia, come il dare del lei. Inoltre, l'utilizzo delle metafore tipiche delle
lingue occidentali, per alcuni stranieri sono difficili da decodificare, come si è visto a proposito
delle incomprensioni metalinguistiche.
5.3 Le abitudini alimentari: tra contrapposizioni e familiarizzazione
Le abitudini alimentari degli stranieri sono da sempre oggetto di numerosi pregiudizi. Le abitudini
alimentari sono simbolo di ogni cultura. Nella cultura ebraica o islamica la carne deve essere
dissanguata, il maiale è vietato. In tutte le culture esistono diversi modi per preparare il cibo, al
fine di purificarlo e di renderlo buono. Uno dei problemi più Avvertiti tra gli operatori sanitari che
lavorano in ospedale coincide con lo spostamento degli orari durante il Ramadan, Nonostante
alcuni musulmani decidano di interromperla in caso di malattia, la pratica del digiuno è molto
diffusa, in questo caso i pasti giornalieri andrebbero collocati all' Alba e dopo il tramonto. Le
abitudini alimentari rappresentano per lo straniero un collegamento con il proprio paese d'origine,
poiché il cibo costituisce uno strumento di riappropriazione della propria identità. Recentemente il
cibo è divenuto strumento per costituire ponti di collegamento anche con la società di accoglienza,
considerato che va diffondendosi sempre di più, con l'intensificarsi dei fenomeni migratori, le
ethnic food, apprezzato non solo dagli stranieri, ma soprattutto nelle grandi città, dagli autoctoni.
In ambito sanitario al momento, non è previsto l'adeguamento che prevede regimi dietetici
differenziati per lo straniero.
5.4 Concezioni E norme igieniche: i concetti di “pulito” e “sporco” attraverso le culture
Le differenti concezioni del pulito e dello sporco potrebbero da sole costituire l'oggetto di un libro,
tanto che sono vaste e variabili. Lo sporco è associato agli usi e alle concezioni del corpo, e più
generalmente associato a tutto quello che viene definito in disordine. Questa concezione varia da
cultura a cultura, e in alcune potrebbe non essere presente allo stesso modo. L’antropologia
evidenzia come in numerose culture, il mantenimento della salute e la guarigione sono legate alle
tecniche di purificazione. Esistono su questo tema numerose differenze tra le rappresentazioni e le
abitudini dei malati e quelle degli operatori sanitari. Nella cultura islamica esistono diverse
prescrizioni in tal senso come, ad esempio, l'abluzione prima di pregare, e inoltre l'idea che tutto
ciò che esce dal corpo debba essere considerato come impuro.
Nel mondo arabo mussulmano l'acqua deve scorrere per eliminare lo sporco e purificare il corpo.
Pertanto, per alcuni lavarsi in una vasca costituisce un qualcosa che non ha senso, e usciti dal
bagno potrebbero sentirsi ancora sporchi. In tutte le culture, il sangue, il sudore, danno luogo a
molteplici rappresentazioni, e di conseguenza forme di controllo irrazionali. Vega a tal proposito
riporta il caso degli operatori sanitari con i malati di Aids, dove accanto alle misure di precauzione
previste per evitare di entrare in contatto con i liquidi biologici coesistono forme di distanziamento
più o meno ossessive dalla saliva, gli escrementi o il sudore dei pazienti.
5.5 Le relazioni, i legami: comportamenti sessuali e riproduttivi in ambiente migratorio
Le caratteristiche che oggi permettono di descrivere la famiglia contemporanea quali la
privatizzazione, La deistituzionalizzazione E l'individuazione, descrivono proprio quel progetto che
ha portato sempre più la cellula familiare a distaccarti da quel complesso di legami parentali che
caratterizzavano la famiglia del passato. La famiglia di oggi, ha perso, quel carattere di istituzione
che regolava le condotte dei membri al suo interno ed è sempre più è divenuta una comodità di
affetto, ripiegata ai bisogni dei suoi componenti.
Nonostante permangano le asimmetrie di potere in questi rapporti, è innegabile come nelle
società occidentali si vada verso una maggiore individualizzazione dei rapporti.
La differenza che si origina in alcuni servizi fra operatore sanitario e immigrato è dovuta proprio a
queste considerazioni, ovvero le rappresentazioni sociali che gli operatori hanno della famiglia del
migrante, e in particolare del rapporto uomo donna, oltre che del modo in cui questi si prendono
cura dei loro figli.
Esistono numerose convergenze e divergenze culturali relative all'organizzazione familiare. Al di là
dell’immensa diversità delle organizzazioni, tutte le famiglie si strutturano a partire da tre
relazioni, più o meno valorizzato in tutte le culture. Gli antropologi distinguono questi rapporti in
relazione di: Filiazione (genitore figlio), fratellanza e alleanza (parentado più ampio).
Si nota che tale organizzazione familiare non viene abbandonata in ambiente migratorio, al
contrario gran parte della letteratura contemporanea sulle migrazioni mette in evidenza proprio la
forza di questi legami, che perdurano anche nella società di accoglienza. Grazie alle nuove
tecnologie della comunicazione, infatti, è possibile parlare di vere e proprie reti di famiglie, le cui
influenze travalicano i confini geografici.
Un altro aspetto nel quale la famiglia riveste un ruolo fondamentale è l'educazione dei bambini. In
tutte le culture i bambini devono essere ben educati, vale a dire che ti devono imparare a
comportarsi secondo le regole e i modelli del loro ambiente socio culturale. Tuttavia, gli educatori
e le regole dell’educare sono diversi. Se nelle famiglie occidentali i bambini sono allevati
principalmente dai genitori, in numerose culture, come quelle africane, non sono solamente questi
ad assumersi il carico di allevare i bambini, che spesso sono socializzati fuori dal ristretto nucleo
familiare.
La famiglia, è bel lontana dal corrispondere al modello occidentale di famiglia nucleare, ovvero di
coppia composta da madre, padre e figli, aspetto questo il cui superamento è evidente anche nelle
società occidentali considerato un aumento di forme di famiglie ricomposte, o di coppie di fatto,
come quelle tra conviventi o fra individui dello stesso sesso.
Un altro aspetto fortemente dibattuto è la questione concernente le condotte sessuali e
riproduttive dei migranti, anche queste luoghi di rappresentazioni sociali stereotipate e oggetto di
alcune perplessità tra gli operatori sanitari. Avere un figlio resta un importante obiettivo per le
donne di qualsiasi cultura, e per alcuni è l'obiettivo più importante. Ricchezza e potere vanno di
pari passo al possedimento di una numerosa discendenza. Questo aspetto ad esempio se tenuto in
debito conto degli operatori, contrasterebbe il giudizio, spesso ricorrente, di condanna nei
confronti delle donne straniere che in ambiente migratorio continuano ad avere gravidanze
nonostante le difficoltà economiche che incontrano. Ben più completa, è la gestione delle
interruzioni volontarie di gravidanza, in realtà l’aumento di questa pratica tra le donne straniere è
spesso vista come assenza di una cultura della prevenzione e, dunque, una scarsa conoscenza
delle misure contraccettive.
Un'ultima considerazione va posto sul significato che assume la gravidanza, in particolare il parto,
nelle diverse culture. La nascita che, come la maggior parte dei riti di passaggio, da luoghi a
pratiche, discorsi e rappresentazioni culturali molto diverse a seconda dei gruppi sociali
considerati, e dalle epoche. Al fine di meglio accompagnare e convincere la paziente della
necessità di alcune cure ginecologiche e ostetriche, è di vitale importanza che i professionisti
prendano coscienza di alcune abitudini e credenze molto diffuse.
Nelle società nelle quali la gravidanza pare poco medicalizzata, o laddove non esistono, sono poco
diffusi strumenti che consentono di monitorare il feto si pensa spesso che il corpo della donna
incinta lascia trasparire i segni della sessualità del nascituro, come per la forma del ventre o le
voglie alimentari.
Le donne africane usano mangiare polvere di gesso o terra, queste abitudini, potrebbero sembrare
strane gli occhi dell'operatore, esse sono fondate su delle conoscenze accumulate e riadattate da
generazione in generazione.
Un ultimo aspetto è quello relativo alla divisione dei compiti e delle aspettative concernenti i ruoli
di genere, in tutte le culture ci sono più o meno rigidi confini rispetto alle caratteristiche che
contraddistinguono i generi, oltre che la prescrizione dell’incesto e i divieti a condannare per
quanto riguarda l'omosessualità.
In realtà, in quasi tutte le culture umane, alle donne sono affidati compiti meno prestigiosi, e meno
di spessore legati alla sfera privata e alla cura dei figli, mentre agli uomini sono associati i ruoli di
potere e di prestigio, al punto da poter considerare ineguaglianza di genere come delle costanti
culturali.
Le difficoltà restano agli occhi dell'operatore nel leggere interpretare il comportamento che
assume la donna straniera nella coppia e, in generale, nel rapporto coniugale. Evidenziato spesso
un atteggiamento remissivo delle donne nei confronti dell'uomo, attraverso letture spesso
stereotipate che, come emerso in più occasioni nella ricerca dei medici sono spesso foriere di
malintesi ed errori di interpretazione.
CONCLUSIONI E ALCUNE CONSIDERAZIONI AGGIUNTIVE
È necessario predisporre una serie di modifiche all’interno delle organizzazioni sanitarie in materia
di medicina transculturale e determina la buona e cattiva salute e percorsi di promozione e azioni
volte a mantenerla. La “promozione della salute” viene intesa come un intervento multiforme teso
ad affrontare problemi connessi con la riduzione delle disuguaglianze sociali nelle opportunità di
raggiungere e mantenere la salute.
Si sviluppa su tre fronti: politico, sociale e educativo.
1. coinvolge agenzie pubbliche e volontarie che lavorano insieme per modificare le condizioni
di vita, esaminando le implicazioni che possono avere sulla salute le politiche degli alloggi,
dell’impiego, degli ingressi migratori;
2. cerca di coinvolgere queste in prima persona nell’identificazione dei problemi di salute e
nell’individuazione di possibili soluzioni;
3. si focalizza sui fattori di rischio individuale connessi alle rappresentazioni sociali, alle
credenze, ovvero alle conoscenze di senso comune relative a tutto ciò che concerne la
salute.
Esistono 5 tipologie di servizio:
1. servizi di prima accoglienza: che rispondono a bisogni urgenti, relativi alle prime fasi di
insediamento degli stranieri nel Paese;
2. servizi di accoglienza residenziale: corrisposti a coloro che versano in condizioni di
precarietà e disagio temporaneo o continuativo;
3. servizi di accoglienza semiresidenziale: luoghi di ritrovo dove gli immigrati trascorrono
parte della giornata svolgendo delle attività;
4. servizi per l’integrazione: relativi a percorsi di inclusione in diversi ambiti della società di
accoglienza: il lavoro, la scuola.;
5. servizi di rappresentanza: iniziative capaci di dare voce agli immigrati.
Ma esistono anche servizi che offrono assistenza agli stranieri. Molto sviluppate in Campania le
associazioni di Terzo Settore rivolte allo straniero in cui sopperiscono un sistema welfare locale
carente di mirate politiche per gli immigrati.
Altre debolezze emerse sono: reperimento di risorse economiche, aspetto che metta a rischio
molte attività. Molto delicata, la questione dell’educazione che è il punto di partenza della
promozione della salute e deve rendere le persone consapevoli delle conseguenze delle proprie
azioni e accrescere anche la preoccupazione nei riguardi dei fattori che la mettono a rischio.
Differenti modelli nell’ambito dell’educazione alla salute.
Il primo modello parte dal presupposto che il comportamento dannoso deriva dalla mancanza di
conoscenze e l’educazione alla salute consiste così nell’inculare le abitudini appropriate,
spiegandone l’efficacia, ammonendo al tempo stesso sui rischi e i pericoli di comportamenti
dannosi. Fornite delle informazioni, ciò determina un aumento\miglioramento delle conoscenze,
ne consegue una modificazione del comportamento, da cui deriva un miglioramento della salute.
Questo modello per gli immigrati si rivela inadeguato per due principali motivi:
1. il migrante deve decidere per la sua salute o per la cura della malattia. Occorrerebbe un
approccio più paritetico, all’interno del quale le conoscenze pregresse vengano ricollocate
entro schemi di corretto utilizzo e non di opposizione a quelle ufficiali.
2. affinché l’informazione rappresenti una premessa per una modificazione dei
comportamenti occorre confrontarsi anche con la reale volontà del ricevente, di
conseguenza non occorre solo riflettere sull’informazione ma anche sugli effetti prodotti da
essa. Questo fa sì che l’informazione debba inevitabilmente confrontarsi con gli effetti che
essa ha realmente prodotto sugli atteggiamenti e reindirizzarsi modificandola nel caso in
cui essa non abbia prodotto risultati sperati.
Il secondo modello “riconosce che le credenze e le esperienze individuali hanno un ruolo
importante nel modo in cui le persone concepiscono e danno senso ai processi di salute”. Il terzo
modello si muove sulla scorta del self-empowerment e cerca di coinvolgere nella progettazione e
nella strutturazione dell’autoeducazione. I due ultimi modelli concepiscono la persona come: “un
sistema composto da un’unità biopsichica che interagisce con i sistemi esterni che compongono
l’ambiente nel quale la persona trascorre proporzioni della sua vita”. “salute è quella condizione di
un soggetto umano di prevenire le malattie fisiche, le patologie psichiche e le deprivazioni sociali
che danneggiano la sua personalità e gli individui che frequenta nella vita quotidiana.
Promozione della salute significa:
 rimuovere i fattori di rischio
 promuovere azioni educative che facilitano azioni di presa in carico della propria salute
 attivare azioni di prossimità e vicinanza con lo straniero
 rimuovere gli ostacoli o le barriere organizzative che non consentono agli immigrati un
accesso e una fruibilità del servizio
 rinforzare o creare un supporto tecnico, organizzativo e professionale.

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