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il benessere
a scuola
Promuovere
il benessere
a scuola
esperienze ed indicazioni
per prevenire lo stress da lavoro
correlato (DM 81)
ATTI
a cura di:
Giuseppina Fantone - Massimo La Rocca
Massimo La Rocca
Dirigente scolastico I.C. Via Sebenico - Roma
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Luigi Calcerano
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La prevenzione dello stress e la promozione del benessere
nel contesto scolastico nella prospettiva psicosociale:
il ruolo dei fattori nocivi e protettivi
Dina Guglielmi
Docente di Psicologia del Lavoro - Università di Bologna
Introduzione
1 Guglielmi D., Paplomatas A.,Simbula S., Depolo M. (2011), Psicologia della salute, N°
3, 2011, pp. 53-74.
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lavoro e coinvolgimento; Benessere organizzativo; Caratteristiche del
compito; Il compito: gestione della classe; Salute e benessere.
Hanno risposto al questionario 953 persone che lavorano all’interno della
scuola (82% docenti). I risultati mostrano la validità e l’attendibilità dello
strumento proposto per valutare i fattori di rischio psicosociale nella scuo-
la, segnalandone un possibile uso nella valutazione dello stress lavoro cor-
relato.
A titolo esemplificativo nelle Figura 1 sono mostrate le associazioni tra le
dimensioni studiate e il benessere e malessere organizzativo. Gli stessi fat-
tori si associano (come mostrato nella figura) e permettono inoltre di
discriminare diversi tipi di esiti (benessere, fatica mentale, ecc.). I risulta-
ti possono, quindi, essere considerati una conferma di quanto richiamato
dalla normativa attuale in materia di sicurezza sul lavoro rispetto ai poten-
ziali effetti delle caratteristiche del lavoro e dell’organizzazione del lavo-
ro sul benessere e sulla salute dei lavoratori.
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Il secondo lavoro di ricerca presentato in questa sede dal titolo “Job
Demands-Resources Model: uno strumento per la valutazione dei fattori
di rischio nella scuola2“ allarga la prospettiva con l’obiettivo di non defi-
nire solo uno strumento ma una vera e propria modalità di intervento in
ambito scolastico. Come anticipato in precedenza in confronto con altre
professioni, l’insegnamento è considerato un lavoro ad alto stress. Uno dei
recenti modelli teorici inerenti stress e burnout ampiamente utilizzato
anche sugli insegnanti è il modello Domande-Risorse Lavorative (JD-R)
presentato sinteticamente in Figura 2.
2 Guglielmi D., Simbula S., Depolo M. (2009), Psicologia dell’educazione e della forma-
zione, Vol. 11, N° 3.
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individui normali‘che è, in primo luogo, caratterizzato da esaurimento,
accompagnato da angoscia, senso di ridotta competenza, motivazione
descrescente e lo sviluppo di atteggiamenti disfunzionali al lavoro) il
secondo per una situazione di engagement (condizione positiva e affetti-
vo-motivazionale di realizzazione che è caratterizzata da energia, dedizio-
ne e assorbimento). Entrambi i processi hanno un’influenza sul benessere
individuale e organizzativo ma il processo di stress in senso negativo e
quello motivazionale in senso positivo.
Lo scopo dello studio qui presentato è stato di testare il modello nel con-
testo scolastico italiano. 235 insegnanti di 4 scuole secondarie di I grado
della Regione Emilia-Romagna hanno risposto a un questionario su risor-
se (influenza/partecipazione e sviluppo personale), domande lavorative
(iniquità e conflitto lavoro-famiglia), burnout, engagement, benessere e
comportamenti di cittadinanza organizzativa.
I risultati delle analisi (mediante modelli di equazioni strutturali) mostra-
no che il burnout è un mediatore tra domande lavorative e benessere, men-
tre l’engagement è un mediatore tra risorse lavorative e comportamenti di
cittadinanza organizzativa, come mostra la figura 3.
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I risultati confermano quindi che fattori psicosociali dell’ambiente lavora-
tivo stimolano due processi opposti: un processo di stress (o esaurimento
delle energie) innescato dai fattori nocivi; e un processo motivazionale
sostenuto dai fattori protettivi. Tali processi hanno effetti opposti sul benes-
sere degli insegnanti: elevate domande conducono a cattiva salute menta-
le; mentre adeguate risorse favoriscono l’attuazione dei CCO. Fattori noci-
vi e fattori protettivi risultano tra loro negativamente correlati.
Questo studio fornisce indicazioni per la valutazione dello stress lavoro-
correlato e le relative strategie di intervento nella scuola. In primo luogo
il Modello “Domande-Risorse” si è mostrato utile per l’analisi e la valu-
tazione dei fattori psicosociali nell’ambiente “scuola”. L’utilizzo del
modello consente due possibilità: stimare la rischiosità della situazione
lavorativa, ma anche valutare i punti di forza e le risorse presenti. In sin-
tesi i vantaggi del modello possono essere così sintetizzati: misura miglio-
re dello stressor (in rapporto al disagio sperimentato); misura del “lato
nascosto” del lavoro: le risorse per il benessere; capacità di rilevare linee
di intervento alternative, connesse allo sviluppo dell’engagement dei lavo-
ratori.
I risultati delle due indagini nel loro complesso suggeriscono quindi indi-
cazioni sui possibili tipi di intervento (individuali e organizzativi) da
attuare sia per prevenire il manifestarsi di situazioni di disagio, sia per pro-
muovere il benessere fisico, psicologico e sociale all’interno del contesto
di lavoro “scuola”.
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La leadership democratica nella scuola
Roberto Serpieri
Professore Associato - Facoltà di Sociologia
Università Federico II - Napoli
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“Lo stress da doppio carico di lavoro: alcuni aspetti
della femminilizzazione della professione di insegnante”
Ketty Vaccaro
Sociologa, Responsabile Settore Welfare - CENSIS - Roma
Nella relazione sono stati messi in luce alcuni degli aspetti che, a diverso
titolo e in misura diversificata, possono essere considerati rilevanti nella
genesi delle situazioni di burn-out degli insegnanti italiani:
• da una parte gli aspetti interni alla professione, che hanno a che vede-
re con la progressiva femminilizzazione, l’aumento dell’età media del
corpo insegnante, la crescente precarizzazione, la difficoltà di gestire i
nuovi assetti della scuola italiana, con specifico riferimento alla crescen-
te presenza degli immigrati;
• dall’altra parte sono evidenziati gli elementi specifici, legati alla femmi-
nilizzazione della professione, ma in grado di configurare una ulteriore
fonte di stress di natura esterna alla scuola, identificata del doppio
carico di lavoro che caratterizza l’attuale condizione delle donne italia-
ne.
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Scuola, benessere e giustizia:
un tema su cui riflettono filosofi e sociologi
Luciano Benadusi
Professore Onorario Università La Sapienza - Studioso di sociologia
dell’educazione - DIrettore della rivista “Scuola Democratica”
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Sezione teorico-operativa sugli aspetti giuridico-legali
dello stress da lavoro correlato
Micaela Ricciardi
Dirigente Scolastico Liceo G. Cesare - Roma
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“La prevenzione dello stress e la promozione del benessere
nel contesto scolastico in riferimento alla prospettiva giuridica:
il ruolo della prevenzione nelle controversie giurisdizionali”
Laura Paolucci
Avvocato dello Stato - Bologna
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“La valutazione medico legale in ambito scolastico”
Alessandro Iarìa
Ten. Col. - Medico legale - Titolato ISSMI - Rappresentante del
Ministero della Difesa presso il Comitato di verifica - Roma
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“L’organizzazione scolastica alla luce della nuova normativa
di riferimento e piani di miglioramento”
Massimo La Rocca
Dirigente scolastico I.C. Via Sebenico - Roma
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di lavoro rappresenta l’elemento fondamentale per conferire efficacia
all’azione di prevenzione attraverso l’implementazione di sistemi di con-
trollo delle misure adottate, la ripartizione intersoggettiva dell’obbligo di
sicurezza e salute fra i ruoli della linea gerarchico-funzionale. Si eviden-
zia, quindi, la necessità continua di monitorare il sistema e di informare e
formare tutto il personale scolastico, nonché richiamare le responsabilità
degli studenti in merito al coinvolgimento diretto della loro presenza sco-
lastica. Il decreto inoltre responsabilizza le istituzioni nel promuovere e
diffondere la cultura della sicurezza e della salute per la formazione dei
futuri cittadini (art. 11 D.Lgs. 81/08).
zione dell’individuo nel sistema lavorativo (Art. 28 D.Lgs. 81/08).
Di seguito si possono riassumere i vari interventi che il datore ha la neces-
sità di predisporre per promuovere, nell’ambiente lavorativo, la cultura
della sicurezza:
Secondo la moderna impostazione il concetto di salute non va intesa più
solo come semplice “assenza di malattia o di infermità” ma anche come
“benessere” che comprende e riassume la “pienezza” e l’appagamento
dell’individuo nel lavoro.
L’obiettivo della nuova sicurezza diventa, di conseguenza, quella di moni-
torare e migliorare la condizione del lavoratore nelle diverse dimensioni
della salute (fisica, mentale e relazionale).
Nella nuova nozione di salute rientrano quindi vari concetti:
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In tale contesto normativo, il dirigente scolastico vive una condizione di
grande responsabilità, spesso vissuta in solitudine e talvolta nell’impoten-
za, in quanto si trova a dover operare, per la sicurezza dei lavoratori e
degli utenti presenti nella scuola, in qualità di “Datore di Lavoro” ma con
un potere di spesa insignificante e con le gravi necessità, spesso irrisolte,
che sono di gestione esclusiva dell’Ente proprietario.
Le problematiche che il dirigente scolastico deve risolvere con l’Ente pro-
prietario sono almeno quattro:
Innovazione e cambiamento
“Non sono le specie più forti a sopravvivere né le più intelligenti, ma quel-
le più sensibili al cambiamento” C. Darwin
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Lo sforzo in questa fase è quello del coinvolgimento di tutti gli attori,
anche quelli considerati marginali e poco integrati, in modo da far dimi-
nuire il rischio di entrare solo in contatto con la “storicità dei personaggi”
e con le routine di lavoro ormai consolidate e ripetitive.
L’obiettivo dell’analisi iniziale è quella del ri-orienamento dell’agire
comune, attraverso l’individuazione di metodologie lavorative innovative
e più efficaci, al fine di progettare significative azioni migliorative delle
dimensioni connesse al benessere organizzativo di seguito sinteticamente
richiamate (Avallone e Paplomatas):
Comfort dell’ambiente di lavoro – Chiarezza degli obiettivi organizzativi
– Riconoscimento e valorizzazione delle competenze e degli apporti dei
singoli lavoratori – Ascolto attivo – Disponibilità delle informazioni per-
tinenti al lavoro – Gestione della conflittualità – Relazioni interpersonali
collaborative – Rapidità di decisione – Livelli tollerabili di stress – Equità
organizzativa – Utilità sociale – Apertura all’ambiente esterno e all’inno-
vazione.
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Aspetti operativi
“La scuola quale laboratorio di complessità sociale” P. Romei
In attuazione dell’art. 6 comma 8, lettera m-quater e dell’art.28, comma
1bis del D.L.vo n. 81/2008 il Ministero delle Politiche Sociali ha diffuso,
con l’emanazione della circolare 18 novembre 2010, le istruzioni per la
valutazione dello stress lavoro-correlato, approvate dalla Commissione
consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro.
Nell’ottica di una visione integrata, la valutazione del rischio da stress
lavoro è parte della valutazione dei rischi e andrà effettuata dal datore di
lavoro avvalendosi della collaborazione del RSPP con il supporto del
medico competente e previa consultazione del rappresentante dei lavora-
tori. L’aspetto metodologico consente di indagare su tutti i gruppi omoge-
nei di lavoratori dell’unità e non sui singoli, attraverso un’azione di anali-
si di tutti gli elementi:
1. Eventi sentinella, quali indici infortunistici, assenze, turnover, ecc.
2. Fattori di contenuto del lavoro, quali ad esempio ambiente ed attrezza-
ture, carichi e ritmi di lavoro ecc.
3. Fattori di contesto del lavoro, quali ad esempio, ruolo, autonomia deci-
sionale e controllo, conflitti, comunicazione ecc.
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In tale ambito assume una grande rilevanza l’individuazione dei punti di
forza e quelli di debolezza, inoltre misurare i risultati attraverso indica-
tori e, di conseguenza, progettare e realizzare miglioramenti significati-
vi attraverso la continua comparazione con situazioni organizzative e di
contesto similari.
Conclusioni
La tematica del benessere organizzativo, in conclusione, nasce dall’esigen-
za di valorizzare al massimo il contributo delle risorse umane in ambito
organizzativo. Si rifletta sul fatto che i processi produttivi di qualsiasi natu-
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ra (produzione di beni, di servizi, di apprendimento, di ricerca, di aiuto)
sono sempre stati regolati da impianti organizzativi basati sulla predisposi-
zione di strutture, procedure, sistemi di potere, strumentazioni operative e
gestionali progettati in funzione della razionalizzazione e dell’economia
delle attività da svolgere e della loro verificabilità e controllabilità. In que-
sti apparati si è privilegiato una concezione meccanicistica del contributo
delle persone, prevedendone una prestazione “tecnica” che ignorava, e
considerava disturbanti, le componenti soggettive di tipo motivazionale,
relazionale e emozionale. Si è privilegiato così più l’attenzione all’apporto
quantitativo ed esecutivo della prestazione (lavorare sodo, impegnarsi di
più, fare il proprio dovere, non fare errori, rispettare le regole e gli adem-
pimenti) che all’aspetto qualitativo e innovativo, generando una cultura
gestionale e una leadership autoritaria ancora oggi molto presenti.
Si possono, invece, sottolineare come sia estremamente importante svilup-
pare la ricerca sul significato di senso di un’organizzazione, su come ren-
dere il comportamento di una comunità educante proattiva, in cui il benes-
sere assume una funzione determinante per tutte le componenti. Si tratta
quindi di costruire insieme una comunità di pratiche che agisca spostando
l’ottica dall’Io al Noi, socializzando le conoscenze e rendendo consapevo-
li tutti gli attori organizzativi attraverso il coinvolgimento attivo.
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I fattori di successo (o di sopravvivenza) in questo contesto diventano: la
prontezza di reazione e di riconversione, la flessibilità e l’adattabilità, l’in-
telligenza “situazionale”, la forte integrazione delle variabili di sistema,
l’autonomia decisionale e la responsabilità. Questo “ambiente generativo”
deve essere caratterizzato da quello che oggi viene individuato come
“benessere organizzativo”, cioè un contesto che favorisca l’investimento
psichico dei soggetti che vi operano e, per questa via, l’appartenenza, la
partecipazione, l’espansività del proprio potenziale, l’espressione delle
competenze, la generazione di soluzioni e di innovazione, la rigenerazio-
ne delle energie, la relazionalità positiva e solidale, la costituzione di un
clima avvincente, rassicurante e gratificante. E’ un contesto che va analiz-
zato e compreso in ogni specifica variabile produttiva per poi poterne
incrementare intenzionalmente il tasso di benessere con progettualità
gestionale.
Bibliografia
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84
Promuovere il benessere a scuola
Punti di riflessione tra il senso delle norme,
quello della partecipazione e il ruolo della formazione
Tonino Proietti
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Direzione Generale per il personale scolastico
Docente a contratto Università degli Studi Niccolò Cusano - Roma
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Esperienze delle scuole: dall’empowerment,
al coaching, all’utilizzo delle nuove tecnologie per migliorare
il clima relazionale e le competenze professionali.
Serenella Presutti
Dirigente Scolastico I.C. Via Frignani - Roma
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Spesso le cause alla base di un clima critico non sono semplici da rico-
struire; tuttavia, una volta che le situazioni si sono inasprite è probabile
che nel gruppo si manifestino: (COLLEGARE LA SLIDE N° 4) Alcune
particolari disfunzioni nella comunicazione sono il risultato di un pensie-
ro anomalo sul gruppo: “le dinamiche riguardano solo alcune persone”, “è
sempre meglio farsi gli affari propri”, “certi avvenimenti ormai mi lascia-
no indifferente”, “il rapporto con i colleghi è sempre e comunque diffici-
le”, etc. Può spuntare anche il fantasma ossessivo del controllo istituzio-
nale, che induce il gruppo ad un funzionamento apparente, dove ognuno
fa il proprio dovere svolgendo i propri compiti in modo circoscritto e per-
dendo la visione d’insieme.
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d’uscita percorribile, come del resto non risulterebbe risolutivo l’allonta-
namento di una sola persona. Considerando che in un contesto organizza-
tivo come quello scolastico non è possibile stravolgere l’organizzazione e
soprattutto la dimensione di gruppo di un piccolo plesso, proponiamo di
agire in modo progressivo ma con evidenza di chiarezza dell’obiettivo e
della visione d’insieme.
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Sistema Leggi d’Italia
Marina Esterini
Dirigente Scolastico I.C. R. Fucini - Roma
Oggetto e destinatari
Inidoneità psicofisica (P:R 27 luglio 2011 ) leggendo punti salienti del
promemoria inviato dalla Dott.ssa Bracci MEF
Presupposti ed iniziativa per l’avvio della procedura di verifica dell’ido-
neità al servizio
Organi di accertamento medico
Procedura per la verifica dell’idoneità al servizio
Verbale delle Commissioni Mediche di verifica sulle inidoneità dei docen-
ti ai sensi del DPR 171/2011 e illustrazione della circolare del 7Marzo
2012 prot.4057 Dott.re MINICHIELLO
Modello di DECRETO di risoluzione di rapporto
Misure cautelari
Trattamento giuridico ed economico
Epigrafe
Premessa
Art. 1 Oggetto e destinatari
Art. 2 Inidoneità psicofisica
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Art. 3 Presupposti ed iniziativa per l’avvio della procedura di verifica
dell’idoneità al servizio
Art. 4 Organi di accertamento medico
Art. 5 Procedura per la verifica dell’idoneità al servizio
Art. 6 Misure cautelari
Art. 7 Trattamento giuridico ed economico
Art. 8 Risoluzione per inidoneità permanente
Art. 9 Disposizioni finali
Art. 10 Clausola di invarianza finanziaria
Art. 11 Entrata in vigore
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Tavola rotonda sul tema: Lavorare e stare bene a scuola
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Lavorare e stare bene insieme a scuola
Salvatore Sasso
Dirigente Scolastico, Professore a contratto di Psicologia Clinica,
Università “G. D’Annunzio”, Chieti
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• • •
Compito: tracciare quattro linee rette continue collegando tutti i 9
punti senza staccare la penna dal foglio
Soluzione
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• • •
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SECONDA PARTE
Il Questionario Multifattoriale sul Mal di Scuola (QMMS)
Lo strumento
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Il caso di A.
Il soggetto, di cui si propone il diagramma, è un ragazzo di 14 anni che
frequenta la classe prima della Scuola secondaria di I grado, ed è pluriri-
petente (Sasso, 2011).
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Il senso di autoefficacia
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Il senso di autoefficacia deglii insegnanti: una ricerca sul campo
La ricerca che viene di seguito presentata ha avuto come obiettivo la stan-
dardizzazione del Teachers’ Sense of Efficacy Scal le (T.S.E.S.), elaborato
da due studiose dell’Ohio State University, Megan Tschannen e Anita
Woolfolk Hoy (2001), e tradotto e adattato in italiaano da Salvatore Sasso
(2003).
Lo strumento
Il questionario è formato da 24 item e, secondo gli autori, misura 3 fatto-
ri latenti, ciascuno misurato da 8 item, quali:
‚ Efficacia per le strategie e di insegnamento (ad esempio “In che misu-
ra sei in grado di fornire una spiegazione alternativva o un esempio
quando gli alunni sono confusi?”);
‚ Efficacia per la gestione e della classe (ad esempio “Quanto puoi fare
per controllare i comportamenti di disturbo in classse?”);
‚ Efficacia per il coinvolgiimento degli studenti (ad esempio “Quanto
puoi fare per motivare gli alunni che mostrano uno scarso interesse per
il lavoro scolastico?”).
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Il campione
Il Teachers' Efficacy Scale (T.S.E.S.) sulle convinzioni degli insegnanti
circa il proprio senso di Efficacia è stato somministrato ad un ampio grup-
po di soggetti costituito da 898 docenti appartenenti a scuole statali di ogni
ordine e grado distribuite sul territorio nazionale.
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Dalla lettura dei dati del campione , si può evidenziare come sia l’età
media sia l’identità di genere si avvicini a quella espressa nei dati del
MIUR (2008): età media dei docenti 50 anni circa e componente femmi-
nile rappresentata dall’81% del totale.
Questo evidenzia il sovraccarico esistenziale, fisico e emotivo a seguito
della sovrapposizione, nelle docenti, dei ruoli professionali e di quelli
domestici e genitoriali.
F1: strategie educative F2: gestione della classe F3: coinvolgimento degli studenti
Discussione dei risultati
In considerazione della rilevanza internazionale della T.S.E.S. e dei van-
taggi che presenta in termini di equilibrio tra specificità e generalizzabili-
tà, l’obiettivo del presente lavoro è stato quello di costruire un campione
normativo nel contesto italiano, dopo aver verificato le proprietà psico-
metriche di tale strumento. Sono state quindi esaminate l'attendibilità della
scala, la struttura a tre fattori ipotizzata dalle autrici e la validità concor-
rente. Per quanto riguarda la presenza delle tre componenti ipotizzate da
Tschannen-Moran e Woolfolk-Hoy (2001) ovvero l'efficacia delle meto-
dologie adottate, l'efficacia nel saper condurre la classe e l'efficacia nel
saper coinvolgere gli studenti durante le lezioni, sono state effettuate una
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serie di procedure che confermano nella versione italiana (Sasso, 2003) la
struttura ipotizzata dalle ricercatrici.
Procedendo ad una lettura qualitativa del grafico possiamo dire che nella
scuola dell’infanzia non c’è una differenza significativa tra maschi e fem-
mine in tutti e tre i fattori; anche nella scuola primaria le differenze sono
minime; nella scuola secondaria di primo grado si evidenzia una maggior
differenza tra maschi e femmine, così come nella scuola secondaria di
secondo grado. Bisogna focalizzare l’attenzione su un dato che richiede
comunque enorme prudenza: nella scuola secondaria di secondo grado
sembrerebbe che gli insegnanti di tecnica, sia maschi che femmine, valu-
tino la percezione della propria autoefficacia con valori più bassi rispetto
a tutti gli altri presi in considerazione.
I dati relativi all’autoefficacia sono stati anche correlati con quelli raccol-
ti mediante il più importante questionario in tema di rilevazione del Burn
out: il Masclach Burn-Out Inventory (MBI) di Maslach e Jackson, (1981).
I risultati ottenuti da tale ricerca confermano la validità di costrutto della
T.S.E.S., mettendo in evidenza una correlazione statisticamente significa-
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tiva con l’M.B.I.; ciò equivale a dire che ad alti livelli di Realizzazione
Personale equivalgono bassi livelli di Esaurimento Emotivo e
Depersonalizzazione, al contrario se il grado di Realizzazione Personale è
basso si noterà un innalzamento delle atre due variabili e quindi una diffi-
coltà maggiore nella gestione delle situazioni di stress da parte degli inse-
gnanti.
Quindi ci si rende conto che docenti maggiormente fiduciosi nelle proprie
capacità e realizzati personalmente non solo si impegnano di più nel pro-
prio lavoro, ma riescono ad essere maggiormente efficaci nell’utilizzo di
strategie di insegnamento, nella gestione della propria classe e di conse-
guenza nel riuscire a coinvolgere, durante le ore scolastiche, i propri alun-
ni.
A tal proposito diremo che una solida convinzione nell’adeguatezza delle
proprie capacità ed una valorizzazione riguardo a se stessi (“senso di auto-
efficacia”) determina negli individui un alto livello di persistenza di fron-
te alle difficoltà e dischiude il raggiungimento di obiettivi più ambiziosi e
gratificanti; il senso di efficacia, quindi, è una caratteristica fondamentale
che previene i fenomeni di disagio.
Per quanto riguarda, invece, l’insegnante con bassa autoefficacia è più
incline a sperimentare stress emotivi e a sopportare con difficoltà il
sovraccarico lavorativo, spesso fino a raggiungere un alto grado di esauri-
mento psico-fisico e di depersonalizzazione che conducono, in alcuni casi,
all’insorgenza del burn-out.
Per prevenire tali fenomeni di disagio scolastico, come la Sindrome del
Burn-out, occorre intervenire a livello individuale, organizzativo e a livel-
lo dell’interfaccia individuo-organizzazione al fine di ottimizzare le con-
dizioni di benessere. Ciò può essere raggiunto attraverso proposte di inter-
vento nella scuola come l’attivazione di gruppi di auto-aiuto, l’inserimen-
to di èquipe psicologiche di sostegno, l’introduzione di corsi che aiutano
a superare lo stress e ad acquisire autostima, proposte ritenute indispensa-
bili per dare lo stimolo necessario a recuperare serenità nell’ambiente sco-
lastico in costante pressione/evoluzione.
La formazione è pertanto dunque un fattore chiave per accrescere la moti-
vazione degli insegnanti e incentivarne il miglioramento della pratica pro-
fessionale. Centrandosi quindi sulle attitudini, le convinzioni e le pratiche
dei docenti nel loro insieme si potranno migliorare notevolmente i proces-
si di insegnamento e apprendimento; ma ciò richiederà un sostegno mira-
140
to ai docenti. L'applicazione di questo strumento in ambito scolastico, per-
tanto, è importante come momento diagnostico fondamentale per poter
predisporre programmi di formazione finalizzati a migliorare l'insegna-
mento e l'apprendimento in classe.
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Riccardo Dominici
Medico del Lavoro - Psicoterapeuta - Roma
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Federico Bianchi di Castelbianco
Psicologo - Psicoterapeuta
Direttore dell’Istituto di Ortofonologia Roma
149
150
151
152
153
154
Dal benessere organizzativo al benessere individuale:
esperienze di vita vissuta e la tempesta perfetta
Enzo Cordaro
Direttore U.O. Psicologia del Lavoro e del centro Antimobbing
ASL RM D - Roma
Presidente delle associazioni APOLIS (Associazione di Psicologia delle
Organizzazioni e del Lavoro In Sicurezza) e di AIBeL (Associazione
Italiana Benessere e Lavoro)
157
“Il massimo della stupidità si raggiunge non tanto ingannando
gli altri ma sé stessi, sapendolo”.
John Fitzgerald Kennedy
Con questa esplicita citazione del presidente americano più amato John
Fitzgerald Kennedy, proviamo a capire cosa succede in Italia. La citazio-
ne ovviamente definisce bene gli accadimenti italiani e rappresenta altret-
tanto bene la fine che ha fatto il senso dell’accordo europeo. Prima di tutto
l’accordo è stato recepito solo dopo quattro anni, un tempo caratterizzato
da una colpevole disattenzione sull’argomento, segnata anche da un disac-
cordo delle parti “nostrane” sulla traduzione in italiano del testo europeo
scritto in inglese. Solo nel 2008 è varato il D.lgs n°81 che recepisce le
indicazioni europee in merito allo stress lavoro-correlato, ma non possa un
anno che il decreto viene modificato con il D.lgs N°106 del 2009, il quale
provvede a porre dei paletti interpretativi alla valutazione della dimensio-
ne dello stress lavoro correlato. Viene nominata una commissione con lo
scopo di definire e scrivere le regole per l’applicazione dell’accordo euro-
peo. Nella commissione, che doveva avere una natura squisitamente tec-
nica, vengono inseriti anche rappresentanti di istituzioni come la
Confindustria, l’ABI e i sindacati, i quali riversano nel confronto molte
delle visioni ideologiche di cui sono portatori; si ottiene per cui un docu-
mento finale che snatura i principi originari definiti dall’Europa. In con-
formità a quanto espresso sul documento nel novembre del 2010 è redat-
ta una circolare del Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali, da cui
traspare una sola preoccupazione, rendere difficile se non impossibile
l’ascolto dei soggetti interessati, ovvero l’ascolto dei lavoratori. La circo-
lare prevede una valutazione preliminare che deve rappresentare una pri-
maria analisi della condizione organizzativa. L’analisi si deve compiere
attraverso la compilazione da parte degli addetti alla prevenzione e prote-
zione aziendale di check list in grado di misurare gli eventi sentinella (i
sintomi che dovrebbero segnalare “la temperatura” dell’Organizzazione
come i giorni malattia, gli infortuni etc. etc.), raccogliere i fattori di con-
tenuto e di contesto organizzativo e definire la condizione di salute del-
l’organizzazione. Solo dopo aver effettuato questa prima analisi e solo
dopo avere evinto problemi significativi si può passare ad una analisi più
approfondita che può essere fatta ascoltando le persone che lavorano nel-
l’azienda, meglio se non proprio tutti. Ci si dimentica che tecnicamente le
158
check list non sono strumenti in grado di supportare una valutazione com-
plessa e articolata come quella dei fattori di contesto e di contenuto, per
cui non sono per loro natura in grado di cogliere le complicazioni organiz-
zative. Il sistema studiato dalla commissione e sancito dalla circolare non
può effettuare una adeguata valutazione preliminare, risultando la struttu-
ra in analisi non a rischio e per cui impedire di fatto il passaggio alla valu-
tazione successiva più approfondita che prevede l’ascolto e il parere dei
lavoratori.
Il lavoro non mi piace – non piace a nessuno – ma mi piace quello che c’è
nel lavoro: la possibilità di trovare se stessi. La propria realtà – per se
stesso, non per gli altri – ciò che nessun altro potrà mai conoscere
J. Conrad
159
Vediamo ora quali sono gli aspetti che intervengono nel definire una con-
dizione di rischio d’insorgenza di patologia stress lavoro correlato.
In una condizione di lavoro la persona in essa immersa è soggetto a tre
condizioni che si possono denominare “costrittività” e che si articolano in
organizzative, esistenziali e relazionali.
160
Le “costrittività esistenziali” si caratterizzano in due diverse fattispecie:
la prima si riferisce alla dimensione emotiva derivata dall’oggetto stesso
del lavoro (attività di assistenza, di cura, attività pedagogica etc. etc.); la
seconda si riferisce alla dimensione di coinvolgimento emotivo che la per-
sona ha riversato come proprio bagaglio valoriale sin dal momento della
scelta di formarsi. Sembra evidente constatare una maggiore difficoltà in
tutti quei lavori dove ci si deve prendere cura di una persona, perché il
gioco delle emozioni è un gioco che funziona in maniera circolare e que-
sto non ci permette chiusure difensive autonome perché ogni nostra azio-
ne implica una risposta dell’altro su cui si ha una responsabilità. Il riferi-
mento alle attività sanitarie e pedagogiche è evidente. Nel contempo le
costrittività esistenziali possono agire come un problema anche quando la
realtà non permette di corrispondere all’immagine ideale riferita alle scel-
te esistenziale che hanno spinto la persona a svolgere quel certo tipo di
lavoro, sia perché frustrati dagli eventi e sia perché non riconosciuti dal-
l’ambito sociale come qualificati a svolgere quel certo impegno professio-
nale.
161
Le “costrittività relazionali” sono rappresentate, sia dal modo con cui si
definiscono i processi comunicativi e si articolano le relazioni affettive nel
gruppo di lavoro, e sia da come si sviluppa la rete comunicazionale, ovve-
ro la rete formale e informale preposta al passaggio dell’informazione tra i
sottosistemi di una organizzazione. Perché ci sia un’accettabile costrittivi-
tà relazionale l’organizzazione dovrebbe avere una bona rete comunicazio-
nale che riesce a trasmettere in modo corretto le informazioni e avere un
gruppo di lavoro caratterizzato da coerenza comunicativa, da un comune
orientamento su obiettivi regole e valori, da competitività è solidale, da un
processo comunicativo a dominanza esplicita e da regole chiare e condivi-
se. Una condizione dove invece le costrittività relazionali sono complesse
e dove si rischiano problemi nella gestione del gruppo, nell’individuo e
dell’intero sistema, si articola con una condizione dove affiora una scarsa
condivisione di obiettivi regole e valori, un esasperato individualismo, una
inadeguata affettività, un individualismo esasperato, un processo comuni-
cativo a dominanza implicita con regole ambigue e non condivise e dove
nella “rete comunicazionale”2 si definiscono molti “buchi comunicativi”
che interferiscono sulla trasmissione corretta dell’informazione.
2 Per rete conversazionale s’intende la struttura comunicativa (rete) che ogni organizza-
zione deve avere per riuscire a trasmettere l’informazione nel suo interno in modo da ren-
dere omogeneo lo stesso livello di organizzazione. La rete conversazionale in genere
rispetta la struttura gerarchica in cui è organizzato il sistema azienda e deve permettere
il passaggio dell’informazione dall’alto al basso e dal basso all’alto.
162
Alcuni esempi possono aiutarci a capire meglio le tre definizioni di
costrittività sopra riportate. Un esempio di costrittività organizzativa può
essere riferito all’orario di lavoro. L’orario di lavoro è una regola necessa-
ria per la gestione di un’organizzazione di lavoro, ma la sua applicazione
può essere impostata nel rispetto di alcune specificità, come la tolleranza
dei ritardi, o può caratterizzarsi con una rigidità esecutiva tale da imporre
una forzata limitazione della gestione della propria vita individuale e/o
familiare. Questo non è che un esempio, ma per capire quanto possono
incidere nell’organizzazione le costrittività organizzative è opportuno
conoscere ciò che Bruno Maggi ha evidenziato nei suoi studi come costrit-
tività organizzative: marginalizzazione dell’attività lavorativa, svuota-
mento delle mansioni, mancata assegnazione dei compiti lavorativi con
inattività forzata, mancata assegnazione degli strumenti di lavoro, ripetuti
trasferimenti ingiustificati, impedimento strutturale e sistematico all’ac-
cesso a notizie, prolungata attribuzione di compiti dequalificanti o con
eccessiva frammentazione esecutiva rispetto al profilo professionale pos-
seduto, prolungata attribuzione di compiti esorbitanti o eccessivi, anche in
relazione ad eventuali condizioni di handicap psico-fisici, esclusione rei-
terata del lavoratore rispetto a iniziative formative, di riqualificazione e
aggiornamento professionale, esercizio esasperato ed eccessivo di forme
di controllo.
Gli esempi concernenti la componente delle costrittività esistenziali o
della sfera emotiva del lavoro si caratterizza soprattutto con il peso emo-
tivo che l’attività lavorativa impone ai soggetti che svolgono quel lavoro.
In genere, come si diceva poco sopra, la componente emotiva assume una
maggiore importanza quando l’oggetto del lavoro è rappresentato da per-
sone, siano esse adulti o bambini. In questo caso il confronto non è più
solo tra noi, le nostre capacità e i risultati che otteniamo nel lavoro, ma tra
noi e l’altro, con l’enorme variabilità derivata da una cultura e da un’emo-
zionalità diverse cui ci si deve rapportare e con cui ci si deve mediare. La
dimensione emotiva del lavoro ha anche un’altra importante accezione, ed
è rapportata alla scelta che noi abbiamo fatto quando ci siamo inoltrati
negli studi per svolgere l’attività che abbiamo scelto e che ci rappresenta
nelle nostre aspettative ideali e di vita. Il fallimento dovuto a una difficol-
tà esterna che non dipende da noi, o ancora di più a una sostanziale disco-
noscimento nell’impegno che mettiamo nell’attività lavorativa, riesce ad
intaccare profondamento il sistema di valori e di ideali che abbiamo river-
163
sato nell’attività stessa, aprendo grosse ferite nell’immagine che ognuno
ha di sé. Il rischio di incorrere in questa modalità di espressione delle
costrittività esistenziali si riferisce in particolare in chi ha scelto e svolge
professionalità di alto profilo a cui sicuramente rientrano anche gli inse-
gnanti.
Le costrittività relazionali possono complicare la vita del gruppo di lavo-
ro e dei suoi membri secondo due modalità tra loro connesse: il primo si
riferisce alla dimensione affettiva con cui si combina il sistema comunica-
tiva nel gruppo di lavoro. Per dimensione affettiva s’intende la capacità
che le persone del gruppo hanno di stare insieme, di supportarsi tra di loro,
di comunicare in modo chiaro e palese, di evidenziare i problemi e saper-
li risolvere, di costruire momenti di confronto che sappiano evidenziare i
conflitti per facilitarne la soluzione. Se la dimensione affettiva è “malata”
si genera un modello di comunicazione negativo, il cui funzionamento
implica nel gruppo una forte conflittualità che non riesce a comporre una
sua unità operativa tanto da rischiare di generare patologia nei soggetti.
Questa dimensione di conflitto può complicarsi ulteriormente e mettere
fortemente in discussione la capacità che la rete conversazionale deve
avere nella gestione dell’organizzazione. Quel gruppo diviene, come si
dice in gergo tecnico, “un punto morente della rete conversazionale”,
ovvero un punto che non riesce a trasmettere al resto dei sottogruppi esi-
stenti nel sistema in modo adeguato l’informazione. Per capire meglio si
può usare la metafora della tela di ragno. La tela del ragno è funzionale
quando è integra e riesce a trasmettere in modo corretto i micro movimen-
ti che avvengono sulla sua superfice, solo in questo modo il ragno riceve
le informazioni giuste e può controllare lo spazio circostante. Un buco
nella rete impedisce la trasmissione e l’informazione si blocca e trasmet-
te in modo distorto. Ormai è chiaro quanto sia importante il buon funzio-
namento della rete che trasmette la comunicazione proprio ai fini della
gestione di un’organizzazione, ma se si genera il clima comunicativo
sopra descritto, si definisce una difficoltà nella trasmissione della comu-
nicazione all’interno della rete.
Proviamo a vedere cosa succede quando in un’organizzazione le costritti-
vità descritte si propongono come disarmoniche alla vita sociale dei grup-
pi di lavoro, creando come conseguenza situazioni complesse e conflittua-
li e generando progressivamente un clima organizzativo negativo e pato-
logico.
164
Qualora l’organizzazione sia disseminata di regole di vita rigide le costrit-
tività organizzative divengono un forte limite alla vita soggettiva delle per-
sone, il lavoro rischia di non fruire in modo adeguato, definendo un ambi-
to troppo burocratico e implicando una maggiore difficoltà nella realizza-
zione degli obiettivi di medio e di lungo respiro. In questo caso s’incremen-
tano fenomeni di stanchezza fisica e psichica, di noia, di caduta dell’atten-
zione e ciò può incrementare l’errore nell’esecuzione dei compiti.
Siamo in una condizione di esaurimento fisico e psichico che rappresenta
una coltura di produzione di disagio psichico.
Se all’eccessiva presenza di costrittività organizzative ci si associano le
costrittività esistenziali, caratterizzate da disattenzione o da frustrazione
delle capacità professionali soggettive, rafforzate dagli errori involontari
nell’esecuzione dei compiti, alla condizione di stanchezza e di noia si
associa disinteresse all’attività lavorativa, caduta nell’immagine positiva
di sé, senso d’inutilità, depressione, ansia come emozione prevalente che
accompagna l’atto lavorativo. Ovvero cominciano ad associarsi alla stan-
chezza e alla noia reazioni che hanno una maggiore valenza psicologica e
possono già definirsi come fenomeni sintomatologici che rientrano nel
quadro delle patologie stress lavoro correlato.
Qualora al quadro complesso sopra descritto si associno anche le costrit-
tività relazionali, si compie “il fenomeno della tempesta perfetta”. Da una
condizione di complicazione organizzativa dovuta a un’inconsapevole
cattiva organizzazione, si associano, come conseguenza avvelenata della
situazione già giudicata critica, atteggiamenti volontari e colpevoli disat-
tenzioni, si definisce una condizione relazionale, non solo conflittuale, ma
volutamente espulsiva, e questo è una condizione fertile per generare com-
portamenti di mobbing.
Sicuramente il modo con cui sopra ho descritto il processo di complica-
zione patologica di un’organizzazione può soffrire di una riduzione e rigi-
dità didattica, ma lo scopo principale è quello di far comprendere come la
sofferenza del soggetto può essere reale e non immaginaria e che le cause
possono risiedere in un ambiente di lavoro malato che non riesce più a
funzionalizzare né le esigenze di produzione né le potenzialità professio-
nali del singolo.
167
dimensioni valoriali che caratterizzano comportamenti del sistema domi-
nato da aspetti sia consci e sia inconsci. Per questo è opportuno recupera-
re quanto ha detto Edgar Schein6: “…e che venga attribuita all’organiz-
zazione la capacità di avere una cultura che si caratterizza con un insie-
me di assunti basilari, in genere ereditato dal gruppo storico che ha dato
vita all’organizzazione, i quali sono riusciti far fronte ai problemi di adat-
tamento esterno o di integrazione interna, e che si sono rivelati validi e,
quindi, vengono acquisiti, difesi e trasmessi ai nuovi membri come l’indi-
cazione unica del modo corretto di percepire, pensare, sentire quei proble-
mi”.
Un altro grande teorico che non possiamo dimenticare è il già citato Bruno
Maggi il quale dice: “La teoria delle costrittività organizzative si riferisce
a quegli aspetti dell’organizzazione che possono caratterizzarsi come più
o meno ingombranti nel loro funzionamento, tanto da ridurre gli spazi di
decisione individuale, indotti dalle scelte che l’organizzazione fa o è
costretta a fare, evidenziando in alcuni casi le condizioni che possono
intaccare il benessere fisico, mentale e sociale”.
Ultimo ma non per importanza è Wilfred Bion7 che ha sapientemente
costruito la teoria dei gruppi umani dando al concetto di gruppo una
dimensione di grande unità e di grande autonomia dall’individuo. “La fun-
zione vitale dell’organizzazione permette ai gruppi che vi operano di
assumere “un’attività mentale collettiva” la cui dominante psicologica
viene definita dalla commistione tra gli aspetti cognitivi, emotivi derivati
dalle singole individualità. Ciò che ne deriva è altro dalle soggettività, dai
pensieri e dalle emozioni che caratterizzano gli individui. Questo nuovo
costrutto diviene la forza propulsiva che definisce “la personalità” del
gruppo, caratterizzandone la componente psicologica e impostandone il
comportamento e l’azione. La giustapposizione degli aspetti cognitivi con
quelli emotivi caratterizza le differenze tra i diversi gruppi”.
Qualsiasi modello di ascolto del sistema vivente e di strumenti d’indagine
non può prescindere dalle teorie enunciate perché hanno la sensibilità di
cogliere la dimensione vitale che si rappresenta.
6 W.R. Bion (1972) Esperienze nei gruppi e altri saggi, Roma Armando.
7 Enzo Cordaro Direttore dell’Unità Operativa di Psicologia del lavoro e Centro per la
rilevazione del danno biologico da disagio dal lavoro.
168
Mi sembra ora importante chiudere con un’ultima frase che personalmen-
te reputo molto appropriata ed esemplificativa, sia di quanto ho cercato di
esprimere in questo intervento e sia del lavoro che facciamo per analizza-
re i processi organizzativi, nell’evidenziare le sofferenze e nell’interveni-
re sui limiti riscontrati. Un lavoro che cerca di trovare un punto ottimo
accettabile tra il bisogno di produrre e un clima organizzativo adeguato
alle persone che abitano il sistema.
169
Le storie
Di seguito verranno presentate alcune storie che abbiamo raccolto nel
nostro centro per la rilevazione del disagio da lavoro che opera presso
l’Azienda Sanitaria della Roma D e che, opportunamente camuffate nei
nomi, nei tempi e nei luoghi, rappresentano spaccati di vita vera.
2° storia: Il rottamatore.
Insegnante di scuola primaria pubblica
Al momento del colloquio alla signora mancavano pochi anni alla pensione.
La scuola è sempre stata la sua vera famiglia, e quest’attività ha rappre-
sentato la realizzazione del suo sogno nel cassetto. Per questo motivo ha
parzialmente sacrificato la sua vita affettiva privata, anche se, comunque,
nella sua seconda giovinezza incontra l’uomo della sua vita. Questa breve
descrizione del suo coinvolgimento nella professione d’insegnante, indica
la forte valenza psicologica e umana che ha riposto nella sfera lavorativa,
tanto da coinvolgere la dimensione della propria rappresentazione valoria-
le e dell’immagine del sé.
171
L’insegnamento era riferito alle materie letterarie e la sua grande soddisfa-
zione era da sempre quella di accompagnare negli anni la crescita dei pro-
pri alunni.
In occasione dell’inizio del nuovo anno, il dirigente scolastico decide di
assegnare a un insegnante più giovane le ore e le materie da lei trattate,
proponendole a voce di prendere l’incarico d’insegnamento delle materie
linguistiche. La proposta verbale, pur non del tutto gradita, è comunque
accettata dalla signora, ma al collegio docenti l’accordo è disatteso perché
altri insegnanti avevano più titoli per prendere le docenze di lingue. La
conclusione di quella riunione è che l’insegnante si è ritrovata come
responsabile della biblioteca, quindi esclusa dal diretto rapporto con gli
studenti. Il nuovo incarico si caratterizza con una forte inattività che gene-
ra un profondo sconforto, una marcata solitudine e un senso di inadegua-
tezza che modifica il suo stato d’animo e il suo umore.
4° storia: Il martirio.
Insegnante a incarico.
Ai tempi del colloquio il professore svolgeva, al massimo delle ore setti-
manali, incarichi annuali.
La dimensione psicologica educativa in cui è cresciuto si può definire
come una condizione da “figlio d’arte”, perché i genitori erano stati a loro
volta impegnati nell’ambito dell’insegnamento. L’attività lavorativa è
comunque un’attività da lui molto gradita e l’insegnamento affidatogli
rispecchia i suoi interessi professionali e umani.
Nell’insegnamento il professore attiva progetti formativi, regolarmente
autorizzati dalla direzione, basati su un maggior impegno nella didattica
da parte dei discenti.
I problemi si attivano quando arriva il nuovo preside, che esprime con
veemenza una visione contraria ai cambiamenti proposti dall’insegnate in
questione, cambiamenti che secondo la visione didattica del Preside, sono
troppo aperturisti e non in linea con le regole didattiche ministeriali e da
lui condivise. La prima azione della nuova direzione è quello di bloccare
i progetti e la conseguenza è che l’insegnante è costretto a eliminare uno
dei due progetti.
Il problema delle diversi visioni sull’impostazione della didattica, diven-
gono in breve agiti comportamentali che incrementano nella direzione
dell’Istituto misure di controllo sull’insegnante, che a volte prevaricano i
173
dettami istituzionali e invadono spazi privati. La logica che si vuole dimo-
strare e che è espressa anche su documenti formali (contestazioni scritte e
censure), si riferisce a un comportamento di collusione tra l’insegnante e
i suoi allievi, dimostrando per cui una sostanziale inidoneità all’insegna-
mento da parte del professore in questione.
Questa condizione motiva il docente a reagire impostando anche un’azio-
ne legale (tutt’ora in corso), ma nel tempo, vista la sua difficoltà ad argi-
nare gli attacchi, si attiva una situazione di disagio lavorativo che si carat-
terizza con un incremento di sintomi ansioso-depressivi e di reazioni psi-
cosomatiche.
Dalla lettura delle storie sopra riportate sembra opportuno fare ancora due
riflessioni.
La prima si riferisce alla dinamicità degli eventi e delle relazioni che
hanno causato l’allineamento di tutte le costrittività, attivando il fenome-
no della “tempesta perfetta”. La sofferenza, prima esistenziale e poi psi-
cologica, degli “interpreti” delle storie si è costruita nel tempo, seguendo
il percorso sopra descritto, dove il soggetto più debole e la vittima sacrifi-
cale ne hanno subito le conseguenze, divenendo i capri espiatori delle
“negatività relazionali” del gruppo.
La seconda riflessione si riferisce al fatto che la costrittività esistenziale
risulta per l’area dei docenti l’aspetto che crea maggiore difficoltà e per
questo può essere considerato l’elemento che incide maggiormente nel
definire uno stato di sofferenza. Ciò testimonia la grande partecipazione
emotiva che gli insegnati pongono nella loro attività professionale.
174
Stress lavoro-correlato
una proposta per la valutazione
Emanuela Fattorini
Psicologa clinica e del lavoro
Consorzio HUMANITAS
Via della Conciliazione, 22 00193 Roma
Il processo di valutazione
177
C. L’ indagine. Una volta assolte le fasi precedenti si procede con l’inda-
gine che consta di due fasi:
• la valutazione preliminare, necessaria, in quanto ha come obiettivo
la stima del livello di rischio che condiziona il prosieguo dell’inda-
gine stessa. La valutazione preliminare consiste nella rilevazione di
indicatori verificabili, attraverso liste di controllo. Secondo la
Commissione Consultiva Permanente, gli indicatori devono appar-
tenere quanto meno a tre distinte famiglie, già presenti nella propo-
sta del Network Nazionale per la Prevenzione: I Eventi sentinella
(indici infortunistici, assenze per malattia, sanzioni disciplinari,
ecc.); II Fattori di contenuto del lavoro (ambiente e attrezzature di
lavoro, orario e carichi di lavoro, ecc); III Fattori di contesto del
lavoro (comunicazione, sviluppo di carriera, autonomia decisionale
e controllo, ecc.).
Nel caso in cui dall’indagine non emergano fattori di rischio stres-
sogeni tali da richiedere interventi correttivi, il datore di lavoro non
è tenuto a procedere oltre, se non a completare il documento di valu-
tazione (DVR) in cui riporterà gli esiti dell’indagine effettuata.
Ove siano necessarie misure d’intervento, si dovrà provvedere alla
loro pianificazione e attuazione, nonché allo scadere del tempo pre-
stabilito, alla verifica della loro efficacia.
Soltanto se dette misure dovessero risultare inefficaci, si dovrà pro-
cedere con la fase di approfondimento.
I criteri, davvero minimi, indicati dalla Commissione Consultiva
sembrano accettabili per le piccole e piccolissime imprese che carat-
terizzano le strutture lavorative italiane, peraltro presenti all’atten-
zione anche della proposta exISPESL/INAIL. Tuttavia si ritiene
insufficiente la sola valutazione preliminare in realtà lavorative
complesse, come la scuola ad esempio, ancorché il livello di rischio
risulti basso.
Per correttezza d’informazione però si ricorda che l’ osservanza dei
criteri espressi dalla Commissione Consultiva garantisce la corretta
attuazione dell’obbligo normativo.
178
Fattori di rischio stressogeni
CONTENUTI LAVORATIVI
CONTESTO LAVORATIVO
179
• la valutazione approfondita comporta il coinvolgimento diretto dei
lavoratori per la rilevazione della percezione soggettiva del livello
di stress presente nell’organizzazione.
• Secondo la consistenza dell’impresa, la situazione e/o le risorse
disponibili si possono usare vari strumenti tra cui interviste semi-
strutturate, focus group o la somministrazione di questionari ad hoc
che, in quanto strumenti clinici, comportano tutti la presenza di una
professionalità psicologica.
• A tale proposito si ricorda che, sebbene la percezione sia di necessi-
tà individualmente acquisita (tutta la popolazione o uno o più cam-
pioni per tipologia di rischio), obiettivo della valutazione è la rileva-
zione dello stress occupazionale e non del singolo lavoratore che per
esigenze personali può comunque trovare nel medico competente
l’interlocutore idoneo6
D. La pianificazione degli interventi per la eliminazione, riduzione e
gestione dei rischi emersi, deve intervenire prioritariamente alla fonte
dei fattori stressogeni, focalizzandosi sugli aspetti organizzativi e/o
gestionali che si siano rivelati critici. La pianificazione degli interven-
ti deve prevedere anche la fase di monitoraggio.
E. L’attuazione degli interventi deve essere accompagnata dalla verifica
costante dell’adeguatezza delle misure adottate.
F. Verifica/Aggiornamento Il documento di valutazione dei rischi è uno
strumento dinamico che si accompagna al divenire di ogni struttura
organizzata. Pertanto la valutazione deve essere immediatamente rie-
laborata in occasione di modifiche del processo produttivo o dell’
organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e della sicu-
rezza delle lavoratrici e dei lavoratori o in relazione al grado di evolu-
zione della tecnica (art. 29, comma 3).
In tutti gli altri casi, non previsti dalla norma, per la verifica/aggiornamen-
to della valutazione si ritiene adeguato un periodo di tempo non superiore
a due anni.
180
Note
1. Il D.Lgs. 81/08 “Attuazione dell’art. 1 della legge 3 agosto 2007 n.123, in materia di tute-
la della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” è stato successivamente integrato
dal D.Lgs 106/2009 “Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 9 apri-
le 2008 n.81 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”.
2. L’Accordo Interconfederale per il recepimento dell’Accordo Quadro Europeo sullo
stress lavoro-correlato, concluso a Bruxelles l’8 ottobre 2004, tra UNICE/UEAPME,
CEEP e CES, porta la data del 9 giugno 2008, in ritardo sui tempi tecnici del recepi-
mento stesso che sarebbe dovuto avvenire ad ottobre 2007. Tuttavia era già efficace
in Italia in quanto inserito nel decreto 81. L’Accordo Quadro Europeo esclude dalla
valutazione dello stress occupazionale il mobbing, in quanto deve essere recepito lo
specifico accordo europeo sulle molestie e la violenza sul lavoro, siglato a Bruxelles
il 26 aprile 2007.
3. Si ricorda, ad esempio, le linee di indirizzo per la gestione dello stress lavoro-corre-
lato che offrono, oltre ad un riferimento metodologico, anche chiare indicazioni ope-
rative messe a punto dalla regione Toscana nel 2009.
4. Il Network Nazionale per la Prevenzione del Disagio Psicosociale nei Luoghi di
Lavoro è composto da 15 centri clinici pubblici: Abruzzo: ASL Pescara - Centro di
Osservazione Disagio Lavorativo Via R. Paolini 47 Pescara; Campania: ASL NA1 –
Centro di Riferimento Regionale per il Mobbing e il Disadattamento Lavorativo Via
Monte di Dio, 25 Napoli; Emilia Romagna: Ambulatorio del Disagio Occupazionale
Dip. Sanità Pubblica ASL Via Gramsci, 12 Bologna; Lazio 1, ASL RMC Dip.
Prevenzione SPRESAL – Centro di Prevenzione e Trattamento del Disagio
Psicosociale nei Luoghi di Lavoro Bia San Nemesio, 28 Roma; Lazio 2: Azienda
Ospedaliera Sant’Andrea Dip. Medicina del Lavoro Via di Grotta Rossa, 1035/1039
Roma; Lazio 3: ASL RMD Centro per la Rilevazione del Danno Biologico da
Patologie Mobbing Correlate e Disadattamento Lavorativo Via Casal Bernocchi, 73
Roma; Lazio 4: Università Cattolica del Sacro Cuore Istituti di Medicina del Lavoro,
Psichiatria & Psicologia Largo A.Gemelli, 8 Roma; Lombardi:, Clinica del Lavoro
Luigi Devoto – Centro Stress e Disadattamento Lavorativo Via S.Barnaba, 8 Milano;
Puglia 1: ASL FG Dip. Prevenzione SPESAL Centro Prevenzione Diagnosi e Cura
Malattie da Stress e Disadattamento Lavorativo P.zza Pavoncelli, 11 Foggia; Puglia
2: ASL TA Dip. Salute Mentale - Centro Prevenzione Diagnosi e Cura Malattie da
Stress e Disadattamento Lavorativo Largo Sant’Agostino Taranto; Sicilia: Policlinico
Universitario di Messina Dip. Medicina Sociale del Territorio e Medicina del Lavoro
Via Consolare Valeria Messina; Toscana 1: Az. Ospedaliera Universitaria Pisana
Ambulatorio per lo studio dei disturbi da Disadattamento Lavorativo Via Boschi, 37
Pisa; Toscana 2: Università degli Studi di Siena Centro Interdipartimentale per la
Prevenzione del Disagio Lavorativo Via Mario Bracci, 16 Siena; Umbria: ASL4 Terni
Dip. Prevenzione SPSAL Via Bramante, 37 Terni; Veneto: Ospedale Policlinico
G.B.Rossi Centro per l’Analisi dei Rischi e delle Patologie Psico-sociali di origine
lavorativa P.le La Scuro, 10 Verona.
181
5. Tra i compiti della Commissione Consultiva Permanente di cui all’art. 6 del D.Lgs.
81/08 e s.m.i. vi è anche quello di elaborare le indicazioni necessarie alla valutazio-
ne del rischio stress lavoro-correlato (comma 8, lettera m-quater) di cui alla lettera
circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 18 novembre 2010.
6. L’art.41, comma 2, lettera c) consente al lavoratore, ancorché non soggetto a sorve-
glianza sanitaria obbligatoria, di richiedere una visita al medico competente il quale
valuterà il caso nell’ambito della propria professionalità.
Biblio-Sitografia
182
– Pancheri P. (1980). Stress Emozioni Malattia. Mondadori. Milano
– Seley, H. (1956) Stress of Life. McGraw-Hill. New York.
183
Presentazione dell’Osservatorio sulla salute degli insegnanti
Caterina Fiorilli
Professore Associato di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione
Libera Università Maria SS. Assunta, Roma
Osservatorio Nazionale Salute e Benessere dell’Insegnante
186
La scuola in tempi di crisi
Andrea Catizone
Avvocato, Direttore dell’Osservatorio EURISPES sulle famiglie - Roma
La scuola ideale
La scuola ideale, secondo gli studenti, dovrebbe essere più attenta
all’ascolto. Si esprime così quasi l’85% dei ragazzi, che dichiara di vole-
re una scuola più incline ad accettare le loro proposte e le loro iniziative.
Addirittura, il 66% di loro vedrebbe bene gli stessi studenti in cattedra per
alcune materie. Una scuola più accogliente, ma, allo stesso tempo, più
severa con i ragazzi violenti, per il 60,8%, e più impegnata nel combatte-
re le discriminazioni, per il 58,8%. In pochi, infatti, vorrebbero una scuo-
la senza stranieri o senza simboli religiosi (rispettivamente il 10,7% e il
18,2% degli intervistati). Infine il 59,1% dei ragazzi vorrebbe nella sua
scuola ideale professori più preparati e competenti, un’esigenza avvertita
maggiormente tra gli studenti con un’età compresa tra i 16 e i 18 anni
(78,6%, a fronte del 49,1% rilevato tra i 12 ai 15 anni) e condivisa anche
dai genitori. Infatti, per l’80% di loro, i professori dovrebbero essere più
aggiornati e competenti, specialmente se insegnano ai ragazzi più gran-
di. Nella scuola ideale inoltre non c’è spazio per i ragazzi violenti: il
79,1% dei genitori è unito con i propri figli nel desiderare provvedimenti
e interventi più severi e nell’auspicare un maggiore impegno della scuola
contro le discriminazioni, raccomandato dal 67% dei genitori.
Alcune considerazioni
Con questo studio è stata data la possibilità a studenti e genitori di espri-
mere le proprie opinioni che, sebbene non sempre concordi, costituiscono
una base importante per dare inizio a tutti quei cambiamenti che a oggi
sembrano necessari e che devono investire la scuola nella sua totalità. È
importante, infatti, trovare il giusto equilibrio tra professionalità e intellet-
tualità: la prima richiesta dagli studenti che, desiderosi di una concreta
preparazione al mondo del lavoro, chiedono una scuola più moderna
orientata all’informatica, alle nuove tecnologie, alle lingue straniere e,
infine, alle attività pratiche; la seconda, caldeggiata dai genitori che chie-
dono alla scuola un’alleanza educativa costruita sulla trasmissione di valo-
ri comuni, che possano favorire la crescita personale di ogni studente e
189
siano in grado di mettere in guardia i più giovani sui pericoli che li circon-
dano (come ad esempio il fumo, l’alcool o le droghe), consolidandone,
infine, il bagaglio culturale. Tutto ciò in un ambiente esemplare dove vio-
lenza e discriminazione non solo non sono tollerati, ma possano essere
sanzionati, un ambiente sorretto da docenti preparati e comunicativi capa-
ci di ascoltare ed accogliere le idee dei ragazzi, trasmettendo loro l’amo-
re per lo studio e facendoli sentire parte di un sistema virtuoso che mira
all’eccellenza. «Indipendentemente dal tipo di lavoro che si farà in futuro
il sapere e la conoscenza di per sé migliorano il vivere sociale producen-
do benessere e ricchezza. Se anche la scuola non viene più percepita come
il luogo in cui si fa e si trasmette cultura è urgente riflettere in che direzio-
ne andrà il nostro Paese, un caso unico al mondo per patrimonio storico,
culturale e artistico mai valorizzato. Un problema non più prorogabile
proprio perché, a differenza di quanto ritengono alcuni, di cultura “si man-
gia”.
190
Nicola Comberiati
Dirigente Scolastico e psicologo
Vice presidente dell’A.P.E.F
191
• individualmente, perché il suo compito – quello dell’insegnamento-
apprendimento – lo investe e lo coinvolge nelle sue dimensioni incon-
scie, coscienti e comportamentali;
• collettivamente perché deve lottare per la trasformazione di strutture
più idonee a valorizzarne la professione;
• socialmente perché è investito più degli altri delle grandi trasformazio-
ni sociali, che scuotono la società e mettono in crisi il modo tradiziona-
le di trasmettere dei contenuti costringendolo ad essere nel suo mestiere
un laboratorio della complessità sociale, dove quotidianamente si speri-
mentano i grandi flussi migratori, i cambiamenti di stili cognitivi, le
incertezze del futuro, le trasformazioni etiche e motivazionali.
Conclusioni
195
Carolyn Saarni (1999) ha individuato otto competenze emotive:
196
Professione docente: prospettiva storica
Paola Spinelli
Docente I.C. Settembrini - Roma
La vita scolastica dei docenti dagli anni sessanta ha risentito dei cambia-
menti introdotti dall’apertura della scuola a larghe fasce di popolazione
modificando profondamente l’attività d’insegnamento: da una scuola eli-
taria ad una per tutti.
Venendo meno la contiguità tra la posizione professionale dei docenti e i
gruppi di élite, classe dirigente del nostro Paese, progressiva è stata la
diminuzione del prestigio della professione.
E’ mutato il rapporto con gli alunni e la realtà esterna: l’eterogeneità
di classe ha provocato l’adozione di comportamenti e linguaggi educativi
diversi e plurimi.
Nel tempo la presenza rilevante di alunni stranieri, disabili e svantaggia-
ti socialmente e cognitivamente ha cambiato l’insegnamento, non più
basato su condizioni di omogeneità, e di conseguenza il profilo della pro-
fessionalità docente è divenuto più articolato e complesso.
197
L’emergenza sociale di molteplici identità ha imposto un ruolo più
ampio: non più solo trasmissione dei saperi ma formazione di una identi-
tà adolescenziale attraverso una nuova professionalità ed esperienza spe-
cifica.
Pertanto è aumentato l’impegno dei docenti che, con particolari compe-
tenze (disciplinari, pedagogiche, didattiche, organizzative, relazionali e
comunicative), occupano ruoli chiave in una organizzazione articolata e
flessibile a tutela dell’interesse pubblico.
L’autonomia è la risposta a questa complessità e andava considerata come
momento di crescita professionale. Rivoluzionando gli assetti di governo
e di gestione delle scuole, attiva un sistema nuovo, orizzontale con sepa-
razione di poteri e funzioni per una leadership diffusa con responsabilità
condivise con i singoli attori interni ed esterni.
Quindi, in un mutato contesto di azioni e responsabilità dei soggetti, la
scuola si muove più di prima nell’ambito di diritti protetti costituzional-
mente. Si tratta, chiaramente, di reinterpretare scenari ed orizzonti all’in-
terno dei quali questi diritti si sostanziano di nuovi contenuti e forme man-
tenendo inalterato il loro valore.
Per sostenere e preparare il personale scolastico alle nuove sfide didatti-
che sono state varate iniziative formative casuali pensate e gestite in
chiave di aggiornamento senza considerare:
1. il modello di scuola dell’autonomia e il profilo professionale dell’inse-
gnante come priorità strategiche per il funzionamento del sistema;
2. un esplicito sviluppo professionale e di carriera conseguente;
3. l’obbligatorietà della frequenza;
4. la traduzione degli apprendimenti in pratiche scolastiche corrisponden-
ti.
Dunque, la formazione negli anni ’80 e ’90 è stata affidata alla “scienza e
coscienza’ di ciascuno”.
• Leadership educativa
• Coinvolgimento e partecipazione di studenti, famiglie e stakeholder
• Collegialità e lavoro di gruppo degli insegnanti
• Qualità del curriculum del dirigente e dei docenti orientata all’innova-
zione
• Curricolo verticale di istituto
• Miglioramento continuo
200
201
MINISTERO DELL’ ISTRUZIONE DELL’ UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA
UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER IL LAZIO
Istituto Comprensivo VIA SEBENICO, 1
Scuola sec. I grado Luigi Settembrini – Scuola Inf./Prim. via Asmara 32, via Novara 22
Via Sebenico, 1 00198 Roma – Tel./fax 068549282 – email: rmic8ea00r@istruzione.it - Cod. fisc. 97713180582
Qualifica …………..…………………………………………
INIZIO
1. Complessivamente il corso ha soddisfatto le mie aspettative:
n assolutamente n abbastanza n poco n per nulla
Se poco o per nulla, perché?
______________________________________________________________________________
______________________________________________________________________________
______________________________________________________________________________
202
5. Mi aspettavo che questo corso affrontasse anche il seguente argomento:
______________________________________________________________________________
8. Ritengo concretamente utilizzabili i contenuti del percorso formativo nella mia realtà
professionale ed organizzativa quotidiana?
n molto n abbastanza n poco n per nulla
Se ritenuti utilizzabili, per i seguenti progetti/processi/percorsi organizzativi:
______________________________________________________________________________
______________________________________________________________________________
______________________________________________________________________________
10. Gli aspetti organizzativi del corso hanno soddisfatto le mie esigenze? n Sì n No
In caso negativo, perché? ______________________________________________________
14. Ritiene che gli argomenti trattati potranno essere utili per il suo lavoro?
n assolutamente sì n abbastanza n poco n per nulla
15. Ritiene che i contenuti espressi nelle relazioni siano utilizzabili nella realtà in cui lavora?
n assolutamente sì n abbastanza n poco n per nulla
203
Conclusioni
Salvatore Sasso
Dirigente Scolastico, Professore a contratto di Psicologia Clinica,
Università, “G. D’Annunzio”, Chieti
3 Educazione socio-affettiva
3 Senso di autoefficacia
3 Monitoraggio dello stato di salute psicologico di alunni e docenti
3 Esercizio della leadership democratica
3 Il benessere degli alunni
3 Il Collegio dei Docenti
3 Conoscenza illeciti penali e amministrativi e sanzioni in caso di mob-
bing
3 Esercizio della delega
3 Processi di relazione con i docenti portatori di stress da lavoro correlato
3 Questionario Multifattoriale sul Mal di Scuola
3 Organizzazione dei team di lavoro
3 Prevenzione del disagio per superare il mal di scuola
205
I partecipanti sarebbero interessati a trattare o approfondire nel futuro i
seguenti argomenti:
3 Centro di ascolto per DS
3 Benessere organizzativo attraverso le Nuove Tecnologie
3 Progetti per l’implementazione del benessere
3 Progetto con una prospettiva psicosociale
3 Docenza e valutazione
3 Emotività e benessere
3 Cultura dell’organizzazione
3 Riflessioni sulla leadership
3 Gestione dello stress in scuole ad alto rischio e alto tasso di complessità
3 Organi collegiali e reti di scuole
3 Organizzazione e prevenzione
3 Figure sensibili e sicurezza
3 Prevenzione dello stress da lavoro correlato
3 La comunicazione
3 Valutazione di sistema e prevenzione del rischio
3 Gestione della classe e dei casi difficili
3 Rapporti conflittuali tra colleghi (docenti e ATA)
3 Cosa può fare praticamente il DS
3 Mal di scuola e strategie per prevenirlo
3 Autocontrollo e emozioni
Gli aspetti organizzativi del corso hanno soddisfatto il 97% dei parteci-
panti. Due suggerimenti riguardano sia lo svolgimento del corso nella
prima parte della settimana, sia l’anticipazione dell’orario di fine giorna-
ta, per permettere la completa partecipazione a chi viene da fuori Roma.
La frequentazione al seminario sarebbe raccomandata ad altri con una per-
centuale vicina al 90%. Tra i suggerimenti:
207
A questo indirizzo web si trova la play list con tutti i video del convegno
http://www.youtube.com/playlist?list=PLC2xul82rus9oW0KD5IHlxaJvI8_Yay1p
PROGRAMMA
Giovedì 8 novembre
208
Modera: Micaela Ricciardi, Dirigente Scolastico Liceo G. Cesare - Roma
Seconda sessione: aspetti giuridico-legali
Ore 14.30 - 15.00
Laura Paolucci - Avvocato dello Stato - Bologna
“La prevenzione dello stress e la promozione del benessere nel contesto scolasti-
co in riferimento alla prospettiva giuridica: il ruolo della prevenzione nelle con-
troversie giurisdizionali”
http://youtu.be/6R2hPDVoEcQ
Ore 15.00 - 15.30
Alessandro Iarìa - Ten. Col. - Medico legale - Titolato ISSMI - Rappresentante del
Ministero della Difesa presso il Comitato di verifica - Roma
“La valutazione medico legale in ambito scolastico”
http://youtu.be/KVLNyJSGzdk
Ore 15.30 - 16.00
Massimo La Rocca - Dirigente Scolastico I.C. Via Sebenico
“L’organizzazione scolastica alla luce della nuova normativa di riferimento e
piani di miglioramento”
Venerdì 9 novembre
209
Salvatore Sasso - Dirigente Scolastico, Professore a contratto di Psicologia Clinica,
Università, “G. D’Annunzio”, Chieti
Riccardo Dominici - Medico del Lavoro - Psicoterapeuta - Roma
Si ringraziano:
l’Istituto Professionale Alberghiero Via de Mattias
l’Istituto Agrario Garibaldi - Roma
210
INDICE
Introduzione pag. 3
Massimo La Rocca
Saluti:
Luigi Calcerano pag. 5
Tavola rotonda sul tema: Lavorare e stare bene a scuola pag. 112
Simona Pianese Longo
212
Presentazione dell’Osservatorio sulla salute degli insegnanti pag. 184
Caterina Fiorilli
213