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TEORIA MATEMATICA

DEL PORTAFOGLIO FINANZIARIO


ELEMENTI DI TEORIA DELL’UTILITÀ

Studia lo scambio di importi monetari aleatori, dunque di operazioni che comportano un RISCHIO FINANZIARIO.

es. Generica operazione finanziaria rischiosa

Un individuo I scambia una posizione finanziaria incerta x1 con un’altra posizione finanziaria
incerta x2, sia x1 che x2 sono variabili aleatorie, alle quali l’individuo I, nell’istante contrattuale,
assegnerà una distribuzione di probabilità X. Queste due variabili rappresentano il patrimonio
soggetto a rischio di I, prima e dopo lo scambio. Il guadagno di I è individuato dalla variabile
aleatoria: G = x2 – x1

Dati:

I x1 x2 con

Problema:

G = x2 – x1

In termini formali:

Definendo l’insieme delle opportunità, cioè l’insieme di tutte le X possibili


posizioni finanziarie nell’istante decisionale, il problema delle decisioni finanziarie in condizioni di
incertezza consiste nell’introdurre nell’insieme X un ordinamento di preferenza ( ≻ ), tale che:

attraverso l’introduzione di un numero reale: , tale che:

E’ dunque necessario, per rappresentare un ordinamento di preferenza all’interno dell’insieme opportunità


X , definire una funzione di valutazione:

(*)
IMPOSTAZIONE ASSIOMATICA

Lo scopo della teoria delle decisioni è quello di descrivere il comportamento di un individuo razionale in
condizione di incertezza. Si tratterà non già di determinare un ordinamento di preferenza valido per tutti gli
agenti economici, quanto di individuare una classe di criteri decisionali che raccolga al suo interno i singoli
criteri individuali e che sia caratterizzata da pochi principi generali economicamente significativi. Questi
criteri dovranno essere quindi coerenti con quelli individuali da cui sono indotti e dovranno descrivere degli
ordinamenti di preferenza riflessivi, transitivi e completi.

Transitività

Considerando la proprietà riflessiva come auto evidente ( X è indifferente a X: ), la proprietà


transitiva richiede che: se e allora . Questo naturale criterio di coerenza
implica che se l’individuo I gradisce la posizione x1 almeno quanto la posizione x2 e se considera la posizione
x2 gradita almeno quanto la posizione x3, allora non potrà considerare x3 strettamente preferita a x1.

Completezza

Un ordinamento si dice completo se risulta definita ogni relazione di preferenza o di indifferenza tra le
possibili posizioni che compongono l’insieme X. In sostanza, le decisioni dell’individuo saranno
univocamente determinate se I dispone di un criterio di scelta in base al quale, per ogni possibile
operazione di scambio, è sempre possibile dire che x2 (la posizione finale) è preferita a x1 (la posizione
iniziale), oppure che x1 è preferita a x2, oppure che x1 e x2 sono indifferenti.

Definizione Data una generica variabile aleatoria Xk e la sua funzione di ripartizione:


con (che racchiude tutte le distribuzioni di
probabilità per ) affinché l’individuo possa scegliere in modo
razionale, dovrà costruire una relazione di preferenza nell’insieme di tutte
le funzioni di ripartizione delle variabili aleatorie
, tale che:

All’interno dell’insieme F si possono inoltre introdurre ordinamenti parziali basati su ipotesi generali, come
ad esempio il criterio della dominanza stocastica.

Dominanza stocastica

Si supponga ad esempio che la distribuzione di x2 domini quella di x1 , nel senso che:


e che la disuguaglianza valga in senso stretto per almeno un valore di x. Questa proprietà è detta di
dominanza stocastica del primo ordine.

Definizione Date due distribuzioni di probabilità F1 e F2 sugli esiti x, dove:


si dice che F2(x) domina stocasticamente F1(x) al primo
ordine, se accade che: cioè deve accadere che per
tutto l’insieme delle opportunità, la probabilità di ottenere un premio
maggiore o uguale di un determinato minimo x sia maggiore nella prima
lotteria rispetto alla seconda, cioè:
. Dunque, comunque
fissato il numero reale x, la probabilità che la
situazione patrimoniale x1 risulti maggiore di x
non è mai maggiore (ed in almeno un caso è
minore) della probabilità che x2 risulti maggiore
di x.

es. Dominanza stocastica del primo ordine

Si considerino due variabili aleatorie X1 eX2 e il


relativo andamento delle funzioni di densità
f1(x) e f2(x) . Come evidenziato dall’andamento
delle rispettive funzioni di ripartizione F1 e F2,
X1 domina stocasticamente X2 , nel senso che

G. Castellani, M. De Felice, F. Moriconi – Manuale di Finanza, vol. II, pgg. 61 – 62

Sotto opportune ipotesi di continuità si dimostra che se x2 domina x1, cioè vale ,
allora ogni individuo massimizzatore di profitto, cioè che preferisce importi monetari certi maggiori ad
importi monetari certi minori, preferirà x2 ad x1 . In ogni caso, l’ordinamento introdotto dal criterio della
dominanza stocastica è di tipo incompleto, poiché potranno di certo esistere coppie di funzioni di
ripartizione appartenenti ad F per le quali non risulti verificata la disequazione . La
dominanza stocastica va quindi considerata come un requisito necessario ma non sufficiente per la
costruzione di un criterio generale di scelta. Infatti per descrivere adeguatamente il comportamento in
condizioni di incertezza è necessario prendere in considerazione la tendenza degli individui ad evitare
situazioni considerate pericolose, introducendo quindi ipotesi sull’a avversione al rischio. Per questo motivo è
più utile sviluppare la teoria delle decisioni basandosi sul criterio dell’utilità attesa.

Posizioni finanziarie composte (misture)

E’ comunque possibile considerare postulati di razionalità diversi da quello della dominanza stocastica,
partendo per esempio dal concetto di posizione finanziaria composta o mistura. Si tratta di una posizione
finanziaria incerta in cui un individuo I deve scegliere tra due posizioni finanziarie X1 e X2, anch’esse incerte,
in base all’esito che avrà un certo evento A, al cui verificarsi I attribuisce una probabilità P(A) = , di valore
strettamente compreso tra 0 e 1. Se l’evento A si verifica l’individuo assumerà la posizione X1, viceversa
dovrà assumere la posizione X2 . In linguaggio delle probabilità, la posizione composta rappresenta una
variabile aleatoria mistura, indicata come X1X2 , la quale presenterà come possibili determinazioni sia
quelle di X1 che quelle di X2 e assumerà le prime con probabilità  e le seconde con probabilità (1 – ). E’
immediato notare come la funzione di ripartizione della mistura X1X2 è data
dalla combinazione lineare, con coefficienti  e (1 – ), delle funzioni di ripartizione F1(x) e F2(x) di X1 e X2 ;
si ha cioè: . Sulle misture sono definite molte proprietà delle relazioni
di preferenza in X ( o in F ) .
Proprietà archimedea Se

Proprietà di sostituzione Se allora, comunque scelta e per qualunque


, deve risultare:

Queste due proprietà piuttosto forti implicano altre proprietà più deboli ma comunque espressive e certo
molto significative perché una relazione di preferenza sia transitiva e completa.

Proprietà di continuità Se

Proprietà di monotonia Se e se

Proprietà di consistenza e , deve


risultare:

UTILITÀ ATTESA

Adottando come assiomi alcune di queste proprietà delle relazioni di preferenza si può strutturare in
maniera rigorosa la teoria dell’utilità attesa. Ad esempio utilizzando il concetto di dominanza stocastica
unito alle proprietà delle relazioni di preferenza, si giunge ad esporre un famoso teorema di
rappresentazione, dimostrato da John von Neumann e Oskar Morgenstern. L’enunciazione di quest’ultimo
avviene qui in forma semplificata, valida in effetti solo se gli elementi di X sono variabili aleatorie con un
numero finito di determinazioni.

Teorema di von Neumann e Morgenstern

Se l’ordinamento di preferenza ( ) definito su X è completo, consistente e coerente con la relazione di


dominanza stocastica, allora:

1. Esiste una funzione u(x) tale che X2 ≻ X1 , se e solo se:

2. La funzione u(x) è unica a meno di una trasformazione lineare crescente

La prima conclusione di questo teorema di rappresentazione equivale ad affermare che esiste una funzione
u(x), tale che:

Dunque un ordinamento di preferenze così descritto può essere rappresentato attraverso un operatore
ordinamento espresso come speranza matematica di una funzione u(X) degli importi aleatori. Supponendo
gli agenti massimizzatori di profitto, la funzione non potrà che essere strettamente crescente. Essa è nota
come funzione di utilità di von Neumann e Morgenstern e l’operatore di ordinamento E[u(X)] è l’utilità
attesa di X. Il secondo enunciato afferma che qualsiasi funzione z(x) che sia ottenuta effettuando una
trasformazione lineare positiva di u(x) , tale che sia con a costante positiva e b
costante arbitraria, induce in X lo stesso ordinamento di preferenza di u(x) , è cioè equivalente ai fini della
rappresentazione delle preferenze dell’individuo I . Ancora: funzioni z(x) che non rappresentano
trasformazioni lineari di u(x) corrispondono necessariamente ad un diverso ordinamento di preferenza.
Questo teorema, dimostrato su base assiomatica da von Neumann e Morgenstern nel 1947, è importante
poiché qualifica l’operatore E[u(X)] come l’unica funzione di valutazione accettabile per descrivere le
preferenze di un individuo dotato di caratteristiche di razionalità e coerenza. Inoltre lo studio
dell’andamento e del segno di questa funzione caratterizza l’atteggiamento verso il rischio dell’individuo: se
si specifica una u(x) funzione lineare e crescente di x si definisce il criterio della speranza matematica, che
caratterizza le scelte di un individuo indifferente al rischio. Se si sceglie una generale funzione crescente, si
ottiene il principio dell’utilità attesa, che unito alla concavità per u(x), fornisce il criterio di scelta
caratteristico di qualsiasi individuo avverso al rischio.

Criterio della speranza matematica

Per trattare il problema del comportamento di un individuo di fronte ad una scommessa con guadagno
aleatorio G, è necessario introdurre come metro di valutazione la speranza matematica del guadagno E(G).
Ciò deriva dall’aver assegnato alla funzione u(x) la forma di una qualsiasi funzione lineare crescente,
accettando quindi, implicitamente, di considerare solamente il comportamento di un individuo I,
massimizzatore di profitto. Se risulta, ad esempio, , con la scelta:

la relazione dedotta da von Neumann e Morgenstern, , diventa:

cioè:

quindi, ricordando che G = x2 – x1 , la relazione , equivale a . Se vale, al


contrario, , dovrà essere , mentre l’annullarsi del guadagno atteso si avrà solo nel caso
di . L’operazione di scambio , deve esser valutata in base al segno di E(G):

favorevole, se
equa, se
sfavorevole, se

Il criterio seguito in questo contesto sarà dunque la massimizzazione del guadagno sperato. L’utilizzo di
questo criterio ha origini ben più lontane del lavoro di von Neumann e Morgenstern. Fino agli inizi del XVIII
secolo, le nozioni di speranza matematica e di probabilità non erano ancora state distinte e si assumeva
naturale che il valore di una scommessa e quindi il prezzo equo di un biglietto che dia diritto a parteciparvi,
dovesse coincidere con il valore atteso della vincita. Tuttavia, nel 1738, Daniel Bernoulli descrisse il famoso
paradosso di San Pietroburgo.
Caso storico: il paradosso di San Pietroburgo

Si consideri un individuo I che partecipa a un gioco T o C con il lancio di una moneta perfetta e
indeformabile. Se il risultato del lancio è TESTA, I vince 2 euro e il gioco termina; altrimenti la moneta viene
lanciata una seconda volta e, se il risultato è TESTA, I vince 4 euro ed il gioco ha termine. Se il risultato è
CROCE viene effettuato un terzo lancio, che frutterà ad I un guadagno di 8 euro nel caso si ottenga TESTA, in
caso contrario, si continuerà a lanciare la moneta, ogni volta con guadagno raddoppiato. Il gioco consiste
nella ripetizione del lancio della moneta finché non si ottiene TESTA per la prima volta. Se questo accade
all’n-esimo lancio, allora I incasserà 2n euro. Dunque il problema è calcolare il valore atteso della vincita G
di I.

Dati:

Cn

Problema:

La variabile aleatoria X ha supporto numerabile, coincidente con l’insieme delle potenze di 2, cioè
. Se si indica con An l’evento “La prima TESTA è estratta all’n-esimo lancio”, la speranza
matematica di X è data da:

dato che gli eventi An sono tutti a due a due incompatibili. Se si indica con Cn l’evento “Il risultato del lancio

n-esimo è CROCE”, l’evento An, per ogni , è rappresentato da:

avendo indicato con la negazione di Cn e dunque l’evento “Il risultato dell’n-esimo lancio è TESTA”.
Ipotizzare l’indeformabilità della moneta vuol dire accettare l’ipotesi che i lanci siano stocasticamente
indipendenti e se si aggiunge a questa l’ipotesi che a ciascun evento Cn corrisponda una probabilità di ½,
allora la probabilità di An è data da:

Il valore atteso del gioco risulta quindi:

dato che tutti i termini della serie sono uguali a 1. Questo equivale a dire che il costo del biglietto è infinito
o meglio, è maggiore di qualunque cifra l’individuo I proponga di pagare, per elevata che essa sia. Proprio
per superare il problema del valore monetario atteso della vincita pari a , la soluzione classica del
paradosso richiede l'introduzione esplicita del concetto di utilità attesa e di diminuzione dell'utilità
marginale del denaro. Quest'ultima idea fu un'intuizione di Bernoulli, sebbene già dieci anni prima che il
matematico svizzero pubblicasse la sua opera, un altro suo illustre concittadino nonché matematico di
fama, Gabriel Cramer, avesse introdotto parzialmente la stessa idea, scrivendo al fratello maggiore Nicholas
Bernoulli: "I matematici stimano il denaro in proporzione alla sua quantità, mentre un uomo di buon senso
lo stima in proporzione all'uso che può farne". Dunque la vincita non deve esser presa in considerazione
solo per il suo importo monetario, quanto piuttosto secondo una funzione di questo importo che sia adatta
a esprimere il valore morale che l'individuo I attribuisce alla vincita. Bernoulli introdusse così una funzione
di utilità logaritmica, abbandonando quella che veniva considerata una pietra miliare delle funzioni di
utilità: funzioni lineari positive crescenti e superando d'altro canto, anche grazie alle proprietà delle
funzioni logaritmiche, l'impasse del valore atteso infinito. Scegliendo infatti di misurare gli importi secondo
una scala logaritmica si ottiene il nuovo valore del gioco, che Bernoulli chiamò speranza morale di G:

Utilizzando le proprietà delle serie geometriche, si ricava che il valore morale del gioco risulta finito:

“Questo risultato introduce un superamento del criterio della speranza matematica e può essere considerato l’origine
storica della teoria dell’utilità attesa. Il “valore morale” della vincita introdotto da Bernoulli produce una distorsione
non-lineare della scala degli importi corrispondente all’uso di una funzione di utilità logaritmica.”
G. Castellani, M. De Felice, F. Moriconi – Manuale di Finanza, vol. II, pg.58

Criterio dell’utilità attesa

Il paradosso di San Pietroburgo dimostra dunque come l’approccio del guadagno sperato non tenga conto
di ulteriori importanti circostanze che dipendono dall’individuo e che concorrono a determinarne l’effettivo
comportamento di fronte al rischio. Dal punto di vista bernoulliano invece il criterio dell’utilità attesa
utilizza un cambiamento della scala con cui si misurano gli importi, sostituendo la scala oggettiva del valore
monetario con una scala soggettiva basata sull’utilità. Viene cioè introdotta una funzione u(x) del capitale x,
che rappresenta l’importanza che ha per l’individuo I il possesso del capitale x. Questa funzione, detta
funzione di utilità, per semplicità, sarà definita su un intervallo , eventualmente
coincidente con R stesso e avrà media finita, ovvero
+
. Per il teorema di rappresentazione,
l’opportunità X2 sarà preferita ad X1 se e solo se . Il criterio decisionale di I consisterà
quindi nella massimizzazione dell’utilità attesa. In base a questo criterio, l’individuo I, dotato di funzione di
utilità u(x) come descritta, che si trovi nella situazione finanziaria X1, reputerà l’operazione finanziaria di
scambio :

vantaggiosa, se
indifferente, se
svantaggiosa, se

Ad esempio, un individuo che possiede un capitale certo c reputerà l’operazione di guadagno aleatorio G :

vantaggiosa, se
indifferente, se
svantaggiosa, se

Oss.
E’ utile osservare che se la funzione di utilità è lineare e crescente, cioè se:

allora ci si ricondurrà al criterio della speranza matematica e si avrà sempre:

Perciò si può affermare che un individuo che presenti funzione di utilità lineare e crescente
ritiene indifferente un’operazione equa.

Scala dell’utilità

Le caratteristiche della scala dell’utilità significative per la descrizione delle decisioni economiche in condizioni di
incertezza possono essere riassunte e precisate nella forma di proprietà della funzione reale di variabile reale u(x).
G. Castellani, M. De Felice, F. Moriconi – Manuale di Finanza, vol. II, pg.71

Insieme di definizione Come già notato il dominio D della funzione di utilità u(x) sarà un opportuno
intervallo o eventualmente coinciderà con l’insieme dei numeri reali non-
negativi. Tuttavia in casi particolari potrà avere senso utilizzare funzioni di utilità
definite anche per numeri negativi ad esempio per considerare situazioni
patrimoniali che includano anche posizioni debitorie. Converrà inoltre supporre
che la funzione sia continua su tutto il suo insieme di definizione.

Crescenza Avendo ipotizzato agenti economici massimizzatori di profitto, la u(x) sarà una
funzione strettamente crescente di x, per cui varrà la relazione:
Concavità Secondo Bernoulli: “Non c'è dubbio che un guadagno di mille ducati ha più
valore per un povero che per un ricco, nonostante entrambi guadagnino la stessa
quantità”. Si può affermare infatti che l’ipotesi fondamentale sulla funzione di
utilità è che ad incrementi uguali di capitale corrispondono incrementi di utilità
tanto più piccoli quanto più grande è il capitale posseduto dall’individuo. Questa
affermazione, avendo supposto la funzione continua su tutto il suo insieme di
definizione, implica che u(x) sia concava su tutto il dominio D. Infatti se si
scelgono due incrementi x0 consecutivi a partire da (x – x0), si può notare come:

cioè:

Quest’ultima relazione è valida e .


Questa disuguaglianza si presta poi ad un’ulteriore interpretazione: se un
individuo con capitale x scommette x0 euro a T o C, il valore sperato dell’utilità,
media dell’utilità in caso di vincita e dell’utilità in caso di
perdita, è minore dell’utilità che esso avrebbe astenendosi dal gioco, I reputa
dunque svantaggioso scommettere ed è quindi avverso al rischio.
Proprietà differenziali della funzione di utilità

Assunto che u(x) sia continua, derivabile almeno due volte e, in alcuni casi, sviluppabile in serie di Taylor, la
derivata prima u’(x), detta utilità marginale del capitale x, sarà strettamente positiva su tutto D (per la
crescenza) e la derivata seconda u’’(x) sarà strettamente negativa su tutto D (per la concavità, data
l’avversione al rischio). Dunque si dirà che, se u’(x) > 0 e u’’(x) < 0 , l’utilità marginale diminuisce
all’aumentare del capitale. Sarà proprio l’andamento della derivata seconda di u(x) la discriminante della
propensione/avversione al rischio dell’individuo I:

avversione al rischio, se

indifferenza al rischio, se

propensione al rischio, se

Misure di avversione al rischio

Se il segno di u’’(x) individua il comportamento dell’individuo I rispetto al rischio, esistono operatori in


grado di misurare il livello di propensione al rischio. Ad esempio, un’utile misura di avversione al rischio,
detta appunto misura assoluta di avversione al rischio in forma locale, introdotta in teoria dell’utilità da J.
Pratt e K. Arrow, è data dalla cosiddetta funzione concavità relativa di u(x):

Le dimensioni di questo coefficiente saranno pari al reciproco di un importo, dunque euro-1. Questa
funzione misura localmente la concavità di u(x) e, pur misurandola solo in un intorno di x, la misura più
correttamente rispetto a u’’(x). Né u’’(x) né la curvatura di u(x) possono infatti misurare il grado di
avversione al rischio di un individuo poiché non sono invarianti per trasformazioni lineari della funzione
utilità. Il che significa che qualificherebbero come caratterizzati da diverso grado di avversione al rischio
individui dotati di funzioni utilità u(x) e z(x) equipollenti nel senso di von Neumann – Morgenstern. Infatti se
si calcola la misura di avversione al rischio di Arrow-Pratt per trasformazioni lineari crescenti di u(x), si
ottiene, correttamente:

A sua volta, il reciproco di r(x):

fornisce una misura di tolleranza del rischio in forma locale dell’individuo I. Questa relazione, che ha
dimensioni euro, rappresenterà un importo tanto più grande quanto meno l’individuo è avverso al rischio.
In conclusione, è importante supporre che r(x) sia una funzione non crescente di x. Ciò è suggerito da un
comportamento degli agenti economici, spesso osservato nella pratica, per cui si paga tanto meno per
assicurarsi contro un dato rischio quanto maggiore è il capitale posseduto. Infatti una compagnia di
assicurazione può trovare vantaggioso assumere posizioni rischiose, pur essendo avversa al rischio, fatta
forte dell’entità del capitale gestito.

Molti contratti assicurativi possono essere giustificati anche in base al principio della compensazione dei rischi,
secondo il quale, per la legge dei grandi numeri, l’incertezza di un portafoglio di polizze relative a variabili aleatorie
stocasticamente indipendenti diminuisce con l’aumentare della numerosità del portafoglio
G. Castellani, M. De Felice, F. Moriconi – Manuale di Finanza, vol. II, pg.80

Alcuni tipi di funzioni di utilità

Utilità logaritmica

Questo modello di funzione fu proposto


inizialmente da Daniel Bernoulli, il quale
assunse l’incremento di utilità come
u
direttamente proporzionale all’incremento di
capitale e inversamente proporzionale al
capitale posseduto, cioè:

x
0 1

da cui:

dove sono costanti


arbitrarie. In questo caso l’avversione al rischio è data da: quindi la tolleranza al rischio è pari
a: . Soddisfa perciò l’ipotesi di decrescenza.

Utilità esponenziale

In alcune applicazioni è utile riferirsi


a funzioni di utilità superiormente
limitate. Tra queste, l’utilità
u
esponenziale, nella sua forma più
semplice, è senz’altro un caso
a
interessante:

Essa presenta come estremo


x
superiore il parametro a, la
0
cosiddetta potenzialità massima. La
proprietà caratteristica di questa
funzione consiste nell’avere avversione al rischio costante. Infatti si ricava immediatamente che la misura
assoluta di avversione al rischio in forma locale di Arrow – Pratt è pari a: . Dunque se si
escludono i casi di funzioni lineari, per cui , le funzioni utilità esponenziale sono le uniche dotate
di questa proprietà. Un’altra proprietà interessante recita che, sotto ipotesi di utilità esponenziale,
un’operazione somma di più operazioni indipendenti e indifferenti è indifferente.

Utilità quadratica

In molte applicazioni viene ipotizzata


una funzione di utilità di tipo
quadratico, nella forma:
u

1
2a
La concavità è assicurata dalla non-
negatività del parametro a. Per
garantire la monotonia è necessario
limitarsi al ramo ascendente della
parabola , riducendo quindi il
dominio D della funzione all’intervallo
di valori x compresi tra 0 e 1/a . L’utilità
marginale è e la
misura di avversione al rischio è pari a:

0 x
1/a

L’avversione al rischio ha quindi un andamento iperbolico e, nel dominio di definizione , è una


funzione crescente di x.

Funzioni di utilità di tipo HARA

La denominazione di tale classe di funzioni di utilità deriva dall'inglese Hyperbolic Absolute Risk Aversion, a
causa della forma funzionale del coefficiente assoluto di avversione al rischio r(x), ad esse associato:

con a1 e a2 costanti tali da garantire valori sempre positivi di r(x). La forma funzionale delle funzioni della
classe HARA è utilizzata soprattutto perché include classi di funzioni di utilità ampiamente utilizzate, come
l'utilità quadratica (per a1 = 1 / a e a2 = -1), l'utilità esponenziale (per a1 = a e a2 = 0) e l'utilità logaritmica
(per a1 = 0 e a = 1). Per le loro proprietà di trattabilità e adattabilità a rappresentare diversi tipi di
preferenze, le funzioni della classe HARA sono largamente utilizzate in macroeconomia e in finanza.

Equivalente certo

La strategia decisionale di un individuo risulta dunque determinata una volta introdotta una funzione di
valutazione definita nell’insieme X delle opportunità. Detto questo, assunte per la funzione utilità
u(x) tutte le proprietà fondamentali e ipotizzando, in aggiunta, che la distribuzione di probabilità della
variabile aleatoria sia discreta e finita, si può introdurre il concetto di equivalente certo di una
posizione finanziaria aleatoria come una specificazione molto espressiva della funzione . Come
detto la variabile aleatoria X assumerà i valori: con probabilità
(valendo naturalmente ). Il valore atteso di X, sarà quindi:

e l’utilità attesa sarà:

Considerando il piano (x, y), si rappresenti sull’asse delle x gli importi e sull’asse delle y le utilità. Si può
immaginare le masse pk, che rappresentano la distribuzione di probabilità di X, disposte sulla curva
nei punti P1, P2, P3, … , Pn.

Il baricentro B della distribuzione di masse ha coordinate e , uguali cioè al guadagno


sperato e all’utilità sperata (i baricentri degli assi). Per la concavità su u(x), B cade all’interno del poligono
convesso di vertici P1, P2, P3, … , Pn e perciò sarà:
Questa relazione è un’interpretazione in termini probabilistici della proprietà caratteristica delle funzioni
concave, nota come disuguaglianza di Jensen. In teoria dell’utilità, questa disuguaglianza afferma che
l’utilità sperata di un importo aleatorio non è mai superiore all’utilità dell’importo sperato. Per l’ipotesi di
monotonia, il segno di uguaglianza varrà soltanto se la variabile aleatoria ha una sola determinazione, cioè
solo se X è una variabile aleatoria degenere.

Definizione Si definisce equivalente certo dell’importo aleatorio X, l’importo certo mu


che produce un’utilità uguale all’utilità sperata dell’importo aleatorio X; mu
si può anche intendere come il prezzo che si è disposti a pagare per
acquisire il diritto di partecipare ad una scommessa che ponga nella
situazione incerta X. L’equivalente certo è anche detto speranza utilitaria di
X.

In simboli:

ovvero:

dato che u(x), per l’ipotesi di monotonia e continuità, è dotata di funzione inversa u-1. Dato che u(x) è
funzione crescente di x, lo stesso varrà per la sua funzione inversa. Quindi calcolando u-1 per ambo i membri
della disuguaglianza di Jensen, il verso della disuguaglianza si conserva. Si ha cioè:

ovvero:

Si ricava quindi che l’equivalente certo di un importo aleatorio X non è mai superiore alla speranza
matematica di X. Il segno di uguaglianza vale ancora solo nel caso di X degenere. L’equivalente certo è
inoltre invariante per trasformazioni lineari della funzione di utilità: per una fissata distribuzione di
probabilità di X, se è allora risulta . Ricordando inoltre la
definizione di avversione al rischio di Arrow – Pratt, si può scrivere:

Ovvero: l’equivalente certo di X per un individuo è tanto minore quanto maggiore è la sua avversione al
rischio.

es. Equivalente certo del gioco di San Pietroburgo

In base alla funzione utilità logaritmica usata da Bernoulli, si ottiene calcolando l’esponenziale
(funzione inversa del logaritmo) del valore morale del gioco, dunque si avrà:
CONTRATTI ASSICURATIVI E TEORIA DELL’UTILITÀ

La teoria dell’utilità attesa trova naturale applicazione in campo assicurativo. Una polizza d’assicurazione
infatti è essenzialmente un’operazione finanziaria in cui il policyholder riduce o, se possibile, annulla
l’aleatorietà del valore monetario di un certo bene esposto a rischio. Per semplicità, si procederà ad
analizzare polizze assicurative ramo danni, rappresentandole come contratti uniperiodali e come fossero ad
esecuzione immediata. Il caso sarà quello delle polizze a copertura totale.

Polizze a copertura totale

Si consideri un individuo I, avverso al rischio, il cui patrimonio è composto da un capitale certo c e da un


bene esposto a rischio, con valore aleatorio X. Poiché I si trova in una posizione finanziaria esposta a loss, si
supponga che stipuli una polizza assicurativa che gli garantisca il rimborso integrale del danno da parte di
una compagnia di assicurazione, dietro pagamento di un premio assicurativo.

I u(x) c X xm

L’individuo si assicura totalmente:

La posizione X2 è dunque una posizione certa.

Dunque se si suppone finito xm, il livello massimo di X, cioè il valore del bene se questo fosse esente da
rischio e pari a zero il suo livello minimo, si può affermare che I, il cui patrimonio è composto da c e da X, si
trova in una posizione finanziaria ed è esposto a un danno di ammontare aleatorio , il cui valore
possibile è compreso tra un minimo di zero e un massimo di xm. Si consideri il premio puro, cioè il costo
dell’operazione di assicurazione: è possibile ora affermare che, per l’individuo I, assicurarsi totalmente
contro il rischio di danno, cioè assumere la posizione finanziaria X2 , vuol dire assumere una posizione certa
pari a .
A questo punto l’operazione di scambio , può dirsi equa? Sì, poiché considerando il valore atteso
della posizione finanziaria e il valore atteso della posizione finanziaria X2 , essi risultano identici.

è un’operazione equa

Se l’operazione di scambio può dirsi equa, il premio puro viene detto premio equo.
L’operazione risulta tuttavia vantaggiosa, svantaggiosa o indifferente? L’operazione, per un individuo
avverso al rischio, risulta vantaggiosa:

Ricordando la Disuguaglianza di Jensen:

Se X2 è una variabile aleatoria degenere

Quindi se l’operazione risulta vantaggiosa per un individuo avverso al rischio.

Questa operazione vantaggiosa per I, resterà tale anche se l’individuo pagherà un caricamento o
sovrappremio , purché questo sia inferiore alla soglia di indifferenza, cioè al valore per cui la
disuguaglianza diventa un’uguaglianza. Il sovrappremio o caricamento massimo
accettabile è denominato caricamento per il rischio, in inglese risk loading.

Premio caricato

Posto come il sovrappremio e come il caricamento per il rischio, si definisce , dove:

definendo η il tasso di caricamento percentuale. Considerando dunque il premio puro, il sovrappremio


e η il tasso di caricamento percentuale, si definisce il premio totale π come premio caricato:
Dunque se I versa il premio caricato, consegue la posizione finale:

cioè dato che vale , l’individuo si assicura l’importo certo:

Evidentemente, per I l’operazione di scambio non è più equa, ma sfavorevole, poiché:

quindi I accetta di scambiare una posizione finanziaria con valore atteso con una posizione
finanziaria con valore atteso minore ed è disposto a pagare un sovrappremio , tale che:

purché la disuguaglianza sia soddisfatta. In questo caso quindi il caricamento


massimo accettabile sarà tale che:

Ovvero:

Applicando ad ambo i membri la funzione inversa e ricordando la definizione di equivalente certo:

Si definisce caricamento massimo accettabile, la grandezza:

Esprimendo inoltre come percentuale η del premio equo, cioè in termini di tasso di caricamento:
Si definisce tasso massimo di caricamento, la grandezza:

Dunque si può giungere ad affermare che, per , l’operazione sfavorevole è vantaggiosa.

Conclusione

In conclusione, se un individuo I avverso al rischio e dotato di funzione di utilità u(x), si trova in una
posizione finanziaria incerta e vuole scambiarla con una posizione finanziaria certa X2, può stipulare una
polizza assicurativa di copertura integrale dietro pagamento di un premio in danaro. Per definizione il
premio equo è quello che rende equa l’operazione di assicurazione. Quindi, se I pagasse solo il premio
equo, la sua posizione patrimoniale finale sarebbe X2 . Naturalmente questa operazione sarebbe
vantaggiosa per I, dunque l’individuo potrà accettare di pagare un caricamento del premio equo,
assumendo la posizione finale certa , purché rispetti la condizione di vantaggiosità:

dove rappresenta il premio di indifferenza associato da I alla propria posizione rischiosa.

Il caricamento massimo accettabile per assicurare integralmente una posizione finanziaria rischiosa è uguale alla
differenza tra il valore atteso di e il suo equivalente certo; per la concavità della funzione di utilità, questa
differenza è positiva.
G. Castellani, M. De Felice, F. Moriconi – Manuale di Finanza, vol. II, pgg. 113
ANALISI RISCHIO – RENDIMENTO

Come si è visto le scelte in condizioni di incertezza hanno carattere tipicamente multidimensionale. La


massimizzazione dell’utilità attesa consente però una riduzione della complessità del problema di scelta,
costituendo un obiettivo di tipo globale. Tuttavia, per analizzare la struttura del problema decisionale,
molto spesso conviene recuperare la multidimensionalità del problema, disaggregando l’obiettivo globale
in più obiettivi parziali. E’ espressivo infatti scomporre il criterio della massimizzazione dell’utilità attesa
introducendo due obiettivi parziali: la massimizzazione del profitto e la minimizzazione del rischio.

Formalmente:

Con riferimento al decisore I avverso al rischio, quindi dotato di funzione di utilità crescente e concava u(x),
che deve valutare la situazione finanziaria incerta , la scomposizione può essere effettuata in modo
rigoroso definendo una misura generalizzata di rischiosità di , come:

come risulta dalla disuguaglianza di Jensen: , se I è avverso al rischio questa misura di


rischiosità non è mai negativa e si annulla solo in caso di variabile aleatoria degenere o di funzione di
utilità lineare. Per costruzione:

Dunque massimizzare l’utilità attesa equivarrà a massimizzare il profitto e minimizzare il rischio:

Dato che u(x) è una funzione monotona crescente di , il primo di questi obiettivi si riduce a massimizzare
:

il secondo equivarrà a minimizzare la misura di rischiosità di :

Criteri di scelta parziali: rendere massimo il valore atteso dell’importo incerto e minima la sua rischiosità.
Utilità attesa come funzione di rischio e rendimento

L’espressività di questo approccio risulta evidente se si rappresentano la rischiosità e la speranza


matematica di su di un piano cartesiano, secondo il metodo dell’analisi rischio – rendimento. Per
semplicità si indichi con la speranza matematica e con la rischiosità . Evidentemente, ogni
possibile posizione finanziaria sarà caratterizzata da un valore della media e da un valore della rischiosità;
sarà quindi rappresentata da un punto nel piano . Di conseguenza l’insieme delle opportunità si
assumerà come sottoinsieme del piano .

Indicando ora e ricordando la relazione: , si può scrivere


l’utilità attesa come funzione del rischio e del rendimento :

per cui:

Geometricamente, ad ogni punto , cui corrisponde una situazione patrimoniale incerta , corrisponderà
un valore della funzione e quindi l’utilità attesa sarà rappresentata da una superficie, nello spazio
tridimensionale , definita sull’insieme delle opportunità. E’ utile ricordare come il teorema di
rappresentazione di von Neumann e Morgerstern abbia valore anche su questo piano.

Tuttavia lavorando sul piano e assumendo che la funzione di utilità u(x) sia derivabile almeno due
volte:

si può affermare che tra due punti aventi stessa ascissa sarà preferito quello avente ordinata
maggiore, dato che l’utilità attesa è funzione crescente di , per fissata. Analogamente:

conseguentemente, presi due punti sulla retta con , sarà preferito tra essi quello con
valore minore dell’ ascissa .
es. Le opportunità nel piano

Ad esempio, nella figura risulta , dato che


a parità di rischiosità il punto corrisponde ad
una situazione finanziaria con valore atteso,
quindi con rendimento, maggiore. Analogamente
, poiché per uno stesso livello di importo
atteso (rendimento), la posizione è
caratterizzata da un valore più basso della
rischiosità. Naturalmente questo criterio
introduce un ordinamento soltanto parziale,
infatti le posizioni corrispondenti ai punti e
non risultano tra loro confrontabili.

Evidentemente, la rappresentazione completa delle preferenze potrà ottenersi solo considerando


congiuntamente gli obiettivi e attraverso la valutazione della funzione . Le ipotesi generali
sulla funzione utilità permettono di ricavare l’andamento qualitativo delle linee di livello della superficie
cioè la forma del luogo dei punti del piano cge corrispondono ad uno stesso livello
dell’utilità attesa e che risultano pertando indifferenti tra loro. Queste linee di livello, dette curve di
indifferenza, sono implicitamente descritte dall’equazione , dove assume il significato di
un parametro che contraddistingue tra di loro le singole curve.

Dato che u(x) è dotata di funzione inversa, ques’equazione può esser risolta rispetto a , fornendo quindi
l’espressione esplicita della curva di indifferenza con utilità attesa :

La soluzione di rappresenta l’equivalente certo dei punti sulla curva di


indifferenza al livello .

Crescenza e concavità delle curve di indifferenza


Dal teorema delle funzioni implicite, la derivata prima
ha forma:

ed è positiva per l’ipotesi di crescenza su u(x).


Calcolando la derivata seconda, invece:

anch’essa positiva per la crescenza e la concavità su u(x)


Ottimizzazione: la frontiera delle opportunità e la frontiera efficiente

Il problema della massimizzazione dell’utilità attesa è significativo solo in presenza di vincoli sulle variabili
decisionali e , infatti in assenza di limitazioni sulla rischiosità e sul valore atteso di esisterà sempre la
soluzione banale e . Ricordando come l’insieme , al suo interno rivestono un
ruolo importante le cosiddette opportunità di frontiera. Un’opportunità di frontiera è definita come
l’opportunità che ha minima rischiosità tra tutte le opportunità che presentano medesima speranza
matematica. Per ogni fissato livello del valore atteso , la corrispondente opportunità di frontiera
sarà la soluzione del problema:

Al variare di vengono individuate tutte le opportunità di frontiera di , o la frontiera delle opportunità,


che si indica con il simbolo . Su questa frontiera possono esistere delle opportunità caratterizzate da
stessa rischiosità, ma da diversa speranza matematica; possono cioè esistere dei punti di frontiera situati
sulla retta verticale . Si definisce allora opportunità efficiente ogni opportunità di frontiera che
presenti massimo valore atteso fra tutte le opportunità di aventi uguale rischiosità . Un’opportunità
efficiente sarà dunque la soluzione del problema:

Naturalmente, il luogo delle opportunità efficienti, corrispondenti ai diversi valori di , è un sottoinsieme


della frontiera , ed è chiamato frontiera efficiente dell’insieme delle opportunità . E’ bene ricordare
come sia una funzione strettamente crescente e che tutti i suoi punti siano punti di ottimo Paretiano. Il
procedimento con cui si è ricavata la frontiera garantisce che non ci si possa spostare su di essa per
aumentare il rendimento, senza aumentare
contemporaneamente la rischiosità.

Dall’ottimizzazione alla massimizzazione


Con l’individuazione della frontiera
efficiente si esaurisce la fase di
ottimizzazione. Il problema decisionale sarà
infine risolto individuando il punto di
massimo dell’obiettivo globale e
questo non potrà che essere uno dei punti
di ottimo Paretiano. Si tratterà quindi di
individuare il punto della frontiera
efficiente che si situa sulla curva di
indifferenza con il valore più
alto dell’utilità attesa.
Massimizzazione dell’utilità

rappresentano le posizioni a utilità massima, soluzione del problema di scelta; naturalmente le due
soluzioni sono tra loro indifferenti. Si può anzi osservare che anche il punto , intersezione della curva
con l’asse delle , è indifferente a questi due punti di massimo. E’ interessante ancora notare come
l’ordinata di è l’equivalente certo delle posizioni rischiose rappresentata da . Questo punto
non corrisponde ad una posizione finanziaria effettivamente raggiungibile, poiché , ma ha un
significato rilevante, dato che per il decisore I, sarebbe indifferente avere a disposizione l’importo certo
oppure l’intero insieme delle opportunità . Quindi può essere interpretato come il prezzo
dell’indifferenza, per I, dell’insieme delle opportunità .

Frontiere convesse

In assenza di ipotesi specifiche, la frontiera efficiente potrà assumere forme anche molto irregolari.
Tuttavia in molte applicazioni dell’analisi rischio – rendimento, la struttura che caratterizza l’insieme delle
alternative garantisce che la frontiera
efficiente sia convessa: garantisce cioè
che, comunque scelti due punti
, il tratto di curva compreso
tra giace all’esterno del tratto di
retta tra . Se sono ammissibili
inoltre anche le opportunità non-rischiose,
l’insieme includerà almeno un punto
dell’asse delle e la frontiera efficiente
avrà la forma di una curva crescente e
concava, uscente da un punto con
ordinata e rischiosità nulla. La convessità
delle curve di indifferenza garantisce
l’esistenza di un unico punto a utilità massima, situato su ℇ ma con rischiosità . Inoltre il punto
che rappresenta l’equivalente certo di si situerà al di sopra della posizione , avrà quindi ordinata
L’ordinata di , a sua volta, sarà maggiore di . Si può quindi concludere che, pur essendo
disponibile la posizione non-rischiosa con valore , sarà in genere vantaggioso per I assumere una
posizione rischiosa , individuata determinando i punti di ottimo in e scegliendo tra questi il punto di
massimo. Questo punto si trova infatti su una linea di indifferenza a utilità più elevata di quella passante
per . Dunque per un individuo che abbia un patrimonio certo e che debba quindi decidere se
scambiare la posizione non-rischiosa con una rischiosa sita in , la differenza:

rappresenta il prezzo di indifferenza delle opportunità . Invece la differenza:

è il premio al rischio di indifferenza associato da I alla relativa posizione.


MERCATO E SCELTE DI PORTAFOGLIO

Mercato elementare
• in t
Mercato monoperiodale a1, a2, ... , an

A ak

Qk = W(t, Ak)
Short sales
• in s:
Ak

Nk

Struttura elementare del mercato

Si consideri un mercato uniperiodale, aperto solamente alla data corrente e alla data futura . Nessuna
transazione è possibile al di fuori degli istanti e : le scelte degli agenti economici verranno così
effettuate in per produrre i loro effetti unicamente alla data . Per semplicità si potrà far riferimento ad
un periodo di lunghezza unitaria, ponendo e . Alla data di stipula gli agenti economici
hanno a disposizione, possono cioè comprare o vendere, contratti finanziari:

Con per si indicherà il generico contratto finanziario (di solito un’azione ordinaria), il cui
payoff a scadenza , esigibile alla data e con quotazione alla data , sarà al più positivo per il
principio di responsabilità limitata degli azionisti ( limited liability). Supponendo che i contratti
siano tutti titoli rischiosi, nel senso che rappresenta una variabile aleatoria nota solo all’istante ; se si
indica con il valore di mercato in della variabile aleatoria esigibile in , si ha:

Se si assume che sul mercato valga il principio di assenza di arbitraggi privi di rischio discenderà come
conseguenza necessaria che il prezzo di un contratto con payoff non negativo sia al più positivo:

Con riferimento al generico titolo , potranno essere eventualmente inclusi, come casi degeneri, titoli
risk-free, cioè investimenti il cui valore in sarà già noto in : basti pensare al caso in cui la variabile
aleatoria assuma il valore fissato non-negativo con probabilità 1. Si pensi ai contratti come a titoli
azionari (dove i redditi staccati siano tutti incorporati in ) quotati su mercati regolamentati e al titolo
risk-free come ad uno ZCB esente da rischio di insolvenza, con scadenza e valore facciale . Quando non
diversamente specificato si assumerà inoltre che sui titoli siano consentite short sales (vendite allo
scoperto).
Portafogli e linearità di prezzo

Date opportunità di investimento , un portafoglio, selezionato sul paniere delle


attività, è un vettore a componenti, che rappresentano il numero di unità acquistate di ciascuna delle
attività. Se si indica con il numero di quote di con , il portafoglio corrispondente è il
vettore definito come:

Poiché non è esclusa la possibilità di short saling le quote potranno anche essere negative, formalmente
varrà , dove è lo spazio dei numeri reali a dimensioni. Si consideri ora un portafoglio P
costituito detenendo quote di e si indichi con il corrispondente payoff aleatorio con scadenza . Il
prezzo in di questo portafoglio sarà dato da:

Si assumerà così valida la proprietà di linearità dell’operatore prezzo, si assumerà cioè che il prezzo di
mercato del portafoglio sia dato dalla combinazione lineare dei prezzi dei titoli componenti:

Dato che è il valore di mercato del portafoglio a fine periodo, anche il payoff sarà combinazione
lineare dei payoffs dei titoli componenti, si avrà cioè:

Qualora sia non-rischioso, se cioè coincide col valore certo , varrà la proprietà di indipendenza
dall’importo:

dove è il prezzo di mercato in di una unità monetaria certa esigibile in . Questo prezzo unitario
espresso come rappresenterà quindi il fattore di sconto di mercato da a . E’ importante notare
come un portafoglio P con vettore di quote che non abbia valore nullo può anche essere rappresentato
definendo la frazione di capitale investita in ciascuna delle attività detenute. Se è si può cioè
specificare il portafoglio P con il vettore:

avendo definito:

valendo naturalmente la proprietà di normalizzazione: . Le componenti del portafoglio


esprimono i pesi o le percentuali di composizione del portafoglio stesso. Per esempio, un portafoglio
equiripartito si definisce come un portafoglio che suddivide il capitale investito in parti uguali su tutti i titoli
trattati, cioè tale che: . Anche in questo caso la possibilità di vendite allo
scoperto implicherà che alcuni dei pesi possano essere negativi e, per la condizione di normalizzazione,
che altri pesi potranno avere valori maggiori di uno.

Rendimenti

Nei mercati finanziari è consuetudine diffusa caratterizzare le opportunità d’investimento in termini di


rendimento, oltre che di prezzo. In effetti gli operatori sono interessi a valutare le perfomances di un
investimento non tanto in termini di guadagno assoluto, quanto di guadagno relativo. Questo guadagno
relativo o rendimento può essere definito in vari modi. Nell’ambito della selezione del portafoglio è di solito
preferita la definizione in senso percentuale, in termini di tasso.
MODELLO MEDIA – VARIANZA

L’approccio media – varianza alla selezione di portafoglio

Questo modello fu introdotto da Harry Markowitz nel 1952. Il problema della selezione di portafoglio qui
consiste nella scelta di un portafoglio tra tutti i portafogli che possono essere costruiti con gli titoli
presenti sul mercato alla data di selezione. Cioè attuare una portfolio selection significa scegliere al tempo
un portafoglio in modo che il suo rendimento soddisfi determinati criteri di ottimalità. Ancora in altri
termini, l’insieme delle opportunità è costituito dai vettori compatibili con i vincoli imposti dalla
selezione. Secondo l’approccio rischio – rendimento, i criteri di ottimalità sono tipicamente costituiti da una
misura di profitto da massimizzare e da una misura di rischio da minimizzare. Nello schema media –
varianza la misura di profitto adottata è il valore atteso del rendimento del portafoglio e la
misura di rischio è la sua varianza o, equivalentemente, la sua deviazione standard
. L’obiettivo principale dell’approccio media – varianza è l’individuazione dei portafogli
efficienti. Un portafoglio è efficiente in media – varianza se ha rendimento a varianza minima per un fissato
livello di rendimento atteso, oppure se ha rendimento atteso massimo per un fissato livello di varianza del
rendimento. Questi portafogli efficienti rappresentano ottimi paretiani, dato che non è possibile aumentare
il rendimento atteso senza aumentare la varianza o diminuire la varianza senza diminuire il rendimento
atteso. Anche l’approccio media – varianza scompone il processo di scelta in due fasi successive:
l’ottimizzazione, in cui vengono individuati i portafogli efficienti, cioè i punti Pareto ottimali, sulla base delle
caratteristiche probabilistiche, sintetizzate da media e varianza del rendimento e la massimizzazione, in cui,
se il processo di ottimizzazione risulta coerente con la teoria dell’utilità, avviene la selezione del portafoglio
che massimizza l’utilità attesa, individuando così un punto di ottimo globale in base alle curve di
indifferenza. L’approccio media – varianza non utilizza in modo completo l’informazione probabilistica sulle
variabili aleatorie rilevanti per il problema di selezione del portafoglio: si limita infatti a basarsi solo sulle
caratteristiche di primo e secondo ordine delle distribuzioni di probabilità dei rendimenti. Per questo
motivo, non è, in genere, compatibile col criterio dell'utilità attesa. E' comunque importante stabilire in
quali condizioni i due metodi, media – varianza e utilità attesa, possono esser considerati tra loro coerenti.

Compatibilità col criterio dell’utilità attesa

Si consideri in un individuo I con funzione di utilità u(x), che abbia già deciso di consumare
immediatamente un capitale e che possieda un capitale eccedente da destinare al consumo in .
L’individuo ha a disposizione titoli di investimento con quotazione in e payoff in ;
in generale uno dei titoli può anche rappresentare uno ZCB risk-free. Sia la composizione del portafoglio
fissata in e sia il suo payoff esigibile in , naturalmente varrà la relazione con
e la condizione di normalizzazione . Dunque, tra tutte le posizioni finanziarie
prodotte in dalla scelta in , si tratterà di selezionare quella alla quale l’investitore I attribuirà il
gradimento più elevato. Se le preferenze dell’individuo sono rappresentate dal criterio dell’utilità attesa, il
problema di selezione potrà essere scritto come:
Senza perdita di generalità, si assumerà che u(x) sia sviluppabile in serie di Taylor con punto iniziale , si
avrà cioè:

dove indica la derivata k-esima di . Effettuando lo sviluppo di prendendo il valore medio


come punto iniziale, quindi , l’utilità attesa di si può esprimere come:

cioè nella forma:

dove l’ultimo termine, il cosiddetto resto di terz’ordine, raccoglie tutti i momenti centrali della distribuzione
di superiori al secondo. Intuitivamente, se I è avverso al rischio, cioè se è crescente e ,
la struttura delle preferenze del decisore dovrebbe indurlo a ricercare portafogli con maggiore valore
atteso di e con più bassa varianza di . Tuttavia è evidente che il perseguimento di questi obiettivi
parziali non è, in generale, sufficiente per garantire il conseguimento dell’obiettivo globale, che è la
massimizzazione di , dato che i momenti di ordine superiore al secondo possono avere
importanza non trascurabile nella strategia di massimizzazione.

Quindi solo se è trascurabile, allora:

ovvero:

In generale esistono solo due casi particolari in cui i momenti centrali della distribuzione di superiori al
secondo non inficiano il criterio dell’utilità attesa e rendono dunque compatibile il modello di Markowitz
con la teoria dell’utilità. Il resto di terz’ordine è trascurabile sotto ipotesi di funzione di utilità quadratica o
sotto ipotesi di normalità della distribuzione dei rendimenti .
Hp utilità quadratica Si supponga che l’individuo I presenti funzione di utilità quadratica:

Con questa scelta il resto di terz’ordine si annulla dato che


Tuttavia quest’ipotesi presenta gravi limitazioni, soprattutto a causa del fatto che la
crescenza di si ha solo per . Quindi affinchè la funzione di utilità
quadratica descriva correttamente le preferenze di un decisore massimizzatore di
profitto sarà necessario supporre, almeno, che le determinazioni della variabile
aleatoria siano superiormente limitate dal valore .

Hp di normalità Si ipotizzi che, indipendentemente dalla forma della funzione di utilità, i rendimenti
degli titoli oggetto di selezione abbiano distribuzione congiunta normale e che
quindi anche il rendimento del portafoglio, comunque sia costituito, si presenti
( )
normalmente distribuito, cioè che valga * . Posto, per linearità,
, una delle proprietà della distribuzione normale è che tutti i
momenti di ordine superiore al secondo che non sono nulli possono essere espressi
in funzione dei momenti di primo e secondo ordine. Quindi il resto di terz’ordine è
anch’esso una funzione di e di e quindi di e di . Si dimostra
inoltre che questa dipendenza funzionale è crescente rispetto a e decrescente
rispetto a . Ne consegue che anche in questo caso la massimizzazione del
rendimento atteso e la minimizzazione della varianza equivalgono alla
massimizzazione dell’utilità attesa.

( )
* Una distribuzione normale è la distribuzione di una variabile aleatoria normale o gaussiana ed è caratterizzata
dalla seguente funzione di densità, cui spesso si fa riferimento con la dizione curva di Gauss o gaussiana:

In conclusione, il criterio media – varianza fornisce risultati coerenti col principio dell’utilità attesa solo
sotto condizioni particolari: se gli agenti presentano funzione di utilità quadrati ca, oppure se la
distribuzione congiunta dei rendimenti degli asset da selezionare è normale. Ad ogni modo sia l’ipotesi di
utilità quadratica che quella di normalità dei rendimenti presentano diverse difficoltà di ordine teorico e
scarsa rispondenza empirica alle situazioni reali. Tuttavia, pur operando una separazione tra le
caratteristiche probabilstiche e le preferenze individuali e pur presentando problemi di coerenza con la
teoria dell’utilità attesa, per la sua semplicità e il suo contenuto intuitivo, il criterio media – varianza risulta
uno degli approcci più utilizzati alla selezione di portafogli e, più in generale, al problema delle scelte
finanziarie in condizioni di incertezza.
Caratteristiche di secondo ordine del portafoglio

Dato che nello schema media – varianza le scelte sono basate sul controllo del valore atteso e della varianza
del rendimento di portafoglio, è rilevante ricavare relazioni eplicite che colleghino queste quantità al valore
atteso, alla varianza e alla covarianza del rendimento dei titoli componenti.

Media Si indichi con il valore atteso di , cioè il rendimento atteso del


portafoglio. Posto e ricordando la proprietà di linearità, si ricava:

Varianza di portafoglio

Dato un paniere di opportunità costituito da titoli di investimento ; dato un vettore


delle quote di composizione del portafoglio , dato il vettore dei rendimenti attesi
e quindi , per calcolare la varianza del portafoglio è necessaria la matrice
di covarianza:

la quale è specificata da termini. Si indichi dunque la covarianza tra come:

Ovviamente e con i termini si esprimerà la varianza dei rendimenti del k-esimo titolo:

ovvero l’elemento diagonale della matrice di covarianza. La o volatilità(*) sarà data da:

( )
* E’ opportuno precisare che, a giudicare dalle procedure standard di stima usualmente utilizzate, nonostante sia invalso nel linguaggio corrente riferirsi alla deviazione standard con il termine di
volatilità, questo termine andrebbe riservato, per coerenza, alla deviazione standard del log-return sotto l’ipotesi che i dati di mercato siano normalmente distribuiti, cioè facendo esclusivamente
riferimento al modello log-normale dei prezzi.

Se la variabile aleatoria è degenere, ovvero se rappresenta il rendimento di un titolo certo, nel senso
di allora: , si ha cioè che la varianza è nulla e tutti i rendimenti
hanno covarianza nulla con . Si dimostra inoltre che valgono sempre le disuguaglianze:

ovvero la covarianza è sempre compresa tra il prodotto delle deviazioni standard.


Eccettuato il caso in cui rappresenta il rendimento di un titolo certo, presi due titoli rischiosi :

se e sono perfettamente correlati in modo positivo, in modo negativo o non sono affatto correlati.

Espressione della Varianza

Per la varianza del rendimento di portafoglio si avrà:

Sviluppando, si ricava che la varianza del portafoglio è pari alla somma degli elementi della matrice delle
covarianze pesate:

è così possibile scrivere la matrice delle covarianze pesate:

E’ espressivo scomporre la doppia sommatoria in due addendi: la somma degli termini quadrati di
(cioè quelli giacenti sulla diagonale) e la somma degli termini rettangoli di . Si otterrà:

Matrice di correlazione

Nei casi non degeneri, invece della covarianza si può utilizzare il coefficiente di correlazione, ricavabile dalla
limitazione della covarianza:
Evidentemente, presi due titoli rischiosi si avrà:

se e sono perfettamente correlati in modo positivo, in modo negativo o non sono affatto correlati. Al
posto della matrice di covarianza , quindi, si può utilizzare il vettore delle varianze:

e la matrice di correlazione:

Subadditività

Una questione di grande rilevanza, sia teorica che pratica, riguarda gli effetti della correlazione sulle
proprietà di additività della deviazione standard del portafoglio. Per un generico portafoglio , dato il
vettore delle varianze e la matrice di correlazione , si ha:

Se, mantenendo e fissati, si assume che i titoli siano tutti tra loro perfettamente correlati
positivamente, cioè che , sarà:

per cui:

che esprime la volatilità massima assumibile dal portafoglio. Inoltre il fatto che risulti che, nel caso di
correlazione perfetta, la deviazione standard del rendimento del portafoglio è la combinazione lineare delle
deviazioni standard del rendimento dei titoli componenti, implica che può essere intesa
come una proprietà di additività: considerando infatti come la deviazione standard della frazione di
rendimento , è possibile affermare che la somma delle deviazioni standard di tutte le frazioni di
rendimento è uguale alla deviazione standard del rendimento totale.
Esplicitamente:

Tuttavia, nel caso generale, , la volatilità del portafoglio sarà minore, al più uguale,
della somma pesata delle varie deviazioni standard dei suoi componenti, varrà cioè la disuguaglianza:

più semplicemente:

che esprime la proprietà di subadditività di . Si può dire dunque che la deviazione standard è additiva
solo in se tutti i titoli sono correlati positivamente. In conclusione si può giungere ad una prima, timida
considerazione sulla diversificazione dei portafogli, affermando che: se la volatilità del portafoglio è minore,
al più uguale, della somma pesata delle varie deviazioni standard dei suoi componenti, allora diversificare il
portafoglio, costruire cioè un portafoglio con titoli meno correlati possibile, ne riduce il rischio, indicato
proprio dalla volatilità.

Prime considerazioni sulla diversificazione

La selezione di un portafoglio in ambito media – varianza si pone come un problema in cui le caratteristiche
di primo e secondo ordine del mercato sono assegnate e si deve scegliere il vettore sulla base di criteri
di razionalità. Si consideri il caso più semplice di mercato, con due soli titoli rischiosi, e si assuma:

e che tra le due attività non vi sia una relazione di dominanza rischio-rendimento. Ricordando che in un
mercato con soli due titoli, la composizione del portafoglio è data da e , il rendimento del
portafoglio sarà:
che evidenzia la dipendenza lineare del rendimento dalla quota investita in . Dato che , la
retta del piano , individuata dall’equazione del rendimento, ha coefficiente angolare positivo.

I portafogli caratterizzati da valori di , rappresentati in linea tratteggiata a sinistra di ,


corrispondono alle situazioni finanziarie di vendita allo scoperto del titolo per investire il ricavato in .
Viceversa, i portafogli caratterizzati da valori di , rappresentati in linea tratteggiata a destra di ,
corrispondono alle situazioni finanziarie di vendita allo scoperto del titolo per investire il ricavato in .
Quest’ultimo caso rappresenta la situazionein cui un agente investe una somma più elevata del proprio
patrimonio in un’attività a elevato rendimento atteso, finanziando l’investimento extra con una posizione
debitoria a un tasso atteso più basso. Si tratta di un’operazione di cosiddetta leva finanziaria, tipicamente
finalizzata all’incremento del rendimento atteso, con conseguente aumento dell’esposizione al rischio.
Analogamente, l’espressione della varianza del portafoglio, ricordando la notazione di ,
per il coefficiente di correlazione, si può esprimere come:

Se si considera il coefficiente di correlazione come un dato, per determinare la varianza del portafoglio è
necessario raccogliere le potenze di :

valendo:
Quindi, nel piano l’andamento della varianza del portafoglio è rappresentato da una parabola con
asse parallelo all’asse delle ordinate. Per conoscere la concavità della parabola è utile studiare il segno della
derivata seconda di :

Dato che il coefficiente risulta positivo, poiché sempre compreso tra:

assumendo valore minimo per e valore massimo per , la parabola rivolge la propria
concavità verso l’alto. Naturalmente e . Comunque il
portafoglio a varianza minima, dunque quello che presenterà il minimo rischio, si avrà in corrispondenza del
vertice della parabola, con ascissa:

La relazione richiede che per il vertice della parabola si abbia sempre , dato che per valori
di la funzione è necessariamente monotona crescente:
Sapendo che il denominatore è sempre positivo, si conclude quindi che il vertice della
parabola cadrà nell’intervallo chiuso , si avrà cioè:

quindi varrà:

dunque risulterà non-negativo se e solo se il coefficiente di correlazione rispetterà la limitazione data


dal rapporto tra le deviazioni standard dei titoli. Si indicherà quindi il portafoglio a varianza minima con le
coordinate: . Il fatto rilevante è che se il portafoglio è diversificato, se cioè ambedue i
titoli sono acquistati in quantità non nulla, , la varianza del portafoglio sarà sempre minore di
. Si manifesta così la possibilità di ridurre il rischio per diversificazione. A parità di dati, questo effetto
sarà tanto più rilevante quanto più , il portafoglio a minimo rischio. Tuttavia, è importante notare
che se la correlazione tra i due titoli è troppo elevata, il segno di ne risentirà, varrà infatti:

In questo caso non sarà possibile usufuire dei benefici della diversificazione da portafogli con sole posizioni
di acquisto, dato che il portafoglio a varianza minima, in questo caso, dipenderà da considerazioni sulla
possibilità o meno, sul mercato, di vendite allo scoperto. Se non sono ammesse vendite allo scoperto, allora
il portafoglio a varianza minima coinciderà con il titolo , in caso contrario:

Si tratterà di vendere allo scoperto il titolo , a più


elevata rischiosità, per il investire il ricavato sul
titolo meno rischioso . In questo caso la leva
finanziaria sarà usata per conseguire una
diminuzione del rischio. Questo tipo di strategia,
basata sulla costruzione di portafogli long-short o
meglio, assets and liabilities, che beneficiano di
proprietà di elevata correlazione tra le componenti
(in modo che le variazioni imprevedibili di una
componente tendano a esser compensate dalle
variazioni dell’altra) sfrutta un approccio di riduzione
del rischio, definito come operazione di copertura o
hedging.
Tre casi particolari

E’ importante notare come la correlazione tra i titoli influisca in maniera importante sul portafoglio a
minimo rischio.

Titoli non correlati Se , allora il caso di titoli non


correlati, quindi con rendimento
indipendente, è riconducibile al caso
generale di diversificazione con sole
posizioni di acquisto:

Correlazione positiva Se allora questo caso è


riconducibile a quello in cui sono
ammesse short sales:

Tuttavia la varianza del portafoglio


risulta nulla, il portafoglio non
presenta rischio pur non essendo
diversificato.

Correlazione negativa Se allora il portafoglio


presenta varianza nulla come nel caso
di perfetta correlazione positiva,
eccettuato il fatto che in questo caso
il portafoglio risulta diversificato:
Deviazione standard come misura di rischiosità

Invece di misurare il rischio con la varianza è possibile utilizzare la deviazione standard, quindi la rischiosità
del portafoglio risulta:

Naturalmente saranno accettabili le sole determinazioni positive. Nel piano questa equazione
descrive un ramo di iperbole con concavità rivolta verso l’alto:

I casi di correlazione perfetta sono ora particolarmente interessanti, poiché mostrano come la rischiosità
presenti andamento lineare.

 per la volatilità del portafoglio risulta:

che si annulla nel punto di ascissa

 per la volatilità del portafoglio risulta:

che si annulla nel punto di ascissa


Ottimizzazione media – varianza

Dopo aver introdotto alcune importanti considerazioni sugli effetti che la diversificazione produce sulla
riduzione del rischio, risulta evidente che per una corretta impostazione del problema è necessario
considerare la valutazione delle corrispondenti aspettative di rendimento. Si supponga di trovarsi nel
semplice caso di un mercato composto da due sole attività rischiose, , supponendo sempre che
valgano le relazioni di non dominanza:

e indicando con la frazione di capitale investito nel titolo , si consideri le relazioni relative al
rendimento atteso e alla varianza del portafoglio:

illustrate graficamente:

In questo mercato elementare, tutti i portafogli con sole posizioni di acquisto corrispondono a valori
, i portafogli con posizione short su si hanno e quelli con posizione short su si
hanno . Dunque per ogni scelta , le equazioni della varianza del portafoglio e del rendimento
atteso forniscono le caratteristiche di rischio – rendimento del corrispondente portafoglio. In termini
geometrici si dirà che . Ponendosi dunque in questo piano , si indicherà con ℬ il luogo di
tutti i portafogli possibili. Questo luogo, detto frontiera delle opportunità, è identificato dal sistema di
equazioni parametriche:

che fornisce le coordinate di portafoglio al variare del parametro . Ipotizzando , questo


sistema identifica una parabola con asse parallelo all’asse delle ascisse e concavità rivolta “verso destra”:

Naturalmente non tutti i portartafogli di ℬ rappresentano ottimi paretiani, dato che tutti i punti situati sul
ramo inferiore della parabola risultano dominati dai punti situati sul ramo superiore aventi stessa ascissa. I
portafogli efficienti sono tutti inclusi sul ramo superiore ℰ della parabola, incluso il punto , questa curva
costituisce la frontiera efficiente e rappresenta la soluzione al problema di ottimizzazione media – varianza
in un mercato di due soli assets rischiosi.
E’ importante notare come la non-efficienza di non vada intesa come un giudizio di irrilevanza, al
contrario, qualsiasi portafoglio situato sulla frontiera ℰ , ad eccezione del portafoglio , andrà costituito
includendo una quota positiva o negativa di . Anche in questo contesto converrà analizzare il problema
adottando la deviazione standard come misura di rischio, rappresentando così ℬ su di un piano . In
questo piano la frontiera delle opportunità avrà la forma di un ramo di iperbole con concavità verso
destra e la concavità aumenterà al diminuire del coefficiente di correlazione ρ . Riportando solo le porzioni
di frontiera e le frontiere lineari relative ai casi estremi di correlazione perfetta, positiva e
negativa:

Queste frontiere identificano un triangolo, che ha per vertici i punti rappresentativi dei due assets e
il punto di coordinate . Dato che il portafoglio si ottiene per composizione ,
il rendimento atteso di sarà dato da:

In conclusione si può affermare che, a mano a mano che la correlazione tra i rendimenti dei due titoli
diminuisce, è possibile ridurre la loro variabilità a parità di rendimento atteso. Infatti, quanto più i
rendimenti dei due assets tendono a muoversi in direzione opposta relativamente alle rispettive medie,
tanto più è possibile combinarli nel portafoglio in modo da attenuare la loro variabilità.
Mercato con titoli rischiosi

In un mercato con più di due titoli rischiosi il problema del trade-off media – varianza assume una forma
più complessa. Tuttavia, pur con alcune importanti differenze, le conclusioni cui si giunge sono per molti
versi analoghe a quelle relative al caso a due assets.

Portafogli ottimi con vendite allo scoperto

Dati gli titoli rischiosi , l’individuazione dei portafogli efficienti nel modello media – varianza
si pone come un problema di ottimo vincolato definito sulle variabili . Si tratta infatti
di scegliere le quote di composizione in modo da ottimizzare un obiettivo, fissato l’altro, rispettando
comunque la condizione di normalizzazione su : resterà così individuata un’opportunità di frontiera.
Formalmente, questo problema, conosciuto come problema di programmazione quadratica, si può scrivere
come:

H. M. Markowitz, risolvendo questo problema nel 1952, dimostrò che il luogo ℬ dei punti rappresentativi
delle soluzioni del problema di programmazione quadratica, l’insieme a varianza minima, in un piano
, è una parabola con asse parallelo all’asse delle ascisse e concavità rivolta verso destra, al cui
interno sarà contenuta la nuvola degli punti rappresentativi dei titoli . Il vertice della
parabola rappresenterà il portafoglio a varianza minima, cioè il portafoglio con varianza:

Il trade-off media – varianza può inoltre essere affrontato scegliendo i pesi del portafoglio in modo da
massimizzare il rendimento atteso per un fissato livello della varianza, risolvendo cioè il problema:

Questo problema di programmazione


quadratica è equivalente a quello di
Markowitz. La sua soluzione infatti
individua, al variare di , la stessa
frontiera ℬ individuata da Markowitz.
Teorema dei due fondi

Una proprietà importante della frontiera delle opportunità è che se e rappresentano due portafogli su
ℬ comunque scelti, cioè due qualsiasi soluzioni del problema di Markowitz, tutta la frontiera ℬ
può essere ricostruita come luogo dei portafogli ottenuti miscelando e . Può cioè essere ricavata come
il luogo dei portafogli definiti da:

al variare della quota di composizione tra . Ciò corrisponde al fatto che la frontiera delle
opportunità può essere rappresentata sulla base delle equazioni parametriche (nel parametro ) :

in modo del tutto analogo a quanto visto nel caso di mercato con titoli. Questo teorema afferma
quindi che due soli portafogli efficienti e sono sufficienti per offrire un servizio d’investimento
‘completo’: ogni alternativa di investimento ottimale può infatti essere ottenuta ripartendo il capitale
unicamente tra il fondo e il fondo .

Portafogli ottimi con l’esclusione di vendite allo scoperto

Nel caso in cui siano escluse short-sales, il problema di selezione di portafoglio nel caso generale assume
una forma notevolmente più complessa che nel caso a due titoli, in cui l’introduzione di vincoli di non-
negatività sulle quote di composizione del portafoglio ha il solo effetto di ‘troncare’ la frontiera delle
opportunità. Se non è consentito short-selling, il problema di programmazione va risolto sotto gli ulteriori
vincoli di non-negatività per tutte le , assumerà cioè la forma:

Questo è ancora un problema di programmazione


quadratica che, tuttavia, non presenta soluzione
analitica, la frontiera infatti va ricavata con
procedure numeriche. In generale però, l’esclusione
di short-selling, impone alla frontiera efficiente di avere lunghezza finita e che sia sistematicamente
dominata dalla frontiera efficiente parabolica. La soluzione a questo problema sarà comunque interna alla
frontiera delle opportunità parabolica ℬ . Considerando la deviazione standard come misura di rischio, ℬ
assumerà un andamento iperbolico.
Mercato con titoli rischiosi e il titolo risk-free

Si ipotizzi che, oltre alle opportunità rischiose di investimento , sul mercato sia trattato
anche un titolo risk-free che, per comodità, si chiamerà portafoglio elementare non rischioso,
indicandolo con il simbolo . In questo mercato uniperiodale il titolo risk-free non potrà che essere uno
ZCB deterministico con scadenza in . Se è il valore di rimborso di questo titolo e se è il suo prezzo
in , il rendimento di questo investimento è dato da:

naturalmente, dato che è noto in , il tasso di rendimento è risk-free. Nella maggior parte dei casi,
molti dei titoli rischiosi avranno rendimento atteso maggiore del tasso risk-free. La differenza:

esprime l’extrarendimento atteso, cioè il rendimento aggiuntivo rispetto al tasso risk-free, fornito dal
generico asset rischio . Dato che gli agenti sono stati ipotizzati avversi al rischio, esprime una sorta di
premio al rischio, espresso in termini di rendimento e non di rischio. Tornando ad ipotizzare un mercato
con due sole scelte d’investimento: e e assumendo , con peso attribuito ad e
peso attribuito ad , si avrà:

e il rendimento e la varianza del portafoglio assumeranno forma:

per cui sarà:

che sostituendo all’equazione del rendimento, darà:

E’ questa espressione a individuare la frontiera delle opportunità ℬ in questo mercato a due titoli. Si
tratterà, come da figura, di una coppia di semirette uscenti dal punto di coordinate , cioè dal punto
rappresentativo del titolo risk-free. Naturalmente in questo caso il portafoglio a varianza minima coinciderà
proprio con .
Delle due semirette, una ha coefficiente
angolare positivo:

e l’altra negativo, corrispondente a .


La frontiera effic iente ℰ corrisponde alla
semiretta superiore e quindi avrà forma:

La semiretta inferiore invece avrà la forma con coefficiente inverso: .

Linee di efficienza

Si torni al caso di mercato con opportunità rischiose di investimento , rispetto alle quali sia
stata identificata la frontiera iperbolica delle opportunità ℬ . Converrà assumere che il portafoglio a
varianza minima , rappresentato dal vertice del ramo di iperbole ℬ , abbia rendimento atteso
maggiore del tasso risk-free, che valga cioè:

L’introduzione in questo mercato del titolo modifica la forma della frontiera efficiente, dato che,
considerando un generico titolo rischioso e miscelandolo con sarà sempre possibile ampliare la frontiera
delle opportunità fino a includere quella a rischio nullo. Tuttavia se il generico titolo non è preso sulla
frontiera efficiente e non è scelto opportunamente, non è detto che la combinazione con dia luogo ad
una soluzione efficiente. Infatti se la semiretta uscente da interseca la frontiera iperbolica in un suo
generico punto, sarà sempre possibile migliorare la scelta considerando una semiretta con pendenza
maggiore, in modo da dominare un tratto più ampio di frontiera. E’ evidente che la scelta ottimale si
otterrà selezionando come portafoglio
rischioso il punto di tangenza tra la
frontiera iperbolica e la semiretta
uscente da . Se si indica con e
con il rendimento atteso del
portafoglio e iperbolico ,
l’equazione della semiretta
passante per e è data da:
Questa semiretta individua la frontiera efficiente lineare nel mercato composto dagli titoli
dato che l’intera frontiera efficiente relativa ai soli titoli rischiosi risulta dominata da ,
ci si riferirà a questa frontiera lineare efficiente con il termine linea di efficienza. In questo contesto la
graduazione ottimale di rischiosità, cioè il miglior trade-off rischio – rendimento, si otterrà variando
l’allocazione di capitale investito unicamente tra e .

Indice di Sharpe

Avendo istituito una relazione lineare tra rendimento e rischio, secondo la quale risulta che
l’extrarendimento:

cioè l’aspettativa di rendimento rischioso che eccede il rendimento certo, sia proporzionale al rischio
assunto (misurato dalla deviazione standard), risulta, secondo il coefficiente di proporzionalità:

che esprime il compenso, in termini di rendimento, richiesto dal decisore I per sostenere l’assunzione di
una quantità di rischio a livello σ . Allora il rapporto:

indica il costo per unità di rischio o prezzo unitario del rischio, noto anche come indice di Sharpe
dell’investimento. Quindi riscrivendo l’equazione di ℒ nella forma:

si può affermare che i portafogli efficienti nel mercato con titoli sono tutti e soli i portafogli che
hanno prezzo del rischio uguale a quello del portafoglio di mercato . E’ evidente quindi che tra tutte le
semirette passanti per il punto la linea di efficienza è quella con pendenza massima, quindi tutti i
titoli o portafogli di titoli che hanno indice di Sharpe non superiore a quello di :

dove l’uguaglianza vale per tutti e soli i portafogli efficienti.


Massimizzazione dell’utilità

La costruzione della frontiera efficiente lineare conclude il processo di ottimizzazione. Ciò nonostante, la
decisione di determinare quale tra i portafogli efficienti debba esser scelto dipende dal livello di avversione
al rischio del decisore I. Tuttavia la specificazione delle caratteristiche di avversione o propensione al rischio
non fa parte dei dati di input della procedura media – varianza. La risposta definitiva al problema dovrebbe
essere fornita dalla teoria dell’utilità: una volta specificata la forma della funzione di utilità del decisore, il
portafoglio selezionato dovrà essere il portafoglio efficiente che massimizzi l’utilità attesa, posto che questa
possa essere espressa in termini di media – varianza. Come già osservato, ciò può accadere solo in caso di
funzione di utilità quadratica e/o nel caso di rendimenti congiuntamente normali.

Linee di indifferenza

Ci si riferisca a un individuo I con funzione di utilità che debba investire in il proprio patrimonio in un
portafoglio composto dai titoli . Se è il valore in del portafoglio selezionato in , cioè
è il suo payoff aleatorio, il criterio di scelta per I sarà rappresentato dalla massimizzazione dell’utilità
attesa:

assumendo una funzione di utilità quadratica e/o rendimenti normalmente distribuiti, l’utilità attesa potrà
esprimersi come una funzione della deviazione standard σ e della media μ del rendimento del
portafoglio. L’utilità attesa dovrà essere una funzione crescente di μ e decrescente di σ . Risulta naturale
introdurre nel piano le linee di livello di , definite dal luogo dei punto che corrispondono ad uno
stesso livello fissato dell’utilità attesa. Le linee di livello saranno rappresentate dall’equazione:

Dato che tutti i portafogli che soddisfano questa equazione rappresentano scelte indifferenti dal punto di
vista dell’utilità attesa, le linee di
livello individuano, al variare di
, le linee di indifferenza del
decisore I. Si può dimostrare che
la famiglia di linee di indifferenza
nel piano è formata da
curve regolari convesse,
muovendosi verso alti livelli di
rendimento, restando su bassi
livelli di rischio, si individuano
curve corrispondenti a livelli di
di utilità crescenti. Inoltre
individui con avversione al rischio
più elevata sono rappresentati da
una famiglia di curve con
convessità più elevata. E’ evidente che sotto queste ipotesi esiste un unico portafoglio efficiente che
massimizza , questo portafoglio è il punto in cui la frontiera efficiente lineare ℒ è tangente alla curva di
indifferenza corrispondente al valore di più elevato possibile. Formalmente: si indichi con la
funzione che esprime esplicitamente la curva di indifferenza al livello di utilità attesa . Con le opportune
ipotesi di regolarità su , l’ascissa del punto di utilità massima è univocamente determinata come
soluzione del sistema di due equazioni in due incognite :

La prima equazione stabilisce la condizione di contatto tra la curva di indifferenza e la linea di efficienza, la
seconda indica che la curva di indifferenza deve avere, nel punto di contatto, la stessa pendenza della linea
di efficienza.

Oss. Aspettative omogenee

Come si è visto la forma della frontiera iperbolica dipende solo dalle caratteristiche
probabilistiche di secondo ordine nella di titoli rischiosi, dipende cioè dal vettore
μ dei rendimenti attesi e dalla matrice di covarianza C. Dato che queste caratteristiche
differiscono da individuo a individuo, la frontiera efficiente iperbolica sarà agent
dependent. Tuttavia viene spesso adottata l’ipotesi di aspettative omogenee, si assume
cioè che tutti gli operatori sul mercato condividano almeno le stesse opinioni riguardo il
vettore μ dei rendimenti attesi e la matrice di covarianza C. In queste condizioni, sia la
frontiera iperbolica, sia la frontiera lineare ℒ assumeranno la valenza di un modello di
mercato, nel senso che costituiranno il criterio di ottimalità condiviso da tutti gli agenti.
In questo senso, la frontiera lineare viene qualificata come
linea di mercato o Capital Market Line, il portafoglio è il portafoglio di mercato e il
coefficiente identifica, a sua volta, il prezzo di mercato del rischio. Dato che tutti i
portafogli efficienti si trovano sulla , i portafogli non-efficienti si situano al di sotto
di essa e hanno quindi prezzo del rischio più basso del prezzo di mercato : il loro
acquisto, cioè, non remunera adeguatamente il rischio.

Determinazione di medie e covarianze

Affinchè l’impianto teorico dell’analisi media – varianza risulti operativo è necessario specificare il vettore μ
dei rendimenti attesi e la matrice di covarianza C. L’approccio più immediato al problema è quello di
utilizzare l’informazione contenuta nelle osservazioni passate effettuando stime su serie storiche di
quotazioni. Con riferimento al generico titolo rischioso , si ipotizzi di avere a disposizione, alla data ,
l’osservazione del prezzo corrente e una successione composta da un numero di passate osservazioni
(serie storiche o time series), si supponga che la serie sia periodica con passo unitario, per cui la prima
osservazione sarà stata rilevata alla data . Si avrà quindi, per ogni , la serie storica di
elementi:

dove rappresenta la quotazione di osservata sul mercato alla data . Per ciascun titolo ,
dalla serie delle quotazioni osservate è possibile ricavare la serie dei rendimenti:

E’ importante osservare che, sotto ipotesi di serie storiche a periodo unitario, i rendimenti risultano
espressi avendo come base periodale il passo delle serie utilizzate. Inoltre è possibile introdurre
un’ulteriore ipotesi, detta ipotesi standard. Quest’ipotesi usualmente accettata nelle procedure di stima
sulle serie storiche è che le costituiscano osservazioni indipendenti estratte da una distribuzione di
probabilità con medie e covarianze incognite. In termini generali e sotto tutte queste
ipotesi, le procedure di stima forniranno valori numerici per μ e C ricavati come specificate funzioni dei dati
osservati, dette stimatori. Gli stimatori classici nel modello media – varianza saranno quelli che
individueranno appunto medie, varianze, deviazioni standard e covarianze.

Stimatori classici

Media campionaria Per il rendimento atteso del titolo lo stimatore tradizionalmente utilizzato
coincide con la media campionaria:

Si tratta di uno stimatore non-distorto, coerente sia col metodo dei momenti che
con quello dei minimi quadrati ordinari. Per cambiare scala dei tempi, basterà
introdurre un semplice fattore di scala :

Var campionaria Lo stimatore per la varianza di è dato da:

Questo stimatore non-distorto è coerente con il criterio dei minimi quadrati


ordinari.
Dst campionaria Se si escludono campioni con numerosità molto bassa, lo stimatore per la
deviazione standard è sufficientemente approssimato dall’espressione:

Anche per quel che riguarda Var e Dst, per cambiare scala dei tempi basterà
introdurre un semplice fattore di scala :

Cov campionaria In generale, lo stimatore per la covarianza è fornito da:

Si dimostra comunque che, sotto l’ipotesi di normalità, gli stimatori non-distorti media campionaria,
varianza campionaria, deviazione standard campionaria, covarianza campionaria, sono anche stimatori di
massima verosimiglianza.

Aspettative e rischio nei mercati

E’ significativo ora collegare la formazione dei prezzi in condizioni di incertezza con le aspettative degli
agenti economici e con la loro percezione del rischio.

In un modello di mercato uni periodale, caratterizzato dalle date e , si consideri un generico asset
rischioso con prezzo e payoff aleatorio . Il tasso di rendimento periodale:

si può rappresentare come somma della media e dello scarto della media; si può cioè scomporre nella
formula:

essendo . L’aspettativa rappresenta la componente cosiddetta anticipata del


rendimento, lo scarto rappresenta invece la componente non anticipata e sarà nota agli agenti solo
nell’istante finale . Naturalmente è nulla solo in condizioni deterministiche. In generale però la
rischiosità di , cioè le caratteristiche di incertezza, saranno rappresentate dalla struttura probabilistica di
. Naturalmente, in condizioni di incertezza la formazione dei prezzi alla data potrà basarsi solo
sull’informazione disponibile agli agenti economici fino a . Dunque la componente anticipata sarà
una delle determinanti del prezzo . In altri termini, la componente anticipata fa parte dell’informazione
posseduta nell’istante iniziale dai partecipanti al mercato e quindi entra nella formazione del prezzo. In
modo alternativo, la componente non-anticipata non può contribuire alla formazione del prezzo, tuttavia
le valutazioni probabilistiche basate sull’informazione corrente, costituiranno un’altra delle determinanti
fondamentali del prezzo, espressiva dell’atteggiamento di fronte al rischio. Ad esempio, se il decisore I,
userà un criterio media – varianza per condurre le proprie decisioni di domanda-offerta sull’asset e quindi
in definitiva per determinarne la quotazione, una sintesi probabilistica di può esser fornita dalla varianza:

Efficienza informativa del mercato

In condizioni di incertezza l’osservazione dei prezzi alla data fornisce necessariamente un contributo
informativo rilevante, il punto cruciale è stabilire se questa informazione deve essere considerata
sufficiente per spiegare la formazione dei prezzi futuri. Nell’ipotesi di mercato efficiente, i prezzi dei titoli al
tempo riflettono tutta l’informazione disponibile in . Si possono citare tre gradi diversi di efficienza:

Efficienza in forma debole


I prezzi riflettono tutta l’informazione contenuta nell’andamento dei
prezzi fino a . Esclude quindi la validità dell’analisi tecnica.

Efficienza in forma semiforte


I prezzi riflettono tutta l’informazione pubblicamente disponibile in .

Efficienza in forma forte


I prezzi riflettono tutta l’informazione, sia pubblica che riservata,
disponibile in . Esclude quindi la possibilità di profitti da insider trading.

Dall’analisi empirica è generalmente confermata l’ipotesi di efficienza debole e, con minor evidenza, quella
in forma semiforte.

Studio della componente non anticipata

Si è detto che la componente non-anticipata di è quella che introduce rischio nelle attività di
investimento. Tipicamente di fronte ad agenti avversi al rischio, il mercato richiederà un premio per
accettare opportunità di investimento più rischiose. D’altra parte la possibilità di costruire portafogli
diversificati fa sì che la rischiosità di un titolo considerata separatamente possa essere abbattuta in modo
rilevante qualora il titolo venga incluso in un portafoglio. Va ricordato inoltre come in un mercato
efficiente, i portafogli ottimi paretiani costituiscano non solo un’opportunità, ma anche un obbligo di
investimento. Tutte queste considerazioni conducono a introdurre un’ulteriore scomposizione, questa volta
della componente non-anticipata di , nella somma di due componenti, corrispondenti a due categorie di
rischiosità concettualmente distinte. Si porrà:

dove la componente η sarà espressiva del rischio sistematico e la componente ε trasporta il rischio non-
sistematico. Il rischio sistematico non caratterizza lo specifico investimento in esame, ma influenza tutti i
titoli: in condizioni di incertezza, si può quindi qualificare come un rischio di mercato(*). La componente
non-sistematica invece, detta anche specifica o idiosincratica, è, al contrario, caratteristica del particolare
titolo considerato. Il fatto rilevante in questa distinzione è che il rischio specifico è eliminabile per
diversificazione, mentre la componente di rischio sistematico non è diversificabile. Queste osservazioni,
unite all’ipotesi di efficienza del mercato, conducono al cosiddetto principio del rischio sistematico.

Principio del rischio sistematico Se il premio al rischio è espresso in termini di rendimento, ciò equivale a
richiedere che in un mercato efficiente il rendimento atteso di un
investimento dipenda solo dal suo rischio sistematico.

(*)
I punti di ottimo paretiano sulla frontiera efficiente incorporano solo η

Caso storico: l’esperimento di Fama

Una verifica empirica di questo principio è fornita da un classico esperimento effettuato da E. F. Fama nel
1976 su un paniere di azioni quotate al NYSE.

 E’ stato selezionato casualmente un paniere di 50 azioni quotate sul NYSE, con l’unica richiesta che
per ciascun titolo sia disponibile una serie storica di osservazioni mensili di prezzo dal luglio 1963 al
giugno 1968, (60 osservazioni)

 Seleziona a caso un titolo e ne calcola e ottiene mensile

 Seleziona a caso un altro titolo e forma un portafoglio equiripartito con il titolo


precedentemente considerato e ne calcola

 Fama reitera l’esperimento fino ad includere in un unico portafoglio tutti i titoli osservati e giunge a
concludere che la volatilità diminuisce sì al diversificarsi del portafoglio, tuttavia essa non scende
mai oltre un certo livello

Il rischio a cui tende la volatilità del portafoglio dell’esperimento di Fama è .


Dunque Fama dimostra come in un mercato efficiente il rendimento atteso di un’attività dipende
esclusivamente dal rischio di mercato. Su questo principio del rischio sistematico si baserà quindi il modello
Capital Asset Pricing Model.
CAPITAL ASSET PRICING MODEL

Introduzione

Il Capital Asset Pricing Model o CAPM è un modello di equilibrio dei mercati finanziari. Si consideri la stima
del costo del capitale azionario, o in alternativa il rendimento atteso dagli azionisti, queste variabili
rappresentano uno dei temi più dibattuti nell’ambito della Teoria della Finanza. I diversi modelli di stima,
riconducibili alla teoria oggettivistica del costo del capitale, hanno trovato nella letteratura finanziaria
anglosassone in generale e statunitense in particolare, ampio spazio, alimentando il dibattito sul piano
teorico ed empirico. Un contributo determinante in tal senso è ascrivibile ad Harry Markowitz (1952), padre
della Modern Portfolio Theory, il quale ha fornito un inquadramento teorico dell’analisi rischio –
rendimento. L’autore, postulando l’avversione al rischio da parte degli investitori, pose le basi per
l’individuazione delle due variabili considerate nelle decisioni di investimento: il rendimento atteso e la
varianza, o la deviazione standard, del titolo. Il ragionamento su cui si basa l’analisi Markowitz è in realtà
molto semplice: se gli investitori, oltre al desiderio di ottenere alti rendimenti, sono per natura avversi al
rischio, l’atteggiamento più logico e razionale che possano adottare è quello di attuare un’efficace politica
di diversificazione degli investimenti per ridurre il rischio. Secondo Markowitz, l’investitore valuta, e poi
sceglie ciascun portafoglio in funzione del tasso di rendimento ad esso associato e distribuito casualmente,
che a sua volta dipende dal valore atteso e dalla deviazione standard. I rendimenti attesi e le deviazioni
standard osservate per ciascun portafoglio rappresentano così gli unici due fattori discriminanti tra
consumo attuale e differito. Sulla base degli studi di Markowitz, fu proposto da William Sharpe, in uno
storico contributo nel 1964 e fu indipendentemente sviluppato da Lintner nel 1965 e Mossin nel 1966, il
Capital Asset Pricing Model, un modello che stima il rendimento atteso del titolo, o rendimento di equilibrio
del mercato, in funzione del rischio dell’investimento. Questo modello trasforma così l’approccio di
Markowitz da un’analisi di scelte individuali a un criterio di decisione condiviso da tutti gli agenti,
immergendo il criterio media – varianza all’interno di un modello generale di equilibrio per il mercato dei
capitali. Nel modello assumono quindi importanza tre variabili: il tasso di rendimento risk-free, il
coefficiente di rischio sistematico e il premio atteso per il rischio. I primi test di verifica del Capital Asset
Pricing Model furono effettuati dallo stesso Sharpe nel 1966 e, nel 1967, da Jensen sui fondi comuni di
investimento, con risultati confortanti. Nel nostro Paese sia il CAPM che i modelli di pricing in generale
hanno trovato scarsa applicazione in letteratura, probabilmente a causa della ridotta dimensione del nostro
mercato azionario. Per quanto riguarda il CAPM, ad esempio, la verifica più estesa risulta quella di Caprio
del 1989 che considera un orizzonte temporale di circa quarant’anni: i risultati conseguiti sembrano in linea
di massima avvalorare la tesi del modello.
•La struttura temporale è ancora quella tipica del modello uni periodale, caratterizzato dalla data corrente t e
Mercato monoperiodale dalla data futura s, in definitiva l’orizzonte temporale di pianificazione è lo stesso per tutti gli agenti

•Non ci sono costi di transazione che gravano sugli scambi né gravami fiscali ad esempio imposte sui guadagni
∄ costi di transazione in conto capitale, inoltre sono trascurabili i costi di fallimento (bankruptcy costs)

Titoli infinitamente divisibili •E' possibile trattare qualsiasi quantità, anche frazionaria, di ciascun asset

•Sono consentite vendite allo scoperto, ovvero sono ammesse operazioni finanziarie che consistono nella
Possibilità di short-sales vendita, effettuata nei confronti di uno o più soggetti terzi, di titoli non direttamente posseduti dal venditore

•E' possibile prendere (borrowing) e dare (lending) in prestito, sull'orizzonte temporale da t a s , somme di
Tasso risk-free i danaro di qualsiasi ammontare, a un unico tasso d'interesse non-rischioso i

Agenti max profitto, avversi al •Gli agenti sono massimizzatori di profitto, avversi al rischio e pricetakers, dunque la loro funzione di utilità è
crescente e concava e non possono influenzare individualmente la formazione dei prezzi
rischio e pricetakers

Equilibrio domanda - offerta •I prezzi si formano come risultato dell'equilibrio tra le spinte aggregate della domanda e dell'offerta

•Ogni investitore sceglie il proprio portafoglio massimizzando l’utilità attesa. L’utilità attesa differisce da
μ e C uniche caratteristiche rilevanti investitore a investitore ma dipende in ogni caso soltanto da media e varianza. Ciò equivale ad assumere che
i rendimenti dei titoli seguano una distribuzione normale o che la funzione di utilità sia quadratica. In
per il decisore I conclusione le scelte di portafoglio sono effettuate in base al criterio media-varianza

•Tutti gli investitori dispongono delle stesse informazioni e hanno le stesse aspettative riguardo ai rendimenti
Aspettative omogenee futuri dei titoli e alla loro variabilità. Inoltre concordano tutti sui rendimenti attesi dei titoli e sulle loro
varianze e covarianze

Tutti gli asset sono sul mercato •Tutti gli assets sono trattati sul mercato, anche quelli impropri come il capitale umano
Capital Market Line e portafoglio di mercato

Considerate le ipotesi del modello, risultano soddisfatte tutte le condizioni di validità dell’approccio di
Markowitz. Come si è visto la forma della frontiera iperbolica dipende solo dalle caratteristiche
probabilistiche di secondo ordine nella di titoli rischiosi, dipende cioè dal vettore μ dei rendimenti
attesi e dalla matrice di covarianza C. Dato che queste caratteristiche differiscono da individuo a individuo,
la frontiera efficiente iperbolica sarà agent dependent. Adottando quindi la penultima ipotesi del CAPM
cioè l’ipotesi di aspettative omogenee, sia la frontiera iperbolica, sia la frontiera lineare ℒ assumeranno la
valenza di un modello di mercato, nel senso che costituiranno il criterio di ottimalità condiviso da tutti gli
agenti. In questo senso, la frontiera lineare

viene qualificata come linea di mercato o Capital Market Line, il portafoglio è il portafoglio di mercato e il
coefficiente angolare:

cioè l’indice di Sharpe del portafoglio , identifica, a sua volta, il market price of risk. L’insieme dei
portafogli possibili, cioè l’insieme delle opportunità , è rappresentato dal settore di piano
compreso tra le due semirette:

Dato che tutti i portafogli


efficienti si trovano sulla ,
i portafogli non-efficienti si
situano al di sotto di essa e
hanno quindi prezzo del rischio
più basso del prezzo di
mercato : il loro acquisto,
cioè, non remunera
adeguatamente il rischio. In
conclusione, per il teorema dei
due fondi, per tutti gli individui
il portafoglio ottimale è
formato dal titolo risk-free e
dal portafoglio di mercato .
E’ importante osservare come, nell’ambito CAPM, la fase di ottimizzazione assuma un significato oggettivo,
avrà cioè valore non individuale ma rappresentativo dell’intero mercato, mentre la fase di massimizzazione
rimanga caratterizzata dalle preferenze rispetto al rischio specifiche del decisore. Questa proprietà di
suddivisione del processo decisionale in una fase caratteristica del mercato e in un’altra legata alle
preferenze soggettive viene enunciata nella forma di un teorema di separazione.

Portafoglio di mercato

Nell’approccio di Markowitz il portafoglio di mercato viene individuato come soluzione di un problema di


ottimizzazione, tuttavia, nell’ambito di un modello generale di equilibrio economico quale è il CAPM, il
portafoglio può essere individuato in modo diretto dall’osservazione del mercato. Data infatti
l’omogeneità delle aspettative, tutti gli investitori individuano la stessa frontiera efficiente ℰ e, in
particolare, individuano lo stesso portafoglio di mercato .

es. Com’è formato il portafoglio di mercato ?

assets

a1 10.000 6,00€ 60.000€ 15%

a2 30.000 4,00€ 120.000€ 30%

a3 40.000 5,50€ 220.000€ 55%

TOT 400.000€ 100%

La capitalizzazione totale è 400.000€ che identifica quindi il valore del portafoglio di


mercato , la cui composizione corrisponde al 15% di titoli , al 30% di titoli e
al 55% di titoli .

Formalmente, dato un mercato descritto dalle ipotesi del CAPM, in cui si scambino titoli rischiosi, preso
un generico titolo con e il suo vettore capitalization weights ,
saranno contenuti nel portafoglio di mercato tutti i titoli oggetto di scambio e la quantità detenuta sarà
proporzionale al loro prezzo. Precisamente, sarà individuato dai pesi di composizione:

dove sono i prezzi risultanti dall’equilibrio e quindi le quotazioni effettivamente osservabili sul mercato
per tutti gli assets trattati . Risulta cioè che all’equilibrio il portafoglio di mercato è caratterizzato
dai pesi-prezzo e non richiede quindi di essere identificato da un’apposita procedura di ottimizzazione.
In conclusione, è composto da tutti gli assets rischiosi presenti sul mercato in proporzione alla loro
capitalizzazione.
Equazione del CAPM

In Markowitz, la fornisce una relazione tra rischio e rendimento relativa ai soli portafogli efficienti.
Usando considerazioni di equilibrio, si può ricavare una relazione tra rischio e rendimento valida per tutti i
titoli o portafogli di titoli quotati sul mercato.

TEOREMA DI LINEARITÀ DEI PREMI AL RISCHIO


Se il mercato è in equilibrio, per ogni titolo deve
valere la relazione:

COROLLARIO
Se il mercato è in equilibrio, per ogni portafoglio
con pesi normalizzati , deve
valere la relazione:

Si può osservare che se si rappresenta la covarianza come , l’equazione del CAPM si può
anche scrivere:

ovvero, utilizzando l’espressione dell’indice di Sharpe , nella forma:

ovvero:

Si trova quindi la relazione dato che già ricavata nel modello media – varianza ,
cioè la proprietà per cui l’indice di Sharpe di un generico portafoglio non può superare l’indice di Sharpe del
portafoglio di mercato, ovvero la considerazione secondo cui l’acquisto di un generico titolo o di un
portafoglio di titoli che non coincida né racchiuda il portafoglio di mercato non remunera adeguatamente il
rischio.
Efficienza e correlazione

Ricavando dall’equazione del CAPM si può scrivere:

dove e sono il rendimento atteso e la deviazione standard del rendimento del portafoglio generico e
è il coefficiente di correlazione tra questo rendimento e quello del portafoglio di mercato. E’ evidente che
esiste un legame tra la correlazione di un titolo con il mercato e l’efficienza del titolo stesso. In particolare:

 Se il titolo è perfettamente correlato positivamente con il mercato, cioè se vale , allora il


titolo è efficiente, giacerà quindi sulla :

ed ogni titolo con non è un titolo efficiente e non giacerà sulla

 Se il titolo non è assolutamente correlato con il mercato, allora il titolo è privo di rischio:

 Tutti i titoli con stesso prodotto hanno stesso rendimento. Infatti questo prodotto rappresenta
una misura del rischio sistematico. In questo senso quindi l’espressione

è un’ulteriore realizzazione del principio del rischio sistematico: in un mercato in equilibrio solo la
componente di rischio sistematico positivamente correlata col portafoglio di mercato viene
premiata, nessun compenso viene riconosciuto per sostenere la componente di rischio specifico,
che è eliminabile per diversificazione. Infatti, tra tutti i portafogli con uguale valore di , ai
portafogli efficienti viene riconosciuto il massimo livello di premio al rischio in quanto, a causa della
correlazione perfetta con , la loro rischiosità non può essere ulteriormente ridotta per
diversificazione

Security Market Line

Si definisce beta dell’attività la quantità:

che rappresenta il contributo marginale del titolo alla rischiosità del portafoglio normalizzato cioè
rapportato alla deviazione standard di .
Ricordando la tesi del teorema di linearità dei premi al rischio e adottando il come misura di rischio:

e ponendo e , allora l’equazione del CAPM si può scrivere:

espressione che nel piano rappresenta l’equazione della Security Market Line. La caratteristica
saliente di quest’equazione è che, diversamente dall’equazione della , stabilisce una relazione valida,
all’equilibrio, per tutti i titoli, o portafogli di titoli, siano essi efficienti o meno. La si definisce infatti
come il luogo dei punti corrispondenti ai portafogli in equilibrio. Difatti ogni scostamento dalla causa
disequilibri e, in particolare, possibilità di arbitraggi privi di rischio. Inoltre la è definita anche per valori
negativi di beta, dato che si potranno avere portafogli negativamente correlati con il portafoglio di
mercato. Naturalmente il titolo risk-free ha beta nullo, in modo altrettanto evidente, il market portfolio
ha beta unitario, dato che .
E’ compatibile la con il CAPM?

Variabile aleatoria rendimento:

CAPM:

Var di :

Sì,. E’ importante notare come e

Osservazioni su β

E’ possibile qualificare i titoli in base al loro beta:

L’attività non è correlata con il mercato, dunque avrà rendimento pari ad

Rappresentano titoli superdifensivi, poiché sono correlati negativamente con il mercato:

Rappresentano i cosiddetti titoli difensivi

Rappresentano i cosiddetti titoli aggressivi, positivamente correlati con il mercato

Inoltre si può configurare il beta come una misura di rischio, una misura di rischio additiva: è infatti
possibile esprimere il beta di un portafoglio come la media pesata dei beta dei suoi titoli componenti:
Conclusioni

La quantità misura il rischio sistematico del portafoglio , quindi l’espressione del premio al
rischio:

esprime una relazione di proporzionalità tra il premio al rischio e il rischio sistematico. Tra tutti i portafogli
con stesso valore della deviazione standard, i portafogli efficienti hanno massimo valore possibile del
premio al rischio; per questi portafogli il rischio sistematico coincide col rischio stand-alone , perché la
componente di rischio specifico è stata eliminata per diversificazione. Il parametro non è
che una normalizzazione della misura di rischio sistematico .

Presi due portafogli e , il primo presenta solo rischio sistematico, il secondo presenta anche rischio
specifico, nel senso che: . Fatte tutte queste considerazioni, si dice che il CAPM è la realizzazione
del principio del rischio sistematico.
ESTENSIONI E APPLICAZIONI DEL CAPM

Impossibilità di investimento a tasso non-rischioso

La possibilità di effettuare investimenti al tasso risk-free è strettamente necessaria per la validità del
CAPM? Come si è visto, in questo modello di equilibrio economico l’investimento non-rischioso miscelato al
portafoglio di mercato, per il teorema dei due fondi, è rappresentativo dell’intera frontiera efficiente.

Domanda Se si ipotizzasse l’impossibilità di investire in titoli privi di rischio, il CAPM,


come modello economico di equilibrio generale, risulterebbe ancora
valido?

Risp No, altrimenti la frontiera efficiente iperbolica, nel piano , dovrebbe


ridursi ad avere forma lineare.

Soluzione di Fisher Black (1976) il CAPM è un modello ancora valido se si sostituisce il titolo risk-free
costruendo un portafoglio replicante che presenti e che
consenta di determinare il portafoglio di mercato .

Per il teorema dei due fondi, tutti i punti su questa curva, rappresentativi di portafogli, sono rappresentati
dal portafoglio di mercato e dal titolo . Tuttavia la soluzione di Black vale se e solo se sono consentite
short-sales, dato che, per l’ampia prevalenza di correlazioni positive tra i titoli quotati, la costruzione di un
portafoglio a beta nullo richiederà la detenzione di titoli in quote negative.
Il CAPM come modello economico generale in sé stesso non fornisce prezzi ma rendimenti attesi. Tuttavia è
utilizzabile anche come criterio di valutazione.

Valutazione col metodo Risk Adjusted Discounting

Per utilizzare il CAPM come criterio di valutazione è necessario effettuare una specie di inversione del
punto di vista originario. Il rendimento atteso della generica attività rischiosa , titolo puro o portafoglio di
titoli puri con payoff in , è definito come:

dove il prezzo è inteso come osservabile. Lo sviluppo dell’analisi teorica ha fornito un’espressione di
come il tasso atteso di rendimento adeguato alla rischiosità del payoff aleatorio . Formalmente si può
sempre ricavare da questa definizione:

Il fatto logicamente rilevante è che questa espressione può essere usata come metodo per ricavare , cioè
per ottenere un prezzo di mercato dell’asset qualora la sua quotazione non sia disponibile, perché, ad
esempio, non osservabile o magari perché non ancora fissata dal mercato. In quest’ottica rappresenta il
prezzo in dello stocastico con scadenza e payoff con una logica di valore attuale: cioè come il
valore atteso del payoff scontato da a al tasso aggiustato per il rischio .

In questo senso il criterio di valutazione è qualificato come Risk Adjusted Discounting. Il CAPM può così
essere interpretato come un modello di mercato per la specificazione del fattore di sconto risk adjusted,
tramite l’equazione della :

da cui:
L’osservazione cruciale è che se si adottasse il criterio:

la valutazione ottenuta non terrebbe conto della rischiosità del payoff . Secondo la teoria dell’utilità
attesa, infatti questa valutazione sarebbe quella caratteristica di un individuo indifferente al rischio, risk
neutral, che considera indifferente in la disponibilità dell’importo aleatorio oppure il suo valore atteso
e attualizza quindi quest’importo al tasso risk-free , cioè con il fattore di sconto:

che il mercato fissa in per gli importi deterministici esigibili in .Ora, una volta determinata l’aspettativa
di , il punto saliente del processo di valutazione sarà costituito, evidentemente, dalla stima della
rischiosità . Si dimostra che sussiste una relazione di proporzionalità inversa tra il prezzo e la misura
di rischio . Mentre è banale sostenere che a fronte di beta nullo, un portafoglio ha solamente rischiosità
specifica e dunque in questo contesto, assumerà , per attività con negativo, si avrà .

se

se

se

Equivalente certo scontato

Oltre che come un criterio di pricing espresso dall’attualizzazione del valore atteso, il CAPM può anche
essere interpretato come un metodo di valutazione basato sull’attualizzazione di un equivalente certo. Si
faccia sempre riferimento alla generica attività rischiosa con payoff che abbia in una quotazione
e sia il tasso risk-free di mercato. Dato il prezzo :

dovrà esistere l’equivalente certo di mercato di che scontato al tasso risk-free fornisca valore
attuale. Lo si definisca come:
Questa quantità rappresenta, evidentemente, l’importo certo esigibile in che ha stesso valore di mercato
in dell’importo aleatorio , anch’esso esigibile in . Come si vedrà l’equivalente certo di mercato
coinciderà con il prezzo forward dell’attività . Esprimendo così in termini di rendimento risk-adjusted:

Anche in questo contesto sarà utile considerare il segno della misura di rischio β:

se

se

se

Verifica empirica del CAPM

Il problema della validità empirica del CAPM ha dato origine ad un’enorme mole di ricerche, a volte con
risultati discordanti. Tutti gli studiosi partono dalla considerazione che sotto ipotesi di mercato costituito
come un gioco equo, il che equivale cioè a sostenere che in media il rendimento realizzato da un titolo è
uguale al suo rendimento atteso, è possibile scrivere l’equazione del CAPM nella forma ex post,
generalmente utilizzata per i test empirici:

dove rappresenta un portafoglio appositamente costruito, usato nell’analisi al posto dei titoli singoli al
fine di diminuire gli errori di misurazione nella stima del beta, rappresenta la variabile aleatoria
errore, rappresenta la serie storica considerata, mentre rappresenta l’intercetta e il coefficiente
angolare dell’equazione. Se il CAPM fosse corretto, testando il modello a fronte del rendimento
realizzato da un portafoglio di mercato, grossomodo si dovrebbero ottenere le seguenti evidenze
empiriche:

1. L’intercetta non dovrebbe essere significativamente diversa da zero:

2. dovrebbe essere l’unico fattore esplicativo che spiega le variazioni dei rendimenti

3. Il modello lineare adottato dovrebbe fornire la migliore aderenza ai dati, dovrebbe essere best fit

4. Il coefficiente dovrebbe risultare vicino a :

5. Sul lungo periodo dovrebbe valere:


I risultati delle ricerche empiriche tuttavia non danno esito favorevole alla validità del CAPM in questa
forma. In genere solo la terza e la quinta richiesta risultano soddisfatte. In particolare:

e risulta inoltre:

Inoltre risulta piuttosto opinabile la seconda ipotesi, secondo cui il beta sarebbe l’unico fattore esplicativo
delle variazioni dei rendimenti.

Critica di Roll Richard Roll ha sollevato forti dubbi sulla verificabilità del CAPM. In
particolare ha osservato come testare questo modello sia impossibile perché
in primis il fatto che i rendimenti osservati si discostino oppure no dalla
del CAPM (cioè dalla relazione di linearità) dipende unicamente dal fatto che
il portafoglio di mercato prescelto per il test si riveli o no, ex post, efficiente
in media – varianza. In secondo luogo egli ha fatto notare come l’unico modo
per verificare la validità di questo modello di mercato sia verificare ex post
l’efficienza del vero portafoglio di mercato che, però, contenendo tutte le
opportunità di investimento possibili, sia quotate che non quotate, non è
possibile osservare.

Indici di performance

Nella pratica sono spesso usati indicatori di performance con riferimento ai titoli.

 Indice di Sharpe

E’ già un indice di performance ed è definito dalla relazione:

 Empirical market line

in cui l’intercetta non nulla, detta indice o alfa di


Jensen, misura l’extrarendimento atteso
dell’investimento non giustificato dalla rischiosità,
misurata da β .

Considerando sulla due portafogli e ,


secondo Jensen, questi portafogli sono identici.
 Indice di Traynor

Facendo riferimento al portafoglio risulta dall’indice di Traynor, a posteriori, che è stato più
performante rispetto a perché ha sopportato meno rischio ma ha prodotto stesso
extrarendimento. L’indice di Traynor è definito come:

Cenni sull’Arbitrage Pricing Theory

E’ noto che il CAPM può essere ricavato come un modello uni fattoriale basato sul principio di esclusione di
arbitraggi non-rischiosi. Si è anche precisato che questo risultato è in realtà un caso particolare di un
approccio più generale che applica il principio di arbitraggio a un modello a più fattori, in cui i rendimenti
sono espressi attraverso una regressione lineare multivariata. Questa impostazione, introdotta da Stephen
Ross, è nota come Arbitrage Pricing Theory. Nell’APT, si esprime il rendimento di sulla base di un
modello lineare a fattori:

dove:

 rappresenta il valore dell’h-esimo fattore

 rappresenta la sensibilità di rispetto a

 rappresenta il rischio specifico di con

Le grandezze significative per questo modello sono grandezze macro. Naturalmente un modello è utile ed
efficace se riesce a descrivere una situazione di incertezza ad alta complessità ricorrendo a un numero
ridotto di fattori esplicativi. Quindi il modello APT è significativo per , cioè se il numero di fattori
analizzati è molto piccolo rispetto al numero di assets da analizzare. Va comunque ricordato che l’APT è più
un modello econometrico che un modello economico di equilibrio generale. Esso inoltre è alla base di molti
modelli proprietari utilizzati da grandi investitori professionali per la selezione di portafoglio. Di solito
questi modelli econometrici multifattoriali sono riservati e detenuti dalle istituzioni finanziarie.

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