Sei sulla pagina 1di 140

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo

di Martina Scozzari
L'insegnamento mira a fornire allo studente conoscenze utili per la corretta
comprensione delle città e del loro sviluppo. La disciplina inizia dai primi
movimenti europei della fine del Settecento inizi Ottocento fino alla legge
Galasso. Si procede alla corretta descrizione degli avvenimenti riportando gli
esempi più emblematici della storia: Assisi, Napoli, Parigi, Barcellona e
Bologna.

Università: Università degli Studi di Palermo


Facoltà: Architettura
Corso: Architettura
Esame: Urbanistica
Docente: Francesco Lo Piccolo
Martina Scozzari Sezione Appunti

1. La formazione della città industriale


Per descrive e comprendere in pieno la formazione della città industriale e tutti i problemi che ne
conseguono è utile trattare e comprendere come si sviluppava e si comportava l’intero sistema urbanistico
prima dei grandi cambiamenti dati dalla rivoluzione industriale la quale determina l’affermazione del
sistema capitalistico borghese, il quale, portava ad un fortissimo consolidamento e sviluppo di quella
peculiare forma di organizzazione del rapporto tra uomo e città, con il suo sviluppo quantitativo e i primi
segni della crisi.

Uno dei punti nodali di questa crisi è proprio la questione della rendita fondiaria urbana. C’è una
contraddizione strutturale tra la funzione sociale della città dell’ottocento e quella del medioevo. Per effetto
della sconfitta dell’ancien regime e del trionfo della classe borghese e del sistema di produzione
capitalistico, si è radicalmente trasformato il rapporto tra città e suolo urbano. Un urbanista svizzero
Bernuilli a tal proposito, descrive il fenomeno imponendo come tesi di fondo il fatto che la città nasce su un
suolo indiviso, dalla non divisione del suolo deriva la possibilità di regolare e trasformare la città in funzioni
di interessi comuni.

Bernuilli nei suoi scritti si riferisce ad un sistema feudale, tipico dell’Atlantico e degli Urali, ed illustra le
ragioni per il quale le città che risalgono all’XI e XII secolo erano sorte su un terreno frazionario che
nemmeno il signore poteva essere considerato come unico proprietario. La città, comunque si costruiva, in
questi suoli, mediante il seguente sistema: una grande impresa di fondazione veniva affidata ad una persone
valente a sua scelta definita LOCATOR, (successivamente assunse il ruolo di podestà), sul territorio
affidato egli iniziava i lavori, facendo dissodare il nuovo contenuto della città, fissando la reta stradale e le
mura entro le quali si dovevano sviluppare i quartieri edilizi, secondo piani lungamente meditati.
Ovviamente, il Locator, doveva pensare a popolarla, decretando ai mercanti le più vaste aree vicine al
mercato e alle strade principali, mentre gli artigiani e i contadini occupavano le vie più anguste al di là del
quale potevano erigere cascine e stalle. (Nasce un principio simile alla zonizzazione = tecnica in uso negli
attuali piani regolatori, secondo la quale il terreno viene articolato in zone ciascuna contraddistinta da una
specifica funzione, da determinati parametri e indici di utilizzazione e di fabbricabilità e cosi via. )
Gli abitanti pagavano un canone per il diritto di costruzione o anche una tassa di abitazione o una tassa
d’eredità. Ereditario era infatti il loro titolo sul terreno, perché ne fosse consenziente il titolare e allora tale
diritto poteva vendersi ad un terzo. Se godeva di risorse sufficienti poteva trasformare il suo laboratorio in
uno stabile a case di muratura, poteva modificarla, ingrandirla come meglio desiderasse. Dunque USO
DELL’ABITAZIONE E DIRITTO DI CITTADINANZA COINCIDEVANO.

Inizialmente i lotti edificabili erano stati assegnati in uso a tempo indeterminato e il canone era immutabile,
fino a quando con l’avvento della coniazione in massa della moneta e alla scoperta delle indie occidentali, si
determinò un aumento di tutti i prezzi, e di conseguenza l’imposta perdette gran parte del suo significato e
non fu infine che una modesta forma di riconoscimento. In alcuni casi alcuni amministratori aumentarono il

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 1 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
canone, fissandolo magari in proporzione al reddito, ma già dal 14 secolo si liberarono dell’inopportuno
balzello col agire in una sola volta un capitale presso a poco corrispondente a quello del tasso periodico.
Entra in ballo anche la speculazione fondiaria, nel 1789 la nobiltà perde in Francia il suo potere, subentra
la borghesia come classe egemone. Quest’ultima aveva inventato e promosso la dimensione sociale nella
fabbrica, non riuscendo a proiettare quella medesima dimensione nella città. In questo modo si sciolsero non
solo i diritti fondiari ma anche del comune. Il suolo adesso è visto come merce, ognuno poteva vendere il
proprio terreno al più alto prezzo raggiungibile sul mercato. Questa speculazione venne metodicamente
condotta dalla società fondiarie, le quali vendevano al miglior acquirente il terreno al miglior prezzo.
Inoltre le strade principali erano valutate maggiormente rispetto a quelle lungo le strade secondarie, e la
delicata pressione della proprietà fondiaria ottenne che i nuovi quartieri fossero riccamente dotati di strade
principali. Da ciò scaturì anche la creazione di innumerevoli casa ad angolo poiché più idonee a locali
commerciali. Bernuilli, inoltre, descrive come l’edilizia stessa dimostra come la città sia divenuta fortemente
dominata dalla speculazione fondiaria, poiché la massima rendita si ottiene con il massimo sfruttamento del
suolo, meglio costruire su un dato lotto 5 piani piuttosto che 3. Dunque, la città se fosse stata in realtà la vera
proprietà del suolo avrebbe avuto il libero campo per concedere o rifiutare aree a destinazioni edificatorie
non desiderabili. Ma, avendo essa già alienato i terreni dovette bandire ogni diritto in proposito. Ora, quando
una città per una miglioria che deve servire a tutti che sia un parco, un campo sportivo, dovrà rivolgersi ad
un ente privato, il quale si renderà a favore della comunità ma speculando sul terreno da vendere. Tanto più
l’area conviene tanto più il prezzo si eleva. È proprio per questa ragione che le nostre città difettano di
ampie località.

L’epoca del trionfo della borghesia è anche l’epoca della formazione dei grandi stati nazionali, divenendo
città speciali per la rappresentazione che in essa si svolge, dove la classe dirigente si articola in maniera più
complessa rispetto agli artigiani e commercianti di borgo. Si afferma un nuovo disegno urbano i cui punti di
forza non sono soltanto i fuochi greco-romani ma prospettive, percorsi, viali, che riprendono l’insediamento
signorile. Si sviluppano nelle città zonizzazioni funzionali e le segregazioni di classe: gli assi e le zone
della residenza alto-borghese, i quartieri di casermoni operai: le estese periferie della middle class e anche i
tuguri del Lumpenproletariat. Ma il dato più rilevato è l’enorme espansione quantitativa della città con la
seguente variazione dei vari insediamenti umani assunti in quell’arco di tempo e il peggioramento delle
condizioni di vita delle classi operaie. Ricordiamo che alla vecchia struttura manifatturiera si sostituisce la
concentrazione del lavoro di fabbrica, trasformando contadini e artigiani in proletari salariati. Il mutamento
dei modi di produzione nelle industrie si svolge parallelamente al miglioramento dell’attività agricola e
quindi ad una diminuzione della mano d’opera in campagna.
All’emigrazione della popolazione rurale e all’urbanesimo che ne deriva, non sempre corrisponde un eguale
incremento di posti di lavoro in città e di vie di comunicazione, ma le innovazioni dei mezzi di trasporto
rivoluzionano il concetto di distanza. Le trasformazioni fisiche sono diverse e articolare nei vari paesi
europei, con effetti di squilibrio e accelerazione differenziata nelle regioni investite da questo fenomeno.
In termini generale è migliorato il progresso ed il benessere, ma nei singoli casi ciò che viene denunciato è il
degrado di alcune citta, nelle quali il cambiamento si verifica più velocemente, come il sovraffollamento
delle abitazioni, le condizioni igienico-sanitarie, l’incremento generale del traffico, la qualità dell’aria e
dell’acqua. Mentre la concentrazione del proletariato nelle aree urbane degradate innesca un processo di

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 2 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
rivoluzione sociale: le città diventano catalizzatori come mai prima.

In Francia il decollo è ritardato di una quindicina d’anni, nella penisola iberica e in Austria si assiste ad un
aumento delle popolazione, ma non a una concentrazione della stessa città. Analogamente accaduto in
Danimarca e Svezia mentre nella penisola Italiana si verifica un’espansione molto lenta a Genova, Napoli,
Catania e in parte Palermo. Diciamo dunque che la situazione più eclatante si verificò in Inghilterra intorno
agli anni 1760 e 1830 le terre comuni intorno antichi villaggi inglesi rese possibile un maggior sfruttamento
del suolo, trasformando dunque i coltivatori diretti in braccianti o affittuari, legati ad un tenore di vita giusto
poco necessario per sopravvivere.
In Inghilterra, le nuove tecnologie di tessitura e macchine pongono le premesse per l’industria moderna,
l’antica organizzazione familiare veniva a decadere, ricordando che un'unica famiglia provvedeva alle
operazioni di filatura, tintura e tessitura facendosi carico della materia prima e successivamente rivendendo
il prodotto finito, adesso, la domanda cresce in maniera smisurata e di conseguenza i commercianti
preferivano distribuire una maggior quantità di materia prima a vari gruppi di operai, pagando soltanto il
lavoro finito e guadagnando più merce. Ovviamente la concorrenza determinava un aumento supplementare
della richiesta del prodotto, con costi comunque ridotti, di conseguenza si determinano delle invenzioni in
campo tecnico che portano ad un miglioramento economico e commerciale migliore. Si ricordi per esempio
i primi telai che comportavano una produzione limitata pur usufruendo di un unico uomo, per arrivare ad un
risultato considerevole si dovette aspettare il 1785 con l’avvento della prima macchina industriale, sostituita
successivamente da quella a vapore di Watt. Inoltre, quest’ultima determinò un vantaggio per l’estrazione
del carbone nelle cave, poiché si eliminarono definitivamente, con questa scoperta, le infiltrazioni dovute al
telaio ad acqua precedentemente adoperato. Si sostituì il carbone coke a quello vegetale, nella lavorazione
dei materiali ferrosi, ed Cort, trovò il modo di utilizzare il carbone anche nei processi di forgiatura e
laminatura. Le fonderie si spostarono nelle regioni minerarie, favorendo la nascita di grandi impianti a ciclo
completo. Così nel corso di una sola generazione, si compirono i progressi tecnici che resero possibile un
aumento illimitato della produzione industriale, inoltre, lo sviluppo delle industrie e la loro concentrazione
nei grandi opifici attirarono molte famiglie dai distretti agricoli del sud a quelli minerari del nord. Segue,
quindi, un trasferimento dalle case isolate di campagna ai compatti quartieri in prossimità delle officine,
nacquero in questo modo delle improvvise nuove città. L’associazione fra industria e città fu subito ben
salda, gli imprenditori potevano contare su una riserva di mano d’opera sempre abbondante e sostituibile,
mentre gli operai, trovavano in città una maggior varietà di scelte e una possibilità di riconoscersi come
categoria, di organizzarsi a difesa dei comuni interessi. Per le esigenze di commercio e soprattutto per il
trasporto delle merci, fu rinnovata la rete e le vie di comunicazione. Le disagevoli strade furono sostituite
dopo il 1745 da nuove strade a pedaggio, i fiumi dopo il 60 furono integrati a nuovi canali e nel 1801 entrò
la SURREY IRON RAILWAY, la prima impresa ferroviaria per il trasporto di merci. Ma soltanto dopo il
1825 in seguito all’invenzione della locomotiva di Stephenson cominciò lo sviluppo delle ferrovie.

È in relazione alla nuova rete di trasporti e al movimento commerciale sempre in espansione che occorre
valutare la crescita senza precedenti di alcune città. Londra, alla fine del '700 aveva un milione di abitanti.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 3 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
Questo insieme di trasformazioni fece cambiare domicilio e modo di vivere di diverse persone, alterando
l’utilizzazione del suolo e del paesaggio, inoltre insorgono innumerevoli iniziative di speculazione che si
concentrano improvvisamente in stabilimenti, strade, canali. La politica del tempo è colpita dalle cadute
tradizionali e teorizza soprattutto l’opposizione ai vincoli e agli istituti che ostacolano la libera espansione
delle nuove iniziative. I riformatori politici adoperano la critica razionale per demolire i privilegi
dell’assolutismo, della gerarchia sociale, del dirigismo economico, lasciando in ombra il tipo di
organizzazione del nuovo stato, concepito preferibilmente come uno spazio vuoto dove l’individuo e il
pubblico potere si affrontino direttamente, facendo astrazione da ogni struttura intermedia che ne perturbi il
rapporto: la realizzazione dell’ideale democratico sembra infatti condizionata all’assorbimento di tutte le
società parziali e nella repubblica sovrana. Questa impostazione teorica, mentre porta in primo piano i
problemi politici generali e costituzionali, svaluta i problemi organizzativi di settore o li riduce semplici
deduzioni. Ogni difficoltà connessa con la sopravvivenza di qualche istituto tradizionale, favorisce la
formazione di nuove teorie come quella di Malthus sulla popolazione o quella di Ricardo riguardo
l’abolizione dei dazi e delle dogane. Così mentre il pensiero liberare riesce a far rimuovere le vecchie
restrizioni legali, le città e le campagne restano praticamente prive di adeguati controlli urbanistici, la parte
più progredite culturalmente persuadono i governi e l’opinione pubblica a non interferire, screditando i
tradizionali metodi urbanistici ma senza comunque proporne di nuovi (Adam Smith consiglia di liverarsi dei
loro demani per pagare i debiti).

La città antica cambiava così lentamente che poteva in ogni momento considerarsi immobile per un tempo
indefinito, sistemare una piazza, un quartiere significava imporre per sempre una forma architettonica
precisa senza possibili incrementi futuri, significava applicare ad una realtà in movimento lentissimo
l’approssimazione plausibile di un’immagine affatto variabile.

Ovviamente questa trasformazione diventa sempre più difficile man mano che aumenta la velocità delle
trasformazioni, dunque mentre l’architettura ha raggiunto per conto suo la massima finezza nella
progettazione di ambienti monumentali e nell’armonizzarli con il paesaggio urbano o naturale, diminuisce la
coerenza esecutiva e diminuisce la capacità di incidere durevolmente nel tessuto della città. Per esempio a
Parigi la regolarità architettonica è ottenuta imponendo una facciata uniforme a molti edifici indipendenti, o
il Circus e il Royal Crescente di Bath e più tardi Regent’s Street a Londra, consistono in un’architettura
uniforme sovrapposta a una moltitudine di case indipendenti, la simmetria e l’unità prospettica da mezzi di
controllo strutturale diventano mezzi di controllo paesistico. La raffinatezza e l’eleganza di questi ultimi
prodotti della tradizione classica nascondono il distacco ormai completo dai problemi della nuova città e
precludono di fatto ogni contatto fra questa tradizione e l’ambiente che si va formando per effetto della
rivoluzione industriale. Mentre la ricca borghesia si raccoglie negli squisiti ambienti di Beldford di Place e
di Russel square, i miserabili quartieri dell’est crescono senza speranza, ma presto i loro inconvenienti
igienici metteranno in crisi l’intera città e si dovrà costruire da capo l’intera metodologia urbanistica.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 4 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

2. Inghilterra: problemi e patologie delle città


Quando nel giugno del 1815 giunse in Inghilterra la notizia della battaglia di Waterloo, il sollievo per la fine
della guerra fu soverchiato delle problematiche interne, infatti le spese di guerra avevano causato una
progressiva inflazione, raddoppiando quasi il costo della vita fra il 1790 e il 1813, ora la fine delle
restrizioni di guerra metteva in crisi sia il monopolio dei commercianti inglesi sulle rotte oceaniche, sia il
monopolio degli agricoltori inglesi nel rifornimento del mercato interno. Il parlamento, dominato dai
proprietari terrieri, si preparava ad approvare l’infausta legge protezionista sul grano che avrebbe trasferito
sui consumatori, e indirettamente sul costo della mano d’opera industriale. La paura della rivoluzione
francese aveva trasformato molti conservatori illuminati, come Bruke, in predicatori della violenza, intanto
la rivoluzione demografica ed industriale aveva già radicalmente trasformato la distribuzione degli
abitanti sul territorio, e le carenze dei nuovi insediamenti iniziavano a manifestarsi in grande scala.

GLI EFFETTI
• LA QUESTIONE ABITATIVA LEGATA ALLA PRESENZA DELLE INDUSTRIE
(SOVRAFFOLLAMENTO)
• I VALORI DEI SUOLI EDIFICABILI HANNO INCREMENTI/DECREMENTI CON ANNESSE
SPECULAZIONI
• PROBLEMI DI ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA
• LA QUESTIONE DEL RUOLO DELLE RISORSE ENERGETICHE
• LE FUNZIONI , GLI USI SONO AUMENTATI
• C’È UNA DIFFUSIONE DI IDEE MA LE RISORSE SONO LIMITATE
• FIDUCIA NEL PROGRESSO
• NON CI SONO EFFETTI NEGATIVI IN TERMINI SPAZIALI
• MANCA LA CAPACITÀ DI ANTICIPARE LE PROBLEMATICHE
• POSIZIONI DIFFERENTI SU QUESTIONI SOCIALI
• ANTICIPARE SCELTE LEGGI CHE RIGUARDANO IL FUTURO
• SI ABITA E SI LAVORA SULLO STESSO POSTO
• CONDIZIONI IGENICO SANITARIE PESSIME

Le famiglie che abbandonavano la campagna e affluivano negli agglomerati industriali erano alloggiate o
negli spazi vuoti disponibili entro i quartieri antichi, o nelle nuove costruzioni erette dalla periferia, che
presto si moltiplicarono formando nuovi estesissimi quartieri. La costruzione delle nuove case l’adattamento
delle esistenti era opera di speculatori privati i JERRY BUILDERS e ovviamente, per il gioco di
concorrenza la qualità degli alloggi era la peggio che potessero trovare. Gli affitti variavano soltanto in casi
strettamente eccezionali, al minimo compatibile con la sopravvivenza dei prestatori d’opera; i profitti sul
capitale impiegato dunque solo riducendo i costi e abbassando il più possibile il livello delle costruzioni. Per
lo più la maggioranza delle case operaie di Manchester e dei sobborghi londinese era costruita, la maggior
parte, durante il periodo napoleoniche. Inoltre, la mano d’opera edilizia era divenuta più costosa e
soprattutto i tassi d’interesse sul capitale impiegato andavano aumentando, per restare alti ancora molti anni
dopo la fine del conflitto. Le condizioni del tempo di guerra contribuirono decisamente a peggiorare la
qualità dei nuovi quartieri. Con tutto questo, è probabile che le case occupate non fossero peggiori di quelle
precedentemente abitate nei pressi delle campagne. I muri erano costruiti in mattoni e non in legno, e il tetto

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 5 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
in ardesia piuttosto che paglia, le stanze erano più strette ma senza l’ingombro delle macchine filatrici, i
servizi igienici mancavano o erano primitivi.

Le carenze igieniche sono poco sopportabili per l’accostamento e il numero stragrande delle nuove
abitazioni. Finché ogni casa aveva molto spazio intorno i rifiuti liquidi e solidi potevano essere eliminati con
facilità, e le diverse funzioni da svolgere all’aperto come l’allevamento degli animali, il traffico dei pedoni e
i giochi dei bambini potevano svolgersi senza problemi. Ma adesso l’addensamento e l’estensione senza
precedenti dei quartieri operai rendono pressoché impossibile lo smaltimento dei rifiuti, lungo le strade
corrono i rigagnoli delle fogne scoperte, e ogni angolo appartato è colmo di cumuli di immondizia. I
quartieri d’abitazione sono costruiti vicino ai luoghi di lavoro, per cui le case e le officine risultano spesso a
contatto, quest’ultime investono le case con i loro fumi di scarico ed inquinano i corsi d’acqua con i loro
rifiuti. Questo quadro è altamente alterato dal dinamismo dei suoi stessi fattori: le officine si trasformano e
si ampliano, le case sono demolite e ricostruite, gli orli della città avanzano verso la campagna senza mai
arrestarsi.

A tal proposito Engels descrive Manchester in quegli anni dando una visione completa di una città ormai
all’esasperazione, dove anche le strade più grandi presentano problemi di viabilità, dove gli stessi locali
commerciali sono sporchi come le fattorie e di passaggi consoni al più per il passaggio di un animale.
Inoltre, non vi è un disegno unitario, tutto è regolato dall’esigenza delle industrie, dai collegamenti stradali
che iniziano a nascere come ferrovie. Nei pressi del fiume Irk si dispongono innumerevoli case alcune si
affacciano direttamente sul canale, il quale è stracolmo di rifiuti industriali, e la strada che permette il
collegamento a queste “topaie” è colma di letame e rifiuti. In condizioni simili è chiaro come si diffondano
malattie contagiose come la malaria, il colera verificata in uno dei quartieri sotto Ducie Bridge, costretto allo
sgombro e alla disinfestazione. E proprio sotto questo ponte che la natura diventa indegna, il fiume diventa
un cumulo di macerie, letame e ristagni che evaporano e si depositano nelle case immediatamente vicine.
Mentre la città nuova, si estende al di sopra della collina dell’Irk dove le strade e le innumerevoli case sono
disposte come se fossero dei piccoli villaggi. Vero similmente si possono definire come cottage, i quali non
sono dotati delle condizioni igienico sanitarie minime al sopravvimento e anche qui le strade per
raggiungerli hanno condizioni pari a quelle precedentemente esposte. Si nota dunque, che nella città vecchia
sia stato per lo più il puro caso a presiedere al raggruppamento delle case. Ogni casa è costruita senza tenere
conto delle altre, e gli angoli liberi tra le singole abitazioni, sono chiamati Cortili. Nelle parti più nuove di
questo quartiere, sorti nei primi tempi della fioritura dell’industria, troviamo un maggior sforzo di
sistematicità. Lo spazio tra due strade viene diviso in cortili più regolari, per lo più in forma quadrata.
Ma se la disposizione del tutto priva di un piano era già tanto nociva alla salute degli abitanti perché
impediva la ventilazione, questo modo di rinserrare gli operai in cortili cinti da ogni lato da costrizioni, lo è
molto di più. L’aria non può uscire, l’unico cunicolo dal quale può rigenerarsi l’aria è attraverso i camini. A
ciò si aggiunge il fatto che le case intorno a questi cortili sono per lo più doppie, unite a due a due dal muro
posteriore, e questo già è sufficiente ad impedire una buona ventilazione.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 6 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
In tempi seguenti, si passò ad un nuovo modo di costruire, i cottage vengono costruiti a dozzine, un solo
imprenditore costruisce una o più strade alla volta. Quindi, un lato di cottage viene disposto lungo la prima
fila ed è l’unico dotato di un ingresso posteriore ed un piccolo cortile, per i quali l’affitto ovviamente è più
caro. Dietro questa fila, vi è una via secondaria la back street, ostruita da costruzioni alle due estremità nella
quale sbocca lateralmente uno stretto vicolo o passaggio coperto. I cottage che guardano su questa via sono i
più trascurati e pagano di meno, hanno il muro posteriore con l’altra schiera di case, le quali guardano nel
lato opposto e pagano un fitto inferiore a quello della prima ma superiore rispetto alla seconda.
Con questo sistema di costruzione, la ventilazione dei cottage della prima fila è discreta, la terza non è la
peggiore, ma la fila centrale è mal ventilata almeno quanto le case dei cortili. Gli imprenditori preferiscono
questo sistema perché risparmia spazio e consente di sfruttare maggiormente gli operai meglio pagati
mediante gli affitti dei cottage della prima e terza fila. Troviamo questo sistema in tutto il Lancashire e
Yorkshire. Mentre il terzo sistema predomina decisamente nel quartiere operaio, come quello di Ancoats
dove lungo i canali sono situate la maggior parte delle fabbriche più grandi di Manchester.
La maggior parte della popolazione è composta per lo più da operai e nelle strade peggiori da tessitori,
mentre le strade più vicine al centro della città sono le più vecchie ma dotate di canali di scolo. Mentre più
in là verso nord-est si trovano strade di nuova costruzione ed anche i cottage sono nuovi e dotati di maggior
aperture, ma questo ovviamente riguarda una parte limitata della popolazione, ed corrisponde, comunque, ad
un apparenza visiva. Infatti quasi tutti i cottage sono dotati di cantine abitate dove il livello del suolo era al
di sotto del livello del fiume e l’acqua sgorgava perennemente. Come se non bastasse molte strade non sono
dotate di canali e i muri sono i più sottili che si possano costruire, dove i mattoni per risparmiare, venivano
congiunti dal lato più lungo. Tutto ciò ha una motivazione non soltanto economica ma anche diciamo
“affittuaria”, poiché gli imprenditori non sono mai i proprietari dei terreni, trascorso un determinato numero
di anni questo ritorna all’antico proprietario con tutto ciò che si trova su di esso, senza che questo debba
rimborsare nulla per la costruzione erettavi. Così l’affittuario costruisce edifici in modo tale che allo scadere
del tempo possano perdere tutto il valore, inoltre parte per non diminuire i proveniente che loro derivano
dagli affitti, parte perché si avvicina la restituzione del terreno, spendono poco in riparazioni, causando
dunque, crisi commerciali e conseguente disoccupazione.

Engels descrive i casi peggiori e non la media. Tuttavia la sua raccolta di situazioni limite è giustificata
perché l’opinione pubblica non le considera più ammissibili, indipendentemente dallo loro diffusione
statistica. Gli inconvenienti dell’ambiente pre-industriale erano percepiti come un destino ineluttabile, ed
apparivano come immutabili. Mentre la città industriale è un fatto nuovo, sorto gli occhi delle stesse persone
che ne vivono i disagi. La povertà viene riconosciuta come miseria, vista come una coscienza di privazioni
non necessarie e come tale deve scomparire con i mezzi a disposizione.

Conviene dunque cogliere le origini dell’urbanistica moderna, nel momento in cui le situazioni di fatto si
sono concentrate in misura sufficiente per provocarne non solo il disagio, ma anche la protesta delle persone
che vi sono coinvolte. Quindi, l’urbanistica moderna ha come scopo di estendere a tutte le classi i potenziali
benefici della rivoluzione industriale e mettendo in chiaro una volta per tutte l’inevitabile implicazione
politica insita nel dibattito tecnico.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 7 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

Non a caso avviene a Manchester nel 1819, il primo incidente importante che apre i conflitti sociali del
secolo XIX: l’episodio di Peterloo (lo scontro tra la cavalleria e la popolazione in rivolta che si verificò a
Manchester il 16 agosto 1819, in località St. Peter's Field), la politica repressiva del governo aveva indotto
le associazioni operaie e i radicali estremisti a muoversi d’accordo. Gli operai leggevano il political register
e il governo rispondeva mobilitando la polizia e l’esercito, ordinando arresti preventivi, facendo sospendere
le secolari garanzie dell’habes corpus (l'ordine emesso da un giudice di portare un prigioniero al proprio
cospetto, per verificarne le condizioni personali ed evitare una detenzione senza concreti elementi di
accusa.) Il nome ricorda la battaglia di Waterloo per evidenziare il contrasto tra la politica estera e quella
interna. Le autorità, adottando la maniera forte, non potevano aspettarsi alcun ragionevole risultato duraturo,
i dimostranti a loro volta erano mossi da una ribellione elementare, ancora priva di definite prospettive
d’azione. La constatazione dei disagi della città industriale e la protesta dei suoi abitanti si profilano dunque,
per ora, in un vuoto ideologico che lascia la società die primi decenni dell’800 momentaneamente priva di
strumenti per correggere in pratica questi mali. Bisogna riempire questo vuoto con una serie di leggi capaci
di saldarsi in una nuova esperienza. (con cosa è il termine di Cobbett per indicare ministri, trafficanti
elettorali che dissanguavano l’Inghilterra).

L’urbanistica moderna non è solo un tentativo per rappresentare visualmente questa vicenda, trasferendone
le istanze nell’organizzazione degli spazi, ma si pone concretamente come uno dei fattori che cooperano alla
costruzione di una comunità democratica. L’urbanistica perde la posizione di apparente distacco dai conflitti
sociali, conservata finora all’ombra del potere assoluto, e perde anche la capacità di regolare una volta per
tutte, l’equilibrio degli insediamenti. Non punta più su una forma perfetta da realizzare, ma su una serie di
interventi parziali, su un ragionevole compromesso tra le forze in gioco, da rinnovare continuamente.

Nel periodo che va dal 1815 al 48, (Waterloo - rivoluzione di febbraio), gli aspetti tecnici e politici della
ricerca urbanistica si presentarono fortemente uniti e quasi incorporati gli uni agli altri. Per esempio il caso
di Bentham, un filosofo radicale che si impegnò a realizzare una prigione modello costruita in modo tale
che un solo carceriere potesse vedere tutti i detenuti.

Viene alla luce il doppio carattere scientifico e moralista dell’urbanistica moderna, si delinea la
particolare combinazione di moventi che distingue tanto bene l’azione responsabile dei suoi promotori da
quella subalterna evasiva degli artisti di un tempo. Nell’ambito di questo impiego esistono due linee
d’azione, che per ora si presentano nettamente divise: si avvicina ai problemi dell’urbanistica moderna
partendo da un modello ideologico globale, presentato in alternativa alla città esistente e che si tenta di
realizzare sperimentalmente lontano da questa, oppure partendo dalle singole esigenze tecniche, connesse
con lo sviluppo della città industriale e cercando di correre i suoi singoli difetti. Le due linee tendono a
convergersi ed integrarsi, perché i tentativi di realizzare i modelli teorici portano le teorie a scontrarsi con la
realtà, mentre i provvedimenti per risolvere i singoli problemi tecnici mettono in luce le connessioni fra i
diversi problemi, e infine il problema unitario della pianificazione territoriale.
L’organizzazione sociale viene vista in due modi opposti:
• Un modo prettamente scientifico/tecnico che scaturisce un riformismo con annesse modifiche parziali. Ne

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 8 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
seguono singole soluzioni tecniche e il mantenimento dello status quo.
• E il modo Etico ne consegue l’utopia dalla quale si innesca un mutamento radicale che ha come fine un
modello ideologico globale.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 9 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

3. Le utopie del XIX secolo: il contesto storico e socio-economico


Owen
OWEN (utopia aspirazione ideale non suscettibile a realizzazione pratica)

Prima di diventare uno dei personaggi più rilevanti del primo socialismo europeo, Owen aveva vissuto di
persona i problemi della nascente società industriale.
Nel 1798 un ricco matrimonio gli permise di diventare proprietario di New Lanark. Egli si accorge che il
self made man teorizzato dagli economisti e accettato dall'opinione pubblica corrente è solo un'astrazione,
poiché le condizioni ambientali determinano, in modo preponderante la sorte degli individui.
Per migliorare questa sorte occorre dunque partire dall'ambiente, che dev'essere ricostruito al servizio
dell'uomo, prima di pensare a qualsiasi vantaggio economico, individuale o collettivo.
Inoltre sostiene che l'uomo è un'organizzazione composta da varie facoltà morali, corporali e incline al
provare sentimenti e dolori. Nella società attuale non vi è accordo tra queste varie tendenze, anzi in questo
caso l'uomo agisce con sentimenti spesso in opposizione alla loro intelligenza. Quando il suo carattere
diventerà del tutto formato in modo da renderlo un essere razionale, allora tutti questi bisogni e sentimenti si
troveranno in armonia tra di loro, diventando il mezzo per la formazione del nuovo genere umano. Per
realizzare questi principi sarebbe auspicabile che il governo realizzasse vari nuclei o associazioni modello,
contenente dai cinquecento ai 1500 abitanti, in edifici adatti per produrre, crescere e vivere. Da qui il
progetto New Lanark divenne per lui un terreno di sperimentazione, l'occasione per mettere in pratica delle
riforme sociali di cui l'idea gli era stata suggerita dalla sua conoscenza diretta della miseria del proletariato
industriale. Il suo sforzo si concentrava soprattutto sulla riduzione delle ore di lavoro, sul miglioramento
dell'habitat e creazione di una scuola obbligatoria con metodi moderni. Egli era convinto dell'assoluta
malleabilità dell'individuo umano e la sua teoria sull'educazione costituisce la pietra angolare di tutto il
sistema: l'educazione è necessaria per l'uomo che vuole dominare la macchina e sfruttare risorse della
rivoluzione industriale e nello stesso tempo contribuisce a migliorare il rendimento individuale. Per la prima
volta un'impresa filantropica si concretizza in una stabile organizzazione educativa, e partendo
dall'educazione tende a coinvolgere la vita di tutta la comunità, completando il lavoro in officina con lo
studio e il tempo libero, ed assegnando ad ogni funzione uno spazio e un tempo proporzionato. L'economia
capitalista e la nuova tecnica del lavoro in officina hanno sconvolto le antiche forme d'insediamento,
producendo i mali e le miserie che si costatano in ogni parte dell'Inghilterra. Ma la stessa tecnica e la stessa
capacità di previsione possono essere estese dal lavoro alle altre funzioni di vita, permettendo di intravedere
un possibile rovesciamento dell'attuale processo disintegratore dovuto a un'applicazione unilaterale dei
medesimi principi. La proposta di Owen doveva essere generalizzata, e l'anno seguente in relazione ad
un'inchiesta sulla legge parlamentare dei poveri presentò la sua utopia come rimedio universale all'odierno
problema dell'indigenza.

Una delle sue riflessioni dalla quale scaturì il suo progetto è l'analisi della disoccupazione in Inghilterra.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 10 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
Nota che alla fine della guerra, lo stato possedeva una forza operante maggiore rispetto al numero della
popolazione effettiva, ma cessata la produzione di guerra le ricchezze del mondo erano insufficienti a
comprare quello che un forza dagli effetti così prodigiosi produceva: ne conseguì una diminuzione della
richiesta. Quando fu necessario contrarre le fonti di rifornimento fu subito dimostrato che la forza meccanica
era molto più a buon mercato del lavoro umano. Di conseguenza, la prima fu mantenuta al lavoro, mentre
quest'ultimo fu sospeso, e il lavoro umano si può ottenere adesso a un prezzo assai inferiore a quello che è
assolutamente necessario per il mantenimento dell'individuo in un mediocre benessere.
Finché il lavoro e la macchina sono considerate sullo stesso piano, la classe operaia non ha i mezzi adeguati
per lottare contro la forza meccanica.
Dunque, per migliorare questo contrasto occorre:
• diminuire l'uso dell'energia meccanica
• milioni di esseri umani devono morire di fame
• bisogna trovare un occupazione vantaggiosa per i poveri e i disoccupati, a cui il lavoro meccanico deve
essere subordinato. Soluzione che adopererà Owen con l'obiettivo di trovare un impiego vantaggioso per
tutti i lavoratori, in un sistema che consenta di continuare il progresso meccanico in maniera illimitata.
Stabilita questa premessa, dalla quale ha origine il socialismo moderno, possiamo descrivere il programma
di Owen.

Ogni programma per migliorare le condizioni dei lavoratori deve comprendere mezzi per prevenire i loro
figli dall'acquistare cattive abitudini, deve prevedere un insegnamento e un addestramento opportuno, deve
provvedere al lavoro per gli adulti dal quale dovrà ottenere i massimi benefici per loro ma anche per la
società. Questi benefici non possono essere procurati alle famiglie separate, né a masse numerose, ma
possono essere praticati riunendo in una sola organizzazione un gruppo compreso fra 500 e 1500 abitanti, i
quali saranno collocati in un quadrato di edifici circondati a loro volta da un terreno di 1500 acri circa.
Dentro il quadrato sono collocati gli edifici pubblici che lo dividono in settori, come la cucina pubblica i
refettori e quanto può contribuire all'alimentazione economica. Si sviluppa un asilo, stanze da culto, scuole e
biblioteche ed di notevole importanza spazi “verdi” per il tempo libero, dietro i quali si estendono tutti i
settori d'industria. I vari lati ospitano abitazioni destinati a famiglie con un massimo di due bambini, inoltre
vi è il dormitorio dove i bambini possono alloggiare in una stanza per due, godente di infermeria e di ostello.
Oltre ad una descrizione prettamente funzionale, Owen si sofferma sul concetto dell'educazione sostenendo
che tutti i bambini dai 3 anni in su andranno a scuola e godranno di tempo libero e potranno coltivare le
migliori passioni, svolgendo mansioni anch'esse utili alla comunità. Riguardo al reperire i luoghi più idonei
per l'installazione di queste abitazioni bisogna fare un inchiesta, mediante la quale, tutti i suoli del regno
saranno valutati al loro giusto prezzo e comprati dalla nazione. In questo modo il valore reale della terra e
del lavoro salirà mentre si abbasserà quello dei prodotti.

Questo piano fu illustrato più ampiamente in un indirizzo alle autorità della contea di Lanark, allegato da
un lungo ragionamento economico, ovvero il lavoro manuale è l'origine di ogni ricchezza e della prosperità
nazionale, se quest'ultimo è ben diretto rende alla comunità molto più di quanto occorre per mantenere il

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 11 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
lavoratore ad un considerevole livello di vita. Inoltre, si può conservare il suo valore in ogni parte del
mondo, con qualsiasi accrescimento della popolazione. Se dunque esistono miseria e disoccupazione deve
essere intervenuto un ostacolo che rende vano il miglioramento della società, questo ostacolo non dipende
dalla natura, ma dalla velocità delle trasformazioni in corso, cioè una crescita rapida dei mezzi produttivi,
per cui la vantaggiosa applicazione la società ha trascurato di attuare i necessari cambiamenti organizzativi.
Una tesi, dunque che rovescia il sistema Malthusiano, può essere descritta a carattere strettamente
economico:
• Mentre la produttività del lavoro umano è accresciuta dai mezzi tecnici e scientifici, i bisogni fondamentali
dell'uomo restano gli stessi, divenendo soltanto meno dipendente dalla sua forza fisica e dalle contigenze
che vi sono legate. L'effetto diretto di ogni progresso tecnico o scientifico è aumentato dalla ricchezza; la
causa immediata della disoccupazione attuale va dunque cercata in un eccesso di produzione di ricchezze
d'ogni genere, che tutti i mercati del mondo non bastano ad assorbire con l'attuale organizzazione
commerciale.
• Se si trovassero i mercati, la ricchezza della società potrebbe crescere in misura incalcolabile,
considerando il numero di persone che cercano lavoro.
La mancanza di occupazione non dipende da mancanza di capitali o di mezzi per aumentare grandemente
quelli che ora sono disponibili, ma da un difetto della distribuzione di questo straordinario aumento di
capitali nella società, cioè, della mancanza di mercati e di mezzi di scambio che abbiano la stessa estensione
dei mezzi di produzione.

Da qui derivano i due punti principali del programma economico di Owen:


• L'adozione del lavoro umano come unità di misura e di scambio
• Creazione di un mercato interno all'apparato produttivo medesimo, aumentando la retribuzione dei
lavoratori per renderli consumatori dei beni prodotti e non solo strumenti di produzione.

Per fare ciò occorrono delle modifiche nella coltivazione del suolo: con la vaga piuttosto che con l'aratro, e
soprattutto comprendere come questi nuovi coltivatori possano essere distribuiti equamente affinché il loro
sforzo producano il risultato più benefico per loro stessi e la comunità. Owen stabilisce sempre più punti per
le caratteristiche del nuovo insediamento:
• Il numero di persone che devono associarsi per formare il nucleo elementare della nuova società deve
aggirarsi fra un minimo di 300 a un massimo di 2000.
• Il terreno coltivabile di pertinenza della comunità deve oscillare fra un acro e mezzo a testa
• La descrizione del nucleo residenziale è analoga a quella del 1817, tutti i fabbricanti saranno riuniti in una
grande piazza a forma di parallelogramma, i quattro lati saranno occupati dagli alloggi per gli adulti, dai
dormitori comuni per i ragazzi ecc.
Per alloggiare più o meno abitanti le case potranno avere un piano, due, tre o quattro piani adottano una
disposizione interna molto semplice. Saranno riscaldante e refrigerate, e le scuole si divideranno in due
tipologie primarie dai 3 ai 6 e secondarie dai 6 ai 12 anni.
Owen paragona il parallelogramma ad una macchina: se l'invenzione di tante macchine ha moltiplicando il

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 12 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
rendimento in molti campi, per il vantaggio di alcuni uomini peggiorando le condizioni di vita di altri,
questa è una MACCHINA PER MOLTIPLICARE L'EFFICIENZA FISICA E IL BENESSERE MENTALE
DI TUTTA LA SOCIETÀ IN MODO ILLIMITATO SENZA DANNEGGIARE NESSUNO PER
QUANTO RIGUARDA LA SUA DIFFUSIONE.

Questa proposta rappresenta il primo piano urbanistico moderno, sviluppato in ogni sua parte, dalle
premesse politico-economiche al programma edilizio e al preventivo finanziario (96000 sterline). Quel che
metteva subito fuori causa il suo ragionamento presso i competenti dell'ora era il rovesciamento dei termini
economici consueti, quindi appunto il concetto della macchina a vapore come donna di servizio tutto fare
piuttosto che strumento per accrescere la produttività industriale.
Il piano di Owen è importante perché INTRAVEDE PER LA PRIMA VOLTA I PROBLEMI
ORGANIZZATIVI IMPOSTI DAL PROGRESSO MECCANICO, E SEGNA L'INIZIO DELLA NUOVA
LINEA DI PENSIERO DA CUI MUOVERÀ, POCO A POCO L'ESPERIENZA URBANISTICA
MODERNA. Ci appare invece manchevole perché siamo in grado di misurare l'immensa distanza che corre
fra la sua formulazione schematica e la problematica tanto più ricca messa in luce dagli sviluppi successivi
(lascia il problema delle autorità di fronte alla libertà dei singoli).

Owen per suggerire la creazione dei parallelogrammi indica che queste unità abitative possano essere
promosse da uno o più proprietari terrieri o grandi capitalisti, da autorità locali, borghesi. Le nuove comunità
potrebbero essere soggette al governo centrale del paese, pagherebbero le tasse in moneta legale e
fornirebbero soldati in caso di guerra: in cambio non sarebbero di carico alla giustizia del paese, perché
avendo raggiunto una perfetta armonia avrebbero potuto fare a meno di prigioni. Egli presentò la sua
proposta a tutti i grandi personaggi del tempo, ma il mancato successo lo persuase a tentare di persona e nel
1825 acquistò da una setta protestante un terreno di 30000 acri nell'Indiana e stabili nel 1826, la sua famiglia
e un gruppo di 800 seguaci.
La decisione di spostarsi in America dipende dalla consuetudine europea di considerare il Nuovo Mondo
come il campo aperto alle esperienze rese impossibili in Europa, si lega inoltre alle recenti esperienze dei
veterani napoleonici, che dopo Waterloo avevano costruito in America il Champs d'alise e dei riformatori
religiosi tedeschi, tra cui Rapp che aveva formato il villaggio di Harmony. Non a caso il villaggio fu
ribattezzato New Harmony, era stato tracciato a scacchiera con una piazza al centro circondata da grandi
edifici in mattoni. Furono fatte importanti esperienze soprattutto nell'organizzazione scolastica, ma le
difficoltà economiche e le discordie interne guastarono subito l'iniziativa, finchè nel 28 fu costretto a vedere
la proprietà. Tentò in seguito di esporre la teoria dei parallelogrammi al presidente Jackson e al generale
Sant'Anna ma senza risultato. Solo a quel punto Owen ritornò in patria e ritrovò la classe operai e le nascenti
organizzazioni sindacali.
Nel 1824 era stata abrogata la legge che proibiva le associazioni di categoria, e negli anni seguenti si
formarono numerose associazioni operaie. Tornato dagli Stati Uniti perse la guida del suo movimento e
fondò nel 1832 il National Equitable Labour Exchange (dove le merci prodotte avrebbero dovuto esser
comparate e vendute in moneta lavoro), e tentò di suscitare un moto unitario per l'immediata riforma

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 13 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
dell'economia e della società inglese. Nel 1833 gli operai edili annunciarono alla formazione della GRAND
NATIONAL OF BUILDERS, dichiarandosi pronti ad assorbire tutta l'industria edilizia su basi cooperative,
e offrendo ai datori di lavoro un impiego direttivo nella nuova organizzazione, subito dopo i delegati della
TRADE UNIONS di tutto il paese si riunirono presso il LABOUR EXCHANGE per dar vita a una grande
unione nazionale, che giunse ad avere un milione di membri, ma subito entrò in conflitto col governo e si
sciolse nel '34.
Una comunità owenita funzionò dal '39 al '45 a Queenswood, ma dopo la caduta del cartismo = (fu un
movimento politico-sociale, britannico, prevalentemente di uomini della working class, il cui nome derivava
dalla People's Charter ("Carta del Popolo") presentata nel 1838 alla Camera dei Comuni con una petizione
firmata da oltre un milione di persone.
Il voto garantito ad ogni maschio di ventuno anni, sano di mente e mai condannato; il voto segreto per
proteggere l'elettore nell'esercizio del suo diritto di voto; nessun obbligo di proprietà nella qualificazione per
concorrere ad essere membro del Parlamento. L'indennità parlamentare, per consentire a tutti i lavoratori di
servire lo Stato senza essere penalizzati economicamente; la revisione delle circoscrizioni elettorali, che
assicurasse la stessa quantità di rappresentanti a un pari numero di elettori; il Parlamento Annuale, che
costituiva il metodo più efficace contro il ricatto e le intimidazioni, la teoria di Owen influenzò largamente
la seconda fase del movimento cooperativo, che ebbe inizio dalla società dei pionieri di Rochdale, fondata
nel 1844 da un gruppo owenita che intendeva cominciare con una cooperativa di consumo, per arrivare in
seguito ad una vera e propria organizzazione comunitaria. Il secondo scopo fu man mano accantonato,
mentre si moltiplicarono le singole iniziative economiche. Nel '48 entrò in campo il socialismo cristiano di
Malcom e nel '63 fu fondata la ENGLAND COPERATIVE WHOLESALE SOCIETY e nel '52 era stata
votata una legge per regolare lo stato giuridico delle cooperative e nel '70 fu costruita una unione
cooperativa nazionale. In questo modo l'ideale owenita si concretava in un senso puramente economico,
lasciando cadere le implicazioni urbanistiche e politiche.
Ricordiamo che nel '50 il modello urbanistico di Owen fu ripreso da Morgan che formulò il piano per
Christian Commonweath, la nuova unità si sarebbe chiamata SELF-SUPPORTING INSTITUTION,
comprendente 300 famiglie. È l'utopia di Owen con in più l'assistenza religiosa.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 14 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

4. Le utopie del XIX secolo: il contesto storico e socio-economico


Fourier
Autore di un'esatta e meticolosa utopia, basata su un macchinoso sistema filosofo-politico. Fourier iniziò ad
esporre questo lungo trattato nel 1808, e considera immorale ed assurda una società basata sulla
competizione degli interessi individuali o di classe, e propone come alternativa l'unione degli sforzi, per
raggiungere uno stato di armonia universale.
Questo diventerà impossibile eliminando le restrizioni ed i contrasti che limitano, nel mondo presente, la
soddisfazione delle passioni, e riformando la società in modo da garantire la libera soddisfazione delle
tendenze individuali, nel rispetto dei diritti e delle prerogative degli altri. Da queste considerazioni nasce
uno dei modelli più dettagliati della preurbanistica progressista: la falange. Questa agglomerazione ideale
non è del resto che un elemento, di un sistema completo da cui è indissociabile. La costruzione globale di
Fourier nasce da una critica spietata della società contemporanea e della sua economia.
Questa visione pessimistica viene corretta da una condizione ottimistica della storia, che dopo aver
attraversato queste fasi successive: stato selvaggio, barbarie, praticato e civiltà, caratterizzata dalla proprietà
individuale incontrollata, finirà con lo stabilire una serie di limitazioni attraverso il garantismo, il
sociantismo e infine l' armonismo, affinché il disordine e l'anarchia facciano spazio ad un ordine
minuzioso.
(Il patriarcato è caratterizzato dalla coltivazione e dall'allevamento. Le barbarie vede il clan o la tribù
rimpiazzata dalla nazione. Città e imperi si formano, mentre l'industria si sviluppa. La civiltà è caratterizzata
da uno sviluppo industriale senza precedenti. Il garantismo è caratterizzato da un insieme di istituzioni che
instaurano la solidarietà tra i membri della società. Il sociantismo o anche serisofia, e l'armonismo
generalizzano il principio di associazione)

Il grande principio naturale dell' Armonia universale. La civiltà che regna nel momento in cui Fourier
scrive è vista come un flagello, ma potrà essere superata soltanto con una ristrutturazione radicale della
società. Questa a sua volta per poter sviluppare la produzione, affiancarsi al pauperismo e realizzare
l'uomo integrale dovrà mettere in atto l'associazione e la cooperazione. La funzione delle arti potrebbero
condurre attraverso l'abbellimento e la salubrità all'ASSOCIAZIONE = (Fa coincidere l'interesse generale
con quello particolare, si realizza con l'attrazione nelle società armoniche, si oppone al frazionamento delle
società inferiori (patriarcato, barbarie ecc.).
In una città costruita sotto il regime della garanzia sensitiva sulla bellezza e sulla salubrità, l' associazione
nascerebbe dalla realtà delle cose.
Esistono per gli edifici dei metodi indicati per ogni periodo sociale, per esempio il quarto periodo presenta
una distribuzione barbara e confusa. Il quinto una distribuzione prettamente semplicista, che regola soltanto
l'esterno dove dispone alcuni allineamenti ed abbellimenti d'insieme. Mentre nel sesto abbiamo una
distribuzione garantista, ordinamento composto che sottopone sia l'interno che l'esterno degli edifici ad un
piano generale di salubrità e di abbellimento, a delle garanzie di struttura.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 15 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
La distribuzione consigliata della città di questo sesto periodo doveva essere generata da tre cinte la prima
contente la città, la seconda i sobborghi e la terza la periferia, ogni zona ha una sua tipologia edilizia
impossibile da realizzare previa l'approvazione del comitato edile. Le cinte risultano separate da palizzate
prati e piantagioni, ogni casa deve contenere cortili e giardini.
Lo spazio libero sarà doppio nella seconda cinta e triplo in periferia, le case dovranno essere isolate e
formare facciate molto regolari su tutti i lati, con un distacco di almeno sei tese.
Per evitare abusi sull'altezza reale si prenderà come altezza reale del muro tutto quanto superi l'angolo di un
dodicesimo di cerchio partendo dalla base.
Le coperture dovranno essere dotate di grondaie che permettono il defluire dell'acqua piovana, le altezze non
dovranno superare la larghezza della strada, ed inoltre, devono affacciarsi o su visuali campestri o su
monumenti di architettura, e le piazze dovranno occupare almeno un ottavo della superficie.
Una proprietà insista in questa città, provoca l'associazione di tutte le classi. Non sarà possibile costruire
casa di piccole dimensioni poiché potrebbero permettersele soltanto i ricchi, o si verificherebbe una grande
speculazione. Da ciò scaturirebbe direttamente l'associazione parziale (se l'edificio ospita 100 famiglie non
costruiranno 20 pompe ma 3-4 di notevole dimensioni determina risparmio).
Con la facilità di areazione si consumerebbe meno tempo per le pulizie e costi, migliorando ovviamente la
vita, inoltre la distribuzione indicata susciterà le invenzioni di carattere societario soltanto attraverso la
concorrenza tra i grandi edifici da cui sarà composta, ovviamente se si trattasse di quaranta case con 100
famiglie non potrebbero a nessuna emulazione.
Quindi, affinché questo si verifichi occorre riunire più abitanti e ciò incrementerà gli abitanti stessi a
dedicarsi a quest'industria che inizierà necessariamente sull'oggetto più importante della popolazione: il
cibo. In tal modo si organizzerà la divisione del lavoro, la quale introdotta nella città centrale si estenderà
successivamente nelle altre cinta.
Il vizio che ha fatto deviare da questa concezione è lo spirito della semplice proprietà che domina la civiltà.
Non vi regna alcun principio per quanto concerne la proprietà composta, o l'assoggettarsi del possesso
individuale al bisogno di massa.

Questa descrizione anticipa in modo sorprendente il contenuto dei regolamenti edilizi ottocenteschi, ma
per Fourier è soltanto un elemento di transizione verso l' armonia universale che sarà realizzata nel settimo
periodo, dove il problema dell'insediamento sarà riproposto da capo, contrapponendo alla comunità
indeterminata un gruppo funzionale razionalmente composto, la FALANGE (per Fouirer l'elemento della
società è la comune, lo stato della comune fa conoscere la natura della società alla quale questo paese
appartiene), e alla città indifferenziata un dispositivo edilizio unitario detto Falansterio. (Il capitale
occorrente, pensando a un sovrano che metta a disposizione gratuitamente il terreno è di circa 4000000
franchi, il numero dei componenti è 810 per formare la Grande Armonia domestica. Il guadagno annuale
sarà suddiviso in 5/12 al lavoro manuale, 4/12 al capitale azionario e 3/12 alle conoscenze teoriche e
pratiche. La falange, anticipa ad ogni membro povero il vitto, l'alloggio e il vestiario di terza classe che
retribuirà in seguito versando il saldo guadagnato.)
L'edificio occupato da una falange non presenta nessuna somiglianza con le nostre costruzioni, le stalle e gli

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 16 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
alloggi sono differenti poiché determinano la relazione societaria a differenza di quelle attualmente in uso. I
materiali saranno poveri perché servirebbe come prova iniziale per capirne le effettive dimensioni, il centro
del Falansterio sarà destinato alle funzioni distensive, e una delle ali dovrà contenere gli edifici più
rumorosi, un'altra sala ospiterà i servizi e una gli stranieri = serviva per attirare massa e quindi denaro.
Ospiterà sale pubbliche di relazioni chiamate SERISTERI, i quali avranno dei locali annessi per i gruppi e i
comitati di serie. Mentre dietro il palazzo i fronti delle due ali si prolungheranno per formare e racchiudere
un gran cortile d'inverno che forma giardino e passeggiata. È dotata da una strada galleria che non prende
luce dai due lati ma è aderente ad ogni corpo di fabbrica, sulla quale si affacceranno tutte le porte d'ingresso.

L'unico tentativo di realizzarla fu in Francia ma fu un insuccesso, altri tentativi sono stati fatti in Russia e in
America. Nel '40-'50 il movimento Fouristico ebbe un notevole successo negli stati uniti dove furono
fondate 41 comunità, dal quale furono influenzati i TRASCENDENTALISTI della nuova Inghilterra, fra
cui Godwin e Ripley. Quest'ultimo fu il fondatore di Brook Farm realizzato nel West Roxbury. I
partecipanti esercitavano un lavoro intellettuale o manuale, godevano di una completa libertà di pensiero e si
proponevano di realizzare una comunità armonica ed equilibrata, al riparo dagli interessi e dalle rivalità del
mondo contemporaneo. La comunità funzionava come una società per azioni: i profitti erano divisi in un
numero di quote corrispondenti alle giornate di lavoro intellettuale o manuale, quindi ripartiti fra i lavoratori
in proporzione delle giornate compiute. Ogni partecipante riceveva un dollaro al giorno, il vitto e l'alloggio.
In tre anni l'iniziativa si sviluppò e intorno alla fattoria si costruirono altre quattro case. A questo punto la
comunità prese il nome di Falange e tutte le risorse finanziarie furono dedicate alla costruzione di un
edificio centrale definito falansterio. Ma un incendio la distrusse, il più attivo fu Considerant, decise a sua
volta di tentare l'esperimento ma l'iniziativa fallì a causa di mancanza di capitale.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 17 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

5. Le utopie del XIX secolo: il contesto storico e socio-economico


Godin
Il tentativo di Considerant fu appoggiato da Godin, il quale iniziò a realizzare con i suoi mezzi il
Falansterio di Fourier, modificandolo secondo la sua esperienza, e fu l'unico ad ottenere successo.
Il familisterio di Godin è un implicamento del modello di Fourier, il fabbricato è scomposto in 3 ali, ma i
cortili di modesta lunghezza sono ricoperti da vetri e fanno la funzione delle ruesinteriures di Fourier.
Il primo blocco fu cominciato nel 1859 ed istituì una cooperativa fra i suoi operai, a cui affidò la gestione
della fabbrica e del Familisterio.

La sua teoria esposta nel libro solutions sociales deriva dal principio cooperativo di Fourier e prevede che il
profitto sia diviso in proporzione a quattro fattori:
1. il compenso dei lavoratori,
2. l'interesse del capitale,
3. i diritti degli inventori e
4. il fondo di sicurezza sociale.
La vitalità dell'esperimento dipende però da due importanti innovazioni: di carattere industriale, non
agricolo, dall'impresa produttiva, e dalla rinuncia alla vita in comune del Falansterio.
Qui ogni famiglia ha il suo alloggio particolare, e il falansterio ne salvaguarda l'autonomia, pur assicurando
i vantaggi de servizi comuni e facilitando le relazioni. Viene così anticipato il modello dell'Unitè
d'habitation di le Corbusier.

Nella sua descrizione gli abitanti sono chiamati alla vita pratica perché la loro attività risulta direttamente
produttiva. Questa facilità di rapporti contribuisce a fare del palazzo sociale l'abitazione più adatta per
elevare il livello morale e intellettuale delle popolazioni. Nelle cose di uso comune, bisogna cercare di
evitare soprattutto che lo spazio ostacoli la libertà dei movimenti di ciascuno, la tendenza alla parsimonia,
sotto questo punto di vista, sarà una cosa contro la quale bisognerà lottare sin dall'origine delle costruzioni
sociali.

L' educazione e l'istruzione del Familisterio è divisa in 7 classi: ciascuna con il proprio personale per il
dirigere ed insegnare, i suoi locali e i suoi materiali propri.
• La NOURRICERIE bambini alla nascita fino a 28 mesi in zone culle.
• LA POUPONNAT: la categoria dei bambini piccoli che vanno da quelli che sanno camminare e tenersi
puliti fino a 4 anni
• LA BAMBINAT bambini da 4-6 anni
• LA PICCOLA SCUOLA 6-8 anni
• LA SECONDA SCUOLA 8-10 anni
• LA PRIMA SCUOLA 10-13 anni

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 18 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
• I CORSI SUPERIORI allievi con un'intelligenza fuori dal comune
• L'APPRENDISTATO l'iniziazione del bambino alla vita produttiva avveniva gratuitamente, nello stesso
stabilimento industriale del Familisterio, le varie professioni sono a descrizione del ragazzo.
Tra le altre risorse bisogna includere i giardini, dove tutti gli anni gruppi di allievi vengono iniziati alla
coltivazione e cura dei giardini cosi come al rispetto del lavoro altrui. L'amministrazione per incoraggiare il
Familisterio accorda ai ragazzi un compenso minimo. È da considerarsi come l'esperimento più felice del
teorici del socialismo.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 19 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

6. Le utopie del XIX secolo: il contesto storico e socio-economico


Cabet
Cabet, che per Marx fu l'inventore del comunismo utopico, nel suo Viaggio in Icaria sviluppò la visone di
un socialismo di stato, una descrizione dell'organizzazione politica e sociale della comunità, di un trattato
scientifico e filosofico.
Icaria simboleggia molto di più dell'idee progressiste dell'epoca.
In un primo luogo è una conseguenza della rivoluzione industriale, da cui derivano i principi di
razionalizzazione e d'igiene, di classificazione e deve essere confrontata con i modelli di Owen, di Fourier e
Considerant. L'idea di efficienza e rendimento assume un ruolo di primo piano e più che un cesarismo
incosciente, è essa che giustifica la rigidità dei sistemi di coercizione e di repressione, proposti da Cabet.
Illustrò il suo programma politico sul periodico la Populaire e fece uscire su un opuscolo la realizzazione
della comunità di Icaria dove annunciò di poter contare su 10000 - 20000 uomini, il luogo prescelto si
trovava in Texas, ma pochi giorni prima gran parte della sua truppa lo abbandonò. Intanto l'avanguardia
successivamente raggiunse il posto indicato e constatò che la concessione era divisa in lotti staccati di 320
ettari l'uno. Ma dopo un vano tentativo si ritirò a New Orleans, dove Cabet li raggiunse ed ottenne sul
terreno nell'Illinois il podere sul villaggio di Nauvoo, e lì costruirono la loro città. Godeva di scuola,
refettorio, biblioteca e altri servizi ma la vita rimase precaria a causa delle difficoltà economiche e anche per
le discussioni interne, da ciò si arrivò ad una vera e propria scissione dove alcuni si trasferirono a St. Louis e
altri a Cheltenham. Intanto coloro che rimasero a Nauvoo decisero di vendere i loro beni, emigrando a
Corning dove realizzarono la loro città ideale, Icaria, dove la disposizione delle case ricorda il
parallelogramma di Owen.

Icaria è divisa da due parti, pressappoco uguali dal Tiar, con strade a scacchiera traversate da due anelli
circolari di boulevards. I pedoni percorrono passaggi coperti, mentre le vetture circolano in apposite rotaie.
La città comprende sessanta quartieri dove le case sono tutte uguali e si dispongono su tre lati del quadrato
formando un unico grande edificio, questi tre lati circondano il refettorio, mentre il quarto lato è destinato a
servizi comuni. Per garantire al popolo di esercitare i propri diritti il territorio è diviso in provincie suddivisi
in comuni più o meno di uguali dimensioni, inoltre, l'assemblea comunale è divisa in 15 comitati principali
la costituzione, l'educazione, alimentazione, abbigliamento ecc. Rispecchiando una REPUBBLICA
DEMOCRATICA.
Inoltre, un busto in tutte le case della repubblica sarebbe stato assegnato nel nome del popolo, a colui che
avesse presentato la pianta della casa modello più soddisfacente, scelta, le case venivano costruite in questo
modo, lo stesso venne fatto per ogni tipo di edificio.
Il progetto della casa adottato fu quello di un edificio a quattro piani, sotto il pianterreno ci sono le cantine i
sotterranei. Il Pianterreno gode di cucina, servizi igienici, salone e quant'altro. Inoltre le parte inferiori, che
sono le più esposte ad essere sporcate sono guarnite da porcellana verniciata o con pittura lavabile mentre
l'acqua è trasportata da serbatoi in tutte le case. La città non presenta cimiteri, ospedali e luoghi insalubri,

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 20 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
tutti questi edifici sono collocati nell'estremità in piazze ariose, l'acqua piovana sarà libera di scendere in
canali sotterranei, così come il fango e i detriti.

Purtroppo nel '79 il podere fu diviso in due parti e una frazione di tendenza socialista restò proprietaria del
villaggio, ma subito dopo si trasferì in California, dove fondò Icaria - Speranza che funzionò fino all'87. La
seconda frazione si insediò a circa un miglio dal villaggio precedente e fondò NEW ICARIA cercando con
ostinazione di ricostruire l'ambiente sognato, funzionò fino al '95 anno in cui la comunità si sciolse. Cosi
avvenne la reductio ad absurdum del programma di Cabet, l'idea della grande metropoli condusse alla
formazione di villaggi rurali sempre più esigui fino a raggiungere dimensioni di normali imprese private.

Il manifesto del partito comunista del '48 parlano degli inventori di questi sistemi come coloro che
ravvisano il contrasto fra le classi e l'azione degli elementi dissolventi nella stessa società dominante, ma
non scorgono dal proletariato nessuna funzione storica autonoma, nessun movimento politico che gli sia
proprio. Gli autori di questi sistemi non trovano neppure le condizioni materiali per l'emancipazione del
proletariato e vanno in cerca, per crearle, di una scienza sociale e di leggi sociali. Al posto dell'azione
sociale deve subentrare l'azione inventiva personale, insomma deve generarsi un'organizzazione della
società escogitata di sana pianta. Cercano con piccoli esperimenti di raggiungere il loro scopo, in modo
fantastico, ma questo altro non è che la rappresentazione del proletariato poco sviluppato. Oltre la
descrizione nei confronti del proletariato, attaccano la società esistente fondendo elementi per illuminare gli
operai, come l'abolizione del contrasto tra città e campagna, della famiglia, del guadagno privato,
dimostrano l'eliminazione delle distinzione tra classi, che comincia appena a svilupparsi in quel momento.
Dunque, c'è un anticipo a considerare per parti i problemi politici ed economici in un'unica formula
programmatica. Le soluzioni offerte al problema sono astratte e schematiche in quanto manca un realistica
valutazione dei legami fra i programmi urbanistici e lo sviluppo generale dei rapporti economici, facilitando
l'illusione che assetto urbanistico e assetto sociale si identifichino fra loro e il secondo possa costruirsi con i
tempi e i metodi del primo.

Marx ed Engels, partendo da un'analisi diretta dei rapporti economici, accettano implicitamente questa
identità rovesciando i due termini e supponendo che i cambiamenti urbanistici siano una necessaria
conseguenza dei mutati rapporti sociali: qui l'indifferenza per la questione urbanistica e l'indeterminatezza
delle previsioni circa le forme di insediamento della futura città. L'impulso degli utopisti di intervenire
subito, acquista a questa stregua un valore permanente di stimolo, e la città ideale da loro immaginata entra
nella cultura urbanistica moderna come un modello carico di generosità diversissimo dalla città
rinascimentale.

Le schematiche descrizioni di Owen, Cabet e Fourier formano un serbatoio di idee da cui muoveranno in
seguito le esperienze urbanistiche del periodo successivo, come l'unite d'habitation la quale conta lo stesso
numero di abitanti e lo stesso impianto logistico.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 21 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
La ricerca dei riformatori socialisti sarà utilizzata da Howard nelle garden cities e dai progettisti tedeschi
nelle SIEDELUNGEN del primo dopoguerra, impoverendo il concetto della città ideale fino a renderla
subalterna alla metropoli moderna. Inoltre l'attenzione al sito in cui deve essere collocato il nuovo
insediamento, e al contesto territoriale nel quale si inserisce, apre la strada ai temi del regional planning e
della pianificazione.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 22 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

7. Le origini dell'urbanistica moderna: l'approccio tecnico


Mentre gli utopisti elaborano le loro proposte e tentano di sperimentarle, Marx ed Engels promuovono
l'organizzazione sindacale e politica del proletariato e avviano una ponderosa trasformazione dall'interno del
sistema capitalistico - borghese, altri lavorano sulla città e il territorio per razionalizzare e far funzionare la
casa della società.

Parallelamente a questo fenomeno avviene quello della crescita numerosa della popolazione, con una
conseguente crescita della classe industriale ma priva di forza lavoro. Le condizioni di vita erano divenute
intollerabili, ed a queste condizioni reagivano in primo luogo gli operai i quali man mano che assumevano
consapevolezza riuscivano ad affermare cariche sindacali. Reagivano gli intellettuali, che propagavano la
necessità di offrire alloggi più salubri e reagivano anche la borghesia, sia per evitare le condizioni di
esistenza negli slums provocassero ribellioni ed anche per avere una classe operaia meglio nutrita e
tranquilla implicherebbe una produzione maggiore.

La necessità del commercio sollecitano gli stati nazionali a promuovere la costruzione di ponti e ferrovie, ed
è soltanto dopo il '32 che si iniziò a considerare seriamente la questione igienica, poiché a causa di
innumerevoli malattie scoppiarono le pestilenze urbane.

Negli anni della rivoluzione industriale gran parte delle infrastrutture urbane e territoriali furono realizzate
dall'iniziativa privata dallo stato, il quale preferì limitare il suo intervento ad una generica sorveglianza,
mediante le formalità delle autorizzazioni e delle patenti. La costruzione e la manutenzione delle antiche
strade inglese spettava alle parrocchie, mediante le corvée imposte agli abitanti del luogo.
L'inefficienza della amministrazioni parrocchiali lasciò cadere lo stato delle strade proprio mentre
crescevano le esigenze dei traffici. Per rimediare a questa situazione il parlamento cominciò ad emanare nel
1745 i TURNPIKE ACTS che concedevano ai privati di costruire nuove strade a pedaggio. Intanto i
contributi tecnici di Telford e di Macadam, consentivano di abrogare i vecchi regolamenti che limitavano i
pesi e gli ingombri dei veicoli, seguendo il principio di adattare il traffico alla strada; restavano gli
inconveniente dovuti al particolarismo sei numerosi enti gestori di piccoli tronchi, e alla permanenza di una
rete ancora vastissima di strade vicinali, amministrare dalle parrocchie. Lo stato dovette intervenire nel
1820, per unificare in certa misura la gestione delle strade a pedaggio, e nel 1835 per abolire le corvées,
autorizzando le parrocchie a riscuotere una tassa. I pedaggi furono aboliti gradualmente dal 1858 al 1895, e
la spesa delle strade nell 88 fu attribuita alle contee. La rete dei canali navigabili fu costruita da privati
proprietari di miniere e da gruppi speculativi, ma negli anni '90-'95 ci fu un boom speculativo poiché lo stato
concedeva un autorizzazione prescrivendo che il canale dovesse servire ad ogni utente dietro pagamento di
una tassa.

Ma l'invenzione delle ferrovie cambiò le cose, le prime strade furono sperimentate presso le miniere, e
all'inizio dell'800 furono aperti i primi tronchi al pubblico. I primi tentativi di carri a vapore risultarono

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 23 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
molto costosi fino all'avvento della locomotiva di Stevenson. Si tentò dapprima di applicare alle ferrovie la
stessa legislazione delle strade e dei canali, prescrivendo che i binari dovessero servire ad ogni utente, in
cambio di un pedaggio, ma questo si dimostrò impossibile poiché le imprese costruttrici esigevano la
gestione delle loro linee. Così il parlamento voto nel '44 un legge che concedeva allo stato la facoltà di
optare per l'acquisto delle ferrovie entro 21 anni (ma alla scadenza si riportò al regime privatista), e intanto
fissava i limiti per le velocità. Analogamente nel periodo iniziale, finché i tronchi restavano isolati, i
costruttori potevano senza danno adottare diversi scartamenti, ma quando i tronchi si riunivano formando
una rete, lo stato dovette intervenire con un ulteriore scartamento.

In Francia, una buona rete stradale era rimasta con le corvées, ma questo sistema fu abolito con la
rivoluzione e lo stato s'incaricò direttamente di costruire le strade. Napoleone I costruì molte strade di
interesse scartando i pedaggi, e nel '18 si formulò un piano per la costruzione dei canali, sollecitando
l'iniziativa delle compagnie private e autorizzandole a riscuotere una tassa. La monarchia di luglio nel '31
istituì un ministero dei lavori pubblici, formò nel '36 un vasto programma per la costruzione di strade e
canali, mentre la prima ferrovia entro in esercizio nel '32 e già nel '33 il governo incaricò il consiglio
generale dei ponti di formulare un piano per tutto il paese. La proposta di affidare allo Stato la costruzione
delle vie ferrate fu ripetutamente scartata e per un certo periodo si continuò concedendo autorizzazioni alle
singole compagnie private. Ma l'esigenza di un controllo unitario condusse alla legge del 1842 che attribuì
alle grandi compagnie il monopolio delle linee principali, ripartendo la spesa in parti uguali fra il capitale
privato e lo stato, e stabilendo che le ferrovie sarebbero passate allo stato dopo 40 anni.
I nuovi programmi di opere pubbliche consentivano di fatto alla pubblica amministrazione di modificare
profondamente l'assetto territoriale e anche quello dei centri abitati, tipo Parigi con le sette grandi linee
divergenti su di essa. Ma sia la legislazione che l'esperienza acquistarono un carattere specializzato,
impedendo di scorgere i rapporti e le connessioni fra i settori. Dunque la moderna legislazione urbanistica
non poté nascere da questo terreno, anzi trovò in seguito uno degli ostacoli più potenti proprio nella
legislazione settoriale sulle ferrovie e lavori pubblici.
La sola conseguenza importante fu la revisione delle leggi sull'esproprio che inizialmente era considerato
un'operazione rara ed eccezionale mentre ora, dovendo essere applicato su larga scala, fu disciplinato in
modo sempre più agevole per lo stato.

In Inghilterra le cautele concesse dalla legge per proteggere i diritti dei proprietari terrieri rendevano nel '40
il costo delle linee ferroviarie più alto rispetto agli altri paesi.
In Francia la legge napoleonica e quella orleanista furono perfezionante nel '41 alla vigilia del piano
nazionale ferroviario, dalla legge del 13 maggio, che servì da modello per molti altri paesi tra cui la legge
italiana del '65. Fu stabilito che l'esproprio dovesse essere autorizzato dal potere legislativo, definito nelle
sue modalità da un decreto prefettizio e pronunciato dall'autorità giudiziaria, cui spettava pure la decisione
su eventuali controversie. Ma le connessioni urbanistiche create durante la rivoluzione industriale vennero
in luce attraverso la constatazione degli inconventi igienici. Quando questi inconvenienti diventarono
intollerabili per le epidemie di colera diffuse nel '30 si studiarono i primi provvedimenti per eliminarle,

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 24 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
venne in chiaro la pluralità delle cause determinanti e i provvedimenti acquistarono necessariamente un
carattere molteplice e coordinato. La legislazione sanitaria divenne il diritto precedente della moderna
urbanistica e arrivò presto a generalizzare la nozione dell'esproprio, estendendolo ad opere pubbliche a tutto
il corpo della città.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 25 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

8. Chadwick e Fichera
In Inghilterra i primi tentativi di migliorare le condizioni igieniche furono compiuti dopo la riforma
elettorale del 1813 e si inquadrano nel quadro riformista del nuovo governo WHIG (Denominazione storica
di uno dei due grandi partiti che si alternarono al potere in Inghilterra tra i secoli 17° e 19° e che
rappresentava, in contrasto con il partito Tory, le forze di opposizione al sovrano e fautrici della tolleranza in
campo religioso; il termine è ancora oggi in uso per indicare i progressisti (non socialisti) aderenti al partito
liberale, sorto in età vittoriana).

Nello stesso anno Chadwick fu nominato ispettore della commissione dei poveri, contribuì alla
formulazione della legge del 1834 e fino al suo ritiro fu l'animatore di tutte le riforme sul campo dell'igiene
sociale. Si scopre che le cause erano inseparabilmente connesse all'ambiente edilizio. Si costituiscono in
Inghilterra le nuove amministrazioni locali elettive, a cui vengono dati grandi poteri per la tutela dell'igiene
e la regolamentazione edilizia. Vasti programmi di fognatura preparati da una evoluta manualistica tecnica,
accompagnano l'obbligo di servizi igienici nelle case.
Nasce una regolamentazione edilizia che prescrive norme sui distacchi, sulle ventilazioni, sulle dimensioni
minime e si cominciano ad realizzare i primi parchi pubblici. La legge sui poveri del 1834 rispecchia per
certi aspetti i pregiudizi teorici di origine radicale propri della classe dirigente allora al potere. Il rovinoso
sistema Speenhamland fu abolito, stabilendo il principio che nessuno dovesse ricevere sussidi parziali, per
i disoccupati erano previste le case di lavoro (workhouses), ma avendo cura di rendere la loro vita meno
piacevole di quella dei più infelici lavoratori indipendenti. Fu instituita un'organizzazione di sorveglianza
molto più efficiente dell'antica, con un ufficio centrale e uffici periferici per ogni gruppo di parrocchie,
questi uffici furono resi responsabili anche dell'assistenza medica dei poveri.

Chadwick, nominato segretario della commissione centrale si rende conto che il problema sanitario era
strettamente connesso all'ambiente edilizio e le sue innumerevole trasformazioni, per le quali i tradizionali
metodi erano ormai inefficaci. Nel '35 furono istituite le nuove amministrazioni municipali elettive, a cui
furono avocati i compiti prima dispersi fra questi vari enti, ma dovevano pur introdurre le corrispondenti
limitazioni nei diritti dei privati. Per il carattere spiccatamente privatistico della legislazione e delle abitudini
inglesi, quest'innovazione fu lunga e difficile, e soltanto l'epidemia di colera persuase le autorità ad uscire
dal loro teorico riserbo. Nel 1838 le autorità londinesi chiesero al Comitato per la legge sui poveri di fare
un''inchiesta formata da tre medici ed il rapporto di Smith riguardo alla mancanza d'acqua colpì il pubblico.
Chadwick ottenne che l'inchiesta fosse estesa a tutto il paese e compilò nel '42 il rapporto finale che offrì un
quadro completo circa le condizioni sanitarie della classe lavoratrice. Anche un comitato della camera dei
comuni cominciò ad occuparsi dell'argomento pubblicando un rapporto che appoggiava le conclusioni di
Chadwick mentre Peel nominò un'inchiesta reale che rese note le sue conclusioni nel 1844 e nel '45.

I vari provvedimenti proposti erano:


• affidare i controlli sanitari alle autorità locali con la supervisione della corona

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 26 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
• preparare rilievi e indagini esatte sulla zona prima di progettare un impianto di fognatura
• abbinare i lavori di fognatura a quelli della pavimentazione
• concedere alle autorità locali fondi per allargare e migliorare le strade
• fissare i minimi requisiti igienici per tutte le abitazioni e rendere obbligatoria l'installazione dei servizi
sanitari
• obbligare i proprietari a ventilare e ripulire le case malsane instituendo una licenza per l'affitto degli
alloggi
• istituire un ruolo di ufficiali di medici d'igiene
• concedere foni per l'apertura di parchi verdi nelle città industriali

La prima conseguenza giuridica di queste richieste fu la legge del 9 agosto 1844 per Londra e dintorni che
definì certi minimi requisiti igienici per gli alloggi d'affitto e proibì di destinare ad abitazione i locali
sotterranei; sempre nel '46 fu approvata la prima legge per l'istituzione di bagni e lavanderie pubbliche
nella capitale. Nello stesso anno il Parlamento cominciò a studiare una legge generale ed un primo testo di
legge fu presentato ma poi ritirato e soltanto nel '47 fu approvato il primo Public Health Act = è il primo
esperimento di far entrare nella legislazione tradizionale la realtà della nuova situazione urbanistica. La
legge concedeva un nuovo concetto di pubblico controllo in un campo non regolato, o regolato da
prescrizioni discordanti. Gli scopi sono dichiarati all'inizio soprattutto per i distretti più popolosi
dell'Inghilterra e nel Galles e conviene che la fornitura dell'acqua, le fognature, i drenaggi siano per quanto
possibile poste sotto un solo medesimo organo locale di gestione e di controllo.
La legge instituisce il GENERAL BOARD OF HEALTH formato da tre membri di nomina reale ed ha la
facoltà di nominare ispettori per condurre inchieste locali dove ciò venga richiesto da almeno un decimo
degli abitanti, o dove il coefficiente di mortalità sia più alto negli ultimi sette anni del 23*1000. In seguito il
General Board of Health, promuove instituendo apposite circoscrizioni (districts) coincidenti o non
coincidenti con quelle amministrative normali soggette in alcuni casi all'approvazione delle assemblee
locali. In ogni distretto è instituito un Board of Health locale formato da funzionari e da rappresentanti dei
proprietari e dei contribuenti. Possono nominare ispettori, impiegati e anche un medico che assuma la
qualifica di Ufficiale di Igiene.

I poteri dei Boards of Health locali riguardano:


• le fognature, la legge prevede che sia compilata una mappa che rappresenti un sistema di fognature adatto
a soddisfare le necessità di distretto, in una scala che sarà prescritta dal G.B.O.H.
Inoltre, tutte le fognature devono appartenere e devono essere gestite dal Board of Health locale, ed è
previsto l'esproprio dei manufatti appartenenti agli antichi proprietari. Ogni casa di nuova costruzione deve
essere provvista di fognatura e di gabinetto ed è un obbligo passibile di multa, ed il Board può ordinare la
costruzione del gabinetto mancante a carico del proprietario. È anche possibile la denuncia dei livelli più
bassi e dell'ubicazione dei servizi igienici, che deve essere approvata dal Board locale. Per i contravventori è
prevista una multa fino a 15 sterline e la modifica forzata delle opere costruite abusivamente
• la nettezza urbana

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 27 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
• la rimozione di quanto può causare danni igienici (porcili, canali scoperti)
• la disciplina delle case d'affitto che devono avere determinati requisiti di pulizia e di ventilazione è vietato
l'uso delle cantine come locali d'abitazione, se non rispondono a certe condizioni è previsto un termine da sei
mesi ad un anno entro cui dovranno esser sgombrate le cantine non regolamentari attualmente abitate.
• La pavimentazione e la manutenzione delle strade
• I giardini pubblici i Board con l'approvazione del General possono provvedere a mantenere e migliorare
la sistemazione da usarsi come passeggiate pubbliche e contribuire alla fornitura dell'acqua, la sepoltura dei
morti.

Mentre l'articolo 117 stabilisce che i Board locali avranno funzioni di sorveglianti delle strade statali. Gli
articoli dall'84 in poi riguarderanno il funzionamento amministrativo e finanziario dei Boards Locali e
stabiliscono che le spese sostenute per gli impianti possono essere recuperate in due modi: mediante
contribuiti speciali (special districts rates) da applicare agli immobili interessati da questi impianti e
mediante contribuiti generici applicabili a tutto il distretto (general district acts). Quando i lavori eseguiti
consistano ne miglioramento di un bene privato, il proprietario del bene dovrà corrispondere altri contributi
private improvements rates. Ai proprietari sono concesse molte garanzie legali ma è inevitabile che
l'esercizio pieno dei diritti di proprietà risulti limitato n vari modi dalla nuova legge, oltre a pagare i
contributi e seguire la legge, i privati dovranno garantire ai Board il libero accesso agli edifici ed ai terreni,
per misurare ed erigere piani.
La legge non è applicata alla City di Londra (esiste la metropolitan commissiono of sewers), ai distretti dove
agiscono le commissions of sewers e alla zona di Regent's Parks sottoposta ad un regime di vigilanza
speciale. Contro i dibattiti enunciati da Economist, Chadwick e i suoi colleghi potevano soltanto opporre il
senso comune e le epidemie, ma la legge era un primo passo verso un profondo cambiamento che non si
sarebbe arrestato nei confini fissati dai legislatori del '48. I boards locali cominciarono a funzionare con
lentezza e difficoltà, nella prima fase fu decisiva l'azione del General board of Health, che operò per 10 e poi
abolito trasferendo le sue competenze al concilio privato. In questo periodo riuscì a creare 183 Boards locali,
e a far approvare nel '51 la prima legge sull'edilizia sovvenzionata, perfezionata in seguito nel '75.

Successivamente si instituì il Local Government Board (con giurisdizione sia sulla sanità che sui poveri) e la
legge sanitaria del 1875 finché furono le leggi sull'edilizia sovvenzionata e sulla sanità furono unificate
dall'Housing of the Working Classes Act.

In Francia le conseguenze dell' industrializzazione e dell' urbanesimo si manifestarono più tardi, ma le


condizioni igieniche delle grandi città erano allarmanti quanto quelle dell'Inghilterra.
Nel 1840 Fregier un funzionario della prefettura della Senna, formulò un piano di costruzioni pubbliche per
le classi meno abbienti. Nello stesso anno comparve la prima richiesta documentata sulle condizioni delle
vite degli operai, ma durante la monarchia di Luglio la situazione di indisturbato dominio della borghesia
liberare non consentì che si prendesse alcun provvedimento efficace per limitare l'esercizio della proprietà
edilizia e fondiaria.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 28 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
La polemica degli alloggi malsani fu portata avanti da cattolici e socialisti.
Nel 1842 la società di S.Vincenzo de Paoli incaricò una commissione di studiare le condizioni
igieniche degli alloggi degli operai di Lilla, e nel '45 si pubblicarono gli Annales de la Charite dove
comparvero vari scritti sul problema del risanamento dei quartieri operai, animatore di queste iniziative
fu il conte Armand de Melun che in seguito fu uno dei promotori della prima legge urbanistica durante la
seconda repubblica.
I socialisti vedevano il problema in maniera più dottrinale aspettando che un'organizzazione economica
risolvesse globalmente il problema degli alloggi con altri problemi sociali, mentre i cattolici erano inclini a
considerare le questioni per parti e più decisi promotori delle riforme urbanistiche.

Durante la seconda repubblica gli studi e le proposte vennero a concentrarsi in un'unica legge per merito di
Armand de Melun che presento nel '49 una proposta all'assemblea nazionale, questa legge chiedeva che il
diritto pubblico e l'interesse privato dovevano cedere di fronte all'interesse pubblico, ed esistono già
limitazioni di questo tipo, non è possibile vendere alimenti guasti, far navigare un imbarcazione in cattivo
stato. Questi divieti non indeboliscono il principio di proprietà anzi lo salvaguardano. La legge fu attaccata
contemporaneamente dai liberali di Thiers, difensori dei diritti dell'uomo e dai socialisti. Durante il dibattito
furono respinti alcuni emendamenti di notevole interesse come quello di Roussel per estendere interi
quartieri i lavori di risanamento previsti e uno di Wolowski per mettere in grado le amministrazioni
comunali di costruire nuovi alloggi. Un'ultima epidemia di colera fu il motivo dell'approvazione della legge
nel 13 aprile del 1850, e si limita a disciplinare le caratteristiche degli alloggi in affitto e affidando
l'esecuzione della legge a uffici comunali, non assistiti da un organo centrale coordinatore.
Il 1 articolo stabilisce che si nominerà una commissione incaricata di ricercare e indicare le misure
indispensabili per la sistemazione degli alloggi e le dipendenze salubri date in affitto o occupate da persona
diversa dal proprietario.
2 articolo: la commissione deve avere un architetto un medico, e se l'insalubrità è dovuta al proprietario
allora deve eseguire i lavori per eliminarla, sotto pena di multe.
13 articolo stabilisce che quando non si può rimediare, il comune può acquistare la totalità delle proprietà
comprese entro il perimetro dei lavori.
A differenza dell'Inghilterra in Francia esisteva la legge sull'esproprio fondata sulla legge del 1841. Questa è
la legge che servirà ad Hausmann per attuare la radicale trasformazione di un emendamento del 23 maggio
del 1852 che consente l'esproprio non solo attraverso una legge, ma anche una deliberazione del potere
esecutivo.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 29 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

9. L'infrastrutturazizzazione delle grandi città europee e la


regolamentazione edilizia
Firenze
Giuseppe Poggi agisce sulla maglia viaria, lo stato sperimenta le nuove leggi per l'esproprio dei beni privati
ed ecclesiastici e l'ingegnere da un lato ingloba i progetti precedenti dall'altro accompagna la fascia
adiacente allo stradone delle mura e la soluzione delle linee ferroviarie, con il reperimento di vaste aree da
espropriare. Ma la sua prima scelta consiste nell' abbattimento delle mura per realizzare sul loro tracciato,
fondendo le strade esterne ed interne, il collegamento tra la città antica e le nuove espansioni. Questa
demolizione rende necessario provvedere a una nuova cinta daziaria. Il principale elemento del piano sono
le piazze con i viali e le rampe di piazzale Michelangelo, nel quale il progettista richiama il Ring di Vienna.

Barcellona
La sua popolazione passa da 200 a 500 mila unità intorno al 1860 e il 1900, a partire dai problemi locali
l'ingegnere Cerdà sarà in grado di sviluppare una teoria universale: la teoria generale dell'urbanizzazione
pubblicata in forma di trattato nel 1867. Lo spunto è dato dall'abbattimento delle mura nel 1854 e dalla
necessità di alleggerire la congestione che grava sul centro urbano. Cerdà disegna un piano di espansione
scientificamente commensurato ad alcuni dati statistici: il grado di affollamento, i tassi di sviluppo
demografico ed economico. Progetta una maglia ortogonale basata sulla manzana isolato tipo di misure e
caratteristiche costanti. Questo modulo è ottenibile mediante le considerazioni fatte da Cerdà tra il numero
di abitanti e la superficie complessiva, tra l'area coperta e quella scoperta, tra la popolazione e i servizi
collettivi.

Vienna

La divisone tra città vecchia, l'anello difensivo e i sobborghi oltre l'aumento della popolazione, collocano
verso la metà del XIX secolo il momento propizio del cambiamento. Forster sostiene che occorre
amalgamare il tessuto urbano demolendo i bastioni e unificandolo con una RINGSTRASSE (strada
anulare) dotata di una corona di edifici pubblici e commerciali. Viene progettato un viale dell'impero che
aveva la funzione di racchiudere la monarchia degli Asburgo.
Il compito di elaborare il primo progetto di ristrutturazione fu affidato a funzionari statali, prevede tre
elementi che rimarranno costanti come la piazza d'armi la residenza imperiale e la poligonale aperta di un
gran viale alberato il ring. Gli edifici pubblici dovranno trovare una sistemazione adeguata, tutti intorno al
ring, affiancate da viali per i cavalli e i pedoni. La carreggiata centrale vedrà convergere le esigenze dei
militari che mostrano l'esigenza di dover trovare una facilità di spostamenti lungo la strada stessa.
E infine bisogna collegare e strade della città vecchia con quella nuove.
Il progetto vincitore è quello di Forster che mira a una riorganizzazione globale della capitale, tenendo conto
soprattutto dei trasporti, oltre a sistemare gli edifici e le strade propone di regolare il corso del Danubio e di

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 30 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
attrezzarvi il porto fluviale, di realizzare una linea ferroviaria anulare e di riorganizzare la rete viabilistica.
Nessun progetto venne accettato integralmente ma furono le basi per quello di Lohr che sarà l'architetto
esecutivo affiancato dai tre vincitori, la versione definitiva del 1859 è pari al modello di Forster soltanto
migliorata secondo le esigenze militari.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 31 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

10. Geddes: città in evoluzione


Geddes è considerato uno dei più importanti innovatori in campo urbanistico per la sua abilità
nell'applicazione della molteplicità del suo sapere. Occorre dire che fu fortemente influenzato da la Play in
particolare per quanto riguardo due aspetti di quest'ultimo, ovvero la necessità di misurare i fenomeni sociali
e la formulazione teoriche sull'importanza dell'ambiente nell'organizzazione sociale. Secondo la Play,
l'ambiente condiziona mediante i caratteri fisici e la diversa disponibilità delle risorse, la natura del lavoro.
A sua volta il tipo di attività esplicata dai singoli membri incide sull' organizzazione familiare che per
realizzare finalità interne, introduce mutamenti nella natura e nelle modalità del lavoro. Si instaura così un
processo ciclo in continua evoluzione.

Fondò con alcuni amici la Edimburgo social union, un'associazione che aveva lo scopo di promuovere il
miglioramento delle abitazioni usate dalle classi povere nei quartieri della città vecchia. E sempre in quegli
anni, si appassionò alle condizioni della vita universitaria e creò l'university hall. I problemi dell'educazione
e dei metodi da usarsi per la sua diffusione costituirono il nodo centrale di P.G che diede vita ad una serie di
importanti iniziative tra cui la Outlook Tower e gli incontri estivi di Edimburgo. In particolare della
Outlook tower fece la sede di altre iniziative rivolte alla riscoperta e alla valorizzazione della cultura
regionale scozzese, nonché alla soluzione di problemi pratici come quello dell' espansione dei collegi
universitari e al risanamento dei quartieri degradati della città. Tutta questa complessa attività servì ad
approfondire i fondamenti sociologi ed economici della pianificazione, la quale, ha significato se ogni
cittadino possiede un'ampia comprensione delle origini locali e regionali del fenomeno urbano oltre ad
una chiara visione del destino che esso si vuole imprimere.

La pianificazione non è altro che un continuo esercizio di autodeterminazione promosso da un insieme di


persone che si riconosce per un'origine culturale comune. La concezione educatrice del piano si va
delineando sempre più come nucleo centrale dell' urbanistica geddesiana. Come l'educazione è un fatto
che progredisce incessantemente con la vita dell'uomo e si arricchisce con l'esperienza, così la pianificazione
va considerata come un processo in cui i mezzi particolari impiegati nel raggiungere alcuni traguardi
influenzano e configurano la successiva spinta verso nuove idee. La sua opera non ha innovazioni radicali,
ne l'unità di quartieri, né la città giardino debbono a lui una formulazione. Egli, considera la città come un
fatto unico e irripetibile generato da un autonomo processo storico che andava attentamente esaminato senza
alcuna affezione preconcetta a terapie di moda prima di poter procedere a qualsiasi intervento. Ricordiamo
che furono anni importanti per l'urbanistica inglese perché fu formulata nel 1909 prima legge urbanistica,
preceduta da una ricca messe di studi riguardanti le condizioni di vita delle popolazioni urbane e gli effetti
prodotti dal sovraffollamento nei quartieri poveri e le prime realizzazioni della città giardino. Tuttavia il
contributo di Geddes si deve all'instaurazione di un'educazione civica quale presupposto della pianificazione
fisica. Così curò nel 1910 l'allestimento della Town Planning Exhibition presso la Royal Accademy di
Londra, nella quale oltre il materiale raccolto sulla genesi urbana venivano esposti i piani di risanamento

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 32 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
dell'Edimburgo storica. Intorno al 1914 si trasferì in India ed il suo scopo era quello di far conoscere alle
autorità locali la Cities Exhibition e promuovere una serie di interessi a favore di programmi di
rinnovamento urbano e di costruzione di abitazioni. Questo periodo costituisce la più ricca testimonianza di
P.G come educatore e pianificatore senza che fra questi due campi della sua attività sia possibile operare
senza alcuna divisione. Per comprendere a pieno il pensiero di Geddes è utile considerare il libro Città in
evoluzione (evoluzione del soggetto rispetto allo spazio della comunità).

Innanzi tutto il quadro empirico a cui fa riferimento in questo libro è quello delle rapide trasformazioni
provocate dalla rete urbana inglese dal processo di industrializzazione.
L'urgenza di proporre soluzioni e di sollecitare decisioni ha portato a considerare come generali alcune
cause che determinarono la concentrazione della popolazione senza esaminare se esse si presentano ovunque
con uguali origini con pari dimensioni e stessa densità. Questo vizio di partenza degli studi urbani e la
scarsezza di ricerche nei settori collaterali alla storia urbanistica, può spiegare il motivo per il quale si è
sempre ricorso ai modelli di sviluppo stranieri per spiegare le condizioni storiche attraverso le quali si è
venuto formando l'attuale assetto territoriale italiano.

Ma il punto centrale del ragionamento di Geddes è che questa trasformazione non risponde al dispiegarsi
lineare ed inevitabile di una legge, l'evoluzione per P.G, non significa trasferimento di leggi dal campo della
natura al campo della società, e non significa neppure progresso, che Geddes considera come una trappola
quantitativa che imprigiona il movimento della società in un circolo vizioso. Evoluzione è un racconto che
intreccia sempre diversamente nel tempo dell'innovazione e memoria, trasformazione delle tecniche e degli
ideali collettivi e la conservazione delle tradizioni e delle istituzioni più remote.

LA CITTÀ CHE È INSIEME DI FONTE DELL'INNOVAZIONE E DEPOSITO DELLA TRADIZIONE, È


IL LUOGO PROPRIO DELL'OSSERVAZIONE DELL'EVOLUZIONE SOCIALE.

Viene affermata la necessità di procedere prima della formulazione del piano, allo studio minuzioso e
integrato di tutti gli aspetti della realtà urbana e territoriale al fine di scoprire quali sono, in atto o in
potenza, le capacità di sviluppo individuali e irripetibili, di ogni singola città.
Geddes interpreta la fase conoscitiva come selettiva, e per questo è possibile parlare della DIAGNOSI
PRIMA DELLA CURA, chiamata da P.G: city survey preparatory to town planning (ricordando che
survey è un metodo scientifico nel quale si comprendono le condizioni della società e può essere vista come
una sequenza di oggetti da conoscere e di informazioni)
Non significa solo che occorre poter conoscere prima di agire, significa che il mestiere dell'urbanista è
un'attività nuova e specifica, irriducibile alle competenze professionali esistenti. Infatti, se andassimo a
ritroso il mestiere del planner ebbe rapida espansione in un clima di aspro conflitto tra le corporazioni
professionali e di pericolosa improvvisazione nel campo della pianificazione. In quel contesto, Survey prima
del piano, significava che soltanto la pazienza della survey possono ridurre i pericoli di una pianificazione
frettolosa e superficiale, incapace di ascoltare le esigenze delle comunità locali. La survey non adopera da

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 33 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
sola ma occorre la comunicazione e la conoscenza, quest'ultima non vale tanto come strumento
professionale del planner, quanto come patrimonio collettivo capace di risvegliare l'interesse dei cittadini e
alimentare il processo sociale del piano. Il fondamento metodologico della survey non è altro che
l'esperienza e lo sguardo quotidiano dei cittadini, riscattati dallo loro presente meccanicità e dal loro rapido
oblio. Anche per questo il testo ha uno slogan: conosci la tua città, incarnato nei grandi esperimenti dell'
outlook tower e delle cities and town planning exhibition, che trasformano la conoscenza da attività
professionale specialistica in un grande processo collettivo. La survey può porsi l'obiettivo di cogliere nella
città quanto vi è di più sfuggente ed indefinito e inaccessibile a chi guarda dall'esterno: la personalità del
luogo.

Le fasi della survey sono


• Studio della popolazione
• Ambiente naturale
• Ambiente fisico

Il principio generale è il principio SINOTTICO per il quale si intende: non sguardo totalizzante e
riassuntivo, com'è divenuto nel nostro gergo recente, ma sguardo capace di cogliere, sotto la molteplicità
degli aspetti conoscibili della città, il suo spirito e la sua bellezza nascosta (cercare di individuare e sfruttare
tutti i punti di vista e gettare le basi dell'enciclopedia civica del futuro. Offrendo un quadro scientifico,
artistico della vita della città.)
Il risultato della Survey è quanto più di un input conoscitivo per il processo di piano: è una vera e propria
epica della città, un racconto e uno spettacolo capace di alimentare l'interesse e la volontà collettivi. Occorre
un' osservazione antropologica perché se il piano è collettivo non posso utilizzare un dato quantitativo
(Chedwick lo fa).

È questo è il tema cardine del libro: I PERICOLI DELLA PIANIFICAZIONE.

Il sapere che Città in evoluzione propone è insegue è un sapere pratico, per questo può essere visto come un
manuale per progettare la città, se non addirittura come un manuale sistematico dove ogni suo problema
trova la sua collocazione, almeno un insieme di suggerimenti progettuali frammentari e discontinui ma
coerenti nel loro orientamento di fondo. Come per esempio la scoperta delle città medievali. In questa
scoperta P.G si colloca in una tradizione consolidata da Hugo a Morris, ma rispetto ai suoi predecessori egli
amplia lo spettro dei valori osservati nella città. La città medievale è innanzi tutto un grande palinsesto
continuamente scritto e cancellato dalle generazioni che vi succedono. È un modello di ambiente salubre in
cui la tessitura delle case e dei giardini compone un equilibrio prezioso tra natura e artefatto. La città
medievale offre anche al nostro sguardo moderno un repertorio di suggerimenti progettuali: non solo di
relazioni formali e funzionali ma di dispositivi per la cura cooperativa degli spazi collettivi. È il caso di
Edimburgo, dove le brutture sono la maggior parte moderne, e l'organizzazione urbana del XIII secolo era
concepita, secondo criteri a loro modo più aperti di quelli che hanno reso famosa la New Town e il
boulevard di Princes Street. Il valore conoscitivo della nostalgia è importante poiché soltanto chi non si

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 34 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
accontenta del presente e delle sue ideologie consolatorie è capace di guardare al passato e al futuro insieme
con meraviglia e con disincanto.

Inoltre, si ricordi che nel medioevo ogni corporazione artigiana usava tenere una mostra dei capolavori, e
questo costume continuò per un certo tempo fino al rinascimento, fino all'avvento delle esposizioni a
carattere generale a Parigi nel 1793. La cosa notevole di queste esposizioni verificatosi dal 1793 in poi, è la
creazioni di padiglioni che rispecchiassero la città di Parigi, poiché in esso si dimostrava come la città fosse
a piena conoscenza della sua vita collettiva e cercava di esprimerla ed elevarla per il popolo, mediante il suo
popolo, con idee geniali e mezzi grafici di ogni specie. Era dunque l' avvento dell'esposizione civica,
destinata a sostituire le esposizioni di strumenti. Mentre le città tedesche hanno conosciuto un processo di
espansione senza precedenti, per cui questa idea di esposizione civica ha trovato il suo incremento a nord del
Reno. Adesso la concezione di esposizione è cambiata, non si espone per mettere in risalto degli oggetti ma
per manifestare il concetto della vita civica che influisce sempre più nell'architettura e questa guida arti e
mestieri con notevoli risultati di efficacia e di importanza. Anche in Inghilterra si insisteva sulla necessità di
realizzare delle esposizioni civiche, ma senza risultato, fino a quando il Garden Cities and Town Planning
Movement non si diffuse tra i più larghi strati della popolazione, facendo capire l'importanza delle relazioni
tedesche e risvegliando l'interesse per le riforme urbanistiche. Ma è soltanto nel 1910 che comincia davvero
a mettersi in moto a Londra, L'Exhibition movement, il movimento delle esposizioni e si forma la TOWN
PLANNING EXHIBITION. Costituisce un passo avanti rispetto alla politica tradizionale e anche alla
sociologia corrente, verso un modo di pensare più schietto e realistico e di conseguenza verso un modo
d'agire più immediato e pratico, raffigurando insieme al congresso i veicoli più appropriati dell'educazione
alla coscienza civica. Tutti i progetti presentati hanno delle lacune, ovvero sono troppo simili, i boulevard di
Hausmann ricompaiono senza motivo in piani che non hanno le medesime esigenze. Il sobborgo giardino è
definibile DEMPOLI ma stanno per diventare delle Tirannopoli poiché pur avendo delle buone intenzioni si
va distruggendo la bellezza di queste città, come Edimburgo. Per impedire ciò bisogna che di ogni città sia
fatto un rilievo sistematico, uno studio preciso dello sviluppo e delle origini, della storia passata e della
realtà presente studio che deve rivolgersi non solo agli edifici materiali ma anche alla vita e alle istituzioni
cittadine, perché di questa la città costruita non è altro che l'involucro esterno. Ecco il motivo per cui
Edimburgo è una delle maggiori fonti d'ispirazioni, specialmente nelle forme più complete nelle quali è stato
organizzato in esposizioni successive, mettendolo a raffronto con rilevamenti di altre città. Il rilevamento
urbano è il punto di partenza dell'esposizione civica e urbanistica, dal survey di Edimburgo che da anni
erano in corso all' outlook tower era stata ricavata per l'esposizione una selezione ordinata sistematicamente
in modo da mostrare, le essenziali condizioni e fasi del passato storico di una città come fattori determinanti
delle sue qualità e dei suoi difetti del presente, e venne allestita una nuova esposizione a Crosby hall della
nuova Cities and town planning Exhibition. Era impostata su un disegno organico: presentare una
selezione tipo di progetti edilizi e schemi urbanistici che potessero essere fonte di ispirazione ai fini dello
sviluppo urbano, e creare inoltre le premesse per uno studio comparativo dell'evoluzione della città nelle
fasi: STORICA, ATTUALE e POSSIBILE.

Ma l'esposizione vera e propria fu quella organizzata a Gand, perché ha segnato l'inizio dello studio
comparativo delle città, ciascuna di esse viene mostrata come un essere vivente in costante rapporto con il
suo ambiente, e con i vantaggi e le limitazioni che esso presenta. I sobborghi giardino e gli interventi sul
centro sono interdipendenti, i primi non rappresentano soltanto un evasione del malsano squallore dell'era

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 35 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
industriale ma hanno la funzione di formare un ampia cintura attorno alla più sana città del futuro. Mentre
per gli interventi nei centri, se concepiti in maniera corretta possono conservare le migliori reliquie del
passato e della città, sfrondate però, di tutte le manifestazioni di decadimento che sono fonti attive e
continue di mali. Dunque, in definitiva il rilievo della città deve essere geografico, economico,
antropologico, storico, demografico ecc., ma soprattutto deve considerare la scienza civica.

La Cities and town planning Exhibition a Gand era disposta secondo delle sezioni ognuna riguardante un
tema bene preciso, si inizia con l'amministrazione civica, segue la sezione delle città classiche, le grandi
città rinascimentali nella quale venivano esposti dei grandi monumenti prima e dopo il decadimento, le
grandi capitali che ospitava esempi come Washington per arrivare ad una delle più importanti ovvero la
sezione sugli interventi dei centri storici nella quale venivano mostrate cattedrali come Notre Dame per il
semplice motivo di avere uno spunto da cui partire per essere superato e adattato ai nostri tempi. Un punto
fondamentale si evince da ciò che non si può trascurare nell'educazione civica questo concetto: la qualità
non è cosi interamente funzione della quantità come generalmente si pensa. Inoltre occorre lo studi delle
città minori, poiché sono sempre spunti ed a volte risultato più interessanti di città come Roma o Parigi
stessa. Una volta fatto ciò il visitatore ha una perfetta consapevolezza di come procedere ed è pronto per
cogliere lo studio civico attraverso diagrammi o testi narranti particolari teorie o dottrine. In conclusione si
ergeva un modello approssimato di Outlook tower quale primo studio osservatorio e insieme laboratorio
civico. Un tipo di studio necessario in ogni città, inteso a consentire correlazione di pensiero e azione,
scienza e pratica, sociologia e morale.
In definitiva è facile comprendere adesso la funzione di questa Town, ovvero portarci a concepire la
necessità della pianificazione e progettazione organica della città.

Questa scoperta è resa possibile perché Geddes applica ai segni e ai resti della città medievale uno sguardo
da naturalista, nel senso che non si accontenta della superficie delle cose e che non si rassegna alle
ideologie correnti del passare del tempo come progresso che cancella inesorabilmente il passato per
preparare un futuro inevitabilmente migliore. Così come il passato non è un residuo preparatorio ai
successivi moderni, lo sguardo da naturalista applicato alla città mostra anche che il presente non è
inevitabile né definitivo nella forma in cui si presenta ai nostri occhi. Esso rivela il vero e proprio super slum
che si cela dietro le facciate lussuose dei quartieri. Da qui subentra un altro fattore la conurbazione, la quale
non è vista solo come una forma di diffusione degli insediamenti ma anche l'intuizione di un nuovo possibile
rapporto tra strutture costruite e ambiente ragionale e la prefigurazione di un nuovo possibile rapporto tra
decisioni locali e autorità centrale. Dunque la conurbazione è possibile vederla così come la città medievale
se non si ci ferma alla superficie apparente delle cose.

Per quanto riguarda L'Outlook Tower di Edimburgo, quelli che possiamo considerare gli inizi di un
osservatorio e laboratorio civico, è un vecchio edificio che si innalza sulla collina di Edimburgo vecchia e
domina tutta la città, consentendo una visione sinottica della quale ogni visitatore sperimenta personalmente
il valore educativo, garantendo dunque una visione sintetica conseguita semplicemente attraverso la
percezione estetica e la reazione emotiva, ed essere pertanto visuale e concreta. Il panorama può essere di
volta in volta analizzato nei suoi aspetti astronomici, topografici, ideologici, ecc. Ogni scienza viene

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 36 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
inquadrata nel suo problema particolare. Dalla totalità della nostra esperienza, viene isolato, mediante
l'artificio logico della scienza, questo o quell'elemento dell'ambiente generale. Questo insieme di verità
verificabili e realizzabili, comporta però la totale soppressione di altre verità, fino al momento della sua
integrazione con i risultati di altri studi, nel tutto fisico e sociale, nell'unità regionale e urbana che ci sta di
fronte. Il piano sottostante è dedicato alle città, ai plastici che ne illustrano le caratteristiche strutturali, in
questo ambiente è nato giorno per giorno il rilevamento di Edimburgo, lo studio analitico della città dalle
origini preistoriche in questo modo si riesce a fondere con i risultati istruttivi per tutti i vari punti di vista che
dividono gli specialisti dai vari settori. Il piano successivo è dedicato alla Scozia, un altro alla Gran
Bretegna, scendendo di un piano si trovano le sezioni della civiltà europea dove viene esposto tutto il
materiale raccolto dal Current Events Club. Ed il pianterreno infine, è dedicata alle civiltà orientali e allo
studio generale dell'uomo. Il criterio generale è dunque una visione civica e sociale, conseguita analizzando
aspetti particolari di carattere locale, studiati con impegno scientifico, ma tuttavia senza perdere il contatto
con il più vasto mondo. Tutto ciò sviluppato per fasi successive e per settori prendendo la prospettiva
generale come punto di partenza. Questo esperimento potrebbe essere fatto in qualsiasi città, in qualsiasi
scala l'esperimento deve essere tentato. L'ultimo piano quello della città gode di un ufficio di affari civici nel
quale si svolge l'attività principale dell'Outlook; I SUOI VARI INTERVENTI PER IL MIGLIORAMENTO
DELLA CITTÀ. Interventi sugli slums, che rappresentano la vergogna di Edimburgo vecchia, lavori di
risanamento o rinnovamento nel campo della abitazioni, sviluppo degli spazi aperti, creazioni di giardini
ecc.

IL PROGETTO È QUELLO DELLA CONSERVAZIONE E DELLA RINASCITA DELLA EDIMBURGO


STORICA, SIA COME CITTÀ CHE COME UNIVERSITÀ. Il che esige il rinnovarsi, specialmente entro il
centro storico, deceduto e rovinato com'è ora, di quell'intima combinazione di cultura popolare e cultura
superiore e di quella solidarietà di spirito civico e nazionale.

Come detto prima i rilevamenti urbani e le esposizioni locali, sono necessarie per il programma di
pianificazione urbanistica. L'ordine naturale della pianificazione prevede che il rilevamento deve
precedere il piano, e si crea il pericolo che singoli funzionari e enti pubblici si impegnino ad accettare i piani
che uno studio maggiormente approfondito avrebbe potuto risultare assai diversi e che una volta presentati
sarà impossibile modificare. Occorre dunque studiare in maniera globale la situazione e la vita di una
comunità nel passato e nel presente e così gettare e basi del progetto di piano regolatore che consentirà di
provvedere e ne deciderà il futuro materiale. Dunque, l'esecuzione di un rilevamento locale e civico prima
della stesura di un progetto di un piano regolatore, anche se non previsto dalle legge del 1909 (obbligatorio
nel '47) è diciamo lo spirito di ciò, per cui si invita il local government board a fornire una
raccomandazione a riguardo. Se ciò non si verifica potrebbe succedere che il consiglio comunale e altri
organi adottino il sistema opposto, cioè quello del piano prima del rilevamento, è quanto più di disastroso
possibile. PRIMA DI PROCEDERE AD UN PIANO REGOLATORE È OPPORTUNO ISTITUIRE UN
RILEVAMENTO LOCALE PRELIMINARE CHE CONSENTIRÀ NELLA RACCOLTA E
PUBBLICAZIONE DI CARTE, MAPPE ECC.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 37 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

Inoltre, può anche verificarsi che gli architetti, gli ingegneri che erigono il piano siano incompetenti riguardo
ai punti detti precedentemente, e ovviamente il piano così concepito è impensabile. Riprendiamo come
esempio Edimburgo, la cui urbanistica antica era stata pienamente consapevole della città e delle sue
caratteristiche mentre adesso è un ammasso di strade e strutture senza una consapevolezza logica. In poche
parole anche senza il rilevamento preliminare senza l'esposizione si possono ottenere progetti di piano
regolatori passabili ma mai ottimi. Quindi l'invito essenziale per un valido piano regolatore è il RILIEVO
PRELIMINARE, che comporta la raccolta di informazioni particolareggiate circa gli argomenti, i quali
sono:
• Ubicazione, topografia e vantaggi naturali – geologia, composizione del suolo ecc.
• Mezzi di comunicazione
• Industrie manifatture e commercio
• Popolazione – movimento salute ecc.
• Ambiente urbano:
storico fase per fase
Recente dal rilevamento del 1832 in poi indicando aree linee di crescita e di espansione.
Aree comunali
Attuale: piani regolatori in vigore in generale e nei particolari. Fognature illuminazione ecc.
• Pianificazione urbanistica suggerimenti e progetti

Esempi di altre città


Contributi e suggerimenti Aree
Possibilità di espansione
Possibilità di miglioramento e sviluppo

Poiché il progetto deve essere approvato dal LOCAL GOVERNMENT BOARD, l'ispettore incaricato potrà
beneficiare di tutto il materiale raccolto nell'esposizione e risparmiare tempo e ottenere migliori risultati.
Egli potrà avanzare consigli e suggerimenti per delle modifiche, e nessuna città avrebbe la stesso piano
dell'altro, ognuno sarebbe studiato indipendentemente. Ed inoltre, onde evitare l'imposizione dell'iniziativa
privata, occorre rivolgersi alla cities and town planning come è avvenuto nel caso di Dublino, in questo
modo si può iniziare un rilevamento della città in consultazione con esperti di ogni genere.

A questo punto in conclusione potremmo definire essenzialmente Città in evoluzione come un manuale di
educazione civica, nel senso come intende il piano come un grande processo sociale di autoeducazione
collettiva, il cui destino della città è il risultato degli sforzi cooperanti dei suoi cittadini. La costruzione del
futuro attraverso il piano è affidata alla decifrazione accurata della relazione tra uomo e ambiente e
all'osservazione delle gemme del futuro presenti già attorno a noi e la fiducia nella tecnica dell'uso delle
fonti di energia ecc.
Ma l'argomentazione più attiva è quella in cui il protagonista dell'evoluzione è il cittadino risvegliato dalla

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 38 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
survey e quindi città in evoluzione altro non è che cittadini in evoluzione, dove gli strumenti dell'evoluzione
urbana sono gli strumenti squisitamente culturali: SURVEY-EXHIBITION-VIAGGI.
Il motore è la volontà dei cittadini e non la tecnica, e il piano è l'espressione delle aspirazioni e degli sforzi
della collettività.
I due punti di vista non si scontrano mai, ma vi è una particolare affermazione che sostiene che
L'EVOLUZIONE DELLA CITTA È FONDAMENTALE UNA TRASFORMAZIONE SPIRITUALE: NEL
SENSO CHE SONO GLI IDEALI CHE TENGONO IN VITA LE CITTA MOTIVANDO LE VOLONTÀ
E LE AZIONI DEI CITTADINI E CHE IL MOTORE DELLA STORIA DELLA CITTA NON SONO
ALTRO CHE L'ASPIRAZIONI, I SOGNI, LE UTOPIE E ANCHE I FALLIMENTI.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 39 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

11. Il piano urbanistico nella legislazione e nella prassi italiana


Legge 1942
• Articolo 4
Piani regolatori e norme sull'attività costruttiva.
La disciplina urbanistica si attua a mezzo dei piani regolatori territoriali, dei piani regolatori comunali e
delle norme sull'attività costruttiva edilizia, sancite dalla presente legge o prescritte a mezzo di regolamenti.

• Articolo 5
Formazione ed approvazione dei piani territoriali di coordinamento. (REGIONALI) 1
Piani di indirizzo e coordinamento dell'attività urbanistica in determinate parti del territorio
Allo scopo di orientare o coordinare l'attività urbanistica da svolgere in determinate parti del territorio
nazionale, il Ministero dei lavori pubblici ha facoltà di provvedere, su parere del Consiglio superiore dei
lavori pubblici, alla compilazione di piani territoriali di coordinamento fissando il perimetro di ogni singolo
piano. Nella formazione dei detti piani devono stabilirsi le direttive da seguire nel territorio considerato, in
rapporto principalmente: a) alle zone da riservare a speciali destinazioni ed a quelle soggette a speciali
vincoli o limitazioni di legge; b) alle località da scegliere come sedi di nuovi nuclei edilizi od impianti di
particolare natura ed importanza; c) alla rete delle principali linee di comunicazioni stradali, ferroviarie,
elettriche, navigabili esistenti e in programma. I piani, elaborati d'intesa con le altre Amministrazioni
interessate e previo parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, sono approvati per decreto Reale (2)
su proposta del Ministro per i lavori pubblici, di concerto col Ministro per le comunicazioni (1), quando
interessino impianti ferroviari, e col Ministro per le corporazioni (3), ai fini della sistemazione delle zone
industriali nel territorio nazionale. Il decreto di approvazione viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del
Regno (4), ed allo scopo di dare ordine e disciplina anche all'attività privata, un esemplare del piano
approvato deve essere depositato, a libera visione del pubblico, presso ogni Comune il cui territorio sia
compreso, in tutto o in parte, nell'ambito del piano medesimo

• Articolo 6
Durata ed effetti dei piani territoriali di coordinamento.
Il piano territoriale di coordinamento ha vigore a tempo indeterminato e può essere variato con decreto
Reale (1) previa la osservanza della procedura che sarà stabilita dal regolamento di esecuzione della presente
legge (2). I Comuni, il cui territorio sia compreso in tutto o in parte nell'ambito di un piano territoriale di
coordinamento, sono tenuti ad uniformare a questo il rispettivo piano regolatore comunale.

• Articolo 12
Piani regolatori generali intercomunali. 2
Sistemazione urbanistica di più comuni contermini con particolari caratteristiche di sviluppo
Quando per le caratteristiche di sviluppo degli aggregati edilizi di due o più Comuni contermini si riconosca

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 40 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
opportuno il coordinamento delle direttive riguardanti l'assetto urbanistico dei Comuni stessi, il Ministro per
i lavori pubblici può, a richiesta di una delle Amministrazioni interessate o di propria iniziativa, disporre la
formazione di un piano regolatore intercomunale. In tal caso il Ministro, sentito il parere del Consiglio
superiore dei lavori pubblici, determina: a) l'estensione del piano intercomunale da formare; b) quale dei
Comuni interessati debba provvedere alla redazione del piano stesso e come debba essere ripartita la relativa
spesa. Il piano intercomunale deve, a cura del Comune incaricato di redigerlo, essere pubblicato nei modi e
per gli effetti di cui all'art. 9 in tutti i Comuni compresi nel territorio da esso considerato. Deve inoltre essere
comunicato ai podestà degli stessi Comuni perché deliberino circa la sua adozione. Compiuta l'ulteriore
istruttoria a norma del regolamento di esecuzione della presente legge, il piano intercomunale è approvato
negli stessi modi stabiliti dall'art. 10 per l'approvazione del piano generale comunale (2). (1) Ora, ai Consigli
comunali. (2) Vedi, l'art. 1, d.p.r. 15 gennaio 1972, n. 8.

PIANI REGOLATORI GENERALI (comunali) 3


Assetto e sviluppo urbanistico di un territorio comunale

• Articolo 7
Contenuto del piano generale.
Il piano regolatore generale deve considerare la totalità del territorio comunale. Esso deve indicare
essenzialmente: 1) la rete delle principali vie di comunicazione stradali, ferroviarie e navigabili e dei relativi
impianti; 2) la divisione in zone del territorio comunale con la precisazione delle zone destinate
all'espansione dell'aggregato urbano e la determinazione dei vincoli e dei caratteri da osservare in ciascuna
zona (1); 3) le aree destinate a formare spazi di uso pubblico o sottoposte a speciali servitù (1); 4) le aree da
riservare ad edifici pubblici o di uso pubblico nonché ad opere ed impianti di interesse collettivo o sociale
(1); 5) i vincoli da osservare nelle zone a carattere storico, ambientale, paesistico; 6) le norme per
l'attuazione del piano.
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 20 maggio 1999, n. 179, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale
del combinato disposto dei seguenti numeri, dell'art. 40 successivo e dell'art. 2, comma 1, l. 19 novembre
1968, n. 1187, nella parte in cui consente all'Amministrazione di reiterare i vincoli urbanistici scaduti,
preordinati all'espropriazione o che comportino l'inedificabilità, senza la previsione di indennizzo.

• Articolo 8
Formazione del piano regolatore generale.
I Comuni hanno la facoltà di formare il piano regolatore generale del proprio territorio. La deliberazione con
la quale il Consiglio comunale decide di procedere alla formazione del piano non è soggetta a speciale
approvazione e diviene esecutiva in conformità dell'art. 3 della L. 9 giugno 1947, n. 530; la spesa
conseguente è obbligatoria. La formazione del piano è obbligatoria per tutti i Comuni compresi in appositi
elenchi da approvarsi con decreto del Ministro per i lavori pubblici di concerto con i Ministri per l'interno e
per le finanze, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici. Il primo elenco sarà approvato non oltre un
anno dall'entrata in vigore della presente legge. I Comuni compresi negli elenchi di cui al secondo comma

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 41 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
devono procedere alla nomina dei progettisti per la formazione del piano regolatore generale entro tre mesi
dalla data del decreto ministeriale con cui è stato approvato il rispettivo elenco, nonché alla deliberazione di
adozione del piano stesso entro i successivi dodici mesi ed alla presentazione al Ministero dei lavori pubblici
per l'approvazione entro due anni dalla data del sopracitato decreto ministeriale. Trascorso ciascuno dei
termini sopra indicati il prefetto, salvo il caso di proroga non superiore ad un anno concessa dal Ministro per
i lavori pubblici su richiesta motivata del Comune, convoca il Consiglio comunale per gli adempimenti
relativi da adottarsi entro il termine di 30 giorni. Decorso quest'ultimo termine il prefetto, d'intesa con il
provveditore regionale alle opere pubbliche, nomina un commissario per la designazione dei progettisti,
ovvero per l'adozione del piano regolatore generale o per gli ulteriori adempimenti necessari per la
presentazione del piano stesso al Ministero dei lavori pubblici. Nel caso in cui il piano venga restituito per
modifiche, integrazioni o rielaborazioni al Comune, quest'ultimo provvede ad adottare le proprie
determinazioni nel termine di 180 giorni dalla restituzione. Trascorso tale termine si applicano le
disposizioni dei commi precedenti. Nel caso di compilazione o di rielaborazione d'ufficio del piano, il
prefetto promuove d'intesa con il provveditore regionale alle opere pubbliche l'iscrizione d'ufficio della
relativa spesa nel bilancio comunale. Il piano regolatore generale è approvato entro un anno dal suo inoltro
al Ministero dei lavori pubblici.
(1) Comma così sostituito dall'art. 1, l. 6 agosto 1967, n. 765. (2) I commi dal quarto al nono così
sostituiscono gli originari commi quarto, quinto e sesto, per effetto dell'art. 1, l. 6 agosto 1967, n. 765.

• Articolo 9
Pubblicazione del progetto di piano generale.
Osservazioni. Il progetto di piano regolatore generale del Comune deve essere depositato nella Segreteria
comunale per la durata di 30 giorni consecutivi, durante i quali chiunque ha facoltà di prendere visione.
L'effettuato deposito è reso noto al pubblico nei modi che saranno stabiliti nel regolamento di esecuzione
della presente legge. Fino a 30 giorni dopo la scadenza del periodo di deposito possono presentare
osservazioni le Associazioni sindacali e gli altri Enti pubblici ed istituzioni interessate.

• Articolo 10
Approvazione del piano regolatore.
Il piano regolatore generale è approvato con decreto del Ministro per i lavori pubblici, sentito il parere del
Consiglio superiore dei lavori pubblici (1). Con lo stesso decreto di approvazione possono essere apportate
al piano, su parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici e sentito il Comune, le modifiche che non
comportino sostanziali innovazioni, tali cioè da mutare le caratteristiche essenziali del piano stesso ed i
criteri di impostazione, le modifiche conseguenti all'accoglimento di osservazioni presentate al piano ed
accettate con deliberazione del Consiglio comunale, nonché quelle che siano riconosciute indispensabili per
assicurare: a) il rispetto delle previsioni del piano territoriale di coordinamento a norma dell'articolo 6,
secondo comma; b) la razionale e coordinata sistemazione delle opere e degli impianti di interesse dello
Stato; c) la tutela del paesaggio e di complessi storici, monumentali, ambientali ed archeologici; d)
l'osservanza dei limiti di cui agli articoli 41-quinquies, sesto e ottavo comma e 41-sexies della presente

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 42 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
legge (2). Le modifiche di cui alla lettera c) sono approvate sentito il Ministro per la pubblica istruzione (3),
che può anche dettare prescrizioni particolari per singoli immobili di interesse storico-artistico (2). Le
proposte di modifica, di cui al secondo comma, ad eccezione di quelle riguardanti le osservazioni presentate
al piano, sono comunicate al Comune, il quale entro novanta giorni adotta le proprie controdeduzioni con
deliberazione del Consiglio comunale che, previa pubblicazione nel primo giorno festivo, è trasmessa al
Ministero dei lavori pubblici nei successivi quindici giorni (2). Nelle more di approvazione del piano, le
normali misure di salvaguardia di cui alla legge 3 novembre 1952, n. 1902 e successive modificazioni, sono
obbligatorie (2). Il decreto di approvazione del piano è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del Regno (4). Il
deposito del piano approvato, presso il Comune, a libera visione del pubblico, è fatto nei modi e termini
stabiliti dal regolamento. Nessuna proposta di variante al piano approvato può aver corso se non sia
intervenuta la preventiva autorizzazione del Ministro per i lavori pubblici che potrà concederla, sentito il
Consiglio superiore dei lavori pubblici, in vista di sopravvenute ragioni che determinino la totale o parziale
inattualità del piano medesimo o la convenienza di migliorarlo. Non sono soggette alla preventiva
autorizzazione le varianti, anche generali, intese ad adeguare il piano approvato ai limiti e rapporti fissati
con i decreti previsti dall'ultimo comma dell'articolo 41-quinquies e dall'articolo 41-septies della presente
legge nonché le modifiche alle norme di attuazione e le varianti parziali che non incidano sui criteri
informatori del piano stesso (5). La variazione del piano è approvata con la stessa procedura stabilita per
l'approvazione del piano originario. (1) Comma così sostituito dall'art. 1, l. 1º giugno 1971, n. 291. (2)
Comma aggiunto dopo il primo dall'art. 3, l. 6 agosto 1967, n. 765. (3) Ora per i beni e le attività culturali.
(4) Della Repubblica italiana. (5) Comma aggiunto dall'art. 1, l. 1º giugno 1971, n. 291.

• Articolo 11
Durata ed effetti del piano generale.
Il piano regolatore generale del Comune ha vigore a tempo indeterminato. I proprietari degli immobili hanno
l'obbligo di osservare nelle costruzioni e nelle ricostruzioni le linee e le prescrizioni di zona che sono
indicate nel piano. (Omissis) (1). (1) Comma abrogato dall'art. 4, l. 6 agosto 1967, n. 765.
PIANI REGOLATORI PARTICOLAREGGIATI 4 (infracomunali-attuativi)
Precisazione e direttive di attuazione del PRG in limitate parti del territorio comunale

• Articolo 13
Contenuto dei piani particolareggiati.
[Il piano regolatore generale è attuato a mezzo di piani particolareggiati di esecuzione nei quali devono
essere indicate le reti stradali e i principali dati altimetrici di ciascuna zona e debbono inoltre essere
determinati: le masse e le altezze delle costruzioni lungo le principali strade e piazze; gli spazi riservati ad
opere od impianti di interesse pubblico; gli edifici destinati a demolizione o ricostruzione ovvero soggetti a
restauro o a bonifica edilizia; le suddivisioni degli isolati in lotti fabbricabili secondo la tipologia indicata
nel piano; gli elenchi catastali delle proprietà da espropriare o da vincolare; la profondità delle zone laterali a
opere pubbliche, la cui occupazione serva ad integrare le finalità delle opere stesse ed a soddisfare
prevedibili esigenze future. Ciascun piano particolareggiato di esecuzione deve essere corredato dalla

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 43 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
relazione illustrativa e dal piano finanziario di cui al successivo articolo 30.] (1) (1) Articolo abrogato
dall'art. 58, d.p.r. 8 giugno 2001, n. 327, a decorrere dal 1° gennaio 2002. L'entrata in vigore della presente
abrogazione è prorogata al 30 giungo 2002, ai sensi del d.l. 23 novembre 2001, n. 411.

• Articolo 14
Compilazione dei piani particolareggiati.
[I piani particolareggiati di esecuzione sono compilati a cura del Comune e debbono essere adottati dal
podestà (1) con apposita deliberazione. È però in facoltà del prefetto di prefiggere un termine per la
compilazione dei piani particolareggiati riguardanti determinate zone. Contro il decreto del prefetto il
podestà (2) può ricorrere, entro 30 giorni, al Ministro per i lavori pubblici.] (3) (1) Ora, dal Consiglio
comunale. (2) Ora dal Sindaco. (3) Articolo abrogato dall'art. 58, d.p.r. 8 giugno 2001, n. 327, a decorrere
dal 1° gennaio 2002. L'entrata in vigore della presente abrogazione è prorogata al 30 giungo 2002, ai sensi
del d.l. 23 novembre 2001, n. 411.

• Articolo 15
Pubblicazione dei piani particolareggiati.
[Opposizioni. I piani particolareggiati devono essere depositati nella Segreteria del Comune per la durata di
30 giorni consecutivi. L'effettuato deposito è reso noto al pubblico nei modi che saranno stabiliti nel
regolamento di esecuzione della presente legge. Fino a 30 giorni dopo la scadenza del periodo di deposito
potranno essere presentate opposizioni dai proprietari di immobili compresi nei piani ed osservazioni da
parte delle Associazioni sindacali interessate.] (1) (1) Articolo abrogato dall'art. 58, d.p.r. 8 giugno 2001, n.
327, a decorrere dal 1° gennaio 2002. L'entrata in vigore della presente abrogazione è prorogata al 30 giungo
2002, ai sensi del d.l. 23 novembre 2001, n. 411.

• Articolo 16
Approvazione dei piani particolareggiati.
[I piani particolareggiati di esecuzione del piano regolatore generale sono approvati con decreto del
provveditore regionale alle opere pubbliche, sentita la Sezione urbanistica regionale, entro 180 giorni dalla
presentazione da parte dei Comuni (1). Con decreto del Ministro per i lavori pubblici di concerto con i
Ministri per l'interno e per la pubblica istruzione (2) può essere disposto che l'approvazione dei piani
particolareggiati di determinati Comuni avvenga con decreto del Ministro per i lavori pubblici, sentito il
Consiglio superiore dei lavori pubblici. Le determinazioni in tal caso sono assunte entro 80 giorni dalla
presentazione del piano da parte dei Comuni (1). I piani particolareggiati nei quali siano comprese cose
immobili soggette alla legge 1º giugno 1939, n. 1089, sulla tutela delle cose di interesse artistico o storico, e
alla legge 29 giugno 1939, n. 1497, sulla protezione delle bellezze naturali, sono preventivamente sottoposti
alla competente Soprintendenza ovvero al Ministero della pubblica istruzione quando sono approvati con
decreto del Ministro per i lavori pubblici (1). Le eventuali osservazioni del Ministero della pubblica
istruzione o delle Soprintendenze sono presentate entro novanta giorni dall'avvenuta comunicazione del
piano particolareggiato di esecuzione (1). Col decreto di approvazione sono decise le opposizioni e sono

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 44 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
fissati il tempo, non maggiore di anni 10, entro il quale il piano particolareggiato dovrà essere attuato ed i
termini entro cui dovranno essere compiute le relative espropriazioni. Con il decreto di approvazione
possono essere introdotte nel piano le modifiche che siano conseguenti all'accoglimento di osservazioni o di
opposizioni ovvero siano riconosciute indispensabili per assicurare: 1) la osservanza del piano regolatore
generale; 2) il conseguimento delle finalità di cui al secondo comma lettera b), c), d) del precedente articolo
10; 3) una dotazione dei servizi e degli spazi pubblici adeguati alle necessità della zona (3). Le modifiche di
cui al punto 2), lettera c), del precedente comma, sono adottate sentita la competente Soprintendenza o il
Ministro per la pubblica istruzione a seconda che l'approvazione avvenga con decreto del provveditore
regionale alle opere pubbliche oppure del Ministro per i lavori pubblici (3). Le modifiche di cui ai
precedenti commi sono comunicate per la pubblicazione ai sensi dell'articolo 15 al Comune, il quale entro
novanta giorni adotta le proprie controdeduzioni con deliberazione del Consiglio comunale che, previa
pubblicazione del primo giorno festivo, è trasmessa nei successivi quindici giorni al Provveditorato
regionale alle opere pubbliche od al Ministero dei lavori pubblici che adottano le relative determinazioni
entro 90 giorni (3). L'approvazione dei piani particolareggiati equivale a dichiarazione di pubblica utilità
delle opere in essi previste. Il decreto di approvazione di un piano particolareggiato deve essere depositato
nella segreteria comunale e notificato nelle forme delle citazioni a ciascun proprietario degli immobili
vincolati dal piano stesso entro un mese dall'annuncio dell'avvenuto deposito. Le varianti ai piani
particolareggiati devono essere approvate con la stessa procedura.] (4) (1) I primi quattro commi così
sostituiscono gli originari commi primo e secondo per effetto dell'art. 5, l. 6 agosto 1967, n. 765. (2) Ora per
i beni e le attività culturali. (3) Comma aggiunto, dopo l'originario comma terzo, dall'art. 5, l. 6 agosto 1967,
n. 765. (4) Articolo abrogato dall'art. 58, d.p.r. 8 giugno 2001, n. 327, a decorrere dal 1° gennaio 2002.
L'entrata in vigore della presente abrogazione è prorogata al 30 giungo 2002, ai sensi del d.l. 23 novembre
2001, n. 411.

• Articolo 17
Validità dei piani particolareggiati.
[Decorso il termine stabilito per la esecuzione del piano particolareggiato questo diventa inefficace per la
parte in cui non abbia avuto attuazione, rimanendo soltanto fermo a tempo indeterminato l'obbligo di
osservare nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti gli allineamenti e le
prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso. Ove il Comune non provveda a presentare un nuovo piano per
il necessario assesto della parte di piano particolareggiato che sia rimasta inattuata per decorso di termine, la
compilazione potrà essere disposta dal prefetto a norma del secondo comma dell'art. 14 (1).] (2) (1) Cfr. l.
22 ottobre 1971, n. 865 ed art. 1, d.p.r. 15 gennaio 1972, n. 8 che ha trasferito tali compiti alle regioni. (2)
Articolo abrogato dall'art. 58, d.p.r. 8 giugno 2001, n. 327, a decorrere dal 1° gennaio 2002. L'entrata in
vigore della presente abrogazione è prorogata al 30 giungo 2002, ai sensi del d.l. 23 novembre 2001, n. 411.

AGRIGENTO
A quell'epoca, sull'onda dell'emozione popolare, dopo l'immane disastro, un ministro socialista, Giacomo
Mancini, un funzionario da molti indicato come un simpatizzante socialista, e giornali vicini al secondo

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 45 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
partito della coalizione governativa tentarono di mettere sotto accusa la Democrazia Cristiana. La frana —
sostennero — è stata provocata dal caos edilizio esistente nella «Città dei Templi». Che il caos esistesse non
era confutabile. Ad Agrigento, come del resto in molte città italiane, nel dopoguerra, si era costruito «alla
garibaldina» senza andare per il sottile. Leggi e regolamenti erano stati violati da gente priva di scrupoli. Su
ciò non vi era dubbio. Ma, per quanto riguardava la frana, il discorso era diverso. Le responsabilità per la
tragedia della città siciliana erano, in grandissima parte, da ricercare altrove. Al momento della costituzione
della commissione d'indagine presieduta dall'ingegnere Grappelli, il Ministro dei Lavori Pubblici s'impegnò
a riferire i risultati in Parlamento. Dopo oltre un anno e mezzo ha preferito non farlo. A due mesi dalla
consegna, la relazione è ancora un documento avvolto nel mistero. Il contenuto delle impegnative indagini
effettuate, i risultati del lavoro di una «équipe» di funzionari dei Lavori Pubblici è tuttora «top secret». E lo
sarà, presumibilmente, per giorni e giorni. In ogni caso le settantanove pagine non saranno oggetto di
dibattito in Parlamento, non forniranno, almeno per ora, materia per interrogazioni di deputati e senatori.

La commissione Grappelli
«La DC blocca le indagini su Agrigento. Quell'inchiesta non s'ha da fare»: cosi tuonò il solito settimanale
radicale specializzato in «rivelazioni sensazionali» aggiungendo: «Moro a Mancini: hai fatto dichiarazioni
impegnative, forse eccessive, non era meglio attendere i risultati dell'inchiesta? E Mancini a Moro: e
l'inchiesta già fatta? Quella del prefetto e del capitano dei carabinieri, non l'hai letta? Ti pare poco? Vedrai
cosa verrà fuori dalle nuove indagini».

Il 4 agosto, il Ministro dei Lavori Pubblici aveva affermato alla Camera dei Deputati che ad Agrigento erano
accaduti «fatti gravi, allarmanti, mostruosi» ed aveva riaffermato la sua decisa volontà «di individuare
rapidamente, e sotto il controllo dell'opinione pubblica, le cause del dramma». Ora le cause sono state
individuate, la commissione Grappelli, pur avendo avuto diciotto Mesi di tempo — con molto senso di
responsabilità —, ha ridimensionato notevolmente sia le affermazioni del ministro sia le conclusioni
dell'inchiesta del dottor Michele Martuscelli che concluse le indagini in un tempo relativamente breve.

Da quali cause ha tratto origine il dramma della «Città dei Tempi!»? Il «dossier» finora ignorato parla
abbastanza chiaro: «i carichi indotti dai manufatti, cosi irrazionalmente costruiti sul colle di Agrigento,
hanno operato in maniera trascurabile sul prodursi e sullo svilupparsi dell'evento stesso».

I risultati dell'indagine
Ed ecco i risultati dell'indagine «Fra i dissesti a carattere estensivo, che potrebbero verificarsi nel colle di
Agrigento — afferma la relazione — sono da considerarne ancora altri di origine meccanica e cioè quelli
che potrebbero verificarsi nelle argille del Pliocene del Calabriano, per lenta deformazione di uno strato
superficiale di ridotto spessore. In tal caso, manufatti fondati superficialmente entro la zona in lento
movimento vengono interessati dal fenomeno

Oltre ai dissesti di origine meccanica, un'altra ampia e sotto alcuni aspetti, più grave categoria di dissesti, è

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 46 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
quella di origine idraulica.
«Già si sono descritte le condizioni morfologiche ed idrologiche del colle di Agrigento: da esse e dagli
interventi, talora irrazionali e nefasti dell'uomo (mancata regimentazione dei corsi d'acqua, tagli
indiscriminati delle pendici, discariche in zone inadatte, coltivazioni non appropriate, ecc.), deriva la
possibilità che le acque superficiali, incontrollatamente defluenti, esercitino una violenta azione erosiva che
può dar luogo a profondi scalzamenti, premessa per crolli di parti aggettanti o per cedi-menti di materiali
plastici.
«L'azione erosiva assume aspetti particolarmente gravi in quegli impluvi in cui vengono avviati gli scarichi
delle fognature, determinando afflussi di gran lunga superiori a quelli corrispondenti ai bacini naturali
sottesi».
«Le colture del versante settentrionale e le irrigazioni nelle pendici meridionali — prosegue la relazione —
sono del tutto irrazionali e provocano progressiva degradazione del suolo, con disordine e movimenti di
superficie che concorrono ad aggravare il descritto stato generale di dissesto superficiale
«Si è già scritto, trattando della frana del 19 luglio 1966, che i carichi indotti dai manufatti, cosi
irrazionalmente costruiti sul colle di Agrigento, hanno operato in maniera trascurabile sul prodursi e sullo
svilupparsi dell'evento stesso. Ma non va perso di vista che in varie zone cittadine si riscontrano specifiche
situazioni abnormi, nelle quali i sovraccarichi giocano un ruolo importante, e che tali situazioni si verificano
in tutte le locali formazioni geologiche.
«È da considerare, poi, agli effetti della menomazione delle condizioni di stabilità di masse rocciose, la
presenza di vastissime cave per l'estrazione di materiale da costruzione.
«L'origine di queste si perde nel tempo, ma ad esse l'uomo ha fatto ricorso anche di recente, concorrendo ad
aggravare una situazione quanto mai precaria. Identico effetto, anche se più contenuto per le minori
dimensioni, hanno prodotto i numerosi sbancamenti e splateamenti effettuati per le nuove costruzioni
edilizie sorte intorno alla vecchia città, in una fascia periferica che presenta gli aspetti più gravi e
preoccupanti.
La Commissione, sulla scorta di quanto rilevato circa la stabilità delle pendici del colle di Agrigento
— la cui situazione generale richiede un immediato e radicale intervento per contenere, nei limiti delle
possibilità umane, l'aggravarsi di fenomeni già ora attivi — «sulla base di quanto richiesto da terzo
capoverso dell'art. 2 della legge 26-9-1966, n. 749, ha provveduto ad effettuare uno studio di massima per la
sistemazione idraulico-forestale e per il consolidamento delle pendici che interessano l'abitato agrigentino.
«In considerazione dei risultati e delle indicazioni fornite dalla Commissione, la Cassa per il Mezzogiorno
ha predisposto un progetto di massima della sistemazione e del consolidamento delle pendici.
«Si raccomanda la rapidità, nella realizzazione delle opere previste, dovendosi ognora tener presente che le
azioni di erosione e di dissesto sono sempre attive, mentre, per gli stessi interventi, le possibilità di operare
vanno considerate distribuite in un lasso di tempo di non breve durata.
«Complessivamente, il progetto prevede interventi con opere idrauliche trasversali nei corsi d'acqua
secondari e nei subaffluenti ed opere radenti nei fiumi Drago e S. Biagio.
«Di pari passo saranno effettuati interventi di carattere idraulico-forestale, indispensabili ai fini di una
efficace azione sistematoria.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 47 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
«Il progetto prevede, altresì, la sistemazione di frane superficiali e di calanchi per una superficie pari a circa
35 ettari, il rimboschimento di oltre 75 ha. di terreno mediante piantagioni arboree, con impiego di specie
diverse, sia per tener conto dell'adattamento delle stesse a) particolare ambiente climatico-pedologico, sia
per rispettare le peculiarità paesaggistiche della zona.
«Sotto tale aspetto, si propone di rimboschire le pendici al piede della Rupe Atenea con macchia
mediterranea. Nelle zone in atto arborate — circa 275 ha — l'intervento consisterà essenzialmente nel
rinfoltimento delle attuali colline.
«In particolare, poi, l'osservazione diretta e sistematica e le indagini locali hanno consentito di constatare e
verificare le condizioni di precaria stabilità e disordine delle pendici.
«Tale disordine risulta aggravato, oltre che dall'indisciplinato ruscellamento delle acque meteoriche,
dall'abusiva restituzione delle acque usate, dall'irrazionalità dei metodi di coltivazione della terra,
dall'intemperanza nell'edificazione, dalle rotture di equilibrio degli ammassi rocciosi a seguito della apertura
di numerose cave di pietra.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 48 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

12. Le basi dell'urbanistica d'oggi in Italia


Il piano urbanistico nella legislazione e nella prassi
L'urbanistica moderna nasce come tentativo di dare una risposta alle esigenze formali e funzionali, di
organizzazione fisica e funzionale, nate dall'impetuoso e distorto sviluppo capitalistico. Questa necessità si
lega in Italia, al processo di unificazione nazionale e all'esigenza di costruire spazi e forme adeguati alle
nuove funzioni centrali. Nasce così il piano regolatore generale comunale, come strumento di regolazione a
priori delle trasformazioni fisiche e funzionali e di valorizzare le proprietà fondiarie.

«Fisico» e «funzionale»: una distinzione che è utile chiarire


Ora nell'assetto di un determinato oggetto territoriale si possono distinguere due aspetti. Il primo concerne la
struttura fisica di quell'oggetto e lo chiamiamo fisico, il secondo riguarda il funzionamento di quel
determinato oggetto, gli usi cui le varie parti sono adibite, le relazioni che legano le sue parti, i servizi che
vengono erogati e lo chiamiamo funzionale.

Che cos'è un piano regolatore?


In sigla PRG. Caratteristiche essenziali:
• Fisicamente: un piano è costituito da una serie di elementi grafici e da una serie di elementi alfanumerici. I
disegni e in particolare le cartografie sono essenziali. I testi sono sempre necessari perché il piano non deve
essere solo descritto ma soprattutto deve trasmettere ordini definiti norme. In entrambi i casi, l'importante è
che la rappresentazione delle decisioni sia riferita al territorio con la precisione richiesta, che sia cioè
georeferenziata.
• Geneticamente: il piano deve essere l'espressione, tecnicamente compiuta, di una volontà collettiva, quindi
politica. Il piano è prodotto della collaborazione di saperi dei tecnici e dei voleri del rappresentante politico
della comunità il cui territorio il piano regola.
• Istituzionalmente: il piano deve essere efficace, le volontà in esso espresse devono essere tradotte in
concrete trasformazioni fisiche e funzionali da una pluralità di operatori. La sostanza è che il piano deve
trasmettere ordini.
• Operativamente: il piano ha un significato diverso per l'operatore pubblico che ne è autore e per l'operatore
privato. Per l'operatore pubblico il piano è soprattutto un programma degli interventi di trasformazione che
l'operatore pubblico si propone di compiere. Per l'operatore privato il piano è, a un tempo, l'indicazione delle
opportunità di trasformazione e dei vincoli cui egli deve sottostare.

Il contenuto tecnico di un piano regolatore e il metodo della «zonizzazione»


Il linguaggio del piano regolatore è costituito essenzialmente da due elementi: il disegno di massima della
rete delle infrastrutture per il trasporto e la suddivisione del territorio dell'ambito interessato in zone,
ciascuna caratterizzata da specifiche caratteristiche funzionali e fisiche. Più esattamente, da zone alle quali,
con l'attribuzione di destinazioni, parametri e indici, si intende attribuire un differente carattere funzionale e

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 49 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
fisico. Si tratta della zonizzazione. La procedura consiste nell'attribuire a ciascuna zona particolari
destinazioni d'uso e particolari quantità e tipologie di edificazione. L'attribuzione di destinazioni d'uso
consiste nell'individuare e prescrivere qual è la funzione prevalente cui quella parte del territorio deve essere
adibita, e nell'esprimere normativamente quali sono le utilizzazioni cui possono essere adibite le diverse
unità di spazio.
Le quantità e le tipologie edilizie sono generalmente espresse da indici e parametri di carattere sintetico e
analitico. Quelli sintetici consistono nell'attribuire, alle diverse zone, densità di utilizzazione. Quelli analitici
consistono nel definire le specifiche caratteristiche fisiche dell'edificazione. È facile comprendere come
l'attribuzione di funzioni e di quantità alle proprietà fondiarie determina una forte trasformazione di valori
immobiliari.

La pianificazione in Italia prima del 1942


Fino alla seconda guerra mondiale, in Italia non c'era una legge che definisse gli istituti, le procedure e i
contenuti della pianificazione urbanistica. Ogni volta che si riteneva necessario formare un piano
urbanistico si procedeva secondo regole e norme stabilite caso per caso. I piani riguardavano soprattutto
grandi città come Roma, Milano, Napoli, Genova, Bologna, Torino ecc.
Tra il 1926 e la fine degli anni trenta si sviluppa in Italia la grande impresa della bonifica della pianura
Pontina, a sud di Roma. Il regime fascista promuove l'organizzazione ed esecuzione di un vastissimo
programma di trasformazione territoriale. Sessantamila ettari di terreno paludoso vengono bonificati e messi
a coltura.

Nasce l'Istituto nazionale di urbanistica


Nel 1930 nasce l'Istituto Nazionale di Urbanistica (Inu). I promotori avevano deciso di costruire un istituto
di cultura che si proponesse lo studio dei problemi tecnici, economici e sociali, relativi allo sviluppo dei
centri urbani e l'esame delle questioni riguardanti l'organizzazione e al funzionamento dei servizi pubblici di
carattere municipale. Raccoglieva, nel primo decennio, professionisti e studiosi in vario modo legati al
dominante regime fascista.
La prima fase di vita dell'Inu si concluse nel 1942, con l'approvazione da parte della camera dei fasci e delle
corporazioni, della prima legge urbanistica italiana. È la legge ancora oggi vigente, arricchita e complicata
dalle numerose integrazioni e dalle parziali modifiche che da allora si sono susseguite. Fu il prodotto di uno
scontro aspro fra i difensori della proprietà privata e quelli che volevano porre limiti ai diritti di utilizzazione
fondiaria. Già in quegli anni l'Inu aveva una proposta che prevedeva l'esproprio preventivo delle aree urbane
e il pagamento, per le aree non ancora urbanizzate, di un'indennità che tenesse conto soltanto delle
utilizzazioni produttive in atto.

La legge urbanistica del 1942


Aspetti della legge così come fu originariamente emanata.
Il sistema della pianificazione. Finalità della legge è la disciplina dell'assetto e incremento edilizio dei centri
abitati e lo sviluppo urbanistico in generale del territorio. Tale disciplina si attua per mezzo dei piani

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 50 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
regolatori territoriali, dei piani regolatori comunali e delle norme sull'attività costruttiva.
Il cuore della legge è il piano regolatore generale comunale. Esso deve essere esteso all'intero territorio
comunale, e deve indicare essenzialmente:
1. La rete delle vie principali di comunicazione stradali, ferroviarie e navigabili, concepita per la
sistemazione e lo sviluppo dell'abitato.
2. La divisione in zone del territorio.
3. Le aree destinate a formare spazi di uso pubblico
4. Le aree riservate alla sede della casa comunale e della casa del Fascio, alla costruzione di scuole e chiese
e ad opere e impianti di interesse pubblico in generale
Sono obbligati a fare il PRG tutti i comuni compresi in appositi elenchi che il ministero dei lavori pubblici è
tenuto a formare e aggiornare. I comuni che non sono dotati di PRG devono comunque adottare un
regolamento edilizio.
Il PRG è attuato o per intervento diretto, o con il tramite di un piano particolareggiato d'esecuzione (PPE).
Oltre alla pianificazione comunale, la legge prevede altri due livelli di pianificazione, entrambi sovra
comunali. Questi sono: il piano regolatore intercomunale (PIC) e il piano territoriale di coordinamento
(PTC).

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 51 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

13. La cultura urbanistica italiana e la legge n.1150 del 1942


1932: primo progetto in Italia di una legge generale urbanistica.
1942: legge urbanistica nazionale n. 1150

Sintesi del dibattito disciplinare degli anni '10 e '20.


1. Abolire la distinzione fra:
• Piano delle parti interne;
• Piano dell'espansione.
2. Unico piano per l'intero territorio comunale.
3. Obbligatorietà del piano per:
• centri con più di 10000 abitanti;
• capoluoghi di provincia;
• centri con meno di 10000 ma dal riconoscibile carattere urbano o bisognosi di disciplinare lo sviluppo.
4. Visione globale: svincolarsi dal limitativo rispetto della dichiarazione di pubblica utilità per ogni
singola opera intrapresa. Ciò prevedeva un unico strumento urbanistico volto a evitare un'eccessiva diversità
di linguaggio.
5. Necessità di una gerarchia di piani a diversi livelli.
6. Adozione del principio della zonizzazione (zoning).

Perché una legge? Per dare unitarietà e coerenza al progetto urbanistico, necessarie all'affermazione della
disciplina in Italia. Necessità di un riconoscimento istituzionale. Per far sì che la legge urbanistica fosse uno
strumento per la legittimazione politica della disciplina.

Permanenze e direttive
Accolta la dimensione territoriale del piano.
Elemento guida della consequenziale “cascata” di livelli di piano.
Vengono meno parte delle direttive per la zonizzazione delle grandi infrastrutture.
Dimensione gerarchica dei livelli di pianificazione. Deve esserci un piano urbanistico che preceda quello
comunale e che quindi interessi la scala territoriale. A livello territoriale bisogna affrontare problemi come
la gestione delle vie di comunicazione, la localizzazione delle discariche, delle centrali, degli aereoporti, dei
parchi territoriali, dei corsi fluviali. Quindi il piano a livello territoriale deve precedere quello a livello
comunale e deve prevedere le modifiche che quest'ultimo attuerà in futuro (es. circonvallazione Palermo che
passa in mezzo alla città…).

Contenuti e struttura
Sistema di piani urbanistici gerarchicamente dipendenti:
1. Piani territoriali di coordinamento (regionali): piani di indirizzo e coordinamento dell'attività
urbanistica in determinati punti del territorio.
2. Piani regolatori intercomunali: Sistemazione urbanistica di più comuni con particolari caratteristiche di
sviluppo (piccoli centri che si associano: è inutile che facciano un solo piccolo piano ciascuno).
3. Piani regolatori generali (comunali): assetto e sviluppo urbanistico di un territorio comunale.
4. Piani particolareggiati (infracomunali/attuativi): Precisazioni e direttiva di attuazione del PRG in

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 52 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
limitate parti del territorio comunale.

Che differenza c'è fra piano particolareggiato e piano di lottizzazione?


Il piano particolareggiato è di iniziativa pubblica, mentre quello di lottizzazione di iniziativa privata. Ciò
non toglie che in un piano particolareggiato si possano realizzare opere private, l'importante è che
l'INIZIATIVA sia pubblica e comunque ci devono essere dei requisiti obbligatori d'iniziativa pubblica
all'interno del piano (esempio campi sportivi).
Per entrambe le iniziative è necessario un ITER PROCEDURALE molto complesso e lungo.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 53 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

14. Le procedure della pianificazione


I protagonisti della pianificazione sono, nel sistema italiano, gli enti pubblici, il governo nazionale e i
comuni.
Il piano è un atto amministrativo complesso ineguale, nel senso che esso esprime e garantisce gli interessi
di diversi soggetti pubblici ma dà la preminenza e l'ultima parola a uno di essi: lo stato ieri, la regione oggi.
Il primo momento è la decisione di formarlo. Può essere una scelta autonoma del soggetto pianificatore,
oppure può essere un obbligo derivante dal sistema normativo.
Connesso alla decisione di formarlo, è la scelta del soggetto cui affidare la redazione tecnica.
L'amministrazione stabilisce l'apporto di consulenti esterni oppure assegna l'incarico agli uffici tecnici
interni dell'amministrazione.
La differenza fra i due è intanto il costo, e poi che il piano, oltre che essere redatto, deve essere poi
realizzato e gestito in un tempo anche molto lungo. Questo vuol dire dovervi lavorare dentro, gestire e
apportare modifiche via via nel tempo. Un consulente esterno ha un incarico a tempo limitato, una volta
redatto il piano il suo incarico finisce e ci vuole qualcuno che gestisca direttamente la situazione. Perché in
ogni caso continua l'ufficio tecnico interno. In conclusione la soluzione preferibile è quella di un ufficio di
pianificazione che si fa affiancare da esperti incaricati come consulenti.
Una volta redatto, il piano viene recepito dall'amministrazione comunale (giunta o consiglio comunale) per
essere valutato. Il comune ha l'obbligo di adottare il piano ma non necessariamente di approvarlo. È un iter
lungo.
Nel momento dell'adozione, il piano va reso pubblico, è un atto formale. Ciò fa sì che le zone interessate
vengano bloccate, in modo da impedire a privati di attuare interventi permanenti sul territorio o che se ne
approprino VINCOLO DI SALVAGUARDIA
Una volta reso pubblico il piano esso può essere contestato o migliorato, tramite opposizioni e osservazioni.
Il comune può prendere o meno in considerazione tali osservazioni e opposizioni ma se non ne accetta
alcune deve fornire valide motivazioni.
Quando il piano viene modificato in seguito a queste osservazioni e opposizioni, vi è un passaggio
successivo volto a risanare il piano (ministro dei lavori pubblici). Se il piano viene approvato (o dal
ministero dei lavori pubblici o dall'amministrazione) viene pubblicato sulla gazzetta ufficiale, questo per
dargli valore di legge.

I principali articoli

Art. 8 La formazione del PRG è obbligatoria per i comuni indicati in appositi elenchi ministeriali;
Art. 34 Per gli altri comuni la formazione del PRG è facoltativa;
Art. 18 Espropriabilità delle aree urbane (parte più criticata).
Obiettivi:
• Impedire la speculazione fondiaria;

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 54 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
• Esproprio preventivo e generalizzato delle aree di espansione
Originalità:
• In materia di piani comunali
• PRG = nuovo strumento di natura fortemente pubblicistica (a fronte della tradizionale impostazione dei
piani di ampliamento e di risanamento del 1865)
Carenze:
• Eccessiva rigidità
• Insufficiente controllo dell’iniziativa privata

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 55 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

15. L'Italia dal dopoguerra alla vertenza per la riforma urbanistica


L'edilizia, la locomotiva della ricostruzione
Le leggi non sono mai neutrali. Esprimono volontà politiche, interessi economici, aspettative e progetti
sociali. Sono funzionali agli interessi dominanti in un momento dato: nell'immediato dopo guerra, la legge
sui piani di ricostruzione era funzionale alla scelta di fondo di assegnare all'edilizia un ruolo trainante allo
sviluppo.
Nell'immediato dopoguerra la ripresa economica aveva posto subito il problema del ruolo trainante dello
sviluppo, che non poteva più essere interamente affidato all'industria del nord a causa dei gravi danni subiti
dagli impianti. Il settore edilizio si presentava ottimamente al ruolo trainante, sia perché non richiedeva in
partenza né impianti costosi, né mano d'opera qualificata, né imprenditori particolarmente esperti, né
materiali d'importazione, sia perché rispondeva ad un' esigenza sociale sentitissima che era quella della
ricostruzione fisica della città e della dotazione individuale di una dimora sicura.
Accanto a questa ragione economica ecco la ragione sociale: la domanda di abitazioni. Ma l'utilizzazione
perversa di questa domanda rende sempre più perverso il meccanismo che si mette in moto. A una domanda
reale si risponde con un'offerta determinata da meccanismi affidati alla speculazione. La domanda è allora
un pretesto per alzare i prezzi, e i prezzi più alti stimolano il drenaggio di risorse da altri impieghi verso il
settore degli investimenti immobiliari.

Edilizia e industria
Le dimensioni di questo fenomeno furono molto consistenti: dal 1945 al 1966 furono costruiti circa 31
milioni di vani fabbricati residenziali, mentre la popolazione aumentava di circa 7 milioni di persone. In
definitiva, le migrazioni interne, la convenienza all'investimento, la politica di incoraggiamento
all'acquisto furono le componenti essenziali che provocarono un'enfasi della domanda, favorirono la
speculazione e quindi la lievitazione dei prezzi delle abitazioni. Tutto il processo si svolse senza risolvere
mai il problema della casa per i meno abbienti: anzi aggravandolo continuamente.

Decreto legge dell'1 Marzo 1945 n. 154 sui piani di ricostruzione


Furono fatte norme speciali al di fuori della legge del '42. Il piano di ricostruzione si doveva occupare solo
dei danni di guerra, non aveva una visione globale come nel PRG. Viene bypassato il piano
particolareggiato passando direttamente all'edificazione dei singoli manufatti. Spesso non si occuperanno
nemmeno del recupero degli edifici danneggiati dalla guerra ma costruiranno semplicemente nuovi quartieri
in zone esterne. Questo perché costruire edifici moderni nel centro storico genera notevoli problemi che è
più facile evitare potendo costruire in aree vuote non dovendo sottostare a restrizioni normative di scala
(esempio Numero limitato dei piani). Ciò comportò in molti casi l'abbandono del recupero dei centri
storici e il concentramento di fondi e manodopera solo nell'edilizia nuova.
Oltre a questo problema sì aggiunse pure la tendenza dei comuni, a procrastinare il piano di risanamento
per ottenere fondi più a lungo e portare avanti iniziative private a discapito di quelle pubbliche.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 56 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
Un esempio è il piano di risanamento di Palermo che è raddoppiato da 10 anni 20. Lo strumento di
ricostruzione, da temporaneo e straordinario, diventa ordinario, si prolunga nel tempo e vi s'inseriscono delle
varianti volte a sostenere l'interesse privato. L'azione pubblica è messa completamente da parte. Per di più
bypassando sia il PRG sia il PPE, il piano di ricostruzione può riguardare solo gli interessi privati, si
trasforma in una sorta di piano di coordinamento delle iniziative private. Tutto ciò è nettamente in contrasto
con il piano del '42. Si fecero ovviamente anche tagli sul verde pubblico.

Norme speciali al di fuori dei vincoli della L.U. del '42 Speculazione edilizia;
I Comuni compresi in appositi elenchi devono adottare entro 3 mesi il Piano di Ricostruzione;
L'attuazione del piano va espletata entro 10 anni (In realtà le proroghe si sono succedute sino a tempi
recenti);
Procedure abbreviate per le espropriazioni;
Le spese occorrenti per la formazione del Piano sono a carico non dei comuni, ma del Ministero dei LL. PP.
;
Particolari agevolazioni fiscali;
Dalla relazione generale di L. Piccinato al 5° Congresso dell'INU del 1954;
427 Piani di Ricostruzione operanti;
23 Piani Regolatori Generali approvati.

La speculazione edilizia a Napoli – Il piano Piccinato – Le vicende urbanistiche degli anni '50
I problemi:
• Il problema edilizio
• Il problema del traffico
• Il problema igienico - sociale
• Il problema artistico
• Il problema regionale turistico
• Il problema industriale

Inquadramento regionale (progressista e lungimirante analisi dei rapporti città/regione).


Previsioni e norme del piano Luigi Piccinato del '39.
Razionale sistema della viabilità.
Sistema di traffico:
• di transito
• di penetrazione
• di collegamento tra i quartieri
Espansione edilizia in quattro grandi zone (Cfr, con la legenda del PRG del '39):
• Sud-Est (comuni di Portici, Ercolano, S. Giorgio a Cremano)
• Nord (Comuni di Secondigliano, Miano, Mianella, Piscinola, Marianella, S. Pietro a Patierno)
• Nord-Ovest (comuni di Soccavo e Pianura)

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 57 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
• Ovest (Fuorigrotta e Pianura)
Vincolo dei settori intermedi a zona agricola superficie costruita non superiore a 1/50 di superficie totale
“Polmoni necessari al respiro urbano”.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 58 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 59 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 60 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

16. L'urbanistica a Napoli dal dopoguerra ad oggi: note e


documenti
All'arrivo a Napoli delle truppe angloamericane, la città era in uno stato di completa rovina. Alle distruzione
provocate dai bombardamenti, si aggiunsero le devastazioni compiute dai tedeschi. Un atto di mero
vandalismo fu l'incendio dei documenti dell'archivio di stato. Il bilancio complessivo delle distruzioni
belliche era, in effetti, pauroso e gravissimi erano i problemi di fronte ai quali si trovarono gli amministratori
della città. In questa situazione di gravi difficoltà materiali, venne avanzata, dall'assessore de Liguoro nel
1944, la proposta di elaborare un nuovo piano regolatore. Bocciata dalla prefettura perché richiedeva una
spesa eccessiva, quella stessa delibera fu riproposta qualche mese dopo nell'identico testo, con la modifica
della previsione di spesa ridotta ad una cifra esigua da commissario straordinario Fucci. Nella delibera
del'44, dopo aver premesso che l'ultimo piano regolatore della città di Napoli, approvato con legge nel'39,
fosse un piano di massima che doveva essere rivisto e rielaborato in relazione alla situazione attuale con una
tecnica più rigorosa. Ha inizio così l'attacco al piano del '39.

Il piano regolatore del 1939


Il piano regolatore del 1939, è stato visto dai costruttori e, quel che è peggio dalle amministrazioni cittadine,
soltanto come un ingombrante ostacolo da rimuovere ad ogni costo e comunque da lasciare in ottemperato e
inosservato.
A prendere l'iniziativa di fare il piano del '39 furono l'Unione Industriale di Napoli e la Fondazione
politecnica del mezzogiorno.
Uno dei membri di queste associazioni era il prof. Luigi Piccinato.
L'esigenza di dotare Napoli di un piano regolatore era stata per anni una vana e per quanto forte aspirazione
civica. Il piano è uno dei più interessanti prodotti della cultura urbanistica di quell'epoca. Esso anticipa molti
dei contenuti della legge del 1942. È un classico piano d'impostazione razionalista. L'idea di fondo del piano
è prevedere quartieri dislocati come satelliti collegati al centro preesistente impianto satellitare. C'è un
richiamo al piano della grande Londra, piano che prefigura tutto l'assetto dell'area metropolitana: cintura di
verde e città satelliti. La logica dell'impianto, di contenere la crescita della città storica esistente, facendo
ipotesi di città satellite e mantenendo parti di suolo agricolo, è più o meno la stessa.

Idee guida del piano e problemi che deve affrontare e risolvere


• Problema edilizio: Napoli è una città che cerca spazio sovraffollamento
• Problema del traffico
• La questione igienico-sociale: la ristrettezza degli spazi, la malintesa e disordinata edilizia e la miseria di
alcune classi sociali, hanno portato ad uno spaventoso sovraffollamento e ad un'incredibile densità di
popolazione. Addossate le case alle colline, sfruttando il suolo con la sola direttiva del tornaconto
individuale, vandalicamente distrutta ogni zona di verde.
• Problema ferroviario: era determinato dalla sistemazione del fascio di binari che penetrava fin dentro la
città e la divideva in due settori.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 61 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
• Problema artistico: monumenti imponenti soffocati dalla miseria delle enormi case che ne sbarrano ogni
accesso.
• Problema regionale turistico
• Problema industriale: zone mal servite dai mezzi di comunicazione per l'afflusso delle maestranze, mal
collegate col porto.
• Problema della zonizzazione

Il piano regionale
Un aspetto di grande interesse che deve essere ricordato a merito di Piccinato e degli altri redattori del piano,
è costituito dalla lungimiranza con la quale, precorrendo i tempi ed anticipando moderne concezioni
urbanistiche e legislative, viene sottolineato e posto al centro dei problemi il rapporto città-regione.

La viabilità
Al problema del traffico la relazione dedica ampio rilievo partendo da un'analisi della struttura viaria
esistente, individuandone i difetti e le insufficienze per impostare, con grande chiarezza d'idee, un razionale
sistema di viabilità. Per attuare ciò, il piano regolatore distingue tre ordini di traffici: quelli di transito
(esterni e regionali), quelli di penetrazione (collegamenti fra i satelliti e il centro) e quelli di collegamento
fra i quartieri cittadini (fra i satelliti). Accanto a questo sistema periferico tangenziale, il piano ne prevede un
secondo, molto più aderente alla città, impostato sui nodi di traffico interni.
La relazione sostiene ancora che obiettivo del piano è di conservare le caratteristiche della parte più antica e
più nobile della città, evitando che il traffico di attraversamento finisca per sconvolgere la fisionomia e il
significato dei luoghi modesti sventramenti.

L'edilizia
Il problema è affrontato da tre punti di vista: la distribuzione edilizia, la zonizzazione, i tipi edilizi e il loro
regolamento.

Il piano prevede quattro grandi zone edilizie: sud-est, nord, nord-ovest e ovest. Quattro quartieri distanti dal
centro ottocentesco e storico, con ognuno il suo comune e successivamente inglobati dal comune di Napoli.
Accanto alle quattro zone il piano prevede il completamento di altri quartieri urbani più interni. Infine, più
importante di ogni altro, il grandioso quartiere edilizio reso possibile dall'arretramento della stazione
ferroviaria.

Riguardo alla zonizzazione, vengono confermate le esistenti zone politico-amministrative, portuale


commerciale, alberghiera e turistica.
Per il centro degli affari è previsto lo sviluppo della zona Piazza della Borsa-Rettifilo al nuovo quartiere
orientale programmato sulle aree rese libere dall'arretramento del fascio dei binari ferroviari; per la zona
degli studi è prevista la realizzazione di una città universitaria nell'area dello Scudillo. Alla zona industriale
è riservato tutto il territorio ed est, al di là della futura stazione, dove sono più facili i raccordi ferroviari e

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 62 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
quelli portuali.

Per la definizione dei tipi edilizi e per la loro regolamentazione, gli autori del piano osservano che occorre
innanzitutto rimediare all'errore comune di molte città: l'errore di risolvere prima il tipo edilizio e poi
l'impostazione del piano regolatore. Le classi edilizie fissate dal piano regolatore sono distribuite in ordine
decrescente, da un tipo intensivo con il cortile a un semintensivo lineare, fino a un tipo estensivo - agricolo.
Le parti fra i satelliti e il centro dovevano essere lasciate a verde agricolo, nel quale si potevano costruire
solo fabbricati rurali restrizioni sulle zone edificabili. La superficie costruita non doveva essere superiore
a 1/50 di superficie totale: polmone necessario al respiro urbano.

La chiarezza di questo programma è dimostrata dal complesso di aree destinate al verde, oltre 2126 ha che,
confrontato con il totale della popolazione prevista di 1300000 abitanti, perviene a un rapporto di mq 16.4 di
verde per ogni abitante che è un rapporto alquanto soddisfacente. Questo nuovo grande sistema delle zone
verdi viene poi completato dai vari vincoli a non costruire stabiliti in zone panoramiche, giardini e parchi
privati esistenti.

Il risanamento
I temi predominanti sono quelli di decentramento e diradamento della popolazione, per risolvere la
situazione igienico-sanitaria.
Per attuare il diradamento sono previsti due metodi: all'interno degli isolati (svuotandoli di tutte le
costruzioni interne aggiuntevi posteriormente) e all'esterno (demolendo qua e là secondo la linea di minor
resistenza offerta dal minor valore storico, edilizio, artistico degli edifici). Soltanto il decentramento della
popolazione, favorito dalla costruzione di nuovi moderni quartieri alla periferia, determinerà la diminuzione
della pressione demografica del centro urbano, e ne migliorerà le condizioni igieniche. La logica del
diradamento finisce con il prendere mano dei progettisti, e per il centro storico di Napoli vengono previste
alcune radicali manomissioni.

La sistemazione ferroviaria
Uno dei cardini del progetto di piano è dato dall'arretramento della stazione centrale che si prevede di
spostare di circa 2 km ad est, dove ha origine il fascio di binari che penetra nel corpo della città, l'idea è
quella di trasformare lo scalo di Napoli da stazione di testa in stazione di transito. L'area liberata dai binari
dovrebbe formare l'asse del grandioso quartiere degli affari. L'allontanamento dal centro della nuova
stazione non costituisce un inconveniente, poiché la città sarebbe servita con altre stazioni intermedie dal
tratto Metropolitano. La sistemazione dei servizi ferroviari principali è integrata con un razionale
riordinamento delle ferrovie secondarie.

«Per non perdere la città»


Il piano fu approvato con legge. Questa però escluse dal piano l'arretramento della stazione ferroviaria e la
costruzione della nuova città universitaria nella zona dello Scudillo. Mentre per l'area circostante la ferrovia
veniva mantenuta la destinazione a quartiere industriale, la zona dello Scudillo restava invece priva di
disciplina urbanistica. La legge di approvazione, infine, faceva salvi i piani particolareggiati, approvati

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 63 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
prima del nuovo piano.

La pretesa inefficace del piano regolatore del '39


Il piano del '39 era evidentemente assai scomodo per le amministrazioni comunali, che ne ignorarono
l'esistenza pressate dalla necessità di accontentare le numerose clientele, prima fra tutte la categoria degli
imprenditori edili. Essi consideravano il piano: di massima senza alcun vigore poiché mancano i PPE,
contiene manchevolezze ed errori, è uno strumento superato che non risponde più alle moderne esigenze.
Queste tesi furono accolte dalla giurisprudenza amministrativa con la decisione del 1953. Furono emanate
due sentenze a sfavore del piano del '39 ed entrambe furono nefaste per la città in quanto, ignorando la legge
urbanistica del 1942, sancirono l'inesistenza del piano del' 39 e gettarono la città in preda all'anarchia
urbanistica. Infatti, a nulla valsero, in seguito, le ripetute resipiscenze della massima magistratura
amministrativa che, con successive sentenze, dal 1955, riconobbero la validità e l'efficacia del piano del '39.

Ormai il potere dominante era quello degli speculatori e del laurismo e, anche dopo la fine delle
amministrazioni monarchiche, la furia edilizia travolse tutto. Del regolamento edilizio fu utilizzato
soprattutto l'art. 12 nel quale il territorio comunale veniva suddiviso in tre zone, per ciascuna di esse
stabilendo solo limitazioni di altezza dei fabbricati, senza alcun riferimento ad indici di fabbricabilità, che
era stato abrogato con l'approvazione del piano del '39. Ma non basta, che a dar campo libero ad ogni
sopruso si fece ampio ricorso dell'art. 16 del regolamento, che concede al sindaco facoltà di autorizzare
altezze superiori a quelle massime consentite, quando gli edifici presentano “particolare carattere di
monumentalità” (da ricordare il quartiere di S. Giuseppe-Carità). Furono del tutto ignorate le norme per la
tutela delle zone panoramiche, norme che ponevano precisi divieti e limitazioni all'edificazione dell'area
giacente sulle pendici. Nei casi in cui non fu possibile ignorare del tutto questa norma, si cercò di attenuarne
l'efficacia.
Del tutto dimenticate altre norme del regolamento edilizio, per es. l'art. 7, che disciplina le lottizzazioni e
che prescrive di sottoporre all'approvazione i progetti completi della viabilità, delle fognature e degli altri
servizi relativi.

Il piano regolatore del 1946


Viene redatto un nuovo PRG con le seguenti sintetiche caratteristiche:
• Zone di espansione in tutte le direzioni;
• Sviluppo privilegiato lungo la costa;
• Espansioni panoramiche;
• Lottizzazioni ampie e indifferenziate;
• Pesanti sventramenti e demolizioni;
• Ampio uso dell'art. 16.

L'inizio del massacro


In completa anarchia urbanistica, la speculazione edilizia operava indisturbata. L'incremento del patrimonio
abitativo fra il 1951 e il 1961 era di circa 300 mila stanze. Le licenze edilizie rilasciate nel decennio

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 64 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
assommavano ad oltre 11.500.
Prima responsabile del massacro della città fu certamente l'amministrazione comunale che governò la città
in nome e per conto dei più gretti interessi particolari. La cultura urbanistica nazionale e locale, si accodava
servile. Autorevoli studiosi facevano gioco della speculazione. Per non parlare del centro storico, che fu
aggredito senza tener conto di nulla.

Il rione S. Giuseppe Carità


Doveva essere il centro direzionale della città. Nel decennio fra il 1930 e il 1940 ebbe inizio la
trasformazione. In quel decennio furono costruite su aree risultanti dalla demolizione di una parte del centro
storico, i nuovi edifici delle Poste, della Provincia, della questura, dell'associazione mutilati, ed altri
fabbricati destinati in parte ad uffici, in parte ad abitazioni. Poi i lavori furono sospesi, restando quattro lotti
da demolire e ricostruire. La legge del '39 confermava la validità del PPE del 1930. Quest'ultimo, derivando
dai provvedimenti di risanamento del 1885, usufruiva dei benefici della legge del 12 luglio 1912, grazie alla
quale le opere previste dal piano venivano dichiarate di pubblica utilità, con ampia facoltà per il comune di
ricorrere ad espropri.
I vantaggi offerti da questa situazione non sfuggirono agli amministratori laurini che, nell'ottobre 1953,
deliberarono di affidare a licitazione privata, l'edificazione dei quattro lotti residui. Gli interessati
all'operazione ritennero però poco convenienti le limitazioni fissate dal piano, e il Comune prese a cuore le
richieste degli speculatori.
Giunta e consiglio comunale autorizzarono lo sventramento e la costruzione del nuovo quartiere, il più
raccapricciante esempio di edilizia speculativa in un centro storico in tutta Europa e forse nel mondo: gli
abitanti delle vecchie case furono cacciati a forza e quattro imprese private fecero i propri comodi.

Le «concessioni edilizie»
Fu avviato lo smembramento dell'università, con la disseminazione delle facoltà sul territorio cittadino,
seguendo decisioni prese caso per caso, con una visione esclusivamente edilizia del problema.

Il piano del Lauro del 1958


Il 18 novembre del 1958 il prefetto Correta, nominato commissario in seguito allo scioglimento
dell'amministrazione Lauro, adottava il nuovo piano.
Riguardo al piano comunale, non si tratta di un piano regolatore ma di un allucinante programma di
sfruttamento che prevede l'edificabilità diffusa su tutto il territorio comunale con indici vertiginosi, autorizza
la distruzione del centro storico consentendo sventramenti, nuove strade, edilizia di sostituzione, e il
massacro del verde e del paesaggio della città. Il programma risponde alle esigenze della politica di Lauro e
segna il trionfo dell'interesse particolare dei grandi elettori monarchici, mercanti di aree fabbricabili e
costruttori. Quello del 1958 fu il piano che segnò il limite della criminosa irresponsabilità resa possibile dal
disfacimento nel quale il laurismo aveva fatto precipitare la coscienza civile della città. Il piano toccò il
fondo dell'anticultura.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 65 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
Nello stesso anno, una sentenza della magistratura porta in vita il piano del '39 che per quasi vent'anni era
stato sepolto. È troppo tardi: c'è pronto il piano del '58, adottato dal comune.
Con il voto del 12 aprile 1962 il Consiglio superiore dei lavori pubblici boccia il piano scongiurando la
catastrofe urbanistica ed edilizia di Napoli. I motivi per i quali il nefasto piano di Lauro viene respinto sono,
oltre a quelli dell'inefficienza d'inquadramento urbanistico dei problemi della città, l'eccessiva densità e
continuità di fabbricazione, la mancanza di un serio studio dei problemi del traffico e dei trasporti collettivi,
le insane previsioni relative alle aree verdi d'interesse paesistico. Ma il prezzo che la città paga per evitare la
sua totale distruzione, è l'approvazione di alcune varianti che, adottate pochi mesi prima del piano del '58, ne
rappresentavano una significativa anticipazione.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 66 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

17. Il Piano Regolatore Generale di Assisi


Il piano Astengo per Assisi del 1955/57
Astengo è uno degli urbanisti più illustri e qualificati che l'Italia abbia avuto. È l'autore della voce
“urbanistica” del dizionario di storia dell'arte. È stato anche direttore della rivista Urbanistica, che era una
delle poche riviste in lingua italiana.
Il piano per Assisi rappresenta uno dei livelli più alti, per quanto riguarda le elaborazioni pratiche e teoriche
dell'epoca. Rappresenta un modello da imitare in merito al PRG, ai PPE ed elaborazioni progettuali
semplificative che riguardano il PRG e i PPE. Il piano ha svolto una funzione didattica proprio per la
chiarezza metodologica con cui è fatto. Purtroppo poi non verrà mai nemmeno adottato dal comune e
rimarrà solo una bella previsione.

Astengo viene incaricato di redigere il PRG. Egli, viste le particolarità di Assisi, si rende conto che una
banale zonizzazione, alla scala comunale, non è sufficiente. Allora convince l'amministrazione a non fare
solo un piano regolatore generale, ma anche alcuni piani particolareggiati riguardanti soprattutto il centro
storico entro le mura.
Astengo, percepisce la gerarchia dei piani ma fa un altro passo avanti: non li vede come processi distinti o
concatenati, l'una conseguenza dell'altro, ma come processi che devono essere seguiti e attuati
contemporaneamente, sinergicamente VISIONE SINOTTICA.

Un'altra scelta a monte che egli fa, è quella di istituire in loco un UFFICIO DI PIANO, un ufficio
urbanistico che porti avanti tutte le applicazioni e le scelte di piano nel tempo e che possa seguire sul posto
i lavori facendo rispettare le scelte prese all'inizio. Deve anche essere flessibile per eventuali modifiche in
itinere.
Nel 1955, Assisi è poco più del centro storico, è molto piccola spazialmente e ha avuto poche trasformazioni
nel tempo. Non vi è, ad esempio, un grande quartiere ottocentesco di espansione. Ha di contro, un grande
territorio agricolo con caratteristiche differenti (piano, montuoso e collinare), un territorio abbastanza
complesso. È un territorio di forte vocazione agricola, e nel 1955 mantiene ancora intatta la sua identità
storica, naturalistica e paesaggistica. È un territorio a economia depressa, non ancora investito
dall'industrializzazione, che presenta anche problemi di emigrazione. A quei tempi si spingeva molto nel
settore industriale, mentre quello agricolo era considerato un settore del passato. Però, nonostante le varie
problematiche, il paesaggio agricolo di Assisi, era di notevole qualità. Da considerare anche l'importanza del
centro medievale, che risentiva del passaggio di maestri come Giotto e Cimabue.
Astengo considera tutti questi vari aspetti, economici, paesaggistici e storici e conduce un'attenta analisi
delle varie problematiche. Cerca di garantire, da un lato, lo sviluppo economico, e dall'altro di tutelare il
paesaggio e le radici storiche culturali della città visione sinottica.
Da un'analisi scientifica delle potenzialità economiche del territorio, Astengo attribuisce al settore agricolo
un ruolo dominante per lo sviluppo futuro. Da ricordare che però, uno strumento urbanistico, ha come primo

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 67 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
compito di regolare gli sviluppi del suolo e di prevedere il suo andamento futuro, è diverso da un piano di
programmazione economica.
Il ragionamento di Astengo anticipa un po' i tempi, è d'avanguardia, per quanto riguarda tutte le
innumerevoli analisi e i sottoinsiemi d'indagine (es. divisione in settori del terreno agricolo, non considerato
solo come verde indifferenziato). Per l'epoca era un livello molto alto di approfondimento qualitativo.

Analisi dello stato di fatto


Il territorio di Assisi copre una superficie di 18000 ettari a forma grossolanamente circolare con centro nel
capoluogo e raggio medio di 8 km; è per un terzo pianeggiante e per i restanti due terzi collinare e montano.
In questo variato e complesso ambiente naturale, l'antico insediamento umbro aveva trovato tutti gli
elementi atti a una completa economia agro-silvo-pastorale, ad una salubre residenza, oltre che ad una facile
difesa.
Assisi medioevale, oltre ad utilizzare la struttura viaria romana, la completa con una fitta rete di radiali, che
dalla pianura convergono alle porte della città murata, ascendendo in linea retta le pendici del monte. Solo in
tempi molto vicini, il plurisecolare sistema radiale della pianura viene rapidamente sconvolto sia dalla linea
ferroviaria, che di colpo ne ha troncato ed insterilito alcuni rami. Il sistema radiale plurimo in vicinanza del
capoluogo è stato così distrutto e sostituito da un sistema a fuso. Attraverso questo fuso Assisi è inserita
nella rete di traffico regionale ed irregolare, e su di esso si innesta la rete di traffico minore che utilizza i più
antichi tracciati.
Attualmente il territorio comunale è ripartito ai fini amministrativi in capoluoghi e venti frazioni
comprendenti 46 località abitate.

Le analisi
La sua impostazione di pensiero è tipicamente razionalista e scientifica. Condusse tutte queste meticolose
analisi affinché il piano fosse adottato, dalle istituzioni politiche, e che potesse essere concretamente attuato
finisce male.
1. La popolazione:
Distribuzione territoriale della popolazione
Struttura della popolazione
Disoccupazione
2. L'economia:
Agricoltura e foreste
Bilancio agrario
Bilancio foraggero
Secondario e terziario
Industria
Artigianato
Commercio
Turismo

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 68 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
3. Indagine storica:
Censimento valori architettonici e urbanistici della città entro le mura.
A quest'aspetto diede molto rilievo. È un'analisi sia storica sia architettonica circa gli edifici storici e quelli
di nuova costruzione e riguarda la problematica di come questi si debbano inserire e relazionare con quelli
già esistenti e di rilevanza storica. La città storica è vista come un'organismo unico, non viene condotta
un'analisi elemento per elemento, ma viene fatta un'analisi della città nel suo complesso. L'obiettivo
principale è fare coesistere questi elementi venendo a creare un insieme omogeneo. Questa iniziativa è
molto innovativa per l'epoca. Anche qui furono anticipati i ragionamenti che poi saranno fatti in seguito
nella carta di Gubbio.
Della città entro le mura si legge subito l'assetto medievale (non ortogonale). Oltre gli spazi edificati si
possono notare anche spazi verdi, probabilmente adibiti a orti o a piccole colture. Vuole attuare un recupero
del centro storico e prevedere espansioni future assetto equilibrato che tiene conto di entrambe le situazioni
e che prevede un'espansione sicuramente circoscritta e il recupero delle preesistenze.
4. Situazione abitazioni e famiglie:
Problema abitativo
Affollamento e/o degrado
Le analisi che riguardano la città storica, non tengono conto solo degli aspetti fisici, ma si occupano anche di
quelli sociali e demografici. Vi è il bisogno di quantificare i bisogni futuri.
Perché associa le indagini sulle condizioni fisiche e sulle condizioni economiche?
Ad esempio per stabilire la tipologia di interventi, ossia se questi devono essere di iniziativa pubblica,
pubblico/privata o privata, è logico che famiglie con un reddito minimo non si possono incaricare di
finanziare la ristrutturazione e in quel caso se ne deve occupare il comune. Inoltre queste indagini servono a
capire quali interventi siano più urgenti e quali meno. Le analisi in condizioni di estremo degrado erano
addirittura analizzate a livello di unità abitativa.

Attuale destinazione delle aree


Per quanto riguarda l'analisi sui servizi, viene valutato se questi siano sufficienti o carenti. Viene stabilita la
loro eventuale collocazione all'interno o all'esterno del centro storico. L'analisi serve anche a stabilire la
disposizione dei servizi in modo da creare equità d'accesso in termini di distanza spaziale, in altre parole che
le abitazioni siano distanti in modo equo dai vari servizi. Inoltre è da contare, in alcuni casi, un problema
d'incompatibilità fra le attività commerciali e la struttura che le ospita. Caso per caso bisogna o trasferire il
servizio in un'altra struttura o di adattare un minimo la struttura al servizio. Le analisi circa le condizioni del
manufatto, servono a stabilire la tipologia d'intervento (pubblico o privato) da attuare. Serve anche a
valutare quale servizio allocare o no (ad es. se è già un edificio di proprietà pubblica allocherò un servizio
pubblico).

Centri minori (frazioni)


Sintesi delle analisi e prospettive di sviluppo:
• Finalità degli interventi economici;

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 69 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
• Finalità degli investimenti pubblici.

Previsioni del Piano Regolatore Generale


Il ragionamento alla base del piano è di prevedere una crescita controllata della città. Questa era prevista
soprattutto nella zona di S. Maria degli Angeli posta al di fuori della città entro le mura. Oltre ciò era
prevista una grande tutela del terreno agricolo, diviso in varie categorie.
Altro aspetto era il divieto categorico di edificare entro 2 km dal centro della città storica, eccezion fatta per
quelle previsioni piccolissime e contenute dove erano previsti quartieri residenziali. Su questi però, Astengo,
sottolinea che siano fatti dei PPE in modo tale da poter controllare e condurre in modo più accurato e
controllato la costruzione di tali quartieri. Se non fosse stata un'iniziativa pubblica, da un punto di vista
privato, si sarebbe fatto un piano di lottizzazione.

Il piano prevedeva un'articolazione dei livelli di cogenza normativa. Astengo introduce tre livelli differenti
di cogenza: P= prescrittivo, A= ammissibile, I= indicativo.
P: livello di cogenza più alto non sono ammesse deroghe.
A: è un livello un po' più debole.
I: è ancora meno rigido.
Ad es. per il territorio agricolo il livello di cogenza complessivo è di tipo P. Quello più specifico (vigneto,
pascolo ecc.) è di tipo I, è solo un suggerimento. Però il livello P prevede che quel territorio debba essere
solo agricolo e mai industriale o edificabile.
Nelle zone abitative ci sono sempre tre livelli di cogenza, per contribuire a creare un procedimento logico di
espansione e costruzione, che tiene conto del valore tempo. Ad es. non si può costruire prima nella zona I,
fino a che la zona P non sia satura.

D.U. Indicative:
• Destinazioni agricole
• “Aree di riserva” per espansioni residenziali e impianti industriali

D.U. Ammesse: (Possibili)


• Zone residenziali di completamento
• Aree per future istituzioni religiose

D.U. Prescritte: (Inderogabili)


• Sedi ferroviarie e strade
• Aree pubbliche e private entro le mura
• Aree di espansione residenziale del capoluogo
• Aree residenziali di completamento ed espansione (Frazione S. Maria degli Angeli)
• Aree a specifica destinazione industriale e artigianale
• Attrezzature e servizi

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 70 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
• Castelli

Previsioni del Piano Particolareggiato per la città entro le mura


Quella della città entro le mura, è la concretizzazione di tutte le analisi condotte precedentemente. Studio
della struttura urbana storica e sue trasformazioni.
Censimento dei valori architettonici e urbanistici. Indagine sulle abitazioni e le famiglie.
Attività economiche e attrezzature collettive.

Le previsioni
Limitazione traffico automobilistico. Incremento verde pubblico.
Vincolo “non altius tollendi”.
• Per tutti gli edifici esistenti: non sono consentite sopraelevazioni, incrementi di altezza.
Vincolo “non aedificandi” (cfr. con la legenda del P. Particolareggiato).
• Per tutte le aree in edificate: non si può costruire in orti o terreni verdi all'interno delle mura. Ad eccezione
di indicazioni Piani Particolareggiati.
• P.P. città entro le mura
• P.P. espansione fuori Porta Nuova
Prescrizione di piano particolareggiato (primi interventi per immediata attuazione del piano).
Planimetria generale e sistemazione a terra dell'area di Porta e Piazza S. Pietro.
Planimetria di Piazza S. Chiara e conca di Mojano.
Primo comparto di risanamento a Porta Perlici: rilievo della situazione di fatto. Comparto di risanamento a
Porta Perlici: progetto.

Inoltre: Vincolo “non aedificandi”


• Sul territorio circostante le mura per un raggio di 2 Km.
• Sul Monte Subasio (oltre 500 m. s.l.m.) Rigorosa difesa ambientale.

Astengo va a studiare ancora più in dettaglio gli spazi aperti e le vie di comunicazione.
Comparto di Porta Perlici: comparto significa sottoinsieme a livello più di quartiere, che serve come
approfondimento volto all'attuazione del PPE. Questa zona era quella più disagiata e degradata, sia
fisicamente che socialmente. L'amministrazione avrebbe dovuto condurre un recupero molto attento, che
avrebbe posto le basi per altri interventi. Il dettaglio qui arriva alla scala edilizia.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 71 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

18. La struttura urbana di Assisi


La città, così come oggi esiste entro la cerchia delle mura trecentesche, è il risultato presente di un continuo
succedersi di eventi. Il sovrapporsi di generazioni e di vicende non ha però mutato sostanzialmente,
l'impianto fondamentale, la struttura della città. Basti pensare che Asisium, municipio romano, pur
occupando con le mura un'area inferiore a quella della città trecentesca, aveva il foro esattamente nella
piazza del comune: il baricentro urbano è dunque rimasto immutato in due millenni. E immutato è anche
rimasto in gran parte il tracciato di alcune strade di accesso alla piazza del foro.

La città romana aveva rigorosamente riplasmato il terreno alla maniera greca, introducendo ripiani ottenuti
con terrazzamenti. Mura urbiche, terrazzamenti, muri di sostegno, vie lastricate, acquedotto, cisterne e
fognature formavano la struttura di base della città romana. Il tempio di Minerva con le porte urbiche e le
mura, è quanto sopravvive della città romana in elevazione, svuotata e disintegrata, nella decadenza, per
effetto della fuga dalle città, e quindi sconvolta e distrutta dall'urto delle invasioni barbariche. Chiese, torri e
castelli sorgevano in gran parte sopra, o nelle adiacenze degli edifici romani con l'utilizzazione di materiale
di recupero, che in grande abbondanza poteva essere attinto dagli edifici in rovina.

In questo lavorio intenso, fra il V e il IX sec, si pongono le basi per la città medioevale, che sorge con il
reimpiego delle principali strutture romane di base. Restava la piazza del foro come piazza centrale della
città medioevale, restavano le strade principali, restavano l'acquedotto e le fognature, ma il complesso che
stava nascendo era un qualcosa di completamente nuovo. Ma bisogna che passi ancora un secolo perché
prenda slancio, quel fervore costruttivo che formerà la città nuova.

È in quei pochi anni a cavallo fra il XII e il XIII sec, che la città si erge in libero comune, distrugge castelli
feudali, le torri, muove guerra a Perugia e ne è sconfitta a Collestrada nel 1202. In quegli stessi anni, in
quello scenario di formazioni di monumenti, di case e di torri, si svolge l'opera di rinnovamento e di
riedificazione morale e spirituale di S. Francesco. Alla sua morte nel 1226, esplose con forza la carica
spirituale che il santo in vita era riuscito a dominare. A questa esplosione spirituale dovette far seguito un
grande fervore di vita: la città si ampliava. La cinta di mura divenuta ormai troppo stretta riceveva nel 1260
un primo modesto ampliamento.

La città intanto andava aumentando il numero delle abitazioni e si trasformerà in una città ad andamento
orizzontale, che poi ebbe a conservare fino ad oggi. L'ampliamento già in atto fuori le mura, richiedeva ora
nuove fortificazioni: la terza cinta, tuttora esistente, fu eretta nel 1316 con ampiezza elevata, fu tracciata,
ove mancava, una nuova rete di strade regolare e s'istituirono norme e agevolazioni per la costruzione.

Nel 1338 la città comunale poteva dirsi compiuta. Strutturalmente la città due - trecentesca può definirsi
come un insieme di piazze piane a differenti quote, collegate tra loro da un sistema multiplo formato da
strade orizzontali, ascensionali e da ripide scorciatoie.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 72 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

Durante il sei - settecento sono stati rimaneggiati e consolidati parecchi edifici medioevali, che si trovavano
in condizioni di precaria stabilità. Mentre l'architettura barocca, pur antitetica a quella medioevale,
manteneva per altro in ogni sua manifestazione una coerenza di gusto, dagli ultimi decenni dell'800 in qua,
tutti gli interventi che si sono succeduti ad Assisi portano una sola impronta, quella della confusione delle
idee e della vandalica distruzione.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 73 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

19. La rovina recente di Assisi


Il genuino ambiente medioevale e barocco non doveva durare a lungo nella sua integrità.
Il collegamento ferroviario del 1865-70 rompendo l'isolamento portava i primi turisti e con essi la
costruzione dei primi alberghi moderni.
La serie delle nuove costruzioni inizia nel 1870 col Subasio.

Altra conseguenza indiretta dell'allacciamento ferroviario fu il tentativo di introdurre modifiche alla rete
stradale per rendere accessibile alle carrozze le varie località.
Albergo Subasio e sventramento segnano l'inizio di un'azione perturbatrice, di un modo di risolvere i
problemi troppo semplicisticamente, che avrebbe dato in seguito i suoi frutti. I frutti cominciano a venire col
nuovo secolo. È del ‘900 il nuovo albergo Giotto, che inseriva nel paesaggio urbano la massa sgarbata e
urtante di un edificio banale che non riuscirà mai a legarsi all'ambiente. È del 1923-25 il convitto nazionale,
enorme massa di pietra, parodia gigantesca delle modeste, graziose e autentiche case medioevali demolite
per far posto al mostruoso casermone. Il convitto fa scuola e a esso seguono altre mostruosità. I risultati dei
moli enormi e di tutti gli archi falsi di quel tempo sono ora presenti nell'organismo unitario e genuino della
città di Assisi come corpi estranei.

Bisogna riconoscere che la situazione edilizia negli ultimi anni è indubbiamente migliorata dal 1953, da
quando il nuovo sopraintendente ai monumenti dell'Umbria, ha vincolato l'intero territorio di Assisi e con la
supervisione di tutti i progettisti edilizi ha sicuramente respinto ogni progetto in stile. Ma l'azione del
sopraintendente, non è tuttavia sin ora riuscita a migliorare il basso livello culturale dei progettisti edilizi, né
di fornire ai proprietari e ai progettisti una norma per le progettazioni.
Entrambi questi risultati potranno ottenersi solo agendo dall'interno e formulando, attraverso il piano, alcuni
precisi e inequivocabili indirizzi che costituiscano per tutti una chiara guida nell'azione.

La quieta e documentata analisi degli errori del recente passato illustrata dettagliatamente ai progettisti e
locali e possibilmente insegnate nelle stesse scuole di Assisi di ogni grado, dovrebbe poter contribuire a
reagire contro gli errori del recente passato e a determinare il necessario clima di massima intransigenza e di
convinto rispetto verso l'autentico patrimonio storico e culturale della città murata e del circostante
paesaggio.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 74 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

20. Il censimento dei valori architettonici e urbanistici della città


entro le mura
La caotica situazione generata negli ultimi decenni, causata dal sovrapporsi d'interventi contrastanti
all'ambiente e a detrimento dei valori architettonici autentici, poneva l'esigenza di una preliminare
valutazione critica dei singoli edifici che servisse da punto di partenza per ogni decisione sul futuro
sviluppo e sui futuri interventi.

La valutazione critica di una massa cospicua di edifici doveva necessariamente condurre al raggruppamento
degli edifici secondo caratteristiche analoghe e quindi a una classificazione.
La classificazione adottata consiste essenzialmente nella discriminazione tra edifici negativi, neutri o
positivi dal punto di vista della critica architettonica e urbanistica.

Gli edifici negativi sono quelli edifici considerati in stridente contrasto con il paesaggio e con l'ambiente.
Appartengono pure a questa categoria tutti gli edifici recenti che si presentano come composizioni in stile
spesso medioevaleggianti o le aggiunte di elementi stilistici inseriti su architetture preesistenti.

Gli edifici neutri sono quegli edifici o parti di edifici antichi o recenti che, pur avendo modesto valore
architettonico, sono ambientati o comunque non in contrasto con l'ambiente. Appartengono a questa
categoria molti edifici cinque-sei-settecentesci. Però questi edifici neutri hanno tuttavia il grande compito
ambientale di formare il tessuto connettivo su cui prendono spicco i valori positivi autentici.

Al di sopra di queste due categorie stanno gli edifici architettonicamente pregevoli, che sono stati distinti a
loro volta in due classi: la prima comprende gli edifici medioevali autentici in buono stato di conservazione,
la seconda comprende gli edifici romani, che possono essere considerati monumenti architettonici di grande
pregio.

L'analisi critica impostata su questi concetti è stata condotta con ispezioni in loco e i suoi risultati sono stati
rappresentati sinteticamente nella tavola che contiene pure i vari simboli dei principali monumenti
architettonici, pittorici e scultorei e i principali elementi falsi inseriti in edifici autentici o le brutture
sovrapposte.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 75 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

21. La situazione delle abitazioni e delle famiglie (Assisi)


Basandosi solo sulle analisi degli elementi interni si rischierebbe di correre il pericolo di predisporre un puro
e semplice restauro esterno che sarebbe destinato a opere sulla sola epidermide degli edifici. Occorre
conoscere con esattezza non solo le condizioni statiche degli edifici, ma anche, per quelli adibiti a residenza,
le loro condizioni interne igieniche e di manutenzione; e poiché queste ultime sono strettamente collegate
all'elemento umano che le genera, occorrerà possedere anche, elementi di giudizio sui caratteri delle
famiglie che vi abitano, sulle loro condizioni economiche e sulle loro attitudini all'ordine e alla pulizia.
Solo dalla conoscenza minuta di tutte queste situazioni, si possono trarre sicuri elementi di giudizio per
impostare un piano realistico d'interventi che miri, non solo, al restauro architettonico, ma anche al
risanamento igienico e al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione.

Il metodo adottato consiste nella doppia operazione di rilevare e giudicare, esprimendo il giudizio di valore,
graduato secondo una scala fissa di cinque punti, corrispondenti alle cinque classi di giudizio: pessimo,
insufficiente, sufficiente, mediocre, ottimo.
I risultati dell'indagine risulta che il numero di elementi più frequente in una famiglia è di quattro
componenti. L'affollamento degli edifici non è esagerato, contando che quelli non affollati sono il 43%. In
complesso dunque le condizioni economiche e sociali delle famiglie sono discrete, ma vi è per ogni
elemento censito una percentuale variabile fra il 10% e il 30 % di famiglie che si trovano nelle più cattive
condizioni.

Se ne conclude che il numero maggiore d'interventi è di carattere economico e sociale e riguarda 253
famiglie, mentre il numero degli interventi edilizi riguarda 151 alloggi, e che un intervento solo edilizio
sarebbe estremamente pericoloso e inefficace perché il male da curare sta nelle 253 famiglie misere e
disagiate che tali resterebbero anche se dotate di un alloggio nuovo, se non vengono istituiti
contemporaneamente interventi di aumento del reddito, il livello culturale e l'educazione alla casa.
La correlazione in pianta delle indagini fatte, consente di individuare le zone dove i fenomeni sono
raggruppati e dove è più urgente intervenire.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 76 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

22. Attuale destinazione delle aree (Assisi)


I principali elementi di giudizio occorrenti per l’impostazione del piano d’interventi possono dirsi posseduti.
A completarli ci vogliono altri dati relativi all’uso del suolo e in parte all’esame di alcune situazioni
riguardanti destinazioni non residenziali.

Dall’esame della carta e della tabella numerica appare una delle caratteristiche della città entro le mura: la
superficie costruita appartenente alle convivenze religiose equivale press’a poco alla superficie costruita
delle abitazioni civili. Quest’aspetto, oltre a qualificare la città nel suo aspetto religioso, comporta per la
città laica un aspetto particolare, che deriva dall’inserzione discontinua delle convivenze religiose nel
tessuto urbano, che risulta così frammentato in segmenti separati fra loro da oasi di silenzio. Ne risulta che
la città laica perde vitalità e si determinano vuoti psicologici tra zona e zona e gli istituti religiosi, senza un
programma, continuano ad acquistare territori e a costruire, staccando sempre di più il territorio urbano.

Altro dato è la grande quantità di superficie asfaltata, quanto mai contrastante all’ambiente due - trecentesco,
alla materia delle facciate, delle case e dei monumenti e alla visione cromatica dell’insieme. In tutta la città
dovrebbe essere bandito l’asfalto.

La densità territoriale entro le mura: la città possiede uno dei più bassi indici di densità territoriale. Bassa
densità significa distanza fisica e spirituale fra gli uomini, significa bassa tensione sociale e maggiori costi;
ma se questi sono i difetti essi possono tradursi in altrettanti pregi. Queste caratteristiche possono rendere
Assisi una meta ambita per la tranquillità e per questo suo fascino poetico.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 77 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

23. Sintesi della situazione e prospettive di sviluppo di Assisi


Gli argomenti esaminati e l’insieme dei dati reperiti consentono di formulare un giudizio complessivo e
sintetico sulla situazione economico-urbanistica del comune di Assisi.

Essa è caratterizzata dalla presenza di una popolazione civile a struttura demografica nettamente
decrescente, con prevalenza di gruppi adulti e con tendenza a rapido invecchiamento, economicamente
dedita con assoluta prevalenza alle attività primarie, con grave eccesso di mano d’opera soprattutto nelle
zone collinari. Per ciò che concerne l’aspetto più propriamente urbanistico, il basso livello di vita si riflette
in un basso standard di abitazioni su tutto il territorio, e in speciale modo nelle frazioni, dove mancano gli
impianti fondamentali.

È ormai chiaro che non potrà darsi un’integrale risoluzione ai problemi economici e urbanistici se questi
verranno settorialmente affrontati, né potrà porsi un piano organico d’interventi futuri, se non si agirà
contemporaneamente su tutti i settori. Il problema, metodologicamente, è tutt’altro che semplice da risolvere
e tutt’altro che facile è la scelta ragionata dell’ipotesi più probabile. È necessario impostare razionalmente il
problema, il che può essere fatto tenendo conto della interrelazione tra i fenomeni demografici, economici e
urbanistici.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 78 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

24. Finalità degli interventi economici (Assisi)


L'attività di Assisi può essere risollevata solo attraverso una serie d'interventi che agiscano
contemporaneamente in ogni settore produttivo: primo fra tutti quelli agricolo, che fino ad oggi costituisce la
maggior fonte di lavoro e di produzione. La pianura è la parte più produttiva e dovrà essere oggetto di futuri
accorgimenti per essere in grado di consentire la massima produttività.
Il rinnovamento dell'economia agraria non potrebbe tuttavia, da solo, garantire l'innalzamento dei redditi
complessivi pro-capite fino a raggiungere almeno l'allineamento con la media nazionale.
Il primo passo da compiere comporta un assorbimento in attività non agricole di circa un migliaio di
lavoratori, che sono attualmente eccedenti. Il secondo passo è un'ulteriore contrazione della mano d'opera
agricola.

Le finalità degli interventi economici comportano una cospicua somma d'investimenti pubblici e privati;
fra di esso quelli pubblici devono possedere al massimo grado il carattere d'investimenti propulsivi se
vogliono servire a preparare e a stimolare gli investimenti privati. È compito del piano regolatore di
precisare un armonico complesso d'investimenti pubblici.

Spina dorsale del piano, gli obiettivi:


1. Creare in pianura una rete stradale che s'integri anche con il tracciato esistente.
2. Creare attorno al colle su cui sorge la città, un anello di circonvallazione a largo raggio che consenta
molteplici smistamenti di traffico.
3. Creare un doppio anello di strade sul Subasio in modo da aprire il monte alle molteplici attività pastorali,
industriali e turistiche.
4. Migliorare la rete stradale montana.
5. Regolare le acque del Tescio mediante la formazione di una successione i bacini per l'irrigazione.

Circa gli insediamenti esistenti occorrerà prevedere l'ampliamento solo di quegli insediamenti esistenti per i
quali l'attuazione degli interventi economici in programma produrrà sviluppi a carattere processivo (vedi su
zone P, I, A). In ogni caso gli ampliamenti degli abitati esistenti e gli insediamenti di nuovo impianto a
carattere sia industriale, che residenziale saranno localizzati in ben circoscritte aree, in modo da ottenere
oneri pubblici e da mantenere il più possibile salava l'integrità del paesaggio.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 79 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

25. L'Italia dal dopoguerra alla vertenza per la riforma urbanistica


Gli anni del dibattito sulla riforma urbanistica

I piani del dopoguerra in Italia non trovarono riscontro e, nella maggior parte dei casi, non vengono attuati.
Gli anni '50 sono gli anni d'oro della speculazione più sfrenata: gli anni delle “mani sulla città”.
A Napoli, l'amministrazione Lauro dà l'avvio al massacro della città. A Roma, a Milano, a Genova, a
Catania, detta legge la Società generale immobiliare. Antonio Cederna scrive degli scempi avvenuti. Il
disinteresse dell'opinione pubblica per le sorti delle città, è intanto alimentato dall'impostazione privatistica e
individualistica che si dà agli interventi pubblici in materia di edilizia economica e popolare. Come
affermavano allora i governanti, si doveva sostenere la proprietà privata a spese del denaro pubblico:
occorre dare a riscatto agli assegnatari, le case costruite dallo stato.
Con questo obiettivo, il Parlamento approva una legge-delega, che demanda al governo la formulazione di
norme per la cessione in proprietà a favore degli assegnatari degli alloggi di tipo popolare ed economico
costruiti o da costruire a totale carico dello stato, ovvero con il suo concorso o contributo; di tutte le
abitazioni, cioè, di proprietà pubblica.
Nel 1955, ad opera di un piccolo gruppo di intellettuali mobilitati contro l'ennesimo tentativo di
sventramento nel centro storico di Roma, nasce l'associazione Italia Nostra, tra i quali esponenti c'è
Antonio Cederna. Oggi Italia Nostra è presente in tutto il territorio con 200 sedi.

Si apre il dibattito sulla riforma urbanistica: il «Codice di urbanistica» dell'Inu


All'inizio degli anni '60 lo sviluppo industriale del paese si consolida. Viene alla luce la contraddizione fra il
settore dell' edilizia speculativa e quelli industriali più avanzati, che avvertono l'esigenza di un più razionale
uso del territorio. A partire dal 1960, si assiste, specialmente al Nord, alla fioritura di innumerevoli iniziative
di pianificazione, ed è databile al 1960 l'apertura della battaglia per la riforma urbanistica. È l'Inu a rompere
il ghiaccio, viene presentata una proposta di riforma: è il cosiddetto Codice dell'Urbanistica. L'Inu tenta di
integrare la pianificazione urbanistica con la programmazione economica, attraverso l'istituzione di un
comitato nazionale di pianificazione e di un consiglio tecnico centrale.
Di riforma urbanistica si comincia a parlare concretamente anche in sede ministeriale. Il ministro dei lavori
pubblici insedia una commissione per la riforma urbanistica. Membri della commissione sono: Giovanni
Astengo, Luigi Piccinato e Giuseppe Samonà. La proposta è resa pubblica nel 1961 e resta sostanzialmente
nel solco dei principi ispiratori della legge del '42. Però anche in questa proposta non è risolto il problema
dell'acquisizione.

Qual è il motivo alla base dell'insuccesso dei piani?


Che le regole e le norme erano troppo rigide e non favorivano lo speculato, soprattutto quelli edilizi, che
volevano solo fare gli interessa privati senza curarsi di quelli pubblici.
Come si può fare a risolvere all'inizio il problema? Come si fa a fare il “bravo speculatore”?

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 80 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
Adattando le leggi “legalmente” ai propri interessi, facendo sì che il piano tenga conto sei suddetti interessi.
La speculazione nasce dall'acquisire terreni a poco prezzo che in seguito all'istituzione di regolamenti
edilizi, diventano edificabili e di conseguenza aumentano di valore. Uno dei temi più sfruttati dalla
speculazione ad es. è quello dei centri commerciali (vedi forum).

La proposta del ministro Sullo


Autore della proposta che risolve alla radice il problema della rendita fondiaria urbana è Fiorentino Sullo,
ministro democratico dei lavori pubblici dal 1962. Preso atto che la stragrande maggioranza degli urbanisti
non si dichiarava d'accordo con lo schema elaborato dalla commissione insediata (Samonà ecc.), ricostruisce
la stessa commissione, integrandola con giuristi, economisti e sociologi. Il disegno di legge Sullo è pronto
nel giugno del 1962.
La pianificazione si articola con gli stessi dispositivi previsti dalla commissione: piano regolatore, piano
comprensoriale, piano regolatore comunale e piano particolareggiato.
Il piano regolatore generale e quello comprensoriale sono obbligatoriamente attuati per mezzo dei piani
particolareggiati, le cui prescrizioni hanno valore a tempo indeterminato e nel cui ambito il comune
promuove l'espropriazione di tutte le aree in edificate e delle aree già utilizzate per costruzioni e se
l'utilizzazione in atto sia sensibilmente difforme rispetto a quella prevista dal piano particolareggiato,
nonché delle aree che successivamente all'approvazione del PPE (piano particolareggiato) vengano a
rendersi edificabili per qualsiasi causa.
Acquisite le aree e il comune provvede alle opere di urbanizzazione primaria e cede, con il mezzo dell'asta
pubblica, il diritto di superficie sulle aree destinate a edilizia residenziale, che restano di proprietà del
comune. A base d'asta viene assunto un prezzo pari all'indennità di esproprio maggiorata del costo delle
opere di urbanizzazione e di una quota per le spese generali.
Nel caso in cui le aree siano adibite a utilizzazioni industriali, la cessione avviene a trattativa provata. L'
indennità di espropriazione è determinata, per i terreni non edificati e non aventi destinazione urbana
prima dell'approvazione del piano, in base al prezzo agricolo; per i terreni non edificati, ad aventi già
destinazione urbana, in base al prezzo dei più vicini terreni di nuova urbanizzazione; e infine, per i terreni
edificati, in base al valore di mercato della costruzione.
In sintesi di proprietà privata resta solo una parte delle aree edificate, le altre aree passano gradualmente in
proprietà dei comuni, che cedono ai privati il diritto di superficie per le utilizzazioni previste dai piani.
Il 14 luglio del 1962, la presidenza del Consiglio dei ministri, comunica di condividere in linea di massima i
criteri informatori della nuova disciplina urbanistica.
Successivamente però, il Consiglio dei ministri, rinvia l'esame del provvedimento. Ci si avvicina alla
scadenza della legislatura e alle elezioni politiche del 1963.

La sconfitta del 1963


E, infatti, nell'aprile del 1963 che si scatena lo “scandalo urbanistico”: una furibonda campagna di stampa
contro il ministro Sullo accusato di voler togliere la casa agli italiani Finisce male. Mentre la proposta di
legge cadeva insieme al suo governo, in tutta Italia vengono rilasciate una valanga di licenze edilizie.

Tale proposta prevedeva che i comuni, all'atto della redazione dello strumento urbanistico, espropriassero
tutti i suoli che nel piano sarebbero stati suscettibili a modificazioni future. Questo procedimento era attuato
calcolando gli indennizzi (il valore) al momento dell'esproprio, ma non quelli futuri. I terreni venivano di

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 81 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
conseguenza venduti a prezzi maggiori.
Era ceduto solo il diritto di edificazione e non la proprietà del suolo che rimaneva comunale. Tutt'oggi ciò
avviene con le concessioni fatte ai privati per quanto riguarda i suoli demaniali (es. bar sulla spiaggia a
Mondello che sono solo temporanei). Il proprietario possiede le attrezzature che costruisce, ma non il suolo.
Ad esempio il litorale non è di proprietà privata ma è un bene demaniale, in altre parole statale.

Bisogna tener conto della variabile temporale:


Al presente nella città X: c'è un centro storico A, parti non ancora urbanizzate B delle parti di espansione
ottocentesca e suolo agricolo.
Con la legge Sullo: Il centro storico A rimaneva tale, le zone non ancora urbanizzate C erano completate con
magari altrettante zone C satelliti nel verde agricolo.
Procedimento:
Una volta fatto il nuovo PRG, l'amministrazione espropria SOLO le aree che dal presente al futuro avranno
un mutamento di destinazione d'uso (quindi non tutti i terreni agricoli ma solo quelli di futura
modificazione). In questo caso le zone B e C rimanenti.
Gli indennizzi sono calcolati al presente e non in base al valore futuro. Ad es. l'esproprio delle zone C sarà
fatto come zone agricole, in futuro invece saranno vendute al prezzo di terreni edificabili.
Si rivende ai privati con asta pubblica.
Quali erano i vantaggi di quest'ipotesi per quanto riguarda l'edilizia pubblica?
Che i quartieri pubblici, che di solito sono costruiti in estrema periferia a causa del basso costo dei terreni, in
questo caso invece erano posti più vicini al centro.
Qual è il vantaggio per i privati?
Che se costruiscono più vicino al centro non devono fare tutte quelle opere primarie (strade, fognature ecc...)
che sarebbero necessarie se fossero più isolati.
A Palermo la localizzazione dei quartieri di edilizia residenziale pubblica sono in estrema periferia e ciò è
avvenuto con le pressioni dei proprietari, così che essi potessero avere territori con maggior valore.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 82 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

26. Legge 167 del 1962: un sottoprodotto del dibattito sulla riforma
urbanistica
Nonostante l'abolizione della legge generale Sullo, egli riuscì a far passare almeno questa, i quali studi erano
stati avviati nel 1951. Rispetto alla legge precedente, questa è una legge di settore che riguarda l'edilizia
residenziale pubblica.

I contenuti:
• Inquadramento dell'edilizia economica e popolare nell'ambito di piani inseriti e coordinati in uno
strumento comunale di pianificazione urbanistica.
• Facoltà ai comuni di costituirsi di patrimoni di aree da urbanizzare e rivendere ai privati per lo svolgimento
di attività edilizia di tipo economico e popolare.
• Possibilità di acquisizione delle aree mediante esproprio attraverso un meccanismo che avrebbe dovuto
assicurare una parziale eliminazione delle plusvalenze formatesi in dipendenza dell'espansione delle città e
un'azione calmieratrice sul mercato dei suoli.
• Coordinamento e integrazione degli interventi realizzati dagli enti operanti nel settore dell'edilizia
economica e popolare, con gli interventi realizzati dai privati, al fine di assicurare la formazione di quartieri
socialmente equilibrati.

I piani regolatori generali devono andare a specificare la localizzazione di edilizia residenziale pubblica. Vi
è l'adozione di meccanismi di esproprio come nell'altra legge, ma in questo caso, circoscritti al tipo di
edilizia residenziale pubblica. Inoltre, i quartieri da realizzare, dovevano essere dotati di piano
particolareggiato PEP (piano di edilizia economica e popolare).

Il meccanismo previsto per l'acquisizione delle aree veniva però dichiarato illegittimo dalla Corte
costituzionale, poiché la dissociazione del momento in cui viene determinata l'indennità da quella
dell'espropriazione può condurre ad una liquidazione dell'indennità in misura solo simbolica.

Nel 1964 la crisi edilizia è decisiva. La parola d'ordine prevalente è che prima di porre mano alla riforma
bisogna tornare alla “normalità”; così si ridà fiato alla speculazione con indiscriminate provvidenze a spese
del pubblico erario. La riforma urbanistica esce di scena.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 83 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

27. Gli anni di Agrigento


Gli scandali edilizi si susseguono a ritmo serrato. La speculazione edilizia in tutto il paese, ma in
particolare nel mezzogiorno, riesce ad alimentare una rete di collusioni sempre più fitta e sedimentata. La
cultura urbanistica si disimpegna; l'Inu e gli urbanisti più noti, abbandonano il campo dell'impegno civile e
si rifugiano nel campo delle ricerche morfologiche.

Il suolo italiano intanto viene lottizzato (iniziativa privata). Inutile dire che le lottizzazioni non servono a
colmare alcun fabbisogno reale perché fioriscono al di fuori di qualsiasi programma di interesse generale,
aggravano anzi gli squilibri esistenti. Le zone investite dalle lottizzazioni sono quelle di massima
concentrazione abitativa, ovvero quelle più pregiate per valori paesaggistici, le coste soprattutto. Questo
meccanismo ubbidisce solo alla convenienza dei proprietari che accollano alle esaurite finanze comunali le
spese per le strade, acqua, luce ecc.

«Il lottizzatore italiano - scrive Michele Martuscelli, che ha diretto l'inchiesta - non è nemmeno un
imprenditore, ma un semplice mercante dei terreni»; il suo interesse per il completamento dell'iniziativa
cade non appena la maggior parte dei lotti è stata venduta ed è stata intascata la differenza fra il valore dei
terreni divenuti edificabili e quello agricolo originario.
La lotta è faticosa, ed è duro realizzare obiettivi che si muovono contro-corrente rispetto alle idee e ai valori
che l'orientamento prevalente tende a imporre come modelli universali.

L'eccezione è in qualche modo l'Emilia Romagna dove i comuni, nonostante il sabotaggio posto in atto dagli
organi tutori e dalla proprietà fondiaria, riescono a organizzare un sistema, democraticamente aperto, di
pianificazione intercomunale, che rappresenta senz'altro il momento più avanzato dell'amministrazione
urbanistica italiana, ed è reso possibile grazie all'omogeneità politica delle amministrazioni.

Agrigento per la sua conformazione richiama un po' Assisi. Anche qui abbiamo un territorio di notevole
carattere storico, archeologico e artistico, vi è un centro storico d'impianto medioevale su un rilievo collinare
circondato da territorio agricolo. L'immagine di Agrigento del 1944 rileva come la città attuale sia ancora
coincidente con quella entro le mura storiche e sono modeste le espansioni. La gran parte dei manufatti post
guerra sono il risultato di speculazione, non si risponderà realmente alla necessità della popolazione, ma si
darà luogo a una sovrapproduzione edilizia.
Dopo la frana del 1944, i piani che si succedono sono pochi e scadenti: mirano a non costruire e a favorire lo
sviluppo incontrollato della città. Il piano di ricostruzione si limita a un semplicissimo zoning; inoltre
Agrigento è una delle città che si fa inserire nella lista dei piani di ricostruzione.

Ma ecco l'avvenimento che ripropone drammaticamente l'intera questione urbanistica.


Il 19 luglio 1966 una frana di inconsuete dimensioni, improvvisa, in pochi istanti butta fuori casa migliaia
di abitanti, ponendo Agrigento sotto nuova luce e nuova dimensione.
La frana è stata causata dall'enorme sovraccarico edilizio, ben 8500 vani costruiti negli ultimi anni in

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 84 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
contrasto con tutte le norme esistenti. Mancini, ministro dei lavori pubblici, nomina una commissione
d'inchiesta presieduta da Michele Martuscelli. Nel settembre la «relazione Martuscelli» è resa pubblica: “Gli
uomini di Agrigento hanno errato. Il danno di questa condotta è incalcolabile per la città di Agrigento“.
L'impressione nel paese è enorme. Sotto accusa è la DC che amministra la città da vent'anni. Un aspro
dibattito si accende nel Parlamento e nel paese. Un accusatore implacabile è il deputato Alicata. La DC fa
quadrato intorno ai suoi uomini compromessi. Gran parte della stampa conservatrice tenta di accreditare la
versione dell'«evento naturale imprevedibile». In questa tesi, in fondo, c'è del vero.

Com'è affrontata l'inchiesta?


S'indaga per scoprire questioni e soggetti coinvolti negli eventi alla base della frana. Fu fatta un'analisi
capillare edificio per edificio, con la compilazione di schede accurate. Tutto ciò è poi sintetizzato dalla
relazione, anche attraverso grafici che evidenziavano le infrazioni; ma non sono abusi, poiché nonostante
ignorino le norme, sono stati legittimati. Da notare che le infrazioni non avvennero solo in altezza ma anche
in planimetria! La commissione denunciò ventisette persone per frana colposa. Fu rilevato un
sovradimensionamento del programma di fabbricazione e il sottodimensionamento di strade e servizi
pubblici.

Dunque il problema non può ovviamente essere risolto che con una nuova legge urbanistica.
La «lezione di Agrigento» induce Mancini a correre ai ripari, in attesa che la nuova legge urbanistica sia
emanata e che i dispositivi da essa previsti producano i loro effetti positivi, appare indispensabile ed urgente
l'emanazione di norme intese a porre un freno all'attuale situazione di disordine urbanistico - edilizio. Così
inizia la relazione al ddl governativo, che sarà approvato nell'estate del 1967 e sarà noto come «legge
ponte».

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 85 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

28. La «legge ponte»


L'1 settembre 1967 viene emanata la legge 6 agosto 1967 n. 765, recante modifiche e integrazioni della
legge urbanistica del 1942. Viene subito definita legge ponte. Era solo un rimedio temporaneo. Essa cerca di
portare un po' di ordine nell'attività edilizia e urbanistica. La legge limita le possibilità di edificazione nei
comuni sprovvisti di strumenti urbanistici e cerca quindi di incentivare la formazione dei piani. Per i
comuni inadempienti è previsto l'intervento sostitutivo dello stato e più rigide sanzioni sono previste anche
per punire le illegittimità e gli abusi edilizi. La legge stabilisce anche che sono proibite le lottizzazioni nei
comuni sprovvisti di piano regolatore.

È interessante il meccanismo deterrente sanzionatorio per l'attuazione delle norme, che cosa c'è di strano?
C'è una contraddizione di fondo: la soluzione è una restrizione ai privati mentre il prg è comunale pubblico.
L'anomalia è che l'interesse pubblico viene a coincidere con l'interesse privato, che prevarica quello
pubblico. La sanzione va a colpire i privati e quindi da già per scontato che l'interesse di intraprendere
imprese edilizie sia solo privato e non pubblico.

L'innovazione fondamentale riguarda i cosiddetti standard urbanistici, cioè le quantità minime di spazio
che ogni piano deve assolutamente riservare all'uso pubblico, e le distanze minime da osservare
nell'edificazione ai lati delle strade. Così finalmente, con un ritardo di decenni su altri paesi europei, il
decreto 1444 ministeriale dell'aprile 1968 stabilisce che ogni cittadino ha diritto ad un minimo di 18 mq di
spazio pubblico, così ripartiti:
4.5 mq per scuole primarie e secondarie,
9 mq per verde pubblico e attrezzato,
2.5 mq per parcheggi pubblici e
2 mq per spazi e attrezzature di interesse comune.

La questione degli standard non riguarda la realtà ma solo le previsioni di un piano che forse saranno attuate.

Perché è necessario inserire nel piano la tabellina degli standard?


Perché i mq minimi devono essere stabiliti a priori, il grosso problema è che il PRG si facevano
sottodimensionati, come se fossero dei piani di lottizzazione e quindi si assegnava a suolo pubblico, la parte
più scarsa del territorio, pensando solo agli interessi privati. Per questo servivano degli standard.
Nella maggior parte dei casi però, gli standard erano adottati non come valori minimi ma come massimi e
quindi erano ridotti e non raggiungevano i 18 mq richiesti.

Per assegnare mq bisognava prima fare un rilievo di ciò che era già esistente, e qui sta la grande ambiguità:
esempio del verde pubblico. È analizzato il verde pubblico già esistente: parchi, giardini, siepi spartitraffico
XD, viali alberati XD, i monti nella loro interezza (monte pellegrino) trucchetti per aumentare il verde
pubblico e prevederne meno in futuro grande imbroglio. Lo stesso ragionamento è fatto per i parcheggi e per
le scuole.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 86 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
Si pensi che in alcuni casi, quando mancano i mq richiesti dagli standard, ci si spinge verso il verde privato
che in qualche modo “collabora ad assolvere alcune funzioni ecologiche” le regole sugli standard diventano
un piccolo calcolo matematico inutile.

Il dibattito pone un'altra questione: lo standard è solo un prerequisito per una città di qualità e non la rende
tale. La legge sugli standard affronta il tema della quantità e di conseguenza quello della giustizia
distributiva. Il decreto 1444 inoltre codifica le zone con delle lettere.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 87 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

29. Un anno di moratoria


Un passo in avanti è stato compiuto; ma viene pagato duramente. La legge ponte limita la possibilità di
edificazione nei comuni che non sono dotati di strumento urbanistico (PRG).
Ma durante il dibattito parlamentare, per evitare che l'attività edilizia fosse scoraggiata, passa un
emendamento del partito liberale che rinvia di un anno l'attuazione di quelle limitazioni: è il famigerato
anno di moratoria della legge ponte.
Dal 1 settembre 1967 fino al 31 agosto 1968 l'Italia è inondata di licenze.
Sul finire dell'agosto del 1968 l'attività degli uffici tecnici e delle commissioni edilizie è frenetica.
Un'indagine condotta rivela che nell'anno di moratoria sono state rilasciate licenze per 8 milioni e mezzo di
vani residenziali, quasi il triplo della media annuale di vani autorizzati nel decennio precedente.
Scaduto l'anno di moratoria, gli effetti positivi della legge ponte dovrebbero farsi sentire, ma la
mobilitazione dei proprietari innesca un'altra bomba destinata a paralizzare l'attività urbanistica.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 88 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

30. La frana di Agrigento del 1966 e la commissione d'inchiesta


Martuscelli
Il contesto locale e il disordine urbanistico
“…fino al 19 luglio 1966 nella coscienza comune il nome di Agrigento era associato o con una pagina
letteraria o con i vivi ricordi della personale scoperta di un singolare paesaggio punteggiato di templi,
inconsuetamente disposti e lontani dal mondo: la città sulla rupe era, sì, nota, ma come sfondo lontano a un
quadro arcaico, che pareva resistere immutato nel tempo.”

Agrigento e la Valle dei Templi al 1944: da osservare il rapporto città storica/territorio agricolo/valle dei
templi ancora non aggredito dalla speculazione edilizia.
Un territorio “complesso” e fragile dal punto di vista idrogeologico, già soggetto a fenomeni franosi di
carattere naturale: la frana del 28-2-1944.

La ricostruzione post-bellica: strumenti urbanistici per “non pianificare”


Piano di Ricostruzione adottato il 27-6-1961 (da osservare l'arco temporale che intercorre dalla fine della
guerra alla data di adozione del piano).

L'aggressione della speculazione edilizia: La città storica di Girgenti.

L'inefficacia dei regimi vincolistici: Perimetro dell'area sottoposta a vincolo paesistico con D.M. 1957. Il
disordine edilizio di Agrigento.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 89 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

31. La frana e l'istituzione della Commissione di Indagine


“…una frana di inconsuete dimensioni, improvvisa, miracolosamente incruenta, ma terribile nello stritolare
o incrinare irrimediabilmente spavalde gabbie in cemento, ed al tempo stesso, nello sgretolare vecchie
abitazioni di tufo, in pochi istanti, ha buttato fuori casa migliaia di abitanti ponendo Agrigento sono nuova
luce e nuova dimensione.
Abbiamo scoperto così, non senza sgomento, che non solo migliaia di persone erano attendate e attonite, ma
che Agrigento stessa non era più quella dei ricordi.” [ibidem].

L'aggressione delle nuove costruzione sulla collina di Girgenti


Istituita dal Ministro dei Lavori Pubblici Giacomo Mancini una commissione d'indagine:

Ebbene, le prime fotografie apparse sui quotidiani dopo la frana hanno mostrato per la prima volta al paese,
al mondo, il volto di una città che nulla aveva più a che vedere con i passi letterari o con i ricordi di solo
pochi anni addietro: forse gli stessi autentici agrigentini, dagli abitanti dei catoi, agli schivi uomini di
cultura, ebbero in quell'istante un'illuminazione, che permise loro di vedere nelle reali dimensioni quel
nuovo mondo mostruoso, che pezzo per pezzo, si stava montando, in scala gigantesca, attorno alla antica e
nobile città di Girgenti, ed alcuni pezzi del quale, forse più per imperizia di uomini che per oscuri eventi
naturali, erano tutto ad un tratto crollati […]. Lacerati i sogni e superati i primi episodi di fraterna solidarietà
e di umana sussistenza, dietro ai giganteschi pezzi della macchina infranta incominciarono ad apparire ben
presto, sui giornali, nomi e cognomi dei protagonisti dell'avventura. Le domande si intrecciavano alle
denunce e l'angoscia assaliva: come era potuto succedere tutto questo?
E non solo la frana, ma tutto quel disordine edilizio che nelle fotografie dei rotocalchi, ma ancor più nella
attonita visione diretta del nuovo flusso di visitatori, appariva inspiegabile. Il bisogno di sapere era in tutti.
Interpretando quest'ansia e dopo aver provveduto a predisporre un piano di interventi sostituitivi degli
insediamenti danneggiati, Ella, signor Ministro, il 4 agosto esponeva in Parlamento l'esigenza di «chiarire
fino in fondo aspetti edilizi e speculativi con tutte le conseguenti responsabilità» ed annunciava la
costituzione di questa Commissione d'indagine.”[ibidem].
La nuova Agrigento, sulle falde della collina di Girgenti, verso la Valle dei Templi.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 90 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

32. Il metodo di lavoro della Commissione di Indagine


Fin dalla prima visita, dal sopralluogo è emersa la necessità di avviare la raccolta sistematica della
documentazione necessaria per avere esatta cognizione della situazione urbanistico-edilizia e di
organizzare una rilevazione accurata degli edifici realizzati nel recente passato. A tal bisogno, in data 6
agosto è stata insediata la Segreteria tecnica, con sede presso l'ufficio del Genio Civile di Agrigento la quale
ha immediatamente iniziato la consultazione degli atti presso gli Uffici comunali.
Il metodo di lavoro è stato precisato nella prima riunione plenaria, tenuta il 22 agosto; dopo un approfondito
dibattito è stato fissato il seguente programma operativo:
1 - Compilazione di una scheda per ogni licenza edilizia con il rilevamento dei seguenti dati:
domanda di autorizzazione del Genio Civile;
domanda di licenza edilizia comunale,
pareri tecnici,
denuncia alla Prefettura per l'ispezione sui cementi armati,
eventuali domande di nulla osta alla Soprintendenza,
provvedimenti autorizzativi,
dati sull'ultimazione dei lavori,
nominativi del costruttore, progettista, direttore lavori, ispettore cementi armati, collaudatore,
licenza d'uso del progetto,
licenza di abitabilità.
data di acquisto dell'area (dove è stato possibile, data la brevità del tempo a disposizione, situazione
urbanistica e edilizia di zona).
Esame dei caratteri dell'edificio con riguardo alla disciplina urbanistico - edilizia a esso applicabile e
rilevamento delle singole infrazioni.
2 - Predisposizione ed esecuzione dei rilievi planimetrici ed altimetrici relativi ai casi di maggiore interesse.
3 - Approfondimento della normativa vigente nei vari settori connessi con l'attività edilizia, con precisazione
delle competenze amministrative ai diversi livelli.
4 - Ricostruzione delle vicende urbanistico - edilizie della città.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 91 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

33. I risultati della Commissione di Indagine


• Enorme sovraccarico edilizio: 8.500 vani costruiti in contrasto con tutte le norme vigenti;
• Casi tipici di infrazione;
• Via nuova Favara: schiera di edifici sul lato a monte;
• Ventisette persone – sindaci, amministratori, funzionari comunali e del genio civile – sono imputati per
“frana colposa”.

Le valutazioni della commissione Martuscelli:


• Le prospettive di sviluppo della città;
• I piani fin qui predisposti e vigenti per il Comune di Agrigento si sono dimostrati o sotto o sopra
dimensionati, in misura assai rilevante.
• Necessariamente sottodimensionato, per sua stessa natura e funzione, il progetto di piano di ricostruzione,
con la ricettività di 5.000 abitanti adatta per i primi interventi e contenente previsioni di demolizioni e
sventramenti, costosi oltre che inutili e deturpanti;
• Notevolmente sopradimensionato il programma di fabbricazione, con la sua ricettività teorica di 160.000
abitanti; sottodimensionato, per contro, nelle aree per i servizi pubblici, addirittura inesistenti nel piano;
• Evidentemente eccessiva la ricettività consentita dallo stesso progetto di piano paesistico, con i 49.000
abitanti nelle aree circostanti alla città sepolta. Infatti, se le sole due porzioni dell'abitato del capoluogo e
degli insediamenti attorno alla Valle dei Templi si fossero, per assurda ipotesi, compiutamente attuate
secondo tali previsioni, l'abitato di Agrigento avrebbe potuto assumere le dimensioni di oltre 200.000
abitanti.
Anche il programma di fabbricazione, adottato il 7-7-1966, prevede una ricettività complessiva
sopradimensionata, oltre che indeterminata per assenza di specificazioni normative nelle zone
genericamente definite «abitati».

Da questi dati e fatti emerge all'evidenza come le previsioni di sviluppo fin qui ipotizzate siano state del
tutto avventate, senza esser basate sulle reali capacità di sviluppo, soprattutto economico. Un profondo
controllo di questa impostazione dimensionale è necessaria per passare dalla fase irrazionale alla fase
razionale di crescita, basata su ragionevoli previsioni di sviluppo demografico, coerenti con ragionevoli
prospettive di sviluppo economico.

Lo sviluppo effettivamente realizzato


Durante il processo di tumultuoso sviluppo edilizio, gli operatori si sono preoccupati di costruire
esclusivamente case, traendo il massimo sfruttamento delle aree, intaccando le falde della rupe
singolarmente, con opere inadeguate di consolidamento, senza provvedere alla regolazione del deflusso
delle acque di superficie, oltre che degli scarichi delle acque luride, senza preoccuparsi di sistemare il
terreno sconvolto dalle opere senza fornire alle case accessi adeguati e senza sistemazioni a verde del suolo.
Dall'informe accostamento dei singoli volumi si è determinato il nuovo aggregato urbano, che, visto da
lontano, mostra in talune zone l'omogeneità derivante da un identico tipo di applicazione, o meglio di
disapplicazione, di norme; visto da vicino, mostra ancor nude le ferite in/erte selvaggia mente al monte.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 92 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
Quasi nulla è stato realizzato per quanto riguarda i servizi, poco è stato fatto per la viabilità, per niente per il
verde.
La nuova cintura murata avvolge il monte e gli edifici alti intaccano ormai pesantemente anche il centro.
Il massacro urbanistico più indiscriminato è stato compiuto.
Nuove costruzioni;
L'inserimento della nuova edilizia alta nel centro antico ed ai margini di esso;
La zona franata sullo sperone sud-occidentale della collina di Girgenti.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 93 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

34. La compromissione del patrimonio storico e ambientale


Negato il rapporto città storica/Valle dei Templi: lo ‘spreco’ di una risorsa (archeologica e paesaggistica)
di eccezionale valore:
Le visuali verso la Valle dei Templi;
Le falde del colle verso la Valle dei Templi;
Punto di vista belvedere di Via Atenea;
Punto di vista belvedere di Via Empedocle.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 94 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

35. Conclusioni della Commissione: Considerazioni


L'esame della situazione edilizia di Agrigento, quale risulta dagli atti comunali e dal modo in cui è
avvenuto il caotico sviluppo della città, induce ad alcune considerazioni da cui emergono giudizi pesanti sia
nei confronti delle amministrazioni comunali che si sono succedute al governo della cosa pubblica e sia nei
riguardi dei costruttori.

L'interesse pubblico è praticamente assente nell'azione comunale, la quale appare dominata soltanto dalla
preoccupazione di favorire comunque ed a qualunque prezzo — le singole iniziative costruttive poco
importa se tutto ciò avvenga in forma disordinata, in contrasto con le disposizioni vigenti, in spregio delle
più elementari norme igieniche, in assenza delle attrezzature pubbliche indispensabili per la vita associata,
ed infine con grave ed irreparabile pregiudizio per i valori paesistici ed archeologici della città, di cui
l'autorità comunale avrebbe dovuto essere intransigente e vigile custode.
Viene tollerata e consentita la violazione continua, sistematica delle disposizioni di legge, del regolamento
edilizio e del programma di fabbricazione. Non vi è norma della disciplina in vigore che sia rispettata o fatta
rispettare dal Comune. Questa esplosione di abusivismo e di illegalità, in cui l'osservanza delle norme
diventa quasi... un fatto patologico, pare di assistere ad una assurda gara tra costruttori ed autorità comunale.
Più l'iniziativa dei costruttori diventa sfrontata nel violare la legge e più aumentano le concessioni comunali,
le autorizzazioni in deroga, le sanatorie; e, per converso, nella misura in cui l'Amministrazione comunale
consente e legittima le violazioni, cresce l'audacia dei costruttori. Cosicché si stabilisce una specie di
sinergismo tra azione comunale e attività dei costruttori, le quali si potenziano ed esaltano a vicenda per
convergere in una concorde azione di erosione delle norme e di distruzione della città. Le maggiori
infrazioni sono commesse proprio in questa forma: i casi più gravi e rilevanti, infatti, d'illegalità possono
verificarsi poiché dopo una prima licenza rilasciata, non sempre, peraltro, in conformità alle norme, il
costruttore chiede la licenza per una maggiore altezza e la ottiene; in seguito supera i limiti autorizzati e il
Comune accorda la sanatoria e cosi di seguito, in un circolo vizioso di corresponsabilità.
E invece… La scandalosa sentenza del febbraio 1974: tutti gli imputati sono prosciolti dall'accusa di frana
colposa con formula piena, “per non avere commesso il fatto”!

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 95 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

36. Urbanistica Incostituzionale


Poteri della corte costituzionale: si occupa di analizzare le leggi e giudicare se queste vadano in contrasto
con la costituzione verifica di compatibilità. Quando c'è un'incongruenza, la corte ha un potere solo
abrogativo ma non legislativo.

Iter di adozione ed approvazione di un piano: si decide di fare il piano si trovano consulenti e uffici
tecnici per la redazione del piano piano adottato pubblicazione osservazioni e opposizioni il piano viene
inviato a un livello amministrativo superiore (statale o regionale) per una verifica sui contenuti del piano per
vedere se questi sono congruenti con il livello sovraordinato di pianificazione piano approvato gazzetta
ufficiale legge.

Per ogni fase intervengono soggetti amministrativi diversi ed è un iter complesso. È necessario avere vincoli
di tutela per non inficiare le previsioni del piano. In tutte le aree destinate a servizi pubblici, dal piano, non si
possono compiere trasformazioni. Il vincolo di tutela è solo temporaneo, ed è legato alle scelte del piano
sono solo previsioni.
Se si costruisce nei territori dove sono state fatte previsioni del piano, queste ultime non possono essere
attuate. Possono esserlo solo quando il piano è vigente, in altre parole è legge. Le aree scelte sono
progressivamente espropriate man mano che il programma del piano è esplementato.
La Corte abrogherà, in altre parole considererà incostituzionali, queste procedure. Considera non giusto
vincolare preventivamente i territori impedendo di costruire. O s'indennizza subito il terreno o nulla.

Qual è la motivazione della sentenza? Perché viene introdotto il fattore tempo?


Per il diritto di proprietà. Non è plausibile che il diritto di proprietà sia limitato al punto tale da inficiare il
godimento del bene da parte del privato. La sentenza non vuole stabilire la valenza del diritto di proprietà,
ma vuole far coincidere il godimento del bene suolo con il diritto di edificazione forte contraddizione.
L'importanza di questo evento fu che venne messo in evidenza la forte contraddizione diritto di proprietà e
diritto di edificazione.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 96 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

37. La sentenza del Maggio 1968


Alcuni privati riescono a portare davanti alla Corte costituzionale ed a far dichiarare illegittimi parte dell'art.
7 e l'art. 40 della legge urbanistica del 1942.

La tesi che la Corte accoglie è sviluppata come segue: il piano regolatore generale, una volta approvato, ha
vigore a tempo indeterminato; anche i vincoli di destinazione di zona per uso pubblico indicati dall'art. 7
sono validi a tempo indeterminato e sono immediatamente operativi. Viene così a determinarsi un distacco
tra l'operatività immediata dei vincoli previsti dal piano regolatore generale e il conseguimento del risultato
finale. Quest'ultimo, è infatti dilazionato a data incerta e imprevista e imprevedibile nel suo verificarsi. Un
vincolo immediatamente operativo, il cui indennizzo è rinviato nel tempo, deve ritenersi di carattere
espropriativo. Tuttavia la Corte riconosce che il principio della necessità dell'indennizzo non opera nel caso
di disposizioni le quali si riferiscono a intere categorie di beni, sottoponendo in tal modo tutti i beni della
categoria senza distinzione ad un particolare regime di appartenenza.
Imposizioni sui beni, a titolo particolare, non possono mai eccedere, senza indennizzo, quella portata al di là
della quale il sacrificio imposto venga a incidere sul bene, oltre ciò che è connaturale al diritto dominicale,
quale viene riconosciuto nell'attuale momento storico.

Ma cos'è connaturale al diritto dominicale, quale viene riconosciuto nell'attuale momento storico?
Per la Corte costituzionale tutte le aree sono edificabili. La Corte ribadisce che è legittimo fissare indici di
fabbricabilità differenziati, anche molto bassi. Limitazioni siffatte devono considerarsi funzionali alle
esigenze di ordine nell'edilizia. Non è invece legittimo, senza previsione di indennizzo, fissare quei vincoli
che, pur consentendo la conservazione della titolarità del bene, sono tuttavia destinati ad operare
immediatamente una definitiva incisione profonda.
La sentenza fu decisa a maggioranza, nell'adunanza del 9 maggio 1968. Secondo il consiglio di Stato, il
divieto assoluto di edificazione svuota del tutto il diritto di proprietà quando si riferisce ad un'area da
ritenersi fabbricabile, in quanto quel contributo ha natura ben diversa dall'indennizzo, perché essendo
commisurato all'importo degli stanziamenti di bilancio, non è oggetto di un diritto certo e perfetto.

In conclusione, la costituzionale dichiara non fondata la questione di legittimità promossa dal Consiglio di
Stato. Per la Corte costituzionale quindi, mentre sono legittimi i vincoli di inedificabilità per la tutela del
paesaggio, sono invece di natura espropriativa, e perciò illegittimi se non indennizzati, quei vincoli che
individuano gli spazi da destinare a impianti pubblici e di uso pubblico.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 97 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

38. Il dibattito sulle sentenze


La pubblicazione delle due sentenze provoca indignazione e stupore.

Si propone che si definisca in un provvedimento legislativo che cos'è la proprietà edilizia, stabilendo che
per costruire sono necessarie delle concessioni: le licenze edilizie di oggi vanno trasformate in concessioni.
Così forse, per la prima volta, entra sulla scena urbanistica l'istituto della concessione, come alternativa alla
licenza edilizia, che nove anni dopo sarà alla base della legge Bucalossi.

Il convegno dell'Inu si conclude con l'approvazione di un documento dove si invitano i parlamentari ed il


governo, a promuovere nel più sollecito dei modi l'approvazione di un provvedimento legislativo inspirato ai
seguenti principi:
1. La proprietà privata del suolo non deve più comprendere il diritto di edificare;
2. Il diritto di edificare appartiene ai comuni; va considerato una facoltà da esercitare in base a concessione
ad operatori pubblici e privati;
3. L'edificazione è regolata unicamente dai piani regolatori;
4. I comuni hanno facoltà di espropriare tutti i terreni compresi nei piani con un indennizzo comprensivo dei
valori derivanti dall'opera dell'uomo con esclusione dei valori provenienti dall'opera della collettività.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 98 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

39. Nuovi indirizzi per la riforma


Quanto alla soluzione definitiva, le proposte sono tante, ma derivano da due soli principi: riconoscere, o no,
l'edificabilità come connaturata alla proprietà privata dei suoli, e quindi indennizzarla, o no, quando viene
impedita.

Viene così approvata la legge 13 novembre 1968 n.1187, con la quale si stabilisce che le previsioni del
piano regolatore generale, che comportano vincoli nei confronti dei diritti reali, aventi contenuto
espropriativo, cessano di avere vigore qualora entro cinque anni dall'approvazione del piano regolatore
medesimo non siano approvati relativi piani particolareggiati od autorizzati i piani di lottizzazione
convenzionata. Ancora una volta, dunque, niente di fatto per l'urbanistica italiana.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 99 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

40. L'Italia dal dopoguerra alla vertenza per la riforma urbanistica


Sventramenti e distruzioni
Nonostante la grande abbondanza di testimonianze storiche, in Italia l'esigenza di tutelare i segni del nostro
passato e di meditarne gli insediamenti nasce piuttosto tardi. Del resto, fino alla metà del XX secolo la stessa
cultura più attenta alle esigenze della conservazione, concentra la sua attenzione ai monumenti,
considerando il resto come meno conto. Non stupisce perciò che, negli anni del boom edilizio e della
sfrenata corsa a costruire per guadagnare, anche i centri storici venissero pesantemente manomessi. Gli
stessi piani regolatori abbondano in previsioni di sventramenti. Negli anni del fascismo ragioni di traffico, di
prestigio e d'igiene erano la copertura degli interessi della speculazione, e a questi si alleavano per
distruggere interi quartieri e condannare all'isolamento i residui monumenti. Nel dopoguerra le cose non
cambiano, ma nasce una reazione, nel 1955 nasce l'associazione Italia Nostra.

Antonio Cederna e una lezione di urbanistica


Un ruolo di punta lo svolge Antonio Cederna quando si accorge che la distruzione della storia dal paesaggio
italiano può essere arrestata solo mediante la pianificazione. L'urbanistica, per Cederna, offre tutti i mezzi
tecnici, sociali ed economici, giuridici, atti a stroncare questo insostenibile stato di cose, e a fare di una città
un organismo vitale e moderno. Ma l'urbanistica non è solo una tecnica, né solo un metodo: essa ha una
propria irrinunciabile moralità. È un'operazione di interesse collettivo che mira a impedire che il vantaggio
dei pochi si trasformi in danno dei molti.

La «Carta di Gubbio»
Il Convegno Nazionale per la Salvaguardia e il Risanamento dei Centri Storici.
Il dibattito culturale e la maturazione teorica sulla questione dei centri storici hanno una tappa di grande
rilievo nel Convegno di Gubbio (17, 18 e 19 settembre 1960):
Convegno Nazionale dal titolo: “Salvaguardia e risanamento dei centri storico-artistici”, promosso da un
gruppo di architetti, urbanisti, giuristi, studiosi di restauro, e dai rappresentanti dei comuni di Ascoli Piceno,
Bergamo, Erice, Ferrara, Genova, Gubbio, Perugia, Venezia. Le relazioni sono svolte da: G. Samonà, A.
Cederna, M. Manieri Elia, G. Badano, D. Rodella, E.R. Trincanato, G. Romano, L. Belgiojoso, E.
Caracciolo, P. Bottoni.
Esito del Convegno é la Carta di Gubbio.

La questione dei centri storici


“I protagonisti di Gubbio si propongono di definire l'ambito, il significato, le valenze dei problemi relativi
alla sopravvivenza dei centri urbani di antica formazione. Il concetto stesso di "centro storico-artistico"
rende di fatto inesistenti gli steccati che gli storici dell'arte avevano eretto a protezione dei singoli
monumenti e successivamente del loro contesto. Il termine “salvaguardia” è esteso al centro storico nella sua
interezza, ed esprime la volontà di sottrarlo al saccheggio della speculazione direttamente rivolto contro

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 100 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
l'antico tessuto edilizio e spesso indotto dalla urbanizzazione selvaggia delle periferie, particolarmente
virulenta negli anni del "boom" economico/ edilizio. I centri storici vanno tenuti in vita, allontanando tutte le
attività incompatibili o suscettibili di alterare l'antica struttura urbana e controllando i fenomeni di crescita e
di trasformazione mediante piani regolatori. Durante il convegno si approdò alla consapevolezza della
necessità di abbandonare alcune tecniche di intervento che trovavano estesa applicazione sotto la copertura
ideologica della necessità di adeguare i centri storici alle esigenze della vita contemporanea. Ma - ed è
questo il senso del nuovo corso nella "questione dei centri storici" - le sole leggi di tutela in vigore, datate
1939, e l'azione inibitrice dei vincoli, puntiforme e limitata, non possono garantire la salvaguardia. È
radicata in molti la convinzione che la salvezza dei centri storici dipenda dalla corretta pianificazione del
territorio e dall'efficacia degli strumenti urbanistici, primo fra tutti il piano regolatore. In particolare
Giovanni Astengo, autore dei celebrati piani per Assisi e per Gubbio, pur ritenendo l'individuazione dei
criteri guida del risanamento edilizio peculiare dell'ambito storico-critico, vede determinante il contributo
dell'urbanistica nel relazionare alle scelte direttamente riguardanti il centro storico le decisioni adottate per
l'"intorno", essenziali quanto le prime ad assicurare la sopravvivenza degli antichi contesti, Le esperienze in
atto condotte da alcuni dei Comuni promotori del Convegno consentono inoltre di articolare il tema del
risanamento nelle sue molteplici declinazioni – tecniche, finanziarie, giuridiche – e di proporre come nodale
la variabile sociale, quelle della residenza nei centri storici.”
Nella seconda metà degli anni '50 vengono elaborati diversi piani regolatori particolarmente importanti.

La Dichiarazione finale del Convegno Nazionale per la Salvaguardia e il Risanamento dei Centri Storici.
La Carta di Gubbio é una dichiarazione di principi sulla salvaguardia ed il risanamento dei centri storici
che riconosce l'importanza nazionale della questione: sottolineando l'essenzialità delle specifiche condizioni
locali, ritiene di estrema urgenza il procedere ad una ricognizione e classificazione dei centri storici e delle
zone da salvaguardare e risanare, e giudica assolutamente necessario che essi siano inseriti nei Piani
regolatori generali, poiché la loro salvaguardia e da considerarsi "premessa allo stesso sviluppo della città
moderna". La Carta invoca l'immediata disposizione di vincoli di salvaguardia e la sospensione di ogni
intervento edificatorio, in attesa della predisposizione dei necessari Piani di risanamento conservativo:
essi vengono intesi come speciali piani particolareggiati di iniziativa pubblica, di cui un'apposita, urgente,
legge generale dovrà stabilire caratteri e procedure; la legge dovrà anche definire criteri e finanziamenti per
il censimento dei centri storici e prevedere, tra gli operatori del risanamento, gli Enti per 1'edilizia
sovvenzionata; sul piano delle modalità operative, la Carta "rifiuta i criteri del ripristino e delle aggiunte
stilistiche, del rifacimento mimetico, della "demolizione" di edifici anche modesti, non ammette diradamenti
del tessuto, isolamento di monumenti, nuovi inserimenti in ambiente antico.
La carta di Gubbio è “una dichiarazione di principi sulla salvaguardia ed il risanamento dei Centri Storici” in
cui “l'estensione a scala nazionale del problema trattato è stata unanimemente riconosciuta insieme alla
necessità di un'urgente ricognizione e classificazione preliminare dei Centri Storici con la individuazione
delle zone da salvaguardare e risanare”.
“Si afferma la fondamentale e imprescindibile necessità di considerare tali operazioni come premessa allo
stesso sviluppo della città moderna”.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 101 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
Si afferma “la necessità che esse facciano parte dei piani regolatori comunali, come una delle fasi essenziali
nella programmazione della loro attuazione”.
“Si invoca una immediata disposizione di vincolo di salvaguardia […] prima che i relativi piani di
risanamento conservativo siano stati formulati”.
“Fissare per legge i caratteri e la procedura di formazione dei piani di risanamento conservativo, come
speciali piani particolareggiati di iniziativa comunale, soggetti ad efficace controllo a scala regionale e
nazionale”.
Sono “Rifiutati i criteri: del ripristino e delle aggiunte stilistiche, del rifacimento mimetico, della
demolizione di edifici a carattere ambientale anche modesto, di ogni “diradamento” e “isolamento” di edifici
monumentali attuati con demolizioni nel tessuto edilizio, ed evitati in linea di principio i nuovi inserimenti
nell'ambiente antico”, “si afferma che gli interventi di risanamento conservativo devono essenzialmente
consistere in:
• consolidamento delle strutture essenziali degli edifici;
• eliminazione delle recenti sovrastrutture a carattere utilitario dannose al l'ambiente ed all'igiene;
• ricomposizione delle unità immobiliari per ottenere abitazioni funzionali ed igieniche, dotate di adeguati
impianti e servizi igienici, o altre destinazioni per attività economiche o pubbliche o per attrezzature di
modesta entità compatibili con l'ambiente, conservando al tempo stesso vani ed elementi interni ai quali
l'indagine storico-critica abbia attribuito un valore;
• restituzione, ove possibile, degli spazi liberi a giardino ed orto;
• istituzione dei vincoli di intangibilità e di non edificazione.”
“Si suggerisce che la pubblicazione dei piani di risanamento conservativo si avvalga di una procedura
particolare, in cui siano previste forme di pubblicità estesa”.
“Si afferma che nei progetti di risanamento una particolare cura deve essere posta nell'individuazione della
struttura sociale”.
Le novità introdotte dalla Carta di Gubbio non sono solo di ordine tecnico e culturale.
Il documento introduce il principio che, per salvaguardare il centro storico, non basta tutelarne le pietre, ma
occorre difendere anche la società che vi abita. Nei progetti di risanamento una particolare cura deve essere
posta nell'individuazione della struttura sociale che caratterizza i quartieri.
Il documento si chiude auspicando una legge che introduca i suoi principi e criteri nella prassi pianificatoria
e amministrativa corrente. Passeranno molti anni prima che ciò, sia pur parzialmente, avvenga.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 102 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

41. Il piano per il centro storico di Bologna


Vantaggi del recupero dei centri storici punti chiave:
Servizi al centro;
Risparmio della risorsa suolo;
Infrastrutture primarie già esistenti (fognature, strade ecc..);
Si limita la crescita incontrollata in periferia;
Recuperare il centro storico è una politica che va incontro con il principio di sostenibilità poiché contiene
la crescita demografica e risparmia suolo.

Da città capitale a grossa provincia agraria


L'arrivo delle armate francesi a Bologna nel 1796 segna con nitidezza anche la fine di un'età economica e
l'inizio di una nuova, destinata a caratterizzare la città fino al nostro secolo. È difficile dire quale sia
l'incidenza che sull'architettura bolognese ha questo trapasso economico e in quali modi esso avvenga. La
grande Bologna basava la sua fortuna su di un vasto sviluppo industriale. Si occupava della produzione della
seta e della canapa. Queste erano la loro moneta di scambio sul mercato internazionale.
Il piano di Pio VI conteneva già numerose soluzioni atte a favorire ampi processi economici ai quali diede
realtà solo all'arrivo dei francesi. Con l'avvento di questi ultimi la città mosse nella direzione dell'economia
agricola e mosse lì i suoi capitali, fuggendo alla crisi delle manifatture industriali. E' assai probabile che la
fine di un mondo architettonico così ricco, ed il suo assestamento su valori medi o di tessuto passi anche
attraverso il tracollo di un così eccezionale sviluppo industriale, e si adatti bene alla nuova società : nella
quale faranno la loro apparizione famiglie borghesi di mediatori o commercianti.
Non bisognerà dimenticare che, a questo maggiore livellamento borghese dell'edilizia bolognese dopo il
1796, concorrono le numerose demolizioni di edifici ecclesiastici, avvenute dopo la vendita alle aste dei
Beni Nazionali.
Quanto alle grandi manifatture della seta e della canapa, esse erano destinate a deperire rapidamente, nei
primi anni del XIX secolo, per effetto del blocco continentale. I tradizionali acquirenti si dovevano infatti
rivolgere altrove. Intorno alla metà del secolo, l'antica fortuna di Bologna, era praticamente scomparsa.
Mutazioni tanto rapide quanto sconvolgenti si alleano alla nuova e definitiva attenzione che il capitale
dedica all'investimento fondiario e all'agricoltura.
Ed è anche chiaro cosa ciò significhi nei riguardi dell'architettura, destinata a statizzarsi su forme e modi di
concreta modestia, di ricco opportunismo. Dall'altra parte è vero anche che, almeno fino al 1859 e all'unità
nazionale è proprio questa inattitudine del capitale verso la speculazione immobiliare urbana che rende
immobile il panorama dell'architettura locale, ne allontana troppo vaste demolizioni e fa della prima metà
del secolo XIX un momento di modestia ma, felice orditura di riordinamento del tessuto architettonico
urbano.

Il piano per il centro storico – storia


Quella di Bologna è un'esperienza che viene maturata negli anni '70. La carta di Gubbio avrà già prodotto i

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 103 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
suoi effetti. Il contributo culturale offerto dall'esperienza bolognese, ha, di fatto, costituito una svolta nel
panorama delle politiche del recupero urbano.
Fonte d'ispirazione per la stessa legislazione nazionale (L.457/78), il piano per il centro storico di Bologna
ha per anni rappresentato, a livello europeo, un modello di riferimento per numerose altre esperienze. È
comunque importante sottolineare che a rendere possibile questa particolare esperienza hanno concorso tutta
una serie di condizioni a contorno difficilmente riscontrabili in altre città italiane:
• un apparato organizzativo della macchina comunale efficiente;
• una qualità tecnica elevata dei professionisti all'interno dell'amministrazione comunale;
• una stabilità politica nelle giunte (sulla base di un'alleanza PCI-PSI);
• una società fortemente strutturata e organizzata;
• una consistente proprietà comunale.
Concepito come variante del piano regolatore del 1958, il Piano per il centro storico di Bologna riguarda la
parte di città compresa entro i viali di circonvallazione che insistono sul tracciato della cinta muraria del
XIV- XVII secolo, nonché alcuni borghi storici esterni alle porte, che ormai si possono considerare facenti
parte dell'agglomerato antico.
È la prima esperienza di un grande centro storico dove viene portata avanti questa politica di piano. Si
stabilisce che una delle caratteristiche principali del PRG sia il blocco dell'espansione, la crescita zero. È una
scelta di politica comunale deriva da una presa d'atto di un blocco dal punto di vista demografico della città:
le amministrazioni porteranno avanti un atteggiamento di contenimento. Questo ragionamento tira fuori un
altro tema che è quello della sostenibilità urbana. La sostenibilità riguarda il conservare e preservare
risorse, limitare gli sprechi ecc.
La presenta antropica minaccia l'approvvigionamento e l'equilibrio naturale, in termini di riproducibilità
delle risorse: consumiamo una quantità di risorse che non si riesce più a rigenerare come in passato. Bisogna
fermare questo processo di eccessivo consumo, permettendo che le risorse si rigenerino sostenibilità.
Se in un centro storico ci sono unità abitative inabitate, questo è uno spreco, ed esse possono essere destinate
a varie attività sia abitative che pubbliche, avendo già delle costruzioni pronte e non dovendone costruire di
nuove.

Struttura e forma della città antica


L'analisi dei diversi momenti storici dell'espansione porta a considerare il centro storico di Bologna come
un'aggregazione di varie unità morfologiche il cui disegna era globalmente percepibile attraverso il rapporto
che si veniva determinando tra:
• Il contorno limite: le mura;
• Il tessuto edilizio: case, abitazioni;
• Le emergenze architettoniche: grandi edifici pubblici e vuoti delle piazze.

Il centro storico di Bologna ha una facile struttura: città di impianto classico con una forte crescita del
tessuto medioevale e mura ad andamento centrico. Non è esteso come quello di Palermo ma è più ampio di
quello di Assisi. Sono presenti anche stratificazioni di stampo cinquecentesco (stratificazioni sempre meno

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 104 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
complesse di quelle di Palermo e Napoli).
Bologna è una città prevalentemente mercantile. Vi è una borghesia mercantile molto sviluppata. La
configurazione fisica nei secoli è strettamente correlata con il tessuto sociale e storico presente. E' inoltre
una città che nel ‘500 e nel ‘600 diventa parte dello Stato Pontificio e che ha un suo assetto compiuto,
riconosciuto e documentato storicamente già nel 1600. Questo sarà molto utile per quanto riguarda la
documentazione per il piano di recupero.

Il nucleo più antico del centro storico, corrispondente alla seconda aggregazione morfologica (mura del
1000) si configura oggi come la tipica città murata formatasi sull'impianto a scacchiera di età romana.
Intorno a questo nucleo si sviluppò, dal XIV al XVIII secolo, lungo le radiali di penetrazione del territorio,
la città rinascimentale e barocca che, seppure circondata da mura, manteneva nel suo interni ampi spazi
liberi configurati ad orti e giardini strettamente legati con le abitazioni.

L'impianto stradale, impostato sul tracciato romano, si sviluppò e configurò in un periodo nel quale la
maggior parte dei movimenti della città erano fatti a piedi. Era quindi un tessuto essenzialmente adatto ai
pedoni. La città rinascimentale e barocca, quella cioè della terza aggregazione urbana, ha lotti di forma
ettagonale irregolarmente allungati. Solo con questa aggregazione si rileva un profondità accentuata dei lotti
ed un ribaltamento dei rapporti fra pieno e vuoto. All'interno di questi lotti si realizza un ampio sistema di
orti e giardini.
La scala di quest'ultima espansione è superiore alla precedente ed è caratterizzata dalle ampie strade radiali
porticate e da un continuum architettonico che rappresenta una struttura urbana del tutto originale.
All'interno il sistema degli orti e giardini è collegato con la viabilità principale attraverso androni e cortili.

La città subisce modeste trasformazioni nel suo nucleo storico nel 1800. Subisce un'espansione radiocentrica
con isolati a scacchiera. Vi è anche una consistente previsione di verde pubblico. Nelle previsioni
ottocentesche non vi sono grandi perturbazioni sul tessuto urbano preesistente e quindi il centro storico non
fu molto alterato.
Possiamo notare come le espansioni fino a una certa data avvengono in modo controllato e radio centrico.
L'esplosione dell'urbanesimo, iniziato a Bologna nel 1902 con la demolizione delle mura urbane, ha
cancellato l'equilibrio e la carica figurativa originale di tale disegno. Più ci avviciniamo alla metà del ‘900 e
più queste si intensificano, l'impianto centrico si perde. Nel 1972 il suolo è stato consumato e aggredito e si
è perso appunto l'impianto. Non è così tragico come a Napoli però comunque la città è cambiata.

Qui entra in scena la scelta del blocco della crescita della città e della tutela del suolo. Bisogna evitare gli
sprechi e recuperare le zone e le abitazioni non occupate del centro. In questo modo si contribuirà a
recuperare gli edifici in disuso e decadenti e così si eviteranno anche crolli ed ulteriori spese.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 105 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

42. Il piano di recupero – Piano Particolareggiato (Bologna)


• Premessa
Definire il piano per il centro storico di Bologna non è congelare una situazione che si considera
inamovibile: c'è invece da prevedere il recupero per la vita collettiva di tutta la città antica come un entità
pregna di valori storici, culturale, simbolici e ideali. La necessità che la lettura dello sviluppo urbano e
l'attività di pianificazione procedano di pari passo, non deriva solo dall'esigenza di conservare, tutelare e
tramandare un patrimonio di arte e di cultura, bensì deriva dallo stesso carattere della pianificazione
urbanistica, nella quale il passato di una società o di un territorio rientrano come parte vitale delle nuove
funzioni e delle nuove strutture. Ogni nuovo intervento relativo lo sviluppo della città ha il potere di
innescare una serie di altri interventi che occorre prevedere e controllare secondo un piano conveniente e
sicuro.

• Rispetto del passato storico


Obiettivo fondamentale del piano è il rispetto del passato storico come patrimonio universale: rispetto che
assume il significato di un vero e proprio salvataggio. Indipendentemente dalle stratificazioni e dalle
manomissioni subite, l'intero tessuto antico è una struttura che si definisce attraverso il suo stesso
contrapporsi, qualificandosi, alla struttura della città moderna. Il centro antico deve estromettere tutto ciò
che compromette la sua unitaria leggibilità morfologica e figurativa e tutto ciò che condiziona le sue
funzioni primarie con funzioni incompatibili. La conservazione del centro storico supera la conservazione
comunemente propugnata e intesa, spesso ridotta a un semplice problema di scenografia urbana.

• Conservazione strutturale dell'intera forma della città


Nell'elaborazione del piano di è sostituita ad una valutazione puramente formale e romantica della città
antica, una lettura strutturale: si è considerato il problema della forma urbana nella sua globalità, analizzata
come organizzazione dialettica fra permanenza di impianti ed organismi originari e successivi mutamenti
morfologici.

• Le linee generali del piano


Il piano si propone di operare sui sistemi organizzativi dello spazio in modo da predisporre, nel quadro della
conservazione integrale, le migliori condizioni per lo svolgimento del ruolo che la collettività, ha scelto di
attribuire alla struttura antica della città nel quadro dell'assetto globale dell'area metropolitana. Fornisce
inoltre i limiti del campo di possibilità entro cui la scelta deve essere compiuta.

• Gli obiettivi tecnici del piano


Essi sono diversi, ma tutti concorrenti ad unico fine, che è quello della conservazione del centro storico e di
una sua immissione nella struttura della città e del territorio come parte differenziata e qualificata attraverso
la sua specializzazione. Le operazioni previste tendono a:
1. Preservare dalla distruzione il centro;

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 106 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
2. Integrare il patrimonio artistico, storico e culturale nel contesto sociale ed economico del territorio,
affidandogli un ruolo attivo e compatibile;
3. Decentrare tutti i generatori di direzionalità, mediante la creazione di nuove aree di sviluppo terziario
esterne al nucleo antico;
4. Dotare il centro storico di tutti gli standards e servizi necessari;
5. Razionalizzare la caotica viabilità che oggi sconvolge la vita del centro, agganciandola funzionalmente
con la grande viabilità territoriale e predisponendola per la pedonalizzazione di certe trame viarie
incompatibili con il traffico meccanizzato.

• Programma della conservazione


Le possibilità operative sono state ricondotte a tre gruppi articolati in sei categorie di intervento così come
previste dal programma della conservazione:
1. Categoria 1a - Restauro con vincolo assoluto;
2. Categoria 1b - Restauro con vincolo parziale;
3. Categoria 2a - Risanamento e ripristino conservativo;
4. Categoria 2b – Ristrutturazione con vincolo parziale;
5. Categoria 3a – Ricostruzione;
6. Categoria 3b – Demolizione con ricostruzione condizionata.
Per opere di consolidamento devono intendersi solo quelle necessarie ad assicurare la stabilità dell'edificio
e riguardanti le fondazioni, strutture portanti e coperture, che non comportino modifiche o alterazione
sostanziali alle strutture murarie originarie dell'edificio.
Per opere di restauro si considerano quelle tendenti non solo alla conservazione dell'edificio ma anche alla
valorizzazione dei suoi caratteri architettonici - decorativi. Il restauro deve rispettare l'aspetto esterno quanto
l'impianto tipologico-architettonico dell'interno e le parti decorative. La condanna del restauro inteso come
ripristino rigoroso e assoluto dei presunti caratteri architettonici originale del monumento è assolutamente
necessario onde evitare la rinascita di inaccettabili revival romantici. Si conservino dunque i monumenti
antichi come la tradizione ce li ha tramandati.

Processo conoscitivo
Per individuare la destinazione d'uso e stabilire le categorie d'intervento, dobbiamo analizzare nel suo
complesso il sistema centro storico. Tutti gli edifici e non solo i manufatti architettonici di pregio. Ciò è
facile a dirsi e non a farsi.
Si è resa necessaria l'introduzione di parametri idonei per una valutazione operativa delle strutture fisiche
caratterizzanti il centro storico.
Attraverso un'accurata indagine dei valori storici si è operato un censimento architettonico del centro
storico, introducendo così un primo parametro di valutazione dal quale è derivata una possibile articolazione
tecnico- operativa della proposta di applicazione della disciplina di tutela.
Una seconda indagine è stata svolta allo studio delle forme ed alla conoscenza del mondo architettonico
secondo le sue leggi intrinseche: per arrivare a classificare le forme del centro storico partendo dal loro

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 107 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
interno, dal loro formarsi, si è oltrepassata la classica indagine funzionale sulle destinazioni d'uso per
assumere le tipologie edilizie come unità di misura dei processi di aggregazione delle unità morfologiche. Si
è introdotto così un secondo parametro che ha permesso la messa a punto di una metodologia oggettiva: la
tipologia, quella costanza di modi e di tipi del vivere e del fare che si concentra in edifici simili e ripetuti.
Sia la tipologia urbana che quella edilizia pongono come una costante abbastanza rigida rispetto alla
variabile funzione cioè utilizzazione in continuo trasformarsi. Si sono individuate, dal punto di vista della
morfologia urbana, quelle parti definite da carattere di omogeneità fisica e spaziale, in vista di una possibile
funzionalizzazione nel quadro della conservazione attiva.
Questa analisi morfologica ha permesso di mettere in luce il rapporto che intercorre fra struttura residenziale
e i grossi manufatti architettonici ed urbanistici, e su tale rapporto si sono impostati i criteri base della
conservazione.
Ma l'accento figurativo all'unità morfologica e strutturale della città antica di Bologna è dato, oltre che dal
piano, da quell'insieme di elementi che hanno funzionato come poli di aggregazione. Questi elementi
possono essere definiti come elementi emergenti che hanno partecipato e partecipano all'evoluzione della
città nel tempo.
Le tracce storiche dei grandi monumenti, sono più facili da reperire, mentre quelle degli edifici comuni
(casupole ecc..) non lo sono: non è possibile prevedere uno studio storico a questa scala di dettaglio.

Le due principali linee di azione furono:


1. Pianificazione delle destinazioni d'uso, che però in questo caso riguardavano ciò che era già esistenti, e
stabilire quali erano compatibili e quali non lo erano con l'assetto storico.
2. Previsione delle categorie d'intervento sui manufatti (restauro, recupero, ristrutturazione o riadattamento
di edifici).

Come si applica la metodologia di studio per i due obiettivi?


• Si procede con un censimento delle unità edilizie, facendo una scheda tecnica del livello di degrado o
meno e una previsione sugli interventi da fare, quelli più urgenti e quelli meno.
• Bisogna censire anche le varie categorie di edifici, se questi sono in stridente contrasto o si adattano alla
situazione.
• La datazione storica risulta difficile da fare, ha tempi troppo lunghi e non può essere realizzata e applicata
in un piano particolareggiato che ha scadenze a breve termine.

Come si fa a fare una ricostruzione storica delle trasformazioni?

Ci si basa sulla cartografia storica. Utili, precisi e dettagliati sono ancor di più i catasti storici (archivi di
documentazioni e carte). Vi sono una serie di schede e planimetrie dove sono riportate le proprietà a una
certa data.

Ambiti e obiettivi degli interventi di piano:

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 108 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
• Blocco della crescita
• Convenienza economica del recupero
Risparmio infrastrutture primarie
Risparmio trasporti
Risparmio suolo agricolo
Difesa dell'ambiente
Risparmio costi gestione urbana
• Mantenimento abitanti
• Mantenimento attività edilizie tradizionali
• Attenzioni per i contenuti sociali delle operazioni di trasformazione e/o salvaguardia
• Urbanistica come prassi politica di gestione sociale e di partecipazione Strumenti di analisi conoscitiva:
• Ricerca iconografica e storiografica
• Ricerca fotografica
• Rilevamenti fotografici (dal basso e dall'alto)
• Rilevamenti urbanistico – architettonici
• Le indagini sulla tipologia (costanza di modi e di tipi del vivere e del fare che si concreta in edifici simili e
ripetuti).
• Nel caso di Bologna il patrimonio catastale è molto ampio.

Indagine tipologica
Il problema non sono le testimonianze alla scala della città, ma le analisi alla scala dei manufatti.
A Bologna fu fatta un'indagine sulla tipologia dei manufatti. Questa indagine tipologica si basava su un
intreccio di elementi di analisi storica e uno di ricostruzioni delle categorie tipologiche.
La tipologia è l'insieme delle caratteristiche spaziali e distributive che hanno caratteristiche costanti nei vari
edifici. Queste caratteristiche sono indipendenti dalla datazione, dalle tecniche costruttive e dai materiali
utilizzati.
Il concetto di tipologia conduce, alla individuazione di due strati sovrapposti di tipi, la cui relazione pone
una particolare problematica che è quella intercorrente fra tipologia urbana e tipologia edilizia. Lo studio
tipologico, nel caso specifico della conservazione attiva del centro storico, ha portato a un'individuazione di
tipi architettonici, attraverso analisi delle caratteristiche strutturali dimensionali e distributive e delle
necessità di utenza. Queste analisi mirano a definire le condizioni e i margini di trasformazione delle singole
categorie tipologiche individuate al momento attuale.
La tipologia edilizia è nata da una serie di funzioni dell'abitare umano, che con riferimento alla loro
reciproca organizzazione e al loro significato spaziale e strutturale: chiesa, convento, palazzo, case di
abitazione, ospedale ecc...

Dal punto di vista della morfologia urbana, la tipologia gioca quindi un proprio ruolo nella costituzione
della forma e rappresenta una costante definita da caratteri di omogeneità fisica e spaziale.
Una simile impostazione tende a salvaguardare l'aspetto principale del centro storico, come della città intesa

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 109 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
come somma di molte parti diverse e differenti nelle loro caratteristiche formali e sociologiche, la possibilità
di leggerla con continuità risiede appunto nel suo preminente carattere formale e sociologico. Un progetto di
conservazione attiva deve prescindere quindi da qualsiasi operazione di diradamento e di alterazioni delle
tipologie e delle strutture sia su scala urbanistica sia architettonica.
Le deduzioni tipologiche non potevano che nascere dall'analisi morfologica della città storica proprio poiché
questa si è attuata concretamente attraverso forme. Tramite tale lettura è possibile individuare le
implicazioni tipologiche del passato, così com'è possibile chiarire quella che è stata l'azione progettuale.

Struttura e tipologia: le caratteristiche tipologiche di un assetto architettonico sono direttamente


condizionate dal sistema strutturale portante, dalle tecniche costruttive, dai parametri dimensionali usati, dai
materiali impiegati secondo la tradizione locale ecc... Nel campo d'intervento della ristrutturazione di
un'eventuale sostituzione, o alterazione del sistema strutturale originale comporterebbe inevitabilmente
anche una diversa impostazione dell'organizzazione spaziale interna. Tale alterazione risulta operativamente
inaccettabile, venendo a mancare la condizione prima per cui, nelle diverse categorie e per ogni categoria, si
è ritenuto possibile un certo grado d'intervento e di ristrutturazione.

Qual è l'applicazione di un'analisi di questo tipo?


Stabilire le categorie d'intervento: ad esempio edifici con impianto aulico richiederanno interventi di
restauro più accurato e rigoroso che richiede anche più denaro.
A Bologna una delle caratteristiche principali è lo studio della casa a schiera su lotto gotico: parcellizzazione
del suolo urbano in modo congruo alla tipologia a schiera.
La casa a schiera si adattava meglio alle esigenze del tessuto sociale: la borghesia mercantile. Permetteva di
porre le botteghe al piano terra e avendo porzioni in facciata ridotte permetteva di pagare meno tasse. Poi era
facile da realizzare ed economica.

• Funzionalizzazione: destinazione d'uso, decentramento


Il problema del decadimento dei centri storici non va individuato nel dissolvimento in atto delle funzioni e
delle forme, ma piuttosto nel logoramento delle strutture socio-economiche. Crediamo, infatti, che le
funzioni, anche se modificate nel tempo, siano ancora sostanzialmente corrispondenti alle fondamentali
attività umane.
Del resto la modificazione delle strutture, cioè dei modi di essere delle funzioni, è il riflesso delle
modificazioni che avvengono nella società, e rappresentano quindi un processo inevitabile. Si tratta allora di
affrontare il problema sulla base di criteri e di programmi di risanamento conservativo che tendono a
restituire l'efficienza funzionale che compete alle diverse tipologie edilizie.
Sotto quest'angolo di visuale, assume importanza determinante nel programmare gli interventi di
conservazione e funzionalizzazione del centro storico, la valutazione del rapporto che intercorre tra forme e
funzioni. Nel caso specifico della conservazione attiva questo rapporto deve essere bene individuato:
occorre individuare le funzioni compatibili, adatte alle forme edilizie esistenti e immettere queste funzioni
così definite e selezionate, nelle relative compagini tipologiche.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 110 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
Nella compagine fisica del centro storico si sono individuate quattro grandi categorie tipologiche,
suddivisibili a loro volta in sotto categorie, le quali, offrono una base per quanto possibile rigorosa per quel
che riguarda la funzionalizzazione e la destinazione d'uso degli edifici antichi nell'epoca contemporanea. A
ogni categoria corrisponde una destinazione d'uso futura, omogenea e coerente con le caratteristiche
tipologiche, organizzative e strutturali dell'edificio. Le destinazioni d'uso che si possono stabilire per ogni
categoria tipologica hanno un significato solo esortativo. Non si devono quindi intendere come un rigido
vincolo, che sarebbe troppo limitativo non solo per la flessibilità del piano di conservazione, ma anche per la
libertà di decisione della collettività.

• Categorie:
Categoria A (chiese, palazzi, edifici seriali)
Grandi contenitori che comprendono:
• Edifici specialistici nodali unici (palazzo)
• Edifici specialistici nodali complessi (derivati dalla composizione di edifici specialistici nodali semplici
con corpi di fabbrica chiusi delimitati da chiostri, cortili…)
• Edifici specialistici nodali semplici (chiese, battisteri, campanili e torri)
• Edifici specialistici seriali (edifici caratterizzati dalla ripetizione seriale di partizioni strutturali modulari o
organismi architettonici tubolari e navate di chiese.)
Categoria B (edifici a corte)
Piccoli contenitori: tale schema tipologico si definisce per la tipica organizzazione a corte o meglio a corti
intorno alla quale si articolano i corpi di fabbrica principali e secondari.
In base alle dimensioni dei fronti e all'assetto particellare catastale, si sono individuati due gruppi di
organismo a corte:
• Edifici a corte con fronte dai 10 ai 20 ml
• Edifici a corte con fronte dai 21 ai 50 ml
Nel primo tipo alla semicorte principale, organizzata con l'androne passante e lo scalone, fa seguito una
seconda corte di servizio. Nel secondo tipo alla corte principale fa seguito un ampio giardino.
Categoria C (case popolari residenziali)
Edifici privati con particolari caratteristiche tipologiche organizzative a livello urbanistico (lottizzazione)
che discendono direttamente dall'assetto storico-socio-economico del popolo minuto. Una loro puntuale
valutazione deve essere fatta globalmente, poiché tale è il contesto in cui si presentano con precise
caratteristiche di serialità organizzate in forme tipologiche del tutto particolari.
Particolari destinazioni d'uso compatibili con tali caratteristiche tipologiche potranno essere: residenza
temporanea, residenza tradizionale nel caso di ripristino con aggregazione in serie di più unità. Tale
tipologia è stata riconosciuta adatta per residenze a basso costo.
Categoria D ( case non tipo logicamente definite )
Edifici privati con caratteristiche tipologiche tradizionali derivate da variazioni di scala e di toni dei tipi
superiori, o privi di caratteristiche peculiari o con spiccate caratteristiche che non rientrano però in uno
schema tipico ripetuto nel tessuto antico del centro storico.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 111 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
In questa categoria, piuttosto eterogenea e non sempre definita da spiccate caratteristiche tipologiche e
strutturali, deriva una maggior flessibilità ed adattabilità alla funzionalizzazione. In generale la destinazione
d'uso più compatibile resterà comunque la residenza.
• Potenziamento delle grandi risorse socio-economiche già intrinseche
Si intende confermare al centro storico la localizzazione e il potenziamento di attrezzature direzionali a
vasto raggio, compatibili con la sua struttura storico-ambientale, particolarmente caratterizzato nei seguenti
settori:
• Università
• Attività culturali
• Artigianato
• Attrezzature alberghiere e ricettive
• Turismo
• Attività rappresentative
• Attrezzature ricreative

L'università
È dal XIII secolo che la città di Bologna si pone come centro di cultura a livello europeo: università e
Bologna città si identificavano allora l'una nell'altra in un tutto fortemente integrato.
Questo equilibrio vitale e di relazioni viene alterato con gli sventramenti e le demolizioni dei popolosi
quartieri del settore nord-est della città, iniziati nel 1930.
La nuova città universitaria, che nasce dalla volontà di un sistema politico-economico privo di ogni istanza
democratica, si chiude alla vita della città. L'espansione indifferenziata a macchia d'olio della città
universitaria tende a realizzare, nel modo più irrazionale, una città nella città, traendo di fatto la sua stessa
origine e funzione.
Il piano per il centro storico intende quindi riscattare l'antico ruolo dell'università come centro di cultura e di
vita integrato e aperto.
E ciò attraverso:
• Il decentramento delle attrezzature e delle unità tecnicamente incompatibili con la struttura fisica del
centro storico
• La riqualificazione ed integrazione con il centro storico di quelle unità dipendenti anche da certe
attrezzature tipiche del centro storico come ad esempio: pinacoteche, biblioteche, musei ecc.. realizzando
anche residenze per studenti e professori integrate con le normali residenze del quartiere.
Nel quadro di un riordinamento degli studi universitari in generale il vincolo di una dimensione minima,
sufficiente a garantire una funzionalità sul piano organizzativo delle nuove espansioni delle unità di studi e
di ricerca.

La funzione commerciale
Si pensa che il centro commerciale primario possa coincidere con parte del centro storico, essendo tale
attività non contrastante con il principio di conservazione attiva è importante, per il mantenimento

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 112 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
dell'animazione e della vitalità del centro storico stesso, stabilire in che misura tale obiettivo sia coerente e
compatibile con quello che definisce le funzioni residenziali e le funzioni direzionali a lungo raggio
omogenee con la vita del centro storico.
Le più recenti indagini di urbanistica commerciale, svolte sul territorio di Bologna, hanno rilevato gli
squilibri esistenti nello sviluppo del settore commerciale, situazione d'altronde tipica di molte città italiane.
L'intervento operativo che il piano propone all'interno del centro storico prevede:
Un potenziamento del commercio minuto, attraverso una specializzazione e tipizzazione di tale attività
compatibile con la vita stessa del centro, e questo attraverso una politica di liberalizzazione delle licenze.
La possibilità di future realizzazioni di magazzini altamente specializzati come elementi necessari allo
sviluppo qualitativo del centro.

Decentramento
A conclusione di questa serie di valutazione si sono potuti rilevare questi caratteri: continuità e compattezza
del tessuto antico, omogeneità formale e funzionale, che non sopporta al suo interno parti subordinate ad
altre, pur ammettendo come fulcri e ossature del proprio organismo una molteplicità di punti singolari, di
monumenti che si pongono in stretto rapporto con l'ambiente circostante che non è solo o tanto il loro
supporto, quanto piuttosto, organismo esso stesso, valore urbano e storico insostituibile nella sua struttura.
Nel quadro della nuova dimensione urbana, il centro storico dovrà così assumere il valore di una delle tante
possibili scelte da compiere, di un particolare modo di abitare e di vivere, integrato alla nuova struttura
urbana e al suo territorio. In tal modo esso costituirà, un valore in atto per la vita di tutti i cittadini che
dovranno abituarsi a vedere in esso non un patrimonio morto da proteggere contro i continui attacchi, ma
l'orizzonte stesso della loro storia, da vivere e consultare giorno per giorno.
Il piano per il centro storico in sostanza, conferma l'originale destinazione mista del centro storico stesso,
come quartiere di abitazione e come sede di attrezzature a raggio più vasto.
Di qui due ordini di programma e controllo urbanistico:
Per il quartiere di abitazione si sono stabiliti normativamente gli standard igienici, il recupero della
dotazione dei servizi, del verde ecc. in modo che il comfort urbano non risulti inferiore a quello previsto
per ogni altro quartiere della città.
Per le attrezzature a raggio più vasto occorre operare una selezione mantenendo e incrementando solo le
attrezzature compatibili con la struttura fisica e tipologica del centro storico, ed escludendo quelle
incompatibili.
Si tratta quindi di precisare una scala di priorità con precise scadenze e alternative nel quadro di un piano
generale e nel quadro di una politica di decentramento globale.

Premesse demografiche
Come base per la ricerca sul centro storico si sono assunte le sezioni censuarie del X centesimo 1961
rientrati nei confini amministrativi del quartiere Centro.
Tentando ora di rappresentare l'evoluzione dell'attuale contenuto residenziale del centro storico per il
prossimo futuro, si può ipotizzare la popolazione massima che potrà essere albergata nel centro storico

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 113 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
rispettivamente per la zona A e per la zona B, una volta attuate le trasformazioni. Queste valutazioni hanno
portato all'ipotesi che mentre globalmente la popolazione residenziale della zona A dovrà subire una grande
diminuzione, la popolazione della zona B potrà incrementarsi ulteriormente. Globalmente le trasformazioni
che il piano prevede dovrebbero portare a un massimo di capienza del centro storico di circa 80000-85000
unità.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 114 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

43. Aspetti economico-finanziari del risanamento conservativo


(Bologna)
È necessario impostare, nel quadro di una pianificazione integrale, un'azione di programmazione economica
che tenga conto della natura, dei fini e del ruolo del centro storico in una collettività urbana e dei rapporti
che intercorrono tra il nucleo urbano e il tessuto socio-economico spaziale e territoriale nel quale vive. Il
criterio è in generale quello di far sì che la distribuzione delle risorse coincida a quella ottimale.

Per tendere a un giusto equilibrio, si tratta di agire con interventi graduati, in tempi brevi e in tempi lunghi,
tali da ristabilire una situazione di equilibrio in tutta la collettività urbana e quindi nella stessa area
metropolitana. L'aspetto temporale è molto importante perché l'azione per la conservazione e per la vitalità
del centro storico non deve essere qualche cosa di astratto dalla realtà quotidiana.

Volendo quindi indicare alcune vie di soluzione tecnico-economica che il piano ha assunto:
1. Revisione di tutte le funzioni del centro storico e conseguente programma di decentramento dei punti di
direzionalità e mercato.
2. Creazione di un'adeguata circolazione pedonale. Ne consegue che non si tratta di creare una pura e
semplice barriera alle automobili, ma anche di offrire adeguate attrezzature di parcheggio nelle prossimità di
accesso al centro storico.
3. Utilizzazione delle aree di proprietà pubblica per operare in maniera non soltanto da conservare gli edifici
storici interessati da funzioni pubbliche, ma anche per porre a disposizione della collettività parchi o giardini
attualmente chiusi.
4. Decentramento e razionalizzazione dell'università nel centro storico avendo ben presente:
Il vincolo di una dimensione minima d'espansione
Il diverso grado di possibile decentramento delle facoltà universitarie singole
5. Incentivazione di un turismo proiettato nello sviluppo.
6. Proiezione del centro con un suo preciso ruolo nell'area metropolitana in cui è inserito.
Si tratta in definitiva di volgere tutte le possibili forze di sviluppo economico a sostegno di equilibri a
misura dell'uomo.

Aspetti sociali del risanamento conservativo: il Peep del 1972 (piano per l'edilizia economica e popolare).

Più di ogni altro problema, quello sociologico è significativo solo se programmato e verificato su scala
comprensoriale, per cui rientra nella problematica generale del nuovo piano regolatore.
Dalla scala territoriale si dovrà passare, per la realizzazione di comparti di risanamento conservativo, alla
scala di quartiere o di area ambientale: solo a questo punto della pianificazione e a questa dimensione
d'intervento sarà necessario che i piani particolareggiati relativi ai comparti urbanistici prevedano
esplicitamente le differenti condizioni di vita che devono essere acquisite dalla popolazione che in quel

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 115 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
momento abiterà il quartiere.
Sul piano politico programmatico è sentita la necessità di un controllo di carattere sociale per quanto
riguarda tutti i problemi di organica ridistribuzione della popolazione degli alloggi risanati, che non
potranno più coincidere per cubatura e numero di vani con gli alloggi precedenti.
Tale controllo sociale dovrebbe promuovere, attraverso una politica d'incentivi e una metodologia operativa,
la conservazione sociale rendendo attivamente partecipi delle operazioni di conservazione e rivitalizzazione
gli utenti stessi, in modo da non interrompere con interventi predeterminati dall'alto, quella che è stata una
caratteristica dominante del centro storico e cioè la partecipazione dell'uomo come individuo e come
cittadino alla creazione del proprio ambiente di vita, e conseguire quella dimensione umana che non può
essere di esclusiva pertinenza dei tecnici e di ristretti organi competenti.

Dopo l'approvazione del piano del centro storico, fu svolta un'indagine sulle condizioni delle abitazioni e
sulla struttura della popolazione in centro storico. Per alcuni dei tredici comparti individuati si ravvisò
l'opportunità di un intervento pubblico, in considerazione del grado di decadenza del tessuto sociale, delle
condizioni igieniche di abitabilità, della fatiscenza delle strutture edilizie e, soprattutto, delle condizioni
economiche delle famiglie. Si trattava dei comparti Santa Caterina, Solferino, San Leonardo e San Carlo.
Si trattava di perseguire un obiettivo di conservazione non più rivolto soltanto agli edifici ma anche agli
abitanti. Per questo si decise di estendere anche al centro storico i piani di edilizia economica e popolare e di
indirizzare in tal senso i relativi finanziamenti.
Tuttavia l'idea non ebbe il successo sperato, soprattutto per le modalità, in particolare l'esproprio, che si
scontrarono con la ferma opposizione degli abitanti stessi. L'attuazione del progetto sui comparti avvenne
dunque attraverso interventi diretti sulle proprietà pubbliche e interventi privati convenzionati, quindi il
progetto complessivo di recupero urbano venne, per causa di forza maggiore, riconvertito in singoli progetti
alla scala edilizia. Per quanto riguarda l'aspetto sociale si segnala che a giugno del 1978, del patrimonio
pubblico erano stati recuperati e assegnati 212 alloggi e diciassette negozi, gli interventi convenzionati per il
recupero di alloggi privati avevano riguardato 226 abitazioni e quarantadue negozi.

La fase dell'attuazione – i comparti


“Il Piano per il centro storico definisce tredici comparti urbanistici di risanamento, aree omogenee dal punto
di vista morfologico, funzionale e socioeconomico, idonei per interventi di iniziativa pubblica.
Nelle zone individuate si è manifestato il più forte esodo ella popolazione rispetto al restante territorio
storico e un alto grado di decadimento fisico igienico delle abitazioni.
La corretta valutazione di questo fenomeno ha consentito di stabilire il criterio di demarcazione tra zona e
zona e di individuare i modi d'intervento.”
I comparti erano distribuiti lontano fra di loro per creare omogeneità distributiva. Venivano scelti di solito i
quartieri più degradati anche perché comprare quelle proprietà era molto meno caro di comprarne altre in
stato migliore.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 116 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

44. Le leggi per la casa: la legge 5 Agosto 1978 n°457


Legge 5 Agosto 1978 n°457 - Piano decennale per l'edilizia residenziale

Le leggi per la casa avevano affrontato solo episodicamente il problema del finanziamento dell'intervento
pubblico nell'edilizia privata. E non era stata affrontata, salvo che nel peep di Bologna, la questione di un
intervento volto al recupero dell'edilizia esistente.
A entrambe queste carenze vuole provvedere la legge 5 agosto 1978 n.457, più nota come piano decennale.
Essa avrebbe dovuto concludere il tempo delle riforme e consentire finalmente quella continuità dell'azione
pubblica che è stata auspicata da decenni di dibattiti.
La legge si preoccupa in primo luogo di definire in modo più compiuto le procedure dell'intervento
pubblico.
La riorganizzazione del ciclo edilizio è basata su tre livelli temporali:
• Il piano decennale: dovrebbe fissare gli obiettivi a lungo termine e le linee d'azione statale nel settore
edilizio.
• Il programma quadriennale: dovrebbe rappresentare lo strumento per la realizzazione degli obiettivi
stabiliti con il piano decennale attraverso la ripartizione fra i settori di intervento e fra le regioni delle risorse
finanziarie disponibili.
• Il progetto biennale: doveva rappresentare lo strumento di raccordo tra la programmazione delle risorse
ed il loro effettivo impiego, collegando il settore edilizio agli strumenti della politica finanziaria dello stato.
Il ruolo fondamentale è affidato al Cer un organo governativo. Gli compete: la definizione della normativa
tecnica nazionale, il controllo della sperimentazione, la messa a punto di un sistema informativo per i
problemi della casa. Si può affermare che è stato progettato un meccanismo teoricamente perfetto. Esso nei
primi tempi sembra destinato a una puntuale attuazione. Il Cipe infatti impartisce direttive che hanno il
pregio di disegnare, per la prima volta nella storia dell'intervento pubblico nel settore, un quadro di
riferimento sufficientemente preciso per indirizzare l'azione degli organi ai quali è affidata l'attuazione di
tale intervento. Ma gli altri protagonisti, il Cer e le regioni, cominciano ad accumulare ritardi e
inadempienze che portano allo spreco delle pur rilevanti risorse finanziarie di cui è dotata la legge, al
fallimento delle nuove procedure e forniscono il pretesti per la controriforma.

La 457 resta una legge fondamentale soprattutto per le norme a favore degli interventi di recupero del
patrimonio edilizio esistente.
Le innovazioni legislative in materia sono:
• Una nomenclatura specifica per questi interventi
• La destinazione ad essi di una quota minima inderogabile dei finanziamenti pubblici
• L'indicazione di strumenti urbanistici ad hoc
Le definizioni degli interventi che formano il recupero sono in verità poco soddisfacenti. I due nuovi
strumenti urbanistici, le zone e i piani di recupero, sono anch'essi poco convincenti: se è vero che risolvono
in parte il problema di una specie di piano di zona proprio per gli interventi in aree edificare, è però anche

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 117 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
vero che sanciscono in tal modo la specialità del recupero rispetto alle tradizionali operazioni di nuova
edificazione, che perciò restano quelle più diffuse, di quotidiana e ordinaria amministrazione. La scelta di
sicuro più importante è la riserva a favore del recupero del 15% almeno degli stanziamenti pubblici, è quella
che in concreto meglio manifesta il nuovo orientamento legislativo.

Legge 5 Agosto 1978 n°457 - Titolo IV - Norme generali per il recupero del patrimonio edilizio ed
urbanistico esistente

Le zone di recupero sono individuate:


• all'atto della formazione dello strumento urbanistico generale Per Comuni non ancora dotati di PRG;
• con deliberazione del Consiglio Comunale Per Comuni dotati di PRG All'interno delle zone di recupero si
distinguono:
• Immobili e aree per i quali il rilascio della concessione è subordinato alla formazione dei Piani di recupero
• Immobili e aree per i quali il rilascio della concessione è subordinato solo al rispetto delle previsioni del
PRG

Piano particolareggiato a tutti gli effetti


I piani di recupero sono attuati:
• dai proprietari singoli o riuniti in consorzio
• dai Comuni
Per gli interventi diretti (di rilevante e preminente interesse pubblico)
Per l'adeguamento delle urbanizzazioni
Per inerzia dei proprietari privati (il comune interviene con l'esproprio se dopo 3 anni il privato risulta
inadempiente)

I proprietari di immobili rappresentanti i 3/4 del valore di un'area compresa nelle zone di recupero possono
presentare proposte di piani di recupero.

1. Manutenzione ordinaria Recupero


2. Manutenzione straordinaria Recupero
3. Restauro e risanamento conservativo Recupero
4. Ristrutturazione Edilizia Demolizione con/senza ricostruzione
5. Ristrutturazione Urbanistica Demolizione con/senza ricostruzione

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 118 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

45. Bologna
Gli avvenimenti che si succedono nella prima metà del secolo XIX poco incidono sulla struttura urbana,
perché la formazione di una nuova classe borghese di possidenti e capitalisti va a scapito prevalentemente
della nobiltà, la quale non ha saputo cogliere il senso delle trasformazioni politiche in atto, mentre le classi
sociali povere continuano ad avere la loro consistente presenza nel regno. Dopo l'annessione al regno
sabaudo i grandi lavori della ferrovia e le sedi bancarie alterano parte del tessuto urbano, modificando il
rapporto città campagna iniziando quel processo di sostituzione che darà luogo ad una serie di nuove
componenti urbane non più integrabili con quelle del passato. Anzi delimiteranno per sempre la parte antica
da intendersi quale parte da sostituire successivamente con nuove strutture corrispondenti a moderne
esigenze. Queste innovazioni non posso più esser contenute nel perimetro delle mura e assumeranno sempre
di più il ruolo di nuova città a cui subordinare quella del passato. Da qui gli sventramenti, gli allargamenti.

Con l'avvento delle industrie si forma il centro storico e il nuovo sistema economico basato dell'industria,
coincide, con l'unità governativa del paese. Nel caso specifico di Bologna l'indagine relativa al periodo che
va dalla fine del settecento alla metà dell'ottocento coincide con la conclusione dell'impianto storico, in
quanto tutto quello che avviene dopo è avulso al contesto urbano precedente. Questi 50 anni concludono il
progetto della città, circondata da mura con il tessuto viario tracciato in epoche lontane e definito
architettettonicamente con l'insieme degli interventi che si sono susseguiti, con gli spazi pieni e quelli liberi
all'interno degli isolati più lontani dal centro che racchiudono vaste zone per orti e giardini con lo spazio
agricolo nettamente opposto a quello urbano. Con il processo di sviluppo urbano definito di tipo capitalista,
nel senso che le preesistenti componenti povere della città non modificano il loro ruolo sociale subalterno,
pur assumendo un ruolo fondamentale nel processo di accumulazione per il nascente capitale fondiario. Con
il loro spostamento dalla città alla periferia non solo si predispone il terreno a operazioni speculative che
saranno tanto redditizie quanto più centrale sarà l'area da loro occupata, ma si ottiene soprattutto una
suddivisione del territorio per classi sociali che vedrà sempre più emarginata quella povera.

Dal 1808 al 1840 si registra un incremento relativo alla popolazione del suburbio risulta circa il doppio di
quella della città, ha inizio in questo periodo un processo di popolamento delle campagne che provocherà
l'integrazione territoriale delle zone immediatamente esterne al centro antico. È proprio a partire dalla prima
metà dell'Ottocento che la popolazione sarà in costante aumento e causerà quelle sostituzioni urbanistiche
non più assumibili alla struttura precedente.

Forse non a caso nel periodo di trapasso della città a centro storico gli interventi urbanistici ed edilizi non
intaccano la conformazione urbana lasciata in eredità della secolare presenza pontificia. Si muovo in due
direzioni le questioni urbanistiche della città: l' assorbimento ed uso civile del patrimonio ecclesiastico,
messo in vendita all'asta dei beni nazionali e la riproposizione in chiave romantica dell'architettura e degli
stili medievali. I complessi conventuali che hanno avuto un ruolo preminente in tutto lo sviluppo urbano
continuano la loro specifica funzione assolvendo funzioni pubbliche e coagulano l'interesse edilizio anche

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 119 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
extra mura, territorio investito per la prima volta da un afflusso demografico. I grandi lavori interessano il
territorio mentre per la città lo sforzo è interessato soprattutto verso le opere pubbliche d'interesse generale.
In città si procedere all'apertura di viali alberati, alla costruzione del porticato che va dal Meloncello alla
Certosa, alla definizione della strada Porrettana, alla realizzazione del primo impianto di illuminazione e
cosi via.
Nel 1849 viene emanato un decreto per migliorare le case dei poveri, non a caso le operazioni di restauro
seguendo i modelli dell'architettura bolognese introducono una nuova tendenza, un nuovo metodo, per
affrontare l'evoluzione urbanistica. Per un verso le nuove costruzioni adeguano il loro stile ai monumenti
del romanico e del gotico, mentre il restauro porta a una serie di falsi storici che contribuisce in maniera
disarmante a determinare e definire l'assetto morfologico. Con la costruzione della stazione e delle numerose
linee ferroviarie si fa luce anche a Bologna il concetto di unire con una strada rettilinea la stazione al centro,
alla piazza seguendo i principi urbanistici di importazione francese. Già nel 1862 vengono esposti i primi
progetti ma si realizzerà soltanto nel 1884. Le nuove spinte sociali portarono alla fondazione di una società
operaia di Bologna alla quale fece seguito l'inaugurazione di alcune case operaie. MA l'attenzione degli
amministratori era appuntata maggiormente sul decoro della città e sul problema del risanamento edilizio.
Con questo spirito nel 1860 venne decretata via Farini il cui tracciato doveva seguire quello delle vie Borgo
Salamo e dei Libi, tra il 160 e il 1870 si procedette agli allargamenti di queste vie con l'abbattimento di
numerose case. Sempre in quest'anno vennero abbattuti numerosi edifici nel Canton dei Fiori, tra piazza
Nettuno e San Pietro, e altre demolizioni per allargare via Saragozza allo scopo di creare un piazzale vicino
alla nuova porta: nel 1862 iniziarono i lavori per liberare l'area destinata a Piazza Cavour.
Due costruzioni alterano il tessuto storico: Gli edifici della banca nazionale e quello della Cassa di risparmio
che doveva precludere all'apertura di piazza Minghetti. Per permettere una migliore circolazione nella piazza
Ravegnana nel 1871 viene abbattuta la chiesina Malvezzi e venne trasportata nella chiesa di San Petronio la
statua del santo. Nel 1889 entra in vigore un piano regolatore che codifica i sistemi d'intervento he erano
stati applicati in quegli anni e prepara ad un'altra serie di interventi di cui molti verrano realizzati.
I punti del piano regolatore erano i seguenti:
• ESEGUIRE DEGLI ALLARGAMENTI IN TALUNE STRADE PRINCIPALI
• COSTRUIRE DELLE STRADE E DEI PARZIALI AMPLIAMENTI
• RETTIFICARE E MIGLIORARE ALTRE VIE DI MINORE IMPORTANZA
A questi principi fanno capo una serie di lavori proposti come l'allargamento delle vie Rizzoli, Ugo Bassi e
delle piazze e strade contermini, nuova strada lungo via casse, piano d'ampliamento negli orti Garagnani e
formazione di una piazza accanto alla cassa di risparmio e sono previste allargamenti, demolizioni, presso
via Volturno, cavaliera, barriera. Questo piano si realizza nelle zone centrali ma rimane praticamente
inattuato nelle sue prospettive di ampliamento. Durante gli anni 20 la popolazione migrava verso il centro, il
quale non garantiva prospettive di lavoro consone a tutte queste persone, passando al primo dopoguerra si
assiste a un aumento degli insediamenti residenziali e di piccole residenze industriali.
L'incremento edilizio del periodo previsto già dal piano 1889 con determinate caratteristiche formali e
dimensionali si attuò al di fuori ditale schema, non solo sul piano formale, ma anche soprattutto sul piano
del contenuto: le zone verdi, gli slarghi furono soppressi sotto la spinta di speculazione iniziata prima nelle

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 120 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
aree interne con gli sventramenti e trasferita poi nel terreno agricolo. Dal punto di vista economico, durante
il periodo fascista, si determinò l'ampliamento di alcune attività industriali, mentre dal punto di vista
urbanistico si ebbero degli interventi a carattere chiaramente demagogico. Si registrano due avvenimenti
importanti: il concorso nazionale per la sistemazione e l'imbocco sud della via Roma, e quello per il nuovo
piano regolatore. Il primo è un classico intervento speculativo di un vecchio centro storico con protesto la
miglioria della circolazione. Mentre il secondo segna un periodo tumultuoso che si concluderà nel 1958 con
l'approvazione del piano.
Tappe intermedie: lo schema di piano territoriale di coordinamento del 1940-42 il progetto di piano
regolatore negli stessi anni, la rielaborazione del piano regolatore del 1945 non adottato e il piano di
ricostruzione del 1947. L'importanza del concorso del 1938 sta tutta nella sua durata; le soluzioni si
presentano nelle successive elaborazioni, l'impianto progettuale si conserva attraverso gli adattamenti a una
situazione di movimento e il risultato del 1958 decreta uno schema nato prima. L'amministrazione
democratica ha ripreso e attuato il vecchi impianto urbanistico ma non ha espresso una nuova linea
urbanistica in accordo con le prospettive sociali dei suoi programmi politici. I limiti del piano del 1958 sono
equivalente tecnico di una concezione politico-amministrativa più preoccupata dell'attuabilità di un
programma che del suo significato. il nuovo piano regolatore produce all'interno del centro storico alcuni
scempi irreparabili: la ricostruzione in termini violentemente speculativi della zona nord-ovest, la
demolizione dell'isolato compreso fra vie Farini e Foscherara e i guasti di piazza Galilei. Intorno anni
settanta inizia una battaglia per il patrimonio urbanistico in particolare non si vuole demolire la chiesa di S.
Giorgio e l'anno dopo ha inizio una ricerca a carattere settoriale sui principi che dovranno presidiare alla
formazione della variante al piano regolatore per il centro storico. Accanto ad alcuni interventi che
applicano in modo impreciso i criteri del restauro sono da ricordare i nuovi edifici in via san Petronio
vecchio, la sostituzione di casa in via santo Stefano ad opera dell'istituto autonomo delle case popolari. Nel
1969 il consiglio comunale approva la variante al piano per il centro storico, variante il cui principio del
restauro conservativo inteso come conoscenza del passato quale programmazione del futuro diventa legge.
Questo piano è successivo piano per l'edilizia economica popolare nel centro storico costituiscono un
momento fondamentale nel processo di pianificazioni della città. Quando nel 1970 l'amministrazione
comunale adottò la variante generale del piano regolatore, inserì fra i progettisti i consigli di quartiere e fra i
collaboratori le commissioni di quartiere. Il nuovo metodo non corrispondeva quindi ad una metodica
ispirata alle ultime conquiste dei modelli progettuali ma al contrario proponeva un sistema per definirne il
volto della città, le cui caratteristiche erano esaltate attraverso la partecipazione diretta e democratica di tutti
coloro interessati al futuro. I quartieri furono istituiti nel 1964 con un provvedimento che risaliva alla legge
comunale e provinciale, la città fu suddivisa in 14 zone secondo una perimetrazione coincidente con i borghi
e le località storicamente individuabili al di fuori della città murata. Questi quartieri formate da un consiglio
di 20 persone, elette dal consiglio comunale corrispondevano percentualmente a gruppi politici presenti nel
consiglio comunale. Il concetto urbanistico di quartiere aveva anche un suo significato ideologico: nel
quartiere borghese, si diceva, le funzioni sociali si risolvono nell'abitazione stessa, che si nega alla vita in
comune come il villino la palazzina. Il quartiere al contrario cancellerà il lotto privato individuale e costruirà
la matrice della città in quanto la realizzazione e l'organizzazione delle case è pesata simultaneamente ai

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 121 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
servizi comunali. Ovviamente il quartiere pensato degli urbanisti era completamente differente da quello
progettato, il primo era di dimensioni modeste ed era soprattutto progetto di una organizzazione urbana e
non parte di città già costruita o già definita da vecchi e burocratici piani regolatori, in definitiva bisognava
riorganizzare la città con quartieri di tipo amministrativo, quindi in senso prettamente politico.
Si è cosi realizzata nel tempo una pianificazione urbanistica legata strettamente alle scelte economiche
operate a Bologna con i piani-programma triennali e attraverso questo tipo di pianificazione, con le
successive verifiche di scala, del piano regolatore al progetto esecutivo, si è pervenuti alla gestione sociale e
al controllo pubblico del territorio.
L'esperienza in atto a Bologna mostra che la condizione necessaria e indispensabile per attuare questo tipo di
pianificazione urbana è data dalla presenza dei cittadini che insieme all'ente pubblico definiscono le
caratteristiche del piano nel rispetto delle esigenze di tutti facendo coesistere interessi pubblici e privati nella
consapevolezza che la città e il territorio sono patrimonio comune. Bologna proporne l'utilizzo del
patrimonio architettonico storico e culturale nel suo insieme fornendo una nuova risposta alle esigenze
sociali del territorio. L'architetto non soltanto l'esecutore tecnico ma è soprattutto cittadino. Il controllo
pubblico dell'uso del centro storico è già in concreta operatività dal 1969 anno di adozione del piano per il
centro storico di bologna da parte dell'amministrazione comunale, con l'attuazione del piano programma
1973-75 e l'applicazione della legge sulla casa. Per il centro storico una volta stabilito che la politica
settoriale di salvaguardia fisica e sociale deve essere strettamente legata alla politica generale di sviluppo
sociale economico della città vanno verificate condizioni di fondo per poter garantire l'effettiva attuazione
della politica di conservazione. Si tratta di valutare quelle che sono stata e sono le condizioni necessarie per
inquadrare organicamente una politica di conservazione fisica e sociale del centro storico articolata a sua
volta in politica della casa, dei servizi, di riqualificazione delle attrezzature universitarie.
La prima scelta tradotta in strumento di piano e di programma fu operata con il piano comprensoriale di
riequilibrio territoriale del 1967 che interessa 17 comuni compreso quello di Bologna. L'obiettivo politico di
garantire un equilibrio ecologico ambientale e la realizzazione di un parco territoriale urbano di collina
veniva raggiunto con il piano regolatore per la zona collinare del 1969 mentre contemporaneamente con il
pian del centro storico veniva garantita la scelta determinante della tutela del tessuto storico e dell'ambiente
naturale. Nel 1973 e nel 1974 sono stati adottati due strumenti urbanistici per l'attuazione delle scelte di
piano: il piano per l'edilizia economica popolare nel centro storico e il piano della casa nel restante territorio
basato sul rinnovo urbano al fine di un riutilizzo economico del patrimonio esistente anche all'esterno del
centro storico. Il programma elaborato dai quartieri definiva le priorità della programmazione comunale, con
particolare riferimento alla politica dei consumi sociali e dei servizi e responsabilizzava per la prima volta le
autonomie decentrate nella determinazione del bilancio comunale. Nel 1975 e 1976 vengono adottati due
strumenti di notevole importanza: la convenzione per gli interventi nel centro storico e la convenzioni per
interventi di edilizia pubblica nelle zone esterne. Il controllo dell'uso del centro storico in particolare veniva
attuato operativamente dall'amministrazione comunale attraverso la messa a punto di diversi provvedimenti
tecnici e legislativi, attraverso strumenti urbanistici adottati e si articola su due livelli mediante un controllo
diretto e indiretto. Il primo prevede l'attuazione tramite convenzione di piani particolareggiati d'intervento
pubblico per la casa, i servizi, il verde e l'università, il secondo si attua attraverso la normalità di piano e il

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 122 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
controllo dei quartieri sulle licenze edilizie sia per quanto riguardo la modalità d'uso del restauro sia
soprattutto riguardo le destinazioni d'uso proposte alla residenza al commercio alla direzionalità. In
conclusione per salvare i centri storici è necessario inquadrare i piani d'intervento specifico nell'ambito di
una programmazione territoriale che impedisca che essi siano travolti da attività e funzioni incompatibili con
la loro struttura. I centri storici possono essere conservati come insostituibile bene culturale solo se si
rispetta il loro patrimonio umano se vi si mantiene la popolazione e le attività direzionali.
Il reperimento selettivo del materiale documentario originale la lettura conoscitiva e l'elaborazione
metodologica finalizzata ai momenti operativi di piano costituiscono una base d'approccio conoscitivo
metodologico alla pianificazione della conservazione del riutilizzo del patrimonio edilizio esistente. Si
possono considerare essenziali la ricerca iconografica, la ricerca fotografica, i rilevamenti fotografici dal
basso e dall'alto, i rilevamenti urbanistici architettonici alle scale 1.200 e 1.50 e i plastici. I primi documenti
rinvenuti risalgono al 500 e si tratta di appunti sulla consistenza edilizia in cui si mostra una particolare
attenzione alla casa. Un altro campione è l'ospedale della vita dove la rappresentazione è un codice miniato,
più tecnici i catasti dell'abbazia dei santi di fine 600-700 riportano un assonometria dell'aspetto delle case.
Mentre nel XIX secolo grazie al materiale proveniente dall'assunteria dell'Ornato dove sono appunti tecnici
con dizioni descrittive e notazioni grafiche. Prendendo in considerazione il materiale d'archivio raccolto
emerge come l'elemento unitario iconografico sia la casa, con la rappresentazione assonometrica e in pianta
dei vari secoli.
Un ulteriore strumento conoscitivo è dato dal rilevamento architettonico urbanistico degli isolati che
costituisce l'elaborato base del progetto del restauro poiché consente la visione globale dell'organizzazione
degli edifici, dei singoli tipi, nell'isolato in rapporto con i documenti storici delle diverse epoche. In grado di
esattezza di questi rilievi non è il massimo ma attraverso degli accorgimenti si può avviare il lavoro
d'analisi. Si riconoscono le cadenze parcellari , l'utilizzazione fondiaria all'interno dei lotti, la crescita e le
alterazioni della tipologia pertinente. Il rilievo alla scala 1.200 dei fronti stradali fa registrare sensibili
vantaggi rispetto ad altri sistemi di rappresentazione poiché permette una visione unitaria dell'intera cortina
edilizia contenuta in un disegno di ragionevoli dimensioni. I preprogetti di restauro urbano eseguiti su detti
isolati campione hanno consentito sia di stabilire i criteri di restauro a scala di intero isolato, sia di risolvere i
problemi di ricomposizione e di riconfigurazione degli spazi alterati e distrutti. Il momento conoscitivo
dell'edificio da restaurare trova il suo compimento nel rilievo alla scala 1.50 la cui restituzione grafica
costituisce la base anche degli elaborati di progetto. I criteri informatori per la stesura grafica a questa scala
sono della massima importanza nell'economia del lavoro poiché il disegno deve assumere i caratteri del
diagramma tecnico con la possibilità di accogliere e dare il maggior numero di indicazioni.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 123 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

46. Il piano regolatore del 1969 (Bologna)


Ha per oggetto tutto il territorio racchiuso entro i viali della circonvallazione che insistono nel tracciato della
cinta muraria nonché le appendici dei borghi esterni alla porte di Saragozza. All'interno del perimento fisico
del centro storico sono state individuate due zone una il cui tessuto edilizio ha conservato le sue
caratteristiche di integrità e l'altra costituita dal risultato delle attuazioni in particolare del piano regolatore
del 1889, del piano di ricostruzione e del piano regolatore del 1958, il centro storico è considerato come un
organismo unitario e non come un insieme di organismi edilizi ma il piano individua specificamente un
perimetro in cui il tessuto della città antica si è conservato in misura sufficientemente completa. Ed entro
questo perimetro tutti gli edifici storici vengono considerati degni di conservazione pur prevedendo una
graduatoria di interventi con esclusione della demolizione e della ricostruzione. Il piano fornisce quindi la
dimostrazione tecnica della possibilità reale di attuare i principio di restauro integrale anche per una città
antica molto estesa.
La classificazione e schedatura degli edifici antichi non solo secondo una graduatoria dei pregi storici e
ambientali, ma soprattutto secondo le caratteristiche tipologiche ha permesso di trasformare la prima
schedatura dei valori storico ambientali da quantitativa in qualitativa. La conoscenza diretta delle
caratteristiche strutturali ha reso possibile la messa a punto di una normativa complessa per la gestione e il
controllo delle nuove destinazioni d'uso compatibili. Questo piano elaborato dagli uffici tecnici comunali
dimostra che le responsabilità della pianificazione devono essere esercitate dall'amministrazione pubblica
con la collaborazione di tutti i cittadini. Il piano regolatore precedente prevedeva una serie di sventramenti
per far posto ai nuovi collegamenti viari e di ristrutturazione dell'antico tessuto edilizio che avrebbero
alterato la città.
Gli obiettivi tecnici del piano sono diversi ma hanno come comune obiettivo la salvaguardia del centro
storico e della sua immissione nella struttura della città e del territorio come parte qualificata. Si previene
• A PRESERVARE LA DISTRUZIINE DEL CENTRO STORICO
• A INTEGRARE IL PATRIMONIO ARTISTICO STORICO CULTURALE NEL CONTESTO SOCIALE
ED ECONOMICO DEL TERRITORIO
• A DECENTRARE TUTTI I GENERATORI DI DIREZIONALITÀ MEDIANTE LA CREAZIONE DI
NUOVE AREEE DI SVILUPPO TERZIARIO ESTERNE AL NUCLEO STORICO
• A DOTARE IL CENTRO STORICO DI TUTTI GLI STANDARD
• A RAZIONALIZZARE LA VIABILITÀ AGGANCIANDOLA ALLA VIABILITÀ TERRITORIALE

L'analisi dei diversi momenti storici dell'espansione porta a considerare il centro storico di Bologna come
aggregazione di varie unità morfologiche il cui disegno era globalmente percepibile attraverso il rapporto
continuo che si determinava tra il contorno limite della struttura urbana: mura, il tessuto edilizio costituito
dall'insieme continuo delle case di abitazione, le emergenze architettoniche. Il nucleo più antico del entro
storico corrispondente alla seconda aggregazione morfologica si configura oggi come la tipica città murata
formatosi sull'impianto a reticolo di età romana. Attorno a questo nucleo si sviluppa la città rinascimentale e

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 124 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
barocca. La scala urbana del tessuto del nucleo più antico si presenta in una dimensione ridotta in vivo
contrasto con gli organismi monumentali fortemente caratterizzati e contrappunta al verticalismo delle torri
medievali. La città rinascimentale barocca cambiò definitivamente lo schema tracciato a reticolo e si
sviluppò lungo le direttrici radiali che erano state imposte dalla seconda aggregazione. Di conseguenza
anche la lottizzazione subì un cambiamento, in particolare dapprima aveva una forma rettangolare
caratterizzato da un netto prevalere dei pieni sui vuoti, successivamente si passò con la seconda
aggregazione a lotti di forma rettangolare allungati, soltanto con la terza aggregazione si rileva una
profondità accentuata dei lotti configurati irregolarmente e un ribaltamento dei rapporti fra pieno e vuoto.
All'interno si manifesta uno spazio di orti e giardini.
Ai due diversi assetti delle tipologie urbanistiche descritte corrispondono due diversi assetti delle tipologie
edilizie. Mentre all'interno del perimetro dell'abitato di età romana le singole particelle catastali hanno forme
quadrangolari, con lati fra di loro non troppo disuguali, all'esterno del perimetro dell'abitato di età romana le
singole particelle catastali hanno generalmente forme rettangolari molto allungate. La scala di quest'ultima
espansione urbana è superiore dimensionalmente alla precedente ed è caratterizzata da ampie strade radiali
porticate da un continuum architettonico. Il centro storico dunque si è rinnovato allargandosi i capisaldi di
espansione urbana fecero occupare sempre territori nuovi secondo un chiaro piano d'espansione radiale: le
nuove opere rinascimentali e della controriforma incentivarono nuove direzioni di sviluppo. La città antica
è sempre stata largamente caratterizzata dalla residenza e la forma con cui si realizzano i diversi tipi edilizi
residenziali e l'aspetto tipologico interno ed esterno che li identifica sono strettamente legati alla forma
urbana.
Si sono dunque individuate diverse soluzioni operative all'interno del centro storico:
Categoria
1a e 1b: restauro
2a: risanamento e ripristino tipologico conservativo
2b: ristrutturazione con vincolo parziale
3a: ricostruzione condizionata
3b: demolizione senza ricostruzione.

Per il restauro si intendono quelle operazioni volte alla conservazione della totalità degli assetti costruttivi
tipologici formali che caratterizzano l'ultimo stato dell'organismo edilizio attraverso:
• La conservazione dei caratteri formali strutturali tipologici e la loro valorizzazione
• Il ripristino delle organizzazioni urbanistiche
• Il ripristino delle parti alterate
• L'eliminazione delle superfetazioni o di parti in contrasto con l'ambiente
• Il mantenimento e il ripristino degli spazi liberi interni ed esterni.

Si deve intendere per monumento qualsiasi espressione architettonica e qualsiasi complesso ambientale
particolarmente caratterizzato da singoli organismi fortemente tipicizzati, o dalla qualità del tessuto edilizio
di cui consta, anche se non in relazione ad una sola epoca. Quando l'oggetto su cui si deve intervenire è un

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 125 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
unicum al tempo stesso oggetto d'uso e opera d'arte in sé, qualsiasi intervento che ne modifichi l'assetto
consolidato e storico deve potersi giustificare non sulla base del gusto né di un'alternativa personale. Il
concetto di non intervenire con nuovi inserimenti sostituitivi in un contesto urbanistico o architettonico
storico ben definito, non deriva da una maggiore fiducia nei progettisti del passato rispetto a quelli attuali, né
risiede in una semplice ermeneutica di conservazione del patrimonio artistico e ambientale, ma trova la
sua ragione d'essere nel modo con cui si affronta l'opera del passato nel tempo presente. Per opere di
consolidamento devono intendersi solo quelle necessarie a convalidare la stabilità dell'edificio e non
comportano modifiche o alterazioni sostanziali alla struttura dell'edificio. Per opere di restauro deve
intendersi non solo conservazione dell'edificio ma soprattutto valorizzazione dei suoi caratteri architettonici
decorativi. Lo studio tipologico ha portato ad individuare di tipi architettonici e delle necessità di utenza.
Queste analisi mirano a livello di indagine e di rappresentazione a definire le condizioni e i margini di
trasformazione delle singole categorie tipologiche individuate al momento attuale.
La tipologia edilizia è nata da una serie di funzioni dell'abitare umano, che in riferimento alla loro reciproca
organizzazione e al loro significato si sono legate secondo una determinata forma spaziale e aggregazione
strutturale, il cui aspetto edilizio può chiamarsi chiesa, palazzo ecc. La tipologia ha quindi un proprio ruolo
nella costruzione della forma e rappresenta una costante ripetuta e definita da caratteri riconoscibili di
omogeneità fisica e spaziale. Nel campo di intervento un'eventuale sostituzione o alterazione del sistema
comporta inevitabilmente anche una diversa impostazione dell'organizzazione spaziale interna.
Operativamente risultano determinanti per la comprensione e analisi delle caratteristiche tipologiche il
sistema strutturale portante originale, i parametri dimensionali compositivi e le relative tecniche costruttive.

Categoria 2a: RIPRISTINO E RISANAMENTO CONSERVATIVO


È esteso a tutti gli elementi esterni (facciata, portici ecc.)
Alle caratteristiche tipologiche strutturali e funzionali (blocco scale )
A questa categoria corrispondono due diverse aggregazioni: la tipica struttura edilizia delle zone signorili
dove gli ampi cortili formano i fulcri delle singole unità immobiliari
La tipica struttura delle zone artigianali commerciali dove molte unità immobiliari strette e profonde sono
accostate fra loro mentre gli spazi aperti all'interno degli isolati si qualificano come aree ortive accorpate.
Rispetto ai tipi compositivi il controllo è rivolto alla definizione dei volumi, alla partizioni dei fronti,
all'ordine degli elementi architettonici significativi.

Categoria 2b: RISTRUTTURAZIONE CON VINCOLO PARZIALE


L'assetto tipologico del tessuto architettonico e urbanistico esistente deve mantenere nella nuova stesura
quelle caratteristiche che gli sono precipue e al limite deve esserci un recupero di queste. La conservazione
della facciata va vista come corrispondenza biunivoca fra il mantenimento della facciata e la riprogettazione
della tipologia. Questa categoria è giustificata dalla postazione che l'edificio o gli edifici in oggetto
concorrono con le loro parti esterne, a circoscrivere o caratterizzare un ambiente urbano, e, constatazione
che l'edificio così vincolato ha subito al suo interno sostanziali alterazioni del tipo e del genere.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 126 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
Categoria 3a: In questo gruppi sono stati compresi edifici recenti che non posseggono caratteristiche tali da
esigere la conservazione.

Categoria 3b: Edifici sorti in aree cortilive che nella struttura del disegno urbano rappresentano dei vuoti
vitali.

Una volta definiti i criteri operativi, la disciplina urbanistica di tutela prevede le seguenti modalità:
• Intervento edilizio diretto per singole unità catastali assicurando così al piano una totale flessibilità
• Intervento edilizio diretto per più unità catastali comparti subcomparti e unità minime di intervento edilizio
per garantire il raggiungimento di obiettivi urbanistici. L'intervento per singoli edifici è consentito nei caso
degli edifici soggetti a restauro. Per le altre categorie l'intervento singoli è permesso soltanto se gli edifici si
trovano fuori dai limiti che definiscono i comparti urbanistici previsti dal piano.
Il piano definisce 13 comparti urbanistici quali aree sufficientemente omogenee dal punto di vista
morfologico e funzionale nelle quali si sono individuati i singoli subcomparti e le unità minime d'intervento
edilizio specifico. La definizione numerica e tipologica di questi comparti urbanistici individuati discende da
altri due aspetti il grado di fatiscenza delle strutture tipologiche e il grado di decadenza della struttura
socioeconomico relativa. Dalle caratteristiche morfologiche del tessuto antico di bologna discende una
possibile identificazione del sub comparto di intervento: il sub comparto deve essere sufficientemente
omogeneo per caratteristiche morfologiche del tessuto e per caratteristiche tipologiche e strutturali delle
singole particelle catastali componenti l'insieme: possono quindi essere stralciati dal contesto dell'intervento
gli edifici da restaurare e di categoria 3a in quanto di recente costruzione, poiché è di estrema importanza
che il sub comparto presenti la massima omogeneità anche a livello tecnico comparativo.
• Il sub comparto deve essere sufficientemente omogeneo per caratteristiche funzionali e per destinazioni
d'uso deve verificarsi anche una certa similarità di condizioni statico-igieniche
• Dal punto di vista operativo nell'ambito dei subcomparti sono state individuate delle unità minime
d'intervento edilizio con progettazione unitaria obbligatoria. Dal punto di vista metodologia con la
delimitazione di tali unità minime si configura come aggregazione di tipologie che per essere state costruite
in modo unitario possono essere considerate unità edilizie tipologiche omogenee.

Nel caso del centro storico occorre su un indagine preliminare delle principali tipologie edilizie costituenti
la compagine del centro, individuare le funzioni compatibili, congeniali alle forme edilizie esistenti e
immettere queste funzioni nelle relative compagini tipologiche. In fase di elaborazione del piano si è cercato
di censire tipologicamente e di definire il contenitore edilizio del centro storico e di costruire una possibile
teoria delle funzioni che possono essere adattate alla parte antica della città. Si sono individuate 4 grandi
categorie tipologiche suddivise a loro volta in sottocategorie le quali tendono di fornire dei modelli teorici e
definiscono una base per la destinazione d'uso degli edifici antichi.

Categoria A è quella dei grandi contenitori e comprende:


• edifici specialistici nodali unici: per la particolare complessità dell'organizzazione degli spazi delle forme e

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 127 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
delle funzioni realizzano e delimitano nella loro articolazione interi isolati (palazzo podestà, collegio di
Spagna)
• edifici specialisti nodali complessi: derivati dalla varia composizione di edifici specialistici nodali semplici
con corpi di fabbrica chiusi delimitando chiostri cortine ecc
• edifici specialistici nodali semplici: chiese, battisteri
• edifici specialistici seriali: caratterizzati dalla ripetizione seriale di partizioni strutturali modulari,
organismi architettonici a manica porticati ( Palazzo dei Banchi, portico degli alemanni) e organismi
architettonici a navata di chiesa come le stalle.
Per le peculiari caratteristiche strutturali, e per la presenza di grandi spazi interni ed esterni la destinazione
d'uso dei complessi architettonici non può non essere che quella pubblica o collettiva a livello di quartiere.

Per la categoria B si definisce per la tipica organizzazione a corte intorno alle quale si articolano i corpi di
fabbrica principali e secondari. La corte viene ulteriormente caratterizzata da elementi distribuitivi
strettamente articolati con essa come il grande volume avvolgente il blocco scale. In base alle dimensioni dei
fronti e dell'assetto particellare catastale si sono individuati nel tessuto del centro storico due differenti
gruppi di organismi a corte:
• ed. A corte con fronte dai 10 a 20 m
• ed. a corte con fronte dai 21 a 50 m
Nel primo tipo alla semicorte principale organizzata con l'androne passante e lo scalone fa seguito una
seconda corte di servizio o un piccolo giardino murato. Nel secondo tipo alla corte fa seguito un ampio
giardino di ispirazione tardo rinascimentale o un parco di notevoli dimensioni. Le caratteristiche
organizzative degli spazi e dei volumi non possono far ammettere destinazioni d'uso differenti da quelle
iniziali ecco perché vengono adibite ad oggi a funzioni di tipo rappresentativo e culturale.

Categoria c: comprende quegli edifici con particolari caratteristiche tipologiche e organizzative a livello
urbanistico che discendono direttamente dall'assetto storico-socio-economico dei ceti sociali minori. Le loro
particolarissime caratteristiche tipologiche costituiscono valide giustificazioni per operare una loro possibile
conservazione e il loro recupero:
• Sul piano del documento storico sociale
• Sul piano organizzativo strutturale intrinseco alle singole particelle
• Sul piano di una possibile metodologica d'intervento che si può dedurre direttamente dai parametri e dai
moduli operativi
Una destinazione d'uso compatibili con tali caratteristiche può essere la residenza tradizionale che preveda
appartamenti per studenti, famiglie ecc, in particolare le abitazioni a basso costo contribuiscono a ancorare
la popolazione a basso reddito nel centro storico e conservarne l'equilibrio sociale, favorire i rapporti faccia
a faccia sociali tra persone e gruppi, e attribuire al centro storico quale parte del patrimonio edilizio esistente
un suo valore economico globale.

Categoria D comprende edifici privati con caratteristiche tipologiche derivate da variazioni di scala di tipi

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 128 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
superiori o con caratteristiche che non rientrano in uno schema tipico ripetuto nel tessuto antico del centro
storico. In generale la destinazione d'uso resta comunque la residenza di ogni tipo e forma o qualsiasi altra
funzione ad essa associabile. Per il quartiere di abitazione si sono stabiliti normativamente gli standard
abitativi, il recupero della dotazione di servizi e il verde.

Il piano di Bologna dunque inquadra la conservazione del centro in un progetto di modificazione dello
sviluppo urbano: limitazione dell'espansione periferica, miglioramento e riattrezza tura dell'area urbanizzata
attuale. La modificazione dello sviluppo urbano può essere messa in atto soltanto dall'amministrazione
pubblica la quale deve creare gli strumenti giuridici amministrativi e finanziari necessari ad ottenere
l'integrazione fra intervento pubblico e privato. L'amministrazione si propone di ottenere questo scopo con i
seguenti strumenti: utilizzazione del patrimonio edilizio pubblico, convenzioni con i proprietari per
finalizzare il restauro in cambio dell'accettazione degli standard edilizi e ricorso all'esproprio solo quando è
impossibile un accordo tra i proprietari. Bologna dimostra che è possibile integrare i servizi nel centro
storico senza alterarne la forma.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 129 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

47. Il Piano per l'Edilizia Pubblica e Popolare il PEEP


Il piano per l'edilizia economica e popolare relativo al centro storico di Bologna elaborato in applicazione
alle leggi italiane sulla casa si pone come nuova variante integrativa del piano comunale di edilizia
economica e popolare PEEP che era stato adottato dal comune e approvato dal ministero dei lavori pubblici
nel 1965. È stato adottato il 1973, questo piano propone nei quartieri popolari della città antica , un
operazione di risanamento conservativo del tessuto edilizio esistente attraverso l'intervento pubblico, questo
provvedimento integrativo che ha validità 1980 interessa soltanto 5 comparti urbanistici rispetto ai 13
programmati dal piano per il centro storico, scelti da quelli che ammettono condizioni più precarie dal punto
di vista igienico e strutturale e caratteristiche di omogeneità tipologiche strutturali e sociali.
Lo scopo sociale del piano è quello di poter generalizzare il concetto di equo canone (un canone di
locazione il cui ammontare non è lasciato alla libera contrattazione delle parti bensì è stabilito dalla legge,
secondo parametri generali), laddove è possibile applicarlo e farlo rispettare. Lo standard deve essere
determinato per controllare la rispondenza delle future strutture residenziali a un particolare tipo di
preesistenti e future strutture sociali. La funzione residenziale che si propone non è univoca ma deve
considerarsi definibile ai diversi livelli funzionali che si ottengono associando i servizi di ogni grado a un
numero proporzionale di alloggi. Il programma di intervento operativo nel centro storico da parte dell'ente
pubblico si articola su due vie principali parallele, una via percorre la dimensione economico sociale con
tutte le implicazioni di una complessa dinamica delle componenti sociali della città. Una seconda via
riguarda la struttura fisica un tessuto urbanistico di valore storico lo trasforma o modifica attraverso il
restauro in modo conforme agli obiettivi politici tecnici.

Gli obiettivi politici sono


• attuare una politica di intervento pubblico nel rinnovamento urbano
• attuare la conservazione attiva fisica e sociale del centro storico
• eliminare la rendita differenziata attuando interventi di edilizia economica e popolare anche nel centro
storico
• controllo e gestione del risanamento da parte dell'ente pubblico attraverso convenzioni con i privati
• funzionalizzare le tipologie edilizie esistenti
• rendere i costi del ripristino conservativo competitivi con i costi complessivi dei nuovi insediamenti
periferici
• controllare rigorosamente la gestione dell'edilizia sociale

Mentre gli obiettivi tecnici riguardano:


• preservare dalla distruzione fisica e sociale e dell'uso capitalistico il centro storico.
• integrare il patrimonio culturale alla residenza
• dotare tutti i comparti di standard urbanistici
• proporre un modello operativo per una politica dei centri storici.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 130 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

Con questo atto urbanistico si applicano per la prima volta in Italia, per un'operazione di risanamento legge
che sono state pesate principalmente per la costruzione di nuove abitazioni nella periferia urbana.
Le cinque zone interessate sono:
comparto urbanistico 2:
Santa Caterina sub. comp a
----- 5: Solferino sub. com da a ad e.
----- 7: Fondazza sub. comp. a, b, d, e
----- 9: San Leonardo sub. comp a, b, c, d
-----12: San Carlo sub. comp a, b, c

Queste zone contano una popolazione di circa 6000 contro i 13000 residenti nei 13 comparti (unità
edificabile, costituita da un'area fabbricabile ed eventualmente da costruzioni da trasformare secondo
speciali prescrizioni, in cui debba essere realizzata una sistemazione edilizia in base a un nuovo piano
regolatore). Ci soffermiamo su Solferino e San Leonardo sia per l'assetto costruito sia per l'estrema
omogeneità della compagine edilizia sia per le reali possibilità operative immediate. Il rilievo a scala 1.200
ha premesso una sufficiente grado di conoscenza dell'assieme edilizio e tra i rapporti tra il volume costruito
e gli spazi aperti, con la necessaria integrazione della restituzione grafica dei fronti su strada eseguita in
scala opportuna. Il comparto Solferino faceva parte della dipendenza del convento di san Procolo, con uno
sfruttamento del terreno prevalentemente agricolo, per ottimizzare maggior mente il ricavato i frati
lottizzarono il terreno ormai prossimo alle espansioni urbane ed extra urbane.
I borghi, gli isolati vennero poi compresi nell'ultima grande cerchia murata e ricompresi in un programma di
lottizzazione urbana. In questo comparto si è in presenza di un aggregazione urbana costituita da una serie di
isolati allungati posti parallelamente all'andamento delle curve di livello che ripetono la trama delle strade
principali. Lo schema degli isolati più diffuso per i borghi di nuova fondazione e le singole cellule si
inseriscono ai lati della strada, con l'abitazione vera e propria sul fronte e un orto sul retro. L'esigenza di
inventare un disegno per la pianificazione ex novo di spazi urbani hanno richiesto connessioni logiche tra
strada e cellula abitativa tra esigenze distributive e possibilità di connessione tra elementi dati. Il controllo
dei mezzi tecnici costruttivi ha comportato di per se una razionalizzazione delle dimensioni stesse degli
isolati e delle singole cellule abitative strette e profonde tra affiancamento seriale. In pratica la nuova
espansione dei borghi rappresenta una mediazione fra le regolarità geometrica ideale e la crescita naturale. I
modi di raddoppio il coretto posizionamento delle strade la partizione di unità base modulari rilevano un
continuo controllo architettonico della proporzione globale. Ciò ha comportato la formazione dei quartieri
con maglia geometricamente definita in modo mediato, senza costruire elemento di rottura rispetto alle
direttrici principali con perfetto raccordo con i tracciati curvilinei preesistenti e con riferimento agli elementi
architettonici e tipologici che hanno spesso preceduto la nuova espansione come i conventi extramura.
Anche i complessi conventuali come Santa Caterina hanno avuto un espansione urbana per addizione. Per
quanto riguarda la lettura della struttura di tali isolati determinante è la definizione dei moduli di
frazionamento catastale., si è individuato uno schema dell'impianto basato su moduli principali di

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 131 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
frazionamento catastale di circa 4 5 7 m e sui loro derivati di circa 8-10m . i frazionamenti corrispondenti ai
lotti di risulta sulle testate dell'isolato sono gravemente anomali. La legge della formazione degli insieme
urbani risulta quindi una corrispondenza biunivoca tra la parcellizzazione e la forma edilizia. All'interno di
questo rapporto diretto rientrano tutte le indicazioni progettuali e in particolare le classificazioni i modelli
planimetrici le caratteristiche distributive. Gli edifici presenti rientrano nella categoria C case operaie,
artigianali, che oltre ad essere quella dominante riveste dal punto di vista dell'intervento progettuale e
funzionale il maggiore interesse per la messa a punto di una metodologia del restauro conservativo.
L'analisi inizialmente si è svolta con il raggruppamento di campioni edilizi definiti in base alle dimensioni
del lotto e dall'aggregazione distributiva degli spazi edilizi. si sono potete individuare le fasi di aggregazione
edilizia e il relativo uso modale del suolo. il fronte definisce porzioni modulari del lotto basate su misure
standard e relativi multipli. Le organizzazioni edilizie interne non rispondenti alla fase di aggregazione
hanno definito in modo unico le superfetazioni (parte costruita successivamente al completamento
dell'edificio, che ne modifichi l'assetto originario e ne deturpi l'estetica). Il successo dell'operazione che sia
restauro o ripristino tipologico dipende da un lato dalla pertinenza delle destinazioni d'uso previste e
dall'altro dalla metodologia progettuale di restauro con cui l'ambito dell'intervento viene definito nel quadro
della struttura edilizia ed urbana. Si è giunti alla definizione di un metodo di ricomposizione delle singole
unità riferite all'insieme d'appartenenza, cioè a un modello di utilizzazione dell'area in relazione ai diversi
tipi edilizi presenti. Gli elementi originari sono stati spesso alterati nel tempo e nell''uso per la suddivisone
dell'unico alloggio a più piani e più nuclei familiari, mentre i locali a piano terra sono ancora destinati ad
attività artigianali o commerciali. L'unita modulare originaria ha i lati ciechi con un fronte minimo e uno
sviluppo in profondità che arriva negli organismi più complessi anche a coprire tutta la lunghezza del lotto
di pertinenza. In tale cellula vi sono soltanto due spazi ambiente per piano, illuminati dall'esterno e una
distribuzione verticale per accedere agli ambienti dei piani superiori. Il blocco scala e per di più disposto
perpendicolarmente all'asse dell'androne passante tra portico esterno e giardino orto. Il restauro a livello
tipologico funzionale permette a seconda delle varie possibilità di attuare un riscontro d'aria. I servizi a
blocco standardizzati trovano una collocazione interna disimpegnando i fronti esterni e lasciando così i vani
abitabili gli affaccia menti sugli spazi aperti. La liberazione delle superfetazione viene attuata a livello dei
cortili e degli orti anche ai piani più alti.
Un ulteriore categoria si presenta nell'assetto di uno, due, tre piani. Nel caso dei tre piani è possibile
prefigurare le seguenti combinazioni funzionali che vanno a risolvere la gamma delle esigenze abitative
varie che si riscontrano nel tessuto sociale. La prima combinazione è data da 4 appartamenti minimi di 30-5
m per studenti ecc., la seconda prevede due appartamenti di 30-45 m minimi per studenti, famiglie ecc. e un
appartamento su due livelli duplex di 120- 180 m. la terza impiega tutto l'organismo con sei appartamenti di
minimo 30-45 m sempre per le seguenti tipologie. La categoria cci deriva dalla cbi come risultato di una
crescita organica in profondità all'interno del lotto, con l'aggregazione di un corpo collegato da un
passaggio, spesso una loggia al di là di una corte modulata interna. È possibile prevedere due combinazioni
la prima è data da 3 appartamenti minimi di 30-45 m disposti su tre piani nei vani verso la strada, e tre
appartamenti di 60-80 m nel secondo doppio blocco, sulla corte modulata interna. La seconda più aderente
ai criteri di flessibilità d'uso prevede la stessa combinazione per i primi due piani mentre per il terzo c'è un

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 132 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
appartamento di 90-125 m. la tipologia c2b3 può risultare come associazione originaria di moduli semplici o
come associazione forzosa di due tipologie indipendenti. La collocazione dei servizi a blocco standardizzato
nella parte più interna degli alloggi, permette una articolazione per i vari tagli di alloggio della quantità e
qualità della dotazione dei pezzi. Negli appartamenti minimi si prevede la combinazione del blocco dei
servizi igienici con la cucinetta. Anche la posizione e l'individuamento del blocco scala è importante può
essere di circa 2.30, mentre la copertura è solitamente a 2 falde. Il confronto del modello riproposto con
analoghi schemi edilizi europei, oltre che porre in evidenzia le corrispondenze serve a far comprendere
come l'operazione di conservazione incida su un tessuto edilizio facilmente recuperabile sotto il profilo delle
esigenze abitative attuali. Fornendo un modello di case a schiera ripetibile con un corretto rapporto tra
spazio costruito e libero si ha una risposta congrua alla domanda sulla validità di questo tipo di
conservazione nell'ambito di un tessuto urbano ricco.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 133 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

48. Comparto S. Leonardo


Si limita al sub. comp. c e presenta caratteristiche simili a quella di Solferino, presenta un tipo di
frazionamento più marcato e una gamma di notazioni strutturali molto interessanti.
Nell'isolato tra S. Leonardo, San Vitale e Sant'Apollonia la struttura urbanistica risente della presenza
catalizzatrice di San Vitale una delle radiali principali dell'espansione storica della città antica romana.
La lottizzazione è influenzata da questa presenza prevalente e, a differenza di Solferino dove alle teste degli
isolati si ha un solo tipo edilizio che chiude naturalmente la serie dei lotti paralleli edificati, con un
continuum della costruzione che delimita spazialmente la strada, nel sub. comp. si avverte un diverso
andamento della lottizazione, della strada principale verso l'interno. L'isolato si presenta mutilo degli
sventramenti operati nella zona universitaria. All'interno si possono riscontrare tipi edilizi di prima
aggregazione che restano come testimonianza della formazione della città proprio nei borghi più antichi.
L'attuazione del PEEP nei 5 comparti attraverso lo strumento della convenzione ha richiesto una
predisposizione e attuazione di un programma di intervento pubblico al fine di realizzare le case parcheggio
nei comparti individuati per l'avvio e il risanamento della convenzione. Attuato da IACP, il comune con i
fondi della legge sulla casa e fra il comune e la GESCAL, regione.
Le schede d'analisi della tipologia edilizia rappresentano una sintesi dell'iter progettuale per il restauro di
ogni singola unità edilizia e visualizzano una prassi operativa di progettazione delle trasformazioni
oggettivamente dedotta dalle singoli analisi strutturali. La deduzione dei momenti di formazione e crescita
del modello edilizio è compiuta attraverso l'analisi dell'uso modale del suolo riferito all'assetto catastale del
lotto verificando l'organizzazione fondaria già individuata a grande scala per l'intero isolato e l'analisi
dell'assetto tipologico distribuitivo e organizzativo dell'unità edilizia in cui vengono presi in considerazione
sia l'origine della crescita strutturale sia la prima aggregazione organica.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 134 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti

49. Il piano dei servizi sociali e culturali


Il controllo pubblico dell'uso del centro storico di Bologna attuato attraverso una politica dei servizi e dei
consumi sociali a supporto e complemento della politica della casa, è il punto qualificante del piano-
programma comunale 1973-75 che ha il suo momento operativo nel piano d'intervento pubblico per la
riorganizzazione e ristrutturazione dei servizi e dell'università.
L'adattamento del patrimonio architettonico monumentale, in vista della sua destinazione a servizi
pubblici, rappresenta l'obiettivo di fondo di una politica che si pone sia come reale alternativa alla crescita
tendenziale e indiscriminate della città sia come rifiuto della logica di sviluppo capitalista. Il coordinamento
nei tempi e nei modi, della realizzazione unitaria di case e servizi trova un suo preciso punto di riferimento
nel programma di ristrutturazione e di adeguamento funzionale e tipologico di complessi monumentali e di
contenitori definito come i quattro quartieri interni alla cinta murata. Un attività che prevede interventi tesi a
riequilibrare anche funzioni e strutture scolastiche. Il progetto di cogliere diverse attività in un unico
complesso architettonico riconoscendo negli spazi la vocazionalità intrinseca, ha portato a compiere
esperienze d'avanguardia nel campo del restauro attivo.

Il piano dei servizi sociali e culturali costituisce un programma d'intervento pubblico sugli organismi
architettonici destinati dal piano per il centro storico a servizi sociali e ad attività collettive a livello di
quartiere urbano. Il tipo di pianificazione assunta per il centro storico fa si che i provvedimenti specifici si
vengano a configurare come veri e propri piani parti d'intervento architettonico progettuale. Per la
definizione del modello operativo d'intervento di restauro va sottolineato come si faccia riferimento a una
successione di operazioni ripetibili sia nel caso di un singolo edificio antico sia un complesso storico, nel
caso della progettazione ex novo si opera attraverso diverse successive approssimazioni che oltre al continuo
aggiustamento vedono sempre più ampliare il concetto delle indagini conoscitive; il reperimento dei dati, il
confronto… Il processo progettuale è terminato dolo perché interviene un atto decisionale a porre fine al
momento conoscitivo per l'ulteriore affinamento perché si è giunti con un grado sufficiente di avvicinamento
alla summa dei presupposti.

Per un edificio esistente su cui si debba operare il restauro non esiste all'atto dell'intervento altro che
l'aspetto codificato dall'uso ultimo al quale era stato adibito e la ricerca della struttura originaria spesso si
traduce che in una vera deviazione concettuale. La ricerca dei processi di trasformazione dell'organismo
porta ad avere al contrario una visione sempre più chiara dell'aspetto costitutivo dell'insieme che fornisce
quindi i dati di partenza dello strumento progettuale che consiste nel percorrere a ritroso le singole situazioni
verificatesi nel tempo. Nel processo conoscitivo si possono individuare diverse operazioni analitiche che
formano la prima parte del modello operativo.
La prima riguarda l'inquadramento storico dell'edificio e si articola su due livelli: un primo livello tendente
ad accertare ogni riferimento alle vicende insediative alle motivazioni istituzionali e un secondo tendente a
reperire materiale illustrativo e documenti grafici.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 135 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
La seconda operazione è quella dell'analisi storico-strutturale il processo analitico investe tutto il tessuto
urbano attraverso la ricerca delle alterazioni conseguenti l'inserimento e il consolidamento dell'organismo.
La terza operazione riguarda l'individuazione strutturale delle componenti architettoniche attraverso il
rilievo analitico si deve giungere al duplice scopo di chiarire sia gli aspetti oggettivi fisico dimensionali sia
quelli più strettamente relativi alla sovrapposizione di elementi dimensionali - si deve infine procedere
all'analisi tipologica di tipo strutturale, compiuto il rilievo a ogni livello dell'edificio e dei fronti è possibile
procedere alla comprensione globale del fabbricato sotto il profilo costruttivo e individuare le eventuali
anomalie.
Una volta terminato il processo conoscitivo si procede all'operazione di sintesi: l'ipotesi progettuale e l'inter
di continua approssimazione delle esigenze di destinazione. In questo modo dalla confluenza di tutti i dati
nasce il recupero del complesso contenitore che ha come matrice l'assunto generale della conservazione
attiva e come ambito il continui incontro con le indicazioni di quartiere.
Due elementi fondamentali dell'operazione di recupero dei grandi contenitori urbani vanno analizzati il
primo fa riferimento a una qualità estrinseca all'oggetto architettonico e investe la dimensione minima
dell'area omogenea ed è la PERMEABILITÀ ESTERNA. Il secondo fa riferimento a una qualità intrinseca e
investe la sua dimensione spaziale volumetrica ed è la FLESSIBILITÀ INTERNA. Oggi i novanta e più
conventi che costituivano le emergenze architettoniche sono incorporati in edifici residenziali, ma per quasi
tutti è trasformata l'originaria funzione. Con la creazione dell'ultima cerchia murata si vennero a configurare
due sistemi di conventi intesi come poli di aggregazione dell'espansione urbana, a questi sistemi monastici si
combina il sistema di espansione per borghi cioè quel tipo di addizione urbana che inviluppa i borghi
artigiani e operai extramura. Una seconda qualità della permeabilità nella scala del quartiere o del borgo è
rappresentata dal sistema organizzativo urbano di posizionamento del convento contenitore: asse del borgo
che viene a determinare un insieme di spazi di relazione pubblica fondamentale di permeabilità della
residenza al grande contenitore funzionale.
Gli spazi di relazione pubblica e privata sono genericamente:
Servizi pubblici urbani: piazze ecc.
S. semipubblici urbani: ospedali, biblioteche
S. – di quartiere: associazioni ecc.
S. privati di caseggiato isolato: giardinetti interni orti comuni
S.- per nuclei abitativi: la casa pubblica a proprietà indivisa viene affidata a un autogestione attraverso forme
partecipative in via di definizione da parte delle commissioni di quartiere.
Dallo schema generale di aggregazione dei complessi conventuali discende la qualità a scala architettonica
della flessibilità interna che può essere messa in luce solo attraverso l'analisi strutturale dello stato di
aggregazione spaziale e funzionale dell'organismo convento-contenitore. Nel caso di Bologna la
dislocazione dei sistemi conventuali determina un coagulo urbano: il palazzo trova il proprio ambito
all'interno di una trama adattandosi organicamente alla disponibilità territoriale immediata, mentre il sistema
conventuale rappresenta l'antitesi alla vita urbana. Il convento si sovrappone allo spazio circostante, ci si
ritrova di fronte a diversi fenomeni di permanenza di assetto, all'interno della zona più antica si registrano
processi di instabilità dovuti alla creazione di quest'ultimi dell'epoca di controriforma. Mentre i grandi

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 136 di 137
Martina Scozzari Sezione Appunti
monasteri di prima localizzazione si sovrappongono al territorio inglobando gli spazi aperti nel piano
generale di autosufficienza con un impianto modello sempre ripetuto, queste strutture operano
preferibilmente per il preciso ruolo politico, culturale ecc., a contatto vivo con la città in un contesto già
stabilizzato. Quindi la sola strategia di espansione consiste nell'assimilare prima e nel trasformare poi,
l'instabilità del tessuto urbano è dunque conseguenza diretta del tipo edilizio sovrapposto al contrario, la
stabilita degli organismi di tipo conventuale si spiega alla luce della forte caratterizzazione che ha
determinato un rapporto talmente preciso tra spazio interno e spazio esterno, che solo l'annientamento può
cancellarlo.

Dalla nascita dell'urbanistica alla fine del XXI secolo Pagina 137 di 137
Indice
1. La formazione della città industriale 1
2. Inghilterra: problemi e patologie delle città 5
3. Le utopie del XIX secolo: il contesto storico e socio-economico Owen 10
4. Le utopie del XIX secolo: il contesto storico e socio-economico Fourier 15
5. Le utopie del XIX secolo: il contesto storico e socio-economico Godin 18
6. Le utopie del XIX secolo: il contesto storico e socio-economico Cabet 20
7. Le origini dell'urbanistica moderna: l'approccio tecnico 23
8. Chadwick e Fichera 26
9. L'infrastrutturazizzazione delle grandi città europee e la regolamentazione edilizia 30
10. Geddes: città in evoluzione 32
11. Il piano urbanistico nella legislazione e nella prassi italiana 40
12. Le basi dell'urbanistica d'oggi in Italia 49
13. La cultura urbanistica italiana e la legge n.1150 del 1942 52
14. Le procedure della pianificazione 54
15. L'Italia dal dopoguerra alla vertenza per la riforma urbanistica 56
16. L'urbanistica a Napoli dal dopoguerra ad oggi: note e documenti 61
17. Il Piano Regolatore Generale di Assisi 67
18. La struttura urbana di Assisi 72
19. La rovina recente di Assisi 74
20. Il censimento dei valori architettonici e urbanistici della città entro le mura 75
21. La situazione delle abitazioni e delle famiglie (Assisi) 76
22. Attuale destinazione delle aree (Assisi) 77
23. Sintesi della situazione e prospettive di sviluppo di Assisi 78
24. Finalità degli interventi economici (Assisi) 79
25. L'Italia dal dopoguerra alla vertenza per la riforma urbanistica 80
26. Legge 167 del 1962: un sottoprodotto del dibattito sulla riforma urbanistica 83
27. Gli anni di Agrigento 84
28. La «legge ponte» 86
29. Un anno di moratoria 88
30. La frana di Agrigento del 1966 e la commissione d'inchiesta Martuscelli 89
31. La frana e l'istituzione della Commissione di Indagine 90
32. Il metodo di lavoro della Commissione di Indagine 91
33. I risultati della Commissione di Indagine 92
34. La compromissione del patrimonio storico e ambientale 94
35. Conclusioni della Commissione: Considerazioni 95
36. Urbanistica Incostituzionale 96
37. La sentenza del Maggio 1968 97
38. Il dibattito sulle sentenze 98
39. Nuovi indirizzi per la riforma 99
40. L'Italia dal dopoguerra alla vertenza per la riforma urbanistica 100
41. Il piano per il centro storico di Bologna 103
42. Il piano di recupero – Piano Particolareggiato (Bologna) 106
43. Aspetti economico-finanziari del risanamento conservativo (Bologna) 115
44. Le leggi per la casa: la legge 5 Agosto 1978 n°457 117
45. Bologna 119
46. Il piano regolatore del 1969 (Bologna) 124
47. Il Piano per l'Edilizia Pubblica e Popolare il PEEP 130
48. Comparto S. Leonardo 134
49. Il piano dei servizi sociali e culturali 135

Potrebbero piacerti anche