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Diritto Privato

Concetti Generali
01 Introduzione al corso
Diritto Pubblico e Privato, differenze:
 Diritto Pubblico: gli strumenti d’azione del diritto pubblico sono essenzialmente autoritativi/
coercitivi, le regole del diritto pubblico sono inderogabili;
 Diritto Privato: gli strumenti d’azione del diritto privato sono essenzialmente paritari, le regole del
diritto privato si distinguono tra derogabili ed inderogabili;

Le prime (quelle derogabili) si distinguono ulteriormente tra dispositive (che dettano una regola che
può essere derogata dalla volontà delle parti) e suppletive (che dettano una regola che sia applica solo
se i privati – ad esempio in un contratto – non abbiano regolato un dato aspetto e servono, quindi, per
coprire eventuali lacune).

Le seconde (quelle inderogabili) si applicano a prescindere da una volontà difforme dei privati. Queste sono
comunque diverse dalle norme inderogabili del diritto pubblico, perché la sanzione viene applicata solo se è
lo stesso interessato che si rivolge al giudice, senza l’iniziativa– di regola – dell’autorità pubblica.

Fanno parte del diritto Pubblico:


 Il diritto Costituzionale (che regola essenzialmente la struttura e l’organizzazione dello Stato);
 il diritto Amministrativo (che si occupa dell’attività della pubblica amministrazione);
 il diritto Penale (che disciplina la potestà punitiva dello Stato);
 il diritto Tributario (che disciplina i potere dello Stato di imporre tributi);
 il diritto Processuale (che regolamenta le modalità con cui lo Stato risolve le controversie insorte
tra cittadini e tra questi e la pubblica amministrazione), etc.

Fanno parte del diritto Privato:


 il diritto Civile (che detta le regole generali dei rapporti tra privati con i suoi sottosistemi del
diritto di famiglia, delle successioni, ecc.);
 il diritto Commerciale (nei diversi sotto sistemi come il diritto d’impresa, delle società,
fallimentare, ecc.);
 e il diritto del lavoro.

Esistono inoltre i cosiddetti diritti Compositi in cui si trovano regolamentazioni sia di diritto pubblico
che privato:
 diritto della Navigazione;
 diritto dello sport;
 diritto dell’Economia;
 etc.

Le fonti del diritto sono:


 fonti di produzione, da cui promanano le regole ed i principi;
 fonti di cognizione, documenti e pubblicazioni ufficiali da cui si prende conoscenza del testo di un
atto normativo.
Le fonti di produzione sono strutturate secondo il seguente ordine gerarchico:
a) Costituzione e fonti equiparate come le consuetudini internazionali;
b) Fonti dell’Unione Europea (Regolamenti e direttive);
c) Fonti Primarie (fonti internazionali di carattere pattizio, referendum abrogativo di leggi ordinarie,
leggi ordinarie statali, decreti legislativi e decreti legge, regolamenti parlamentari, atti con forza di
legge, leggi regionali);
d) Fonti secondarie (Regolamenti della Pubblica Amministrazione);
e) Fonti terziarie (Consuetudini);

Il Codice Civile è il testo legislativo più importante del diritto privato perché contiene una regolamentazione
organica e tendenzialmente esaustiva degli istituti del diritto privato.

Sulla codificazione Italiana hanno avuto notevole influenza sia il “Code Napoléon” (Codice Civile Francese
1804) sia il “Burgerliches Gesetzbuch Tedesco” entrato in vigore nel 1900.

02 Ordinamento e Soggetti
Il diritto si identifica con l’ordinamento giuridico che costituisce l’intero complesso normativo dei una
determinata comunità sociale. Gli ordinamenti statali democratici si prefiggono di garantire l’ordine non
come fine ultimo, bensì in funzione dell’esigenza primaria di consentire a ciascun soggetto l’esercizio della
massima libertà senza ledere l’altrui libertà, in modo che sia consentito a tutti di soddisfare i propri
interessi. L’ordinamento, nell’accezione di complesso di regole e principi, integra il c.d. diritto oggettivo.
Diversa è invece la nozione di diritto soggettivo. Quest’ultimo costituisce il potere riconosciuto ad ogni
consociato di realizzare il proprio interesse secondo l’ordinamento giuridico. Il diritto soggettivo è quindi
costituito da un potere, attribuito alla volontà del soggetto e garantito dall’ordinamento giuridico, per
conseguire il soddisfacimento dei propri interessi. Gli elementi costituitivi sono pertanto due: interesse e
volontà.

La norma giuridica è una regola di condotta fissata dall’ordinamento. Essa si compone di precetto e
sanzione.

L’ordinamento giuridico si presenta come un insieme di regole di condotta con cui una determinata
comunità di persone organizza la propria convivenza, disciplinando i rapporti tra coloro che ne fanno parte.
Per tale ragione la norma giuridica ha come destinatario la persona umana.

L’uomo avverte dei bisogni, intesi come stati soggettivi di insoddisfazione dai quali lo stesso tende ad
uscire. Il bisogno «è il desiderio di disporre di un mezzo reputato atto a far cessare una sensazione dolorosa
o a provocarla o a conservare una sensazione piacevole o a provocarla»4. È un stato di tensione fra la
volontà che ambisce alla soddisfazione di un fine e l’ambiente che ne ostacola l’immediato
soddisfacimento. L’uomo agisce per eliminare ogni suo stato di insoddisfazione, procurandosi i mezzi
congrui ai suoi fini. I bisogni, allora, come espressione dei fini individuali, sono il movente dell’attività
umana che va alla ricerca di beni, ossia entità oggettive (cose materiali o immateriali e servizi) ritenute
idonee ad eliminare lo stato di insoddisfazione. Questa tensione (o aspirazione) dell’individuo verso i beni
prende il nome di interesse e costituisce la molla che poi induce l’uomo ad agire. E sono proprio gli interessi
e le conseguenti attività umane ad essere oggetto della regolamentazione predisposta dall’ordinamento.

Gli interessi si distinguono in:

 Interessi Individuali o Interessi superindividuali cioè in capo ad una collettività di persone;


 Interesse Pubblico Generale: per indicare l’interesse della collettività indifferenziata, la cui cura è
attribuita dalla legge alla Pubblica Amministrazione;
 Interesse Collettivo: che è l’interesse facente capo ad un gruppo il quale, però, si unifica in un ente;
 Interesse Diffuso: in presenza di un interesse facente capo ad una collettività di individui, solo che
tale collettività si presenta come un insieme indeterminato di soggetti che non costituiscono una
categoria o un gruppo omogeneo.

Si è detto che, quando un certo interesse o una certa attività umana sono presi in considerazione
dall’ordinamento giuridico, essi, per ciò stesso, assumono rilevanza giuridica.

L’ordinamento giuridico può assumere nei confronti di un certo interesse una posizione di:
 Indifferenza;
 Rilevanza. In questo caso la valutazione può essere positiva o negativa.

In quest’ultimo caso la considerazione può essere duplice cioè:


 L’attività viene considerata illecita se tende al raggiungimento di un interesse di cui si da una
valutazione negativa;
 L’attività viene considerata lecita se tende a perseguire un interesse meritevole di tutela e
l’ordinamento appresta a tal fine gli strumenti giuridici per garantire il realizzarsi del risultato cui il
soggetto tende.

In particolare le situazioni giuridiche soggettive attive (poteri) sono:


 Il diritto soggettivo;
 L’interesse legittimo;
 La potestà;
 L’aspettativa;
 Il possesso;
 Lo status;
 L’interesse diffuso.

Le situazioni giuridiche soggettive passive (necessità o doveri in senso lato) sono:


 Il dovere giuridico in senso stretto;
 L’obbligo;
 La soggezione;
 L’onere.

03
Soggetti e Famiglia
01 I Soggetti dell’attività giuridica
Il concetto di persona non coincide necessariamente con quello di soggetto giuridico. In tutti gli
ordinamenti statali la soggettività giuridica è riconosciuta all'essere umano in quanto persona fisica;
tuttavia, negli ordinamenti del passato esistevano esseri umani ai quali non era attribuita alcuna
soggettività giuridica: gli schiavi.

La soggettività giuridica delle persone fisiche non è, invece, sempre presente negli ordinamenti diversi da
quelli statali: ad esempio, nell'ordinamento internazionale sono soggetti di diritto gli stati e le
organizzazioni internazionali ma non le persone fisiche (anche se, secondo alcuni autori, lo sarebbero
divenute nei tempi più recenti, in considerazione del fatto che molte norme del diritto internazionale
umanitario sembrano avere come destinatari non soltanto gli stati ma anche le persone fisiche).

La soggettività della persona fisica inizia con la sua nascita e cessa alla sua morte. Sono entrambi fatti
naturali, in quanto eventi biologici, ma l'ordinamento può stabilire il momento esatto in cui si considerano
accaduti; la morte, inoltre, può essere presunta in caso di protratta assenza, accertata con le modalità
stabilite dall'ordinamento. Quando una persona è scomparsa dal luogo del suo ultimo domicilio e non se ne
hanno più notizie, il tribunale, su istanza degli interessati, nomina un curatore che rappresenti la persona in
giudizio nelle attività alle quali è interessata. (Art. 48 c.c.).

DICHIARAZIONE DI SCOMPARSA: Dopo due anni dalla scomparsa, I presunti eredi o legatari possono
chiedere che il Tribunale ne dichiari la scomparsa e ordini l'apertura del testamento.

DICHIARAZIONE DI ASSENZA: Chiunque vanti dei diritti sui beni dello scomparso può chiedere di essere
ammesso, previo inventario, al possesso temporaneo dei beni e all'esercizio dei diritti spettanti. Il coniuge
può chiedere, in caso di bisogno, un assegno alimentare da far gravare sul patrimonio dell'assente.

Gli eredi ammessi al possesso temporaneo dei beni dello scomparso non possono alienarli, ipotecarli o
sottoporli a pegno, se non sono autorizzati dal Tribunale. Se l'assente ritorna, i possessori dei beni devono
restituirli, mentre, se ne viene provata la morte, la successione si apre a vantaggio di coloro che erano eredi
o legatari al momento della morte.

La sentenza di morte presunta viene pronunziata quando la scomparsa di una persona si prolunga per un
periodo superiore a dieci anni.

Vi è però un ulteriore limite temporale secondo il quale è comunque necessario attendere almeno nove
anni dal raggiungimento della maggiore età. Di conseguenza, lo scomparso dovrebbe aver raggiunto
almeno i 27 anni. In particolari casi come guerre, sciagure ed eventi che rendono probabile la morte si
adottano termini più brevi.

Le conseguenze della dichiarazione di morte presunta sono analoghe a quelle prodotte dalla morte
naturale: si apre la successione e il coniuge può risposarsi. La sentenza deve essere annullata, insieme a
tutti gli effetti che aveva prodotto, se la persona scomparsa ritorna oppure emergano prove della sua
esistenza in vita.
In diritto il soggetto di diritto (o soggetto giuridico o, secondo alcuni autori, figura soggettiva) è un essere o
entità del mondo materiale che in un determinato ordinamento giuridico può essere parte di rapporti
giuridici ed è quindi destinatario delle norme dello stesso ordinamento.

L'insieme dei rapporti giuridici, suscettibili di valutazione economica, di cui è parte un soggetto giuridico
costituisce il suo patrimonio.

La capacità giuridica è quindi intesa come l'idoneità ad essere titolare di diritti e doveri o più in generale di
situazioni giuridiche soggettive. Nell'ordinamento giuridico italiano, la capacità giuridica si acquista con la
venuta ad esistenza, è cioè riconosciuta a tutti i soggetti di diritto per il solo fatto della nascita (art. 1 c.c.),
cioè per il solo fatto del distacco del nato dal grembo materno, quand'anche immediatamente dopo la
nascita segua la morte, quand'anche il nato sia destinato a morte sicura. Con la capacità giuridica, che si
acquista alla nascita, si è astrattamente titolari di beni e di diritti, e si possono compiere solo atti di
ordinaria amministrazione, ma non quelli di straordinaria amministrazione, che devono essere compiuti
avendo la delega di un adulto, o devono essere svolti da un tutore a nome della persona interessata. La
capacità giuridica si perde per morte (anche per morte presunta), e vi sono casi particolari che la limitano in
caso di assenza o scomparsa (rileva talvolta se volontarie).

In diritto la capacità di agire è la idoneità di un soggetto a porre in essere atti giuridicamente validi.
Nell'ordinamento italiano tutti coloro che si trovano sul territorio dello Stato, anche se stranieri, hanno
piena capacità giuridica, mentre la capacità di agire si raggiunge con il compimento della cosiddetta
maggiore età e può essere limitata o revocata in sede giurisdizionale (per esempio interdizione). La
maggiore età sino al 1975 si acquistava al compimento del 21º anno; con l'entrata in vigore del diritto di
famiglia è stata portata al 18º. La legge, che se ne occupa all'art. 2 del codice civile, presume che, compiuti i
18 anni, il soggetto sia legalmente capace di agire, ossia abbia raggiunto quella necessaria maturazione
psico-fisica che lo renderebbe idoneo ad esercitare autonomamente i diritti e ad adempiere gli obblighi
senza turbare il corretto andamento ordinamentale. Un caso particolare riguarda il matrimonio del minore,
che al compimento del 16º anno acquista una limitata e circostanziata capacitas agendi attraverso
l'emancipazione. La capacità di agire si estingue per morte o per interdizione (la quale può essere dichiarata
anche prima del raggiungimento della maggiore età).

Si parla di emancipazione (art. 390) per indicare lo status di limitata capacità di agire di cui può essere
titolare il minore prima del compimento del 18° anno di età, qualora - avendo compiuto i 16 anni - sia stato
ammesso a contrarre matrimonio (per gravi motivi). Trattasi di un effetto che consegue ipso iure 1 al
matrimonio, e che rimane anche se il matrimonio è sciolto prima del raggiungimento della maggiore età da
parte dell'emancipato.

Gli effetti dell'emancipazione sono:


 la cessazione della potestà parentale (dei genitori): in particolare, sull'emancipato cessa la potestà
parentale, ma vi si sostituisce un altro potere, in quanto l'emancipato è sottoposto a curatela, cioè
all'assistenza, per taluni atti, di un curatore;
 l'acquisto di una limitata capacità di agire circoscritta dalla legge agli atti non eccedenti l'ordinaria
amministrazione.

1
La locuzione latina ipso iure (tradotta letteralmente: per la legge stessa) viene correntemente utilizzata nella
giurisprudenza e sta ad indicare "in virtù di una norma di legge", ovvero per disposizione derivante immediatamente
dalla legge, senza necessità di un atto o provvedimento applicativo.
L'inabilitazione (art. 415) è la situazione giuridica conseguente a particolari condizioni fisico-psichiche del
soggetto, che lo pongono in condizione di parziale incapacità (la stessa in cui versa il minore emancipato).

Si ha nei casi di:


 infermità abituale di mente non grave da cui sia affetto il maggiore di età, cioè infermità non tale da
giustificare l'interdizione;
 prodigalità (abitudine di spendere in modo disordinato e smisurato in relazione alle condizioni
economiche del soggetto, dedizione a giochi di azzardo etc.) o abuso di bevande alcooliche o di
stupefacenti, quando tali pratiche espongano il soggetto o la sua famiglia a grave pregiudizio
economico;
 alcune imperfezioni o menomazioni fisiche, come il sordomutismo o la cecità dalla nascita o dalla
prima infanzia, che non siano state accompagnate da un'educazione correttiva tale da assicurare al
soggetto una sufficiente autonomia psico-fisica.

A differenza dell'interdetto, l'inabilitato conserva un margine di capacità di agire, cd. capacità legale
limitata.

La potestà dei genitori (o potestà parentale) consiste nel potere-dovere, spettante ai genitori, di
proteggere, educare, istruire i figli minorenni non emancipati e di curarne interessi patrimoniali.

La potestà è esercitata dai genitori di comune accordo e, in caso di contrasto su questioni di colare
importanza, ciascuno dei genitori può ricorrere al giudice (Tribunale dei minorenni), il le suggerisce la
soluzione più utile nell'interesse dei figli e dell'unità di famiglia, e se il contrasto permane attribuisce il
potere di decisione al genitore che ritiene più idoneo a curare l'interesse dei figli (art. 316).

I diritti della personalità:

 Il diritto all'immagine sociale o “diritto alla reputazione”;


 Il diritto all'identità personale;
 Il diritto alla salute;
 Il danno biologico;
 Il danno alla integrità della vita di relazione;

Persone giuridiche ed enti di fatto – in diritto, con la locuzione persona giuridica si intende un soggetto di
diritto costituito da persone fisiche e beni che si uniscono per raggiungere fini comuni, a cui l'ordinamento
giuridico riconosce la capacità giuridica. La persona giuridica è perciò distinta, innanzitutto per il suo
carattere pluralistico, dalla persona fisica, cui si attribuisce una sfera di titolarità di diritti e doveri più
prossima alle esigenze della vita dell'essere umano .

Le persone giuridiche sono, tradizionalmente, distinte in primo luogo per la qualità della loro capacità
giuridica, in genere riflettente gli scopi e le motivazioni alla base della loro creazione o istituzione, avendosi
perciò la persona giuridica pubblica (che persegue interessi di utilità pubblica) e la persona giuridica privata
(i cui interessi sono squisitamente privati e possono comprendere fini di lucro). La persona giuridica
pubblica è generalmente considerata corrispondente all'ente pubblico.

Fra le persone giuridiche private, spiccano le associazioni, le società e le fondazioni.


La persona giuridica si origina con un atto, che in genere è detto atto costitutivo (per le fondazioni è l'atto di
fondazione, che può essere incluso in un testamento); per l'ordinamento italiano, deve usarsi la forma di
atto pubblico.

L'atto costitutivo deve comprendere dati correttamente estesi affinché l'ordinamento possa acquisire
precisamente le necessarie informazioni su:

 denominazione della persona giuridica


 tipo di persona ed eventuali specificazioni
 scopo (oggetto sociale)
 durata
 tipo, natura degli organi e persone fisiche di riferimento.

Per agire concretamente nel mondo del diritto una persona giuridica si avvale di persone fisiche che
costituiscono gli organi attraverso cui forma e manifesta la propria volontà.

Gli organi principali di una persona giuridica sono:


 l'assemblea (che riguarda soltanto le associazioni);
 gli amministratori.

L'assemblea è l'organo deliberativo, composto da tutti gli associati, quale sono riservate le decisioni di
maggiore importanza relative alla vita della associazione. Deve essere convocata almeno una volta all'anno
per l'approvazione del bilancio predisposto dagli amministratori.

Gli amministratori, che sono responsabili verso l'ente per i danni derivanti dall'inadempimento dei loro
doveri , nelle associazioni sono nominati nell'atto costitutivo o eletti successivamente dall'assemblea,
mentre nelle fondazioni sono indicati nello statuto o nominati dall'autorità governativa.

02 I rapporti di famiglia ed il vincolo matrimoniale


I rapporti di famiglia riconosciuti nel nostro sistema giuridico sono:
 il rapporto di coniugio (che lega marito e moglie);
 il rapporto di parentela (che crea invece un legame di sangue tra genitori e figli, fratelli e sorelle, zii
e nipoti);
 il rapporto di affinità ( che lega il coniuge con i parenti dell’altro coniuge. Es suocero e genero..).

La famiglia legittima è quella basata sull’istituto giuridico del matrimonio. Il nostro Codice Civile, come non
da una definizione precisa del termine famiglia, non ci offre una definizione del termine matrimonio. Esso,
secondo l’ordinamento giuridico, è l’atto che ha come effetto la costituzione dello stato coniugale e la
nascita della comunione di vita materiale e spirituale tra marito e moglie.

Pertanto, deve essere inteso da un lato come un atto ( ossia più precisamente come un negozio giuridico
bilaterale con contenuto non patrimoniale) e dall’altro come un rapporto dal quale derivano diritti e doveri
in capo ai coniugi.

Nel nostro sistema giuridico vengono riconosciute tre modalità distinte di celebrazione del matrimonio che
danno vita a tre diverse forme matrimoniali:
 il matrimonio civile;
 l matrimonio concordatario o cattolico;
 il matrimonio celebrato da ministri di culto diversi da quello cattolico.

Per poter contrarre matrimonio la legge richiede, da un lato, che siano presenti alcuni requisiti e dall’altro
che siano assenti i c.d. impedimenti.

I requisiti che rappresentano le condizioni per poter celebrare validamente il matrimonio sono:

 L’età. Essa è di 18 anni sia per l’uomo che per la donna; può tuttavia essere abbassata a 16 anni a
condizione che il giudice abbia accertato la maturità psichica e fisica del minore;
 La sanità di mente, per cui non può contrarre matrimonio l’interdetto per infermità di mente;
 La libertà di stato ossia la mancanza di un vincolo derivante da un precedente matrimonio. Chi
essendo già sposato contragga un nuovo matrimonio commette nel nostro ordinamento un reato di
bigamia.

Gli impedimenti, invece, si differenziano in impedienti e dirimenti.

I primi sono di scarsa gravità la cui violazione non rende nullo il matrimonio, ma fa sì che gli sposi debbano
pagare una sanzione e regolarizzare l’atto matrimoniale. Essi sono:

 Il lutto vedovile: ad esempio la donna che vuole contrarre seconde nozze dopo la morte del marito
deve attendere che siano trascorsi almeno trecento giorni dallo scioglimento o annullamento del
precedente matrimonio.
 L’omessa pubblicazione civile.

Gli impedimenti dirimenti sono quelli che producono invalidità dell’atto matrimoniale e cioè:

 la mancanza dell’età minima richiesta;


 L’infermità di mente;
 Il vincolo di un precedente matrimonio;
 L’esistenza di vincoli di parentela, affinità ed adozione (non possono infatti contrarre matrimonio
fratelli e sorelle, suocero e nuora, zii e nipoti….);
 Delitto: quando uno degli sposi è stato condannato per omicidio del coniuge dell’altro. (E’ il caso di
chi uccida o tenti di uccidere un’altra persona per sposarne il vedovo o la vedova).

Il matrimonio inoltre può essere annullato per vizi della volontà cioè quando il consenso di uno dei due
coniugi è stato estorto con violenza ( assoluta o morale) o è stato determinato per effetto di un errore
sull’identità della persona o sulle qualità personali dell’altro coniuge.

La differenza tra nullità ed annullabilità del matrimonio sta nel fatto che la prima, una volta chiesta non è
più sanabile e rende nullo il vincolo come se i coniugi non si fossero mai sposati.

Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi ed i suoi principi trovano piena
applicazione negli articoli 143, 144 e 147 del Codice Civile. In particolare dall’art. 143 derivano dal
matrimonio i seguenti obblighi:

 Coabitazione: consiste nella normale convivenza tra marito e moglie e nella comunione di casa e di
vita.
 Fedeltà: consiste nell’obbligo per i coniugi di non avere relazioni con altre persone.
 Assistenza e collaborazione: consiste nell’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale. (Ciò
significa che ogni coniuge deve far fronte alle esigenze materiali dell’altro allorché questi non è in
grado di provvedervi).
 Contribuzione: entrambi i coniugi sono tenuti in base alle proprie sostanze ed alle proprie capacità
lavorative a contribuire ai bisogni della famiglia.

Alla famiglia fondata sul matrimonio ( detta pertanto famiglia legittima), si contrappone, oggi, la famiglia di
fatto detta anche naturale.

Si tratta cioè della convivenza tra due soggetti non coniugati che, in presenza o meno di figli, realizzano una
comunione di vita e di affetti uguale a quella matrimoniale.

Il matrimonio non produce solo effetti di carattere personale ma anche effetti di carattere patrimoniale.

Il Codice disciplina gli aspetti patrimoniali della vita in comune regolando i diversi regimi patrimoniali che si
vengono a formare all’atto della celebrazione del matrimonio. Essi possono essere di due tipi:

 Regime legale: è quel regime che si instaura automaticamente quando due soggetti si sposano
senza prevedere alcuna regolamentazione dei loro rapporti economici. Nel nostro ordinamento il
regime legale è quelle della comunione legale dei beni.
 Regime convenzionale: è quello che i coniugi possono scegliere all’atto della celebrazione del
matrimonio, oppure successivamente con un’apposita manifestazione di volontà chiamata
convenzione matrimoniale. Con essa si può scegliere per la separazione dei beni, per la comunione
convenzionale e per il fondo patrimoniale.

La comunione legale dei beni – è dunque automatica e riguarda tutti gli acquisti fatti dagli sposi dopo la
celebrazione delle nozze e non comprende quindi i beni di cui erano titolari già prima del matrimonio detti
perciò beni personali.

Essi in base all’art.179 del Codice Civile sono:


1. i beni di cui ciascuno dei coniugi era già proprietario prima della celebrazione del matrimonio;
2. i beni acquistati successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione;
3. i beni di uso personale come vestiti ed effetti personali;
4. i beni che servono all’esercizio della professione di uno dei due coniugi ( libri, arredi dello studio…);
5. i beni ottenuti a titolo di risarcimento danni e la pensione percepita per la perdita totale o parziale
della capacità lavorativa;
6. i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento di altri beni, oppure con il loro scambio, a condizione
che però sia espressamente dichiarato all’atto di acquisto che il denaro impiegato è personale.

Con la comunione legale, invece, i coniugi divengono contitolari per quote uguali di tutti i diritti acquistati
da ciascuno di essi sia congiuntamente che separatamente.

Fanno parte del c. d. regime convenzionale, sono dei veri e propri contratti con cui i coniugi decidono di
sottrarre in tutto o in parte i propri rapporti economici al regime legale della comunione, scegliendo
soluzioni diverse previste nel nostro ordinamento. Sono sempre stipulate per atto pubblico con la presenza
di due testimoni. Esse sono:

 La separazione dei beni: Tale convenzione può essere stipulata prima o anche successivamente al
matrimonio. Se fatta prima o in fase di celebrazione di matrimonio impedisce che i beni dei coniugi
vadano in regime di comunione. Se invece è fatta dopo il matrimonio provoca lo scioglimento della
comunione. La separazione dei beni comporta che ciascuno dei coniugi sia proprietario dei propri
beni e possa amministrarli come vuole, anche venderli senza dover ottenere il consenso dell’altro.
 La comunione convenzionale: con essa i coniugi decidono di far entrare nel regime di comunione
alcuni beni personali che diversamente sarebbero rimasti divisi purché non si tratti di beni
strettamente di uso personale o beni che servono all’esercizio della professione di uno dei due
coniugi ( libri, arredi dello studio…) o beni ottenuti a titolo di risarcimento danni e pensioni
percepite per la perdita totale o parziale della capacità lavorativa.
 Il fondo patrimoniale: tale istituto è sostitutivo della vecchia dote e concede la possibilità ai coniugi
ed ai terzi di destinare beni per far fronte ai bisogni della famiglia. Così, ad esempio, si può creare
un fondo patrimoniale in cui per custodire ed amministrare beni immobili ( come una casa) che il
padre della sposa ha regalato ai coniugi.

Nell’ambito del fenomeno della comunione legale, particolare importanza assume il fenomeno
dell’amministrazione dei beni. Si è soliti distinguere tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione.

Nel caso dell’ordinaria ciascun coniuge può compere atti in modo libero ed anche senza il consenso
dell’altro. Ad esempio si pensi ai lavori di riparazione di una casa: se sono lavori di piccola entità la moglie
potrebbe anche farli eseguire senza prima ottenere per forza il consenso dal marito.

Per gli interventi di straordinaria amministrazione, invece, è necessario che i coniugi agiscano
congiuntamente e che ci sia il consenso di entrambi. Ad esempio potranno essere venduti beni in
comunione come una casa, solo se sono d’accordo entrambi i coniugi.

Avendo richiesto il consenso di entrambi i coniugi per gli atti di straordinaria amministrazione, il codice non
poteva non prevedere l’ipotesi in cui uno dei due coniugi si rifiuti di acconsentire all’atto che in se è
necessario all’interesse della famiglia oppure non possa acconsentire perché lontano ad esempio per
lavoro.

In tali situazioni il coniuge che vuole agire dovrà ottenere dal Tribunale l’autorizzazione necessaria.

Infine si può verificare scioglimento della comunione legale in alcune e specifiche ipotesi:

 Assenza o morte presunta di uno dei due coniugi;


 Annullamento del matrimonio;
 Divorzio;
 Separazione personale e giudiziale dei coniugi;
 Stipulazione della convenzione matrimoniale che dispone la separazione dei beni;
 Fallimento di uno dei coniugi.

Il venir meno del regime di comunione legale presuppone l’applicazione del regime di separazione.

03 Lo scioglimento del matrimonio, l’adozione e l’obbligo agli alimenti


Nel nostro ordinamento, fino al 1970, unica causa di scioglimento del vincolo matrimoniale era la morte di
uno dei coniugi; il matrimonio, finché i coniugi erano in vita, era indissolubile: non era infatti ammesso il
divorzio, istituto introdotto con la legge n.898 dell’1-12-1970, successivamente modificata con una legge
del marzo 1987.

L’attuale disciplina, invece, prevede le seguenti cause di scioglimento del matrimonio:


 morte di uno dei coniugi;
 dichiarazione di morte presunta;
 divorzio.

La morte costituisce il caso tipico di scioglimento del vincolo matrimoniale; alcuni effetti del matrimonio,
tuttavia, continuano a verificarsi anche dopo il decesso del coniuge.

Si ricordino i più importanti:

 il coniuge superstite ha diritti successori sul patrimonio dell'altro;


 la vedova non può contrarre nuovo matrimonio durante il periodo di lutto vedovile;
 la vedova conserva il cognome del marito (accanto al proprio) finché non passa a nuove nozze;
 i rapporti di affinità sorti col matrimonio non cessano, salvo che per alcuni effetti specialmente
determinati (art. 78).

Alla morte la legge equipara la dichiarazione di morte presunta.

Il divorzio è una causa di scioglimento del matrimonio indipendente dalla morte (reale o presunta) di uno
dei coniugi. Il divorzio, secondo il disposto della L. n. 898 del 1970 (art. 1) e della legge di riforma (marzo
1987) è ammissibile soltanto quando il giudice, esperito inutilmente il tentativo di conciliazione dei coniugi,
«accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita» (art.
1). Pertanto causa essenziale del divorzio è la disgregazione definitiva della comunione tra i coniugi, che,
sul piano oggettivo deve essere in concreto accertata dal giudice con riferimento alle singole cause
tassative previste a tal fine dalla legge, e cioè:

a) quando sia stata pronunciata, con sentenza passata in giudicato, la separazione giudiziale fra i
coniugi, ovvero sia stata omologata la separazione consensuale, e siano trascorsi almeno tre anni
dalla comparizione dei coniugi innanzi alla Presidenza del Tribunale, ovvero sia intervenuta la
separazione di fatto, iniziata almeno due anni prima del '70 e protrattasi per tre anni;
b) quando un coniuge sia condannato, anche per fatti anteriormente commessi, all'ergastolo o a
qualsiasi pena detentiva per reati di particolare gravità (incesto, violenza carnale, costrizione o
sfruttamento della prostituzione, omicidio volontario di un figlio o tentato omicidio del coniuge
etc.);
c) quando uno dei coniugi, che sia cittadino o straniero, abbia ottenuto all'estero l'annullamento o lo
scioglimento del matrimonio o abbia contratto all'estero nuovo matrimonio;
d) quando il matrimonio non sia stato consumato;
e) quando sia passata in giudicato sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso a norma della
legge n. 164/1982.

La sentenza di divorzio produce i seguenti effetti personali:

 lo scioglimento del matrimonio con conseguente possibilità di contrarre nuovo matrimonio.


 la moglie perde il cognome del marito che aveva aggiunto al proprio a seguito del ,matrimonio.

Quanto, invece, agli effetti patrimoniali, dalla sentenza di divorzio discende:

 l'obbligo per uno dei coniugi di corrispondere un assegno periodico all'altro, in proporzione alle
proprie sostanze ed ai propri redditi;
 la perdita dei diritti successori;
 lo scioglimento della comunione legale, qualora non fosse già avvenuto a seguito della separazione.

Diversa dal divorzio è la separazione personale dei coniugi. Essa è «la situazione di legale sospensione dei
doveri reciproci dei coniugi, salvi quelli di assistenza e di reciproco rispetto».

In particolare, per effetto della separazione cessano:


 l'obbligo di coabitazione;
 l'obbligo di fedeltà, la cui incompatibilità con il regime di separazione è stata più volte sottolineata
dalla Cassazione, che ha ribadito la stretta connessione tra siffatto obbligo e la convivenza tra i
coniugi. Non mancano tuttavia Autori che ritengono sussistente l'obbligo di fedeltà quando
l'adulterio, per le modalità in cui è espletato, rechi pregiudizio all'altro coniuge;
 l'obbligo della collaborazione.

Permangono:
 l'obbligo di assistenza morale;
 l'obbligo di mantenimento, nonché l'obbligo di corrispondere gli alimenti verso il coniuge cui non è
addebitabile la separazione.

La separazione può essere di tre specie: di fatto, consensuale o giudiziale.

Per filiazione si intende il rapporto che passa tra il genitore e le persone da lui procreate. A seconda che
tale procreazione sia avvenuta in costanza di matrimonio e fra marito e moglie, o fuori dal matrimonio
(ovvero anche in costanza di matrimonio, ma tra uno coniugi e persona diversa dall'altro), o tra parenti o
affini, abbiamo:

 figli legittimi (in costanza di matrimonio);


 figli naturali e figli adulterini (fuori dal matrimonio);
 figli incestuosi (tra parenti o affini).

Accanto a queste tre forme di filiazione la legge pone una quarta forma, non dovuta a reazione, che prende
il nome di: filiazione adottiva. A ciascuna di queste forme di filiazione corrisponde, per il figlio, un
particolare status.

Dallo status di «legittimo» derivano per il figlio i seguenti diritti e doveri:


 il diritto di essere educato, istruito e mantenuto;
 il diritto di successione;
 il diritto agli alimenti;
 il dovere di obbedienza ai genitori;
 l'assoggettamento alla potestà parentale;
 l'instaurazione di rapporti di parentela con i parenti dei propri genitori.

Con l’azione di disconoscimento della paternità si mira a fare cadere la presunzione di paternità del marito.

L’azione è consentita solo nei casi seguenti (art- 235):


 i coniugi non hanno coabitato nel periodo compreso fra il trecentesimo ed il centottantesimo
giorno prima della nascita;
 durante il tempo predetto il marito era affetto da impotenza, anche soltanto di generare;
 nel detto periodo la moglie ha commesso adulterio o ha tenuto celata al marito la sua gravidanza e
la nascita del figlio.
Successioni e Donazioni
01 Eredità e Legato
Mentre nel linguaggio comune il termine “successione” indica un fenomeno esclusivamente temporale
(ossia il susseguirsi nel tempo di fatti ed eventi), nell’ambito tecnico giuridico la parola indica,
specificamente, il subentrare di un soggetto (c.d. successore o avente causa) ad un altro (autore o dante
causa) in una determinata situazione giuridica.

Dunque, il termine successione a causa di morte indica il subentrare di persona vivente nella titolarità di
una situazione giuridica patrimoniale già appartenente ad un persona defunta, cosicché la prima subentra
alla seconda nella titolarità di uno o più diritti o rapporti giuridici anche passivi.

Per patrimonio ereditario si intende l’insieme dei rapporti giuridici di cui il de cuius era titolare, a
prescindere dall’entità più o meno modesta del patrimonio e a prescindere dalle passività (in cui beni e
crediti sono di valore inferiore ai debiti).

La successione mortis causa può essere a titolo universale o a titolo particolare. La nota distinzione tra
successione mortis causa a titolo universale e particolare si rinviene nell’art. 588, 1° comma, c.c., secondo
cui “Le disposizioni testamentarie […] sono a titolo universale e attribuiscono la qualità di erede se
comprendono l’universalità o una quota dei beni del testatore. Le altre disposizioni sono a titolo particolare
e attribuiscono la qualità di legatario”.

Dunque, la successione a titolo universale attribuisce al successore la qualità di erede, mentre la


successione a titolo particolare, gli conferisce quella di legatario:

 Per successione a titolo universale si intende la successione per universitatem, che comprende tutti
i diritti e doveri di natura patrimoniale che si incentravano nel defunto.
 Per successione a titolo particolare, invece, si intende la successione in determinati rapporti cui
specificamente si riferisce la vocazione.

La disciplina delle due forme di successione si differenzia per molteplici profili, anzitutto, la successione a
titolo universale si proietta sul patrimonio per l’intero, mentre il legato ha per oggetto singoli beni o diritti.

02 Il procedimento successorio
Il procedimento successorio consta di vari momenti: apertura della successione, vocazione, delazione e
acquisto dell’eredità.

La morte di una persona determina l’apertura della successione, è ritenuta equivalente alla morte naturale
anche la morte presunta. In caso di assenza, nel qual caso gli eredi possono soltanto domandare
l’immissione nel possesso temporaneo dei beni.

Aperta la successione, occorre verificare a quali soggetti spettano i singoli beni del de cuius. Il termine
vocazione ereditaria significa indicazione di colui che è chiamato all’eredità.

Quando ad un soggetto viene attribuita la qualifica giuridica di vocato all’eredità, egli acquista poteri atti a
tutelare l’aspettativa di delazione. Si ricordano, tra tali poteri, la richiesta di apposizione di sigilli, la
richiesta di rimozione dei medesimi, la richiesta di formazione dell’inventario, la richiesta di nomina di un
curatore dell’eredità giacente. Il termine delazione indica il fenomeno secondo cui tutti i diritti, i doveri e le
altre situazioni giuridiche vengono offerte, alla morte del de cuius, al soggetto che gli succederà. Dunque la
delazione può essere effettuata solo per legge (successione legittima) o per testamento (successione
testamentaria), mentre è esclusa la successione per contratto.

L’esaurimento delle fasi del procedimento successorio non comporta ipso iure il verificarsi della
successione mortis causa, in quanto è necessario, a tal fine che il chiamato all’eredità dichiari di accettare.
Problema preliminare è quello di stabilire se tale soggetto abbia la capacità di succedere o, al contrario, se
sia indegno. Ai sensi dell’art. 462, 1° comma, c.c. “sono capaci di succedere tutti coloro che sono nati o
concepiti al tempo dell’apertura della successione”.

L’indegnità a succedere, disciplinata dall’art. 463 c.c. che indica quali sono le cause tassative di indegnità:

 chi ha volontariamente ucciso o tentato di uccidere la persona della cui successione si tratta, o il
coniuge, o un discendente, o un ascendente della medesima, purché non ricorra alcuna delle cause
che escludono la punibilità a norma della legge penale;
 chi ha commesso, in danno di una di tali persone, un fatto al quale la legge dichiara applicabili le
disposizioni sull'omicidio;
 chi ha denunziato una di tali persone per reato punibile con l'ergastolo o con la reclusione per un
tempo non inferiore nel minimo a tre anni, se la denunzia è stata dichiarata calunniosa in giudizio
penale; ovvero ha testimoniato contro le persone medesime imputate dei predetti reati, se la
testimonianza è stata dichiarata, nei confronti di lui, falsa in giudizio penale;
 chi, essendo decaduto dalla potestà genitoriale nei confronti della persona della cui successione si
tratta a norma dell'art. 330, non è stato reintegrato nella potestà alla data di apertura della
successione medesima;
 chi ha indotto con dolo o violenza la persona, della cui successione si tratta, a fare, revocare o
mutare il testamento, o ne l'ha impedita;
 chi ha soppresso, celato, o alterato il testamento dal quale la successione sarebbe stata regolata;
 chi ha formato un testamento falso o ne ha fatto scientemente uso.

03 L’acquisto dell’eredità e la rinuncia


Una volta esclusa l’incapacità a succedere ed individuato il soggetto chiamato all’eredità, questi ha dieci
anni per accettare, l’art. 459 c.c. stabilisce che l’eredità si acquista con l’accettazione.

Dunque, soltanto con l’accettazione avrà luogo il fenomeno della successione universale mortis causa (a
differenza del legato in cui il successore a titolo particolare acquista il diritto automaticamente, senza
necessità di accettazione). Ciò si spiega in quanto il chiamato all’eredità potrebbe non voler divenire erede
di un determinato soggetto per motivi morali (si pensi all’ipotesi di un’eredità appartenente ad un noto
delinquente) o economici (si pensi all’ipotesi in cui l’eredità sia composta di soli debiti).

L’accettazione può essere pura e semplice o con beneficio di inventario. Per effetto dell’accettazione pura e
semplice si verifica la confusione tra il patrimonio del de cuius e quello dell’erede, che si fondono in un
unico patrimonio. Dunque, l’erede succede in universum ius defuncti: sia nell’attivo che nel passivo.

Pertanto, egli deve pagare i debiti del defunto anche se superano l’ammontare dell’attivo che gli perviene
dall’eredità.
Si ha invece accettazione con beneficio di inventario quando il patrimonio del chiamato e quello del
defunto non si uniscono in un unico patrimonio, dunque attraverso tale tipo di accettazione non si verifica
la confusione del patrimonio del de cuius con quello dell’erede. Tale tipologia di accettazione risponde
all’esigenza di consentire all’erede di sottrarsi alle conseguenze negative che gli deriverebbero, in virtù della
confusione ereditaria, da un’eredità che presenti un passivo superiore all’attivo. Pertanto, l’erede risponde
dei debiti ereditari nei limiti di quanto ricevuto. La conseguenza del ricorso all’accettazione con beneficio di
inventario è che si mantengono separati il patrimonio del defunto e quello dell’erede non solo nei confronti
di quest’ultimo, ma anche nei confronti dei creditori dell’eredità e dei legatari, che avranno prevalenza sul
patrimonio ereditario di fronte ai creditori dell’erede. Qualora i beni del defunto non siano sufficienti, i suoi
creditori non possono aggredire il patrimonio dell'erede.

Con la rinuncia il chiamato all’eredità manifesta la volontà di non acquistare l’eredità. La rinuncia è un
negozio giuridico formale: deve essere ricevuta, a pena di nullità, da un notaio o dal cancelliere del
tribunale del circondario in cui è aperta la successione.
Beni e diritti reali
01 I beni e i diritti reali

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