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Diritto Tributario

01 Introduzione allo studio dell'attività Finanziaria dello Stato


L’evoluzione del concetto di Stato e dello stesso contenuto e riferibilità della sovranità, da un singolo (il
Sovrano) ad una collettività (popolo), ha portato ad una rimodulazione dell’attività finanziaria non più
strutturata per l’esclusivo soddisfacimento dei bisogni del sovrano, bensì per quelli della collettività.
La finanza pubblica, quindi, nello Stato moderno, opera attraverso scelte politiche finalizzate ad
assicurare lo sviluppo economico e la crescita del reddito collettivo e pro-capite; a realizzare una più
equa redistribuzione del reddito e delle risorse; a conservare la stabilità economica ed il potere di
acquisto delle famiglie, favorendo la crescita del P.I.L.
Lo strumento principale per l’attuazione delle suddette finalità è quello della leva tributaria, cioè della
distribuzione quantitativa/qualitativa del prelievo fiscale tra tutti i membri della collettività.
E’ possibile individuare due grandi categorie di teorie, plasmate sulla natura del rapporto tra Stato e
cittadini:
1. le teorie volontaristiche, che adottano un punto di vista individualista, secondo il quale alla
base della produzione e dello scambio di beni pubblici vi sono le preferenze dei singoli e le loro
scelte volontarie;
2. le teorie politico-sociologiche, che puntano, invece, sull’importanza dei rapporti di forza fra
governanti e governati nel determinare le scelte di finanza pubblica.
In relazione a tali gruppi di teorie e sulla base della valutazione che ciascuno di essi attribuisce
all’importanza dell’attività dello Stato nel perseguimento dell’equilibrio economico generale, si
distinguono tre modelli di finanza pubblica:
1. finanza neutrale: secondo tale modello – tipico dello Stato liberale – il mercato raggiunge
automaticamente l’equilibrio di piena occupazione, per cui lo Stato deve intervenire il meno
possibile nell’economia, limitandosi a garantire il corretto funzionamento del mercato e
contenendo al massimo la spesa pubblica;
2. finanza sociale: questo modello – tipico dello Stato socialista e delle democrazie solidali –
identifica nella redistribuzione della ricchezza e nella giustizia sociale gli obiettivi dell’attività
finanziaria pubblica;
3. finanza congiunturale: è un modello - tipico delle democrazie mature - per il quale il mercato
non è, da solo, in grado di raggiungere l’equilibrio e, quindi, lo Stato deve intervenire nel
sistema economico per stabilizzare le fasi di espansione recessione, utilizzando gli strumenti
della spesa pubblica e la leva fiscale.

Le finalità che l’attività finanziaria pubblica persegue riguardano:


1. il soddisfacimento delle esigenze collettive che non possono essere gestite dai privati;
2. l’eliminazione di situazioni di monopolio che determinerebbero vantaggi per alcuni gruppi di
potere e gravi discriminazioni per la collettività;
3. soddisfare esigenze particolari che non possono essere soddisfatte dai singoli;
4. intervenire in settori di particolare rilevanza sociale;
5. assicurare il pieno impiego e lo sviluppo economico;
6. catturare la ridistribuzione del reddito utilizzando produttivamente capitali inattivi;
7. contenere la spesa al fine di evitare l’inflazione;
8. distribuire la spesa totale al fine di equilibrare consumi e investimenti.
Il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica viene assicurato mediante la gestione di servizi
pubblici che si dividono in: servizi generali cioè destinati alla collettività indistinta dei cittadini, servizi
speciali cioè prestati a singoli soggetti o gruppi di utenti.
Per il finanziamento dei servizi generali le risorse vengono reperite attraverso i tributi (imposte e
tasse), mentre per quelli speciali è il singolo utente che ne sopporta il costo attraverso il pagamento di
un corrispettivo che, però, non sempre copre l’intero onere correlato alla prestazione, poiché lo Stato
può decidere di porre una quota di esso – per ragioni di carattere sociale – a carico della fiscalità
generale.

Accanto alla c.d. finanza tradizionale si è sviluppata quella che viene definita finanza parafiscale, cioè il
prelievo di tributi e contributi finalizzati a specifici scopi assistenziali e mutualistici.
Il fenomeno della parafiscalità è destinato a scomparire, in quanto l’orientamento legislativo è nel
senso di far gravare gli oneri necessari al conseguimento della sicurezza sociale sull’intera collettività e
non su alcune particolari categorie di cittadini. Tale fenomeno prende il nome di fiscalizzazione degli
oneri sociali, per fiscalizzazione degli oneri sociali si suole indicare una serie di interventi con cui una
parte dei contributi previdenziali posti a carico delle imprese viene finanziata dallo Stato. La
fiscalizzazione degli oneri sociali si presenta dunque come un intervento di politica economica volto da
un lato alla riduzione del costo del lavoro e, quindi, all’aumento di competitività delle imprese
interessate e dall’altro a favorire l’occupazione in quanto sostegno alle imprese stesse.

La scienza delle finanze è la branca della scienza economica che studia gli interventi pubblici (quindi
realizzati da soggetti come lo Stato, il governo, la pubblica amministrazione) nell'allocazione delle
risorse e redistribuzione delle ricchezze, e più in generale nelle scelte economiche, attraverso il sistema
fiscale e la politica fiscale.
Analizza, quindi, i rapporti tra le entrate fiscali che alimentano il gettito fiscale e gli effetti distorsivi e
d'incidenza che esse provocano sul mercato.
La scienza delle finanze rappresenta il lato analitico (dal punto di vista microeconomico) della finanza
pubblica. È evidente in ogni caso l'interferenza con altre discipline, anche di natura non economica,
quali la politica economica, la politica e l’economia tributaria, il diritto tributario, la finanza pubblica, la
contabilità pubblica, l'economia della pubblica amministrazione.

Il diritto finanziario studia l’aspetto giuridico dell’attività finanziaria pubblica e costituisce una branca
del diritto amministrativo che riguarda le norme giuridiche che regolano l’attività finanziaria dello Stato
e degli altri enti pubblici.
Tali norme riguardano:
 la gestione del bilancio e del patrimonio dello Stato
 la gestione delle entrate e delle uscite dello Stato
 lo svolgimento dell’attività finanziaria pubblica

Si possono, però, distinguere due gruppi omogenei di norme:


a) quelle relative alla gestione del pubblico denaro
b) quelle relative alle entrate dello Stato, sia patrimoniali che tributarie.

Diritto finanziario e scienza delle finanze, (discipline appartenenti alla sfera del Diritto pubblico)
risultano pertanto due insegnamenti coordinati e complementari e studiano quindi lo stesso
fenomeno, cioè le direttive politiche, la struttura giuridica e la funzione economica della finanza.

Il diritto tributario è un settore del diritto finanziario caratterizzato dall'avere ad oggetto l'imposizione,
a favore di soggetti di diritto pubblico, di prestazioni patrimoniale. Tale branca del diritto pubblico
regola i mezzi e le procedure per il reperimento delle risorse finanziarie necessarie al finanziamento
della spesa pubblica in generale, ossia delle spese che lo Stato e gli Enti pubblici devono sostenere per
poter svolgere le loro funzioni.

Il tributo è termine di genere, che comprende le imposte, le tasse, i contributi speciali e i monopoli.
Il tributo è un prelievo coattivo di ricchezza operato dallo Stato, da un ente pubblico o da un'altra
pubblica amministrazione.
Esso è espressione dell'esercizio della potestà impositiva di un ente sovrano e si caratterizza per avere
un contenuto patrimoniale, personale, obbligatorio, pubblico, generale e solidale.
La dottrina italiana suddivide i tributi (come detto sopra, prelievi coattivi di ricchezza), tenendo conto
della loro funzione acquisitiva, in imposte, tasse e contributi:
1. L'imposta è operata per il finanziamento di spesa pubblica destinata al soddisfacimento di
bisogni pubblici indivisibili quali, secondo la dottrina classica, la difesa dello Stato, la giustizia e
l'ordine pubblico. È in relazione ad un fatto economico che esprime capacità contributiva,
come il reddito nell'Imposta personale, il consumo nell'imposta sul valore aggiunto, etc.,
secondo il cosiddetto “principio del sacrificio”.
2. La tassa è operata per il finanziamento di spesa pubblica destinata al soddisfacimento di
bisogni pubblici divisibili prestati su domanda, come ad es. l'istruzione (tassa universitaria) o la
sanità (ticket sanitario). Essa è ispirata al principio economico del beneficio e ha natura
sinallagmatica (do ut des). Solitamente la tassa non copre per intero il costo del servizio
pubblico, che quindi viene in parte finanziato dalle imposte.
3. Il contributo è operato per il finanziamento di spesa pubblica destinata soddisfacimento di
bisogni pubblici divisibili non prestati su domanda (es. contributi di urbanizzazione). È una
categoria sulla cui esistenza non vi è accordo in dottrina: secondo parte di essa è possibile
ricondurlo alla tassa (es. contributo di utenza stradale), in quanto dovuto per uno specifico
servizio, o all'imposta (contributo al servizio sanitario nazionale). Il suo importo tende a coprire
o ha relazione con il costo del servizio (contributi di bonifica). A differenza della tassa, che si
applica quando si richiede un servizio, il contributo può essere attivato dall'Ente Pubblico per
coloro che ricadono nell'ambito della prestazione di un determinato servizio.

I monopoli fiscali, a differenza dei monopoli di diritto che sono introdotti per fini di utilità generale
relativi a beni e soprattutto a servizi ritenuti di particolare interesse pubblico, sono funzionali a
procacciare una entrata tributaria.
Lo Stato infatti stabilisce il prezzo del bene o del servizio erogato in misura notevolmente superiore a
quello che sarebbe applicato in un regime concorrenziale; l’eccedenza non è giustificabile in alcun
modo nell’ambito di un rapporto di scambio, bensì alla luce del generale principio della capacità
contributiva, rappresentata dal consumo del bene o del servizio. Il monopolio potrebbe quindi essere
assimilato all’imposta (di consumo), almeno sotto il profilo della causa legis.
L’adesione alla CEE ha comportato peraltro un recesso nella utilizzazione dei monopoli fiscali da parte
degli Stati membri, in ottemperanza del principio della caduta delle barriere economiche tra gli Stati
medesimi anche mediante l’abolizione delle misure protezionistiche che ostacolano la libera
concorrenza.
I monopoli fiscali oggi rimasti in vigore in Italia sono quello dei tabacchi e quello del gioco del lotto.

E’ possibile affermare che il diritto tributario sia un diritto autonomo, fermo restando che il diritto
tributario presuppone i principi e le regolamentazioni di altre discipline giuridiche che possono così
sintetizzarsi:
Ø Diritto costituzionale (fase di introduzione e disciplina della norma tributaria)
Ø Diritto civile (disciplina del rapporto fisco/contribuente e disciplina di alcune imposte)
Ø Diritto amministrativo (disciplina della fase di attuazione del tributo)
Ø Diritto commerciale (la disciplina fiscale delle imprese e delle società)
Ø Diritto processuale civile (disciplina del processo tributario)
Ø Diritto dell’Unione europea (disciplina del diritto tributario europeo)
Ø Diritto internazionale (disciplina del diritto internazionale europeo)
Ø Diritto penale (disciplina delle sanzioni tributarie)
Ø Diritto processuale penale (disciplina della irrogazione delle sanzioni penali)

02 Le fonti del Diritto Tributario


Nell’ordinamento italiano fonte primaria del diritto tributario è la Costituzione le cui norme dettano i
principi e rappresentano i presupposti fondamentali che, unitamente alle norme del diritto dell’unione
europea, limitano e indirizzano l’attività del legislatore nazionale ponendo anche una serie di divieti
alla potestà regolamentare dell’esecutivo.
La potestà legislativa in materia tributaria spetta, in base all’art. 117 della Costituzione, allo Stato ed
alle Regioni, con le eccezioni previste, ovviamente, per le regioni a statuto speciale per le quali sono i
singoli statuti, approvati con leggi costituzionali, a disciplinare il riparto di competenze in tale materia.
Per quel che riguarda le regioni a statuto ordinario, lo Stato ha, in via esclusiva, il potere di disciplinare
il sistema tributario e di stabilire i principi fondamentali in materia fiscale.
Le Regioni, invece, hanno una potestà legislativa concorrente in materia di finanza pubblica e sistema
fiscale ed hanno potestà legislativa in materia di tributi regionali e locali, sempre, però, nell’ambito dei
principi fondamentali fissati dallo Stato.
Ai comuni ed alle province (queste ultime fino a quando non saranno del tutto abolite) spetta solo una
potestà regolamentare per i tributi per i quali la legge tale potere riconosce.

Gli articoli costituzionali più importanti in materia di imposte sono:


Art. 2 – principio di solidarietà: si afferma che nel settore economico-finanziario la gestione
delle risorse deve avvenire per soddisfare le esigenze della spesa pubblica o del patrimonio
dello Stato sociale;
Art. 23 – sancisce la riserva di legge, per cui nessuna prestazione personale o patrimoniale può
essere imposta se non in base ad una legge. E’ il principale retaggio della Magna Carta inglese e
la principale proiezione della sovranità popolare, che trova esercizio nel Parlamento
liberamente eletto;
Art. 53 – prevede che tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro
capacità contributiva ed il sistema tributario è informato a criteri di progressività;
Art. 75 – prevede che non siano sottoponibili a referendum abrogativo le leggi tributarie;
Art. 81 – dispone, al terzo comma, che con la legge di approvazione del bilancio non si possano
istituire nuovi tributi o disporre nuove spese;
Art. 119 – demanda agli enti territoriali un’autonomia finanziaria.

Bisogna tener presente che i rapporti tra l’ordinamento comunitario e gli ordinamenti degli Stati
membri si sono evoluti in maniera tale che qualsiasi fonte dell’ordinamento comunitario possa
prevalere su qualsiasi fonte degli Stati membri, a qualsiasi livello situata nelle fonti.
Le fonti comunitarie possono imporsi alle leggi e nei limiti anche alla Costituzione italiana essendo
l’Italia membro dell’Unione Europea. Difatti i Trattati (fonti primarie dell’ordinamento comunitario)
prevedono che le istituzioni comunitarie possono emanare atti contenenti disposizioni mirate ad
imporsi agli Stati membri e ai loro cittadini (fonti derivate).
Ciò significa che oltre ai Trattati, dunque, il diritto comunitario ha origine anche in altre fonti derivate
dai Trattati e che trovano in questi il parametro di legittimità.
In particolare, gli artt. da 90 a 93 del trattato CE contengono le norme relative all’armonizzazione
fiscale in campo comunitario.
L’art. 90 vieta a ciascuno stato l’applicazione diretta e indiretta nei confronti dei prodotti provenienti
dagli Stati membri della Comunità di imposte di qualsiasi natura superiori a quelle applicate ai prodotti
nazionali similari.
Sulla base di tali norme vengono fissati tre principi cardine del sistema fiscale europeo, variamente
applicati:
1. tassazione nel paese di origine
2. tassazione nel paese di destinazione
3. non discriminazione fiscale

Le fonti degli enti locali – Secondo l’interpretazione datane dalla Corte Costituzionale (vedi Sent. n.
102 del 2008) il nuovo Titolo V della Parte II della Costituzione prevede che:
a) lo Stato ha competenza legislativa esclusiva in materia di «sistema tributario […] dello Stato»
(art. 117, secondo comma, lettera e, Cost.);
b) le Regioni hanno potestà legislativa esclusiva nella materia tributaria non espressamente
riservata alla legislazione dello Stato, con riguardo, beninteso, ai presupposti d'imposta
collegati al territorio di ciascuna Regione e sempre che l'esercizio di tale facoltà non si traduca
in un dazio o in un ostacolo alla libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni
(artt. 117, quarto comma, e 120, primo comma, Cost.);
c) le Regioni e gli enti locali «stabiliscono e applicano tributi e entrate propri in armonia con la
Costituzione e secondo i principî di coordinamento […] del sistema tributario» (art. 119,
secondo comma, Cost.);
d) lo Stato e le Regioni hanno competenza legislativa concorrente nella materia del
«coordinamento […] del sistema tributario», nella quale è riservata alla competenza legislativa
dello Stato la determinazione dei principi fondamentali.

Tale riserva di competenza legislativa nella materia del coordinamento del sistema tributario non può
comportare, tuttavia, alcuna riduzione del potere impositivo già spettante alle Regioni a statuto
speciale e alle Province autonome, perché, ai sensi dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001,
la nuova disciplina costituzionale si applica ad esse (fino all'adeguamento dei rispettivi statuti) solo per
la parte in cui prevede «forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite» e, pertanto, non
può mai avere l'effetto di restringere l'ambito di autonomia garantito dagli statuti speciali
anteriormente alla riforma del Titolo V della Parte II Cost. (ex multis, sentenza n. 103 del 2003).

03 Tutele e strumenti di deflazione del contenzioso

04 Le entrate Pubbliche ed i Tributi


Le entrate pubbliche sono costituite dai mezzi finanziari che lo Stato e gli altri enti pubblici
acquisiscono per lo svolgimento della loro attività, esse possono classificarsi a seconda dell'incidenza
economica, della ripetitività nel tempo e della fonte da cui derivano.
Sotto il profilo dell'incidenza economica si distinguono in:
 entrate correnti - sono costituite principalmente dai tributi prelevati coattivamente ai cittadini
e dai proventi delle imprese pubbliche;
 entrate in conto capitale - sono quelle che incidono sulla consistenza del patrimonio pubblico
come, ad esempio, i ricavati dell’alienazione di beni patrimoniali;
 entrate per accensione di prestiti - sono quelle che attingono al risparmio dei cittadini
mediante la sottoscrizione di titoli di debito pubblico.
A seconda della ripetitività nel tempo le entrate si distinguono in ordinarie e straordinarie:
 entrate ordinarie - sono quelle che si rinnovano regolarmente ad ogni esercizio (tributi e
proventi delle imprese pubbliche);
 entrate straordinarie - sono quelle che ricorrono saltuariamente e in via eccezionale (imposte
una tantum, proventi dell’alienazione di beni patrimoniali ecc.).
A seconda della fonte da cui derivano le entrate si distinguono in entrate originarie o derivate:
 Entrate originarie - sono quelle provenienti dai beni che appartengono allo Stato o ad altro
ente pubblico a titolo di proprietà privata oppure dall'esercizio di imprese industriali o
commerciali.
 Entrate derivate - sono quelle provenienti dai beni che appartengono allo Stato o ad altro ente
pubblico e consistono nei prelevamenti coattivi di risorse dalle economie private, vale a dire le
entrate tributarie, nonché i prestiti pubblici e l’emissione di carta moneta. Tali entrate sono
disciplinate dal diritto pubblico e comprendono anche le sanzioni pecuniarie.
Dal punto di vista giuridico sono disciplinate da norme di diritto privato e generalmente prendono il
nome di prezzi che a loro volta si distinguono in:
 prezzi privati - sono costituiti dai proventi che l'ente pubblico ricava da cessione di beni e
servizi in regime di libero mercato (affitti di immobili, esercizio di attività commerciali in
concorrenza con i privati ecc.).
 prezzi quasi privati la cui caratteristica è che, pur essendo formati dal mercato, sono
influenzati in qualche misura dall'interesse pubblico (vendita del legname di foreste demaniali
non a scopo di guadagno ma al fine di conservare, per ragioni di interesse generale, l'integrità
delle foreste).

 prezzi pubblici - sono quelli praticati dalle imprese pubbliche che producono in regime di
monopolio sociale. Questi prezzi non sono determinati dal mercato ma, unilateralmente,
dall'ente che produce il servizio. I prezzi pubblici tendono normalmente a coprire i costi dei
servizi resi, ma a volte possono essere superiori in modo da consentire un margine di profitto
da reinvestire per l'ulteriore sviluppo dell'attività.

In determinati casi le imprese pubbliche praticano i cosiddetti prezzi politici che non coprono il costo
di produzione del servizio reso. Essi sono giustificati dalla utilità sociale di determinati servizi che si
vogliono rendere accessibili al maggior numero di persone. La parte di costo non coperta dal prezzo
politico viene posta a carico della collettività.

Le entrate pubbliche sono costituite dai mezzi finanziari che lo Stato e gli altri enti pubblici
acquisiscono per lo svolgimento della loro attività.
Il tributo è un prelievo coattivo di ricchezza operato dallo Stato, da un ente pubblico o da un’altra
pubblica amministrazione. Esso è espressione dell'esercizio della potestà impositiva di un ente
sovrano.
Tre sono le funzioni del tributo: acquisitiva, distributiva, promozionale:
 La funzione acquisitiva consiste nel procurare all'Ente pubblico le risorse necessarie al proprio
funzionamento e per la realizzazione dei suoi obiettivi (tipicamente, per finanziare la spesa
necessaria alla produzione di beni e servizi pubblici).
 La funzione distributiva consiste nel modificare la distribuzione della ricchezza tra i
contribuenti. È strumentale al perseguimento di obiettivi di giustizia sociale. Essa viene
realizzata, ad esempio, con l'introduzione di tributi progressivi, tributi nei quali il prelievo
fiscale aumenta più che proporzionalmente all'aumentare della base imponibile.
 La funzione promozionale consiste nell'incentivare o disincentivare talune condotte dei
contribuenti. Viene realizzata tipicamente introducendo, rispettivamente, agevolazioni o
penalizzazioni fiscali. Essa è espressione della cosiddetta "funzione promozionale del diritto".

La dottrina italiana suddivide i tributi (come detto sopra, prelievi coattivi di ricchezza), tenendo conto
della loro funzione acquisitiva, in imposte, tasse e contributi.

La tassa, nell'ordinamento tributario italiano, è una tipologia di tributo, ovvero una somma di denaro,
dovuta dai privati cittadini allo Stato, che si differenzia dall’imposta in quanto applicata secondo il
principio della controprestazione, cioè legata a un pagamento, dovuto come corrispettivo per la
prestazione a suo favore di un servizio pubblico offerto da un ente pubblico.
La tassa è relativa a un servizio di cui ciascun contribuente può decidere se avvalersi o meno, e in
generale, non è dipendente né dal reddito né dal costo del servizio richiesto; tramite le imposte si
realizza la copertura finanziaria delle leggi e la spesa pubblica. Il finanziamento di opere o atti previsti
per legge attraverso una tassazione è contraria al principio di eguaglianza e all'obbligo generale di
contribuzione alla spesa pubblica (artt. 3 e 53 della Costituzione).
La distinzione tra tassa e imposta è ereditata dal diritto romano ed è tipica dei Paesi di diritto latino.
Nei Paesi di Common Law (Regno Unito e Stati Uniti) vige da secoli il principio del "no taxation without
representation". Si tratta di un principio in base al quale i cittadini che pagano i tributi devono essere
rappresentati in Parlamento, e i tributi devono derivare da una decisione parlamentare, in merito a un
servizio di cui beneficiano i contribuenti. Questo principio è recepito nell'ordinamento italiano dove è
vietata tramite decreto governativo l'estensione o l'imposizione di nuovi tributi (art. 4 della legge n.
212/2000 - Statuto dei diritti del Contribuente).

L'imposta è un tributo, ovvero una delle voci di entrata del bilancio dello Stato. Consiste in un prelievo
coattivo di ricchezza dal cittadino contribuente, non è connesso ad una prestazione da parte dello
Stato o degli altri enti pubblici per servizi resi al cittadino ed è destinata alla copertura della spesa
pubblica.
Nei paesi eredi del diritto romano è distinta dalla tassa, che è invece legata ad una prestazione. La
parte delle entrate statali costituita dalle imposte è detta gettito.
Il livello di imposizione e la ripartizione delle imposte tra le fasce della popolazione sono oggetto di
studio della scienza delle finanze e sono attuati mediante misure di politica fiscale. Il livello di
imposizione fiscale - impropriamente detta tassazione - medio di un paese si chiama pressione fiscale
apparente.
Sul piano della scienza delle finanze, l'imposta si caratterizza per il fatto di essere espressione del
potere d’imperio attribuito agli enti che operano il prelievo e per il fatto di essere finalizzata a
finanziare pubblici servizi indivisibili.
Gli elementi costitutivi delle imposte sono:
1. il presupposto: fatto giuridico che determina, in modo diretto o indiretto, il sorgere
dell'obbligazione tributaria
2. la base imponibile: espressione quantitativa del presupposto (può coincidere o meno col
presupposto stesso)
3. l’aliquota: tasso applicato alla base imponibile per liquidare l'imposta.

La principale classificazione delle imposte è quella tra le imposte dirette e le imposte indirette.
Sono dirette le imposte che sono correlate alla ricchezza, sia quando esiste già come un bene (es. il
patrimonio) sia quando viene prodotta svolgendo un servizio o una prestazione (il reddito). Le imposte
dirette non si trasferiscono, ovvero rimangono a carico di chi è obbligato a pagarle (ad es., quelle che
colpiscono il reddito o il patrimonio); quindi non provocano una variazione dei prezzi dei prodotti o dei
fattori, ovvero non vi è divario fra prezzi netti per il produttore e prezzi pagati dal consumatore.
Rientrano in questa categoria:
 Imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF)
 Imposta sul reddito delle società (IRES)
 Imposta regionale sulle attività produttive (IRAP)
 Imposta sostitutiva sui redditi da capitale (ISOS)
 Imposta municipale propria (IMU)
 Contributo soggettivo
 Contributi previdenziale

Sono indirette le imposte che sono correlate alla ricchezza nel momento in cui viene trasferita (es. la
vendita di un bene) o viene consumata (es. fruizione di un servizio o di una prestazione): le imposte
indirette pertanto si trasferiscono da chi è tenuto a pagarle ad altri soggetti. Tali imposte possono
portare ad un divario tra prezzi netti per il produttore e prezzi pagati dal consumatore. Esse colpiscono
la ricchezza nel momento in cui si manifesta in maniera indiretta, ossia quando essa viene o consumata
oppure trasferita. Difatti si parla di imposte sui consumi (es. IVA) o sui trasferimenti (imposta di
registro).
Tra le imposte indirette troviamo:
 Imposta di registro
 Accisa
 Imposta ipotecaria
 Imposta catastale
 Imposta di bollo
 Imposta sulle pubblicità
 Imposta sulle successioni e donazioni
 Imposta sulle assicurazioni
 Imposta sul valore aggiunto (IVA)
 Imposta sul consumo e di fabbricazione
 Imposta sugli intrattenimenti
 Contributo integrativo

Altra classificazione è quella tra le imposte sul reddito e le imposte sul patrimonio:
 sul reddito quando hanno per oggetto il flusso della produzione annuale (es. IRPEF, IRES, IRAP)
 sul patrimonio (o patrimoniali) quando l'importo è correlato alla ricchezza posseduta (es. IMU)
o trasferita (es. IVA, Imposta di registro, Imposta catastale).

Ancora, si distingue tra imposte proporzionali, progressive e regressive.


In relazione alla misura e al modo di determinarne l'ammontare, le imposte si dividono in fisse,
proporzionali, progressive e regressive.
L'imposta è:
 proporzionale quando l'aliquota è costante, ovvero l'imposta è direttamente proporzionale
all'imponibile;
 regressiva quando, all'aumentare dell'imponibile, l'aliquota media decresce (ovvero l'imposta
aumenta in misura meno che proporzionale rispetto all'imponibile);
 progressiva quando, all'aumentare dell'imponibile, l'aliquota media aumenta (ovvero l'imposta
aumenta in misura più che proporzionale rispetto all'imponibile). L'IRPEF appartiene a
quest'ultima categoria.

Esistono quattro tipi di progressività: per detrazione, per classi, continua e per scaglioni:
a) progressività per deduzione o detrazione: si ha o quando si colpisce con un'aliquota costante la
base imponibile, dopo aver dedotto da questa un ammontare fisso, o attraverso la detrazione
di una somma fissa dall'imposta calcolata applicando l'aliquota nominale al reddito imponibile.
b) progressività per classi: si ha quando ad ogni classe di imponibile corrisponde un'aliquota
costante, che cresce passando da una classe ad un'altra più alta;
c) progressività per scaglioni: si ha quando per ogni classe di imponibile, l'imponibile viene
suddiviso in parti dette scaglioni a ciascuna delle quali viene associata un'aliquota che cresce
passando da uno scaglione a quello successivo: questo criterio è stato adottato per l'IRPEF.
d) progressività continua: si ha quando l'aliquota varia in maniera continua al variare della base
imponibile (in tal caso, il rapporto tra variazione di aliquota e variazione dell'imponibile è
espresso mediante una funzione matematica). Tale tipo di progressività, applicato in Italia fino
al 1973 nell'ambito dell’imposizione sul reddito delle persone fisiche, è stato abbandonato sia
per la difficoltà del calcolo, sia perché la crescita dell'aliquota al progredire del reddito veniva
ritenuto un disincentivo all'incremento di reddito del contribuente.
La no tax area è un sistema per aumentare l'effetto di progressività delle imposte sul reddito
personale. Si stabilisce di non applicare le imposte sino ad un certo livello di reddito, in modo da
"schiacciare" la parte iniziale della tassazione.

Le imposte possono anche dividersi in reali (dal latino res = cosa), quando si applicano su un singolo
reddito o patrimonio. Esempi sono l'IMU o l'IVA che vengono applicate distintamente su ogni immobile
o ogni acquisto effettuato, o personali, quando si calcolano sul reddito complessivo di una persona.
Tipica imposta personale è l'IRPEF.

Nell'ambito delle imposte e quindi del sistema tributario, si va a delineare la differenza tra incidenza
legale ed incidenza fiscale.
La prima indica chi sia giuridicamente tenuto a pagare un'imposta, la seconda indica chi sopporti
effettivamente l'onere dell'imposta.
L'incidenza globale dipende dai modi in cui vengono colpite le fonti e gli impieghi del reddito, dalle
modalità di determinazione dei prezzi e dalla destinazione del gettito fiscale.

Italia negli ultimi anni tutti i Governi succedutisi in Italia hanno introdotto misure contro l'evasione
fiscale.
In particolare si è provveduto a introdurre:
 Strumenti di accertamento che prescindono dalle risultanze contabili (Studi di Settore,
parametri presuntivi, cosiddetto “redditometro“);
 Divieto di utilizzo del contante per importi pari o superiori a una certa soglia;
 Diritto di accesso semplificato da parte del Fisco ai movimenti bancari (Articolo 51, secondo
comma, numero 7), del D.P.R. del 26 ottobre 1972 n. 633, Articolo 32, primo comma, numero
7), del D.P.R. del 29 settembre 1973 n. 600).
 Nella stessa ottica è stata introdotta una norma (Art. 29 del D.L. 31.5.2010, n. 78, cosiddetto
“Manovra correttiva 2010”, convertito dalla legge 30.7.2010 n. 122) che facilita l'incasso da
parte del Fisco delle somme contestate come evasione anche se i contribuenti hanno
impugnato gli atti davanti alle Commissioni Tributarie. Tale nuova norma comporta, in caso di
impugnativa da parte del Contribuente, il pagamento entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso di
accertamento della somma corrispondente al 50% delle maggiori imposte accertate. L’Agente
della riscossione (normalmente Equitalia), passati ulteriori 30 giorni, potrà procedere con
l'esecuzione forzata e l’espropriazione dei beni del debitore senza dover notificare nessun atto.
Conseguentemente il contribuente decorsi al massimo 90 giorni potrà essere assoggettato a
procedura esecutiva (iscrizione di ipoteca, pignoramento, fermo amministrativo dei veicoli,
ecc.) senza alcuna comunicazione.
In Italia l'evasione fiscale è considerata reato (D.Lgs. n. 74/2000), ed è quindi penalmente rilevante, in
alcuni casi specifici i più comuni dei quali si verificano:
1. quando viene omesso il versamento di somme superiori a 50.000 euro (per ogni anno e per
ciascuna imposta);
2. quando vengono usati documenti contraffatti (tipicamente fatture false o relative a operazioni
inesistenti).

Per contributi la dottrina ricomprende una distinta categoria di prestazioni tributarie che per certi versi
si ricollega alla figura dell'imposta e per altri se ne differenzia. In particolare, i "tributi speciali" o
"contributi" costituiscono, al pari dell'imposta, una forma di concorso pecuniario alle spese dell'ente,
ma, diversamente da essa, il relativo prelievo è posto a carico del singolo contribuente in relazione al
vantaggio che egli ricava da una specifica attività amministrativa dell'ente effettuata nell'interesse della
collettività. Assume, dunque, rilievo particolare il collegamento tra la spesa dell'ente e il vantaggio che
deriva all'obbligato dal compimento dell'attività dell'ente medesimo. Esempi di tali forme di
prestazione tributaria sono i cessati contributi di miglioria che si corrispondevano ai comuni in
dipendenza del compimento di opere pubbliche o dell'introduzione di pubblici servizi.

Per monopoli fiscali si indica il diritto esclusivo di produzione, importazione, vendita o anche soltanto
di intermediazione che lo Stato, direttamente o tramite un ente pubblico o una società privata
concessionaria, si attribuisce, per un dato bene o servizio, con il solo o prevalente scopo di assicurare
nuove entrate alle proprie finanze ovvero di riscuotere più comodamente o economicamente
un’imposta indiretta sul consumo dei medesimi beni e servizi.
Sono definiti “monopoli fiscali” quei proventi che l’ente realizza attraverso limitazioni dell’attività
privata e la vendita (di diritto privato) dei prodotti o dei servizi di monopolio ai singoli, lucrando della
differenza tra costi e ricavi. L’esborso che il singolo deve sopportare per acquistare il bene prodotto in
regime di monopolio fiscale è superiore non solo al costo di produzione del bene stesso, ma in genere
anche a quel margine di utile che spetterebbe normalmente al privato imprenditore.

05 I soggetti di Diritto Tributario


Potestà di imposizione – Le entrate pubbliche sono costituite dai mezzi finanziari che lo Stato e gli altri
enti pubblici acquisiscono per lo svolgimento della loro attività.
Nella nozione di potestà d’imposizione si è soliti comprendere due distinte potestà:
a) quella c.d. astratta, che compete agli organi legislativi e consiste nella facoltà di istituire le
imposte. Oltre che allo stato, tale potestà spetta in misura diversa agli enti autarchici territoriali
(regioni, Province, Comuni e Città metropolitane);
b) quella c.d. concreta, che compete ai singoli organi tributari sia statali che territoriali e consiste
nella corretta e legale applicazione dei tributi. Questa seconda accezione della potestà
impositiva viene riferita esclusivamente a quei soggetti attivi indicati dalla legge istitutiva del
tributo come titolari della stessa.

La potestà impositiva trova dei limiti nei principi di vincolatività alla legge, di irrinunciabilità e di
indisponibilità, per cui ne consegue che in materia tributaria la pubblica amministrazione è sfornita di
poteri discrezionali.
La potestà d’imposizione concreta (potere di accertamento – potere di riscossione – potere di
controllo) spetta solo ai soggetti attivi che sono indicati nella legge istitutiva del tributo come titolari di
essa.
Caratteristica fondamentale della potestà di imposizione è l’autoritarietà dei provvedimenti finanziari,
cioè la capacità dell’atto impositivo di imporsi al soggetto passivo senza il necessario assenso di
quest’ultimo e di essere portati ad esecuzione “manu militari“.

I soggetti attivi – A partire dal 2000 è stata modificata la struttura dell’amministrazione finanziaria:
nell’ambito del Ministero dell’Economia e delle Finanze è stato costituito il dipartimento delle politiche
fiscali, poi rinominato Dipartimento delle finanze. Inoltre sono state istituite e rese operative le quattro
agenzie fiscali delle Entrate, delle Dogane, del Territorio e del Demanio.
Mentre il Ministero, mantiene funzioni generali di governo della fiscalità dello Stato, bracci esecutivi, ai
fini fiscali, sono due agenzie:
a) Agenzia delle Entrate (che ha incorporato nel 2012 quella del Territorio)
b) Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
A ciascuna di esse è affidata una missione specifica di gestione, con il compito di operare con il
massimo di autonomia, professionalità ed efficienza nel perseguimento dei risultati.
In particolare:
 l’agenzia delle entrate, ha il compito di gestire i tributi diretti, l’iva e le altre entrate erariali; ha,
inoltre, funzioni attinenti al catasto e alle conservatorie dei registri immobiliari e deve
realizzare un sistema integrato di anagrafe dell’intero patrimonio immobiliare italiano;
 all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, spetta la gestione di diritti e tributi legati agli scambi
internazionali, nonché la gestione dei Monopoli di Stato.
I soggetti ausiliari – Si dicono «soggetti ausiliari» dei soggetti attivi quelle persone (fisiche o giuridiche)
cui gli enti impositori, in base a disposizioni di legge, affidano alcune limitate funzioni pubbliche per la
riscossione dei tributi.
Attualmente la riscossione è attribuita ad “Equitalia S.p.A.” inoltre, per riscuotere i versamenti lo stato
si avvale anche delle banche e delle agenzie postali.
Tra i soggetti ausiliari si annoverano anche gli intermediari abilitati alla trasmissione telematica delle
dichiarazioni (commercialisti, consulenti del lavoro, CAF e tributaristi) e, nell’attività di accertamento ai
fini IRPEF, i Comuni, che possono fornire elementi integrativi delle dichiarazioni e proporre aumenti
degli imponibili.
A volte lo stato delega ad altro ente l’accertamento e la riscossione (es.: ACI o SIAE), mentre in altri casi
la riscossione è demandata ad altra amministrazione statale (tasse scolastiche e postali) per facilitarne
l’adempimento da parte del contribuente (si ricorda che i tabaccai e i ricevitori del lotto sono abilitati a
riscuotere le tasse automobilistiche e il canone radiotelevisivo attraverso il servizio Lottomatica).

CAF – I Centri autorizzati di assistenza fiscale (CAF) sono organismi che assolvono la funzione di
assistenza fiscale per lavoratori dipendenti, pensionati, imprese individuali, imprese familiari, società di
persone e di capitale, cooperative e consorzi.
Per i CAF, che svolgono la loro attività dietro autorizzazione del Ministero dell’economia e delle
finanze, è prevista la costituzione in forma di società di capitali. Il loro oggetto sociale deve
contemplare lo svolgimento dell’attività di assistenza fiscale. I centri sono tenuti a designare uno o più
responsabili dell’assistenza fiscale individuandoli tra gli iscritti all’albo dei dottori commercialisti o in
quello dei ragionieri liberi professionisti assunti anche con rapporto di lavoro subordinato.
Gli utenti dei CAF per lavoratori dipendenti e pensionati sono i possessori di reddito di lavoro
dipendente e assimilati che intendono adempiere all’obbligo di dichiarazione dei redditi attraverso la
presentazione al centro di assistenza prescelto di una apposita dichiarazione.
Nel corso degli ultimi anni il legislatore, oltre ad innovare la disciplina dell’assistenza fiscale svolta dai
CAF dipendenti e dai CAF imprese, ha individuato anche alcuni compiti svolti da specifiche figure
professionali che consentono di semplificare ulteriormente gli adempimenti posti a carico dei
contribuenti e, nel contempo, di rendere più agevole l’attività di controllo da parte
dell’amministrazione finanziaria.
Il D.L. 203/2005, conv. in L. 248/2005, ha previsto che anche i professionisti (dottori commercialisti,
esperti contabili e consulenti del lavoro) possono espletare l’attività di assistenza fiscale.

I CAD (centri autorizzati di assistenza doganale), istituiti con il D.L. n. 171/91, conv. in L. 66/92, sono
società di capitali con capitale minimo non inferiore a 51.645,69 euro, che hanno per oggetto esclusivo
l’esercizio dell’assistenza doganale.
Per poter operare i Cad devono ricevere l’autorizzazione da parte del Ministero dell’economia e delle
finanze ed essere iscritti in un apposito albo.

Il concetto di soggetto passivo è molto complesso e può assumere diversi contenuti: in linea di
massima per soggetti passivi si intendono tutti coloro che vengono sottoposti alla potestà tributaria
della P.A. e che, quindi, pagano il tributo o, in caso di inadempimento, subiscono l’esecuzione forzata.
Mentre per la legge il soggetto attivo del rapporto d’imposta è unico, i soggetti passivi possono essere
più d’uno; essi, in tal caso, sono titolari di diverse posizioni soggettive nei confronti della P.A.
La legge tributaria, infatti, individua alcuni soggetti tenuti ad adempiere in via sostitutiva o sussidiaria
all’obbligazione tributaria.
In merito al rapporto obbligatorio, può essere individuata:
 una relazione diretta, che intercorre tra lo Stato ed il contribuente soggetto passivo;
 una responsabilità indiretta, qualora il soggetto intervenga solo per facilitare il prelievo
tributario, spesso aggiungendo alla responsabilità dell’obbligato principale la propria.
Importante è, infine, notare che coloro i quali sopportano di fatto l’onere tributario (come il
consumatore finale per l’iva), senza esser obbligati direttamente verso lo Stato, non sono soggetti
passivi, ma solo contribuenti di fatto o soggetti incisi.

06 L’Accertamento Fiscale

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