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EROS NELLA SENSIBILITÀ DEI POETI GRECI E LATINI

Tracciare un iter ideale della evoluzione di EROS attraverso i maggiori poeti latini e greci è un tentativo di per sé destinato a non
concludersi. Basti ricordare quanto sostiene Platone sulla impossibilità di definire Eros: eros dolceamaro, eros dominatore nato
dalle origini del caos, eros demiurgo, eros paredro di Afrodite; tuttavia, pur nella molteplicità e varietà di forme della figura che per
i Greci incarna la forza dell’amore, si riflette la sua posizione centrale in una cultura e in un sistema di pensiero e di sentimento
profondamente segnati dall’attrattiva amorosa.
È da notare, però, se applichiamo un’analisi semantica al termine in questione nei diversi contesti in cui esso è usato fin da Omero,
che il termine eros esprime un concetto che solo parzialmente coincide con ciò che noi intendiamo per amore.
Nei primi testi classici, infatti, eros designa il desiderio di gloria o di potere politico, quando non indichi (confondendosi con
“imeros”) il rimpianto (es. di Achille nei confronti dell’amico morto Patroclo); tuttavia nella maggioranza dei casi eros sta ad
indicare il desiderio dell’amato/a.
E già attraverso Omero possiamo delineare una vera e propria fisiologia dell’amore secondo i Greci.
Eros in effetti vi è descritto come una forza esterna che afferra colui che prova desiderio. Questa forza agisce sull’organo che per i
Greci è la sede dei sentimenti: il petto; inonda il cuore, per sottometterlo, e provoca nella persona che ne è colpita uno stato che
trova espressione nel verbo éramai “desiderare”,”amare”. Questo stato di desiderio è collegato a un’altra persona, ossia a quella
che l’ha suscitato.
Usando la terminologia contemporanea, si potrebbe dire che la persona amata è al tempo stesso l’origine e la meta della forza che
si qualifica come desiderio in colui che ama e lo fa tendere verso di essa.
In questo gioco di sollecitazioni dell’amante ad opera della persona amata, lo sguardo assume un ruolo essenziale; è il veicolo della
potenza dell’eros. E viene a determinarsi come un flusso che emana dall’oggetto amato per invadere l’amante e quindi rifluire in
parte sul primo. E’ così che l’anima dell’amato è investita a sua volta dalla potenza dell’eros; è così che l’eròmenos (l’amato) brucia
anche lui dal desiderio del suo erastès (amante) e che, riflettendone i sentimenti, è preso da “antèros”, l’amore ricambiato.
Questa rappresentazione della potenza oggettiva dell’ eros che invade l’uomo o la donna per stregarli, si ritrova in tutta la
letteratura greca da Omero agli epigrammi dell’Antologia Palatina.
Quali sono le manifestazioni dell’eros?
Nella poesia lirica arcaica: eros riscalda il cuore, gli si avviluppa, brucia l’anima, scioglie le membra, scuote l’amante come un vento
montano, strema, stronca, soggioga, abbatte.
Eros, di nuovo, colui che scioglie le membra, mi agita (Saffo 130 V.)
Eros come tagliatore d’alberi/ mi colpì con una grande scure/ e mi riversò alla deriva/ d’un torrente invernale (Anacreonte fr. 45 D)
Mi invase il cuore tanto desiderio d’amore/ che una fitta nebbia m’offusca gli occhi/ strappandomi dal petto la tenera anima.
(Archiloco fr. 112 D.)
A questi modi di agire sono associate le qualità corrispondenti: dolcezza, dolcezza e amarezza insieme, sfrontatezza, insolenza ecc.;
Eros ora per volere di Cipride/ dolce stillando mi scalda il cuore  (Alcmane fr. 101 D).
Dolce, d’estate, alla sete la neve, a chi naviga dolce,/ come inverno dilegua, la Ghirlanda./* Molto più dolce s’è una la coltre che
cela gli amanti/ se Cipride la celebrano entrambi. (Asclepiade A.P. V, 169)
*costellazione delle Pleiadi
Nulla è più dolce di amore, ogni altro diletto vien dopo/ di lui; dalla mia bocca io sputo pure il miele. (Nosside A.P. V, 170)
Eros, infine, agisce come una belva a cui non si sfugge: è amèchanos.
Invincibile fiera dolceamara (Saffo fr. 131 V.)
Ma il desiderio non raggiunge solo la sede dei sentimenti: invade l’intera persona. Col suo fascino può arrivare a impadronirsi
dell’intelletto stesso; nella misura in cui vi riesce provoca in colui o colei che ha invaso uno stato di vera e propria manìa, di delirio e
invasamento.
Ed Eros mi ha sconvolto la mente/ Come un vento che si abbatte sul monte contro le querce (Saffo fr. 50 D)
Amo di nuovo, non amo/ e folle sono, non folle (Anacreonte fr. 79 D)
In epoca alessandrina, perfino Polifemo, il Ciclope dell’Odissea, l’orco antropofago, vinto da eros, diventa lo spasimante di Galatea.
Mi sono innamorato di te o fanciulla, allorché dapprima venisti con mia madre,….Cessare, dopo che ti ho visto anche in seguito, non
posso più da allora…(Teocrito XI)
Agli attacchi dell’eros non è dunque possibile resistere. È Deianira nelle Trachinie di Sofocle ad avvertircene:
chi affronta il desiderio come un lottatore, è fuori di senno
e, riprendendo nell’Antigone la metafora agonistica, Sofocle aggiunge
eros nella lotta invincibile
I suoi attributi, i suoi modi di agire, la possibilità di impegnare con lui un vero e proprio combattimento, fanno del desiderio, come è
inteso dai Greci, un’entità assolutamente antropomorfa.
Porta l’acqua ragazzo, porta il vino/ e ghirlande portaci di fiori/ orsù portate, ché voglio/ con Eros fare a pugni (Anacreonte fr. 27 D)
Di qui la tendenza a scrivere il suo nome come un antroponimo; cosa che per gli antichi significa non solo ravvisarvi un tiranno
implacabile e un dominatore di uomini, ma estenderne il potere anche sugli dei.
a me piace cantare il molle Eros/ di ghirlande fiorito ricolmo/ egli è signore degli dei/ egli doma i mortali  (Anacreonte fr.28 D)
Eros così è lui stesso una divinità, complementare ad Afrodite: Afrodite presiede all’ unione ma nulla essa è senza la forza che attira
l’uno verso l’altra i suoi protagonisti.
Nuovamente Eros/ di sotto alle palpebre languido/ mi guarda coi suoi occhi di mare:/ con oscure dolcezze/ mi spinge nelle reti di
Cipride/ inestricabili./ Ora io trepido quando si avvicina,/ come cavallo che uso alle vittorie,/ a tarda giovinezza, contro voglia/ tra
carri veloci torna a gara. (Ibico fr. 7 D)
Adriana Pedicini
EROS NELLA SENSIBILITÀ DEI POETI GRECI E LATINI
Tracciare un iter ideale della evoluzione di EROS attraverso i maggiori poeti latini e greci è un tentativo di per sé destinato a non
concludersi. Basti ricordare quanto sostiene Platone sulla impossibilità di definire Eros: eros dolceamaro, eros dominatore nato
dalle origini del caos, eros demiurgo, eros paredro di Afrodite; tuttavia, pur nella molteplicità e varietà di forme della figura che per
i Greci incarna la forza dell’amore, si riflette la sua posizione centrale in una cultura e in un sistema di pensiero e di sentimento
profondamente segnati dall’attrattiva amorosa.
È da notare, però, se applichiamo un’analisi semantica al termine in questione nei diversi contesti in cui esso è usato fin da Omero,
che il termine eros esprime un concetto che solo parzialmente coincide con ciò che noi intendiamo per amore.
Nei primi testi classici, infatti, eros designa il desiderio di gloria o di potere politico, quando non indichi (confondendosi con
“imeros”) il rimpianto (es. di Achille nei confronti dell’amico morto Patroclo); tuttavia nella maggioranza dei casi eros sta ad
indicare il desiderio dell’amato/a.
E già attraverso Omero possiamo delineare una vera e propria fisiologia dell’amore secondo i Greci.
Eros in effetti vi è descritto come una forza esterna che afferra colui che prova desiderio. Questa forza agisce sull’organo che per i
Greci è la sede dei sentimenti: il petto; inonda il cuore, per sottometterlo, e provoca nella persona che ne è colpita uno stato che
trova espressione nel verbo éramai “desiderare”,”amare”. Questo stato di desiderio è collegato a un’altra persona, ossia a quella
che l’ha suscitato.
Usando la terminologia contemporanea, si potrebbe dire che la persona amata è al tempo stesso l’origine e la meta della forza che
si qualifica come desiderio in colui che ama e lo fa tendere verso di essa.
In questo gioco di sollecitazioni dell’amante ad opera della persona amata, lo sguardo assume un ruolo essenziale; è il veicolo della
potenza dell’eros. E viene a determinarsi come un flusso che emana dall’oggetto amato per invadere l’amante e quindi rifluire in
parte sul primo. E’ così che l’anima dell’amato è investita a sua volta dalla potenza dell’eros; è così che l’eròmenos (l’amato) brucia
anche lui dal desiderio del suo erastès (amante) e che, riflettendone i sentimenti, è preso da “antèros”, l’amore ricambiato.
Questa rappresentazione della potenza oggettiva dell’ eros che invade l’uomo o la donna per stregarli, si ritrova in tutta la
letteratura greca da Omero agli epigrammi dell’Antologia Palatina.
Quali sono le manifestazioni dell’eros?
Nella poesia lirica arcaica: eros riscalda il cuore, gli si avviluppa, brucia l’anima, scioglie le membra, scuote l’amante come un vento
montano, strema, stronca, soggioga, abbatte.
Eros, di nuovo, colui che scioglie le membra, mi agita (Saffo 130 V.)
Eros come tagliatore d’alberi/ mi colpì con una grande scure/ e mi riversò alla deriva/ d’un torrente invernale (Anacreonte fr. 45 D)
Mi invase il cuore tanto desiderio d’amore/ che una fitta nebbia m’offusca gli occhi/ strappandomi dal petto la tenera anima.
(Archiloco fr. 112 D.)
A questi modi di agire sono associate le qualità corrispondenti: dolcezza, dolcezza e amarezza insieme, sfrontatezza, insolenza ecc.;
Eros ora per volere di Cipride/ dolce stillando mi scalda il cuore  (Alcmane fr. 101 D).
Dolce, d’estate, alla sete la neve, a chi naviga dolce,/ come inverno dilegua, la Ghirlanda./* Molto più dolce s’è una la coltre che
cela gli amanti/ se Cipride la celebrano entrambi. (Asclepiade A.P. V, 169)
*costellazione delle Pleiadi
Nulla è più dolce di amore, ogni altro diletto vien dopo/ di lui; dalla mia bocca io sputo pure il miele. (Nosside A.P. V, 170)
Eros, infine, agisce come una belva a cui non si sfugge: è amèchanos.
Invincibile fiera dolceamara (Saffo fr. 131 V.)
Ma il desiderio non raggiunge solo la sede dei sentimenti: invade l’intera persona. Col suo fascino può arrivare a impadronirsi
dell’intelletto stesso; nella misura in cui vi riesce provoca in colui o colei che ha invaso uno stato di vera e propria manìa, di delirio e
invasamento.
Ed Eros mi ha sconvolto la mente/ Come un vento che si abbatte sul monte contro le querce (Saffo fr. 50 D)
Amo di nuovo, non amo/ e folle sono, non folle (Anacreonte fr. 79 D)
In epoca alessandrina, perfino Polifemo, il Ciclope dell’Odissea, l’orco antropofago, vinto da eros, diventa lo spasimante di Galatea.
Mi sono innamorato di te o fanciulla, allorché dapprima venisti con mia madre,….Cessare, dopo che ti ho visto anche in seguito, non
posso più da allora…(Teocrito XI)
Agli attacchi dell’eros non è dunque possibile resistere. È Deianira nelle Trachinie di Sofocle ad avvertircene:
chi affronta il desiderio come un lottatore, è fuori di senno
e, riprendendo nell’Antigone la metafora agonistica, Sofocle aggiunge
eros nella lotta invincibile
I suoi attributi, i suoi modi di agire, la possibilità di impegnare con lui un vero e proprio combattimento, fanno del desiderio, come è
inteso dai Greci, un’entità assolutamente antropomorfa.
Porta l’acqua ragazzo, porta il vino/ e ghirlande portaci di fiori/ orsù portate, ché voglio/ con Eros fare a pugni (Anacreonte fr. 27 D)
Di qui la tendenza a scrivere il suo nome come un antroponimo; cosa che per gli antichi significa non solo ravvisarvi un tiranno
implacabile e un dominatore di uomini, ma estenderne il potere anche sugli dei.
a me piace cantare il molle Eros/ di ghirlande fiorito ricolmo/ egli è signore degli dei/ egli doma i mortali  (Anacreonte fr.28 D)
Eros così è lui stesso una divinità, complementare ad Afrodite: Afrodite presiede all’ unione ma nulla essa è senza la forza che attira
l’uno verso l’altra i suoi protagonisti.
Nuovamente Eros/ di sotto alle palpebre languido/ mi guarda coi suoi occhi di mare:/ con oscure dolcezze/ mi spinge nelle reti di
Cipride/ inestricabili./ Ora io trepido quando si avvicina,/ come cavallo che uso alle vittorie,/ a tarda giovinezza, contro voglia/ tra
carri veloci torna a gara. (Ibico fr. 7 D)
Adriana Pedicini

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