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nuova serie anno 05 2014 numero 02 nuova serie anno 05 2014 numero 02
Accademia Nazionale di Santa Cecilia Fondazione
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ISSN 0391-7789
ISBN 978-88-95341-82-8
Direttore
Agostino Ziino
Redazione
Teresa M. Gialdroni
Studi musicali
Nuova serie, v, 2014, n. 2
Questo volume è stato pubblicato grazie al contributo del Ministero dei beni e delle attività culturali
e del turismo
Art Director
Silvana Amato
Impaginazione
Raffaella Barbetti
«Studi musicali» pubblica articoli riguardanti tutti i campi della ricerca musicologica in italia-
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issn 0391-7789
isbn 978-88-95341-82-8
Introduzione
Ercole Bottrigari (1531-1612) rappresenta una preziosa eccezione nella storia della
musica occidentale: lungi dall’essere un semplice teorico, egli si dedica alla spe-
culazione sulla musica come conseguenza di un’intensa passione per la cultura
classica, e in particolare per le molteplici relazioni che essa instaura con la sua
epoca. Considerarlo propriamente un litterato può dunque fornirci la chiave
interpretativa per comprendere il valore dei suoi studi teorici in rapporto alla
pratica della composizione tra Cinque e Seicento.
Il pensiero musicale classico rappresenta la vera ispirazione per l’intera opera
di Bottrigari, una luce guida nei meandri della musica antica e della moderna, il
filo d’Arianna per seguirlo lungo il labirinto della speculazione sui generi armo-
nici, i modi e le pratiche musicali tanto del passato quanto soprattutto del pre-
sente a lui contemporaneo. La ricerca tutta rinascimentale per una corrispon-
denza tra gli estremi cronologici del pensiero occidentale – una corrispondenza
che scavalca con facilità le differenze culturali e storiografiche tra vicino e lonta-
no, classico e contemporaneo, vecchio e nuovo – è condizione essenziale del suo
agire. Tanto nella produzione teorica quanto nella pratica, Bottrigari supera le
indubbie difficoltà che sorgono dall’applicare categorie concettuali apparente-
mente simili (il genere cromatico) a scopi diversi (la polifonia cinquecentesca),
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inseguendo il sogno di una vera restaurazione degli splendidi effetti che in epo-
che antiche la musica imprimeva nell’animo umano.
Gli interessi per le humanæ litteræ e per quelle scienze teoriche che rappresenta-
no le più alte attività dell’uomo si manifestano in un’opera eclettica, che include trat-
tati e scritti vari sulla musica, la poesia, il teatro, l’architettura, l’astronomia, la geo-
grafia, la geometria, la storia, la filosofia, la letteratura e le lingue classiche, dal greco
al latino, all’ebraico. Tuttavia, è nella teoria della musica che il valore reale dell’eru-
dizione di Bottrigari si rivela a pieno, marcando la differenza con altri illustri teorici
come Nicola Vicentino o Vincenzo Galilei, ai quali barriere linguistiche negavano
l’accesso alle fonti dirette.
Nel pensiero musicale di Bottrigari, l’Umanesimo appare nella sua vera essenza:
la fedeltà al documento scritto, testimone della conoscenza antica e moderna, si rile-
va inconfutabilmente non solo dal lavoro indefesso di traduzione e citazione dei
classici della teoria (Platone, Aristotele, Aristosseno, Tolomeo, Euclide, lo Pseudo-
Euclide o Cleonide, lo Pseudo-Plutarco, Cassiodoro, Boezio e molti altri) ma anche
dai tentativi di costruire una storia della notazione musicale, riportata nella Terza
giornata del Trimerone de’ fondamenti armonici (1599).
L’indagine su Bottrigari umanista ci porta direttamente a un altro aspetto della
sua complessa figura: il teorico di riferimento per i compositori della seconda pratti-
ca. In questo saggio cercherò di collocarlo nella giusta posizione all’interno della
celebre seppur a volte storiograficamente abusata contesa tra Giovanni Maria Artu-
si e Claudio Monteverdi. Artusi accende la disputa, rinfocolandola alternativamente
tra il 1600 e il 1608 sia nei confronti del compositore sia di Bottrigari. La diatriba
pone i seguenti interrogativi fondamentali alla storia delle teorie: cosa rende un
brano conforme alla vera pratica? E soprattutto qual è l’autorità da seguire in termi-
ni di regole compositive? Mentre Artusi consiglia vivamente ai compositori di atte-
nersi alle regole espresse nel sistema teorico di Gioseffo Zarlino, Bottrigari arriva a
soluzioni più avanzate, nonostante giustifichi queste innovazioni attraverso autore-
voli teorici greci e latini. Così facendo, si guadagna la lode di Monteverdi per la capa-
cità di strutturare un chiaro sistema teorico da fonti eterogenee, impresa che Mon-
teverdi stesso vorrebbe intraprendere con un trattato di composizione fondato sui
dettami estetici della seconda prattica, a lungo promesso ma mai portato a termine.1
1 Il ruolo centrale di Bottrigari nella disputa tra Artusi e Monteverdi, e pertanto nella distinzio-
ne di ordine storiografico tra prima e seconda prattica, è stato piuttosto sottovalutato se non com-
pletamente trascurato dagli storici della musica.
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2 Bologna, Archivio battesimale della cattedrale, Libro dei battezzati 1529-1532, c. 106v, docu-
mento indicato anche nella bibliografia di Oscar Mischiati-Alfredo Cioni, Bottrigari,
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Ercole, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 13, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana,
1971, pp. 491-495.
3 Enrico Bottrigari, Notizie biografiche intorno agli studi ed alla vita del Cavaliere Ercole Bottri-
gari, Bologna, Sassi-Amoretti, 1842, p. 23, nota 1. «L’aver questi [Giambattista] avuto due mogli,
l’una de’ Guastavillani, l’altra de’ Castelli, fece dire al Fantuzzi “Resta dubbio chi fosse sua
madre”: ma il dubbio era male basato»; cfr. Gaetano Gaspari, Dei musicisti bolognesi al xvi sec.
e delle loro opere a stampa. Ragguagli biografici e bibliografici, «Atti e memorie della Real Deputazio-
ne di Storia Patria per le provincie di Romagna», ii/2, 1876, pp. 3-84 e «Atti e memorie della Real
Deputazione di Storia Patria per le provincie dell’Emilia», Seconda serie, i, 1877, pp. 125-205,
ristampato in Musica e musicisti a Bologna. Ricerche, documenti e memorie riguardanti la storia dell’ar-
te musicale in Bologna, Bologna, Forni, 1969 (“Bibliotheca musica Bononiensis”, 3/1), pp. 269-447:
269 (da cui cito). Cfr. inoltre Giovanni Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, vol. 2, Bologna,
nella stamperia di S. Tommaso d’Aquino, 1782, pp. 320-329, citazione bibliografica ripresa da
Mischiati-Cioni, Bottrigari, Ercole cit., p. 495 e da Elita Maule-Ilde Illuminati, Tra cappel-
le, accademie, ridotti nel Rinascimento e le opere di Alessandro e Lodovico Spontoni, Bologna, amis,
1994, p. 22, nota 63.
4 Gaspari, Dei musicisti bolognesi cit., p. 271.
5 La cerimonia d’investitura si svolse il 9 aprile 1542, giorno della Santa Pasqua, nella cattedrale
di S. Pietro, al cospetto di una gran folla composta da persone di alto rango e dal «populo» di Bolo-
gna. Lo svolgimento dei fatti, compresi quelli antecedenti all’investitura, è ampiamente descritto
per mano dello stesso Bottrigari nella Vera narratione delle cerimonie fatte dallo Illustriss. et Reveren-
diss. S.re Card. Gasparo Contarino Legato di Bologna nel creare Caval.e della Sacrata Corte et Militia
Lateranense Hercole Bottrigaro, Lo Anno 1542. à 9. dì di Aprile, contenuta nel manoscritto autografo
I-Bc (Museo internazionale e Biblioteca della musica di Bologna), B.44, pp. 1-16. Quest’opera,
insieme a notizie sparse contenute in altri suoi scritti, è la fonte principale per conoscere il tipo di
studi cui attendeva Bottrigari già in tenera età.
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cappella a Verona si vedano Gaspari, Dei musicisti bolognesi cit., pp. 186-206; Maule-Illumina-
ti, Tra cappelle, accademie, ridotti cit., pp. 7-15 e Mischiati-Cioni, Bottrigari, Ercole cit., p. 492;
inoltre Osvaldo Gambassi, Il Concerto Palatino della Signoria di Bologna. Cinque secoli di vita musi-
cale a corte (1250-1597), Firenze, Olschki, 1989, pp. 157 e 177; Lucia Marzini, Il primo libro di madri-
gali di Bartolomeo Spontone a quattro voci (1558), tesi di laurea, Università di Bologna, A.A. 1996. Per
l’ambiente musicale a Bologna intorno a Spontoni e Bottrigari, cfr. Elvidio Surian-Graziano
Ballerini, Bologna, in The New Grove Dictionary of Music and Musicians, Second Edition, ed. by
Stanley Sadie and John Tyrrell, vol. 3, London, Macmillan, 2001, pp. 831-840; Rossana Dalmon-
te, Camillo Cortellini madrigalista bolognese, Firenze, Olschki, 1980, pp. 5-62; Franco Piperno,
Gli «Eccellentissimi musici della città di Bologna», Firenze, Olschki, 1984. Spontoni dedicò a Bottrigari
il Primo libro di madrigali a quatro voci (Venezia, Girolamo Scotto, 1558) e il Libro terzo de madrigali a
cinque voci (Venezia, Angelo Gardano, 1583), quest’ultimo indirizzatogli dal figlio Ciro: v.
Mischiati-Cioni, p. 492 e Maule-Illuminati, p. 13.
11 Cfr. Gaspari, Dei musicisti bolognesi, p. 274. Bottrigari però si riferisce alla medicina greca anti-
ca come risorta nella sua epoca nel Melone cit., p. 32; a p. 5 si fa inoltre cenno a Ippocrate. Cfr.
anche Enrico Bottrigari, Notizie biografiche cit., p. 8: «Cresciuto in età non si tenne contento
il nostro Ercole di tali studi, ma rivolse la mente in prima alle Leggi che apprese da Francesco Luc-
chino da Trento, uno de’ cinque Auditori della Ruota»; e a p. 23, nota 3: «Dal sopraccitato mano-
scritto [la Vera narrazione] rilevasi che Lucchino da Trento gli fu maestro nello studio delle leggi, e
che dallo stesso furono composti alcuni leggiadri versi latini che Ercole recitò al Card. Contarini
con molta vivacità nell’occasione della ripetuta cerimonia».
12 Presente sia all’Archiginnasio di Bologna (I-Bca), sia alla Biblioteca Centrale della Facoltà di
Lettere e Filosofia di Torino, notizia ottenuta dalla ricerca effettuata sul sito web
http://edit16.iccu.sbn.it (accesso al sito del 24 febbraio 2013): cfr. invece Albano Sorbelli,
Un grande musicista e scienziato del sec. XVI tipografo, «Gutemberg Jahrbuch», XIII, 1937, pp. 168-
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173: 170, che riporta, per questo «libretto introvabile», la sola indicazione dell’Archiginnasio,
di cui egli fu bibliotecario.
13 Cfr. Giacomo Manzoni, Della sconosciuta tipografia bolognese aperta nel 1547 nelle case del Cav.
e Conte Palatino Giambattista Bottrigari a istanza del Cav. Ercole figlio di lui e delle rarissime e preziose
stampe che ne uscirono, «Atti e memorie della Real Deputazione di Storia Patria per le province di
Romagna», Terza serie, i, 1883, pp. 121-139: 122-26 e 128; invece Sorbelli, Un grande musicista e
scienziato cit., p. 170. Sulla figura di Manzoni, importante bibliofilo e bibliografo del xix secolo, si
veda il saggio di Fernanda Canepa, Giacomo Manzoni, opinioni di un bibliofilo risorgimentale sulle
biblioteche del Regno d’Italia, 2000, consultabile al sito web www.aib.it/aib/congr/c46/s13e.htm3
(accesso del 24 febbraio 2013).
14 Alfredo Cioni, in Mischiati-Cioni, Bottrigari, Ercole cit., pp. 494-5, relativamente all’e-
sperienza tipografica di Bottrigari, dichiara: «sono tutti libretti di piccola mole, ma piacevoli
e graziosi, che G. Manzoni (il quale ne conobbe solo cinque [dei sette citati da Cioni]) qualifi-
cò – con entusiasmo invero eccessivo – come “i più cari ed amabili volumetti del mondo” [cfr.
Manzoni, Della sconosciuta tipografia bolognese cit., p. 121]». L’entusiasmo di Manzoni fu
sicuramente dettato da una considerazione simpatetica degli scritti del giovane Bottrigari, i
quali, confrontati con la prosa seria ed erudita delle opere teoriche posteriori – prosa dallo
stile a volte irrimediabilmente pesante – danno un più interessante spaccato della personalità
in via di sviluppo del teorico. Un elenco delle opere stampate da Bottrigari tra il 1546 e il 1548 è
allegato nell’Appendice a Bruno, Ercole Bottrigari cit., pp. 179-180, in cui si riporta anche un’o-
pera in latino che non figura in nessuno degli studi dedicati all’indagine della tipografia Bot-
trigari: l’Epithalamion di Giulio Cesare Brancaccio, pubblicato nel 1548, indicazione bibliogra-
fica reperibile al sito web http://edit16.iccu.sbn.it (accesso del 24 febbraio 2013). Oltre agli
studi già citati con le relative bibliografie, sulla tipografia in casa Bottrigari si vedano i brevi
passi di Sorbelli, Storia della stampa in Bologna, Bologna, Zanichelli, 1929, pp. 103-105: 124;
Id., Le marche tipografiche bolognesi nel sec. XVI, Milano, s.d., p. 36 e Fernanda Ascarelli, La
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Il periodo che va dalla metà degli anni Cinquanta all’inizio degli anni Ottanta vede
Bottrigari impegnarsi in ricerche umanistiche, negli studi matematici e, non ulti-
ma, nella composizione musicale. Particolarmente è alle discipline del quadrivium
che egli si dedica con più tenacia, riuscendo anche a pubblicare tre lavori:
tipografia cinquecentina italiana, Firenze, Sansoni Antiquariato, 1953, p. 45, studi che riportano
l’immagine dell’impresa di Bottrigari, comunque visionabile ricercando al sito web citato.
Sorbelli si è occupato di Bottrigari anche in Inventari dei manoscritti delle Biblioteche d’Italia.
Opera fondata dal Prof. Giuseppe Mazzatinti, vol. 17, Firenze, Olschki, 2a edizione 1968 (da cui
cito), pp. 91-93 (1a edizione 1910), in cui è redatto un elenco del contenuto delle tre buste con
segnatura Mss. Ital. 345 (olim 326) della Biblioteca Universitaria di Bologna (I-Bu), nelle quali
sono conservati scritti vari, inclusi trattati di teoria musicale greca tradotti e commentati da
Bottrigari e gli autografi dei suoi principali saggi teorici.
15 Nel 1569 Lucrezia fu istituita erede universale dal proprio padre, consentendo così al marito
una vita agiata; unico erede del patrimonio della moglie fu poi Ercole Bottrigari, il quale non
dovette mai affrontare disagi economici lungo tutta la vecchiaia: cfr. Gaspari, Dei musicisti bolo-
gnesi, p. 278. Alla morte di Ercole il patrimonio di famiglia passò, senza testamento, nelle mani del
figlio Giovan Battista: v. Giambattista Martini, Miscellanea manoscritta, ms. I-Bc, H.60 e
Donatella Restani, Martini studioso di musica greca, in Padre Martini. Musica e cultura nel Sette-
cento europeo, a c. di Angelo Pompilio, Firenze, Olschki, 1987, pp. 27-54: 31 nota 19. La questione
dell’eredità ricevuta dalla moglie sarà causa di alcune discordie giudiziarie con i parenti acquisiti
di lei, che spingeranno Bottrigari, probabilmente in torto, a cercare rifugio con la famiglia a Ferra-
ra; cfr. Gaspari, Dei musicisti bolognesi, pp. 279-286. La lettura di Oscar Mischiati, Il catalogo
originale dei codici manoscritti di Padre Martini, «Studi musicali», xxviii, pp. 117-217, da integrarsi
con la tabella di raffronto tra la numerazione originale martiniana e la segnatura attuale dei codici
in possesso del Museo internazionale e Biblioteca della musica di Bologna (I-Bc), leggibile all’in-
dirizzo http://www.bibliotecamusica.it/cmbm/tools/cod_martini.pdf (accesso del 23 gennaio
2014), chiarisce aspetti altrimenti oscuri legati alla trasmissione e ricezione delle opere teoriche
di Bottrigari durante il Seicento e Settecento e al riordino dei materiali ad opera di Gaetano
Gaspari nell’Ottocento e Ugo Sesini nel Novecento.
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il cantar novo di ercole bottrigari
Un passo del Trimerone, invece, ci riporta a considerare gli studi musicali di Bot-
trigari con Bartolomeo Spontoni:18 per voce di Annibale, un interlocutore del
dialogo del quale tratteremo più avanti, veniamo a sapere di tre madrigali a cin-
que voci su sonetti di Petrarca, composti da Bottrigari, insieme ad altre composi-
zioni a quattro, cinque e sei voci, intorno al 1556.19
Ecco i titoli delle composizioni: Come il candido piè per la Herba fresca, Pien
d’un vago pensier che mi disvia, Poco era d’appressarsi à gli occhi miei, qui riporta-
16 Di questa traduzione, al confine tra filologia e astronomia, esiste una ristampa anastatica
(Bologna, Forni, 1990).
17 Cfr. Mischiati-Cioni, Bottrigari, Ercole cit., p. 495.
18 Si tratta del brano citato sopra alla nota 10.
19 Cfr. anche Ugo Sesini, L’Umanesimo musicale e Ercole Bottrigari, in Momenti di teoria musicale
tra Medioevo e Rinascimento, a c. di Giuseppe Vecchi, Bologna, Tamari, 1966, pp. 41-76: 62 e 75, note
46 e 47 (già pubblicato in «Convivium», xiii/1, 1941, pp. 1-25).
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20 Sono i sonetti clxv, clxix e li dai Rerum vulgarium fragmenta di Petrarca (tutti «in vita di
Madonna Laura»): cfr. Francesco Petrarca, Canzoniere, a c. di Gianfranco Contini, con anno-
tazioni di Daniele Ponchiroli, Torino, Einaudi, 1964, pp. 70, 221 e 225.
21 Cfr. Sesini, L’Umanesimo musicale cit., p. 75 nota 46; probabilmente è un errore in
Mischiati-Cioni, Bottrigari, Ercole cit., p. 493 il fatto che essi riportino il titolo del madrigale
di de Monte, citando invece il secondo verso del sonetto di Petrarca intonato da Bottrigari: «nel
madrigale Amor, che sol i cor leggiadri invesca». La medesima svista è poi ripetuta nella voce
Oscar Mischiati, Bottrigari, Ercole, in Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei
Musicisti, a c. di Alberto Basso, Le Biografie, vol. 1, Torino, UTET, 1985, pp. 636-637. È probabil-
mente questa, inoltre, la fonte per gli errori contenuti nelle voci Carol McClintock, Bottri-
gari [Bottrigaro], Ercole, in The New Grove’s Dictionary of Music and Musician, ed. by Stanley
Sadie, vol. 3, London, Macmillan, 1980, pp. 93-94 e Iain Fenlon, Bottrigari, Ercole, in Grove
Music Online, ed. by Deane Root (accesso del 24 febbraio 2013).
22 È il sonetto ccxix: per una trattazione più ampia, un’analisi e la trascrizione in partitura di
questo madrigale in due parti, v. oltre.
23 Cfr. più oltre la nota 84.
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il cantar novo di ercole bottrigari
A sostegno della tesi che assegna la composizione de Il cantar novo alla fine
degli anni Cinquanta del Cinquecento, però, si può far notare che composizioni
che ambivano a essere pure cromatiche erano già state pubblicate da Nicola
Vicentino ne L’antica musica ridotta alla moderna prattica (Roma, Antonio Barre,
1551), con alcuni procedimenti che saranno ripresi nella composizione di Bottri-
gari, sebbene questi confuterà poi nel Melone parecchie idee di Vicentino. Possia-
mo soffermarci in particolare a considerare l’uso della quinta diminuita tra il
Basso e il Tenore alle battute 28-29, il cui impiego è giustificato da un passo del
Melone (pp. 23-24), che condona l’uso del medesimo intervallo nella composizio-
ne a cinque voci Hierusalem convertere, posta da Vicentino nel cap. 55 del Terzo
libro della Pratica Musicale:24 la giustificazione è basata sul fatto che l’intervallo è
fra note appartenenti al sistema scalare cromatico, e quindi non impiega note
estranee a questo genere. Solo che il passo di Vicentino in realtà non ha la quinta
diminuita Si-Fa, bensì una quinta giusta Si bemolle-Fa: potrebbe pertanto essere
che Bottrigari avesse visto il passo di Vicentino, magari anche corrotto, e, stimola-
to, vi avesse riflettuto sopra, impiegando poi un procedimento compositivo a
livello intuitivo, senza dover subito chiarire in forma scritta e dettagliata la sua
teoria della composizione cromatica, di molto diversa da quella di Vicentino. Una
datazione alta (intorno alla fine degli anni Cinquanta) sia del brano sia della spe-
culazione sul genere cromatico del nostro teorico giustificherebbe anche alcuni
procedimenti non proprio ortodossi rispetto alle regole codificate da Gioseffo
Zarlino ne Le istitutioni harmoniche, pubblicate a Venezia, presso l’autore, nel 1558
e di cui Bottrigari si dimostra comunque a conoscenza e spesso anche seguace,
quantomeno nell’uso di un’identità modale definita lungo tutto il madrigale.25
24 Per una trascrizione di questa «Lamentatione», cfr. Edward E. Lowinsky, Tonality and Ato-
nality in Sixteenth-Century Music, Berkeley, The Regents of the University of California, 1961 (trad.
it. in Id., Musica del Rinascimento. Tre saggi, a c. di Massimo Privitera, Lucca, LIM, 1997, pp. 3-115:
67-69). Il passo in cui Vicentino esalta i meravigliosi effetti espressivi del tritono melodico, si
trova in L’antica musica ridotta alla moderna prattica, libro i, cap. 35 «Dichiaratione del salto del
Tritono naturale, incomposto & composto: & de suoi gradi & di sua natura, con l’essempio».
25 Anche la scelta del modo, il x (La eolio plagale), sembra adattarsi bene sia all’atmosfera seria
del testo petrarchesco, sia alla gravità dell’esperimento cromatico, proprio secondo la descrizione
che ne fa Zarlino nella Quarta parte delle Istitutioni harmoniche, dedicata alla teoria dei modi (e
anche dei loro éthē), ripresa in buona parte dal Dodekachordon di Glareano (Basilea, Henricus
Petri, 1547). Si veda però più avanti la discussione circa la critica di alcune regole di Zarlino, consi-
derate da Bottrigari «superstitiose», ossia non fondate propriamente né su principi teorici auto-
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E, in effetti, non è detto che il madrigale di Francesco Orso non fosse stato
scritto prima del 1567 e circolasse manoscritto nell’ambiente bolognese, o
comunque potrebbe darsi che Bottrigari, dopo aver scritto il suo Il cantar novo,
sapesse dell’esperimento pratico (e teorico) di Orso e decidesse quindi di cen-
surarlo nel Melone (1591). Quello che qui ci interessa è notare come sia più
plausibile l’ipotesi di uno studio contemporaneo di pratica e teoria musicale,
la prima con Bartolomeo Spontoni, quest’ultima basata sui classici greci, sem-
brando alquanto improbabile che Bottrigari non considerasse la «musica theo-
rica» tra i suoi interessi giovanili, avendo tutti gli strumenti linguistici e con-
cettuali per affrontarla.26
I tredici anni che vanno dal 1574 al 1587 impegnano Bottrigari in una causa giudi-
ziaria che lo costringe all’esilio presso Ferrara, città in quel periodo non ancora
soggetta allo Stato Pontificio, ma governata dal Duca Alfonso ii d’Este, illustre
mecenate delle arti, prime fra tutte la musica e la poesia, insieme alla moglie
Margherita Gonzaga. Alla sua corte trovano dunque protezione i più grandi
poeti, letterati e musicisti del tempo, da Torquato Tasso a Francesco Patrizi, da
Ericio Puteano a Cesare Odoni, a Melchiorre e Girolamo Zoppio, Ciro e Alessan-
dro Spontoni, e inoltre i più famosi Luzzasco Luzzaschi, Giaches de Wert, Luca
Marenzio; e addirittura, come sposo di Eleonora d’Este, nipote del Duca, nel
1594 arriverà anche Carlo Gesualdo, principe di Venosa.27
revoli né sull’evidenza della pratica musicale; inoltre, come sia potenzialmente fuorviante utiliz-
zare categorie analitiche pensate propriamente per la monodia diatonica, come il modo, in conte-
sti polifonici puri cromatici.
26 Secondo Gaspari, Dei musicisti bolognesi cit., p. 278, Bottrigari si avvicinò alle scienze mate-
matiche proprio per accedere alle speculazioni dei grandi teorici musicali greci, quali Aristosseno
e Tolomeo.
27 Sull’ambiente ferrarese intorno a Bottrigari, oltre alle indicazioni presenti in molti suoi scritti
(particolarmente Il Desiderio overo, de’ Concerti di varij Strumenti Musicali, Dialogo, di Alemanno
Benelli; nel quale anco si ragiona della participatione di essi Stromenti, & di molte altre cose pertinenti
alla Musica, Venezia, Ricciardo Amadino, 1594; ristampa anastatica a c. di Giuseppe Vecchi, Bolo-
gna, Forni, 1969), si vedano gli studi già citati di Gaspari, Sesini, e Mischiati-Cioni; inoltre Lewis
Lockwood-Murray Steib, Ferrara, in The New Grove Dictionary of Music and Musicians, Second
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il cantar novo di ercole bottrigari
Bottrigari fu quindi a Ferrara dalla seconda metà del 1576 al 1587. Poiché le
cause che lo costrinsero all’esilio – violenti alterchi con alcuni parenti acquisiti
da parte della moglie – sono ben note fin dall’inizio dell’Ottocento e riportate
negli importanti studi biografici di Ottavio Mazzoni-Toselli, Enrico Bottrigari e
Gaetano Gaspari, non ci dilungheremo nell’esposizione dei fatti accaduti in
merito, in quanto, sebbene da essi traspaia un aspetto del carattere del teorico
particolarmente orgoglioso e forse un po’ testardo, in piena sintonia con il suo
status sociale di nobile; quel che più è interessante evidenziare qui, è che la scel-
ta di Ferrara come rifugio fu una scelta veramente fortunata, anche se non di
certo fortuita.28 L’ambiente ferrarese, infatti, fornisce a Bottrigari l’occasione
di entrare in contatto con personaggi celebri della cultura italiana del tempo,
consentendogli di aprire quegli orizzonti che egli aveva già intravisto nel lungo
periodo di studi bolognese. Il suo interesse principale, coltivato ancor più dopo
il rientro a Bologna, sarà la musica teorica, particolarmente rivolta all’indagine
degli errori dei moderni rivelati alla luce delle fonti trattatistiche e musicografi-
che dell’antichità, da Aristosseno a Boezio e oltre.
Grande, però, è anche l’interesse per altre questioni umanistiche, in particolar
modo per la teoria della poesia: l’esilio ferrarese pone Bottrigari in contatto con
personalità illustri in questo campo, come Francesco Patrizi, umanista schierato
Edition, ed. by Stanley Sadie and John Tyrrell, vol. 8, London, Macmillan, 2001, pp. 706-711; Elio
Durante-Anna Martellotti, Cronistoria del Concerto delle Dame Principalissime di Margherita
Gonzaga d’Este, Firenze, SPES, 1989; Anthony Newcomb, The Madrigal at Ferrara 1579-1597,
Princeton, Princeton University Press, 1980. Su Marenzio si vedano sia Hans Engel, Luca
Marenzio, Firenze, Olschki, 1956, sia Marco Bizzarini, Marenzio. La carriera di un musicista tra
Rinascimento e Controriforma, Coccaglio, Promozione Franciacorta, 1998 (entrambi riportano
anche notizie su Bottrigari). Le seconde nozze di Gesualdo (1594), con varie musiche e una favola
boscareccia di Ercole Pasquini, I fidi amanti, sono descritte nella Mascara di Bottrigari: cfr. Lewis
Lockwood-Murray Steib, Ferrara cit., p. 709; inoltre Nino Pirrotta, Carlo Gesualdo, principe e
musicista, in Poesia e musica e altri saggi, Firenze, La Nuova Italia, 1994, pp. 153-170; Id., Gesualdo, Carlo,
in Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti, a c. di Alberto Basso, Le Biografie,
vol. 3, Torino, UTET, 1986, pp. 174-178.
28 Si vedano Ottavio Mazzoni-Toselli, Torquato Tasso scolaro in Bologna e cenni su la vita
del cav. Ercole Buttrigari, «Almanacco statistico bolognese», s.n., 1838, pp. 73-133; Id., Cenni sto-
rici intorno la vita del Cavaliere Ercole Buttrigari, in Racconti storici, estratti dall’Archivio Crimina-
le di Bologna ad illustrazione della Storia Patria, Bologna, pei tipi di Antonio Chierici, 1866-70,
pp. 436-464; Bottrigari, Notizie biografiche cit., pp. 16-18, 20-21; Gaspari, Dei musicisti bolo-
gnesi, pp. 279-286.
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luca bruno
29 Cfr. Francesco Patrizi Da Cherso, Della Poetica, ed. critica a c. di Danilo Aguzzi Barbagli,
3 voll., Firenze, Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento, 1969.
30 Cfr. Ercole Bottrigari, Aletelogìa di Leonardo Gallucio, à’ benigni, e sinceri lettori. Lettera
apologetica D. M. I. S. C. H. B. [Del Molto Illustre Signor Cavaliere Hercole Bottrigaro], 1604, mano-
scritto autografo I-Bc, B.43, p. 227: «habitando egli [Bottrigari] allhora in Ferrara e per dieci e più
anni giornalmente conversando [con Patrizi]»; v. anche Giuseppe Vecchi, Premessa a Bottri-
gari, Il Patricio, overo de’ tetracordi armonici di Aristosseno, parere et vera dimostratione, Bologna,
Vittorio Benacci, 1593 (ristampa anastatica a c. di Vecchi, Bologna, Forni, 1969).
31 Cfr. Bottrigari, Il Patricio cit., e Il Melone cit., pp. 9-13; inoltre Bruno, Ercole Bottrigari cit.,
pp. 77-83.
32 Cfr. Torquato Tasso, Delle differenze poetiche, Verona, Girolamo Discepolo, 1587 e l’edizione
moderna in Id., Dialoghi, a c. di Ezio Raimondi, Firenze, Accademici della Crusca-Sansoni, 1958.
33 Mischiati-Cioni, Bottrigari, Ercole cit., p. 492.
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il cantar novo di ercole bottrigari
essenzialmente della magnanimità del Duca Alfonso ii, oltre che dell’ingegno
dei suoi cortigiani. Ecco il testo dei due sonetti per Bottrigari:34
34 Tasso, Rime, a c. di Bruno Basile, Roma, Salerno, 1994, nn. 889 e 890.
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luca bruno
35 Cfr. Bottrigari, A’ Benigni, e Cortesi Lettori, in Il Desiderio, Seconda edizione, Bologna, Giam-
battista Bellagamba, 1599 (ristampa anastatica a c. di Kathi M. Meyer, Berlin, Martin Breslauer,
288
il cantar novo di ercole bottrigari
Non è sicuramente un caso che Monteverdi, a firma del fratello Giulio Cesare,
accomuni Zarlino e Bottrigari come studiosi in grado di elaborare teorie compiute,
mentre proponga per se stesso di scrivere semplicemente un trattato di composizio-
ne secondo l’estetica della seconda prattica.36 L’effetto della violenta disputa con
Artusi, il quale, tra il 1600 e il 1608, afflisse alternativamente ora Bottrigari ora Mon-
teverdi con accuse d’incompetenza o di plagio, denigrandoli senza peraltro mai
esplicitamente nominarli, è il seguente: Monteverdi di fatto esclude Artusi, il più
fedele discepolo di Zarlino, dall’arena teorico-musicale, designando quest’ultimo
come punto di riferimento per la prima prattica e investendo indirettamente Bottri-
gari della carica di teorico legittimo per la seconda.37 E in effetti, come vedremo, le
1924). L’indirizzo è riportato per intero nelle ultime pagine (non numerate) di Giuseppe Vec-
chi, Premessa a Bottrigari, Il Desiderio, Venezia, Amadino, 1594 (ristampa anastatica a c. di
Vecchi, Bologna, Forni, 1969); si ricordi che quest’ultima è l’edizione apparsa sotto il nome del
personaggio principale, Alemanno Benelli, anagramma di «Anniballe Melone»; inoltre un’altra
trascrizione dell’indirizzo ai lettori alla seconda edizione si trova in Gaspari, Dei musicisti bolo-
gnesi cit., pp. 293-296.
36 Cfr. Giulio Cesare Monteverdi, Dichiaratione di una Lettera, che si ritrova stampata nel
Quinto libro de suoi Madregali, apposta a Claudio Monteverdi, Scherzi musicali a tre voci, Vene-
zia, Ricciardo Amadino, 1607; cfr. anche Monteverdi, Lettere, dediche e prefazioni, a c. di Dome-
nico de’ Paoli, Roma, De Sanctis, 1963, pp. 393-407; cfr. inoltre Vecchi, Premessa a Bottrigari,
Il Melone e il Melone secondo cit.
37 Per la disputa Artusi-Bottrigari si vedano Gaspari, Dei musicisti bolognesi cit., pp. 287-333;
Karol Berger, Theories of Chromatic and Enharmonic Music in Late 16th Century Italy, Ann Arbor,
UMI Research Press, 1980, pp. 83-95 e Maria Rika Maniates, The Cavalier Ercole Bottrigari and
His Brickbats: Prolegomena to the Defense of Don Nicola Vicentino against Messer Gandolfo Sigonio, in
Music Theory and the Exploration of the Past, ed. by Christopher Hatch and David W. Bernstein,
Chicago-London, University of Chicago Press, 1993, pp. 137-188. Tra la sconfinata bibliografia
dedicata alla disputa Artusi-Monteverdi e alla seconda prattica, con alcuni riferimenti a Bottrigari,
torna utile Claude V. Palisca, The Artusi-Monteverdi Controversy, in The Monteverdi Companion,
ed. by Denis Arnold and Nigel Fortune, New York, W. W. Norton and Company, 1968, pp. 133-166;
Giuseppe Vecchi, La polemica Artusi-Monteverdi. Bottrigari e Banchieri, in Le accademie musicali
del primo Seicento e Monteverdi a Bologna, Bologna, AMIS, 1969, pp. 15-44; Massimo Privitera,
“Piagn’e sospira”. Forme della seconda pratica nel Quarto libro di Monteverdi, «Il Saggiatore musica-
le», vi, 1999, pp. 36-62; Gabriele Bonomo, “Melodia, overo seconda pratica musicale”: Monteverdi
e la prospettiva di una nuova “Institutione”. Uno studio preliminare, in Musicam in subtilitate scrutan-
do. Contributi alla storia della teoria musicale, a c. di Daniele Sabaino-Maria Teresa Rosa Barezzani e
Rodobaldo Tibaldi, Lucca, LIM, 1994, pp. 243-309; Paolo Fabbri, Monteverdi, Torino, edt, 1985;
Nino Pirrotta, Scelte poetiche di Monteverdi, in Scelte poetiche di musicisti, Venezia, Marsilio,
1987, pp. 81-146.
289
luca bruno
[…] e si come anco à contemplatione dello stesso Melone sono stati dal medesimo Sig.
Bottrigaro tradutti in parlare italiano non solamente gli Armonici e di Aristosseno e di
Tolomeo (quelli ispurgando dalle migliaia di errori che si leggono in una traduttione
latina del Gogavino, e con alcune brevi annotationi dilucidandone molte oscurità), ma
la Isagoge, overo Introduttione, con la Regola armonica di Euclide, e con facili e brevi
38 Stefano La Via, Cipriano de Rore as Reader and as Read: A Literary-Musical Study of Madrigals
from Rore’s Later Collections (1557-1566), Ann Arbor, UMI Research Press, 1991; Id., Il lamento di
Venere abbandonata. Tiziano e Cipriano de Rore, Lucca, LIM, 1994. La fonte di Monteverdi per una
simile attribuzione a Cipriano dell’estetica della seconda prattica potrebbe essere il Trattato del-
l’Arte del Contrapunto di Vincenzo Galilei, Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale (I-Fn), mss. Gali-
leiani 1, cc. 55r-147v: cfr. Berger, Theories of Chromatic and Enharmonic Music cit., pp. 75-76 e
Claude V. Palisca, Vincenzo Galilei’s Counterpoint Treatise: A Code for the Seconda Pratica, «Jour-
nal of the American Musicological Society», ix, 1956, pp. 81-96.
39 È opinione di Gaspari che il lavoro di copiatura di Meloni sia la causa per cui vi sono doppie
copie dei trattati di Bottrigari, conservati oggi sia al Museo internazionale e Biblioteca della musi-
ca (I-Bc) sia alla Biblioteca Universitaria (I-Bu) di Bologna: cfr. Dei musicisti bolognesi cit., p. 315.
Naturalmente il ragionamento è valido solo per le opere precedenti il 1598, anno della morte di
Meloni, nonostante si conservino doppie copie anche di scritti successivi.
40 V. sopra alla nota 35.
290
il cantar novo di ercole bottrigari
41 Per una discussione approfondita delle fonti usate nel Melone, che comprendono anche quasi
tutte le opere chiamate qui in causa da Bottrigari, nonostante non tutte le traduzioni fossero già
state approntate nel 1591, cfr. Bruno, Ercole Bottrigari cit., pp. 51-115.
42 I Cinque Libri di Musica di Anitio Manlio Severino Boetio dallo Ill. Signor Cavaliere Hercole Bottriga-
ro tradutti in parlare italiano, 1597, manoscritto autografo I-Bc, B.43. Su quest’opera vedi Mania-
tes, The Cavalier Ercole Bottrigari cit., pp. 149-151; Claude V. Palisca, Boethius in the Renaissance,
in Music Theory and Its Sources: Antiquity and the Middle Ages, ed. by André Barbera, Notre Dame
(Indiana), University of Notre Dame, 1990 (“Notre Dame Conferences in Medieval Studies”, 1),
pp. 259-280; Id., Two Sixteenth-Century Italian Translations of Boethius “De Institutione musica”, in
Atti del XIV congresso della Società Internazionale di Musicologia, Bologna, 1987: Trasmissione e recezione
delle forme di cultura musicale, vol. 2, Torino, edt, 1990, pp. 165-166; Marcella Ilari, Ercole Bot-
trigari traduttore del “De musica” di Boezio, in Studi in onore di Giulio Cattin, a c. di Francesco Luisi,
Roma, Torre d’Orfeo, 1990, pp. 179-191.
43 Su queste correzioni alla stampa Aristoxeni […] Harmonicorum elementorum libri iii […] Cl. Ptolo-
mæi Harmonicorum […] lib. iii. Aristoteli de objecto auditus fragmenta, ex Porphyrii Commentariis
omnia nunc primum latine conscripta et edita ab Ant. Gogavino Graviensi, Venezia, Vincenzo Valgri-
sio, 1562 (la copia emendata è il codice a stampa I-Bc, A.1), cfr. Restani, Martini studioso di musica
greca cit., p. 32, nota 19; Claude V. Palisca, Humanism in Italian Renaissance Musical Thought,
New Haven and London, Yale University Press, 1985, pp. 157-60.
44 Bottrigari, Il Melone cit., pp. 31-32 e Bruno, Ercole Bottrigari cit., pp. 103-105.
291
luca bruno
Il primo trattato mandato alle stampe nel 1593 è Il Patricio, composto da 47 pagi-
ne in 4°, il cui titolo riprende il nome proprio di Francesco Patrizi. Pregato da Anni-
bale Meloni, destinatario dell’opera in forma epistolare, di considerare un passo
della Poetica. La Deca istoriale di Patrizi, in cui l’autore esaminava la distribuzione
degli intervalli nei tetracordi armonici di Aristosseno,45 Bottrigari dapprima si
schermisce rispondendo che «ha molto tempo, che alle simili specolationi non ho
dato opera, non havendo io con chi poterne poi ne trattare, ne discorrere, ne parla-
re» e secondariamente «perche so, che’l Patricio è degno di essere havuto in molta
consideratione per essere huomo indefesso ne gli studij, et sì come di grandissima,
et varia dottrina pieno, così di vivo risentimento contra chi ardisce di opporre à’
suoi Scritti».46 Nel momento in cui prende in mano il libro «per voler pur far con-
fronto almeno del luogo» indicatogli da Meloni sul quale questi voleva avere la sua
opinione in merito, il nostro teorico vede tuttavia ‘per caso’ un altro luogo di que-
st’opera, in cui Patrizi concede a chi conosca meglio di lui la verità di farla pur sape-
re al mondo, senza preoccuparsi di polemiche ritorsioni.47
Inoltre il titolo di Parere (ossia ‘opinione’), come si è visto probabilmente ripreso
dallo stesso Patrizi, avrebbe dovuto mettere Bottrigari al riparo da qualsiasi attacco
polemico. Solo Artusi, dopo otto anni dalla pubblicazione dell’opera, «levossi a con-
futare da cima a fondo quell’opuscolo, imputando inoltre al Bottrigari d’essersi
spacciato autore di opere composte dal Meloni su musicali argomenti».48
292
il cantar novo di ercole bottrigari
49 Per la terminologia greca e la distribuzione delle sfumature dei generi nel tetracordo armonico
di Aristosseno, cfr. Bruno, Ercole Bottrigari cit., 60-71, contenente un preciso commento ai luoghi
corrispondenti del Melone.
293
luca bruno
proporzioni ottenute dalle corde descritte dal filosofo e ne calcola gli intervalli con-
tenuti: per esempio tra la corda A, uguale a 30 parti, e la corda B, suonata in corri-
spondenza delle 24 parti, il suono risultante è il «Ditono incomposto enarmonico di
Didimo; et di Tolomeo» nella proporzione sesquiquarta (5:4) e non il «Semituono
diatono Aristossenico» (senza proporzione).50
La confutazione è quindi condotta sugli altri generi dei tetracordi di Aristos-
seno, calcolando i rapporti e gli intervalli della distribuzione fatta da Patrizi e
dando poi la propria versione della dimostrazione lineare, secondo la traduzione
e spiegazione di un passo della «Breve Istitutione musicale, et Elementi Armoni-
ci di Euclide», ossia la Eisagōgé oggi comunemente attribuita a Cleonide.51 Si
segnala inoltre che esiste un commento manoscritto e illustrato del trattato di
Bottrigari, stilato da un anonimo cinquecentista e di cui diede per primo com-
piuta notizia Remo Giazotto nel 1953.52
Le vicende intorno alla pubblicazione de Il Desiderio (1594) sono riportate nella
prefazione alla seconda edizione di quest’opera (1599) e possono così riassumersi:
sotto richiesta di Meloni e per compiacerlo, Bottrigari decide di tessere un elegante
dialogo che tratti estesamente dei «Concerti di varij Strumenti Musicali» e partico-
larmente della divisione degli strumenti riguardo al loro sistema di accordatura.
Sempre spinto da Meloni, nel 1594 (probabilmente l’anno della composizione) il
nostro cavaliere delibera di mandarlo alle stampe, per i tipi di Ricciardo Amadino di
Venezia, ma, non potendo far uscire il dialogo anonimo, vuole restare fuori dalla
diretta responsabilità dell’opera, dando il falso nome di Alemanno Benelli, in modo
da poter aspettare il giudizio del pubblico in merito a questa sua fatica.
294
il cantar novo di ercole bottrigari
53 Da questo indirizzo ai lettori si apprende che, nei primi tempi della pubblicazione, l’anagram-
ma era compreso dal solo Fulvio Codibò. Nella Lettera di Federico Verdicelli à’ benigni, e sinceri letto-
ri in difesa del S.re Caval.e Hercole Bottrigaro, 1602, manoscritto autografo I-Bc, B.46 – una difesa
sotto pseudonimo di Bottrigari contro Artusi – si apprende invece che Meloni scoprì dapprima
l’anagramma al suo allievo Claudio Achillini e poi, alla morte di Andrea Rota (1597) maestro di
cappella in Bologna, lo fece intendere a molti altri, in modo da far sapere ad Alfonso Ganassi che
egli era in grado di assumere l’incarico rimasto vacante: cfr. Gaspari, Dei musicisti bolognesi cit.,
p. 291 e Maniates, The Cavalier Ercole Bottrigari cit., pp. 152-154.
54 Nella nuova edizione Bottrigari sostituisce le sette carte iniziali con altre nove contenenti,
oltre al citato indirizzo ai lettori, il nuovo frontespizio e la tavola delle cose notabili, anche una
dedicatoria di «un cotal Grazia Lodi Garisendi al cardinale Aldobrandino»: cfr. Gaspari, Dei
musicisti bolognesi cit., p. 292.
295
luca bruno
il manoscritto stesso mandato a Venezia, passa dalle mani della moglie di Meloni
in quelle di Artusi, come già si è detto, insieme alle altre carte del Decano, tre
giorni dopo la sua morte.
La pubblicazione de L’Artusi overo delle imperfettioni della moderna musica
(1600) segna il punto di partenza della polemica tra Bottrigari e il Canonico bolo-
gnese, incentrata essenzialmente su questioni di paternità delle idee contenute
nei rispettivi trattati. Bottrigari infatti, appena sfogliata l’opera di Artusi in una
libreria, si accorge che questi ha plagiato buona parte della sua discussione sui
modi antichi e moderni dal Trimerone, un trattato in tre giornate la cui prima e
seconda parte erano state appunto dedicate all’esame minuzioso di questo argo-
mento. Richiestane ragione alla vedova di Meloni, madonna Lucia, egli viene
informato del passaggio di mano subìto dall’eredità del morto due anni prima.
Dall’Aletelogìa di Leonardo Gallucio, à’ benigni, e sinceri lettori veniamo a sapere
che Bottrigari indirizza una lettera ad Artusi per riavere indietro le carte di Melo-
ni contenenti sue proprie opere, ma, ricevuta risposta negativa di questi, stende
in fretta un opuscolo, l’Antartusi, non pervenutoci, in cui dà sfogo al risentimen-
to con rimproveri e incitazioni a restituire il ‘maltolto’.55
La risposta del Canonico non si fa attendere, aspra e mordace come suo costu-
me. Nel 1601 Artusi stampa a Milano, presso gli Stampatori Archiepiscopali, Il
Desiderio sotto il nome di Annibale Meloni, corredandolo di due lettere intro-
duttive, una «All’Illustrissimo Senato di Bologna» e l’altra «Alli cortesi lettori»,
in cui si avvisa il Senato essere Il Desiderio opera di Meloni, mentre si confuta l’o-
pinione di molti che il dialogo fosse stato scritto da Bottrigari. Artusi addirittura
accusa quest’ultimo di non aver realizzato neanche le traduzioni di cui parla nel-
l’indirizzo ai lettori della seconda edizione del Desiderio, promettendo, come si è
già visto, il proprio Parere in merito e ricollegandosi così al Patricio, pubblicato
otto anni prima, per difendere un altro morto e seppellito da diversi anni.56
La risposta di Bottrigari è contenuta nello scritto già citato di cui conviene
esaminare il titolo per intero, ossia la Lettera di Federico Verdicelli à’ benigni, e sin-
ceri lettori in difesa del S.re Caval.e Hercole Bottrigaro, contra quanto in pregiudicio
55 Di quest’opera perduta di Bottrigari si ha notizia nella lettera «Di Venetia il 25. Marzo. 1603»
posta da Artusi come dedicatoria della Seconda parte dell’Artusi e definita con scherno piuttosto un
«post’Artusi».
56 Francesco Patrizi era morto nel 1597: cfr. Vecchi, Premessa a Bottrigari, Il Patricio cit.
296
il cantar novo di ercole bottrigari
della Reputatione di luj ha scritto un certo Artusi, in due sue Lettere, una per dedicato-
ria allo Ill. mo Senato di Bol.a l’altra à’ Cortesi lettori sotto la data a’ 12 dì di Luglio
1601. et stampate in Milano appresso gli Stampatori Archiepiscop.i. In Bologna 1602;
si comprendono adesso quali siano le due lettere di Artusi contro la «Reputatio-
ne» del cavaliere. In fondo a questo scritto è posto inoltre un attestato, sia in lati-
no che in italiano, del Senato di Bologna (a nome del segretario Ciro Spontoni),
in cui esso nega aver mai ricevuto copia del Desiderio di Annibale Meloni del
1601, ritenendolo comunque certamente un’opera di Bottrigari.
Sembra inoltre logico ritenere che la pubblicazione così a lungo procrastinata
dei due trattati Il Melone e Il Melone Secondo in un unico volume a Ferrara, presso
Vittorio Baldini, nel 1602, sia da inquadrare nella polemica con Artusi, onde parare
un altro colpo basso del Canonico. Bottrigari infatti sospettava che egli possedesse
le copie un tempo appartenute a Meloni. La lettera «A gl’amici lettori» della Secon-
da parte dell’Artusi (1603) conferma quest’ipotesi, in quanto il Canonico dichiara
«Et forsi che un giorno si uedranno ancora, Gli Meloni ragionamenti cosi da lui
fatti & intitolati, che sono nelle mani d’altri».57 Conviene soffermarsi sul contenu-
to del dialogo Il Desiderio, anche per comprenderne l’importanza e la reale portata
teorica che ne fece il pomo della discordia tra i due bolognesi.
Esso si svolge in un pomeriggio e una sera d’estate tra i due personaggi
descritti sopra, in cui si ravvisano i ruoli di Bottrigari, più dotto, simboleggiato
da Alemanno Benelli, e di Meloni, acceso di desiderio per la scienza del primo,
nascosto invece dalla figura di Gratioso Desiderio. Oltre alle preziose informa-
zioni sulla vita musicale di alcune importanti città italiane, come Bologna
(ambientazione del trattato), Ferrara, Venezia e Verona, questo «opuscolo» di 51
pagine in 4°, con sei carte non numerate nel principio dell’edizione del 1594,58
tratta essenzialmente delle cause per cui non tutti gli strumenti musicali possono
suonare insieme facilmente, dipendendo da ciò la confusione che regna in alcuni
concerti, i quali promettono di essere meravigliosi per la sontuosità dell’appara-
57 Si noti come l’informazione riportata da Vecchi, Premessa a Bottrigari, Il Melone cit., seb-
bene più logica, sia sbagliata, perché l’annuncio della pubblicazione prossima de «Gli Meloni» è
fatta da Artusi nello scritto sopra citato del 1603 (quindi posteriormente alla stampa del Melone), e
non in quello del 1601; l’errore di Vecchi è probabilmente imputabile all’ambigua informazione in
proposito contenuta in Gaspari, Dei musicisti bolognesi cit., p. 314.
58 Ivi, p. 290, nota 1.
297
luca bruno
59 La discussione è condotta alle pp. 4-7 del dialogo. L’organologia è sicuramente il campo d’in-
dagine in cui gli scritti di Bottrigari, e particolarmente Il Desiderio, hanno ricevuto maggior atten-
zione, probabilmente a causa anche della precoce edizione anastatica di questo dialogo a cura di
Kathi M. Meyer nel 1924, le cui recensioni hanno fatto conoscere l’opera al mondo accademico
ben prima degli altri scritti del teorico bolognese; in proposito si veda la traduzione inglese, a c. di
Carol McClintock ([Rome], American Musicological Society, 1962), che ha aperto le porte della
musicologia anglosassone alla ricezione delle teorie di Bottrigari. Cfr. inoltre i seguenti studi:
Theodor Kroyer, Die Anfänge der Chromatik im italienischen Madrigal des XVI. Jahrhunderts. Ein
Beitrag zur Geschichte des Madrigals, Leipzig, Breitkopf & Härtel, 1902; Kathi M. Meyer, Enlei-
tung alla ristampa anastatica di Bottrigari, Il Desiderio cit.; James Murray Barbour, Tuning
and Temperament, East Lasting, Michigan State College Press, 1953, 2a edizione, (1a edizione 1951;
ristampa New York, Da Capo Press, 1972); Daniel P. Walker, Bottrigari, Ercole, in Die Musik in
Geschichte und Gegenwart. Allgemeine Enzyklopädie der Musik, vol. 2, Kassel und Basel, Bärenreiter,
1952, coll. 154-159; Carol McClintock, Foreword alla traduzione inglese de Il Desiderio, [Rome],
American Musicological Society, 1962; Joel Newman, Over-Ornamentation, «American Recor-
der», viii/1, 1967, pp. 12; Gerald Abraham, The Age of Humanism (1540-1630), in The New
Oxford History of Music, vol. 4, London, Oxford University Press, 1969 (trad. it. della seconda parte
a c. di Francesco Bussi, vol. 4, tomo 2, Milano, Feltrinelli, 1975, 2a edizione, pp. 763 e note, 767,
804, 829 e note; 1a edizione it. 1969); Arthur Mendel, Pitch in Western Music since 1500: A Re-
examination, «Acta Musicologica», l/1-2, 1978, pp. 1-92; Mark Lindley, Lutes, Viols and Tempe-
raments, Cambridge, Cambridge University Press, 1984; Maria Cristina Moretti, Gli stru-
menti musicali negli scritti di Ercole Bottrigari, tesi di laurea, Università degli Studi di Pavia-Cremo-
na, A.A. 1990-1991; Elena Ferrari Barassi, Gli strumenti musicali nell’opera teorica di Vincenzo
Galilei, in “Varietà d’harmonia et d’affetto”. Studi in onore di Giovanni Marzi per il suo LXX compleanno,
a c. di Antonio Delfino, Lucca, LIM, 1995, pp. 109-132.
60 Il testo di riferimento per la trattazione degli strumenti rinascimentali, anche in merito alle
fonti iconografiche e ai trattati sulla diminuzione, è sicuramente quello di Andrea Bornstein,
298
il cantar novo di ercole bottrigari
Gli strumenti musicali del Rinascimento, Padova, Franco Muzzio, 1987. Per la differenza tra le teorie
di Bottrigari e quelle di Zarlino riguardanti la classificazione degli strumenti musicali e il loro
temperamento, cfr. Bruno, Ercole Bottrigari cit., pp. 65-69.
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300
il cantar novo di ercole bottrigari
Et io vi affermo che lo Autore del Parere [ossia Bottrigari, autore del Patricio] non ha
mai parlato nè scritto cosa alcuna contra lo Artusi prima ch’ei pubblicasse quelle
tante sue prime maldicentie comprese in quei due suoi Cicalamenti [i due Ragiona-
menti de L’Artusi del 1600], non havendo lo Autore del Parere havuto da far cosa alcu-
na con esso Artusi, nè letto minima parola di quei suoi scartafacci dell’ARTE DEL
CONTRAPUNTO,64 nè pur conosciutolo di vista, come appieno si ragiona nello
ANTARTUSI, Dialogo nato à due fini; l’uno de’ quali è la difesa del Desiderio del Cav.r
Bottr.ro dalle calunniose op[po]sitioni fatteli dallo Artusi. L’altro è lo scoprimento e
la publicatione del furto fatto dallo Artusi ad esso Cav.r Bottr.ro della maggior parte
verso la fine del primo Dialogo et di poco men che di tutto ’l secondo del suo Trime-
rone armonico; che è quello di che si è lo Artusi imaginato voler convertire la vera
historia per cosi fare opera d’incolpare il Cav.r Bottr.ro del delitto che da lui è stato
fraudolentemente commesso.
301
luca bruno
[…] per gli attestati di undici persone facenti fede essere produzioni del Bottrigari
tutti i trattati manoscritti di cose musiche rinvenuti in casa di Annibale Meloni e pas-
sati nelle mani di Artusi, il quale trascinato dal naturale suo maligno istinto, riattac-
cò poi battaglia col Monteverde, non trovando riposo l’animo suo irrequieto se non
quando con fatti o con detti recava disturbo e molestia a chi, come il settuagenario
Cavaliere, ad altro non anelava più fervidamente che al riposo e alla quiete.65
Vedremo che, una volta terminata la fastidiosa disputa con Artusi, Bottrigari potrà
dedicarsi con fervore ai suoi studi eruditi, fino agli ultimi anni della sua vita.
È ora di esaminare più da vicino il contenuto dei restanti trattati del teorico,
citati fin adesso solo in occorrenza dei tiri mancini di Artusi.
Il Trimerone (redazione definitiva del 1599, ma già iniziato a partire dal 1593)
è, come recita il titolo, un dialogo in tre giornate, composto da 141 pagine in
foglio (con le tre tavole delle cose notabili poste separatamente per ogni giorna-
ta) e dedicato alla teoria dei modi antichi e moderni e a problemi di semiografia
musicale, costituendo così una delle prime testimonianze di compendio storico
sui simboli della notazione musicale, dalla musica greca al Cinquecento.66
65 Cfr. Gaspari, Dei musicisti bolognesi cit., p. 310 e nota 2, in cui si fa riferimento al cod. 46 del
Liceo Musicale di Bologna, in cui sarebbero stati conservati gli attestati sopraddetti; il codice in
questione è oggi il manoscritto I-Bc, B.44 secondo la catalogazione riportata in Gaetano Gaspa-
ri-Ugo Sesini, Catalogo della Biblioteca del Liceo Musicale “G. B. Martini” di Bologna, Bologna, s.e.,
1890-1943 (ristampa anastatica con correzioni integrative a c. di Napoleone Fanti, Oscar Mischiati,
Luigi Ferdinando Tagliavini, 5 voll., Bologna, Forni, 1961; 1a edizione, 4 voll. Bologna, Romagnoli-
Dall’Acqua, 1890-1905). L’intestazione di questa parte del manoscritto recita «Attestati ricevuti dal
Cav. Erc. Bottrigari p[er] riavere un Ms. restato nelle mani di M. Annibale | Meloni, e Levato da P.D.
Gianm.a Artusi di S. | Salvatore».
66 L’imponente trattato è edito in Eberhard Müller, Ercole Bottrigari (1531-1612): “Il Trimero-
ne”. Edition und Kommentar, tesi di dottorato, Karlsruhe Universität, 1994; l’edizione si basa sul
manoscritto del trattato conservato presso la Biblioteca Universitaria di Bologna. Oltre alla
descrizione fatta da Gaspari, Dei musicisti bolognesi cit., pp. 316-318, sul Trimerone si vedano i
seguenti studi: Giuseppe Panzeri, Problemi di musica greca nel Trimerone di E. Bottrigari, tesi di
laurea, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, A.A. 1963-1964; Giuseppe Vecchi, Primi
accenni ad una storia della semeiografia musicale nel “Trimerone” (Giornata III) di Ercole Bottrigari, in
«Quadrivium», XII/1, 1971 (Memorie e contributi alla musica dal medioevo all’età moderna. Offerti a
Federico Ghisi nel settantesimo compleanno 1901-1971), pp. 321-346; Id., Music, Liturgy, Hebrew Psal-
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il cantar novo di ercole bottrigari
Il trattato può quindi essere considerato, secondo Luciano Gherardi, non solo
come una delle prime grandi opere di storia della musica, ma anche come uno
scritto polemico nei confronti degli errori e dell’ignoranza dei moderni, i quali
eseguono o compongono senza sapere le ragioni delle cose che fanno.68
La concezione umanistica del divenire storico in musica sottesa al ragiona-
mento di Bottrigari è diametralmente opposta a quella delle altre arti: il Trecen-
to, secolo d’oro di rinnovamento per gli studi classici, nonché per le lettere e le
arti visive e punto di frattura rispetto alla mentalità medievale, è invece il secolo
della crisi, dovuta alla confusione nei simboli della notazione ritmica, da lui vio-
lentemente condannata, e causata anche dalla ‘rivolta dei costumi’ compositivi,
particolarmente per quanto riguarda la chiarezza della declamazione nell’into-
nazione del testo. Tale ‘rivolta’ porterà infatti Papa Giovanni xxii alla famosa
bolla De vita et honestate clericorum contro gli errori degli arsnovisti, efficace e
pertinente ancor di più, secondo Bottrigari, al proprio secolo.
mody, and the Bolognese Historians (Ercole Bottrigari, G. B. Martini), in International Musicological
Society. Report of the Twelfth Congress Berkeley 1977, ed. by Daniel Heartz and Bonnie Wade, Kassel-
Basel-London, Bärenreiter, 1981, pp. 428-430; Luciano Gherardi, L’Umanesimo musicale: il Tri-
merone de’ fondamenti armonici di E. Bottrigari, in Ecumenismo della cultura, vol. 3, Firenze, Olschki,
1981, pp. 95-105.
67 Cfr. Gambassi, Il Concerto Palatino cit., pp. 177-178 e 188. A proposito dell’introduzione di
Meloni nel dialogo, è interessante considerare i pensieri, tipicamente ottocenteschi, di Gaspari,
Dei musicisti bolognesi cit., p. 317: «Bisogna ben dire che il Bottrigari nudrisse per Annibale un’affe-
zione più che fraterna se giunse persino ad esautorarsi facendolo comparire istruttore mentre in
realtà era egli che cercava di essere istruito. Io son d’avviso che dopo questo di Ercole non siasi più
veduto nè possa mai vedersi un simil tratto di sviscerata amicizia».
68 Queste ragioni sono naturalmente spiegate tenendo conto delle speculazioni teoriche antiche.
Cfr. Gherardi, L’Umanesimo musicale cit., pp. 97-98: «Ciò che mi preme mettere in risalto è pro-
303
luca bruno
Si noti come quest’opinione fosse fortemente influenzata, oltre che dal clima
post-tridentino, ancor di più dalla duplice concezione umanistica dell’importan-
za del segno grafico e del testo verbale in musica. Infatti, con il suo metodo d’in-
dagine, Bottrigari può basarsi esclusivamente sulle testimonianze scritte della
musica, che danno notizia solo di quella subtilitas musicale del Trecento e Quat-
trocento legata all’ambiente scolastico delle Università e dei monasteri, quanto
mai lontana dagli ambienti di rinnovamento della cultura tardomedievale e poco
interessata all’intelligibilità del testo intonato. Una storiografia umanistica quale
quella di Bottrigari, infatti, non era in grado di delineare una storia dell’Umane-
simo musicale, ancora vivo ai suoi tempi e di cui egli stesso faceva parte.69
Il trattato inoltre è preziosa fonte di conoscenza sulla musica ebraica del
Cinquecento, includendo una storia della notazione e del canto sinagogale,
anche in connessione con la nascita del repertorio gregoriano. Degno di nota è
che egli riconosca alla musica ebraica del suo tempo quasi certamente una
diversità da quella dei primi secoli, sebbene la maggior parte degli ebrei asseri-
sca il contrario.70 Ancor più interessante è poi la sua affermazione che non vi
prio questo aspetto del Bottrigari: la sua enorme conoscenza e gli studi fatti non si esauriscono
mai in se stessi – non si tratta cioè di erudizione –, ma tentano costantemente di ricondurre la
musica ai canoni stabiliti dagli antichi».
69 L’unico modo per studiare la reale portata del sentimento umanistico nel vivo della prassi di
fine Trecento e Quattrocento è quello insegnatoci da maestri della musicologia quali Edward E.
Lowinsky e Nino Pirrotta, che si affidano alle testimonianze letterarie sugli esperimenti umani-
stici nella musica monodica, cercando di rintracciarne le tracce nella polifonia tra xv e xvi seco-
lo; cfr. i seguenti saggi: Edward E. Lowinsky, Music of the Renaissance as Viewed by Renaissance
Musicians, in The Renaissance Image of Man and the World, ed. by Bernard O’Kelly, Columbus, Ohio
State University Press, 1966, pp. 129-177 (trad. it. in Musica del Rinascimento cit., pp. 151-186); Id.,
Humanism in the Music of the Renaissance, in Medieval and Renaissance Studies, 9, Proceedings of the
Southeastern Institute of Medieval and Renaissance Studies, Summer 1978, ed. by Frank Tirro, Dur-
ham, Duke University Press, 1982, pp. 87-220; Nino Pirrotta, Musica e Umanesimo, in Poesia e
musica e altri saggi cit., pp. 89-106; Id., Temperamenti e tendenze nella Camerata fiorentina, in Scelte
poetiche di musicisti cit., pp. 173-195; Nino Pirrotta, Li due Orfei. Da Poliziano a Monteverdi, Tori-
no, Einaudi, 1975, 2a edizione (1a edizione 1969); Id., Musica fra Medioevo e Rinascimento, Torino,
Einaudi, 1984.
70 Per una storia della musica ebraica si veda Enrico Fubini, La musica nella tradizione ebraica,
Torino, Einaudi, 1994; a p. 92 si accenna fugacemente al Trimerone di Bottrigari, anche se con una
datazione errata (1545), probabilmente frutto di un errore di stampa, e distinguendolo come opera
di erudito dai lavori dei grandi teorici del Rinascimento, Vicentino, Zarlino e Galilei. È scopo del
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il cantar novo di ercole bottrigari
sono attestati contemporanei a S. Gregorio Magno che parlino del suo lavoro
di rinnovamento del repertorio liturgico musicale, anticipando così una delle
acquisizioni più recenti della musicologia contemporanea.71
Molte altre sono le informazioni di rilievo contenute nel Trimerone, di cui non
è qui il caso di discorrere ulteriormente; si segnala solo di passaggio che questo
testo è uno dei primi trattati moderni a prendere in considerazione la teoria rit-
mica di Aristosseno, secondo ciò che rimane dei suoi Elementa Rhytmica.
La Mascara, dialogo contenuto nel manoscritto autografo I-Bc, B.45, consiste
di 358 pagine in foglio, nell’ultima delle quali è presente la seguente annotazione:
«Secondo che vien segnato dal mio horiuoletto da fascia in iscatolino è la 3 hora
della notte seguente il dì 9 di novembre 1596. Nella mia à me dilettevole villa nel
comune di S.to Alberto. Herc.e Bottrig.o…».72 Il dialogo immaginario ha per
interlocutori le prime quattro lettere dell’alfabeto, ma si arguisce che dietro alla
lettera B si nasconde lo stesso Bottrigari, in quanto la maggior parte delle idee è
espressa da questo personaggio.
presente saggio dimostrare che Bottrigari dovrebbe essere considerato da tutti i musicologi
moderni un «grande teorico del Rinascimento» e non un semplice erudito. Si noti inoltre che la
conoscenza dell’ebraico era già stata dimostrata dal nostro autore nel Melone Secondo cit., p. 29, e
in alcune sue composizioni poetiche in versi enneasillabi, con parole in questa lingua mescolate
alle italiane: cfr. Sesini, L’Umanesimo musicale cit., p. 74, nota 9, che segnala la censura verso que-
sti tentativi di «stravaganza» nei Comentarj di Gio. Mario de’ Crescimbeni collega dell’imperiale Acca-
demia Leopoldina e custode d’Arcadia intorno alla sua istoria della volgar poesia, vol. 1, Roma, Antonio
de Rossi, 1702, pp. 18, 107, 108, 321.
71 È solo a partire dagli anni Settanta del Novecento, infatti che la stesura del repertorio gregoria-
no è vista come opera dei consiglieri palatini intorno a Carlo Magno, i quali unirono, due secoli
dopo l’epoca di S. Gregorio, il repertorio gallicano a quello cosiddetto ‘vetero-romano’, affidando
l’autorità di un simile gesto epocale ad un papa autorevole e famoso per altre innovazioni nella
liturgia: cfr. Giulio Cattin, La monodia nel Medioevo, in Storia della Musica, a c. della Società Ita-
liana di Musicologia, vol. 2, Torino, edt, 1991, 2a edizione (1a edizione 1979).
72 Cfr. Gaspari, Dei musicisti bolognesi cit., p. 316; l’annotazione persino dell’ora in cui Bottrigari
pone fine al lavoro di stesura o di copiatura è una caratteristica di molti altri manoscritti in suo
possesso e un prezioso indizio per gli storici che ne indagano la cronologia di composizione, altra
dimostrazione della sua grande sensibilità storiografica. Molti di questi scritti, inoltre, sono stati
elaborati nella villa di S. Alberto di Piano; secondo le parole di Gaspari: «Questo edifizio distante
da Bologna circa 16 miglia, fuori di Porta Galliera nelle vicinanze di S. Pietro in Casale, era tutto
circondato da fosse con quattro ponti levatoi. Nel 1788 l’abate Antonio Bottrigari lo fece demolire
dalle fondamenta» (ivi, p. 311, nota 1).
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luca bruno
306
il cantar novo di ercole bottrigari
Il Melone fu grande amico di messer Gandolfo Sigonio; per la giornale conversatione del
quale il Melone sentì qualche maggiore acquisto per lo suo desiderio, essendo il Sigonio
non solamente buon musico contrapuntista, (ond’ei venisse, come per ischerzevole
disprezzo di ciò, da suo fratello Carlo Humanista nelle prime catedre de’ principali studij
d’Italia lettore di chiarissima fama, detto Solfanino) ma versato molto nella lettione delle
Istitutioni et delle Demostrationi armoniche del Zarlino, e qualche poco anchora ne’ libri
de gli altri scrittori di musica così latini come volgari della nostra etade.77
Il Discorso di Sigonio è diviso in due parti, la prima volta a dimostrare gli errori di
Vicentino nelle sue composizioni cromatiche ed enarmoniche, l’altra diretta
contro gli errori da lui commessi nel trattato L’antica musica ridotta alla moderna
prattica del 1555: Bottrigari segue questa divisione nella sua puntuale confutazio-
ne delle idee di Sigonio, in difesa della ragione e delle novità del pensiero teorico
e pratico dimostrate da Vicentino.
il fatto che un’altra datazione dubbia nell’elenco di Sorbelli è quella della Mascara, a cui è assegnato
l’anno 1595. La questione della datazione del Melone Secondo è sorvolata da Gaspari, che lo considerava
contemporaneo del Melone, mentre è posta, senza essere definitivamente risolta, anche da Maria Rika
Maniates, che, come Gaspari, sembra ignorare l’esistenza del manoscritto qui descritto nei suoi due
saggi dedicati a questo trattato, ossia Maniates, The Cavalier Ercole Bottrigari cit. e Ead., Bottrigari
versus Sigonio: On Vicentino and His Ancient Music Adapted to Modern Practice, in Musical Humanism and
Its Legacy: Essays in Honor of Claude V. Palisca, ed. by Nancy Kovaleff Baker and Barbara Russano Han-
ning, Stuyvesant (New York), Pendragon Press, 1992, pp. 72-107, contenente anche il Discorso di Sigo-
nio in traduzione inglese. Per quanto riguarda invece Il Melone, che riferisce più compiutamente le
idee di Bottrigari sui generi armonici non diatonici, si rimanda al confronto fra il trattato e il madriga-
le Il cantar novo nel paragrafo seguente, il quale, come accennato, ci offrirà il raro spunto di esaminare
da vicino il rapporto tra storia delle teorie e analisi musicale.
77 Cfr. Gaspari, Dei musicisti bolognesi cit., p. 314, nota 2. Una parte della corrispondenza episto-
lare tra Gandolfo Sigonio di Modena e Annibale Meloni, composta da venticinque lettere scritte
tra il 1571 e il 1574, è conservata nel codice parigino della Bibliothèque nationale de France (F-Pn),
Ms. Italien 1110: cfr. Berger, Theories of Chromatic and Enharmonic Music cit., p. 84 e p. 156, nota
12; Edward E. Lowinsky, Willaert’s Chromatic “Duo” Re-Examined, «Tijdschrift voor Muziek-
wetenschap», xviii, 1956-59, pp. 1-36 (trad. it. in Musica del Rinascimento cit., pp. 117-149: 123, nota
5). Per le connessioni tra Carlo Sigonio, Torquato Tasso, suo allievo a Padova e Bologna, ed Ercole
Bottrigari, v. Maniates, The Cavalier Ercole Bottrigari cit., pp. 155-156. Alle pp. 159-160, Maniates
dimostra che il Discorso di Gandolfo Sigonio dovrebbe essere stato scritto negli anni Settanta o
Ottanta del Cinquecento e probabilmente indirizzato a Meloni stesso, in quel tempo discepolo
del modenese per le questioni di musica teorica.
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luca bruno
Havendo io più volte […] visto, e cantato alcuni Madrigali di D. Nicola Vicentino,
non mi è spiacciuto in tutto la Armonia sua; Imperoche la novita delle voci non usate
sono quelle; che dilettano l’udito: ma non bisogna dipoi andar molto in lungo can-
tando queste sue Canzoni; Che di ciò è Musica, che in breve viene à fastidio. Sì per-
che non si trova inventione alcuna di Contrapunto, come anco perche di continuo le
parti caminano insieme.78
Gli ingredienti di una miscela infiammabile atta a far esplodere lo sdegno umani-
stico di Bottrigari ci sono già tutti fin dall’inizio: uno scritto un po’ sgrammatica-
to, giudizi estetici in contraddizione fra loro, ma soprattutto la condanna dell’o-
mofonia per esaltare l’artificiosità del contrappunto.
La risposta non si fa attendere e occupa le pagine 2-4 del trattato: una volta che
Sigonio ha dichiarato che la musica di Vicentino non gli sia dispiaciuta in tutto, a
causa della novità della sua invenzione sonora, Bottrigari non può che chiedersi che
cosa egli desideri di meglio, in quanto compito essenziale della musica è quello di
dilettare l’udito, tenendo ben presente che, come tutti gli altri sensi, esso si abitua
facilmente a ciò che sente spesso, richiedendo sempre delle novità; il difetto sta nei
sensi dell’ascoltatore non nella musica già composta. Sulla questione della superio-
rità del contrappunto il teorico bolognese non può che schierarsi, coerentemente
con quanto aveva asserito nel precedente Melone, con le idee della seconda prattica,
ossia proclamando la superiorità dell’intelligibilità del testo, da non offuscare con il
«Cicalamento» contemporaneo delle voci, che inoltre «viene à snervare, et indebili-
re, et à quasi annullare ogni diletto di quell’Armonia».79
La confutazione delle censure di Sigonio nei confronti di alcune condotte
vocali da lui considerate errate ed estrapolate da brani scelti nei madrigali di
78 Cfr. Il Melone Secondo cit, p. 32: la numerazione delle pagine nella stampa è autonoma tra il
primo e il secondo trattato, continuando, oltre la «Tavola Delle cose più notabili contenute nelle
presenti Considerationi» di Bottrigari, anche lungo le due parti del Discorso di Sigonio.
79 Cfr. Il Melone Secondo cit., p. 4; Bottrigari cita qui anche Il cicalamento delle donne al bucato (1567)
di Alessandro Striggio, famoso esempio di parodia scherzosa sugli effetti del contrappunto; per
quest’opera a metà tra rappresentazione teatrale e madrigale, si veda la trascrizione e l’interpreta-
zione di Bonaventura Somma (con la revisione del testo poetico di Emidio Mucci), Roma, De
Sanctis, 1947 (“Capolavori polifonici del sec. xvi”).
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il cantar novo di ercole bottrigari
80 Il Melone Secondo cit., pp. 5-6. Su Wollick, (detto anche Nicolas Volcyr o Nicolaus Vollicius)
teorico francese nato a Serrauville, Lorena intorno al 1480 e morto a Nancy nel 1541, nonché
docente a Metz e a Parigi fino al 1512, si veda la voce relativa in Dizionario Enciclopedico Universale
della Musica e dei Musicisti, a c. di Alberto Basso, Le Biografie, vol. 8, Torino, utet, 1990, p. 546; il
passo citato da Bottrigari è in Nicolaus Wollick, Enchiridion musices, libro vi, cap. 5, Paris, J.
Parvus e N. Prevost, 1509 (ristampa anastatica Genève, Minkoff, 1972): cfr. Maniates, Bottrigari
versus Sigonio cit., p. 93, nota 15.
81 Si rimanda all’ampia trattazione negli articoli citati di Maria Rika Maniates, in cui si mette in
evidenza il fatto che, non avendo a disposizione i madrigali da cui sono tratti gli esempi, in quanto
di Vicentino ci sono pervenuti solo Il primo libro a cinque voci (Venezia, 1546) e Il quinto libro a cin-
que voci (Milano, Paolo Gottardo Da Ponte, 1572), più Il quarto libro dei mottetti a cinque voci (Mila-
no, Paolo Gottardo Da Ponte, 1571), l’analisi della discussione da parte dello storico non può che
restare congetturale. In particolare per l’esempio del madrigale I’ vidi in terra Bottrigari propone,
alle pagine 7 e 8 del suo trattato, la correzione di un Mib dissonante nella parte dell’Alto con un Do
innalzato enarmonicamente attraverso un punto posto sopra la nota; la Maniates propone invece
un Reb, ma solo grazie a complessi calcoli del sistema di accordatura dell’archicembalo a supporto
della congettura che il copista, o lo stampatore, abbiano semplicemente trasportato di un tono
sopra la nota esatta: cfr. Maniates, The Cavalier Ercole Bottrigari, pp. 167-168 e Ead., Bottrigari
versus Sigonio cit., pp. 85-86, 94-96. Sebbene l’autrice si dimostri lucida e attendibile, e anche con-
siderando il fatto che questi studi sono ricchissimi quanto a informazioni sull’ambiente intorno a
Bottrigari, purtroppo il loro livello è inficiato da ingenui errori di lettura del trattato, come quan-
do considera come esempio di grandi cantanti del tempo [Alessandro?] Merlo, Alodola e Fanello,
senza accorgersi che in realtà Bottrigari sta parlando di uccelli ammaestrati, come si capisce anche
chiaramente dal margine del testo (v. Il Melone Secondo cit., p. 10). Simili ingenuità sono da lei
commesse inoltre nella trascrizione della prima parte del madrigale Il cantar novo di Bottrigari,
come appare chiaro dalla comparazione di Maniates, The Cavalier Ercole Bottrigari cit., pp. 175-
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luca bruno
Nel Melone Secondo, poi, continua a dimostrare l’inefficacia del Discorso, par-
ticolarmente nella definizione delle proporzioni del sistema diatonico syntono
usato da Vicentino nelle sue composizioni: la discussione porta direttamente il
campo a spostarsi sugli errori commessi da Don Nicola nella teoria musicale,
prendendo a considerare la seconda parte dello scritto di Sigonio. Non è il caso di
addentrarci nella complessa rete di riferimenti che Bottrigari riprende dai teorici
antichi per confutare le deboli affermazioni del modenese e per svelarne le con-
traddizioni interne e i dubbi nella terminologia, anche perché questo lavoro è in
parte già stato elaborato negli scritti citati della Maniates. Quel che qui ci inte-
ressa rilevare è che, sebbene il discorso di Bottrigari si allontani progressivamen-
te dalla reale natura della speculazione di Vicentino, alla quale, come si vedrà,
egli stesso aveva comunque già fornito nel primo Melone le correzioni del caso,
ciononostante Il Melone Secondo appare come un’opera ‘nobile’, quasi ‘cavallere-
sca’, nel senso che è intesa a difendere un grande teorico ormai morto da tempo,
pur se non sempre saldo nelle sue ragioni, da un mediocre detrattore che non ha
compreso la reale importanza del suo messaggio innovativo.
Vale la pena di aggiungere che personalità come quelle di Sigonio o di Artusi – il
quale, nella dedica più volte citata della Seconda parte dell’Artusi (1603), non si lasce-
rà sfuggire l’occasione di criticare un apparente detrattore di Zarlino come Bottri-
gari – rischiano di essere considerate minori nella storia delle idee sulla musica,
anche se il rischio è ovviamente mitigato nel caso di Artusi. Essi potrebbero appari-
re incapaci di abbracciare con slancio la sfida verso l’ignoto lanciata dai teorici e
compositori della seconda prattica, considerando anche il fatto che nulla sarebbe
accaduto all’integrità del pensiero del loro maestro, come dimostrano le deferenti
critiche di Bottrigari, mai realmente inficianti l’importanza del sistema zarliniano,
e il giudizio positivo di Monteverdi per il teorico veneziano.
L’estremizzazione delle posizioni polemiche, di fatto, non giova neanche alla
moderna musicologia, poiché il ragionamento su Artusi qui delineato potrebbe
179 con la stampa a parti staccate alle pp. 39-42 del Melone e con la mia trascrizione, riportata nelle
Appendici i e ii. Sull’opera di Vicentino si vedano almeno gli studi di Henry W. Kaufmann, The
Life and Works of Nicola Vicentino (1551-c.1576), [Rome], American Institute of Musicology, 1966
(“Musicological Studies and Documents”, 11); Nicola Vicentino, Collected Works, ed. by
Henry W. Kaufmann, [Rome], American Institute of Musicology, 1963 (“Corpus Mensurabilis
Musicae”, 26).
310
il cantar novo di ercole bottrigari
Finita la disputa con Artusi e morti da qualche tempo tanti dei protagonisti dei
suoi scritti, al settantatreenne Bottrigari non rimane che coltivare le sue passioni
per l’antichità greca e per le scienze matematiche. A questo periodo risalgono
diversi scritti al confine tra la filologia umanistica e lo studio scientifico, condot-
to e guidato sempre dall’autorità degli antichi, ma proiettato anche alla speri-
mentazione, nel pieno rispetto della nuova mentalità moderna volta a privilegia-
re la ragione sull’accettazione incondizionata dei dogmi culturali.83
82 Sulle teorie di Artusi, cfr. Berger, Theories of Chromatic and Enharmonic Music cit., pp. 88-
95; inoltre Privitera, “Piagn’e sospira” cit. Il sottofondo filosofico sotteso alle operazioni non
propriamente ortodosse da un punto di vista etico che abbiamo osservato da parte del Canoni-
co bolognese nei confronti di Monteverdi e Bottrigari è analizzato in Chadwick Jenkins,
Giovanni Maria Artusi and the Ethics of Musical Science, «Acta Musicologica», lxxxi/1, 2009, pp.
75-97. La figura di Bottrigari e il comportamento profondamente scorretto di Artusi nei con-
fronti di un teorico a lui così vicino per formazione e cultura sono però fortemente disattesi
nell’articolo di Jenkins.
83 Fondamentali in tal senso sono le spinte autonomistiche della teoria musicale, il cui metodo di
vaglio critico su un gran numero di opinioni antiche discordanti ha probabilmente costituito un
311
luca bruno
modello metodologico per i grandi filosofi della scienza tra xvi e xvii sec., da Galileo Galilei a Marin
Mersenne a Johannes Kepler: si vedano in proposito gli studi di Claude V. Palisca, Scientific Empi-
ricism in Musical Thought, in Seventeenth Century. Science and the Arts, ed. by Hedley Howell Rhys,
Princeton, Princeton University Press, 1961, pp. 91-137 (trad. it. parziale in La musica nella Rivoluzione
Scientifica del Seicento, a c. di Paolo Gozza, Bologna, Il Mulino, 1989, pp. 166-77); Daniel P. Walker,
The Harmony of the Spheres, in Studies in Musical Science in the Late Renaissance, London, The Warburg
Institute, University of London-Leiden, E. J. Brill, 1978, pp. 1-13; Id., Vincenzo Galilei and Zarlino, in
ivi, pp. 15-26 (entrambi questi studi sono parzialmente tradotti in La musica nella Rivoluzione Scientifi-
ca del Seicento, rispettivamente alle pp. 69-77 e 179-186); Stefano Leoni, Le armonie del mondo. La
trattatistica musicale nel Rinascimento: 1470-1650, Genova, ecig, 1988.
312
il cantar novo di ercole bottrigari
sua vita immortale, in relazione alla musica delle sfere. Forse può leggersi in que-
ste due ultime opere un sentimento più vivo, rispetto agli altri scritti, di distacco
dal mondo reale, verso un’appagante speculazione su una realtà ultraterrena.84
Ercole Bottrigari muore nella sua «dilettevole villa» nel comune di S. Alberto
di Piano, il 30 settembre del 1612.85
Il cantar novo: prospettive analitiche per la storia del cromatismo nel Cinquecento
L’analisi del madrigale a quattro voci, in due parti, Il cantar novo, e’l pianger
degl’Augelli di Ercole Bottrigari si prefigge come obiettivo principale di collo-
care esattamente questo brano all’interno della discussione sui generi armo-
313
luca bruno
nici (diatonico, cromatico, enarmonico) tanto cara alla trattazione dei mag-
giori teorici del Rinascimento italiano, da Vicentino a Lusitano e Danckerts, a
Zarlino, Galilei e Artusi.
Come già affermato, il madrigale sul celebre testo di Petrarca è posto alla fine
del trattato Il Melone. Discorso armonico del M. Ill. Sig. Cavaliere Hercole Bottriga-
ro, pubblicato a Ferrara, presso Vittorio Baldini, Stampatore Camerale, nel 1602,
ma in realtà già scritto nel 1591, come attestato in chiusura del testo. Il brano si
presenta senz’altro come un hapax nella storia della musica rinascimentale, per
due distinte ragioni. La prima è che esso è l’unico esempio sopravvissuto inte-
gralmente della produzione compositiva, di per sé scarsa, di un teorico impor-
tantissimo al quale, in conformità con l’atteggiamento prevalente degli umani-
sti, poco importava di essere tenuto in gran conto come buon contrappuntista,
ma che non nascondeva il suo interesse per le tendenze più innovative della
musica a lui contemporanea, quale quella di Cipriano de Rore, Giaches de Wert,
Luzzasco Luzzaschi, Claudio Merulo o Costanzo Porta.
La seconda ragione è che questo madrigale sopravvive proprio in virtù del-
l’essere stato pubblicato come prova pratica delle teorie esposte in un trattato, Il
Melone appunto, la cui genesi risiede in un confronto diretto tra le varie opinioni
dei più importanti teorici rinascimentali in merito all’applicabilità degli antichi
procedimenti compositivi greci alla «moderna prattica». Com’è noto, lo scopo di
un simile ritorno all’antico risiedeva nel tentativo di giustificare le innovazioni
dei compositori, ma modificandole nel codificarle, per ottenere un più avanzato
stato di compenetrazione tra la nuova espressione degli affetti del testo poetico
nella composizione musicale e l’altrettanto rinnovata razionalizzazione dell’ap-
parato teorico di riferimento per i musicisti pratici. Questo apparato doveva
infatti fornire loro una risorsa sicura, fondata sulla ragione e sul vaglio critico
delle fonti trattatistiche antiche, in modo da sostenerli saldamente anche in quei
loro esperimenti sempre più avanzati in senso espressionista.
Cerchiamo adesso di chiarire brevemente questi due punti.
Sintetizzando al massimo i contributi alla storia della musica rinascimentale
che lo studio dell’opera teorica di Bottrigari può offrire, la caratteristica princi-
pale dei suoi scritti risiede nella costituzione di una teoria razionalmente fondata
sul pensiero musicale antico, con l’idea di contemplare tutti gli aspetti della real-
tà musicale a lui contemporanea, dalla discussione sui generi armonici, al con-
trappunto, ai problemi d’intonazione e accordatura degli strumenti nei concerti,
314
il cantar novo di ercole bottrigari
alla storia delle notazioni. Gli effetti della musica antica, meravigliosamente nar-
rati dalle fonti letterarie greche e latine, sono sempre presenti alla mente di un
umanista qual era, poliedrico ed eclettico come i suoi più illustri colleghi, da Leo-
nardo da Vinci a Giordano Bruno.
I trattati teorici di Bottrigari cui faremo riferimento nell’analisi sono Il Melo-
ne, Il Melone Secondo e Il Desiderio, dai quali faremo derivare la sua teoria del
genere e della composizione «pura e schietta cromatica».86 Dai suddetti trattati
trarremo anche le eventuali giustificazioni per le deroghe alle norme canoniche
del contrappunto messe in atto da Bottrigari, laddove alcuni procedimenti con-
trappuntistici si troveranno a essere in contrasto con le prescrizioni dei maggiori
trattatisti del periodo, ad esempio Zarlino.87
Come accennato sopra, resta ancora dubbia la datazione precisa del brano,
che la maggioranza degli studiosi assegna agli anni intorno al 1556, seguendo la
testimonianza del Trimerone circa gli studi di contrappunto e composizione sotto
la guida dell’amico e coetaneo Bartolomeo Spontoni.88 La questione della data-
zione diventa centrale nel momento in cui si considera l’eccezionalità del brano,
poiché, come già detto, essendo l’unico pezzo di musica di Bottrigari pervenuto-
ci integro, esso illumina lo stadio cui era giunta la sua teoria del genere cromatico
86 Secondo le parole del compositore Francesco Orso da Celano: sulla «Teoricale dottrina Armo-
nica» (Il Melone, p. 47) di Orso da Celano, cfr. la lettera posta alla fine della stampa del suo Primo
libro de’ Madrigali a cinque voci, pubblicato a Venezia da Claudio Correggio [Claudio Merulo], nel
1567; la lettera è riprodotta nelle Appendici dell’articolo di Henry W. Kaufmann, Francesco Orso
da Celano, a Neapolitan Madrigalist of the Second Half of the Sixteenth Century, «Studi musicali», ix,
1980, pp. 219-269, 247-248. L’edizione moderna del Primo libro a cinque voci, unica opera pervenuta
di Orso, è a c. di Jessie Ann Owens, New York, Garland, 1996; alla fine del libro vi sono i due
madrigali cromatici (così recita il frontespizio della stampa, ma si tratta in realtà di un unico
madrigale in due parti), Il cantar novo e Così mi sveglio, sul medesimo testo petrarchesco usato da
Bottrigari; si veda inoltre Privitera, “Piagn’e sospira” cit., pp. 52-57.
87 Giova ricordare che le regole sul contrappunto e sulla composizione polifonica furono descrit-
te ampiamente da Zarlino nelle sue Istitutioni harmoniche, ma non prima del 1558, anno della prima
edizione veneziana del trattato.
88 Come si vedrà nell’analisi seguente, la datazione resta dubbia, anche se di non molto posterio-
re, per alcuni fattori di tecnica compositiva e per la relativa giustificazione di alcuni procedimenti
non proprio ortodossi rispetto alle regole di Zarlino, codificate solo dal 1558. Sesini, L’Umanesi-
mo musicale cit., pp. 63-70 e Maniates, The Cavalier Ercole Bottrigari cit., pp. 175-179 riportano la
trascrizione in partitura del madrigale (in Maniates solo la prima parte), anche se contengono
numerosi errori di lettura, sia delle note sia del testo poetico.
315
luca bruno
89 Interessante l’osservazione di Gaspari, il quale sostiene che se non fosse stato per Annibale
Meloni, amico e discepolo di Bottrigari e destinatario dell’omonimo trattato, il nostro teorico non
si sarebbe mai deciso a organizzare le sue riflessioni in forma definitiva nelle opere che conoscia-
mo; cfr. Gaspari, Dei musicisti bolognesi cit., p. 321: «Parmi adunque che nulla ormai o ben poco
possa desiderarsi di sapere sul nostro autore, il quale sebbene nella repubblica letteraria e scienti-
fica occupasse un seggio elevato, sarebbe cionondimeno caduto ben presto in dimenticanza, se
fortunatamente l’inscienza e la dura cervice del suo caro Meloni non l’avesse forzato a scrivere
que’ libri stupendi di tutte cose musiche, dai quali soli ripete l’alta e imperitura sua celebrità».
Dalla lettura delle pp. 38 e 47 del Melone non sembra di poter ritenere che Il cantar novo possa esse-
re stato scritto apposta per il trattato (1591).
316
il cantar novo di ercole bottrigari
90 ‘Stn’ sta per semitono, ‘Tn’ sta per tono, ‘D’ sta per diesis enarmonica, cioè un quarto di tono;
dai teorici rinascimentali il salto di terza minore è chiamata Semiditono incomposto, il salto di terza
maggiore ditono incomposto. L’intonazione esatta di questi intervalli può cambiare secondo le ‘sfu-
mature’ dei generi, che sono successioni tetracordali di transizione tra queste forme base, variabi-
li per il sistema di accordatura usato: ad esempio il genere cromatico di Aristosseno può essere
composto da 1/3Tn-1/3Tn-1+5/6Tn (cromatico molle), 3/8Tn-3/8Tn-1+3/4Tn (cromatico emio-
lio), Stn-Stn-1+1/2Tn (cromatico tonico).
91 Nella lettera stampata immediatamente prima dell’inizio del Melone e datata «Di Bologna, il dì
28. di Maggio 1591».
317
luca bruno
92 Come già affermato, un commento puntuale al Melone è in Bruno, Ercole Bottrigari cit., pp. 51-115.
93 Cfr. Zarlino, Le istitutioni harmoniche, parte iii, cap. 75 e Boezio, De Institutione musica, i, 23;
cfr. trad. it. a c. di Giovanni Marzi (su testo critico di Gottfred Friedlein, Leipzig, Teubner, 1867),
Roma, Istituto Italiano per la Storia della Musica, 1990.
94 I nomi dei cinque tetracordi formanti il sistema ametábolon ‘immutabile’ greco sono, dal
registro grave all’acuto, hypátōn, mésōn, diezeugménōn (disgiunto per un tono dal precedente) e
hyperboléōn, con il synemménōn congiunto (come dice il nome) al mésōn; a questi si aggiunge al
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il cantar novo di ercole bottrigari
grave il proslambanómenos o ‘suono aggiunto’, appunto, per completare la doppia ottava del
sistema perfetto.
95 Bottrigari, seguendo l’umanista Francesco Patrizi, le attribuisce a «un Dionigio Musico»: v. Il
Melone, p. 9 e Patrizi, Della Poetica cit., vol. 1, pp. 329-30, in cui si fa un tentativo di tradurre la
prima melodia e si riportano le altre. In Martin Lichtfield West, Ancient Greek Music,
Oxford, Clarendon Press, 1994, paperback edition, p. 280 (edizione in hardcover, New York,
Oxford University Press, 1992), si parla di quattro inni, distinguendo tra l’inno Alla Musa e gli altri
tre A Calliope e Apollo, Al Sole, A Nemesi: la distinzione è basata su discordanze linguistiche e dati
analitico-musicali. Sempre come «quattro antiche Cantilene» le riporta Vincenzo Galilei,
Dialogo della musica antica e della moderna, Firenze, Giorgio Marescotti, 1581, p. 96. L’errore di Bot-
trigari dipende probabilmente da un’errata interpretazione del passo di Patrizi o da un colloquio
diretto con quest’umanista, a lungo frequentato nel suo esilio ferrarese tra il 1576 e il 1587. Resta
comunque da chiarire che gli Inni di Mesomede sono tre, poiché Alla Musa non ha autore nei mano-
scritti antichi.
319
luca bruno
antiche sulla musica. Come esempio lampante di melodia diatonica per salti egli
adduce la formula d’intonazione salmodica del v modo.96 Cita poi un passo di
Tolomeo (Harm. i, 10), in cui il grande teorico e matematico greco prende in con-
siderazione due Ditoni incomposti presi in parti diverse, ma nel genere diatoni-
co97 e non in quello enarmonico. Infine, sulla scia di Aristosseno, paragona le
note del sistema scalare di ogni particolare genere a un alfabeto, da cui i musici,
come i poeti, traggono le lettere in vario ordine, e non necessariamente in
sequenza, per comporre le loro opere d’arte.
Confutato Vicentino, ma ancora di più i suoi detrattori colpevoli di non rico-
noscere gli antichi generi armonici, da quest’ultimo riportati ad essere oggetto di
pubblica discussione – anche se comunque i veri musici teorici mai avrebbero
potuto dimenticarne l’esistenza – Bottrigari passa poi a dimostrare, molto osse-
quiosamente, gli errori di Zarlino, il quale negava l’applicabilità pratica dei gene-
ri non diatonici antichi alla composizione moderna, per via delle difficoltà d’in-
tonazione degli intervalli (pensiamo ai quarti di tono) e per la relativa povertà di
consonanze e sonorità verticali rispetto al diatonico, di cui essi si trovavano affet-
ti nel momento di usarli puri in composizioni polifoniche. Bottrigari corregge gli
esempi di trasporto dal diatonico al cromatico e all’enarmonico, che Zarlino
opera su un’antifona di primo modo (Eruisti animam meam Domine, ne periret),
ma ancor di più dimostra pubblicamente l’efficacia del sistema cromatico anti-
co, usandolo per il più eccelso e artificioso genere di composizione musicale a lui
contemporaneo, il madrigale polifonico, addirittura su testo di Petrarca.
Prima di passare all’analisi del brano, mi si conceda però una riflessione: l’in-
telligenza e la sensibilità di Zarlino verso la prassi musicale contemporanea, non-
320
il cantar novo di ercole bottrigari
98 La tesi zarliniana, secondo la quale i generi cromatico ed enarmonico non si potevano usare
con profitto da soli, in quanto non si era sicuri della giustezza di tutte le consonanze costruite sui
loro gradi, per via delle diverse sfumature degli intervalli (si pensi al semitono maggiore, 16:15, e a
quello minore, 25:24), fu in realtà confermata per assurdo dal suo discepolo e ‘campione’ Artusi.
Questi, infatti, a proposito del Duo cromatico di Willaert Quidnam ebrietas [sic], parla di un tempe-
ramento equabile come sistema di intonazione dei semitoni impiegato dai cromatisti per ottenere
le consonanze giuste tra suoni alterati e non alterati: si pensi alla consonanza di ‘ottava’ Re-Mibb
tra Soprano e Tenore che concluderebbe il ‘duo’; cfr. Zarlino, Le istitutioni harmoniche, parte iii,
cap. 73-77 e Giovanni Maria Artusi, L’Artusi, overo delle imperfettioni della moderna musica.
Ragionamenti dui, Venezia, Giacomo Vincenti, 1600, Ragionamento Primo, p. 21 (ristampa anastati-
ca a c. di Giuseppe Vecchi, Bologna, Forni, 1968). Per il Duo cromatico di Willaert (in realtà una
composizione a quattro voci), cfr. Edward E. Lowinsky, Adrian Willaert’s Chromatic Duo reexa-
mined, «Tijdschrift voor Muziekwetenschap», xviii, 1956-59, pp. 1-36 (trad. it. in Musica del Rina-
scimento cit., pp. 117-149). Il sistema di accordatura di riferimento per Zarlino è il diatono syntono
di Tolomeo, «inspessato» delle corde del genere cromatico di Didimo (e temperato con uno dei
due temperamenti mesotonici, quindi eliminando la differenza tra tono sesquiottavo e sesquino-
no del syntono, riconducendoli entrambi alla proporzione 9:8, come nel diatonico diatono).
Anche per Bottrigari l’unica mistura tra i generi è quella definita da Zarlino nella seconda parte
delle Istitutioni harmoniche (cap. 38-46), facilmente osservabile negli strumenti a intonazione sta-
bile, come organi o clavicembali: cfr. Il Melone, p. 24. Egli va però avanti rispetto a Zarlino, dimo-
strando che si può scrivere in polifonia nel puro genere cromatico di Didimo (16:15; 25:24; 6:5),
anche se in effetti il suo esperimento cromatico costringe le voci in ambitus ristretti e può disporre
di pochissime triadi complete. Questi difetti sono compensati da un uso audace delle dissonanze
(melodiche e armoniche), dovute agli accidenti strutturali del sistema, un uso che, come vedre-
mo, ben si adatta alla materia del testo poetico intonato.
321
luca bruno
*****
Veniamo ora all’analisi del madrigale in due parti nel genere cromatico, la cui
partitura può leggersi nelle Appendici i e ii.
Il metodo analitico seguito si rifà a quello usato da Lewis Lockwood nello stu-
dio sulle messe di Vincenzo Ruffo:100 si procede all’identificazione di episodi
polifonici, per poi descriverne i motivi melodici presenti nelle varie voci che li
compongono. Gli episodi sono segmentati grazie all’esame dell’unità testuale
che intonano, combinata però all’uso delle cadenze, al materiale motivico pre-
sente nelle varie voci e a una loro sostanziale omogeneità di configurazione poli-
fonica (caratteristiche esclusivamente musicali). Un episodio quindi è basato su
un unico frammento del testo e utilizza sempre gli stessi materiali motivici in
numero non troppo esteso, combinati con tecniche compositive imitative o
omoritmiche costanti per la durata dell’episodio stesso – con eventualmente una
gran varietà di configurazioni intermedie fra questi due poli estremi – fin quando
si arriva a una cadenza – più o meno completa o ‘fuggita’ – seguita da un cambio
del frammento testuale e da una sostituzione del materiale motivico.
I criteri di segmentazione usati nella presente analisi si rifanno anche a un altro
importante studio metodologico di Rossana Dalmonte e Massimo Privitera.101 Seb-
bene essi siano stati pensati per il repertorio delle canzonette a sei voci di Ora-
322
il cantar novo di ercole bottrigari
zio Vecchi (1587), si sono dimostrati utili per determinare il cosiddetto «respi-
ro fraseologico» de Il cantar novo, che a una rapida lettura della partitura in
Appendice appare subito affidato al verso del sonetto di Petrarca, o a parti più
piccole di esso, e mai a unità più grandi, come la coppia di versi o il verso più
l’emistichio. Per «respiro fraseologico», nell’accezione di Dalmonte-Privite-
ra, s’intende la frequenza con cui le frasi melodiche delle singole voci, seg-
mentate ad esempio da pause o da ripetizioni musicali e testuali, intonano
unità metrico-sintattiche rilevanti del testo, come, appunto, l’emistichio, il
verso o il verso più l’emistichio.
Lo studio per così dire statistico del rapporto frase melodica-unità testuale
conduce a legittimare un metodo analitico fondato sul verso, che dà poi risultati
pertinenti all’interazione tra lo schema metrico testuale e la musica. Proprio sul
rapporto testo-musica spesso si fonda il metodo compositivo della polifonia
rinascimentale, che tende, in generale, a rinnovare il materiale musicale nel
momento in cui cambia la porzione di testo da intonare.
Il metodo analitico di Lockwood sopra descritto, poi, non è qui seguito
pedissequamente, perché è pensato per l’individuazione dei nessi motivici tra
il genere della messa-parodia e il mottetto da cui questa prende spunto. La
descrizione motivica, infatti, si dimostra priva di senso nel momento in cui si
dovrebbero individuare i singoli materiali melodici in voci che in realtà si
stanno producendo in passi omoritmici o addirittura in «atti delle caden-
tie».102 Ciò è ancor più manifesto in un genere come il madrigale, in cui l’an-
damento sincronico delle voci non è utilizzato solamente per enunciare con
chiarezza il testo intonato – come richiesto a una messa polifonica post-tri-
dentina – quanto piuttosto come risorsa squisitamente musicale orientata in
senso verticale per evidenziare aspetti del significato letterale o affettivo del
componimento poetico. Si è pertanto creduto legittimo nei passi omoritmici
spostare l’attenzione dai nessi motivici alle sonorità verticali della musica,
studiate nel loro collegamento, riconoscendo che la questione circa la supre-
102 Nicola Vicentino, L’antica musica ridotta alla moderna prattica, Roma, Antonio Barré, 1555
(ristampa anastatica con postfazione a c. di Edward E. Lowinsky, Kassel, Bärenreiter, 1959, “Docu-
menta Musicologica”, 17), libro iii, cap. xxxiii, p. 57. Il termine è usato per indicare i movimenti
cadenzali più comuni nelle quattro voci della compagine polifonica standard ed è l’equivalente
italiano delle clausole cantizans, altizans, tenorizans, basizans utilizzate, riprendendole dal teorico
Gallus Dressler (1533-1585ca.), in Meier, Die Tonarten der klassischen Vokalpolyphonie cit.
323
luca bruno
mazia delle ragioni della melodia su quelle dell’armonia nella polifonia rina-
scimentale è questione ancora ampiamente irrisolta.103
Potrà forse in tal senso apparire forzato l’uso della parola ‘triade’ in un conte-
sto cinquecentesco.104 La voce di riferimento per determinare il grado cadenzale
era, però, plausibilmente il Basso, almeno a partire dagli anni Quaranta del seco-
lo. Inoltre l’epoca del basso continuo non è per nulla lontana dalla data di com-
posizione del Melone; questa tecnica era anzi usata nella pratica da prima che ne
fosse codificata la notazione e l’uso nei trattati e nelle musiche d’inizio Seicento.
Ciononostante, l’analisi farà uso delle cifre arabe per indicare i gradi armonici, in
modo da evitare qualsiasi riferimento alla ‘tonalità’ dei secoli seguenti;105 quan-
do si parlerà di successioni armoniche, ci si riferirà ai movimenti melodici del
Basso, sulle cui note saranno costruiti e quindi indicati di volta in volta accordi di
terza e quinta, terza e sesta o quarta e sesta, oltre ad eventuali dissonanze.
I movimenti che si etichetteranno come contrappuntistici, invece, illustrano
bene il concetto di prolungamento, il quale – se perfettamente adatto al linguaggio
tonale e pertanto saldamente ancorato alla terminologia tecnica dell’analisi schen-
103 Cfr. Dalmonte-Privitera, Gitene, Canzonette cit., pp. 47-51. Cfr. anche Luca Bruno, Theory
and Analysis of Harmony in Adrian Willaert’s Canzone villanesche alla napolitana (1542-1545), Arcava-
cata di Rende, Centro Editoriale e Librario dell’Università della Calabria, 2008, pp. xv-xxii; Id., A
Methodological Approach Toward the Harmony of Sixteenth-Century Secular Polyphony, in Music Theory
and Its Methods: Structures, Challenges, Directions, ed. by Denis Collins, Frankfurt am Main, Peter
Lang, 2013 (“Methodology of Music Research”, 7), pp. 33-98; Id., Toward a Theory of Harmony in the
Renaissance: Historical-Analytical Inquiry into Harmonically-Oriented Genres of Sixteenth-Century Secu-
lar Polyphony, in Histories and Narratives of Music Analysis, ed. by Miloš Zatkalik-Milena Medić and
Denis Collins, Newcastle upon Tyne, Cambridge Scholars Publishing, 2013, pp. 65-88.
104 Il concetto di triade così come quello di rivolto è già riconosciuto da alcuni teorici tedeschi tra
la seconda metà e la fine del xvi secolo, concretandosi nel trattato di Johannes Lippius, Synop-
sis musicæ novæ, Strasburgo, Carl Kieffer, 1612; cfr. Benito V. Rivera, The Isagoge (1581) by Johan-
nes Avianus: An Early Formulation of Triadic Theory, «Journal of Music Theory», xxii/2, Spring
1978, pp. 43-64; Id., German Music Theory in the Early 17th Century. The Treatises of Johannes Lippius,
Ann Arbor: UMI Research Press, 1980; Bruno, Theory and Analysis of Harmony cit., pp. 43-61.
105 La tecnica analitica è ripresa dallo studio fondamentale di Howard Mayer Brown, Verso
una definizione dell’armonia nel sedicesimo secolo: sui Madrigali ariosi di Antonio Barrè, «Rivista italia-
na di musicologia», xxiv, 1990, pp. 18-60. Ho personalmente impiegato questo metodo nell’ana-
lisi delle implicazioni armoniche a corto e lungo raggio in determinati generi cinquecenteschi di
polifonia profana italiana orientati armonicamente; cfr. Bruno, Theory and Analysis of Harmony
cit., pp. 127-257; Id., A Methodological Approach Toward the Harmony of Sixteenth-Century Secular
Polyphony cit., pp. 39-86.
324
il cantar novo di ercole bottrigari
106 Il testo di riferimento per i trattati sulla diminuzione del Cinquecento è sicuramente
Howard Mayer Brown, Embellishing Sixteenth-Century Music, London, Oxford University
Press, 1976 (“Early Music Series”, 1); si veda inoltre Id., Instrumental Music Printed Before 1600. A
Bibliography, Cambridge, Mass.-London, Harvard University Press, 1965. Per un’introduzione alla
terminologia analitica schenkeriana, e più in particolare al concetto di prolungamento, cfr. Wil-
liam Drabkin-Susanna Pasticci-Egidio Pozzi, Analisi schenkeriana. Per un’interpretazione
organica della struttura musicale, Lucca, LIM, 1995.
325
luca bruno
326
il cantar novo di ercole bottrigari
Bottrigari, in diretto contrasto con Zarlino, è ben conscio del nuovo poten-
ziale che il genere cromatico possiede nei confronti del diatonico, proprio
basandosi su considerazioni di storia delle teorie musicali. Entrambe le cate-
gorie nascono in ambito monodico. Il genere diatonico è da lungo tempo stato
‘traslato’ alla polifonia, trasformandosi in un sistema affatto diverso di orga-
nizzazione tra le altezze, che si distanzia tanto dal sistema antico quanto da
quello medievale di origine liturgica orientale, incorporando anche alterazio-
ni transitorie che però non sono strutturali all’impianto fondamentale. Il
genere cromatico è invece suscettibile di apportare sostanziali innovazioni
espressive nella ‘riduzione’ dall’antica teoria greca alla moderna pratica poli-
fonica, proprio grazie alla novità delle sue ‘corde’ e degli agglomerati polifo-
nici che ne possono derivare.
Bisogna chiarire a questo punto quale sia il sistema scalare usato da Bottri-
gari per la sua composizione nel puro genere cromatico. Ecco la successione
dei tetracordi nel «Sistema Perfetto Cromatico», secondo quanto è illustrato
nel Melone (p. 4): la Figura 1 ne riprende la notazione, ripetendo però i tetra-
cordi più gravi per illustrare come si connettano al synemménōn.107 Essa pre-
senta quindi la successione dei cinque tetracordi cromatici, usando la conven-
zionale notazione a partire da La1 per il proslambanómenos. Si sarà notato che
Bottrigari non prende in considerazione il trasporto dei tetracordi; il madri-
gale non perde mai di vista questo impianto scalare, probabilmente per non
confonderne la chiara percezione, sebbene egli sia ben conscio delle possibili-
tà di trasporre i tetracordi cromatici, come appare dalla lettura del Desiderio
(p. 28), ma anche dalle correzioni apportate al trasporto di genere armonico
effettuato da Zarlino sull’antifona Eruisti animam meam Domine, di cui si è
parlato sopra.108 Ritornando alla Figura 1, con le semibrevi si evidenzia l’e-
stensione di doppia ottava del sistema, anche se poi nel madrigale il Soprano
tocca spesso il Do4;109 le minime indicano i suoni fissi del tetracordo, mentre
le semiminime le corde mobili.
107 È questa l’illustrazione del sistema perfetto cromatico, trascritta dalle pp. 26-27 del Desiderio.
108 Cfr. Il Melone, pp. 26-27, in cui Bottrigari trasporta l’antifona una quinta sopra.
109 Ivi, p. 5 si definiscono acutissime le note oltre il tetracordo hyperboléōn.
327
luca bruno
È notevole il fatto che nel sistema manchino note diatoniche importanti, come il
Sol in tutti i registri e il Re nel registro grave (anche ammesso che si usi il Re3 del
tetracordo synemménōn), per non parlare delle note prodotte dalla musica ficta,
assolutamente vietate perché non appartenenti a nessun genere armonico: come
si diceva, conseguenza lampante di questo modo un po’ integralista di procedere è
la mancanza del Sol#, che impedisce alla triade sul quinto grado di essere completa
della terza, privando così le cadenze autentiche della clausula cantizans. Il Sib2 è l’u-
nica nota abbassata del brano, grazie alla sua presenza strutturale nel tetracordo
synemménōn, utilizzato però da Bottrigari solo nella seconda parte del madrigale,
Così mi sveglio; tra l’altro la nota è usata una sola volta, nel Tenore di b. 42.
Si può quindi passare all’analisi degli episodi polifonici e dei motivi a essi
appartenenti. Nell’elencarli in Tabella si procede in ordine di apparizione, dal
primo motivo dell’episodio analizzato, proseguendo poi con le sue eventuali
ripetizioni, variazioni e quindi con il nuovo motivo che segue; l’ordine di etichet-
tatura tra segmenti simultanei va dal Soprano al Basso. Gli episodi sono identifi-
cati dai numeri romani, mentre i motivi corrispondenti dalle lettere minuscole;
‘b.’ sta per battuta; i numeri chiusi in parentesi tonde indicano il levare della bat-
tuta successiva. Si è provveduto altresì a etichettare alcuni frammenti con la dici-
tura ‘parti libere’, laddove è parso che bisognasse considerarli come movimenti
contrappuntistici di ripetizione o variazione dei motivi, ma da essi segmentabili
per ripetizioni testuali di sole parti del verso.
328
il cantar novo di ercole bottrigari
110 Nella Tabella 1 n indica una terza non alterata, in alternanza con #, che richiama l’uso di una
terza innalzata; il bemolle (b) è usato solo per il secondo grado abbassato a b. 42 di Così mi sveglio.
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Tabella 2. Analisi del rapporto testo-musica in Così mi sveglio (seconda parte: S,A,T,B)
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il cantar novo di ercole bottrigari
111 Un’analisi puntuale di ciascun episodio può essere letta in Bruno, Ercole Bottrigari cit., pp. 117-153.
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Figura 3. Il cantar novo, VII episodio e VII episodio bis (configurazione omoritmica)
Anche in questi episodi le voci rispettano l’ambitus del x modo, ma ancora una volta
manca la clausula cantizans, distruggendone, di fatto, l’attribuzione modale.
La segmentazione in vii e vii episodio bis deriva da ripetizione testuale. Il reci-
tativo armonico sul 5 rappresenta il «suon» nella sua piena purezza e potenza del-
l’accordo in quinta e ottava, senza terza; il successivo cambio armonico su 16-3-6 e
la sincope ulteriore del S, dell’A e del B, associati all’amplificazione della ripetizio-
ne, rendono l’idea del «Destami» (‘mi desta’). L’immagine «degli amorosi balli» è
evocata dal ritmo puntato sul 5-1 di b. 42 e dalla semplice successione armonica
ripetuta 6-5-1, con un basso la cui direzionalità tonale ben si confà a un contesto di
musica per danza, nonostante l’assenza della terza nell’accordo sul 5.113
113 Per la connessione tra danza, cadenza e affermazione del senso tonale cfr. Lowinsky, Tona-
lity and Atonality cit., pp. 3-115.
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Figura 4. Il cantar novo, VII episodio e VII episodio bis (configurazione omoritmica)
Ancora un altro episodio del quale conviene studiare le sonorità verticali in con-
nessione con il significato del testo. L’ambitus delle voci è sempre quello tipico
del x modo: si noti che l’A è costretto in uno spazio di seconda (maggiore prima,
minore poi), fintanto che segue omoritmicamente le altre voci. La lieve increspa-
tura ritmica all’inizio dell’episodio, che potrebbe far pensare a un principio di
imitazione, vistane la ricorrenza anapestica del ritmo, è subito contraddetta dal
procedere simultaneo delle voci a b. 47. La povertà armonica degli accordi
incompleti, per via del sistema, sul 3 (senza quinta), sul 2 e sul 5 (senza terza) può
essere interpretato come metafora della debolezza della vecchiaia, mentre il clas-
sico madrigalismo delle note lunghe si concede a un principio di musica visiva
sulle parole «bianchi velli».114
114 Il «Vecchio» cui si riferisce Petrarca è Titono, figlio di Laomedonte, re di Troia, che Aurora
rapì per amore, dietro maledizione di Venere, ottenendo per lui l’immortalità da Giove, dopo che
questi le aveva sottratto Ganimede. Ma, dimentica di chiedere anche la perpetua gioventù, lo vide
invecchiare e non rimanergli altro che la voce simile a cicala; dopo averlo chiuso nella stanza da
letto, egli si trasformò infine in cicala vera (le cicale friniscono, infatti, quando il sole riscalda l’a-
ria). Per le fonti del mito, caro anche ai modelli di Petrarca, Orazio e Ovidio, si veda Robert Gra-
ves, I miti greci, trad. it. di Elisa Morpurgo, Milano, cde, 1997, 2a edizione, pp. 133-134 (1a edizione
Longanesi, 1983; edizione originale inglese 1955).
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il cantar novo di ercole bottrigari
viiibis a T: 50-56 Ancora la metafora del bianco ottenuta attraverso note lunghe
L’episodio è individuato per via della ripetizione testuale e per la diversa con-
figurazione polifonica rispetto all’episodio viii; può essere considerato propria-
mente una coda di quest’ultimo.
È notevole l’analogia tra la parte libera di questo episodio, conclusiva della
prima parte del madrigale, e i movimenti del Basso nei passi omoritmici, nei
quali è più evidente l’uso della formula del 6 (Fa2) che scende sul 5 (Mi2), bilan-
ciato sempre, nelle parti interne, dalla successione melodica Don3-Do#3. Questa
parte libera assume pertanto l’aspetto di un richiamo motivico a movimenti
strutturali ben più profondi e di lunga durata all’interno del brano, poiché le
medesime relazioni si possono osservare anche negli episodi imitativi e nella
seconda parte del madrigale.
335
luca bruno
L’episodio, a tre voci (S, A, T), è segmentato dal precedente per via della ripe-
tizione testuale.
Ancora una volta è il testo a guidarci nell’interpretazione analitica dei passi omo-
ritmici. In questo episodio si aggiunge il Soprano, mancante nel precedente, e si
sostituisce il Tenore al Basso: l’elevazione improvvisa e simultanea del registro che
ne consegue è metafora del «Levars’insieme» testuale. Un’ulteriore metafora è data
dalle tre voci che cantano contemporaneamente la parola «Levars[i]» sul ‘levare’ di
b. 41, cioè in quella zona ritmica di elevazione della mano secondo il tactus alla semi-
breve in cui è notata tutta la seconda parte del madrigale.
Il Tenore si ‘eleva’ al ruolo armonico del Basso, trasportando letteralmen-
te di quarta ascendente il motivo va’’ di quest’ultima voce (si vedano le battu-
te B: 39-41 e T: 41-42); la trasposizione avviene lungo le due note fisse comuni
ai tre tetracordi congiunti hypátōn, mésōn e synemménōn, cioè Mi2 e La2: è que-
115 Si ricordi che la seconda parte del madrigale può disporre di due note in più rispetto alla
prima, il Sib e il Re , grazie alla loro appartenenza al tetracordo synemménōn: cfr. l’indirizzo «A’
2 3
lettori desiderosi d’imparare» che Lorenzo Righetti, curatore della stampa del Melone e discepolo
di Annibale Meloni, pone in calce alle parti staccate nelle pp. 39-42 del trattato. Teoricamente,
però, il Re del sistema cromatico è distinto dal Re diatonico, in quanto la nétē synemménōn cro-
3 3
matica (nella specie cromatica di Didimo, in cui è dichiaratamente scritto il madrigale) e la para-
nétē diezeugménōn diatonica (della specie sintona dello stesso Didimo o di Tolomeo) sono separa-
te da un «comma moderno», ossia dalla proporzione 81:80.
336
il cantar novo di ercole bottrigari
116 La segmentazione potrebbe essere ulteriormente confermata dalla curiosa alternanza di ‘e’
minuscola ed ‘E’ maiuscola tra le voci esterne e quelle interne all’inizio dell’episodio.
117 Si noti invece che la successione Don-Do# è possibile sia in senso ascendente sia in senso
discendente. Quando le triadi costruite sul Fa 2 del Basso procedono verso l’accordo del Mi 2,
337
luca bruno
viid B: (46)47-49 Motivo simile alla precedente parte libera nella stessa voce; v. anno-
tazioni a viia: la nota Do2 non è obbligata né ad ascendere né a
discendere, come invece capita al Fa
nonostante questo risulti sempre incompleto, le analogie tradizionali fra il x modo zarliniano e
le spinte tonali del futuro modo minore diventano ancora più plausibili; come più volte sottoli-
neato, potrebbe però trattarsi di una moderna distorsione prospettica. Per l’interazione tra
prospettive ‘futuristiche’, descrizioni puramente etic dei dati raccolti e interpretazioni emic,
seguendo i testimoni teorici coevi, nell’analisi delle procedure armoniche cinque-seicentesche,
cfr. Bruno, Theory and Analysis of Harmony cit.
118 Cfr. Bruno, Ercole Bottrigari cit., pp. 107-113.
338
il cantar novo di ercole bottrigari
Conclusioni
339
luca bruno
Bottrigari aveva incluso nella copia manoscritta del Melone, secondo quanto si
evince dalla nota al madrigale di Lorenzo Righetti – presenta una netta distinzio-
ne dal resto del brano, rafforzata dal cambio di configurazione delle voci, da
omoritmia a imitazione, sul medesimo verso e dalla sua frantumazione in un
emistichio utilizzato con funzione di coda.
L’analisi rende palese l’attenzione di Bottrigari alla retorica e alla metrica del
testo poetico, confermando ancora una volta che il suo esperimento cromatico
non è volto a rivoluzionare la composizione del Cinquecento. Si tratta piuttosto
di un esperimento strutturalmente archeologico e non formalmente futuristico,
e ciò in piena sintonia con la sua vocazione di storico della musica; in tal senso
parla chiaro anche il suo attaccamento alle specie melodiche del x modo, che non
sono mai confuse con quelle di altri modi, tantomeno con quelle del suo corri-
spondente autentico, il ix, al di là del sistema scalare utilizzato. La ‘modalità poli-
fonica’ d’impianto zarliniano è quindi un sottofondo costruttivo importante che
àncora Bottrigari alla propria contemporaneità, nonostante ogni tentativo di
svincolarsi da essa per migliorarla nel sogno della restaurazione degli antichi
effetti della musica greca sull’animo umano.
L’attenzione di Bottrigari per la tradizione, nell’assetto generale del pezzo,
non può non farci pensare ad altri esperimenti cromatici di metà-fine secolo ben
più innovativi dal punto di vista formale: mi riferisco fugacemente qui, a propo-
sito del seguire o meno i nessi sintattici nell’enjambement, a O sonno (1557) di
Cipriano. Questi non si lascia scappare l’opportunità di declamare il testo secon-
do i numerosi ‘scavalcamenti’ del verso escogitati da Monsignor Della Casa,
mentre Bottrigari appare più ‘abbottonato’.
Per quanto riguarda invece il cromatismo come risorsa espressiva è doveroso
il riferimento a Gesualdo da Venosa, compositore in stretti contatti con il mede-
simo ambiente ferrarese in cui Bottrigari ci proietta nel Desiderio e grande esti-
matore di Luzzasco Luzzaschi, musicista assuefatto agli esperimenti archeologici
di Vicentino e virtuoso esecutore delle proprie musiche cromatiche ed enarmo-
niche.119 Il cromatismo di Gesualdo, però, è spesso un cromatismo integrale, che
si affida all’ambiguità coloristica per sorprendere l’ascoltatore e muoverne le
passioni, esasperate dalla concettosità del verso. Nulla di tutto ciò in Bottrigari,
che preferisce la calma olimpica del verso petrarchesco, rispettandone l’assetto
340
il cantar novo di ercole bottrigari
retorico e formale; salvo poi esprimerne l’inquietudine poetica nel dettaglio delle
soluzioni polifoniche, sempre e comunque rispettose dell’altrettanto olimpica
perfezione del sistema immutabile (ametábolon) greco.
La sfida di Ercole Bottrigari è chiara: chi vuole far rinascere le meraviglie dell’an-
tica pratica greca deve basarsi sulla vera teoria antica, studiarne le fonti con attenzio-
ne, alla ricerca dell’essenza della musica, sintesi di passione e raziocinio, logica e
poesia. Non è possibile affermare di basarsi sull’autorità degli antichi, senza dimo-
strare nella pratica di conoscerne a fondo le teorie. Esemplare in tal senso è la censu-
ra che egli opera su Il cantar novo di Francesco Orso da Celano (1567),120 contro il
quale mette in guardia Meloni, proprio alla fine del trattato, dal considerarne la fon-
datezza teorica e apprezzarne quindi la perizia pratica. Il bolognese rileva, in pieno
spirito umanistico, che non bisogna sottomettere la verità all’autorità di quei com-
positori – anche particolarmente valenti, ad esempio Cipriano, Lasso, Marenzio,
Wert, Luzzaschi – i quali sostengono di comporre nel genere cromatico, senza real-
mente attenersi alla successione del sistema tetracordale antico.121
Il cromatismo di Bottrigari, infine, oltre che archeologicamente orientato,
potrebbe definirsi in fondo ‘esotico’, poiché la ricerca di nuove sonorità all’interno
341
luca bruno
di un linguaggio saldo, come può essere quello della polifonia classica rinascimen-
tale, non ha un effetto destabilizzante sul metodo compositivo e sui procedimenti
formali. Da questo punto di vista, il paragone che Ugo Sesini fa tra il teorico bolo-
gnese e Claude Debussy potrebbe essere molto stimolante, anche se ci condurrebbe
troppo lontano.122 Ci basterà forse riflettere sul fatto che il tentativo di Bottrigari di
riportare in vita la musica antica, rinnovandola con contributi della pratica a lui
contemporanea, può considerarsi riuscito. L’analisi del madrigale ci ha dimostrato
che, pur nelle ristrettezze compositive, il connubio tra antico e moderno non era
una sterile chimera, bensì una realtà estremamente feconda.
Appendici I e II
342
il cantar novo di ercole bottrigari
Appendice i
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343
luca bruno
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344
il cantar novo di ercole bottrigari
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345
luca bruno
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346
il cantar novo di ercole bottrigari
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347
luca bruno
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348
il cantar novo di ercole bottrigari
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349
luca bruno
Appendice ii
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350
il cantar novo di ercole bottrigari
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351
luca bruno
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352
il cantar novo di ercole bottrigari
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353
luca bruno
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354
il cantar novo di ercole bottrigari
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356
Finito di stampare da Print Company, gennaio 2015