Sei sulla pagina 1di 91

. . . . . .

studi musicali . studi musicali

studi musicali nuova serie 05 2014 n. 02


. . .
Accademia Nazionale di Santa Cecilia www.santacecilia.it

. . .
.
nuova serie anno 05 2014 numero 02 nuova serie anno 05 2014 numero 02
Accademia Nazionale di Santa Cecilia Fondazione

.
. .
.

ISSN 0391-7789
ISBN 978-88-95341-82-8

EURO 50 9 788895 341828


Studi musicali. Nuova serie
Rivista semestrale di studi musicologici

Direttore
Agostino Ziino

Redazione
Teresa M. Gialdroni
Studi musicali
Nuova serie, v, 2014, n. 2
Questo volume è stato pubblicato grazie al contributo del Ministero dei beni e delle attività culturali
e del turismo

Art Director
Silvana Amato

Impaginazione
Raffaella Barbetti

Composizione tipografica in Cycles di Summer Stone

«Studi musicali» pubblica articoli riguardanti tutti i campi della ricerca musicologica in italia-
no, inglese, francese, tedesco e spagnolo. Gli articoli proposti per una eventuale pubblicazione
possono essere inviati in copia cartacea al seguente indirizzo: Agostino Ziino, Via Giovanni
Antonelli, 21, 00197 Roma, e, in allegato a una e-mail, all’indirizzo studimusicali@santacecilia.it.
La pubblicazione è subordinata al parere di due studiosi specializzati cui l’articolo sarà sot-
toposto in forma anonima. Una volta accettato, l’articolo dovrà essere redatto secondo le
norme editoriali della rivista disponibili in italiano e in inglese al seguente indirizzo:
http://studimusicali.santacecilia.it.

Per gli annunci pubblicitari rivolgersi all’indirizzo editoria@santacecilia.it

Nessuna parte di questo periodico può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o
con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta
dei proprietari dei diritti e dell’editore
issn 0391-7789
isbn 978-88-95341-82-8

© 2014 Accademia Nazionale di Santa Cecilia – Fondazione, Roma


Tutti i diritti riservati
www.santacecilia.it
studimusicali.santacecilia.it
studimusicali@santacecilia.it

Soci Fondatori dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia


Istituzionali: Stato Italiano, Roma capitale, Provincia di Roma, Camera di Commercio di
Roma, Regione Lazio
Privati: enel, bnl Gruppo bnp-Paribas, Assicurazioni Generali, Astaldi, Cassa depositi e pre-
stiti, Autostrade per l’Italia, Ferrovie dello Stato Italiane, Gruppo Poste Italiane, Finmeccanica
Sponsor istituzionali: Lottomatica, Telecom Italia
Media Sponsor: La Repubblica
Sommario

241 Elena Abramov-van Rijk


Mysterious Amphion: A Trecento musician, his admirers and his critics

273 Luca Bruno


Il cantar novo di Ercole Bottrigari, ovvero dell’antica musica cromatica ridotta
alla moderna pratica polifonica tra Cinque e Seicento

357 Ilaria Grippaudo


Nuove acquisizioni sull’attività dei polifonisti siciliani
nelle chiese palermitane (XVI-XVII Secolo)

405 Antonio Dell’Olio


Geografia e storia dell’oratorio musicale in Puglia nel XVII e XVIII secolo:
tra celebrazione e «spiritual ricreatione»

441 Francesca Menchelli Buttini


Metastasio’s and Hasse’s Issipile compared

479 Friedrich Lippmann


Wilhelm Müllers Buch Rom, Römer und Römerinnen (1820)
als musikhistorisches Zeugnis

489 Andrea Malvano


Il problema della sensualità in Jeux di Claude Debussy
Il cantar novo di Ercole Bottrigari, ovvero dell’antica musica cromatica ridotta
alla moderna pratica polifonica tra Cinque e Seicento
Luca Bruno

Introduzione

Ercole Bottrigari (1531-1612) rappresenta una preziosa eccezione nella storia della
musica occidentale: lungi dall’essere un semplice teorico, egli si dedica alla spe-
culazione sulla musica come conseguenza di un’intensa passione per la cultura
classica, e in particolare per le molteplici relazioni che essa instaura con la sua
epoca. Considerarlo propriamente un litterato può dunque fornirci la chiave
interpretativa per comprendere il valore dei suoi studi teorici in rapporto alla
pratica della composizione tra Cinque e Seicento.
Il pensiero musicale classico rappresenta la vera ispirazione per l’intera opera
di Bottrigari, una luce guida nei meandri della musica antica e della moderna, il
filo d’Arianna per seguirlo lungo il labirinto della speculazione sui generi armo-
nici, i modi e le pratiche musicali tanto del passato quanto soprattutto del pre-
sente a lui contemporaneo. La ricerca tutta rinascimentale per una corrispon-
denza tra gli estremi cronologici del pensiero occidentale – una corrispondenza
che scavalca con facilità le differenze culturali e storiografiche tra vicino e lonta-
no, classico e contemporaneo, vecchio e nuovo – è condizione essenziale del suo
agire. Tanto nella produzione teorica quanto nella pratica, Bottrigari supera le
indubbie difficoltà che sorgono dall’applicare categorie concettuali apparente-
mente simili (il genere cromatico) a scopi diversi (la polifonia cinquecentesca),

273
luca bruno

inseguendo il sogno di una vera restaurazione degli splendidi effetti che in epo-
che antiche la musica imprimeva nell’animo umano.
Gli interessi per le humanæ litteræ e per quelle scienze teoriche che rappresenta-
no le più alte attività dell’uomo si manifestano in un’opera eclettica, che include trat-
tati e scritti vari sulla musica, la poesia, il teatro, l’architettura, l’astronomia, la geo-
grafia, la geometria, la storia, la filosofia, la letteratura e le lingue classiche, dal greco
al latino, all’ebraico. Tuttavia, è nella teoria della musica che il valore reale dell’eru-
dizione di Bottrigari si rivela a pieno, marcando la differenza con altri illustri teorici
come Nicola Vicentino o Vincenzo Galilei, ai quali barriere linguistiche negavano
l’accesso alle fonti dirette.
Nel pensiero musicale di Bottrigari, l’Umanesimo appare nella sua vera essenza:
la fedeltà al documento scritto, testimone della conoscenza antica e moderna, si rile-
va inconfutabilmente non solo dal lavoro indefesso di traduzione e citazione dei
classici della teoria (Platone, Aristotele, Aristosseno, Tolomeo, Euclide, lo Pseudo-
Euclide o Cleonide, lo Pseudo-Plutarco, Cassiodoro, Boezio e molti altri) ma anche
dai tentativi di costruire una storia della notazione musicale, riportata nella Terza
giornata del Trimerone de’ fondamenti armonici (1599).
L’indagine su Bottrigari umanista ci porta direttamente a un altro aspetto della
sua complessa figura: il teorico di riferimento per i compositori della seconda pratti-
ca. In questo saggio cercherò di collocarlo nella giusta posizione all’interno della
celebre seppur a volte storiograficamente abusata contesa tra Giovanni Maria Artu-
si e Claudio Monteverdi. Artusi accende la disputa, rinfocolandola alternativamente
tra il 1600 e il 1608 sia nei confronti del compositore sia di Bottrigari. La diatriba
pone i seguenti interrogativi fondamentali alla storia delle teorie: cosa rende un
brano conforme alla vera pratica? E soprattutto qual è l’autorità da seguire in termi-
ni di regole compositive? Mentre Artusi consiglia vivamente ai compositori di atte-
nersi alle regole espresse nel sistema teorico di Gioseffo Zarlino, Bottrigari arriva a
soluzioni più avanzate, nonostante giustifichi queste innovazioni attraverso autore-
voli teorici greci e latini. Così facendo, si guadagna la lode di Monteverdi per la capa-
cità di strutturare un chiaro sistema teorico da fonti eterogenee, impresa che Mon-
teverdi stesso vorrebbe intraprendere con un trattato di composizione fondato sui
dettami estetici della seconda prattica, a lungo promesso ma mai portato a termine.1
1 Il ruolo centrale di Bottrigari nella disputa tra Artusi e Monteverdi, e pertanto nella distinzio-
ne di ordine storiografico tra prima e seconda prattica, è stato piuttosto sottovalutato se non com-
pletamente trascurato dagli storici della musica.

274
il cantar novo di ercole bottrigari

A fine Cinquecento emerge in Italia un nuovo atteggiamento nei confronti del


rapporto tra teoria e prassi musicale, proprio attraverso i ripetuti tentativi di sin-
tetizzare l’antico col moderno e la chiara articolazione del concetto di stile musi-
cale come conformità della pratica della composizione a un apparato teorico-
estetico dato. Sicuramente Bottrigari gioca un ruolo chiave nel testimoniare le
novità della pratica musicale a lui contemporanea, particolarmente con il dialo-
go Il Desiderio (Venezia, Amadino, 1594); il resto della sua produzione, però, è
ancor più inestimabile perché evidenzia un nuovo modo di fare teoria, orientato
storicamente, e una costruzione moderna, più scientifica, del discorso sulla
musica. L’integrale delle sue opere illumina le più diverse sfaccettature di questo
nuovo approccio poliedrico e pone le basi per la creazione di discipline sei-sette-
centesche quali la critica musicale e la storia della musica stessa.
Per prima cosa tracceremo un profilo biografico esaustivo su Bottrigari, valutando
complessivamente la sua produzione, per poi affrontare l’analisi dell’unica sua com-
posizione pervenutaci, Il cantar novo, un madrigale a quattro voci in due parti pubbli-
cato alla fine del trattato Il Melone (Ferrara, Baldini, 1602) come esemplificazione pra-
tica della discussione sul genere cromatico. L’accurato confronto tra la teoria musicale
antica e la moderna pratica cromatica, enfatizzato dal collocare il brano alla fine di un
trattato volto all’esame dell’annoso problema cinquecentesco circa la vera natura dei
generi armonici, introduce in maniera efficace la storia delle teorie del nuovo secolo,
nonostante il madrigale fu probabilmente composto intorno agli anni Cinquanta o
Sessanta del Cinquecento e Il Melone scritto nel 1591. La preziosa occasione di porre in
raffronto diretto teoria e pratica in un autore così attento alle necessità di entrambe ci
permette di approfondire il rapporto tra storia delle teorie e analisi della musica tra
Cinque e Seicento, evidenziando un nuovo atteggiamento nei confronti della trasposi-
zione alla moderna pratica di idee sul cromatismo ben più antiche, ma altrettanto
feconde per il futuro della musica occidentale.

Il Cavalier Ercole Bottrigari

Ercole Bottrigari nasce a Bologna presumibilmente qualche giorno prima del 24


agosto 1531, data del suo battesimo.2 Figlio naturale del Cavaliere e Conte Palati-

2 Bologna, Archivio battesimale della cattedrale, Libro dei battezzati 1529-1532, c. 106v, docu-
mento indicato anche nella bibliografia di Oscar Mischiati-Alfredo Cioni, Bottrigari,

275
luca bruno

no Giambattista Bottrigari e di Cornelia (alias Caterina) de’ Chiari di Brescia, è


riconosciuto dal padre, insieme al fratello minore Giovan Galeazzo, il 16 agosto
1538, mediante l’autorità del vicario generale Galeazzo Riario.3 Il 7 marzo del 1542
è scelto dal Senato bolognese per far parte di un gruppo di dodici nobili fanciulli,
destinati a rendere omaggio al cardinale Gaspare Contarini, legato pontificio di
Bologna. Contarini, accolto in città il 25 marzo con un’orazione latina recitata da
Ercole, rimane stupito dalla memoria prodigiosa e dalla «somma prontezza […]
ardita humiltà, e gratiosa maniera» del giovinetto4 e decide di proclamarlo
«Cavaliere della Sacrata Corte et Militia Lateranense», un titolo che Bottrigari
porterà con orgoglio fino alla fine dei suoi giorni.5

Ercole, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 13, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana,
1971, pp. 491-495.
3 Enrico Bottrigari, Notizie biografiche intorno agli studi ed alla vita del Cavaliere Ercole Bottri-
gari, Bologna, Sassi-Amoretti, 1842, p. 23, nota 1. «L’aver questi [Giambattista] avuto due mogli,
l’una de’ Guastavillani, l’altra de’ Castelli, fece dire al Fantuzzi “Resta dubbio chi fosse sua
madre”: ma il dubbio era male basato»; cfr. Gaetano Gaspari, Dei musicisti bolognesi al xvi sec.
e delle loro opere a stampa. Ragguagli biografici e bibliografici, «Atti e memorie della Real Deputazio-
ne di Storia Patria per le provincie di Romagna», ii/2, 1876, pp. 3-84 e «Atti e memorie della Real
Deputazione di Storia Patria per le provincie dell’Emilia», Seconda serie, i, 1877, pp. 125-205,
ristampato in Musica e musicisti a Bologna. Ricerche, documenti e memorie riguardanti la storia dell’ar-
te musicale in Bologna, Bologna, Forni, 1969 (“Bibliotheca musica Bononiensis”, 3/1), pp. 269-447:
269 (da cui cito). Cfr. inoltre Giovanni Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, vol. 2, Bologna,
nella stamperia di S. Tommaso d’Aquino, 1782, pp. 320-329, citazione bibliografica ripresa da
Mischiati-Cioni, Bottrigari, Ercole cit., p. 495 e da Elita Maule-Ilde Illuminati, Tra cappel-
le, accademie, ridotti nel Rinascimento e le opere di Alessandro e Lodovico Spontoni, Bologna, amis,
1994, p. 22, nota 63.
4 Gaspari, Dei musicisti bolognesi cit., p. 271.
5 La cerimonia d’investitura si svolse il 9 aprile 1542, giorno della Santa Pasqua, nella cattedrale
di S. Pietro, al cospetto di una gran folla composta da persone di alto rango e dal «populo» di Bolo-
gna. Lo svolgimento dei fatti, compresi quelli antecedenti all’investitura, è ampiamente descritto
per mano dello stesso Bottrigari nella Vera narratione delle cerimonie fatte dallo Illustriss. et Reveren-
diss. S.re Card. Gasparo Contarino Legato di Bologna nel creare Caval.e della Sacrata Corte et Militia
Lateranense Hercole Bottrigaro, Lo Anno 1542. à 9. dì di Aprile, contenuta nel manoscritto autografo
I-Bc (Museo internazionale e Biblioteca della musica di Bologna), B.44, pp. 1-16. Quest’opera,
insieme a notizie sparse contenute in altri suoi scritti, è la fonte principale per conoscere il tipo di
studi cui attendeva Bottrigari già in tenera età.

276
il cantar novo di ercole bottrigari

Il percorso di studi del giovane Ercole è ampio e ben ponderato, comprendendo:

• le «belle lettere latine e greche», nonché grammatica e retorica, insegnate da


Francesco Lucchino da Trento, precettore di casa Bottrigari;6
• la poesia, in cui darà vari saggi sia come autore sia in sede teorica;7
• la prospettiva, l’architettura e il disegno, appresi da Giacomo Ranuzzi, famo-
so architetto e costruttore;8
• le scienze matematiche approfondite con Nicolò Simo, professore di astrono-
mia presso lo studio universitario di Bologna;9
• infine la musica, dapprima solo canto ed esecuzione strumentale, poi anche
contrappunto e composizione con Bartolomeo Spontoni (1530-1592).10

6 Si tratta chiaramente di discipline che saranno decisive per la produzione teorico-musicale di


Bottrigari e che gli forniranno un saldo apparato linguistico per argomentare le proprie idee, ma
soprattutto per confutare con logica evidenza quelle di altri teorici. Amico di Lucchino e spesso
ospite in casa Bottrigari fu anche «Giannantonio Fachinetto», allora studente di legge a Bologna e
nominato successivamente papa per i soli ultimi due mesi del 1591, con il nome di Innocenzo ix:
cfr. ivi, p. 8; inoltre Gaspari, Dei musicisti bolognesi cit., pp. 271-272.
7 Curatore del Libro quarto delle Rime di diversi eccellentissimi autori nella lingua volgare. Novamente
raccolte, Bologna, Anselmo Giaccarelli, 1551, Bottrigari fu successivamente reputato l’inventore
del verso enneasillabo: cfr. Ciro Spontoni, Il Bottrigaro, Verona, Girolamo Discepolo, 1589 e
Questa Opra merta il buon Lettore, componimento poetico in versi enneasillabi sciolti di Melchior-
re Zoppio, dedicato al «buon Lettore» e pubblicato nelle pagine precedenti l’intestazione de Il
Melone, Discorso armonico del M. Ill. Sig. Cavaliere Hercole Bottrigaro, Ferrara, Vittorio Baldini, 1602
(ristampa anastatica insieme al Melone secondo a c. di Giuseppe Vecchi, Bologna, Forni, 1969; Il
Melone è un trattato redatto già nel 1591). Per la collocazione delle rime di Bottrigari, v. Mischia-
ti-Cioni, Bottrigari, Ercole, p. 493 e Luca Bruno, Ercole Bottrigari (1531-1612) «chromatista» teori-
co e pratico, tesi di laurea, Università della Calabria, A.A. 1999-2000, pp. 171-180.
8 Si veda la testimonianza in Ercole Bottrigari, La Mascara, overo della fabrica de’ teatri e
dello apparato delle scene tragicosatiricomiche, 1596, manoscritto autografo I-Bc, B.45, riportata in
Gaspari, Dei musicisti bolognesi cit., p. 274.
9 Ancora una testimonianza da La Mascara, riportata in Gaspari, Dei musicisti bolognesi cit.,
p. 278 (e Mischiati-Cioni, Bottrigari, Ercole cit., p. 492).
10 La notizia è ripresa dalla Giornata terza (p. 131) del Trimerone de’ fondamenti armonici, overo, lo
essercitio musicale: dialoghi dello Ill. Sig. Cavaliere Hercole Bottrigaro; ne’ quai si ragiona de’ Tuoni anti-
chi, e moderni, e de’ Caratteri diversi usati da’ Musici in tutti i tempi, 1599, manoscritto autografo I-Bc,
B.44; il passo è inoltre riportato da Gaspari, Dei musicisti bolognesi cit., pp. 275-77 (v. inoltre, per gli
studi di esecuzione musicale di Bottrigari, il passo della Vera narratione riportato in ivi, p. 272). Su
Bartolomeo Spontoni, padre del già nominato Ciro, compositore, musico palatino e maestro di

277
luca bruno

In questo curriculum sembrerebbero mancare gli studi di legge e di medicina,


che, secondo l’opinione di Gaspari, non furono mai praticati da Bottrigari, consi-
derando quanto è scritto in un passo del Trimerone, in cui si escludono libri di que-
ste due discipline dal far parte della sua, per altre materie, vastissima biblioteca.11
Alla vocazione bibliofila di Bottrigari, che resterà una parte essenziale della sua
personalità per tutta la vita, si connette un altro interesse giovanile: la tipografia.
Notevole è che la stamperia da lui approntata in casa del padre, nel Mercato di Mezzo
tra via Roma e via Venezia (ora via Rizzoli, di fronte al Palazzo di Re Enzo), fu ideata
da un quattordicenne. Infatti, la prima stampa che ne uscì fu quella della Tragedia –
senza titolo e rappresentata per la prima volta a Lucca nel 1542 – di messer Giuseppe
Baroncini, giovane autore lucchese morto prematuramente, che porta la data del 20
giugno 1546, presente nella dedica al padre Giambattista. Il colophon di questa stam-
pa12 reca l’iscrizione «IN BOLOGNA DIL PIACER MIO MDXLVI», in cui il nome del

cappella a Verona si vedano Gaspari, Dei musicisti bolognesi cit., pp. 186-206; Maule-Illumina-
ti, Tra cappelle, accademie, ridotti cit., pp. 7-15 e Mischiati-Cioni, Bottrigari, Ercole cit., p. 492;
inoltre Osvaldo Gambassi, Il Concerto Palatino della Signoria di Bologna. Cinque secoli di vita musi-
cale a corte (1250-1597), Firenze, Olschki, 1989, pp. 157 e 177; Lucia Marzini, Il primo libro di madri-
gali di Bartolomeo Spontone a quattro voci (1558), tesi di laurea, Università di Bologna, A.A. 1996. Per
l’ambiente musicale a Bologna intorno a Spontoni e Bottrigari, cfr. Elvidio Surian-Graziano
Ballerini, Bologna, in The New Grove Dictionary of Music and Musicians, Second Edition, ed. by
Stanley Sadie and John Tyrrell, vol. 3, London, Macmillan, 2001, pp. 831-840; Rossana Dalmon-
te, Camillo Cortellini madrigalista bolognese, Firenze, Olschki, 1980, pp. 5-62; Franco Piperno,
Gli «Eccellentissimi musici della città di Bologna», Firenze, Olschki, 1984. Spontoni dedicò a Bottrigari
il Primo libro di madrigali a quatro voci (Venezia, Girolamo Scotto, 1558) e il Libro terzo de madrigali a
cinque voci (Venezia, Angelo Gardano, 1583), quest’ultimo indirizzatogli dal figlio Ciro: v.
Mischiati-Cioni, p. 492 e Maule-Illuminati, p. 13.
11 Cfr. Gaspari, Dei musicisti bolognesi, p. 274. Bottrigari però si riferisce alla medicina greca anti-
ca come risorta nella sua epoca nel Melone cit., p. 32; a p. 5 si fa inoltre cenno a Ippocrate. Cfr.
anche Enrico Bottrigari, Notizie biografiche cit., p. 8: «Cresciuto in età non si tenne contento
il nostro Ercole di tali studi, ma rivolse la mente in prima alle Leggi che apprese da Francesco Luc-
chino da Trento, uno de’ cinque Auditori della Ruota»; e a p. 23, nota 3: «Dal sopraccitato mano-
scritto [la Vera narrazione] rilevasi che Lucchino da Trento gli fu maestro nello studio delle leggi, e
che dallo stesso furono composti alcuni leggiadri versi latini che Ercole recitò al Card. Contarini
con molta vivacità nell’occasione della ripetuta cerimonia».
12 Presente sia all’Archiginnasio di Bologna (I-Bca), sia alla Biblioteca Centrale della Facoltà di
Lettere e Filosofia di Torino, notizia ottenuta dalla ricerca effettuata sul sito web
http://edit16.iccu.sbn.it (accesso al sito del 24 febbraio 2013): cfr. invece Albano Sorbelli,
Un grande musicista e scienziato del sec. XVI tipografo, «Gutemberg Jahrbuch», XIII, 1937, pp. 168-

278
il cantar novo di ercole bottrigari

tipografo è velatamente nascosto dietro questo motto, peraltro facilmente compren-


sibile alla luce della lettera di dedica, nella quale Bottrigari spiega al padre (e al lettore)
il motivo per cui ha intrapreso quest’avventura tipografica, utile e dilettevole per lui e
per la sua cerchia di amici, in modo da non spendere il tempo libero nell’ozio e dedi-
carsi ad attività nobilitanti per l’animo e l’intelletto. La Tragedia fu ristampata esatta-
mente un anno dopo, il 20 giugno del 1547; ciò diede adito all’errore del conte Giaco-
mo Manzoni (1816-1889), che reputò questa la prima stampa preparata da Ercole.13
Curiosa è poi l’impresa tipografica di Bottrigari, che mostra un amorino con l’ar-
co spezzato e una torcia ai piedi: è evidente l’allusione alla troppa ambizione del gio-
vane tipografo, ammessa con retorica modestia, nel lanciarsi in un’impresa forse
oltre le proprie possibilità e che certamente gli costò notevole fatica, oltre al diletto,
tant’è che dovette abbandonarla per seguire con maggior impegno gli studi.14

173: 170, che riporta, per questo «libretto introvabile», la sola indicazione dell’Archiginnasio,
di cui egli fu bibliotecario.
13 Cfr. Giacomo Manzoni, Della sconosciuta tipografia bolognese aperta nel 1547 nelle case del Cav.
e Conte Palatino Giambattista Bottrigari a istanza del Cav. Ercole figlio di lui e delle rarissime e preziose
stampe che ne uscirono, «Atti e memorie della Real Deputazione di Storia Patria per le province di
Romagna», Terza serie, i, 1883, pp. 121-139: 122-26 e 128; invece Sorbelli, Un grande musicista e
scienziato cit., p. 170. Sulla figura di Manzoni, importante bibliofilo e bibliografo del xix secolo, si
veda il saggio di Fernanda Canepa, Giacomo Manzoni, opinioni di un bibliofilo risorgimentale sulle
biblioteche del Regno d’Italia, 2000, consultabile al sito web www.aib.it/aib/congr/c46/s13e.htm3
(accesso del 24 febbraio 2013).
14 Alfredo Cioni, in Mischiati-Cioni, Bottrigari, Ercole cit., pp. 494-5, relativamente all’e-
sperienza tipografica di Bottrigari, dichiara: «sono tutti libretti di piccola mole, ma piacevoli
e graziosi, che G. Manzoni (il quale ne conobbe solo cinque [dei sette citati da Cioni]) qualifi-
cò – con entusiasmo invero eccessivo – come “i più cari ed amabili volumetti del mondo” [cfr.
Manzoni, Della sconosciuta tipografia bolognese cit., p. 121]». L’entusiasmo di Manzoni fu
sicuramente dettato da una considerazione simpatetica degli scritti del giovane Bottrigari, i
quali, confrontati con la prosa seria ed erudita delle opere teoriche posteriori – prosa dallo
stile a volte irrimediabilmente pesante – danno un più interessante spaccato della personalità
in via di sviluppo del teorico. Un elenco delle opere stampate da Bottrigari tra il 1546 e il 1548 è
allegato nell’Appendice a Bruno, Ercole Bottrigari cit., pp. 179-180, in cui si riporta anche un’o-
pera in latino che non figura in nessuno degli studi dedicati all’indagine della tipografia Bot-
trigari: l’Epithalamion di Giulio Cesare Brancaccio, pubblicato nel 1548, indicazione bibliogra-
fica reperibile al sito web http://edit16.iccu.sbn.it (accesso del 24 febbraio 2013). Oltre agli
studi già citati con le relative bibliografie, sulla tipografia in casa Bottrigari si vedano i brevi
passi di Sorbelli, Storia della stampa in Bologna, Bologna, Zanichelli, 1929, pp. 103-105: 124;
Id., Le marche tipografiche bolognesi nel sec. XVI, Milano, s.d., p. 36 e Fernanda Ascarelli, La

279
luca bruno

Descritti brevemente gli interessi di Bottrigari, conviene ora concludere questi


cenni biografici sulla sua giovinezza, dicendo che fece parte del Senato di Bologna
nel maggio e nel giugno del 1551 e che, sul finire dello stesso anno, prese in moglie
Lucrezia Usberti, sua compagna fino alla morte di lei, avvenuta nel 1591.15

Gli anni della maturità, tra scienze matematiche e composizione musicale

Il periodo che va dalla metà degli anni Cinquanta all’inizio degli anni Ottanta vede
Bottrigari impegnarsi in ricerche umanistiche, negli studi matematici e, non ulti-
ma, nella composizione musicale. Particolarmente è alle discipline del quadrivium
che egli si dedica con più tenacia, riuscendo anche a pubblicare tre lavori:

tipografia cinquecentina italiana, Firenze, Sansoni Antiquariato, 1953, p. 45, studi che riportano
l’immagine dell’impresa di Bottrigari, comunque visionabile ricercando al sito web citato.
Sorbelli si è occupato di Bottrigari anche in Inventari dei manoscritti delle Biblioteche d’Italia.
Opera fondata dal Prof. Giuseppe Mazzatinti, vol. 17, Firenze, Olschki, 2a edizione 1968 (da cui
cito), pp. 91-93 (1a edizione 1910), in cui è redatto un elenco del contenuto delle tre buste con
segnatura Mss. Ital. 345 (olim 326) della Biblioteca Universitaria di Bologna (I-Bu), nelle quali
sono conservati scritti vari, inclusi trattati di teoria musicale greca tradotti e commentati da
Bottrigari e gli autografi dei suoi principali saggi teorici.
15 Nel 1569 Lucrezia fu istituita erede universale dal proprio padre, consentendo così al marito
una vita agiata; unico erede del patrimonio della moglie fu poi Ercole Bottrigari, il quale non
dovette mai affrontare disagi economici lungo tutta la vecchiaia: cfr. Gaspari, Dei musicisti bolo-
gnesi, p. 278. Alla morte di Ercole il patrimonio di famiglia passò, senza testamento, nelle mani del
figlio Giovan Battista: v. Giambattista Martini, Miscellanea manoscritta, ms. I-Bc, H.60 e
Donatella Restani, Martini studioso di musica greca, in Padre Martini. Musica e cultura nel Sette-
cento europeo, a c. di Angelo Pompilio, Firenze, Olschki, 1987, pp. 27-54: 31 nota 19. La questione
dell’eredità ricevuta dalla moglie sarà causa di alcune discordie giudiziarie con i parenti acquisiti
di lei, che spingeranno Bottrigari, probabilmente in torto, a cercare rifugio con la famiglia a Ferra-
ra; cfr. Gaspari, Dei musicisti bolognesi, pp. 279-286. La lettura di Oscar Mischiati, Il catalogo
originale dei codici manoscritti di Padre Martini, «Studi musicali», xxviii, pp. 117-217, da integrarsi
con la tabella di raffronto tra la numerazione originale martiniana e la segnatura attuale dei codici
in possesso del Museo internazionale e Biblioteca della musica di Bologna (I-Bc), leggibile all’in-
dirizzo http://www.bibliotecamusica.it/cmbm/tools/cod_martini.pdf (accesso del 23 gennaio
2014), chiarisce aspetti altrimenti oscuri legati alla trasmissione e ricezione delle opere teoriche
di Bottrigari durante il Seicento e Settecento e al riordino dei materiali ad opera di Gaetano
Gaspari nell’Ottocento e Ugo Sesini nel Novecento.

280
il cantar novo di ercole bottrigari

• Claudio Tolomeo, Trattato della descrittione della sfera celeste in piano di


Cl. Tolomeo alessandrino dal sig. Hercole Bottrigaro tradotto in parlare italiano,
Bologna, Alessandro Benacci, 1572;16
• Tyberiadis, D. Bartoli de Saxoferrato, iurisconsultorum omnium facile principis,
Tractatus de Fluminibus tripertitus; ab Hercule Buttrigario [...] nunc demum resti-
tutus in lucem prodit. Adsunt etiam additiones D. Thomæ Diplovatatij I.V.D.,
Bononiæ, apud Iohannem Roscium, 1576;
• Dello specchio che accende il fuoco ad una data distanza, trattato di Orontio Fineo
[…] tradotto in lingua italiana da Hercole Bottrigaro, in Opere di Orontio Fineo del
Delfinato […] tradotte da Cosimo Bartoli [...] et gli Specchi, tradotti dal cavalier
Ercole Bottrigaro, Venezia, Francesco de’ Franceschi Senese, 1581.
Manoscritte restano invece le opere seguenti:
• Summario de la guerra di Gotti in Italia: primo originale, del quale ne è stata facta
un’altra copia in melgliore [sic] forma, da me estratta di Procopio ritrovandomi ne
la villa di S. Alberto questo anno 1553, I-Bu, Mss. Ital. 345 (326), Busta I, n. 2;
• Mathematicæ operationes omnes quæ in […] Ptolomei […] Almagesti […] continen-
tur […] demonstrata, I-Bc, ms. B.46, 1560;17
• Giornali osservationi delle mutationi aeree [susseguitesi in Bologna dal 1564 al
1577 inclusi], I-Bu, Mss. Ital. 345 (326), Busta ii.

Un passo del Trimerone, invece, ci riporta a considerare gli studi musicali di Bot-
trigari con Bartolomeo Spontoni:18 per voce di Annibale, un interlocutore del
dialogo del quale tratteremo più avanti, veniamo a sapere di tre madrigali a cin-
que voci su sonetti di Petrarca, composti da Bottrigari, insieme ad altre composi-
zioni a quattro, cinque e sei voci, intorno al 1556.19
Ecco i titoli delle composizioni: Come il candido piè per la Herba fresca, Pien
d’un vago pensier che mi disvia, Poco era d’appressarsi à gli occhi miei, qui riporta-

16 Di questa traduzione, al confine tra filologia e astronomia, esiste una ristampa anastatica
(Bologna, Forni, 1990).
17 Cfr. Mischiati-Cioni, Bottrigari, Ercole cit., p. 495.
18 Si tratta del brano citato sopra alla nota 10.
19 Cfr. anche Ugo Sesini, L’Umanesimo musicale e Ercole Bottrigari, in Momenti di teoria musicale
tra Medioevo e Rinascimento, a c. di Giuseppe Vecchi, Bologna, Tamari, 1966, pp. 41-76: 62 e 75, note
46 e 47 (già pubblicato in «Convivium», xiii/1, 1941, pp. 1-25).

281
luca bruno

ti secondo la trascrizione del Trimerone fatta da Gaspari.20 A proposito di Come


il candido piè, Bottrigari ci riferisce che fu ‘plagiato’ da Filippo de Monte, nel
suo madrigale a tre voci Amor, che sol de i cor leggiadri ha cura, su un testo pro-
babilmente fatto da lui comporre a imitazione del primo verso («Amor che
solo i cor leggiadri invesca») della seconda quartina del sonetto clxv di
Petrarca, e pubblicato nel suo Primo Libro de’ madrigali a tre voci (Venezia, Gar-
dano, 1582).21 Bottrigari dichiara, a metà tra l’accusa di plagio e il compiaci-
mento di esserne stato considerato degno da un grande compositore, che de
Monte ha riutilizzato «un passo fugato con risposte replicate dalle Parti nel
verso, Amor che solo i cor leggiadri invesca», in una sua «fuga sotto le simili paro-
le, Amore ogni virtù semplice e pura».
Anche a questo periodo potrebbe ascriversi l’unico madrigale di Bottrigari di
cui ci rimanga la musica: Il cantar novo e’l pianger degl’Augelli, pubblicato nel
Melone alle pp. 39-46, a illustrazione della teoria ivi esposta sulla composizione
nel puro genere cromatico.22 La datazione del brano resta però dubbia a causa di
alcuni procedimenti compositivi avanzati per quel periodo, specie nel trattamen-
to della dissonanza, ma soprattutto perché le parole del Melone (p. 47), sebbene
non esplicite, lasciano supporre una rivalità con l’omonimo madrigale di France-
sco Orso da Celano, pubblicato a Venezia da Claudio Merulo solo nel 1567.23

20 Sono i sonetti clxv, clxix e li dai Rerum vulgarium fragmenta di Petrarca (tutti «in vita di
Madonna Laura»): cfr. Francesco Petrarca, Canzoniere, a c. di Gianfranco Contini, con anno-
tazioni di Daniele Ponchiroli, Torino, Einaudi, 1964, pp. 70, 221 e 225.
21 Cfr. Sesini, L’Umanesimo musicale cit., p. 75 nota 46; probabilmente è un errore in
Mischiati-Cioni, Bottrigari, Ercole cit., p. 493 il fatto che essi riportino il titolo del madrigale
di de Monte, citando invece il secondo verso del sonetto di Petrarca intonato da Bottrigari: «nel
madrigale Amor, che sol i cor leggiadri invesca». La medesima svista è poi ripetuta nella voce
Oscar Mischiati, Bottrigari, Ercole, in Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei
Musicisti, a c. di Alberto Basso, Le Biografie, vol. 1, Torino, UTET, 1985, pp. 636-637. È probabil-
mente questa, inoltre, la fonte per gli errori contenuti nelle voci Carol McClintock, Bottri-
gari [Bottrigaro], Ercole, in The New Grove’s Dictionary of Music and Musician, ed. by Stanley
Sadie, vol. 3, London, Macmillan, 1980, pp. 93-94 e Iain Fenlon, Bottrigari, Ercole, in Grove
Music Online, ed. by Deane Root (accesso del 24 febbraio 2013).
22 È il sonetto ccxix: per una trattazione più ampia, un’analisi e la trascrizione in partitura di
questo madrigale in due parti, v. oltre.
23 Cfr. più oltre la nota 84.

282
il cantar novo di ercole bottrigari

A sostegno della tesi che assegna la composizione de Il cantar novo alla fine
degli anni Cinquanta del Cinquecento, però, si può far notare che composizioni
che ambivano a essere pure cromatiche erano già state pubblicate da Nicola
Vicentino ne L’antica musica ridotta alla moderna prattica (Roma, Antonio Barre,
1551), con alcuni procedimenti che saranno ripresi nella composizione di Bottri-
gari, sebbene questi confuterà poi nel Melone parecchie idee di Vicentino. Possia-
mo soffermarci in particolare a considerare l’uso della quinta diminuita tra il
Basso e il Tenore alle battute 28-29, il cui impiego è giustificato da un passo del
Melone (pp. 23-24), che condona l’uso del medesimo intervallo nella composizio-
ne a cinque voci Hierusalem convertere, posta da Vicentino nel cap. 55 del Terzo
libro della Pratica Musicale:24 la giustificazione è basata sul fatto che l’intervallo è
fra note appartenenti al sistema scalare cromatico, e quindi non impiega note
estranee a questo genere. Solo che il passo di Vicentino in realtà non ha la quinta
diminuita Si-Fa, bensì una quinta giusta Si bemolle-Fa: potrebbe pertanto essere
che Bottrigari avesse visto il passo di Vicentino, magari anche corrotto, e, stimola-
to, vi avesse riflettuto sopra, impiegando poi un procedimento compositivo a
livello intuitivo, senza dover subito chiarire in forma scritta e dettagliata la sua
teoria della composizione cromatica, di molto diversa da quella di Vicentino. Una
datazione alta (intorno alla fine degli anni Cinquanta) sia del brano sia della spe-
culazione sul genere cromatico del nostro teorico giustificherebbe anche alcuni
procedimenti non proprio ortodossi rispetto alle regole codificate da Gioseffo
Zarlino ne Le istitutioni harmoniche, pubblicate a Venezia, presso l’autore, nel 1558
e di cui Bottrigari si dimostra comunque a conoscenza e spesso anche seguace,
quantomeno nell’uso di un’identità modale definita lungo tutto il madrigale.25

24 Per una trascrizione di questa «Lamentatione», cfr. Edward E. Lowinsky, Tonality and Ato-
nality in Sixteenth-Century Music, Berkeley, The Regents of the University of California, 1961 (trad.
it. in Id., Musica del Rinascimento. Tre saggi, a c. di Massimo Privitera, Lucca, LIM, 1997, pp. 3-115:
67-69). Il passo in cui Vicentino esalta i meravigliosi effetti espressivi del tritono melodico, si
trova in L’antica musica ridotta alla moderna prattica, libro i, cap. 35 «Dichiaratione del salto del
Tritono naturale, incomposto & composto: & de suoi gradi & di sua natura, con l’essempio».
25 Anche la scelta del modo, il x (La eolio plagale), sembra adattarsi bene sia all’atmosfera seria
del testo petrarchesco, sia alla gravità dell’esperimento cromatico, proprio secondo la descrizione
che ne fa Zarlino nella Quarta parte delle Istitutioni harmoniche, dedicata alla teoria dei modi (e
anche dei loro éthē), ripresa in buona parte dal Dodekachordon di Glareano (Basilea, Henricus
Petri, 1547). Si veda però più avanti la discussione circa la critica di alcune regole di Zarlino, consi-
derate da Bottrigari «superstitiose», ossia non fondate propriamente né su principi teorici auto-

283
luca bruno

E, in effetti, non è detto che il madrigale di Francesco Orso non fosse stato
scritto prima del 1567 e circolasse manoscritto nell’ambiente bolognese, o
comunque potrebbe darsi che Bottrigari, dopo aver scritto il suo Il cantar novo,
sapesse dell’esperimento pratico (e teorico) di Orso e decidesse quindi di cen-
surarlo nel Melone (1591). Quello che qui ci interessa è notare come sia più
plausibile l’ipotesi di uno studio contemporaneo di pratica e teoria musicale,
la prima con Bartolomeo Spontoni, quest’ultima basata sui classici greci, sem-
brando alquanto improbabile che Bottrigari non considerasse la «musica theo-
rica» tra i suoi interessi giovanili, avendo tutti gli strumenti linguistici e con-
cettuali per affrontarla.26

L’esilio a Ferrara (1576-1587)

I tredici anni che vanno dal 1574 al 1587 impegnano Bottrigari in una causa giudi-
ziaria che lo costringe all’esilio presso Ferrara, città in quel periodo non ancora
soggetta allo Stato Pontificio, ma governata dal Duca Alfonso ii d’Este, illustre
mecenate delle arti, prime fra tutte la musica e la poesia, insieme alla moglie
Margherita Gonzaga. Alla sua corte trovano dunque protezione i più grandi
poeti, letterati e musicisti del tempo, da Torquato Tasso a Francesco Patrizi, da
Ericio Puteano a Cesare Odoni, a Melchiorre e Girolamo Zoppio, Ciro e Alessan-
dro Spontoni, e inoltre i più famosi Luzzasco Luzzaschi, Giaches de Wert, Luca
Marenzio; e addirittura, come sposo di Eleonora d’Este, nipote del Duca, nel
1594 arriverà anche Carlo Gesualdo, principe di Venosa.27

revoli né sull’evidenza della pratica musicale; inoltre, come sia potenzialmente fuorviante utiliz-
zare categorie analitiche pensate propriamente per la monodia diatonica, come il modo, in conte-
sti polifonici puri cromatici.
26 Secondo Gaspari, Dei musicisti bolognesi cit., p. 278, Bottrigari si avvicinò alle scienze mate-
matiche proprio per accedere alle speculazioni dei grandi teorici musicali greci, quali Aristosseno
e Tolomeo.
27 Sull’ambiente ferrarese intorno a Bottrigari, oltre alle indicazioni presenti in molti suoi scritti
(particolarmente Il Desiderio overo, de’ Concerti di varij Strumenti Musicali, Dialogo, di Alemanno
Benelli; nel quale anco si ragiona della participatione di essi Stromenti, & di molte altre cose pertinenti
alla Musica, Venezia, Ricciardo Amadino, 1594; ristampa anastatica a c. di Giuseppe Vecchi, Bolo-
gna, Forni, 1969), si vedano gli studi già citati di Gaspari, Sesini, e Mischiati-Cioni; inoltre Lewis
Lockwood-Murray Steib, Ferrara, in The New Grove Dictionary of Music and Musicians, Second

284
il cantar novo di ercole bottrigari

Bottrigari fu quindi a Ferrara dalla seconda metà del 1576 al 1587. Poiché le
cause che lo costrinsero all’esilio – violenti alterchi con alcuni parenti acquisiti
da parte della moglie – sono ben note fin dall’inizio dell’Ottocento e riportate
negli importanti studi biografici di Ottavio Mazzoni-Toselli, Enrico Bottrigari e
Gaetano Gaspari, non ci dilungheremo nell’esposizione dei fatti accaduti in
merito, in quanto, sebbene da essi traspaia un aspetto del carattere del teorico
particolarmente orgoglioso e forse un po’ testardo, in piena sintonia con il suo
status sociale di nobile; quel che più è interessante evidenziare qui, è che la scel-
ta di Ferrara come rifugio fu una scelta veramente fortunata, anche se non di
certo fortuita.28 L’ambiente ferrarese, infatti, fornisce a Bottrigari l’occasione
di entrare in contatto con personaggi celebri della cultura italiana del tempo,
consentendogli di aprire quegli orizzonti che egli aveva già intravisto nel lungo
periodo di studi bolognese. Il suo interesse principale, coltivato ancor più dopo
il rientro a Bologna, sarà la musica teorica, particolarmente rivolta all’indagine
degli errori dei moderni rivelati alla luce delle fonti trattatistiche e musicografi-
che dell’antichità, da Aristosseno a Boezio e oltre.
Grande, però, è anche l’interesse per altre questioni umanistiche, in particolar
modo per la teoria della poesia: l’esilio ferrarese pone Bottrigari in contatto con
personalità illustri in questo campo, come Francesco Patrizi, umanista schierato

Edition, ed. by Stanley Sadie and John Tyrrell, vol. 8, London, Macmillan, 2001, pp. 706-711; Elio
Durante-Anna Martellotti, Cronistoria del Concerto delle Dame Principalissime di Margherita
Gonzaga d’Este, Firenze, SPES, 1989; Anthony Newcomb, The Madrigal at Ferrara 1579-1597,
Princeton, Princeton University Press, 1980. Su Marenzio si vedano sia Hans Engel, Luca
Marenzio, Firenze, Olschki, 1956, sia Marco Bizzarini, Marenzio. La carriera di un musicista tra
Rinascimento e Controriforma, Coccaglio, Promozione Franciacorta, 1998 (entrambi riportano
anche notizie su Bottrigari). Le seconde nozze di Gesualdo (1594), con varie musiche e una favola
boscareccia di Ercole Pasquini, I fidi amanti, sono descritte nella Mascara di Bottrigari: cfr. Lewis
Lockwood-Murray Steib, Ferrara cit., p. 709; inoltre Nino Pirrotta, Carlo Gesualdo, principe e
musicista, in Poesia e musica e altri saggi, Firenze, La Nuova Italia, 1994, pp. 153-170; Id., Gesualdo, Carlo,
in Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti, a c. di Alberto Basso, Le Biografie,
vol. 3, Torino, UTET, 1986, pp. 174-178.
28 Si vedano Ottavio Mazzoni-Toselli, Torquato Tasso scolaro in Bologna e cenni su la vita
del cav. Ercole Buttrigari, «Almanacco statistico bolognese», s.n., 1838, pp. 73-133; Id., Cenni sto-
rici intorno la vita del Cavaliere Ercole Buttrigari, in Racconti storici, estratti dall’Archivio Crimina-
le di Bologna ad illustrazione della Storia Patria, Bologna, pei tipi di Antonio Chierici, 1866-70,
pp. 436-464; Bottrigari, Notizie biografiche cit., pp. 16-18, 20-21; Gaspari, Dei musicisti bolo-
gnesi, pp. 279-286.

285
luca bruno

su posizioni neoplatoniche e autore dell’opera Della Poetica, un trattato progetta-


to in dieci volumi, dei quali solo due vengono pubblicati – La Deca istoriale e La
Deca disputata, entrambi a Ferrara, per Vittorio Baldini, nel 1586 – mentre altri
cinque rimangono inediti fino al 1969.29 Bottrigari, per sue stesse parole,30 s’in-
tratteneva in maniera continuata con «il Patricio» e da questi apprendeva diverse
notizie circa l’antica connessione tra musica e poesia greca, condividendo spesso
– anche se come vedremo non sempre – le idee espresse nella Deca istoriale.31
La stampa della seconda Deca ci offre lo spunto per evidenziare i rapporti di
Bottrigari con un’altra personalità illustre: Torquato Tasso. Il titolo recita Della
Poetica di Francesco Patrici La deca disputata, nella quale e per istoria, e per ragioni,
e per autorità de’ grandi antichi si mostra la falsità delle più credute vere opinioni,
che di poesia a’ dì nostri vanno intorno. Et vi è aggiunto il Trimerone del medesimo in
risposta alle opposizioni fatte dal Sig. Torquato Tasso al Parer suo, scritto in difesa
dell’Ariosto. Si notino i termini ‘Trimerone’ e ‘Parere’, che ricorreranno in scrit-
ti teorico-musicali di Bottrigari.
Il quadro inizia a delinearsi con chiarezza se solo consideriamo il fatto che la
pubblicazione dell’opera auto-apologetica più importante di Torquato Tasso in
merito al dibattito sulla Gerusalemme, ossia il dialogo Delle differenze poetiche, fu
indirizzata proprio a Bottrigari dal curatore della stampa, Ciro Spontoni, sicuro
dell’opinione ‘progressista’ del teorico in merito all’arte poetica e, come vedre-
mo, anche intorno alla musica.32
I rapporti tra Bottrigari e Tasso sono inoltre testimoniati da tre sonetti, due a
lui dedicati e uno indirizzatogli dal grande poeta sorrentino,33 ma celebrativo

29 Cfr. Francesco Patrizi Da Cherso, Della Poetica, ed. critica a c. di Danilo Aguzzi Barbagli,
3 voll., Firenze, Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento, 1969.
30 Cfr. Ercole Bottrigari, Aletelogìa di Leonardo Gallucio, à’ benigni, e sinceri lettori. Lettera
apologetica D. M. I. S. C. H. B. [Del Molto Illustre Signor Cavaliere Hercole Bottrigaro], 1604, mano-
scritto autografo I-Bc, B.43, p. 227: «habitando egli [Bottrigari] allhora in Ferrara e per dieci e più
anni giornalmente conversando [con Patrizi]»; v. anche Giuseppe Vecchi, Premessa a Bottri-
gari, Il Patricio, overo de’ tetracordi armonici di Aristosseno, parere et vera dimostratione, Bologna,
Vittorio Benacci, 1593 (ristampa anastatica a c. di Vecchi, Bologna, Forni, 1969).
31 Cfr. Bottrigari, Il Patricio cit., e Il Melone cit., pp. 9-13; inoltre Bruno, Ercole Bottrigari cit.,
pp. 77-83.
32 Cfr. Torquato Tasso, Delle differenze poetiche, Verona, Girolamo Discepolo, 1587 e l’edizione
moderna in Id., Dialoghi, a c. di Ezio Raimondi, Firenze, Accademici della Crusca-Sansoni, 1958.
33 Mischiati-Cioni, Bottrigari, Ercole cit., p. 492.

286
il cantar novo di ercole bottrigari

essenzialmente della magnanimità del Duca Alfonso ii, oltre che dell’ingegno
dei suoi cortigiani. Ecco il testo dei due sonetti per Bottrigari:34

Signor, che nato sei fra nobili arti


e chiari ingegni appresso il nostro Reno,
deh! Chi ti scaccia dal materno seno
da cui diviso il tuo pensier non parti?
Ma pur sí come in queste e ’n quelle parti
splende egualmente il sol puro e sereno,
cosí virtù fuor del natio terreno
si pregia, e può temuto e caro farti.
Né fabbricar giammai sì lucide armi
Sterope suol co’ suoi fratelli ignudi
come quelle onde l’alma orni e circonde;
e di lor cinto ne’ tuoi dolci studi
t’acqueti, ed ora leggi i dotti carmi,
or misuri la terra, il cielo e l’onde.

Ercole, tu che puoi gli oltraggi e i torti


sostener di fortuna e ’l grave esiglio,
se non con lieto, con sicuro ciglio,
ed agguagliar tutti i più saggi e forti,
fra le imagini antiche e i tuoi consorti
e fidi libri schivi ogni periglio,
e non ha l’oceano o ’l mar vermiglio
sì queti seni o sì tranquilli porti;
né gemme così elette alcun mai tragge
o da’ cerulei o da’ sanguigni campi,
tal ch’arricchisci omai d’un bel tesoro.
Ma io pur erro in tempestose piagge,
né veggio ancora ove ricovri e scampi,
e co’ miei voti il ciel placo ed adoro.

Se il primo componimento ci offre il ritratto di un Bottrigari pensoso e immobile


come la statua di un eroe mitologico, cinto della sua armatura di studi eruditi per
proteggersi dalla continua nostalgia di patria, il secondo sonetto ci dà l’occasione
per osservarlo muoversi all’interno della vita ferrarese, studiando le immagini
d’arte e collezionando libri, più preziosi delle gemme per il suo animo irrequieto.

34 Tasso, Rime, a c. di Bruno Basile, Roma, Salerno, 1994, nn. 889 e 890.

287
luca bruno

Strano è che Tasso non riporti l’immagine di Bottrigari intento all’ascolto di


quei famosi concerti di cui egli ci darà compiuta testimonianza nel Desiderio (pp.
42-50): il Concerto del Duca, la ‘musica secreta’ delle dame della Duchessa Mar-
gherita e il Concerto delle Monache di S. Vito, una delle prime testimonianze di
orchestra tutta al femminile, compresa la «Maestra» munita di «una lunga, et
sottile, et ben polita verghetta» per la direzione delle cantanti e delle strumenti-
ste. Interessante è poi notare come Tasso si specchi in Bottrigari per deplorare
anche il proprio stato di esiliato, un paragone che ci fa notare la profonda affinità
che doveva essersi instaurata fra i due, a prescindere dalle convenzioni della poe-
sia celebrativa del tempo.

Gli anni dell’elaborazione teorica e la disputa con Artusi (1587-1604)

Una volta ritornato a Bologna e forte dell’esperienza ferrarese, Bottrigari può


finalmente dedicarsi alla produzione teorica in campo musicale. Fonte di appro-
fondimento e stimolo creativo sono le continue richieste in merito di un altro
personaggio chiave nella vita del cavaliere, Annibale Meloni (1553-1598), Decano
dei musici della Signoria di Bologna e vecchio conoscente di Bottrigari, al quale si
legherà fino all’ultimo con una salda amicizia, dovuta soprattutto alla continua
frequentazione dei due per soddisfare la sete di conoscenza delle «cose teoricali
della musica» da parte del musico pratico.35 L’attenzione di Bottrigari per il
mondo musicale intorno a sé, quindi, non è dovuta soltanto alla volontà di cor-
reggere gli errori dei moderni con le ragioni della teoria musicale antica, ma
anche a circostanze esterne, prime fra tutte, come si è già detto, le insistenti
richieste di spiegazioni da parte di Meloni, che lo costringono a volgere gli occhi
al di là dell’antica musica per entrare nel flusso della moderna pratica.
Motivo di fastidiosa distrazione dagli studi eruditi è però lo scontro con una
personalità di spicco nel panorama teorico tra Cinque e Seicento, Giovanni
Maria Artusi (1545ca.-1613), Canonico regolare del S. Salvatore in Bologna e
aspro censore degli errori dei compositori della seconda prattica, primo fra tutti,
naturalmente, Claudio Monteverdi.

35 Cfr. Bottrigari, A’ Benigni, e Cortesi Lettori, in Il Desiderio, Seconda edizione, Bologna, Giam-
battista Bellagamba, 1599 (ristampa anastatica a c. di Kathi M. Meyer, Berlin, Martin Breslauer,

288
il cantar novo di ercole bottrigari

Non è sicuramente un caso che Monteverdi, a firma del fratello Giulio Cesare,
accomuni Zarlino e Bottrigari come studiosi in grado di elaborare teorie compiute,
mentre proponga per se stesso di scrivere semplicemente un trattato di composizio-
ne secondo l’estetica della seconda prattica.36 L’effetto della violenta disputa con
Artusi, il quale, tra il 1600 e il 1608, afflisse alternativamente ora Bottrigari ora Mon-
teverdi con accuse d’incompetenza o di plagio, denigrandoli senza peraltro mai
esplicitamente nominarli, è il seguente: Monteverdi di fatto esclude Artusi, il più
fedele discepolo di Zarlino, dall’arena teorico-musicale, designando quest’ultimo
come punto di riferimento per la prima prattica e investendo indirettamente Bottri-
gari della carica di teorico legittimo per la seconda.37 E in effetti, come vedremo, le

1924). L’indirizzo è riportato per intero nelle ultime pagine (non numerate) di Giuseppe Vec-
chi, Premessa a Bottrigari, Il Desiderio, Venezia, Amadino, 1594 (ristampa anastatica a c. di
Vecchi, Bologna, Forni, 1969); si ricordi che quest’ultima è l’edizione apparsa sotto il nome del
personaggio principale, Alemanno Benelli, anagramma di «Anniballe Melone»; inoltre un’altra
trascrizione dell’indirizzo ai lettori alla seconda edizione si trova in Gaspari, Dei musicisti bolo-
gnesi cit., pp. 293-296.
36 Cfr. Giulio Cesare Monteverdi, Dichiaratione di una Lettera, che si ritrova stampata nel
Quinto libro de suoi Madregali, apposta a Claudio Monteverdi, Scherzi musicali a tre voci, Vene-
zia, Ricciardo Amadino, 1607; cfr. anche Monteverdi, Lettere, dediche e prefazioni, a c. di Dome-
nico de’ Paoli, Roma, De Sanctis, 1963, pp. 393-407; cfr. inoltre Vecchi, Premessa a Bottrigari,
Il Melone e il Melone secondo cit.
37 Per la disputa Artusi-Bottrigari si vedano Gaspari, Dei musicisti bolognesi cit., pp. 287-333;
Karol Berger, Theories of Chromatic and Enharmonic Music in Late 16th Century Italy, Ann Arbor,
UMI Research Press, 1980, pp. 83-95 e Maria Rika Maniates, The Cavalier Ercole Bottrigari and
His Brickbats: Prolegomena to the Defense of Don Nicola Vicentino against Messer Gandolfo Sigonio, in
Music Theory and the Exploration of the Past, ed. by Christopher Hatch and David W. Bernstein,
Chicago-London, University of Chicago Press, 1993, pp. 137-188. Tra la sconfinata bibliografia
dedicata alla disputa Artusi-Monteverdi e alla seconda prattica, con alcuni riferimenti a Bottrigari,
torna utile Claude V. Palisca, The Artusi-Monteverdi Controversy, in The Monteverdi Companion,
ed. by Denis Arnold and Nigel Fortune, New York, W. W. Norton and Company, 1968, pp. 133-166;
Giuseppe Vecchi, La polemica Artusi-Monteverdi. Bottrigari e Banchieri, in Le accademie musicali
del primo Seicento e Monteverdi a Bologna, Bologna, AMIS, 1969, pp. 15-44; Massimo Privitera,
“Piagn’e sospira”. Forme della seconda pratica nel Quarto libro di Monteverdi, «Il Saggiatore musica-
le», vi, 1999, pp. 36-62; Gabriele Bonomo, “Melodia, overo seconda pratica musicale”: Monteverdi
e la prospettiva di una nuova “Institutione”. Uno studio preliminare, in Musicam in subtilitate scrutan-
do. Contributi alla storia della teoria musicale, a c. di Daniele Sabaino-Maria Teresa Rosa Barezzani e
Rodobaldo Tibaldi, Lucca, LIM, 1994, pp. 243-309; Paolo Fabbri, Monteverdi, Torino, edt, 1985;
Nino Pirrotta, Scelte poetiche di Monteverdi, in Scelte poetiche di musicisti, Venezia, Marsilio,
1987, pp. 81-146.

289
luca bruno

teorie della composizione pura cromatica espresse nel Melone ed esemplificate


nel madrigale Il cantar novo, a volte proprio direttamente contro i precetti
«superstitiosi» descritti da Zarlino per il contrappunto (v. p. 28 del trattato),
facevano di Bottrigari il teorico ideale al quale ispirarsi per un rinnovamento
della prassi compositiva di fine Rinascimento, senza contare che il modello arti-
stico designato nel Melone Secondo per condotta delle parti e artificiosità dell’in-
venzione melodica era per Bottrigari proprio quel Cipriano de Rore considerato
il ‘padre’ della seconda prattica dallo stesso Monteverdi.38
Non vi è trattato musicale di Bottrigari che non sia stato toccato dalla disputa
con Artusi e ciò soprattutto a causa di Annibale Meloni. Alla sua morte, infatti,
Artusi si procura tutte le carte che trattano di teoria musicale in mano alla vedo-
va. Poiché Meloni era solito copiare gli scritti teorici e le traduzioni che Bottriga-
ri approntava per lui, in modo da poterli studiare con comodo, Artusi trova così
disponibili i lavori del nostro cavaliere per la propria produzione teorica.39
Si proceda con ordine. Nell’indirizzo ai lettori premesso alla seconda edizio-
ne del Desiderio (1599),40 Bottrigari dichiara di aver tradotto per Meloni molti dei
trattati greci e latini allora disponibili:

[…] e si come anco à contemplatione dello stesso Melone sono stati dal medesimo Sig.
Bottrigaro tradutti in parlare italiano non solamente gli Armonici e di Aristosseno e di
Tolomeo (quelli ispurgando dalle migliaia di errori che si leggono in una traduttione
latina del Gogavino, e con alcune brevi annotationi dilucidandone molte oscurità), ma
la Isagoge, overo Introduttione, con la Regola armonica di Euclide, e con facili e brevi

38 Stefano La Via, Cipriano de Rore as Reader and as Read: A Literary-Musical Study of Madrigals
from Rore’s Later Collections (1557-1566), Ann Arbor, UMI Research Press, 1991; Id., Il lamento di
Venere abbandonata. Tiziano e Cipriano de Rore, Lucca, LIM, 1994. La fonte di Monteverdi per una
simile attribuzione a Cipriano dell’estetica della seconda prattica potrebbe essere il Trattato del-
l’Arte del Contrapunto di Vincenzo Galilei, Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale (I-Fn), mss. Gali-
leiani 1, cc. 55r-147v: cfr. Berger, Theories of Chromatic and Enharmonic Music cit., pp. 75-76 e
Claude V. Palisca, Vincenzo Galilei’s Counterpoint Treatise: A Code for the Seconda Pratica, «Jour-
nal of the American Musicological Society», ix, 1956, pp. 81-96.
39 È opinione di Gaspari che il lavoro di copiatura di Meloni sia la causa per cui vi sono doppie
copie dei trattati di Bottrigari, conservati oggi sia al Museo internazionale e Biblioteca della musi-
ca (I-Bc) sia alla Biblioteca Universitaria (I-Bu) di Bologna: cfr. Dei musicisti bolognesi cit., p. 315.
Naturalmente il ragionamento è valido solo per le opere precedenti il 1598, anno della morte di
Meloni, nonostante si conservino doppie copie anche di scritti successivi.
40 V. sopra alla nota 35.

290
il cantar novo di ercole bottrigari

Demostrationi dichiarata; oltra di questi la xix Divisione de’ Problemi di Aristotele; il


Sinopsis, ò diciam, Compendio musicale di Psello; la Musica di Plutarco, quella di Gau-
dentio e quella di Alipio; autori tutti che scrissero in lingua greca, della quale il Melone
non conosceva pur il Jota: e di quei che ne hanno trattato latinamente (per non havere
il Melone in quello idioma alcuna minima sicurezza) sono stati medesimamente tra-
dutti gli scritti di Martiano Capella, di Censorino, di Cassiodoro, di Beda, e non ha
molto, la Musica del Fogliano, e quella anco poi di Boethio.41

Secondo Claude V. Palisca e Maria Rika Maniates, l’unica traduzione integrale


giunta fino a noi di queste quindici opere elencate da Bottrigari è quella del De
Institutione musica di Boezio.42 Il dubbio che Bottrigari abbia tradotto, oppure no,
le altre nove opere in greco dall’originale sembra essere definitivamente fugato
dall’intenso e cosciente lavoro di correzione che egli intraprese sulla copia degli
«Armonici e di Aristosseno e di Tolomeo» tradotti in latino da Gogava, un lavoro
condotto certamente sull’originale greco.43 Abbiamo inoltre alcuni frammenti di
queste traduzioni sparsi nei trattati di Bottrigari, scritti tra il 1591 e il 1599; in più
Il Melone (1591) ci conferma l’abitudine del nostro autore di consultare, anche in
compagnia di Meloni, le biblioteche ecclesiastiche che conservavano i mano-
scritti in lingua originale dei teorici greci e latini.44

41 Per una discussione approfondita delle fonti usate nel Melone, che comprendono anche quasi
tutte le opere chiamate qui in causa da Bottrigari, nonostante non tutte le traduzioni fossero già
state approntate nel 1591, cfr. Bruno, Ercole Bottrigari cit., pp. 51-115.
42 I Cinque Libri di Musica di Anitio Manlio Severino Boetio dallo Ill. Signor Cavaliere Hercole Bottriga-
ro tradutti in parlare italiano, 1597, manoscritto autografo I-Bc, B.43. Su quest’opera vedi Mania-
tes, The Cavalier Ercole Bottrigari cit., pp. 149-151; Claude V. Palisca, Boethius in the Renaissance,
in Music Theory and Its Sources: Antiquity and the Middle Ages, ed. by André Barbera, Notre Dame
(Indiana), University of Notre Dame, 1990 (“Notre Dame Conferences in Medieval Studies”, 1),
pp. 259-280; Id., Two Sixteenth-Century Italian Translations of Boethius “De Institutione musica”, in
Atti del XIV congresso della Società Internazionale di Musicologia, Bologna, 1987: Trasmissione e recezione
delle forme di cultura musicale, vol. 2, Torino, edt, 1990, pp. 165-166; Marcella Ilari, Ercole Bot-
trigari traduttore del “De musica” di Boezio, in Studi in onore di Giulio Cattin, a c. di Francesco Luisi,
Roma, Torre d’Orfeo, 1990, pp. 179-191.
43 Su queste correzioni alla stampa Aristoxeni […] Harmonicorum elementorum libri iii […] Cl. Ptolo-
mæi Harmonicorum […] lib. iii. Aristoteli de objecto auditus fragmenta, ex Porphyrii Commentariis
omnia nunc primum latine conscripta et edita ab Ant. Gogavino Graviensi, Venezia, Vincenzo Valgri-
sio, 1562 (la copia emendata è il codice a stampa I-Bc, A.1), cfr. Restani, Martini studioso di musica
greca cit., p. 32, nota 19; Claude V. Palisca, Humanism in Italian Renaissance Musical Thought,
New Haven and London, Yale University Press, 1985, pp. 157-60.
44 Bottrigari, Il Melone cit., pp. 31-32 e Bruno, Ercole Bottrigari cit., pp. 103-105.

291
luca bruno

Il primo trattato mandato alle stampe nel 1593 è Il Patricio, composto da 47 pagi-
ne in 4°, il cui titolo riprende il nome proprio di Francesco Patrizi. Pregato da Anni-
bale Meloni, destinatario dell’opera in forma epistolare, di considerare un passo
della Poetica. La Deca istoriale di Patrizi, in cui l’autore esaminava la distribuzione
degli intervalli nei tetracordi armonici di Aristosseno,45 Bottrigari dapprima si
schermisce rispondendo che «ha molto tempo, che alle simili specolationi non ho
dato opera, non havendo io con chi poterne poi ne trattare, ne discorrere, ne parla-
re» e secondariamente «perche so, che’l Patricio è degno di essere havuto in molta
consideratione per essere huomo indefesso ne gli studij, et sì come di grandissima,
et varia dottrina pieno, così di vivo risentimento contra chi ardisce di opporre à’
suoi Scritti».46 Nel momento in cui prende in mano il libro «per voler pur far con-
fronto almeno del luogo» indicatogli da Meloni sul quale questi voleva avere la sua
opinione in merito, il nostro teorico vede tuttavia ‘per caso’ un altro luogo di que-
st’opera, in cui Patrizi concede a chi conosca meglio di lui la verità di farla pur sape-
re al mondo, senza preoccuparsi di polemiche ritorsioni.47
Inoltre il titolo di Parere (ossia ‘opinione’), come si è visto probabilmente ripreso
dallo stesso Patrizi, avrebbe dovuto mettere Bottrigari al riparo da qualsiasi attacco
polemico. Solo Artusi, dopo otto anni dalla pubblicazione dell’opera, «levossi a con-
futare da cima a fondo quell’opuscolo, imputando inoltre al Bottrigari d’essersi
spacciato autore di opere composte dal Meloni su musicali argomenti».48

45 Il Libro vii «Dell’armonia, compagna dell’antiche poesie», in particolare il paragrafo sui


«Generi» è il luogo corrispondente al «fol. 301» di cui parla Bottrigari ne Il Patricio, p. 4; cfr.
Patrizi, Della Poetica. La Deca istoriale cit., pp. 344-348.
46 Cfr. Il Patricio, p. 3; molto probabilmente la data di stesura de Il Melone Secondo, opera imme-
diatamente precedente al Patricio, non è posteriore al 1592: si veda più avanti.
47 «“E s’altri il riprenderà, per ciò co’l vero, ch’anzi ei gliene haverà obligazione, e si l’amerà, e
ammirerà, come amico di verità”»: la citazione è ripresa dal Patricio, p. 4, poiché nell’edizione criti-
ca di Patrizi a cura di Danilo Aguzzi Barbagli non compare la «Lettera dello Stampatore à’ Lettori»
di cui dà notizia Bottrigari. Il teorico dichiara poi per certo che Patrizi prese parte alle correzioni
della stampa della propria opera e quindi doveva essere d’accordo con la frase citata: la notizia è
attendibile, poiché nel 1586 entrambi si trovavano a Ferrara, luogo di pubblicazione della Poetica.
48 Cfr. Gaspari, Dei musicisti bolognesi cit., p. 289. Artusi promette di scrivere il proprio Parere in
difesa del Patricio nella lettera «Alli Cortesi Lettori», premessa all’edizione del Desiderio da lui
curata per gli Stampatori Archiepiscopali di Milano nel 1601, con il titolo Il Desiderio, overo de’
Concerti di varij Instrumenti. Dialogo di Annibale Meloni. Nel quale si ragiona della participatione di essi
stromenti & di molte cose pertinenti alla Musica; si noti l’attribuzione del dialogo a Meloni.

292
il cantar novo di ercole bottrigari

La confutazione delle idee di Bottrigari sarà poi definitivamente condotta


nella Seconda parte dell’Artusi, ouero delle imperfettioni della moderna musica
(Venezia, Giacomo Vincenti, 1603), dedicata, con schernente ipocrisia, «Al
Molto Illustre Signore Il Cavaliere Hercole Bottrigaro Patron osservandissimo»:
la seconda parte di quest’opera è costituita da quindici «Considerationi musica-
li» volte a evidenziare gli errori dei moderni, nella fattispecie «lo Auttor del Pare-
re», ossia Bottrigari, e un anonimo compositore già attaccato nel 1600 con l’Artu-
si overo delle imperfettioni della moderna musica. Ragionamenti dui, (sempre Vene-
zia, Giacomo Vincenti), naturalmente Claudio Monteverdi. La cronologia della
disputa Artusi-Bottrigari è piuttosto complicata e verrà risolta dalle notizie sugli
altri scritti del cavaliere: conviene pertanto esaminare brevemente il contenuto
del Patricio, per passare poi agli altri suoi trattati.
La principale confutazione delle idee di Patrizi è condotta sul fatto che egli
distribuisce i quattro suoni del tetracordo armonico su quattro corde (la cui
prima e ultima sono accordate a distanza di quarta giusta), suddividendo le
prime tre in 30 parti, secondo quanto dice Aristosseno circa la divisione della dia-
téssarōn (la quarta del tetracordo) per poter confrontare i vari intervalli tra le
corde nelle sei specie (o ‘sfumature’) armoniche.49 In sostanza, nel tetracordo
diatonico, Patrizi assegna alla corda A il suono prodotto da tutta la sua lunghez-
za, alla B il suono prodotto soltanto da 24 parti della corda (onde ottenere il semi-
tono superiore alla corda A sottraendole le 6 parti assegnate da Aristosseno al
semitono, perfettamente uguale alla metà del tono) e alla corda C la lunghezza di
sole 12 parti delle 30 complessive, in modo da avere un tono tra B e C e un altro
tono tra C e D, già accordata una quarta sopra rispetto alla corda A.
Queste lunghezze delle corde, però, non sono esatte, poiché danno come risulta-
to delle proporzioni che non contengono gli intervalli voluti. La causa di ciò è che la
distribuzione lineare di Aristosseno non è condotta sulla divisione delle corde, bensì
sulla partizione dell’intervallo fra esse, arrivando, già nel iv sec. a.C., a teorizzare
una delle più importanti conquiste della musicologia moderna, ossia il concetto
d’intervallo come distanza e non come rapporto o proporzione fra due lunghezze.
Bottrigari, però, non prende questa strada per correggere Patrizi, bensì mostra le

49 Per la terminologia greca e la distribuzione delle sfumature dei generi nel tetracordo armonico
di Aristosseno, cfr. Bruno, Ercole Bottrigari cit., 60-71, contenente un preciso commento ai luoghi
corrispondenti del Melone.

293
luca bruno

proporzioni ottenute dalle corde descritte dal filosofo e ne calcola gli intervalli con-
tenuti: per esempio tra la corda A, uguale a 30 parti, e la corda B, suonata in corri-
spondenza delle 24 parti, il suono risultante è il «Ditono incomposto enarmonico di
Didimo; et di Tolomeo» nella proporzione sesquiquarta (5:4) e non il «Semituono
diatono Aristossenico» (senza proporzione).50
La confutazione è quindi condotta sugli altri generi dei tetracordi di Aristos-
seno, calcolando i rapporti e gli intervalli della distribuzione fatta da Patrizi e
dando poi la propria versione della dimostrazione lineare, secondo la traduzione
e spiegazione di un passo della «Breve Istitutione musicale, et Elementi Armoni-
ci di Euclide», ossia la Eisagōgé oggi comunemente attribuita a Cleonide.51 Si
segnala inoltre che esiste un commento manoscritto e illustrato del trattato di
Bottrigari, stilato da un anonimo cinquecentista e di cui diede per primo com-
piuta notizia Remo Giazotto nel 1953.52
Le vicende intorno alla pubblicazione de Il Desiderio (1594) sono riportate nella
prefazione alla seconda edizione di quest’opera (1599) e possono così riassumersi:
sotto richiesta di Meloni e per compiacerlo, Bottrigari decide di tessere un elegante
dialogo che tratti estesamente dei «Concerti di varij Strumenti Musicali» e partico-
larmente della divisione degli strumenti riguardo al loro sistema di accordatura.
Sempre spinto da Meloni, nel 1594 (probabilmente l’anno della composizione) il
nostro cavaliere delibera di mandarlo alle stampe, per i tipi di Ricciardo Amadino di
Venezia, ma, non potendo far uscire il dialogo anonimo, vuole restare fuori dalla
diretta responsabilità dell’opera, dando il falso nome di Alemanno Benelli, in modo
da poter aspettare il giudizio del pubblico in merito a questa sua fatica.

50 Cfr. Il Patricio, p. 10.


51 Cfr. Il Patricio, pp. 36-47. Il passo di Cleonide è pubblicato in Carolus Janus (Karl von Jan),
Musici scriptores Græci, Leipzig, s.e., 1895, pp. 192-193 (ristampa anastatica Hildesheim, Olms,
1962), e poi, con traduzione italiana a fronte, in Luisa Zanoncelli, La manualistica musicale
greca, Milano, Guerini, 1990, pp. 90-93. La traduzione dello Pseudo-Euclide è quindi da ritenersi
antecedente al 1593, anzi, poiché nominata già nel Melone, dovrebbe essere stata approntata prima
del 1591, almeno come work in progress. Un ottimo testo per chiarire le opinioni dei due scrittori,
Patrizi e Bottrigari, e anche per capire i limiti dell’esposizione di quest’ultimo, è Pietro Righi-
ni, A difesa del Patricio (nel labirinto della musica greca), Padova, Zanibon, 1974.
52 Il commento anonimo è contenuto nel codice miscellaneo manoscritto I-Ma, I.129 Inf., cc.
292v-298r della Biblioteca Ambrosiana di Milano: cfr. Remo Giazotto, “Il Patricio” di Hercole
Bottrigari dimostrato praticamente da un anonimo cinquecentista, in Collectanea Historiae Musicae I,
Firenze, Olschki, 1953, pp. 97-112 (ristampato in Musurgia nova, Milano, Ricordi, 1959, pp. 12-27).

294
il cantar novo di ercole bottrigari

È facilmente osservabile che Alemanno Benelli è l’anagramma di «Anniballe


Melone» e che quindi Bottrigari decise di inserire come personaggio principale il
suo amico e discepolo, accompagnandolo da un certo Gratioso Desiderio (da cui
il titolo dell’opera), altro nome fittizio simboleggiante il desiderio di conoscenza
degli uomini e già introdotto da Gioseffo Zarlino nei suoi dialoghi delle Dimo-
strationi harmoniche (1589). Meloni, essendo sempre più desideroso di farsi cono-
scere per musico teorico, oltre che per pratico, supplica più volte Bottrigari di
sciogliere l’anagramma, ma, poiché il nostro opponeva costantemente un cate-
gorico rifiuto, decide di scoprirlo a poche persone della sua cerchia, senza peral-
tro mancare di informarne anche il cavaliere.53
Il desiderio di Meloni viene infine esaudito dopo la sua morte, con la pubbli-
cazione nel 1599 del Desiderio sotto il nome del vero autore e l’introduzione nel
dialogo di Annibale, il quale in effetti non aveva mai avuto intenzione di rubare
la paternità dell’opera a Bottrigari, quanto piuttosto di far sapere nel proprio
ambiente che era reputato degno da un tale teorico di partecipare ai suoi lavori.
In tal senso la smania di Meloni era dovuta anche all’esasperante volontà di Bot-
trigari di non pubblicare i due Meloni, trattati addirittura intestati con il suo
nome e che gli avrebbero fruttato una sicura celebrità.
La testimonianza che ci informa del fatto che Meloni avesse posseduto una
copia del dialogo manoscritto è data sempre nell’indirizzo ai lettori del 1599, in
cui si dice che egli copiò «il Dialogo dall’originale mano del Sig. Cavaliere» e che
«co’l mezo del libraro Pipino» lo spedì a Venezia, dove si smarrì, costringendolo
a produrne un’altra copia.54 Almeno una copia della stampa del Desiderio, se non

53 Da questo indirizzo ai lettori si apprende che, nei primi tempi della pubblicazione, l’anagram-
ma era compreso dal solo Fulvio Codibò. Nella Lettera di Federico Verdicelli à’ benigni, e sinceri letto-
ri in difesa del S.re Caval.e Hercole Bottrigaro, 1602, manoscritto autografo I-Bc, B.46 – una difesa
sotto pseudonimo di Bottrigari contro Artusi – si apprende invece che Meloni scoprì dapprima
l’anagramma al suo allievo Claudio Achillini e poi, alla morte di Andrea Rota (1597) maestro di
cappella in Bologna, lo fece intendere a molti altri, in modo da far sapere ad Alfonso Ganassi che
egli era in grado di assumere l’incarico rimasto vacante: cfr. Gaspari, Dei musicisti bolognesi cit.,
p. 291 e Maniates, The Cavalier Ercole Bottrigari cit., pp. 152-154.
54 Nella nuova edizione Bottrigari sostituisce le sette carte iniziali con altre nove contenenti,
oltre al citato indirizzo ai lettori, il nuovo frontespizio e la tavola delle cose notabili, anche una
dedicatoria di «un cotal Grazia Lodi Garisendi al cardinale Aldobrandino»: cfr. Gaspari, Dei
musicisti bolognesi cit., p. 292.

295
luca bruno

il manoscritto stesso mandato a Venezia, passa dalle mani della moglie di Meloni
in quelle di Artusi, come già si è detto, insieme alle altre carte del Decano, tre
giorni dopo la sua morte.
La pubblicazione de L’Artusi overo delle imperfettioni della moderna musica
(1600) segna il punto di partenza della polemica tra Bottrigari e il Canonico bolo-
gnese, incentrata essenzialmente su questioni di paternità delle idee contenute
nei rispettivi trattati. Bottrigari infatti, appena sfogliata l’opera di Artusi in una
libreria, si accorge che questi ha plagiato buona parte della sua discussione sui
modi antichi e moderni dal Trimerone, un trattato in tre giornate la cui prima e
seconda parte erano state appunto dedicate all’esame minuzioso di questo argo-
mento. Richiestane ragione alla vedova di Meloni, madonna Lucia, egli viene
informato del passaggio di mano subìto dall’eredità del morto due anni prima.
Dall’Aletelogìa di Leonardo Gallucio, à’ benigni, e sinceri lettori veniamo a sapere
che Bottrigari indirizza una lettera ad Artusi per riavere indietro le carte di Melo-
ni contenenti sue proprie opere, ma, ricevuta risposta negativa di questi, stende
in fretta un opuscolo, l’Antartusi, non pervenutoci, in cui dà sfogo al risentimen-
to con rimproveri e incitazioni a restituire il ‘maltolto’.55
La risposta del Canonico non si fa attendere, aspra e mordace come suo costu-
me. Nel 1601 Artusi stampa a Milano, presso gli Stampatori Archiepiscopali, Il
Desiderio sotto il nome di Annibale Meloni, corredandolo di due lettere intro-
duttive, una «All’Illustrissimo Senato di Bologna» e l’altra «Alli cortesi lettori»,
in cui si avvisa il Senato essere Il Desiderio opera di Meloni, mentre si confuta l’o-
pinione di molti che il dialogo fosse stato scritto da Bottrigari. Artusi addirittura
accusa quest’ultimo di non aver realizzato neanche le traduzioni di cui parla nel-
l’indirizzo ai lettori della seconda edizione del Desiderio, promettendo, come si è
già visto, il proprio Parere in merito e ricollegandosi così al Patricio, pubblicato
otto anni prima, per difendere un altro morto e seppellito da diversi anni.56
La risposta di Bottrigari è contenuta nello scritto già citato di cui conviene
esaminare il titolo per intero, ossia la Lettera di Federico Verdicelli à’ benigni, e sin-
ceri lettori in difesa del S.re Caval.e Hercole Bottrigaro, contra quanto in pregiudicio

55 Di quest’opera perduta di Bottrigari si ha notizia nella lettera «Di Venetia il 25. Marzo. 1603»
posta da Artusi come dedicatoria della Seconda parte dell’Artusi e definita con scherno piuttosto un
«post’Artusi».
56 Francesco Patrizi era morto nel 1597: cfr. Vecchi, Premessa a Bottrigari, Il Patricio cit.

296
il cantar novo di ercole bottrigari

della Reputatione di luj ha scritto un certo Artusi, in due sue Lettere, una per dedicato-
ria allo Ill. mo Senato di Bol.a l’altra à’ Cortesi lettori sotto la data a’ 12 dì di Luglio
1601. et stampate in Milano appresso gli Stampatori Archiepiscop.i. In Bologna 1602;
si comprendono adesso quali siano le due lettere di Artusi contro la «Reputatio-
ne» del cavaliere. In fondo a questo scritto è posto inoltre un attestato, sia in lati-
no che in italiano, del Senato di Bologna (a nome del segretario Ciro Spontoni),
in cui esso nega aver mai ricevuto copia del Desiderio di Annibale Meloni del
1601, ritenendolo comunque certamente un’opera di Bottrigari.
Sembra inoltre logico ritenere che la pubblicazione così a lungo procrastinata
dei due trattati Il Melone e Il Melone Secondo in un unico volume a Ferrara, presso
Vittorio Baldini, nel 1602, sia da inquadrare nella polemica con Artusi, onde parare
un altro colpo basso del Canonico. Bottrigari infatti sospettava che egli possedesse
le copie un tempo appartenute a Meloni. La lettera «A gl’amici lettori» della Secon-
da parte dell’Artusi (1603) conferma quest’ipotesi, in quanto il Canonico dichiara
«Et forsi che un giorno si uedranno ancora, Gli Meloni ragionamenti cosi da lui
fatti & intitolati, che sono nelle mani d’altri».57 Conviene soffermarsi sul contenu-
to del dialogo Il Desiderio, anche per comprenderne l’importanza e la reale portata
teorica che ne fece il pomo della discordia tra i due bolognesi.
Esso si svolge in un pomeriggio e una sera d’estate tra i due personaggi
descritti sopra, in cui si ravvisano i ruoli di Bottrigari, più dotto, simboleggiato
da Alemanno Benelli, e di Meloni, acceso di desiderio per la scienza del primo,
nascosto invece dalla figura di Gratioso Desiderio. Oltre alle preziose informa-
zioni sulla vita musicale di alcune importanti città italiane, come Bologna
(ambientazione del trattato), Ferrara, Venezia e Verona, questo «opuscolo» di 51
pagine in 4°, con sei carte non numerate nel principio dell’edizione del 1594,58
tratta essenzialmente delle cause per cui non tutti gli strumenti musicali possono
suonare insieme facilmente, dipendendo da ciò la confusione che regna in alcuni
concerti, i quali promettono di essere meravigliosi per la sontuosità dell’appara-

57 Si noti come l’informazione riportata da Vecchi, Premessa a Bottrigari, Il Melone cit., seb-
bene più logica, sia sbagliata, perché l’annuncio della pubblicazione prossima de «Gli Meloni» è
fatta da Artusi nello scritto sopra citato del 1603 (quindi posteriormente alla stampa del Melone), e
non in quello del 1601; l’errore di Vecchi è probabilmente imputabile all’ambigua informazione in
proposito contenuta in Gaspari, Dei musicisti bolognesi cit., p. 314.
58 Ivi, p. 290, nota 1.

297
luca bruno

to strumentale, ma poi si rivelano una delusione, anche a causa della sconsidera-


tezza e delle manie di protagonismo dei singoli musicisti.
La motivazione principale, e sicuramente la più interessante per gli storici della
prassi esecutiva, è che le varie categorie di strumenti si differenziano non solamente
per la loro composizione materiale e per la diversa tecnica di utilizzo, ma anche per i
vari sistemi di accordatura usati. Bottrigari passa a dividere gli strumenti in «al tutto
stabili», «stabili, ma alterabili» e «al tutto alterabili», ulteriormente specificando
queste categorie a seconda della specie armonica da essi utilizzata.59
Tra gli strumenti «al tutto stabili», la cui intonazione non può essere alte-
rata durante l’esecuzione, egli elenca gli organi, i clavicembali, gli arpicordi,
le spinette e le arpe semplici e doppie.60 In particolare, poi, tutti questi stru-

59 La discussione è condotta alle pp. 4-7 del dialogo. L’organologia è sicuramente il campo d’in-
dagine in cui gli scritti di Bottrigari, e particolarmente Il Desiderio, hanno ricevuto maggior atten-
zione, probabilmente a causa anche della precoce edizione anastatica di questo dialogo a cura di
Kathi M. Meyer nel 1924, le cui recensioni hanno fatto conoscere l’opera al mondo accademico
ben prima degli altri scritti del teorico bolognese; in proposito si veda la traduzione inglese, a c. di
Carol McClintock ([Rome], American Musicological Society, 1962), che ha aperto le porte della
musicologia anglosassone alla ricezione delle teorie di Bottrigari. Cfr. inoltre i seguenti studi:
Theodor Kroyer, Die Anfänge der Chromatik im italienischen Madrigal des XVI. Jahrhunderts. Ein
Beitrag zur Geschichte des Madrigals, Leipzig, Breitkopf & Härtel, 1902; Kathi M. Meyer, Enlei-
tung alla ristampa anastatica di Bottrigari, Il Desiderio cit.; James Murray Barbour, Tuning
and Temperament, East Lasting, Michigan State College Press, 1953, 2a edizione, (1a edizione 1951;
ristampa New York, Da Capo Press, 1972); Daniel P. Walker, Bottrigari, Ercole, in Die Musik in
Geschichte und Gegenwart. Allgemeine Enzyklopädie der Musik, vol. 2, Kassel und Basel, Bärenreiter,
1952, coll. 154-159; Carol McClintock, Foreword alla traduzione inglese de Il Desiderio, [Rome],
American Musicological Society, 1962; Joel Newman, Over-Ornamentation, «American Recor-
der», viii/1, 1967, pp. 12; Gerald Abraham, The Age of Humanism (1540-1630), in The New
Oxford History of Music, vol. 4, London, Oxford University Press, 1969 (trad. it. della seconda parte
a c. di Francesco Bussi, vol. 4, tomo 2, Milano, Feltrinelli, 1975, 2a edizione, pp. 763 e note, 767,
804, 829 e note; 1a edizione it. 1969); Arthur Mendel, Pitch in Western Music since 1500: A Re-
examination, «Acta Musicologica», l/1-2, 1978, pp. 1-92; Mark Lindley, Lutes, Viols and Tempe-
raments, Cambridge, Cambridge University Press, 1984; Maria Cristina Moretti, Gli stru-
menti musicali negli scritti di Ercole Bottrigari, tesi di laurea, Università degli Studi di Pavia-Cremo-
na, A.A. 1990-1991; Elena Ferrari Barassi, Gli strumenti musicali nell’opera teorica di Vincenzo
Galilei, in “Varietà d’harmonia et d’affetto”. Studi in onore di Giovanni Marzi per il suo LXX compleanno,
a c. di Antonio Delfino, Lucca, LIM, 1995, pp. 109-132.
60 Il testo di riferimento per la trattazione degli strumenti rinascimentali, anche in merito alle
fonti iconografiche e ai trattati sulla diminuzione, è sicuramente quello di Andrea Bornstein,

298
il cantar novo di ercole bottrigari

menti hanno come sistema di accordatura il cosiddetto «Diatonico Syntono


di Tolomeo, però temperato, over participato»: ecco introdotto il concetto di
temperamento, appunto in quegli strumenti, soprattutto a tastiera, che non
hanno modo di variare l’intonazione durante l’esecuzione. Il diatonico syntono
di Tolomeo presenta infatti la seguente successione tetracordale, espressa
dalle proporzioni (in senso ascendente) 16:15; 9:8; 10:9; ma i due toni maggio-
re (sesquiottavo) e minore (sesquinono) poco si adattano alle esigenze stru-
mentali, tanto che già Tolomeo parlava di una discrepanza tra l’accordatura
degli strumenti e l’intonazione esatta nel canto. La soluzione antica consiste-
va nell’adottare una successione di due toni sesquiottavi identici nel diatoni-
co, dando così al semitono una proporzione superparziente 256:243, ottenuta
come rimanenza (‘limma’) per arrivare alla quarta giusta (4:3). Ecco descritto
il «diatonico diatono incitato di Tolomeo», secondo Bottrigari suonato puro,
cioè non temperato, dalle sole arpe semplici.
Il «Diatonico Syntono participato» è in sostanza un compromesso fra questi
due sistemi appena descritti, poiché adotta del primo la ratio superparticolare
del semitono (16:15) e del secondo la successione dei due toni sesquiottavi identi-
ci (9:8). La differenza che si ottiene nell’intonazione degli intervalli giusti rispet-
to all’intonazione naturale (o pitagorica) è ‘temperata’, appunto, «spontando»
gli intervalli, ossia riducendone progressivamente la distanza, in modo da non
far percepire le minime variazioni prodotte.
Gli strumenti «stabili, ma alterabili», poi, sono divisi subito in due sottocate-
gorie o specie, quelle degli strumenti a fiato muniti di fori, come i flauti diritti e
traversi o i cornetti diritti e torti, e gli strumenti a corde di minugia tastati, come
il liuto e le viole da gamba. Entrambe le specie possono variare l’intonazione
durante l’esecuzione, sebbene ne abbiano fissata l’altezza per via della loro
costruzione: i fiati, nonostante la fissità dei loro fori, variano l’intonazione con la
quantità di aria immessa o con la parziale chiusura dei fori stessi; gli strumenti a
corde invece, nonostante la divisione del manico in tasti, sono in grado di altera-
re l’altezza tramite altri accorgimenti empirici, come spostare le dita su e giù
lungo la corda per variarne la lunghezza vibrante.

Gli strumenti musicali del Rinascimento, Padova, Franco Muzzio, 1987. Per la differenza tra le teorie
di Bottrigari e quelle di Zarlino riguardanti la classificazione degli strumenti musicali e il loro
temperamento, cfr. Bruno, Ercole Bottrigari cit., pp. 65-69.

299
luca bruno

Per Bottrigari i flauti e i cornetti suonano con ogni probabilità il diatonico


syntono, più che ogni altra specie armonica, mentre i liuti e le viole tastate sono
accordati secondo il «Diatonico incitato di Aristosseno», che prevede una suc-
cessione di semitoni sempre identici nella loro intonazione e sempre perfetta-
mente uguali alla metà del tono. La praticità di questo sistema, in sostanza analo-
go al temperamento equabile (anche se con piccole differenze di ordine matema-
tico in cui non conviene addentrarsi qui), si adatta benissimo alla funzione di
accompagnamento del canto cui spesso erano delegati i suddetti strumenti; essi
erano in grado di trasportare la loro intonazione scivolando di semitono in semi-
tono con le medesime posizioni strumentali, al fine di raggiungere un più como-
do registro vocale per il cantante.61
Nella terza categoria, quella degli strumenti «al tutto alterabili», sono elenca-
ti il trombone per i fiati e «la Lira e’l Ribechino» per gli strumenti a corde, i quali,
non avendo intonazione fissa né con fori, né con tasti sul manico, sono in grado
di suonare in qualsiasi specie armonica.
Dopo una lunga, quanto interessantissima digressione sullo statuto teorico
del genere cromatico, sul trasporto e la musica ficta, e sulla «pluralità di corde» in
un sistema di accordatura che voglia conservare l’intonazione giusta degli inter-
valli, pluralità dimostrata su una tastiera appositamente disegnata e della quale si
danno preziose informazioni di prassi esecutiva, l’ampia discussione è infine
ricondotta al quesito iniziale, ossia perché non tutti gli strumenti possano suona-
re insieme: la risposta è scontata, cioè per via delle differenze tra i sistemi di
accordatura usati. Bottrigari, però, porta l’esempio dei grandi concerti ferraresi,
in cui l’eterogeneità dell’apparato strumentale è risolta dal lungo lavoro di affi-
namento dell’esecuzione, al contrario di quanto avviene spesso a Bologna, dove
gli strumentisti sono poco attenti nelle prove, ricercano la continua novità della
musica suonata e sono affetti da manie di protagonismo con frenetiche diminu-
61 Non è il caso di dilungarci troppo sulle importanti conseguenze di simili atteggiamenti degli
strumentisti riguardo all’uso del sistema modale e per l’affermazione del senso tonale: si confron-
tino gli studi di Lowinsky, Tonality and Atonality cit.; Carl Dahlhaus, Untersuchungen über die
Entstehung der harmonischen Tonalität, Kassel, Bärenreiter, 1967; English trans. Robert O. Gjerdin-
gen, Princeton, Princeton University Press, 1990; Bernhard Meier, Die Tonarten der klassischen
Vokalpolyphonie, Utrecht, Oostoeck Scheltema & Holkema, 1974; English trans. by Ellen S. Beebe,
with revisions by the Author, New York, Broude Brothers, 1988; Harold S. Powers, Tonal Types
and Modal Categories in Renaissance Polyphony, «Journal of the American Musicological Society»,
xxxiv, 1981, pp. 428-470.

300
il cantar novo di ercole bottrigari

zioni e «passaggi», particolarmente gli strumenti gravi che dovrebbero assoluta-


mente evitare un simile atteggiamento.
La fortuna del dialogo in ambito musicologico è sicuramente data anche dalla
maggiore leggibilità di quest’opera rispetto agli altri scritti di Bottrigari, sia per-
ché le indicazioni dei luoghi per le erudite citazioni dai classici sono date nei mar-
gini del testo, sia a causa della più rapida agilità del discorso dialogico rispetto al
trattato, che ‘sdrammatizza drammatizzando’ la difficoltà dei concetti.
Come si è visto, la pubblicazione della Seconda parte dell’Artusi nel 1603
aggiunge nuova legna al fuoco dell’ira del cavaliere. L’ultima parola nella disputa
spetterà comunque proprio a Bottrigari, attraverso la stesura, rimasta manoscrit-
ta, di una grossa apologia «di ben 154 fitte pagine in foglio», sempre sotto pseu-
donimo:62 si tratta della già citata Aletelogìa di Leonardo Gallucio, à’ benigni, e sin-
ceri lettori. Lettera apologetica D. M. I. S. C. H. B. [Del Molto Illustre Signor Cavaliere
Hercole Bottrigaro], 1604, manoscritto autografo I-Bc, B.43.
Dalle stesse parole di Bottrigari apprendiamo lo scopo di un simile scritto infuo-
cato, nel quale la penna del cavaliere, ormai stremato dal veleno delle frecciate di
Artusi, ‘vomita’ in terza persona lunghe liste di improperi e offese nei confronti del
Canonico bolognese, riprendendo i fatti descritti nell’indirizzo ai lettori della secon-
da edizione del Desiderio (1599) e nella Lettera di Federico Verdicelli (1602):63

Et io vi affermo che lo Autore del Parere [ossia Bottrigari, autore del Patricio] non ha
mai parlato nè scritto cosa alcuna contra lo Artusi prima ch’ei pubblicasse quelle
tante sue prime maldicentie comprese in quei due suoi Cicalamenti [i due Ragiona-
menti de L’Artusi del 1600], non havendo lo Autore del Parere havuto da far cosa alcu-
na con esso Artusi, nè letto minima parola di quei suoi scartafacci dell’ARTE DEL
CONTRAPUNTO,64 nè pur conosciutolo di vista, come appieno si ragiona nello
ANTARTUSI, Dialogo nato à due fini; l’uno de’ quali è la difesa del Desiderio del Cav.r
Bottr.ro dalle calunniose op[po]sitioni fatteli dallo Artusi. L’altro è lo scoprimento e
la publicatione del furto fatto dallo Artusi ad esso Cav.r Bottr.ro della maggior parte
verso la fine del primo Dialogo et di poco men che di tutto ’l secondo del suo Trime-
rone armonico; che è quello di che si è lo Artusi imaginato voler convertire la vera
historia per cosi fare opera d’incolpare il Cav.r Bottr.ro del delitto che da lui è stato
fraudolentemente commesso.

62 Cfr. Gaspari, Dei musicisti bolognesi cit., p. 307.


63 Ivi, pp. 307-308.
64 Si tratta del trattato di Giovanni Maria Artusi, L’arte del contraponto, Venezia, 1586
(ristampa anastatica Bologna, Forni, 1980).

301
luca bruno

Secondo Gaspari l’Aletelogia non fu la sola causa del silenzio successivo di


Artusi, ottenuto più probabilmente

[…] per gli attestati di undici persone facenti fede essere produzioni del Bottrigari
tutti i trattati manoscritti di cose musiche rinvenuti in casa di Annibale Meloni e pas-
sati nelle mani di Artusi, il quale trascinato dal naturale suo maligno istinto, riattac-
cò poi battaglia col Monteverde, non trovando riposo l’animo suo irrequieto se non
quando con fatti o con detti recava disturbo e molestia a chi, come il settuagenario
Cavaliere, ad altro non anelava più fervidamente che al riposo e alla quiete.65

Vedremo che, una volta terminata la fastidiosa disputa con Artusi, Bottrigari potrà
dedicarsi con fervore ai suoi studi eruditi, fino agli ultimi anni della sua vita.
È ora di esaminare più da vicino il contenuto dei restanti trattati del teorico,
citati fin adesso solo in occorrenza dei tiri mancini di Artusi.
Il Trimerone (redazione definitiva del 1599, ma già iniziato a partire dal 1593)
è, come recita il titolo, un dialogo in tre giornate, composto da 141 pagine in
foglio (con le tre tavole delle cose notabili poste separatamente per ogni giorna-
ta) e dedicato alla teoria dei modi antichi e moderni e a problemi di semiografia
musicale, costituendo così una delle prime testimonianze di compendio storico
sui simboli della notazione musicale, dalla musica greca al Cinquecento.66

65 Cfr. Gaspari, Dei musicisti bolognesi cit., p. 310 e nota 2, in cui si fa riferimento al cod. 46 del
Liceo Musicale di Bologna, in cui sarebbero stati conservati gli attestati sopraddetti; il codice in
questione è oggi il manoscritto I-Bc, B.44 secondo la catalogazione riportata in Gaetano Gaspa-
ri-Ugo Sesini, Catalogo della Biblioteca del Liceo Musicale “G. B. Martini” di Bologna, Bologna, s.e.,
1890-1943 (ristampa anastatica con correzioni integrative a c. di Napoleone Fanti, Oscar Mischiati,
Luigi Ferdinando Tagliavini, 5 voll., Bologna, Forni, 1961; 1a edizione, 4 voll. Bologna, Romagnoli-
Dall’Acqua, 1890-1905). L’intestazione di questa parte del manoscritto recita «Attestati ricevuti dal
Cav. Erc. Bottrigari p[er] riavere un Ms. restato nelle mani di M. Annibale | Meloni, e Levato da P.D.
Gianm.a Artusi di S. | Salvatore».
66 L’imponente trattato è edito in Eberhard Müller, Ercole Bottrigari (1531-1612): “Il Trimero-
ne”. Edition und Kommentar, tesi di dottorato, Karlsruhe Universität, 1994; l’edizione si basa sul
manoscritto del trattato conservato presso la Biblioteca Universitaria di Bologna. Oltre alla
descrizione fatta da Gaspari, Dei musicisti bolognesi cit., pp. 316-318, sul Trimerone si vedano i
seguenti studi: Giuseppe Panzeri, Problemi di musica greca nel Trimerone di E. Bottrigari, tesi di
laurea, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, A.A. 1963-1964; Giuseppe Vecchi, Primi
accenni ad una storia della semeiografia musicale nel “Trimerone” (Giornata III) di Ercole Bottrigari, in
«Quadrivium», XII/1, 1971 (Memorie e contributi alla musica dal medioevo all’età moderna. Offerti a
Federico Ghisi nel settantesimo compleanno 1901-1971), pp. 321-346; Id., Music, Liturgy, Hebrew Psal-

302
il cantar novo di ercole bottrigari

L’azione si finge in Bologna tra «Anniballe Melone» e «Alonso Cupino», ana-


gramma di Paulo Consoni, importante musicista del Concerto Palatino.67 Nella
breve introduzione del trattato si dice di Alonso Cupino che

[…] come quello che dell’arte del contrapuntizare e componere pratticamente in


musica fa e cantando e sonando professione, haveva desiderio grandissimo d’inten-
dere e di saper bene quali e quanti fussero veramente i Tuoni, ò Modi, ò Tropi, così
de gli antichi Musici, come de’ moderni, et il vero proceder loro insieme con tutte le
altre pertinentie di quelli.

Il trattato può quindi essere considerato, secondo Luciano Gherardi, non solo
come una delle prime grandi opere di storia della musica, ma anche come uno
scritto polemico nei confronti degli errori e dell’ignoranza dei moderni, i quali
eseguono o compongono senza sapere le ragioni delle cose che fanno.68
La concezione umanistica del divenire storico in musica sottesa al ragiona-
mento di Bottrigari è diametralmente opposta a quella delle altre arti: il Trecen-
to, secolo d’oro di rinnovamento per gli studi classici, nonché per le lettere e le
arti visive e punto di frattura rispetto alla mentalità medievale, è invece il secolo
della crisi, dovuta alla confusione nei simboli della notazione ritmica, da lui vio-
lentemente condannata, e causata anche dalla ‘rivolta dei costumi’ compositivi,
particolarmente per quanto riguarda la chiarezza della declamazione nell’into-
nazione del testo. Tale ‘rivolta’ porterà infatti Papa Giovanni xxii alla famosa
bolla De vita et honestate clericorum contro gli errori degli arsnovisti, efficace e
pertinente ancor di più, secondo Bottrigari, al proprio secolo.

mody, and the Bolognese Historians (Ercole Bottrigari, G. B. Martini), in International Musicological
Society. Report of the Twelfth Congress Berkeley 1977, ed. by Daniel Heartz and Bonnie Wade, Kassel-
Basel-London, Bärenreiter, 1981, pp. 428-430; Luciano Gherardi, L’Umanesimo musicale: il Tri-
merone de’ fondamenti armonici di E. Bottrigari, in Ecumenismo della cultura, vol. 3, Firenze, Olschki,
1981, pp. 95-105.
67 Cfr. Gambassi, Il Concerto Palatino cit., pp. 177-178 e 188. A proposito dell’introduzione di
Meloni nel dialogo, è interessante considerare i pensieri, tipicamente ottocenteschi, di Gaspari,
Dei musicisti bolognesi cit., p. 317: «Bisogna ben dire che il Bottrigari nudrisse per Annibale un’affe-
zione più che fraterna se giunse persino ad esautorarsi facendolo comparire istruttore mentre in
realtà era egli che cercava di essere istruito. Io son d’avviso che dopo questo di Ercole non siasi più
veduto nè possa mai vedersi un simil tratto di sviscerata amicizia».
68 Queste ragioni sono naturalmente spiegate tenendo conto delle speculazioni teoriche antiche.
Cfr. Gherardi, L’Umanesimo musicale cit., pp. 97-98: «Ciò che mi preme mettere in risalto è pro-

303
luca bruno

Si noti come quest’opinione fosse fortemente influenzata, oltre che dal clima
post-tridentino, ancor di più dalla duplice concezione umanistica dell’importan-
za del segno grafico e del testo verbale in musica. Infatti, con il suo metodo d’in-
dagine, Bottrigari può basarsi esclusivamente sulle testimonianze scritte della
musica, che danno notizia solo di quella subtilitas musicale del Trecento e Quat-
trocento legata all’ambiente scolastico delle Università e dei monasteri, quanto
mai lontana dagli ambienti di rinnovamento della cultura tardomedievale e poco
interessata all’intelligibilità del testo intonato. Una storiografia umanistica quale
quella di Bottrigari, infatti, non era in grado di delineare una storia dell’Umane-
simo musicale, ancora vivo ai suoi tempi e di cui egli stesso faceva parte.69
Il trattato inoltre è preziosa fonte di conoscenza sulla musica ebraica del
Cinquecento, includendo una storia della notazione e del canto sinagogale,
anche in connessione con la nascita del repertorio gregoriano. Degno di nota è
che egli riconosca alla musica ebraica del suo tempo quasi certamente una
diversità da quella dei primi secoli, sebbene la maggior parte degli ebrei asseri-
sca il contrario.70 Ancor più interessante è poi la sua affermazione che non vi

prio questo aspetto del Bottrigari: la sua enorme conoscenza e gli studi fatti non si esauriscono
mai in se stessi – non si tratta cioè di erudizione –, ma tentano costantemente di ricondurre la
musica ai canoni stabiliti dagli antichi».
69 L’unico modo per studiare la reale portata del sentimento umanistico nel vivo della prassi di
fine Trecento e Quattrocento è quello insegnatoci da maestri della musicologia quali Edward E.
Lowinsky e Nino Pirrotta, che si affidano alle testimonianze letterarie sugli esperimenti umani-
stici nella musica monodica, cercando di rintracciarne le tracce nella polifonia tra xv e xvi seco-
lo; cfr. i seguenti saggi: Edward E. Lowinsky, Music of the Renaissance as Viewed by Renaissance
Musicians, in The Renaissance Image of Man and the World, ed. by Bernard O’Kelly, Columbus, Ohio
State University Press, 1966, pp. 129-177 (trad. it. in Musica del Rinascimento cit., pp. 151-186); Id.,
Humanism in the Music of the Renaissance, in Medieval and Renaissance Studies, 9, Proceedings of the
Southeastern Institute of Medieval and Renaissance Studies, Summer 1978, ed. by Frank Tirro, Dur-
ham, Duke University Press, 1982, pp. 87-220; Nino Pirrotta, Musica e Umanesimo, in Poesia e
musica e altri saggi cit., pp. 89-106; Id., Temperamenti e tendenze nella Camerata fiorentina, in Scelte
poetiche di musicisti cit., pp. 173-195; Nino Pirrotta, Li due Orfei. Da Poliziano a Monteverdi, Tori-
no, Einaudi, 1975, 2a edizione (1a edizione 1969); Id., Musica fra Medioevo e Rinascimento, Torino,
Einaudi, 1984.
70 Per una storia della musica ebraica si veda Enrico Fubini, La musica nella tradizione ebraica,
Torino, Einaudi, 1994; a p. 92 si accenna fugacemente al Trimerone di Bottrigari, anche se con una
datazione errata (1545), probabilmente frutto di un errore di stampa, e distinguendolo come opera
di erudito dai lavori dei grandi teorici del Rinascimento, Vicentino, Zarlino e Galilei. È scopo del

304
il cantar novo di ercole bottrigari

sono attestati contemporanei a S. Gregorio Magno che parlino del suo lavoro
di rinnovamento del repertorio liturgico musicale, anticipando così una delle
acquisizioni più recenti della musicologia contemporanea.71
Molte altre sono le informazioni di rilievo contenute nel Trimerone, di cui non
è qui il caso di discorrere ulteriormente; si segnala solo di passaggio che questo
testo è uno dei primi trattati moderni a prendere in considerazione la teoria rit-
mica di Aristosseno, secondo ciò che rimane dei suoi Elementa Rhytmica.
La Mascara, dialogo contenuto nel manoscritto autografo I-Bc, B.45, consiste
di 358 pagine in foglio, nell’ultima delle quali è presente la seguente annotazione:
«Secondo che vien segnato dal mio horiuoletto da fascia in iscatolino è la 3 hora
della notte seguente il dì 9 di novembre 1596. Nella mia à me dilettevole villa nel
comune di S.to Alberto. Herc.e Bottrig.o…».72 Il dialogo immaginario ha per
interlocutori le prime quattro lettere dell’alfabeto, ma si arguisce che dietro alla
lettera B si nasconde lo stesso Bottrigari, in quanto la maggior parte delle idee è
espressa da questo personaggio.

presente saggio dimostrare che Bottrigari dovrebbe essere considerato da tutti i musicologi
moderni un «grande teorico del Rinascimento» e non un semplice erudito. Si noti inoltre che la
conoscenza dell’ebraico era già stata dimostrata dal nostro autore nel Melone Secondo cit., p. 29, e
in alcune sue composizioni poetiche in versi enneasillabi, con parole in questa lingua mescolate
alle italiane: cfr. Sesini, L’Umanesimo musicale cit., p. 74, nota 9, che segnala la censura verso que-
sti tentativi di «stravaganza» nei Comentarj di Gio. Mario de’ Crescimbeni collega dell’imperiale Acca-
demia Leopoldina e custode d’Arcadia intorno alla sua istoria della volgar poesia, vol. 1, Roma, Antonio
de Rossi, 1702, pp. 18, 107, 108, 321.
71 È solo a partire dagli anni Settanta del Novecento, infatti che la stesura del repertorio gregoria-
no è vista come opera dei consiglieri palatini intorno a Carlo Magno, i quali unirono, due secoli
dopo l’epoca di S. Gregorio, il repertorio gallicano a quello cosiddetto ‘vetero-romano’, affidando
l’autorità di un simile gesto epocale ad un papa autorevole e famoso per altre innovazioni nella
liturgia: cfr. Giulio Cattin, La monodia nel Medioevo, in Storia della Musica, a c. della Società Ita-
liana di Musicologia, vol. 2, Torino, edt, 1991, 2a edizione (1a edizione 1979).
72 Cfr. Gaspari, Dei musicisti bolognesi cit., p. 316; l’annotazione persino dell’ora in cui Bottrigari
pone fine al lavoro di stesura o di copiatura è una caratteristica di molti altri manoscritti in suo
possesso e un prezioso indizio per gli storici che ne indagano la cronologia di composizione, altra
dimostrazione della sua grande sensibilità storiografica. Molti di questi scritti, inoltre, sono stati
elaborati nella villa di S. Alberto di Piano; secondo le parole di Gaspari: «Questo edifizio distante
da Bologna circa 16 miglia, fuori di Porta Galliera nelle vicinanze di S. Pietro in Casale, era tutto
circondato da fosse con quattro ponti levatoi. Nel 1788 l’abate Antonio Bottrigari lo fece demolire
dalle fondamenta» (ivi, p. 311, nota 1).

305
luca bruno

Il trattato è fondato sul De architectura di Vitruvio, un testo già citato da Bot-


trigari nel Melone, sia nell’edizione sia nella traduzione commentata di Daniele
Barbaro (1567).73 L’opera di Vitruvio contiene un intero libro, il quinto, dedicato
alla musica teorica, dalla quale trae le proporzioni delle consonanze, traslandole
alle proporzioni fra le parti degli edifici.
Nella Mascara, poi, le connessioni tra musica e architettura sono rintracciabi-
li anche nella zona di confine rappresentata dal teatro: gli intermedi tra gli atti
delle rappresentazioni sceniche, infatti, rappresentano spesso la parte più gradi-
ta al pubblico, grazie ai loro sfarzosi apparati scenografici e alle musiche di
accompagnamento.74 In tal senso, La Mascara di Bottrigari, ricca d’illustrazioni
che ne confermano il talento di disegnatore, è una miniera preziosa per gli storici
del teatro, oltre che per quelli della musica.75
Resta ora da considerare Il Melone Secondo, trattato pubblicato insieme al Melone
nel 1602, ma scritto, con ogni probabilità, esattamente dieci anni prima.76
L’opera è in forma epistolare e prende in esame punto per punto, su richiesta
di Annibale Meloni, un Discorso in due parti scritto da Gandolfo Sigonio «Intor-
no à’ Madrigali, & à’ Libri dell’Antica Musica ridutta alla moderna Prattica di D.
Nicola Vicentino» e riportato sia alla fine del manoscritto, sia in chiusura della
stampa, prima dell’errata corrige e del registro.

73 Cfr. il commento al Melone, p. 33 in Bruno, Ercole Bottrigari cit., pp. 105-106.


74 Cfr. Pirrotta, Li due Orfei cit.
75 Cfr. Marina Calore, Spettacoli teatrali a Bologna nel Cinquecento nella testimonianza inedita di
Ercole Bottrigari (La Mascara), in Estratti dagli Atti della Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna.
Classe di Scienze Morali. Rendiconti v. 64. 1975-1976, [Bologna], s.e., [1976], pp. 67-85; Ead., Musica e
teatro a Ferrara nei ricordi di un cavaliere bolognese, «Atti e Memorie della Deputazione Provinciale
Ferrarese di Storia Patria», Terza serie, xxx, 1984, pp. 123-146. Si veda inoltre la citazione del dialogo
in Illusione e pratica teatrale, catalogo a c. di Franco Mancini-Maria Teresa Muraro ed Elena Povoledo,
con contributi di Lorenzo Bianconi, Pierluigi Petrobelli, Nino Pirrotta, Mercedes Viale Ferrero e
Maria Hannah Winter, presentazione di Gianfranco Folena, schede bibliografiche a c. di Rosanna
Piscitelli Mancini, Venezia, Fondazione Giorgio Cini-Neri Pozza, 1975.
76 In Sorbelli, Inventari dei manoscritti delle Biblioteche d’Italia cit., p. 93, si elenca il manoscritto del
Melone Secondo conservato nella Biblioteca Universitaria di Bologna (I-Bu) con la segnatura Ital. 345
(326), Busta iii, n° 2, apponendo tra parentesi una data che, per i caratteri riportati, sembra essere ori-
ginale: ecco la dicitura «In Bologna, CI‫ כ‬I‫ כ‬II XC»; i numeri romani dovrebbero leggersi 1588, ma un
simile anticipo sulla data autografa del Melone (‘primo’) sarebbe illogico; più probabilmente il nume-
ro ii va posticipato al xc, in modo da avere la data del 1592, molto più lineare considerando come sca-
denza la preparazione di un trattato all’anno per i primi quattro lavori di Bottrigari. Si consideri anche

306
il cantar novo di ercole bottrigari

Nella Lettera di Federico Verdicelli (p. 219) si legge :

Il Melone fu grande amico di messer Gandolfo Sigonio; per la giornale conversatione del
quale il Melone sentì qualche maggiore acquisto per lo suo desiderio, essendo il Sigonio
non solamente buon musico contrapuntista, (ond’ei venisse, come per ischerzevole
disprezzo di ciò, da suo fratello Carlo Humanista nelle prime catedre de’ principali studij
d’Italia lettore di chiarissima fama, detto Solfanino) ma versato molto nella lettione delle
Istitutioni et delle Demostrationi armoniche del Zarlino, e qualche poco anchora ne’ libri
de gli altri scrittori di musica così latini come volgari della nostra etade.77

Il Discorso di Sigonio è diviso in due parti, la prima volta a dimostrare gli errori di
Vicentino nelle sue composizioni cromatiche ed enarmoniche, l’altra diretta
contro gli errori da lui commessi nel trattato L’antica musica ridotta alla moderna
prattica del 1555: Bottrigari segue questa divisione nella sua puntuale confutazio-
ne delle idee di Sigonio, in difesa della ragione e delle novità del pensiero teorico
e pratico dimostrate da Vicentino.

il fatto che un’altra datazione dubbia nell’elenco di Sorbelli è quella della Mascara, a cui è assegnato
l’anno 1595. La questione della datazione del Melone Secondo è sorvolata da Gaspari, che lo considerava
contemporaneo del Melone, mentre è posta, senza essere definitivamente risolta, anche da Maria Rika
Maniates, che, come Gaspari, sembra ignorare l’esistenza del manoscritto qui descritto nei suoi due
saggi dedicati a questo trattato, ossia Maniates, The Cavalier Ercole Bottrigari cit. e Ead., Bottrigari
versus Sigonio: On Vicentino and His Ancient Music Adapted to Modern Practice, in Musical Humanism and
Its Legacy: Essays in Honor of Claude V. Palisca, ed. by Nancy Kovaleff Baker and Barbara Russano Han-
ning, Stuyvesant (New York), Pendragon Press, 1992, pp. 72-107, contenente anche il Discorso di Sigo-
nio in traduzione inglese. Per quanto riguarda invece Il Melone, che riferisce più compiutamente le
idee di Bottrigari sui generi armonici non diatonici, si rimanda al confronto fra il trattato e il madriga-
le Il cantar novo nel paragrafo seguente, il quale, come accennato, ci offrirà il raro spunto di esaminare
da vicino il rapporto tra storia delle teorie e analisi musicale.
77 Cfr. Gaspari, Dei musicisti bolognesi cit., p. 314, nota 2. Una parte della corrispondenza episto-
lare tra Gandolfo Sigonio di Modena e Annibale Meloni, composta da venticinque lettere scritte
tra il 1571 e il 1574, è conservata nel codice parigino della Bibliothèque nationale de France (F-Pn),
Ms. Italien 1110: cfr. Berger, Theories of Chromatic and Enharmonic Music cit., p. 84 e p. 156, nota
12; Edward E. Lowinsky, Willaert’s Chromatic “Duo” Re-Examined, «Tijdschrift voor Muziek-
wetenschap», xviii, 1956-59, pp. 1-36 (trad. it. in Musica del Rinascimento cit., pp. 117-149: 123, nota
5). Per le connessioni tra Carlo Sigonio, Torquato Tasso, suo allievo a Padova e Bologna, ed Ercole
Bottrigari, v. Maniates, The Cavalier Ercole Bottrigari cit., pp. 155-156. Alle pp. 159-160, Maniates
dimostra che il Discorso di Gandolfo Sigonio dovrebbe essere stato scritto negli anni Settanta o
Ottanta del Cinquecento e probabilmente indirizzato a Meloni stesso, in quel tempo discepolo
del modenese per le questioni di musica teorica.

307
luca bruno

È proprio sull’originalità delle sue composizioni che Bottrigari tesse la prima


confutazione delle parole di Sigonio, il quale afferma

Havendo io più volte […] visto, e cantato alcuni Madrigali di D. Nicola Vicentino,
non mi è spiacciuto in tutto la Armonia sua; Imperoche la novita delle voci non usate
sono quelle; che dilettano l’udito: ma non bisogna dipoi andar molto in lungo can-
tando queste sue Canzoni; Che di ciò è Musica, che in breve viene à fastidio. Sì per-
che non si trova inventione alcuna di Contrapunto, come anco perche di continuo le
parti caminano insieme.78

Gli ingredienti di una miscela infiammabile atta a far esplodere lo sdegno umani-
stico di Bottrigari ci sono già tutti fin dall’inizio: uno scritto un po’ sgrammatica-
to, giudizi estetici in contraddizione fra loro, ma soprattutto la condanna dell’o-
mofonia per esaltare l’artificiosità del contrappunto.
La risposta non si fa attendere e occupa le pagine 2-4 del trattato: una volta che
Sigonio ha dichiarato che la musica di Vicentino non gli sia dispiaciuta in tutto, a
causa della novità della sua invenzione sonora, Bottrigari non può che chiedersi che
cosa egli desideri di meglio, in quanto compito essenziale della musica è quello di
dilettare l’udito, tenendo ben presente che, come tutti gli altri sensi, esso si abitua
facilmente a ciò che sente spesso, richiedendo sempre delle novità; il difetto sta nei
sensi dell’ascoltatore non nella musica già composta. Sulla questione della superio-
rità del contrappunto il teorico bolognese non può che schierarsi, coerentemente
con quanto aveva asserito nel precedente Melone, con le idee della seconda prattica,
ossia proclamando la superiorità dell’intelligibilità del testo, da non offuscare con il
«Cicalamento» contemporaneo delle voci, che inoltre «viene à snervare, et indebili-
re, et à quasi annullare ogni diletto di quell’Armonia».79
La confutazione delle censure di Sigonio nei confronti di alcune condotte
vocali da lui considerate errate ed estrapolate da brani scelti nei madrigali di

78 Cfr. Il Melone Secondo cit, p. 32: la numerazione delle pagine nella stampa è autonoma tra il
primo e il secondo trattato, continuando, oltre la «Tavola Delle cose più notabili contenute nelle
presenti Considerationi» di Bottrigari, anche lungo le due parti del Discorso di Sigonio.
79 Cfr. Il Melone Secondo cit., p. 4; Bottrigari cita qui anche Il cicalamento delle donne al bucato (1567)
di Alessandro Striggio, famoso esempio di parodia scherzosa sugli effetti del contrappunto; per
quest’opera a metà tra rappresentazione teatrale e madrigale, si veda la trascrizione e l’interpreta-
zione di Bonaventura Somma (con la revisione del testo poetico di Emidio Mucci), Roma, De
Sanctis, 1947 (“Capolavori polifonici del sec. xvi”).

308
il cantar novo di ercole bottrigari

Vicentino è ampiamente corredata da Bottrigari con numerosi esempi di compo-


sitori autorevoli, primo fra tutti Cipriano de Rore «dallo universal consenso sti-
mato non solamente il più artificioso: ma il più leggiadro, et polito Componitore
in Musica de’ nostri tempi», nonché con la Quinta regola dell’Enchiridion musices
di «Nicolò Vollicio», alias Nicolaus Wollick, in cui si considera legittima la suc-
cessione diretta delle consonanze perfette per moto contrario o su tempi diversi
della misura (arsi e tesi).80
Il resto della discussione circa la prima parte del Discorso è essenzialmente
fondato sulla confutazione delle censure di altri passi nelle composizioni di
Vicentino: Bottrigari sottolinea che Sigonio non è stato in grado neanche di sco-
vare tutte le inesattezze, anche se in definitiva gran parte di queste sono spiegabi-
li come evidenti errori di stampa o di copiatura.81

80 Il Melone Secondo cit., pp. 5-6. Su Wollick, (detto anche Nicolas Volcyr o Nicolaus Vollicius)
teorico francese nato a Serrauville, Lorena intorno al 1480 e morto a Nancy nel 1541, nonché
docente a Metz e a Parigi fino al 1512, si veda la voce relativa in Dizionario Enciclopedico Universale
della Musica e dei Musicisti, a c. di Alberto Basso, Le Biografie, vol. 8, Torino, utet, 1990, p. 546; il
passo citato da Bottrigari è in Nicolaus Wollick, Enchiridion musices, libro vi, cap. 5, Paris, J.
Parvus e N. Prevost, 1509 (ristampa anastatica Genève, Minkoff, 1972): cfr. Maniates, Bottrigari
versus Sigonio cit., p. 93, nota 15.
81 Si rimanda all’ampia trattazione negli articoli citati di Maria Rika Maniates, in cui si mette in
evidenza il fatto che, non avendo a disposizione i madrigali da cui sono tratti gli esempi, in quanto
di Vicentino ci sono pervenuti solo Il primo libro a cinque voci (Venezia, 1546) e Il quinto libro a cin-
que voci (Milano, Paolo Gottardo Da Ponte, 1572), più Il quarto libro dei mottetti a cinque voci (Mila-
no, Paolo Gottardo Da Ponte, 1571), l’analisi della discussione da parte dello storico non può che
restare congetturale. In particolare per l’esempio del madrigale I’ vidi in terra Bottrigari propone,
alle pagine 7 e 8 del suo trattato, la correzione di un Mib dissonante nella parte dell’Alto con un Do
innalzato enarmonicamente attraverso un punto posto sopra la nota; la Maniates propone invece
un Reb, ma solo grazie a complessi calcoli del sistema di accordatura dell’archicembalo a supporto
della congettura che il copista, o lo stampatore, abbiano semplicemente trasportato di un tono
sopra la nota esatta: cfr. Maniates, The Cavalier Ercole Bottrigari, pp. 167-168 e Ead., Bottrigari
versus Sigonio cit., pp. 85-86, 94-96. Sebbene l’autrice si dimostri lucida e attendibile, e anche con-
siderando il fatto che questi studi sono ricchissimi quanto a informazioni sull’ambiente intorno a
Bottrigari, purtroppo il loro livello è inficiato da ingenui errori di lettura del trattato, come quan-
do considera come esempio di grandi cantanti del tempo [Alessandro?] Merlo, Alodola e Fanello,
senza accorgersi che in realtà Bottrigari sta parlando di uccelli ammaestrati, come si capisce anche
chiaramente dal margine del testo (v. Il Melone Secondo cit., p. 10). Simili ingenuità sono da lei
commesse inoltre nella trascrizione della prima parte del madrigale Il cantar novo di Bottrigari,
come appare chiaro dalla comparazione di Maniates, The Cavalier Ercole Bottrigari cit., pp. 175-

309
luca bruno

Nel Melone Secondo, poi, continua a dimostrare l’inefficacia del Discorso, par-
ticolarmente nella definizione delle proporzioni del sistema diatonico syntono
usato da Vicentino nelle sue composizioni: la discussione porta direttamente il
campo a spostarsi sugli errori commessi da Don Nicola nella teoria musicale,
prendendo a considerare la seconda parte dello scritto di Sigonio. Non è il caso di
addentrarci nella complessa rete di riferimenti che Bottrigari riprende dai teorici
antichi per confutare le deboli affermazioni del modenese e per svelarne le con-
traddizioni interne e i dubbi nella terminologia, anche perché questo lavoro è in
parte già stato elaborato negli scritti citati della Maniates. Quel che qui ci inte-
ressa rilevare è che, sebbene il discorso di Bottrigari si allontani progressivamen-
te dalla reale natura della speculazione di Vicentino, alla quale, come si vedrà,
egli stesso aveva comunque già fornito nel primo Melone le correzioni del caso,
ciononostante Il Melone Secondo appare come un’opera ‘nobile’, quasi ‘cavallere-
sca’, nel senso che è intesa a difendere un grande teorico ormai morto da tempo,
pur se non sempre saldo nelle sue ragioni, da un mediocre detrattore che non ha
compreso la reale importanza del suo messaggio innovativo.
Vale la pena di aggiungere che personalità come quelle di Sigonio o di Artusi – il
quale, nella dedica più volte citata della Seconda parte dell’Artusi (1603), non si lasce-
rà sfuggire l’occasione di criticare un apparente detrattore di Zarlino come Bottri-
gari – rischiano di essere considerate minori nella storia delle idee sulla musica,
anche se il rischio è ovviamente mitigato nel caso di Artusi. Essi potrebbero appari-
re incapaci di abbracciare con slancio la sfida verso l’ignoto lanciata dai teorici e
compositori della seconda prattica, considerando anche il fatto che nulla sarebbe
accaduto all’integrità del pensiero del loro maestro, come dimostrano le deferenti
critiche di Bottrigari, mai realmente inficianti l’importanza del sistema zarliniano,
e il giudizio positivo di Monteverdi per il teorico veneziano.
L’estremizzazione delle posizioni polemiche, di fatto, non giova neanche alla
moderna musicologia, poiché il ragionamento su Artusi qui delineato potrebbe

179 con la stampa a parti staccate alle pp. 39-42 del Melone e con la mia trascrizione, riportata nelle
Appendici i e ii. Sull’opera di Vicentino si vedano almeno gli studi di Henry W. Kaufmann, The
Life and Works of Nicola Vicentino (1551-c.1576), [Rome], American Institute of Musicology, 1966
(“Musicological Studies and Documents”, 11); Nicola Vicentino, Collected Works, ed. by
Henry W. Kaufmann, [Rome], American Institute of Musicology, 1963 (“Corpus Mensurabilis
Musicae”, 26).

310
il cantar novo di ercole bottrigari

apparentemente sminuire la sua reale importanza di teorico. Si consideri invece


che egli è il primo a riconoscere compiutamente che la teoria di sottofondo agli
esperimenti cromatici ed enarmonici a lui contemporanei è una teoria profonda-
mente diversa da quella antica, riconoscendo la supremazia della pratica moder-
na. Artusi risolve inoltre il problema del cromatismo integrale dell’ottava (diver-
so dal cromatismo archeologico del tetracordo delineato con chiarezza da Bottri-
gari nel Melone), abbracciando, anche se in modo ambivalente, l’utilizzo del
sistema a temperamento equabile di derivazione aristossenica. Né risulta oppor-
tuno estremizzare troppo l’importanza data all’omoritmia e all’intelligibilità del
testo nelle composizioni di Monteverdi o ne Il cantar novo di Bottrigari. In Mon-
teverdi il contrappunto, anche a più soggetti, è comunque una risorsa espressiva
di fondamentale importanza per l’efficacia del discorso musicale; per l’uso inten-
sivo della tecnica imitativa nel madrigale di Bottrigari, poi, si veda più avanti l’a-
nalisi del brano in questione.82

Gli ultimi studi, pensando alla «Musica mondana»

Finita la disputa con Artusi e morti da qualche tempo tanti dei protagonisti dei
suoi scritti, al settantatreenne Bottrigari non rimane che coltivare le sue passioni
per l’antichità greca e per le scienze matematiche. A questo periodo risalgono
diversi scritti al confine tra la filologia umanistica e lo studio scientifico, condot-
to e guidato sempre dall’autorità degli antichi, ma proiettato anche alla speri-
mentazione, nel pieno rispetto della nuova mentalità moderna volta a privilegia-
re la ragione sull’accettazione incondizionata dei dogmi culturali.83

82 Sulle teorie di Artusi, cfr. Berger, Theories of Chromatic and Enharmonic Music cit., pp. 88-
95; inoltre Privitera, “Piagn’e sospira” cit. Il sottofondo filosofico sotteso alle operazioni non
propriamente ortodosse da un punto di vista etico che abbiamo osservato da parte del Canoni-
co bolognese nei confronti di Monteverdi e Bottrigari è analizzato in Chadwick Jenkins,
Giovanni Maria Artusi and the Ethics of Musical Science, «Acta Musicologica», lxxxi/1, 2009, pp.
75-97. La figura di Bottrigari e il comportamento profondamente scorretto di Artusi nei con-
fronti di un teorico a lui così vicino per formazione e cultura sono però fortemente disattesi
nell’articolo di Jenkins.
83 Fondamentali in tal senso sono le spinte autonomistiche della teoria musicale, il cui metodo di
vaglio critico su un gran numero di opinioni antiche discordanti ha probabilmente costituito un

311
luca bruno

Ecco l’elenco delle opere di questo periodo:

• Dello Spirito, libro di Aristotele volgarizzato, 1606, manoscritto autografo I-Bc,


B.46;
• Dell’oggetto dello udito, overo, delle cose udibili […] di Aristotele, tradutto in lingua
italiana dal […] Cavaliere Hercole Bottrigaro, 1606, manoscritto autografo I-Bc,
B.46;Lo enimma di Pitagora […] sposto, et dechiarato: appresso la Regola […] di
Eratostene […] copiosamente descritta, et arricchita […] La Epistola di Eratostene
al Re Tolomeo […] dal Cav. Hercole Bottrigaro tradutta in lingua italiana, 1609,
manoscritto autografo I-Bc, B.44;
• Della Musica mondana trattato di Macrobio […] Còmento sopra il Sogno di Scipio-
ne nel VI della Republica di M. T. C. [Marco Tullio Cicerone] tradutto in lingua
italiana dal Caval.e Hercole Bottrigaro, 1610, manoscritto autografo I-Bc, B.44;
• Del Commentario di Plutarco Cher.o sopra la creatione dell’anima descritta da
Platone nel Timeo quella parte, la quale è pertinente alla Musica Mondana, tra-
dutto in parlare italiano dal Caval. Hercole Bottrigaro, & con alcune sue Conside-
rationi illustrata, 1610, manoscritto autografo I-Bc, B.44.

Al di là della completezza dell’elenco, si è ritenuto importante riportare più este-


samente alcuni titoli degli scritti di quest’ultimo periodo per sottolineare un pro-
gressivo allontanamento di Bottrigari dalle questioni della realtà a lui contempo-
ranea, che tanto lo avevano amareggiato in occasione della disputa con Artusi.
È degno di nota, poi, come le ultime due traduzioni con commento a margine
dai teorici antichi, latino Macrobio, greco Plutarco, siano state scelte su un argo-
mento così ricco di implicazioni escatologiche come la creazione dell’anima e la

modello metodologico per i grandi filosofi della scienza tra xvi e xvii sec., da Galileo Galilei a Marin
Mersenne a Johannes Kepler: si vedano in proposito gli studi di Claude V. Palisca, Scientific Empi-
ricism in Musical Thought, in Seventeenth Century. Science and the Arts, ed. by Hedley Howell Rhys,
Princeton, Princeton University Press, 1961, pp. 91-137 (trad. it. parziale in La musica nella Rivoluzione
Scientifica del Seicento, a c. di Paolo Gozza, Bologna, Il Mulino, 1989, pp. 166-77); Daniel P. Walker,
The Harmony of the Spheres, in Studies in Musical Science in the Late Renaissance, London, The Warburg
Institute, University of London-Leiden, E. J. Brill, 1978, pp. 1-13; Id., Vincenzo Galilei and Zarlino, in
ivi, pp. 15-26 (entrambi questi studi sono parzialmente tradotti in La musica nella Rivoluzione Scientifi-
ca del Seicento, rispettivamente alle pp. 69-77 e 179-186); Stefano Leoni, Le armonie del mondo. La
trattatistica musicale nel Rinascimento: 1470-1650, Genova, ecig, 1988.

312
il cantar novo di ercole bottrigari

sua vita immortale, in relazione alla musica delle sfere. Forse può leggersi in que-
ste due ultime opere un sentimento più vivo, rispetto agli altri scritti, di distacco
dal mondo reale, verso un’appagante speculazione su una realtà ultraterrena.84
Ercole Bottrigari muore nella sua «dilettevole villa» nel comune di S. Alberto
di Piano, il 30 settembre del 1612.85

Il cantar novo: prospettive analitiche per la storia del cromatismo nel Cinquecento

L’analisi del madrigale a quattro voci, in due parti, Il cantar novo, e’l pianger
degl’Augelli di Ercole Bottrigari si prefigge come obiettivo principale di collo-
care esattamente questo brano all’interno della discussione sui generi armo-

84 L’edizione di riferimento è Macrobius, Commentarii in somnium Scipionis, in Macrobius, ed.


by James Willis, vol. 2, Leipzig, Teubner, 1970 (cfr. anche l’edizione a c. di Luigi Scarpa, Padova,
Liviana, 1981); per Plutarco, invece, si veda il Perì tês en Timaíōi psychogonías, in Plutarchus
Cheronensis, Moralia, Leipzig, Teubner, 1925-1960.
85 «Trasportatane la salma in Bologna, le si diè sepoltura a’ 3 del successivo ottobre nella chiesa di
S. Francesco [ora sconsacrata], dove da due secoli posavano le ossa de’ suoi antenati. Ad onore di
lui furono coniate due medaglie, entrambe con la sua effigie nel diritto e solamente diverse nel rove-
scio che nell’una rappresenta un vaso d’ardente profumo col motto “VIRTUTI AETERNAE” e nel-
l’altra la sfera armillare, il compasso, la squadra, una tavola con numeri e una viola a sei corde, col
motto “NEC HAC QUAESIVISSE SATIS”»: cfr. Gaspari, Dei musicisti bolognesi cit., p. 311; per le
due medaglie, incise da Antonio Casoni e conosciute anche da Apostolo Zeno, cfr. Maniates, The
Cavalier Ercole Bottrigari cit., pp. 157-159. Un’incisione con ritratto di Bottrigari è apposta inoltre
nelle pagine introduttive del Melone, da cui l’effigie delle medaglie trae ispirazione. Veramente
indovinato è il soggetto iconografico: le quattro Arti matematiche, ciascuna con i suoi propri attri-
buti, rappresentano realmente le coordinate principali del pensiero umanistico di Bottrigari; sug-
gestivo, poi, è lo sguardo fisso negli occhi della Musica che suona una qualche viola (da gamba?),
sguardo che oltrepassa la cornice del ritratto per contemplare, sicuro della scienza delle altre Arti,
la vera sua bellezza. Degno di nota è che l’Aritmetica abbia scritto sulla sua tabella i primi sei nume-
ri interi, strettamente correlati al senario zarliniano il quale stabiliva le consonanze usate dai com-
positori moderni, contrapposto alla tetraktýs pitagorica che giustificava l’impiego delle sole conso-
nanze di unisono, quarta, quinta e ottava e i loro intervalli composti, eccezion fatta per l’undicesi-
ma. Un distico elegiaco in calce recita: «Herculis Augustam Butrigari suspice Formam; | Qui cala-
mo Priscos vincit, et ingenio [Contempla l’augusta forma di Ercole Bottrigari, colui il quale vinse
per penna e ingegno i suoi predecessori]». Le medaglie sono riprodotte in apertura del volume di
Enrico Bottrigari, Notizie biografiche cit.; cfr. inoltre ivi, pp. 21 e 28, nota 17. Sul monumento
funebre di Bottrigari, cfr. Mazzoni-Toselli, Cenni storici cit., pp. 436-42.

313
luca bruno

nici (diatonico, cromatico, enarmonico) tanto cara alla trattazione dei mag-
giori teorici del Rinascimento italiano, da Vicentino a Lusitano e Danckerts, a
Zarlino, Galilei e Artusi.
Come già affermato, il madrigale sul celebre testo di Petrarca è posto alla fine
del trattato Il Melone. Discorso armonico del M. Ill. Sig. Cavaliere Hercole Bottriga-
ro, pubblicato a Ferrara, presso Vittorio Baldini, Stampatore Camerale, nel 1602,
ma in realtà già scritto nel 1591, come attestato in chiusura del testo. Il brano si
presenta senz’altro come un hapax nella storia della musica rinascimentale, per
due distinte ragioni. La prima è che esso è l’unico esempio sopravvissuto inte-
gralmente della produzione compositiva, di per sé scarsa, di un teorico impor-
tantissimo al quale, in conformità con l’atteggiamento prevalente degli umani-
sti, poco importava di essere tenuto in gran conto come buon contrappuntista,
ma che non nascondeva il suo interesse per le tendenze più innovative della
musica a lui contemporanea, quale quella di Cipriano de Rore, Giaches de Wert,
Luzzasco Luzzaschi, Claudio Merulo o Costanzo Porta.
La seconda ragione è che questo madrigale sopravvive proprio in virtù del-
l’essere stato pubblicato come prova pratica delle teorie esposte in un trattato, Il
Melone appunto, la cui genesi risiede in un confronto diretto tra le varie opinioni
dei più importanti teorici rinascimentali in merito all’applicabilità degli antichi
procedimenti compositivi greci alla «moderna prattica». Com’è noto, lo scopo di
un simile ritorno all’antico risiedeva nel tentativo di giustificare le innovazioni
dei compositori, ma modificandole nel codificarle, per ottenere un più avanzato
stato di compenetrazione tra la nuova espressione degli affetti del testo poetico
nella composizione musicale e l’altrettanto rinnovata razionalizzazione dell’ap-
parato teorico di riferimento per i musicisti pratici. Questo apparato doveva
infatti fornire loro una risorsa sicura, fondata sulla ragione e sul vaglio critico
delle fonti trattatistiche antiche, in modo da sostenerli saldamente anche in quei
loro esperimenti sempre più avanzati in senso espressionista.
Cerchiamo adesso di chiarire brevemente questi due punti.
Sintetizzando al massimo i contributi alla storia della musica rinascimentale
che lo studio dell’opera teorica di Bottrigari può offrire, la caratteristica princi-
pale dei suoi scritti risiede nella costituzione di una teoria razionalmente fondata
sul pensiero musicale antico, con l’idea di contemplare tutti gli aspetti della real-
tà musicale a lui contemporanea, dalla discussione sui generi armonici, al con-
trappunto, ai problemi d’intonazione e accordatura degli strumenti nei concerti,

314
il cantar novo di ercole bottrigari

alla storia delle notazioni. Gli effetti della musica antica, meravigliosamente nar-
rati dalle fonti letterarie greche e latine, sono sempre presenti alla mente di un
umanista qual era, poliedrico ed eclettico come i suoi più illustri colleghi, da Leo-
nardo da Vinci a Giordano Bruno.
I trattati teorici di Bottrigari cui faremo riferimento nell’analisi sono Il Melo-
ne, Il Melone Secondo e Il Desiderio, dai quali faremo derivare la sua teoria del
genere e della composizione «pura e schietta cromatica».86 Dai suddetti trattati
trarremo anche le eventuali giustificazioni per le deroghe alle norme canoniche
del contrappunto messe in atto da Bottrigari, laddove alcuni procedimenti con-
trappuntistici si troveranno a essere in contrasto con le prescrizioni dei maggiori
trattatisti del periodo, ad esempio Zarlino.87
Come accennato sopra, resta ancora dubbia la datazione precisa del brano,
che la maggioranza degli studiosi assegna agli anni intorno al 1556, seguendo la
testimonianza del Trimerone circa gli studi di contrappunto e composizione sotto
la guida dell’amico e coetaneo Bartolomeo Spontoni.88 La questione della data-
zione diventa centrale nel momento in cui si considera l’eccezionalità del brano,
poiché, come già detto, essendo l’unico pezzo di musica di Bottrigari pervenuto-
ci integro, esso illumina lo stadio cui era giunta la sua teoria del genere cromatico

86 Secondo le parole del compositore Francesco Orso da Celano: sulla «Teoricale dottrina Armo-
nica» (Il Melone, p. 47) di Orso da Celano, cfr. la lettera posta alla fine della stampa del suo Primo
libro de’ Madrigali a cinque voci, pubblicato a Venezia da Claudio Correggio [Claudio Merulo], nel
1567; la lettera è riprodotta nelle Appendici dell’articolo di Henry W. Kaufmann, Francesco Orso
da Celano, a Neapolitan Madrigalist of the Second Half of the Sixteenth Century, «Studi musicali», ix,
1980, pp. 219-269, 247-248. L’edizione moderna del Primo libro a cinque voci, unica opera pervenuta
di Orso, è a c. di Jessie Ann Owens, New York, Garland, 1996; alla fine del libro vi sono i due
madrigali cromatici (così recita il frontespizio della stampa, ma si tratta in realtà di un unico
madrigale in due parti), Il cantar novo e Così mi sveglio, sul medesimo testo petrarchesco usato da
Bottrigari; si veda inoltre Privitera, “Piagn’e sospira” cit., pp. 52-57.
87 Giova ricordare che le regole sul contrappunto e sulla composizione polifonica furono descrit-
te ampiamente da Zarlino nelle sue Istitutioni harmoniche, ma non prima del 1558, anno della prima
edizione veneziana del trattato.
88 Come si vedrà nell’analisi seguente, la datazione resta dubbia, anche se di non molto posterio-
re, per alcuni fattori di tecnica compositiva e per la relativa giustificazione di alcuni procedimenti
non proprio ortodossi rispetto alle regole di Zarlino, codificate solo dal 1558. Sesini, L’Umanesi-
mo musicale cit., pp. 63-70 e Maniates, The Cavalier Ercole Bottrigari cit., pp. 175-179 riportano la
trascrizione in partitura del madrigale (in Maniates solo la prima parte), anche se contengono
numerosi errori di lettura, sia delle note sia del testo poetico.

315
luca bruno

nel momento della composizione, anche se volessimo considerare questo madri-


gale solo come un’applicazione a un livello puramente intuitivo di idee non anco-
ra esplicitate in forma scritta, come saranno poi nel Melone.89
Si passi ora a considerare l’altro aspetto per cui Il cantar novo attira la nostra
attenzione: esso è la prova tangibile posta da Bottrigari a testimoniare che si può
scrivere in polifonia nel genere cromatico antico. Tale connubio era assolutamente
denigrato dai maggiori trattatisti rinascimentali, ad esempio dall’altro grande uma-
nista-musicologo Girolamo Mei e con lui da Vincenzo Galilei, i quali si opponevano
a quest’unione con argomentazioni di carattere storico ed estetico, essenzialmente
fondate sul fatto che non esisteva polifonia nel mondo classico e che anzi la sovrap-
posizione di più melodie ne confondeva i singoli éthē, oscurandone anche il senso
delle parole. Da Zarlino, invece questo connubio era stigmatizzato come povero di
sonorità, poiché non si potevano coniugare felicemente le alterazioni melodiche
strutturali e la dimensione verticale essenzialmente triadica che egli esaltava, aven-
do come sistema di riferimento l’impianto puramente diatonico dei dodici modi,
ripresi e ampliati, sull’esempio di Glareano, dagli otto modi ecclesiastici.
In Zarlino, infatti, le alterazioni del genere cromatico e di quello enarmonico
sono utilizzabili solo raramente e come eventi di passaggio, e non devono turba-
re la percezione chiara del modo d’impianto di una composizione, anzi ne devo-
no esaltare il diatonicismo, fornendo le distanze tra i suoni necessarie ad evitare
vizi di condotta delle parti, primo fra tutti l’intervallo di tritono. Esse possono
tornare anche utili per alterare di semitono uno dei due suoni di una sesta che
deve risolvere per moto contrario sull’ottava: tutti procedimenti saldamente
ancorati alla prassi della musica ficta, che, in quanto ficta cioè ‘finta’, esalta per
contrasto quella ‘vera’, la musica diatonica.

89 Interessante l’osservazione di Gaspari, il quale sostiene che se non fosse stato per Annibale
Meloni, amico e discepolo di Bottrigari e destinatario dell’omonimo trattato, il nostro teorico non
si sarebbe mai deciso a organizzare le sue riflessioni in forma definitiva nelle opere che conoscia-
mo; cfr. Gaspari, Dei musicisti bolognesi cit., p. 321: «Parmi adunque che nulla ormai o ben poco
possa desiderarsi di sapere sul nostro autore, il quale sebbene nella repubblica letteraria e scienti-
fica occupasse un seggio elevato, sarebbe cionondimeno caduto ben presto in dimenticanza, se
fortunatamente l’inscienza e la dura cervice del suo caro Meloni non l’avesse forzato a scrivere
que’ libri stupendi di tutte cose musiche, dai quali soli ripete l’alta e imperitura sua celebrità».
Dalla lettura delle pp. 38 e 47 del Melone non sembra di poter ritenere che Il cantar novo possa esse-
re stato scritto apposta per il trattato (1591).

316
il cantar novo di ercole bottrigari

Il problema dell’esistenza parallela e del mescolamento dei generi armoni-


ci è alla base anche del pensiero teorico di Nicola Vicentino, ma è da lui svi-
luppato con esiti diversi, anzi opposti rispetto a quelli di Zarlino. Nella dispu-
ta romana del 1551 con Vicente Lusitano, egli metteva in guardia i suoi interlo-
cutori proprio sulla presenza dei generi cromatico ed enarmonico nella musi-
ca contemporanea, poiché essi comparivano sostituendo il diatonico nel
momento in cui la melodia procedeva per salti di terze, minori per il genere
cromatico, maggiori per quello enarmonico.
Giova a questo punto ricordare la divisione base dei tetracordi antichi nei vari
generi. Il tetracordo è un intervallo di quarta giusta delimitato da due suoni fissi,
al cui interno vi sono due note dall’intonazione variabile: il tetracordo diatonico
prevede una successione ascendente di Stn-Tn-Tn, il cromatico di Stn-Stn-3ami-
nore, l’enarmonico di D-D-3aMaggiore.90 La teoria di Vicentino, aspramente
censurata da Lusitano e Danckerts, senza peraltro fornire loro stessi prove più
affidabili della sostanziale diatonicità della melodia, prevede pertanto che, nel
momento in cui la «Cantilena» procede per un salto maggiore del tono, questa
cessi di essere pura diatonica e chieda in prestito agli altri due generi, mescolan-
dosi con essi, l’intervallo incomposto di cui ha bisogno.
Naturalmente questa visione insolita della melodia, che addirittura vieta la
successione per tono alle composizioni pura cromatica e pura enarmonica, non
poteva non essere confutata da Zarlino e da Bottrigari stesso. Anzi, è sulla dispu-
ta del 1551 che Meloni richiama l’attenzione del bolognese,91 non soddisfatto
della sentenza dei giudici Bartolomeo Esgobedo e Ghiselin Danckerts contro
Vicentino a favore di Lusitano, né di ciò che dice Zarlino nei suoi trattati circa il
mescolamento dei generi, in quanto, come abbiamo visto, egli nega uno statuto
strutturale ai sistemi non diatonici.

90 ‘Stn’ sta per semitono, ‘Tn’ sta per tono, ‘D’ sta per diesis enarmonica, cioè un quarto di tono;
dai teorici rinascimentali il salto di terza minore è chiamata Semiditono incomposto, il salto di terza
maggiore ditono incomposto. L’intonazione esatta di questi intervalli può cambiare secondo le ‘sfu-
mature’ dei generi, che sono successioni tetracordali di transizione tra queste forme base, variabi-
li per il sistema di accordatura usato: ad esempio il genere cromatico di Aristosseno può essere
composto da 1/3Tn-1/3Tn-1+5/6Tn (cromatico molle), 3/8Tn-3/8Tn-1+3/4Tn (cromatico emio-
lio), Stn-Stn-1+1/2Tn (cromatico tonico).
91 Nella lettera stampata immediatamente prima dell’inizio del Melone e datata «Di Bologna, il dì
28. di Maggio 1591».

317
luca bruno

Ecco in breve la risposta di Bottrigari, che riassumiamo dal Melone, riman-


dando a questo trattato per le citazioni da altri autori e per la serrata confutazio-
ne di alcune loro idee.92
Se noi ritenessimo che una melodia reputata diatonica si mescoli agli altri due
generi per il solo fatto che in essa vi siano salti di terza, come dovremmo conside-
rare le melodie che comunemente sono composte da salti non solo di terza, ma
anche di quarta, quinta, sesta, ottava, se non come un «mostruosissimo mostro
di confusione»? Non è l’intervallo incomposto in sé che fa il genere, quanto il
sistema scalare di riferimento: quindi, in una composizione che si dice pura cro-
matica non bisogna usare note estranee alla successione tetracordale di quel par-
ticolare genere; pertanto, non si possono utilizzare né quei gradi propri del dia-
tonico o dell’enarmonico, né tantomeno quelli ottenibili attraverso la musica
ficta. Non è affatto necessario, però, seguire sempre le note nella successione dei
tetracordi, anzi sarebbe deleterio, in quanto tutti saremmo in grado di scrivere
musica e non ci sarebbe differenza di stile e di valore tra i vari compositori.
Gli intervalli per salto, in realtà, sono auspicabili oltre che permessi, ma non
per quella debole congettura che Zarlino pone per dimostrare che le terze melo-
diche fanno parte del sistema diatonico, poiché sono frutto della somma di due
intervalli congiunti, congettura che il ‘reverendo’ teorico trae dall’interpretazio-
ne un po’ fuorviante di un passo di Boezio.93 La possibilità di usare i salti senza
per questo turbare l’impianto del genere deriva invece da due «saldissime ragio-
ni» insieme a una «gagliardissima congiettura».
La prima ragione è che in un trattato antico, nell’Eisagōgé o Introduzione alla
musica di Euclide (Pseudo-Euclide, oggi comunemente attribuito a Cleonide), si
distingue già tra «Costitutioni successivamente ordinate» e «Costitutioni non
successivamente ordinate», le prime corrispondenti alle successioni per gradi
dei cinque tetracordi in ciascun genere, le seconde a successioni per salto tra note
appartenenti però sempre allo stesso genere.94

92 Come già affermato, un commento puntuale al Melone è in Bruno, Ercole Bottrigari cit., pp. 51-115.
93 Cfr. Zarlino, Le istitutioni harmoniche, parte iii, cap. 75 e Boezio, De Institutione musica, i, 23;
cfr. trad. it. a c. di Giovanni Marzi (su testo critico di Gottfred Friedlein, Leipzig, Teubner, 1867),
Roma, Istituto Italiano per la Storia della Musica, 1990.
94 I nomi dei cinque tetracordi formanti il sistema ametábolon ‘immutabile’ greco sono, dal
registro grave all’acuto, hypátōn, mésōn, diezeugménōn (disgiunto per un tono dal precedente) e
hyperboléōn, con il synemménōn congiunto (come dice il nome) al mésōn; a questi si aggiunge al

318
il cantar novo di ercole bottrigari

La seconda ragione, poi, è che sempre Euclide (Cleonide), trattando delle


regole per costruire delle buone melodie, parla della ploké, una tecnica che Bottri-
gari traduce con «Legame» o «Complicamento» e traducibile anche con ‘intrec-
cio’, laddove il termine indica una varia e scambievole disposizione di intervalli
non procedenti per grado congiunto; la tecnica melopoietica per gradi congiunti,
infatti, ha un nome differente, agōgé, che Bottrigari traduce con «Conducimento,
et progressione».
La «gagliardissima congiettura» di cui parla Bottrigari, invece, consiste nella
presentazione di tre frammenti melodici, tratti dal Dialogo della musica antica e
della moderna di Galilei, e comunemente noti oggi, con qualche discordanza sul
loro numero, come Inni di Mesomede.95 Bottrigari è il primo a tradurli corretta-
mente seguendo le tavole di Alipio, le quali, distinte per generi e toni di trasposi-
zione, non lasciano dubbi sul fatto che queste melodie fossero state notate nel
modo Lidio e nel genere diatonico. Il fatto che in esse si trovino salti, anche piut-
tosto grandi, come quinte o seste, è una prova che si aggiunge alle due ragioni
riportate in precedenza, sebbene sarebbe auspicabile per Bottrigari trovare altre
melodie sicuramente antiche per avere la certezza dell’utilizzo degli intervalli
incomposti nella prassi musicale diatonica (e qui non si può fare a meno di nota-
re la sua grande sensibilità storica).
Bottrigari continua poi ad addurre nuove prove dell’esistenza di salti in melo-
die sicuramente diatoniche, riferendosi al gregoriano e alla stretta connessione
nelle origini di questo repertorio con la Chiesa greca, erede delle speculazioni

grave il proslambanómenos o ‘suono aggiunto’, appunto, per completare la doppia ottava del
sistema perfetto.
95 Bottrigari, seguendo l’umanista Francesco Patrizi, le attribuisce a «un Dionigio Musico»: v. Il
Melone, p. 9 e Patrizi, Della Poetica cit., vol. 1, pp. 329-30, in cui si fa un tentativo di tradurre la
prima melodia e si riportano le altre. In Martin Lichtfield West, Ancient Greek Music,
Oxford, Clarendon Press, 1994, paperback edition, p. 280 (edizione in hardcover, New York,
Oxford University Press, 1992), si parla di quattro inni, distinguendo tra l’inno Alla Musa e gli altri
tre A Calliope e Apollo, Al Sole, A Nemesi: la distinzione è basata su discordanze linguistiche e dati
analitico-musicali. Sempre come «quattro antiche Cantilene» le riporta Vincenzo Galilei,
Dialogo della musica antica e della moderna, Firenze, Giorgio Marescotti, 1581, p. 96. L’errore di Bot-
trigari dipende probabilmente da un’errata interpretazione del passo di Patrizi o da un colloquio
diretto con quest’umanista, a lungo frequentato nel suo esilio ferrarese tra il 1576 e il 1587. Resta
comunque da chiarire che gli Inni di Mesomede sono tre, poiché Alla Musa non ha autore nei mano-
scritti antichi.

319
luca bruno

antiche sulla musica. Come esempio lampante di melodia diatonica per salti egli
adduce la formula d’intonazione salmodica del v modo.96 Cita poi un passo di
Tolomeo (Harm. i, 10), in cui il grande teorico e matematico greco prende in con-
siderazione due Ditoni incomposti presi in parti diverse, ma nel genere diatoni-
co97 e non in quello enarmonico. Infine, sulla scia di Aristosseno, paragona le
note del sistema scalare di ogni particolare genere a un alfabeto, da cui i musici,
come i poeti, traggono le lettere in vario ordine, e non necessariamente in
sequenza, per comporre le loro opere d’arte.
Confutato Vicentino, ma ancora di più i suoi detrattori colpevoli di non rico-
noscere gli antichi generi armonici, da quest’ultimo riportati ad essere oggetto di
pubblica discussione – anche se comunque i veri musici teorici mai avrebbero
potuto dimenticarne l’esistenza – Bottrigari passa poi a dimostrare, molto osse-
quiosamente, gli errori di Zarlino, il quale negava l’applicabilità pratica dei gene-
ri non diatonici antichi alla composizione moderna, per via delle difficoltà d’in-
tonazione degli intervalli (pensiamo ai quarti di tono) e per la relativa povertà di
consonanze e sonorità verticali rispetto al diatonico, di cui essi si trovavano affet-
ti nel momento di usarli puri in composizioni polifoniche. Bottrigari corregge gli
esempi di trasporto dal diatonico al cromatico e all’enarmonico, che Zarlino
opera su un’antifona di primo modo (Eruisti animam meam Domine, ne periret),
ma ancor di più dimostra pubblicamente l’efficacia del sistema cromatico anti-
co, usandolo per il più eccelso e artificioso genere di composizione musicale a lui
contemporaneo, il madrigale polifonico, addirittura su testo di Petrarca.
Prima di passare all’analisi del brano, mi si conceda però una riflessione: l’in-
telligenza e la sensibilità di Zarlino verso la prassi musicale contemporanea, non-

96 Bottrigari, Il Melone cit., p. 12: «A questa gagliardissima congettura si dee convenevolmen-


te aggiungere […] quest’altra de’ Canti fermi, ò piani Ecclesiastici, cioè, Salmi, Antifone, Hinni, &
tali; ne’ quali per essere eglino veramente del Genere Diatonico, e derivativi dalla sopradetta
maniera di Cantilene greche, & formati in gran parte forse anco in quei tempi della primitiva
Chiesa greca, & latina aparentemente si vedono, & si cantano e Semituoni, e Tuoni, e Semiditoni,
e Ditoni, & altri salti, overo Intervalli in composti [sic] tali; di che più chiara testimoniantia non
potiamo havere, che’l principio della Intonatione de’ Salmi del quinto Modo, ò Tuono; che è [in
notazione su pentagramma in chiave di tenore: Fa2-La2-Do3.] La cui vivace gagliardia è per ciò di
maggior commovimento, che non è quella di alcun’altra de’ restanti modi, ò Tuoni».
97 Si tratta del genere diatonico della specie diatono incitato, ossia il diátonon ditoniaîon composto
dalla successione discendente di due toni sesquiottavi (9:8) e un semitono rimanente (256:243)
per formare la quarta giusta (4:3).

320
il cantar novo di ercole bottrigari

ché la vocazione sistematica nell’organizzare un saldo apparato teorico in grado


di guidare e correggere questa stessa prassi, lo avevano fatto allontanare dal con-
siderare più di tanto il genere cromatico antico come risorsa compositiva, poiché
il cromatismo cui lui guardava con sospetto ed esigenza di sottomissione al dia-
tonico era quel cromatismo integrale al quale portava un uso spregiudicato delle
regole della musica ficta; un cromatismo diverso che, se non usato con le dovute
cautele, era in grado di far esplodere il tradizionale universo modale.98
L’impronta storiografica e, per così dire, la vocazione archeologica di Bottri-
gari, invece, consentivano tranquillamente a quest’ultimo di superare le barriere
temporali che lo separavano dalla musica greca, come già era successo a Vicenti-
no, permettendogli di traslare concetti teorici pensati per la monodia antica alla
«moderna prattica» della polifonia.

98 La tesi zarliniana, secondo la quale i generi cromatico ed enarmonico non si potevano usare
con profitto da soli, in quanto non si era sicuri della giustezza di tutte le consonanze costruite sui
loro gradi, per via delle diverse sfumature degli intervalli (si pensi al semitono maggiore, 16:15, e a
quello minore, 25:24), fu in realtà confermata per assurdo dal suo discepolo e ‘campione’ Artusi.
Questi, infatti, a proposito del Duo cromatico di Willaert Quidnam ebrietas [sic], parla di un tempe-
ramento equabile come sistema di intonazione dei semitoni impiegato dai cromatisti per ottenere
le consonanze giuste tra suoni alterati e non alterati: si pensi alla consonanza di ‘ottava’ Re-Mibb
tra Soprano e Tenore che concluderebbe il ‘duo’; cfr. Zarlino, Le istitutioni harmoniche, parte iii,
cap. 73-77 e Giovanni Maria Artusi, L’Artusi, overo delle imperfettioni della moderna musica.
Ragionamenti dui, Venezia, Giacomo Vincenti, 1600, Ragionamento Primo, p. 21 (ristampa anastati-
ca a c. di Giuseppe Vecchi, Bologna, Forni, 1968). Per il Duo cromatico di Willaert (in realtà una
composizione a quattro voci), cfr. Edward E. Lowinsky, Adrian Willaert’s Chromatic Duo reexa-
mined, «Tijdschrift voor Muziekwetenschap», xviii, 1956-59, pp. 1-36 (trad. it. in Musica del Rina-
scimento cit., pp. 117-149). Il sistema di accordatura di riferimento per Zarlino è il diatono syntono
di Tolomeo, «inspessato» delle corde del genere cromatico di Didimo (e temperato con uno dei
due temperamenti mesotonici, quindi eliminando la differenza tra tono sesquiottavo e sesquino-
no del syntono, riconducendoli entrambi alla proporzione 9:8, come nel diatonico diatono).
Anche per Bottrigari l’unica mistura tra i generi è quella definita da Zarlino nella seconda parte
delle Istitutioni harmoniche (cap. 38-46), facilmente osservabile negli strumenti a intonazione sta-
bile, come organi o clavicembali: cfr. Il Melone, p. 24. Egli va però avanti rispetto a Zarlino, dimo-
strando che si può scrivere in polifonia nel puro genere cromatico di Didimo (16:15; 25:24; 6:5),
anche se in effetti il suo esperimento cromatico costringe le voci in ambitus ristretti e può disporre
di pochissime triadi complete. Questi difetti sono compensati da un uso audace delle dissonanze
(melodiche e armoniche), dovute agli accidenti strutturali del sistema, un uso che, come vedre-
mo, ben si adatta alla materia del testo poetico intonato.

321
luca bruno

Torna utile in proposito la distinzione che Massimo Privitera opera tra un


cromatismo archeologicamente orientato alla rinascita del genere cromatico
greco, un cromatismo che si mantiene nei limiti di un’oscillazione fra terze
minori e maggiori all’interno di una struttura saldamente modale, e un cromati-
smo disgregativo della modalità, che ne fa crollare i fondamenti costruttivi.99

*****

Veniamo ora all’analisi del madrigale in due parti nel genere cromatico, la cui
partitura può leggersi nelle Appendici i e ii.
Il metodo analitico seguito si rifà a quello usato da Lewis Lockwood nello stu-
dio sulle messe di Vincenzo Ruffo:100 si procede all’identificazione di episodi
polifonici, per poi descriverne i motivi melodici presenti nelle varie voci che li
compongono. Gli episodi sono segmentati grazie all’esame dell’unità testuale
che intonano, combinata però all’uso delle cadenze, al materiale motivico pre-
sente nelle varie voci e a una loro sostanziale omogeneità di configurazione poli-
fonica (caratteristiche esclusivamente musicali). Un episodio quindi è basato su
un unico frammento del testo e utilizza sempre gli stessi materiali motivici in
numero non troppo esteso, combinati con tecniche compositive imitative o
omoritmiche costanti per la durata dell’episodio stesso – con eventualmente una
gran varietà di configurazioni intermedie fra questi due poli estremi – fin quando
si arriva a una cadenza – più o meno completa o ‘fuggita’ – seguita da un cambio
del frammento testuale e da una sostituzione del materiale motivico.
I criteri di segmentazione usati nella presente analisi si rifanno anche a un altro
importante studio metodologico di Rossana Dalmonte e Massimo Privitera.101 Seb-
bene essi siano stati pensati per il repertorio delle canzonette a sei voci di Ora-

99 Questa distinzione è operata sul repertorio madrigalistico rimastoci di un eccellente, quanto


giovane e sfortunato compositore cosentino del xvi secolo, Achille Falcone, ma può estendersene
con profitto l’applicabilità a tutto il corpus degli esperimenti cromatici tra Cinque e Seicento; cfr.
Achille Falcone, Madrigali, mottetti e ricercari, a c. di Massimo Privitera, Firenze, Olschki,
2000, pp. v-xliii, xxvi-xxxi.
100 Lewis Lockwood, The Counter-Reformation and the Masses of Vincenzo Ruffo, Venezia, Uni-
versal, 1967, pp. 136-229 ed esempi musicali alle pp. 265-280.
101 Rossana Dalmonte-Massimo Privitera, Gitene, Canzonette. Studio e trascrizione delle
“Canzonette a sei Voci D’Horatio Vecchi” (1587), Firenze, Olschki, 1996, pp. 24-31.

322
il cantar novo di ercole bottrigari

zio Vecchi (1587), si sono dimostrati utili per determinare il cosiddetto «respi-
ro fraseologico» de Il cantar novo, che a una rapida lettura della partitura in
Appendice appare subito affidato al verso del sonetto di Petrarca, o a parti più
piccole di esso, e mai a unità più grandi, come la coppia di versi o il verso più
l’emistichio. Per «respiro fraseologico», nell’accezione di Dalmonte-Privite-
ra, s’intende la frequenza con cui le frasi melodiche delle singole voci, seg-
mentate ad esempio da pause o da ripetizioni musicali e testuali, intonano
unità metrico-sintattiche rilevanti del testo, come, appunto, l’emistichio, il
verso o il verso più l’emistichio.
Lo studio per così dire statistico del rapporto frase melodica-unità testuale
conduce a legittimare un metodo analitico fondato sul verso, che dà poi risultati
pertinenti all’interazione tra lo schema metrico testuale e la musica. Proprio sul
rapporto testo-musica spesso si fonda il metodo compositivo della polifonia
rinascimentale, che tende, in generale, a rinnovare il materiale musicale nel
momento in cui cambia la porzione di testo da intonare.
Il metodo analitico di Lockwood sopra descritto, poi, non è qui seguito
pedissequamente, perché è pensato per l’individuazione dei nessi motivici tra
il genere della messa-parodia e il mottetto da cui questa prende spunto. La
descrizione motivica, infatti, si dimostra priva di senso nel momento in cui si
dovrebbero individuare i singoli materiali melodici in voci che in realtà si
stanno producendo in passi omoritmici o addirittura in «atti delle caden-
tie».102 Ciò è ancor più manifesto in un genere come il madrigale, in cui l’an-
damento sincronico delle voci non è utilizzato solamente per enunciare con
chiarezza il testo intonato – come richiesto a una messa polifonica post-tri-
dentina – quanto piuttosto come risorsa squisitamente musicale orientata in
senso verticale per evidenziare aspetti del significato letterale o affettivo del
componimento poetico. Si è pertanto creduto legittimo nei passi omoritmici
spostare l’attenzione dai nessi motivici alle sonorità verticali della musica,
studiate nel loro collegamento, riconoscendo che la questione circa la supre-

102 Nicola Vicentino, L’antica musica ridotta alla moderna prattica, Roma, Antonio Barré, 1555
(ristampa anastatica con postfazione a c. di Edward E. Lowinsky, Kassel, Bärenreiter, 1959, “Docu-
menta Musicologica”, 17), libro iii, cap. xxxiii, p. 57. Il termine è usato per indicare i movimenti
cadenzali più comuni nelle quattro voci della compagine polifonica standard ed è l’equivalente
italiano delle clausole cantizans, altizans, tenorizans, basizans utilizzate, riprendendole dal teorico
Gallus Dressler (1533-1585ca.), in Meier, Die Tonarten der klassischen Vokalpolyphonie cit.

323
luca bruno

mazia delle ragioni della melodia su quelle dell’armonia nella polifonia rina-
scimentale è questione ancora ampiamente irrisolta.103
Potrà forse in tal senso apparire forzato l’uso della parola ‘triade’ in un conte-
sto cinquecentesco.104 La voce di riferimento per determinare il grado cadenzale
era, però, plausibilmente il Basso, almeno a partire dagli anni Quaranta del seco-
lo. Inoltre l’epoca del basso continuo non è per nulla lontana dalla data di com-
posizione del Melone; questa tecnica era anzi usata nella pratica da prima che ne
fosse codificata la notazione e l’uso nei trattati e nelle musiche d’inizio Seicento.
Ciononostante, l’analisi farà uso delle cifre arabe per indicare i gradi armonici, in
modo da evitare qualsiasi riferimento alla ‘tonalità’ dei secoli seguenti;105 quan-
do si parlerà di successioni armoniche, ci si riferirà ai movimenti melodici del
Basso, sulle cui note saranno costruiti e quindi indicati di volta in volta accordi di
terza e quinta, terza e sesta o quarta e sesta, oltre ad eventuali dissonanze.
I movimenti che si etichetteranno come contrappuntistici, invece, illustrano
bene il concetto di prolungamento, il quale – se perfettamente adatto al linguaggio
tonale e pertanto saldamente ancorato alla terminologia tecnica dell’analisi schen-

103 Cfr. Dalmonte-Privitera, Gitene, Canzonette cit., pp. 47-51. Cfr. anche Luca Bruno, Theory
and Analysis of Harmony in Adrian Willaert’s Canzone villanesche alla napolitana (1542-1545), Arcava-
cata di Rende, Centro Editoriale e Librario dell’Università della Calabria, 2008, pp. xv-xxii; Id., A
Methodological Approach Toward the Harmony of Sixteenth-Century Secular Polyphony, in Music Theory
and Its Methods: Structures, Challenges, Directions, ed. by Denis Collins, Frankfurt am Main, Peter
Lang, 2013 (“Methodology of Music Research”, 7), pp. 33-98; Id., Toward a Theory of Harmony in the
Renaissance: Historical-Analytical Inquiry into Harmonically-Oriented Genres of Sixteenth-Century Secu-
lar Polyphony, in Histories and Narratives of Music Analysis, ed. by Miloš Zatkalik-Milena Medić and
Denis Collins, Newcastle upon Tyne, Cambridge Scholars Publishing, 2013, pp. 65-88.
104 Il concetto di triade così come quello di rivolto è già riconosciuto da alcuni teorici tedeschi tra
la seconda metà e la fine del xvi secolo, concretandosi nel trattato di Johannes Lippius, Synop-
sis musicæ novæ, Strasburgo, Carl Kieffer, 1612; cfr. Benito V. Rivera, The Isagoge (1581) by Johan-
nes Avianus: An Early Formulation of Triadic Theory, «Journal of Music Theory», xxii/2, Spring
1978, pp. 43-64; Id., German Music Theory in the Early 17th Century. The Treatises of Johannes Lippius,
Ann Arbor: UMI Research Press, 1980; Bruno, Theory and Analysis of Harmony cit., pp. 43-61.
105 La tecnica analitica è ripresa dallo studio fondamentale di Howard Mayer Brown, Verso
una definizione dell’armonia nel sedicesimo secolo: sui Madrigali ariosi di Antonio Barrè, «Rivista italia-
na di musicologia», xxiv, 1990, pp. 18-60. Ho personalmente impiegato questo metodo nell’ana-
lisi delle implicazioni armoniche a corto e lungo raggio in determinati generi cinquecenteschi di
polifonia profana italiana orientati armonicamente; cfr. Bruno, Theory and Analysis of Harmony
cit., pp. 127-257; Id., A Methodological Approach Toward the Harmony of Sixteenth-Century Secular
Polyphony cit., pp. 39-86.

324
il cantar novo di ercole bottrigari

keriana – potrebbe sembrare ad alcuni un po’ fuori luogo in un contesto cosiddetto


‘modale’: in realtà, anche il concetto di modo non è adatto all’analisi de Il cantar
novo, per il quale si vuole escludere qui una descrizione falsamente precorritrice di
atteggiamenti pertinenti alla logica tonale sette-ottocentesca, rintracciandone
erroneamente ‘stadi embrionali’ in ambito modale cinquecentesco. Con il termine
‘movimenti contrappuntistici’ si può invece rendere conto di alcune tecniche di
diminuzione, come le note di volta, le ripetizioni o le note di passaggio, le quali
danno luogo anche nel contesto tonale de Il cantar novo a prolungamenti locali, di
breve durata; è bene però al momento inquadrarli ancora come tecniche contrap-
puntistiche, e non come espedienti per prolungare regioni armoniche, le quali di
fatto non erano esplicitamente riconosciute dai teorici italiani del tempo, men che
meno da Bottrigari, attaccato alla speculazione antica sui modi come costrutti teo-
rici di ambito monodico da applicare in polifonia. La trattatistica sulla diminuzio-
ne, al contrario, è notevolmente ricca di esempi cinquecenteschi.106
Certo è semplice verificare che il madrigale appaia saldamente ancorato a
quei precetti modali, ad esempio codificati da Zarlino nelle Istitutioni harmoni-
che; Il cantar novo sembra partecipare all’impianto del x modo zarliniano, il La
eolio plagale. L’attribuzione è immediata, vista la frequenza con cui le voci
cadenzano sulla triade di La e considerati gli ambitus delle voci conterminae
Soprano e Tenore, chiaramente plagali, e Alto e Basso, autentici per comple-
mentarità. In realtà non potrebbe essere altrimenti, vista l’obbligatorietà di
scegliere le altezze dal sistema scalare greco cromatico, fatto modernamente
partire dalla nota La1 per impiegare al minimo le alterazioni dei suoni naturali
nel genere diatonico. È pur tuttavia evidente che applicare il concetto di modo
– un costrutto teorico, di fatto, fondamentalmente monodico e diatonico – alla
costruzione polifonica «pura chromatica» presenta criticità che è bene rileva-
re: si tratta di una commistione problematica tra l’antica musica, la moderna
pratica e la musicologia contemporanea, un’operazione di teoria al quadrato e

106 Il testo di riferimento per i trattati sulla diminuzione del Cinquecento è sicuramente
Howard Mayer Brown, Embellishing Sixteenth-Century Music, London, Oxford University
Press, 1976 (“Early Music Series”, 1); si veda inoltre Id., Instrumental Music Printed Before 1600. A
Bibliography, Cambridge, Mass.-London, Harvard University Press, 1965. Per un’introduzione alla
terminologia analitica schenkeriana, e più in particolare al concetto di prolungamento, cfr. Wil-
liam Drabkin-Susanna Pasticci-Egidio Pozzi, Analisi schenkeriana. Per un’interpretazione
organica della struttura musicale, Lucca, LIM, 1995.

325
luca bruno

quindi potenzialmente lontana dall’interpretare i dati sonori secondo catego-


rie a essi effettivamente pertinenti.
Giova probabilmente adottare una descrizione puramente etic dell’organiz-
zazione tonale nel madrigale di Bottrigari, avendo cura di tenere in considera-
zione le descrizioni coeve, prime fra tutte quelle dell’autore e, almeno a questo
stadio degli studi, escludendo qualsiasi riferimento a sistemi tonali di altre
epoche, ad esempio attraverso la notazione analitica. Vedremo, infatti, che pur
sembrando Il cantar novo confarsi alle regole zarliniane, se ne distanzia di
molto. Per quanto riguarda l’intonazione delle singole corde Bottrigari utilizza
nel madrigale il «genere cromatico di Didimo», ma puro rispetto al «Diatonico
Diatono incitato di Tolomeo, inspessato over participato» dal cromatico di
Didimo comunemente accettato (in sostanza un temperamento mesotonico).
Secondariamente, Zarlino promuove una concezione essenzialmente triadica
del decorso polifonico, che Bottrigari a volte trascura per rimanere saldamente
ancorato al suo sistema scalare di riferimento. Una differenza lampante sarà
l’assenza della triade completa costruita sul quinto grado del modo, annullan-
do il potenziale di definizione tonale dato dal semitono ascendente della clau-
sula cantizans (per esempio alle bb. 49-50), sostituita dall’oscillazione colori-
stica (‘cromatica’, appunto) tra Do e Do# all’interno della stessa cornice accor-
dale di La, così evidente nell’Alto alle bb. 1-3 e 55-56 che aprono e chiudono la
prima parte del madrigale. Anche l’inizio e la conclusione della seconda parte,
Così mi sveglio, indicano con particolare evidenza quest’assenza: bb. 1-4 intro-
ducono l’ascoltatore, direttamente in medias res, nel nuovo ambiente tonale
che poco ha a che vedere con il x modo zarliniano; le bb. 46-49, invece, cercano
apparentemente una conciliazione con gli atteggiamenti cadenzali standard
della polifonia cinquecentesca, senza però trovarla e risolvendo il problema
con il far sparire del tutto la voce di «Sovrano», terminando il brano a tre voci
sulle parole evocative «e questo sparir lui». Mi permetto di porre l’accento su
un parallelismo critico testuale e musicale tra l’immagine di Madonna Laura
che all’alba, levandosi insieme al sole, ne fa sparire il fulgore, e l’intenzione di
‘adombrare’ il genere diatonico per sostituirlo con le meraviglie del genere cro-
matico puro che un tale madrigale programmatico intende dimostrare. L’inte-
razione testo-musica è retoricamente ben fondata non solo da un punto di vista
formale, ma anche e soprattutto da un punto di vista concettuale, secondo le
istanze fondamentali della seconda prattica.

326
il cantar novo di ercole bottrigari

Bottrigari, in diretto contrasto con Zarlino, è ben conscio del nuovo poten-
ziale che il genere cromatico possiede nei confronti del diatonico, proprio
basandosi su considerazioni di storia delle teorie musicali. Entrambe le cate-
gorie nascono in ambito monodico. Il genere diatonico è da lungo tempo stato
‘traslato’ alla polifonia, trasformandosi in un sistema affatto diverso di orga-
nizzazione tra le altezze, che si distanzia tanto dal sistema antico quanto da
quello medievale di origine liturgica orientale, incorporando anche alterazio-
ni transitorie che però non sono strutturali all’impianto fondamentale. Il
genere cromatico è invece suscettibile di apportare sostanziali innovazioni
espressive nella ‘riduzione’ dall’antica teoria greca alla moderna pratica poli-
fonica, proprio grazie alla novità delle sue ‘corde’ e degli agglomerati polifo-
nici che ne possono derivare.
Bisogna chiarire a questo punto quale sia il sistema scalare usato da Bottri-
gari per la sua composizione nel puro genere cromatico. Ecco la successione
dei tetracordi nel «Sistema Perfetto Cromatico», secondo quanto è illustrato
nel Melone (p. 4): la Figura 1 ne riprende la notazione, ripetendo però i tetra-
cordi più gravi per illustrare come si connettano al synemménōn.107 Essa pre-
senta quindi la successione dei cinque tetracordi cromatici, usando la conven-
zionale notazione a partire da La1 per il proslambanómenos. Si sarà notato che
Bottrigari non prende in considerazione il trasporto dei tetracordi; il madri-
gale non perde mai di vista questo impianto scalare, probabilmente per non
confonderne la chiara percezione, sebbene egli sia ben conscio delle possibili-
tà di trasporre i tetracordi cromatici, come appare dalla lettura del Desiderio
(p. 28), ma anche dalle correzioni apportate al trasporto di genere armonico
effettuato da Zarlino sull’antifona Eruisti animam meam Domine, di cui si è
parlato sopra.108 Ritornando alla Figura 1, con le semibrevi si evidenzia l’e-
stensione di doppia ottava del sistema, anche se poi nel madrigale il Soprano
tocca spesso il Do4;109 le minime indicano i suoni fissi del tetracordo, mentre
le semiminime le corde mobili.

107 È questa l’illustrazione del sistema perfetto cromatico, trascritta dalle pp. 26-27 del Desiderio.
108 Cfr. Il Melone, pp. 26-27, in cui Bottrigari trasporta l’antifona una quinta sopra.
109 Ivi, p. 5 si definiscono acutissime le note oltre il tetracordo hyperboléōn.

327
luca bruno

Figura 1. Successione dei tetracordi nel «Sistema perfetto cromatico»

È notevole il fatto che nel sistema manchino note diatoniche importanti, come il
Sol in tutti i registri e il Re nel registro grave (anche ammesso che si usi il Re3 del
tetracordo synemménōn), per non parlare delle note prodotte dalla musica ficta,
assolutamente vietate perché non appartenenti a nessun genere armonico: come
si diceva, conseguenza lampante di questo modo un po’ integralista di procedere è
la mancanza del Sol#, che impedisce alla triade sul quinto grado di essere completa
della terza, privando così le cadenze autentiche della clausula cantizans. Il Sib2 è l’u-
nica nota abbassata del brano, grazie alla sua presenza strutturale nel tetracordo
synemménōn, utilizzato però da Bottrigari solo nella seconda parte del madrigale,
Così mi sveglio; tra l’altro la nota è usata una sola volta, nel Tenore di b. 42.
Si può quindi passare all’analisi degli episodi polifonici e dei motivi a essi
appartenenti. Nell’elencarli in Tabella si procede in ordine di apparizione, dal
primo motivo dell’episodio analizzato, proseguendo poi con le sue eventuali
ripetizioni, variazioni e quindi con il nuovo motivo che segue; l’ordine di etichet-
tatura tra segmenti simultanei va dal Soprano al Basso. Gli episodi sono identifi-
cati dai numeri romani, mentre i motivi corrispondenti dalle lettere minuscole;
‘b.’ sta per battuta; i numeri chiusi in parentesi tonde indicano il levare della bat-
tuta successiva. Si è provveduto altresì a etichettare alcuni frammenti con la dici-
tura ‘parti libere’, laddove è parso che bisognasse considerarli come movimenti
contrappuntistici di ripetizione o variazione dei motivi, ma da essi segmentabili
per ripetizioni testuali di sole parti del verso.

328
il cantar novo di ercole bottrigari

Tabella 1. Analisi del rapporto testo-musica ne Il cantar novo (prima parte: S, A, T, B)

Episodio polifonico Numeri di battuta Testo Analisi delle cadenze


(come musicato in S)

i 1-6 Il cantar novo e’l pian- 3-1#


ger degl’Augelli fuggita da S110

ii (6)7-12 In su’l dì fanno risentir 6-56-5


le valli: fuggita da T

iii 12-18 E’l mormorar de’ 1#-n (S e T)–5 (solo B)


liquidi cristalli A fugge

iv 17-25 Giù per lucidi freschi 3-6


rivi, e snelli: Tutti

v 26-32 Quella; c’ha neve’l 5-1#


volt’oro i capelli; T fugge

vi 32-38 Nel cu’amor non fur 1-5


mai ’nganni, né falli, tutti ma solo B con
nota ferma

vii 38-40 Destami al suon, 5


tutti
(recitativo armonico)

vii bis 40-44 Destami al suon 5-1#


degl’amorosi balli, Tutti
viii 45-53 Pettinand’al suo 5-1#
Vecchio i bianchi velli, S e T fuggono, mentre
A continua l’episodio

viii bis (coda) 50-56 i bianchi velli. 2-1n-#


tutti; A modula il
semitono cromatico

110 Nella Tabella 1 n indica una terza non alterata, in alternanza con #, che richiama l’uso di una
terza innalzata; il bemolle (b) è usato solo per il secondo grado abbassato a b. 42 di Così mi sveglio.

329
luca bruno

Tabella 2. Analisi del rapporto testo-musica in Così mi sveglio (seconda parte: S,A,T,B)

Episodi polifonici Numeri di battuta Testo Analisi delle cadenze


(come musicato in S)

i 1-12 Così mi sveglio a salu- 55-6-5


tar l’Aurora, (a 3 senza S)–1
(solo T)
ii (11)12-17 E’l Sol; ch’è seco, e più 55-6-5
l’altr’ond’io fui (a 3 senza S)–1
(solo A e T)
ii bis 17-22 E’l Sol; ch’è seco, e più 3-2
l’altr’ond’io fui tutti ma fuggita
subito da A
iii 22-33 Ne’ primi anni abba- 1-5 (solo S)
gliato, e son anchora:

iv (32)33-39 Io gli ho vedut’alcun 3-1


giorn’ambedui A e T fuggono
v 38-41 Levars’insieme 6-5
Tutti (a 3 senza S)
v bis 41-42 Levars’insieme b2-1#
tutti (a 3 senza B)
vi (42)43-45 e in un punt’e in un’- 3-1#
hora («E in un punt’e tutti
in un’hora» nelle altre (con T che salta giù
parti vocali) una 5a)

vii 45-49 Quel far le stelle, e 5-1#


questo sparir lui. tutti
(a 3 senza S, ‘sparito’)

Le Tabelle 1 e 2 sintetizzano l’analisi del rapporto testo-musica per l’intero


madrigale, elencando i vari episodi. Di seguito si riporta invece l’analisi di
alcuni episodi particolarmente rilevanti. Le Tabelle 3, 4, 5 e 6 elencano i singo-
li motivi per i passi in configurazione imitativa, segnalando nella seconda
colonna la voce e le battute corrispondenti alla trascrizione in Appendice; la
terza colonna fornisce delle annotazioni di rilevanza analitica, soprattutto in
rapporto all’apparato teorico di riferimento offerto da Bottrigari nel Melone e

330
il cantar novo di ercole bottrigari

in relazione alla struttura metrica e al significato letterale dei segmenti testua-


li. Le Figure 2, 3, 4, 5 e 6 illustrano l’interazione melodia-verticalità nei passi
omoritmici.111
Tabella 3. Il cantar novo, I episodio (configurazione imitativa: 4 motivi)

Motivi Voci e battute Annotazioni analitiche


ia A: 1-6 La cesura del verso è indicata dalla semibreve puntata e dall’inver-
sione della direzione melodica; l’incipit delinea il tetracordo die-
zeugménōn
ib B: 1-6 La cesura del verso è segnalata dalla pausa di b. 3 (non segmentan-
te a livello macroformale, in mancanza di ripetizioni testuali o
musicali, o di movimenti cadenzali); a b. 5 il B assume funzione
guida attraverso lo scivolamento semitonale discendente («[i]l
pianger degl’Augelli») Fa# 2-Fan 2 di risposta al Don 3-Do# 3 ascen-
dente dell’A di b. 2 e b. 6
ic S: 1-6 Idem rispetto alla pausa di b. 4; il salto sul La3 di b. 5 è un espediente
per evitare le ottave parallele con il B
id T: 1-6 Vi è un accenno all’inversione di direzione melodica in occorrenza
della cesura del verso; si noti l’imitazione variata in fine dei due emi-
stichi alle bb. (2)3 e (4)5; stesso procedimento in A: (5)6, riassuntivo
dell’alternanza tra Don e Do#

Figura 2. Il cantar novo, v episodio (configurazione quasi omoritmica)

111 Un’analisi puntuale di ciascun episodio può essere letta in Bruno, Ercole Bottrigari cit., pp. 117-153.

331
luca bruno

Anche in questo episodio le voci rispettano apparentemente l’ambitus del


x modo – S e T plagale, A e B autentico – pur in realtà non rispettandone i
costrutti polifonici fondamentali.
Per stessa ammissione di Bottrigari, particolarmente ripetuta nel Melone
Secondo, i passi omoritmici danno più risalto al significato del testo e quindi si
possono interpretare analiticamente in senso espressionista. La lunga catena
di consonanze perfette evidenziata nell’esempio esprime il senso di purezza
di «Quella; c’ha neve’l volt[o]», mentre le inflessioni cromatiche danno la
pittura sonora dell’oro dei suoi capelli: la metafora testuale di Petrarca si rife-
risce all’Aurora, colei che appena sorge è bianca, mentre appresso la seguono
i raggi del sole, i capelli d’oro appunto.
Già la quinta e ottava sul grado armonico 5 di b. 26 procede parallelamente
da un’altra quinta e ottava sul 6 di b. 25; la relazione che ne deriva è salvata
dalla pausa, un procedimento che, sebbene a noi possa apparire scorretto, era
comunemente adottato nella polifonia rinascimentale e giustificato da Bottri-
gari stesso, sempre nel Melone Secondo, adducendo un gran numero di esempi
da autori di grandezza indiscussa, primo fra tutti Cipriano de Rore. La quinta
diminuita tra B e T, giustificata perché fra note appartenenti al sistema,112
enfatizza la relazione cromatica tra T e A a b. 29, trasformando la triade dimi-
nuita sul Fa# 2 in triade perfetta minore; si esalta così la stabilità della conso-
nanza, continuando poi A e B a procedere in catene di quinte e ottave. Si noti
il semplice, quanto raffinato prolungamento del grado armonico 5 alle bb. 30-
31, che sostenendo il dispiegamento discendente del tetracordo mésōn nel T,
ne esalta il cromatismo con l’inserimento al B di un La1 sotto il Don3 di b. 31. Il
prolungamento s’individua facilmente osservando la quarta e sesta di volta a
cavallo delle bb. 30-31.

112 Cfr. Il Melone, pp. 23-24.

332
il cantar novo di ercole bottrigari

Figura 3. Il cantar novo, VII episodio e VII episodio bis (configurazione omoritmica)

Anche in questi episodi le voci rispettano l’ambitus del x modo, ma ancora una volta
manca la clausula cantizans, distruggendone, di fatto, l’attribuzione modale.
La segmentazione in vii e vii episodio bis deriva da ripetizione testuale. Il reci-
tativo armonico sul 5 rappresenta il «suon» nella sua piena purezza e potenza del-
l’accordo in quinta e ottava, senza terza; il successivo cambio armonico su 16-3-6 e
la sincope ulteriore del S, dell’A e del B, associati all’amplificazione della ripetizio-
ne, rendono l’idea del «Destami» (‘mi desta’). L’immagine «degli amorosi balli» è
evocata dal ritmo puntato sul 5-1 di b. 42 e dalla semplice successione armonica
ripetuta 6-5-1, con un basso la cui direzionalità tonale ben si confà a un contesto di
musica per danza, nonostante l’assenza della terza nell’accordo sul 5.113

113 Per la connessione tra danza, cadenza e affermazione del senso tonale cfr. Lowinsky, Tona-
lity and Atonality cit., pp. 3-115.

333
luca bruno

Figura 4. Il cantar novo, VII episodio e VII episodio bis (configurazione omoritmica)

Ancora un altro episodio del quale conviene studiare le sonorità verticali in con-
nessione con il significato del testo. L’ambitus delle voci è sempre quello tipico
del x modo: si noti che l’A è costretto in uno spazio di seconda (maggiore prima,
minore poi), fintanto che segue omoritmicamente le altre voci. La lieve increspa-
tura ritmica all’inizio dell’episodio, che potrebbe far pensare a un principio di
imitazione, vistane la ricorrenza anapestica del ritmo, è subito contraddetta dal
procedere simultaneo delle voci a b. 47. La povertà armonica degli accordi
incompleti, per via del sistema, sul 3 (senza quinta), sul 2 e sul 5 (senza terza) può
essere interpretato come metafora della debolezza della vecchiaia, mentre il clas-
sico madrigalismo delle note lunghe si concede a un principio di musica visiva
sulle parole «bianchi velli».114

114 Il «Vecchio» cui si riferisce Petrarca è Titono, figlio di Laomedonte, re di Troia, che Aurora
rapì per amore, dietro maledizione di Venere, ottenendo per lui l’immortalità da Giove, dopo che
questi le aveva sottratto Ganimede. Ma, dimentica di chiedere anche la perpetua gioventù, lo vide
invecchiare e non rimanergli altro che la voce simile a cicala; dopo averlo chiuso nella stanza da
letto, egli si trasformò infine in cicala vera (le cicale friniscono, infatti, quando il sole riscalda l’a-
ria). Per le fonti del mito, caro anche ai modelli di Petrarca, Orazio e Ovidio, si veda Robert Gra-
ves, I miti greci, trad. it. di Elisa Morpurgo, Milano, cde, 1997, 2a edizione, pp. 133-134 (1a edizione
Longanesi, 1983; edizione originale inglese 1955).

334
il cantar novo di ercole bottrigari

Tabella 4. Il cantar novo, VIII episodio bis (configurazione imitativa: 1 motivo)

Motivi Voci e battute Annotazioni analitiche

viiibis a T: 50-56 Ancora la metafora del bianco ottenuta attraverso note lunghe

viiibis a’ S:(50)51-52 Identico incipit di viiibis a, ma un’ottava sopra

viiibis a’’ B: 51-56 Ripetizione di viiibis a, ma un’ottava sotto e a valori ritmici


raddoppiati
Parti libere T: (39)40-41 Come in viiibis a’’, ripetizione a valori ritmici raddoppiati di
A: 40-41 viiibis a

L’episodio è individuato per via della ripetizione testuale e per la diversa con-
figurazione polifonica rispetto all’episodio viii; può essere considerato propria-
mente una coda di quest’ultimo.
È notevole l’analogia tra la parte libera di questo episodio, conclusiva della
prima parte del madrigale, e i movimenti del Basso nei passi omoritmici, nei
quali è più evidente l’uso della formula del 6 (Fa2) che scende sul 5 (Mi2), bilan-
ciato sempre, nelle parti interne, dalla successione melodica Don3-Do#3. Questa
parte libera assume pertanto l’aspetto di un richiamo motivico a movimenti
strutturali ben più profondi e di lunga durata all’interno del brano, poiché le
medesime relazioni si possono osservare anche negli episodi imitativi e nella
seconda parte del madrigale.

Tabella 5. Così mi sveglio, V episodio (configurazione imitativa: 1 motivo)

Motivi Voci e battute Annotazioni analitiche


va A: 38-40
va’ T:38-39 Stesso incipit di Va; segmentato dalla parte libera seguente per via
della ripetizione testuale
va’’ B: 39-41 Incipit di Va e Va’, un’ottava sotto
Parti T: (39)40-41 Queste parti libere si aggiungono rispettivamente a Va e Va’ per rag-
libere A: 40-41 giungere ‘insieme’ il Basso, proprio sulla parola «insieme»

335
luca bruno

L’episodio è a tre voci (A, T, B) e sul solo emistichio «Levars’insieme».115

Figura 5. Così mi sveglio, V episodio bis (configurazione quasi omoritmica)

L’episodio, a tre voci (S, A, T), è segmentato dal precedente per via della ripe-
tizione testuale.
Ancora una volta è il testo a guidarci nell’interpretazione analitica dei passi omo-
ritmici. In questo episodio si aggiunge il Soprano, mancante nel precedente, e si
sostituisce il Tenore al Basso: l’elevazione improvvisa e simultanea del registro che
ne consegue è metafora del «Levars’insieme» testuale. Un’ulteriore metafora è data
dalle tre voci che cantano contemporaneamente la parola «Levars[i]» sul ‘levare’ di
b. 41, cioè in quella zona ritmica di elevazione della mano secondo il tactus alla semi-
breve in cui è notata tutta la seconda parte del madrigale.
Il Tenore si ‘eleva’ al ruolo armonico del Basso, trasportando letteralmen-
te di quarta ascendente il motivo va’’ di quest’ultima voce (si vedano le battu-
te B: 39-41 e T: 41-42); la trasposizione avviene lungo le due note fisse comuni
ai tre tetracordi congiunti hypátōn, mésōn e synemménōn, cioè Mi2 e La2: è que-

115 Si ricordi che la seconda parte del madrigale può disporre di due note in più rispetto alla
prima, il Sib e il Re , grazie alla loro appartenenza al tetracordo synemménōn: cfr. l’indirizzo «A’
2 3

lettori desiderosi d’imparare» che Lorenzo Righetti, curatore della stampa del Melone e discepolo
di Annibale Meloni, pone in calce alle parti staccate nelle pp. 39-42 del trattato. Teoricamente,
però, il Re del sistema cromatico è distinto dal Re diatonico, in quanto la nétē synemménōn cro-
3 3

matica (nella specie cromatica di Didimo, in cui è dichiaratamente scritto il madrigale) e la para-
nétē diezeugménōn diatonica (della specie sintona dello stesso Didimo o di Tolomeo) sono separa-
te da un «comma moderno», ossia dalla proporzione 81:80.

336
il cantar novo di ercole bottrigari

sta un’altra metafora del «Levars’insieme», ottenuta dall’analogia tra le note


dei tetracordi congiunti e l’«insieme» del testo. Anche il Soprano espone
‘insieme’ al Tenore il motivo va’’, ma con la versione retrograda dei salti di
terza e quarta e con un’elegante fioritura melodica che ammorbidisce la rela-
zione di quinta parallela Sib2-Fa3/La2-Mi3.
Quindi sono almeno tre, in questo episodio, le metafore musica-testo: una
timbrica (i diversi registri), una ritmica (il levare) e una strutturale (la trasposi-
zione lungo i tetracordi congiunti).

Figura 6. Così mi sveglio, VI episodio (configurazione quasi omoritmica)

La segmentazione di questo episodio è stata individuata sia per il cambio


testuale improvviso rispetto ai precedenti episodi v e v bis, sia per il brusco pas-
saggio armonico all’accordo sul 6 alla fine di b. 42. Si tratta, inoltre, di un cam-
bio armonico ben evidenziato dal cromatismo delle parti interne: si noti spe-
cialmente il salto di quarta diminuita Do#3-Fa3 nell’Alto a b. 42.116
La motivazione per cui il passo è considerato omoritmico, nonostante le lievi
‘increspature’ delle note di passaggio, risiede nuovamente nell’espressione letterale
del testo, poiché le voci procedono «e in un punt’e in un’hora». L’accordo sul Si1 è
costruito nell’unico modo che renda consonante la nota di volta Fa#3 del Soprano
(b. 44), evidenziandone così la posizione di contrasto con il Fa3, sempre nel Sopra-
no alla battuta precedente. Si noti che i due suoni in relazione cromatica non sono
giustapposti direttamente, poiché mai avviene nel madrigale che il Fa proceda
ascendendo per grado congiunto sul Fa#, gravitando piuttosto verso il Mi.117

116 La segmentazione potrebbe essere ulteriormente confermata dalla curiosa alternanza di ‘e’
minuscola ed ‘E’ maiuscola tra le voci esterne e quelle interne all’inizio dell’episodio.
117 Si noti invece che la successione Don-Do# è possibile sia in senso ascendente sia in senso
discendente. Quando le triadi costruite sul Fa 2 del Basso procedono verso l’accordo del Mi 2,

337
luca bruno

Tabella 6. Così mi sveglio, VII episodio (configurazione imitativa: 4 motivi)

Motivi Voci e battute Annotazioni analitiche


viia S: 45-48 La cesura del verso è indicata dalla pausa, non segmentante poi-
ché è espressa solo in questa voce, senza alcun movimento caden-
zale (il Basso parla chiaro in tal senso con il suo procedere a spira-
le Don2-Do#2-Si1 a b. 47)
Parti A, T e B: 45-46 Queste parti sono state segmentate per via delle ripetizioni
libere testuali successive
viib A: (46)47-49 Ritorna l’alternanza cromatica; si noti il salto di quarta aumentata a
b. 48, giustificata, come la quinta e la quarta diminuita, perché si
trova fra note del sistema di riferimento; essa è provocata dallo slit-
tamento semitonale nel Basso (v. Il Melone, pp. 23-24)
viic T: (46)47-49

viid B: (46)47-49 Motivo simile alla precedente parte libera nella stessa voce; v. anno-
tazioni a viia: la nota Do2 non è obbligata né ad ascendere né a
discendere, come invece capita al Fa

Di passaggio, si notino le forti relazioni cromatiche alle due ripetizioni dell’e-


mistichio «Quel far le stelle»: a parte la visualizzazione del luccichio delle stelle
tramite i suoni alterati, interessante è la descrizione che Bottrigari fa, alle pp. 34-
38 del Melone, di una teoria astronomica dei pitagorici, i quali equiparavano le
proporzioni delle distanze tra i pianeti alle proporzioni dei suoni dell’ottava nel
genere cromatico.118

nonostante questo risulti sempre incompleto, le analogie tradizionali fra il x modo zarliniano e
le spinte tonali del futuro modo minore diventano ancora più plausibili; come più volte sottoli-
neato, potrebbe però trattarsi di una moderna distorsione prospettica. Per l’interazione tra
prospettive ‘futuristiche’, descrizioni puramente etic dei dati raccolti e interpretazioni emic,
seguendo i testimoni teorici coevi, nell’analisi delle procedure armoniche cinque-seicentesche,
cfr. Bruno, Theory and Analysis of Harmony cit.
118 Cfr. Bruno, Ercole Bottrigari cit., pp. 107-113.

338
il cantar novo di ercole bottrigari

Conclusioni

L’analisi fin qui condotta ci ha portato a considerare un gran numero di dati,


che sebbene non puramente descrittivi dei fenomeni che avvengono nel brano,
pure hanno assunto una prospettiva ancora troppo legata ai singoli momenti del
madrigale e non alla sua organizzazione formale generale, che ne fa un comples-
so unico dotato di coerenza. La principale fonte di tale coerenza può essere indi-
viduata nel rapporto testo-musica, poiché, come abbiamo visto, non esistono nel
brano logiche melodico-contrappuntistiche, ritmiche o timbriche che prescin-
dano dalla porzione di testo musicata.
Uno sguardo alla catena delle cadenze dei vari episodi (Tabelle 1 e 2) ci porta a
considerare il brano come un’attenta lettura del sonetto che intona, ma più che
altro nella sua logica formale; ad esempio, presso i rari enjambement del compo-
nimento poetico, l’atteggiamento di Bottrigari è quello di rispettare la divisione
del verso e non già l’unità del concetto poetico a cavallo fra i due versi, salvo però
cadenzare su gradi deboli o, più spesso, indebolire la cadenza dall’interno, usan-
do poche voci o stratagemmi ritmici di collegamento fra episodi, come la sincope
in una voce che inizia ad intonare la porzione di testo successiva, mentre le altre
continuano i loro «atti delle cadentie» sul frammento finale del verso precedente
(si veda ad esempio il passaggio dall’episodio iibis al iii di Così mi sveglio, b. 22).
Un altro stratagemma che unisce gli episodi segmentati da cadenze nel caso di
enjambement consiste nell’incastrare il primo motivo del secondo episodio nel-
l’ultimo del precedente: si veda il v episodio, sempre della seconda parte, ‘inca-
strato’ profondamente nel iv a b. 38.
Si tratta però di rari casi, poiché la norma è data da una segmentazione netta,
particolarmente evidente nell’intonazione del primo verso del sonetto. L’episo-
dio di apertura pretende addirittura un cambio di tactus per sottolineare la pro-
grammaticità della prima linea poetica, allusiva circa la novità dell’esperimento
cromatico. Il fatto che Bottrigari assegni al solo primo verso del madrigale il tac-
tus alla breve mi sembra uno dei tanti gesti fortemente significativi del brano,
poiché, a mio avviso, esso vuole rimandare a una musica seria, impegnata, come
impegnata e programmatica è la scelta del sonetto ccxix di Petrarca, con il suo
riferirsi a un nuovo modo di ‘cantare’, ossia di comporre. L’éthos per così dire
serio del segno di tactus alla breve, ben si adatta anche al «pianger degl’Augelli»
del secondo emistichio. L’ultimo episodio della prima parte – che era l’unica che

339
luca bruno

Bottrigari aveva incluso nella copia manoscritta del Melone, secondo quanto si
evince dalla nota al madrigale di Lorenzo Righetti – presenta una netta distinzio-
ne dal resto del brano, rafforzata dal cambio di configurazione delle voci, da
omoritmia a imitazione, sul medesimo verso e dalla sua frantumazione in un
emistichio utilizzato con funzione di coda.
L’analisi rende palese l’attenzione di Bottrigari alla retorica e alla metrica del
testo poetico, confermando ancora una volta che il suo esperimento cromatico
non è volto a rivoluzionare la composizione del Cinquecento. Si tratta piuttosto
di un esperimento strutturalmente archeologico e non formalmente futuristico,
e ciò in piena sintonia con la sua vocazione di storico della musica; in tal senso
parla chiaro anche il suo attaccamento alle specie melodiche del x modo, che non
sono mai confuse con quelle di altri modi, tantomeno con quelle del suo corri-
spondente autentico, il ix, al di là del sistema scalare utilizzato. La ‘modalità poli-
fonica’ d’impianto zarliniano è quindi un sottofondo costruttivo importante che
àncora Bottrigari alla propria contemporaneità, nonostante ogni tentativo di
svincolarsi da essa per migliorarla nel sogno della restaurazione degli antichi
effetti della musica greca sull’animo umano.
L’attenzione di Bottrigari per la tradizione, nell’assetto generale del pezzo,
non può non farci pensare ad altri esperimenti cromatici di metà-fine secolo ben
più innovativi dal punto di vista formale: mi riferisco fugacemente qui, a propo-
sito del seguire o meno i nessi sintattici nell’enjambement, a O sonno (1557) di
Cipriano. Questi non si lascia scappare l’opportunità di declamare il testo secon-
do i numerosi ‘scavalcamenti’ del verso escogitati da Monsignor Della Casa,
mentre Bottrigari appare più ‘abbottonato’.
Per quanto riguarda invece il cromatismo come risorsa espressiva è doveroso
il riferimento a Gesualdo da Venosa, compositore in stretti contatti con il mede-
simo ambiente ferrarese in cui Bottrigari ci proietta nel Desiderio e grande esti-
matore di Luzzasco Luzzaschi, musicista assuefatto agli esperimenti archeologici
di Vicentino e virtuoso esecutore delle proprie musiche cromatiche ed enarmo-
niche.119 Il cromatismo di Gesualdo, però, è spesso un cromatismo integrale, che
si affida all’ambiguità coloristica per sorprendere l’ascoltatore e muoverne le
passioni, esasperate dalla concettosità del verso. Nulla di tutto ciò in Bottrigari,
che preferisce la calma olimpica del verso petrarchesco, rispettandone l’assetto

119 Cfr. Il Desiderio, p. 41.

340
il cantar novo di ercole bottrigari

retorico e formale; salvo poi esprimerne l’inquietudine poetica nel dettaglio delle
soluzioni polifoniche, sempre e comunque rispettose dell’altrettanto olimpica
perfezione del sistema immutabile (ametábolon) greco.
La sfida di Ercole Bottrigari è chiara: chi vuole far rinascere le meraviglie dell’an-
tica pratica greca deve basarsi sulla vera teoria antica, studiarne le fonti con attenzio-
ne, alla ricerca dell’essenza della musica, sintesi di passione e raziocinio, logica e
poesia. Non è possibile affermare di basarsi sull’autorità degli antichi, senza dimo-
strare nella pratica di conoscerne a fondo le teorie. Esemplare in tal senso è la censu-
ra che egli opera su Il cantar novo di Francesco Orso da Celano (1567),120 contro il
quale mette in guardia Meloni, proprio alla fine del trattato, dal considerarne la fon-
datezza teorica e apprezzarne quindi la perizia pratica. Il bolognese rileva, in pieno
spirito umanistico, che non bisogna sottomettere la verità all’autorità di quei com-
positori – anche particolarmente valenti, ad esempio Cipriano, Lasso, Marenzio,
Wert, Luzzaschi – i quali sostengono di comporre nel genere cromatico, senza real-
mente attenersi alla successione del sistema tetracordale antico.121
Il cromatismo di Bottrigari, infine, oltre che archeologicamente orientato,
potrebbe definirsi in fondo ‘esotico’, poiché la ricerca di nuove sonorità all’interno

120 Cfr. sopra la nota 86.


121 Svariati sono gli esempi di musica cromatica nella seconda metà del Cinquecento, nel senso di
polifonia che usa in modo spregiudicato le regole della musica ficta, dal già citato madrigale in due
parti O sonno-Ov’è’l silentio di Cipriano a Mia benigna fortuna-Crudele acerba, sempre di Cipriano
(1557) e di Luca Marenzio (1599), a Solo e pensoso sempre di Marenzio (1599), al Prologo delle Prophe-
tiæ Sibyllarum di Orlando di Lasso (1560ca). Gran parte dei testi intonati con procedimenti croma-
tici condividono una particolare gravità di atmosfera, se non un preciso riferimento alla malinco-
nia, il cui languore psicologico è ben espresso dal procedere per semitoni. Per una più esaustiva
descrizione del rapporto tra malinconia e cromatismo si veda Massimo Privitera, Malinconia e
acedia. Intorno a “Solo e pensoso” di Luca Marenzio, «Studi musicali», xiii, 1994, pp. 29-71. A proposi-
to della discordia sul cromatismo sia tra i musici teorici rinascimentali sia tra i pratici, può essere
interessante notare come questa ‘animosità’ si sia propagata fino alla moderna musicologia, se si
possono contare ben cinque interpretazioni analitiche diverse, l’una in competizione con l’altra,
dell’ambiguo e sibillino brano musicale di Lasso: cfr. William E. Lake, Orlando di Lasso’s Prologue
to “Prophetiae Sibyllarum:” A Comparison of Analytical Approaches, «In Theory Only», xi/7, 1991, pp.
1-19 (trad. it. in Lowinsky, Musica del Rinascimento cit., pp. 209-225; a p. 210, nota 4 il curatore
aggiunge un’indicazione bibliografica, posteriore a quella di Lake, per l’analisi di Stefano Cam-
pagnolo, “Guastatori e stroppiatori della divina scientia della musica”. Ghiselin Danckerts ed i compo-
sitori della nuova maniera, in Musicam in subtilitate scrutando cit., pp. 194-242).

341
luca bruno

di un linguaggio saldo, come può essere quello della polifonia classica rinascimen-
tale, non ha un effetto destabilizzante sul metodo compositivo e sui procedimenti
formali. Da questo punto di vista, il paragone che Ugo Sesini fa tra il teorico bolo-
gnese e Claude Debussy potrebbe essere molto stimolante, anche se ci condurrebbe
troppo lontano.122 Ci basterà forse riflettere sul fatto che il tentativo di Bottrigari di
riportare in vita la musica antica, rinnovandola con contributi della pratica a lui
contemporanea, può considerarsi riuscito. L’analisi del madrigale ci ha dimostrato
che, pur nelle ristrettezze compositive, il connubio tra antico e moderno non era
una sterile chimera, bensì una realtà estremamente feconda.

Appendici I e II

La seguente partitura differisce significativamente dalle edizioni pubblicate da


Ugo Sesini e Maria Rika Maniates.123
La trascrizione del madrigale è stata preparata seguendo il più fedelmente possi-
bile le parti staccate pubblicate alle pp. 39-46 del Melone. Essa mantiene i valori ori-
ginali, pertanto, ‘¢’ indica il tempo binario con misura alla breve, ‘c’ il tempo binario
con misura alla semibreve, secondo l’uso cinquecentesco dei segni di tactus.
Le alterazioni riportate al lato sinistro delle note sono quelle presenti nella stam-
pa, anch’esse a sinistra del carattere musicale cui si riferiscono (salvo che in un caso,
il Do#3 dell’Alto a b. 22 della prima parte, la cui alterazione è posta al lato destro, per
motivi di composizione dei caratteri mobili); i bequadri posti al di sopra delle note
indicano mie aggiunte, poiché non sono mai notati nella stampa, ma sempre sottin-
tesi; si è forse un po’ abusato di queste alterazioni precauzionali, ma con il fine di far
risaltare ‘cromaticamente’ le zone di contatto tra i suoni alterati e i loro corrispon-
denti naturali. Il testo fra parentesi quadre indica una mia interpolazione al segno di
ripetizione ‘ij’. La punteggiatura e la morfologia, nonché l’alternanza in medesimi
luoghi tra maiuscole e minuscole, presenti nel testo della stampa, sono state rispet-
tate e riportate fedelmente, anche se spesso differiscono dal testo modernamente
edito dei Rerum vulgarium fragmenta di Petrarca.124

122 Sesini, L’Umanesimo musicale cit., p. 72.


123 Cfr. sopra la nota 88.
124 Cfr. Petrarca, Canzoniere cit., p. 281.

342
il cantar novo di ercole bottrigari

Appendice i

Soprano BC Ó · &C Ó w ˙ ›
ṅ n
IL CAN - TAR

Alto B C ·. V C w. w #w
IL CAN - TAR no -

Tenore
BC ∑ Ó · VC ∑ Ó
˙ ˙ ˙ ˙.
œ

n n
? C ·.
IL CAN - TAR no -

? C w. ˙ w
Basso w
IL CAN - TAR no -

Ó w Œ
œ c
3

S & w w #˙ ˙ ˙ n˙ ˙ w ˙
n
no - vo, e'l pian - ger de - gl'Au - gel - li In

w. ˙ ˙ #w #˙ #˙ ˙ ˙. œ w #w c
A V

n
vo, e'l pian - ger de - gli_Au - gel - - - li

T V #˙ #w #˙ #w ˙ ˙ œ œ w ˙ w w c

n
vo, e'l pian - ger de - gli_Au - - - - gel - - - li

? Ó ˙ w. #˙ ˙ w c
B w ˙ w w
vo, e'l pian - ger de - gli_Au - gel - li

343
luca bruno

&c ˙ ˙ Ó Œ œ œ œ ˙ Œ œ œ. œ
7

˙ ˙
S
J
sù'l dì fan - no ri - sen - tir le val -

œ œ ˙ œ œ œ. jœ œ ˙
A Vc ∑ Ó ˙ œ
In sù'l dì fan - no ri - sen - tir le val -

˙ œ œ œ œ œ œ ˙ ˙
T Vc Ó ˙ œ œ ˙
In sù'l dì fan - no ri - sen - tir le val - - - li;

?c Ó ˙ ˙ ˙ ˙. œ ˙ œ œ ˙
B ˙
In sù'l dì fan - no ri - sen - tir le val -

&˙ ˙ Ó ˙ œ œ Œ œ œ œ
12

S ˙
li: E'l mor - mo - rar, e'l mor - mo -

w ˙ œ œ ˙ œ œ œ. œ
V Ó
A
J
li: E'l mor - mo - rar de' li - qui -

T VÓ ˙ œ œ ˙ Œ œ œ œ w
E'l mor - mo - rar, e'l mor - mo - rar

B
?w Ó ˙ œ œ ˙ Œ œ œ œ
li: E'l mor - mo - rar, E'l mor - mo -

344
il cantar novo di ercole bottrigari

j n n
&˙ œ œ œœœ Œ
16

j j
S
J œ œ œ œ œ œ #œ #œ œ œ
n n
rar de' li - qui-di cri - stal - li Giù per lu - ci - di

œ œ ˙ œ ˙ #œ #œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ
A V J J
di cri - stal - li Giù per lu - ci - di fre - schi ri - vi_e snel -

œ œ œ œ ˙
T VŒ œ.
J
˙ Ó ∑
de' li - qui - di cri - stal - li,

?˙ œ j ˙ œ
B Œ œ. œœ œ ˙ Ó Œ
rar de' li - qui-di Cri - stal - li Giù

Œ œ œ œ œ œ
20

& ˙ ˙
˙. œ œ œ
S

n
fre - schi ri - vi_e snel - li, fre - schi - ri - vi_e

œ œ œ œ œ œ œ œ #œ ˙ œ ˙.
A V œ Œ œ œ
li, fre - schi ri - - - - - vi_e snel - li,

∑ ˙. j j Œ œ
T V œ œ œ œ œ œ œ œ

n n n
Giù per lu - ci - di - fre - schi ri - vi, e

? œ #œ #œ œ œ ˙ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ #œ œ œ
B JJ œ
per lu - ci-di fre - schi ri - vi_e snel - - - - -

345
luca bruno

&w Ó ˙ ˙
24

S w ˙
snel - - - li, Quel - - - - la;

œ ˙ œ w Ó ˙ ˙ ˙
A V
e snel - - - li. Quel - - - - la;

T Vœœœœ˙ w Ó ˙ ˙ #˙
snel - - - li: Quel - - - - la;

?w w Ó ˙ ˙ ˙
B

li: Quel - - - - la;


28

S ˙ ˙ #œ œ œ ˙ œ œ œ ˙
c'ha ne - ve'l vol - t'o - ro_i ca - pel -

#˙ #˙ #œ #œ œ ˙
A VÓ œ œ œ ˙

ṅ n n
c'ha ne - ve'l vol - t'o - ro_i ca - pel -

œ. œ #œ œ# œ œ
T VÓ œ
J˙ ˙ JJ ˙
c'ha ne - - - ve'l vol - t'o - ro_i ca - pel -

?Ó #˙ #˙ #œ #œ œ ˙ œ œ ˙
B œ
c'ha ne - ve'l vol - t'o - ro_i ca - pel -

346
il cantar novo di ercole bottrigari

∑ ˙ œ œ ˙
32

S &w œ œ

n
li; Nel cu'a - mor non fur mai,

w œ œ ˙
A V˙ œ œ ∑
li; Nel cu'a - mor, Nel cu'a - mor

œ ˙
T V# w œ œ ˙ œ Ó œ œ
li; Nel cu'a - mor non fur mai; Nel cu'a -

? Ó œ œ ˙ œ œ
B w ˙ œ œ
li; Nel cu'a - mor; Nel cu'a - mor non fur

&Œ œ œ œ. œœ œ œ ˙ œ œ ˙
36

S ˙ J
non fur mai 'ngan - ni, né fal - li, De - - - sta - mi_al

œ œ œ œ œœ˙ œ œ œ ˙ œ œ ˙
A V JJ
non fur mai 'ngan - ni, né fal - li, De - - - sta - mi_al

œ œ œ. œœ
T Vœ ˙ J œ œ ˙ œ œ ˙
mor non fur mai 'ngan - ni, né fal - li, De - - - sta - mi_al

?œ œ. œœ j ˙ ˙ œ œ ˙
B J œ. œ˙
mai 'ngan - ni, né fal - - - - li, De - - - sta - mi_al

347
luca bruno

&˙ ˙ œ œ œ œ œ œ œ. œ œ ˙
40

S
J œ
suon, [De - - sta - mi_al suon] de - gli_a - mo - ro - si bal -

˙ ˙ œ œ œ œ œ. œ œ œ ˙
A V œ œ J
suon, [De - - sta - mi_al suon] de - gli_a - mo - ro - si bal -

V˙ ˙ œ œ ˙ œ œ œ. œ œ œ
˙
T
J
suon, [De - sta - mi_al suon] de - gli_a - mo - ro - si bal -

B
?˙ ˙ œ œ œ œ œ œ œ. œ œ
J œ ˙
suon, [De - - sta - mi_al suon] de - gli_a - mo - ro - si bal -

Ó œ œ ˙ œ œ ˙. œ
44

S & w
li, Pet - ti - nan - - d'al suo Vec - chio_i

w œ œ #˙ ˙ ˙ ˙. œ
A V
li, Pet - ti - nan - d'al suo Vec - chio_i

T V #w Ó œ œ ˙ œ œ ˙. œ

n n
li, Pet - ti - nan - do_al suo vec - chio_i

? œ œ ˙ ˙ ˙ ˙. œ
B w
li, Pet - ti - nan - d'al suo Vec - chio_i

-
348
il cantar novo di ercole bottrigari

n
& ˙ w Œ œ œ. œ ˙
48

˙ ˙
S
J

bian - chi vel - - - - li, i bian - chi vel -

˙ w w w
A V

ṅ n
bian - chi vel - - - - - - - - - -

T V ˙ w #œ œ œ. œ w
J

bian - chi vel - - - - li, i bian - chi vel - - -

? ˙ w Ó
B w ˙
bian - chi vel - - - - li, i

52 n U
S & ˙ ˙ ˙. œ w w w
ṅ ṅ
li, [i bian - chi vel - - - li.]

U
A V w Ó ˙ . œ œ. œ
J
#w
li, i bian - chi vel - - - li.

U
T V w w w w w

n
li.

? ˙. U
B œ w w w w
bian - chi vel - - - - - - li.

349
luca bruno

Appendice ii

Soprano B c |. & c w ˙ ˙ ˙ ˙
Co - - - - - sì mi

n
Alto Bc | Vc w ˙. œ œ œ #œ #œ
Co - - - sì mi sve - glio_a sa - lu -

Bc Ó c Ó
Tenore
| V ˙ ˙ ˙ ˙ ˙
Co - - - sì mi

?c | ? c w
Basso w w
Co - - - sì,

œ œ œœ˙ ˙ Œ
4

S & ˙. œ œ ˙ œ
sve - - - - - - glio, Co - sì mi

œ œ ˙ ˙ ˙ ˙ n
A V Œ #œ œ #œ œ œ


tar l'Au - ro - - - - ra, Co - sì mi sve - glio_a

V œ. œ œ œ œ œ œ œ ˙ ˙ Ó
T
J
sve - - - - glio_a sa - lu - tar l'Au - ro - ra,

?Ó w ˙ ˙
B ˙ ˙ ˙
Co - sì mi sve - - - - - glio_a

350
il cantar novo di ercole bottrigari


8

S &œ œ ˙ ˙ œ œ ˙ ˙
sve - glio_a sa - lu - tar l'Au - ro - ra,

œ œ œ ˙ œ œ. œœœ ˙ œ
A V ˙. Œ
sa - - lu - tar l'Au - ro - - - - - ra, E'l

VÓ Œ œ œ. œœœœœ œ œ œ œœ œ œ ˙
T
J
a sa - - - - lu - tar l'Au - ro -

? ˙. ˙ w w
B œ ˙
sa - - lu - tar l'Au - ro - - - - ra,

n n
&Œ j œ œ
12

S
˙ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œj œ
a sa - - - - - - - lu - tar l'Au - ro -

œ #˙ n
A V #œ #œ œ œ œ ˙ œ œ ˙

n
Sol; ch'è se - - - - - - co_e più

Œ ˙ œ œ ˙
T V˙ œ œ œ
ra, E'l Sol; ch'è se - co_e

?Ó ˙ ˙ ˙
B ˙ ˙
E'l Sol; ch'è

351
luca bruno

n
&œ œ Ó ∑
15

S
˙ ˙ œ œ ˙
ra: E'l Sol; ch'è se -

œ œ œ œ ˙. n
œ #˙ Œ œ œ œ œ œ œ
A V
l'al - tr'on - d'io fu - - - - i, E'l Sol; ch'è

T V ˙. œ œ œ ˙ ˙ Œ
œ ˙ #˙
n
più l'al - tr'on - d'io fu - i, E'l Sol; ch'è

B
?w w Ó ˙ ˙ ˙
se - - - co, E'l Sol; ch'è

j
19

S &˙ œ œ œ œ œ œ œ. œ˙ ˙ ˙
co_e più l'al - tr'on - d'io fu - - - - - i Ne'

n n
œ
A V# ˙ #œ œ œ œ œ œ œ ˙ œ ˙ œ
se - co_e più l'al - tr'on - - - d'io fu - i Ne' pri -

V˙ œ #œ Ó
T
œ œ œ #œ w #˙
n
se - co_e più l'al - tr'on - d'io fu - - - i,

? œ œ w ˙
B ˙ œ œ œ œ ˙
se - co_e più l'al - tr'on - d'io fu - - - i, Ne'

352
il cantar novo di ercole bottrigari

Œ
23

&œ œ ˙ œ œ œ œ œ œ œ œ.
j
œ ˙
S

pri - mi_an - ni_ab - ba - glia - to, e son an - cho - - - -

V˙ œ œ œ. œœœœœ œ œ ˙ œ œ œ œ . œœ
A
J
mi_an - ni_ab - ba - glia - - - - - - t'e so - no_an - cho -

œ
V ∑ Œ œ œ œ œ. œ œ œJ œJ ˙ œ
T
J
e son an - cho - - - ra, [e son an -

?œ œ ˙ œ œ ˙ œ œ w
B œ œ
pri - mi_an - ni_ab - ba - glia - - - t'e so - n'an - cho - - - -

j
27

S & œ. œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ ˙ ˙
ra, an - cho - - - - - ra,

˙ œ œ
A V˙ Ó Œ œ ˙
ra, e so - no_an - cho -

œ œ œ œ œ œ. œ œ œ œ œ œ Œ œ
V œ
T
J
cho - - ra,] an - cho - - - - - - ra, e

?˙ Œ œ j ˙
B œ œ œ. œ ˙
ra, e so - n'an - cho - - - - - ra,

353
luca bruno

&Ó Œ œ œ
œ œ ˙
30

S
œ œ œ ˙ ˙
e son an - cho - ra, [e son an - cho - ra.]

˙ Œ œ œ œ ˙ ˙ Œ œ ˙. œ
A V
ra, [e so - no_an - cho - ra.] Io gl'ho ve -

T Vœ œ œ œ ˙ Œ œ œ œ œ. œ œ œ Ó
J
son an - cho - ra, [e son an - cho - - ra.]

?Œ œ œ œ w Ó ˙
B w
[e so - n'an - cho - - - - ra.] Io

&Œ œ œ œ œ œ œ œœ
34

S
˙ œ œ œ œ œ œ. J
n
Io gli_ho ve - du - t'al - cun gior - n'am - be - du - - -

œ# œ œ œ œ ˙ œ œ œ œ. œ œ
A V# œ . J J œ˙ œ

n n
du - - - - t'al - cun gior - n'am - be - du - - - - i

œ œ. œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œJ œ ˙
T VÓ Œ
J J
Io gl'ho ve - du - t'al - cun gior - - n'am - be - du -

B
? ˙. œ w ˙ Œ
œ œ œ ˙
gl'ho ve - du - - - - to al - cun gior -

354
il cantar novo di ercole bottrigari

&˙ ˙ ˙ Ó ∑ Œ œ œ œ
38

i Le - var - s'in -

œ œ œ œ. œ œ œ œ œ œ œœœ œ # œ # œ œn
A VΠJ
Le - var - s'in - sie - - - - me, in - sie - me, Le - var - s'in -

˙ Œ œ œ œ œ œ œ œ œ ˙ œ œ œ œ
T V J J
i Le - var - s'in - sie - me, [Le - var - s'in - sie - me], Le - var - s'in -

?œ œ ˙ Œ œ œ œ ˙ ˙ Ó
B ˙
n'am - be - du - i Le - var - s'in - sie - me,

42 n
S &œ œ œ œ œ œ œ ˙ œ #œ ˙
n
sie - me, e_in un pun - t'e_in un' ho - - -

œ œ œ n n
˙ #œ œ. œ œ œ œ œ œ œ
A V J

n
sie - me, E_in un pun - t'e_in un' ho - - -

œ œ œ œ œ œ œ. œ
T Vb ˙ œ œ. J J
sie - me, E_in un pun - t'e_in un' ho - - -

?Ó Œ œ œ œ ˙ œ ˙
B œ
e_in un pun - t'e_in un' ho - - -

355
luca bruno

n
Œ œ
45

S &œ œ œ œ #œ œ œ œ œ œ œ œ
ra, Quel far le stel - - - - - - le, e

n n n
œ œ œ œ #œ ˙
A V# œ #œ #œ œ œ œ

n n
ra, Quel far le stel - - - le, Quel far le stel -

œ œ œ œ œ œ œ j œ œ œ œ œ
T V œ œ J œ œ
n n
ra, Quel far le stel - - - le, Quel far le stel - - -

? œ œ œ ˙ œ œ #œ ˙
B œ œ
ra, Quel far le stel - - - le, Quel far le stel -

n
œ œ œj œj œj Œ
j
& œJ . ∑
48

S
R
que - sto spa - rir lu - i.

n œ. #œ n
A V œ J œ œ œJ œ
J
œ
J Œ Ó

n
l'e que - - - sto spa - rir lu - i.

œ œ. œ j œ #œ #œ
V J œ J J Œ Ó
T
J
n
l'e que - - - sto spa - rir lu - i.

? œ. #œ œ œ j j
B œ J J J œ œ Œ Ó
l'e que - - - sto spa - rir lu - i.

-
356
Finito di stampare da Print Company, gennaio 2015

Potrebbero piacerti anche