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960-63 primi placiti -> nella zona tra Lazio e parte settentrionale della Campania

Nel 1960 fu pubblicato il primo manuale di Storia della lingua italiana di Bruno Migliorini -> nel 1938
ottenne la prima cattedra di Storia della lingua italiana
Tosco-fiorentino come base dell’italiano -> il fiorentino ha subito un’evoluzione interna -> non proprio
quello di Dante -> poiché ci sono parole che non appartengono al tosco-fiorentino
Fiorentino quattrocentesco -> più popolare rispetto a quello trecentesco
Prime grammatiche -> inizia la censura -> x es: io amava -> io amavo -> modifiche dovute a Manzoni
‘400 -> per livellamento si è deciso di trasformare gli infiniti -> x es: sonare -> suonare
‘500 -> si comincia a parlare di italiano -> processo che inizia alla fine del ‘300
All’inizio del ‘400 troviamo la definizione delle 3 corone fiorentine -> i tre massimi esponenti: Dante,
Petrarca e Boccaccio
‘700 -> dopo la trasformazione della Francia in Francia imperiale -> influenza della l. francese -> molte l. si
sono imposte in ambito politico-militare
La lingua italiana -> definita lingua leggera o l. della leggerezza -> poiché non si è mai imposta -> x es: il
tosco-fiorentino non si è mai imposto in ambito politico -> l’italiano = lingua della cultura
Manzoni fornisce un modello della lingua
‘800 -> secolo dell’unificazione d’Italia
2 Luglio 1861 -> capitale d’Italia -> prima Torino, poi Firenze, infine Roma -> il Papa venne cacciato
I Savoia furono definiti “mangiatori di Papi”
Vittorio Emanuele II arrivò a Roma -> usava il francese e il piemontese
Il dialetto in Italia è sempre stato importante -> dialetti regionali (che sono vere e proprie lingue parlate)
Geosinonimi -> sinonimi ma che hanno uso diverso a seconda delle regioni
Sono ammesse delle eccezioni nelle rime
Dialetti italiani ≠ dialetti dell’italiano
Italiano oggi -> chiamato neo-standard -> x es: “sono uscito con degli amici” piuttosto che “sono uscito con
amici”
Italiano ieri
Storia interna (studio storico-grammaticale) ≠ storia esterna (x es: il fiorentino trecentesco è ≠ dal
fiorentino quattrocentesco => quando si uniscono possiamo parlare di storia della lingua
Boccaccio scrive il Decameron -> 1348 peste a Firenze -> dal 1350 Firenze viene ripopolata -> grazie allo
spostamento dell’area centro-settentrionale
Roma comincia a toscanizzarsi grazie all’arrivo di molti fiorentini -> Roma popolata anche da molti stranieri
che usano la lingua più parlato -> il romano di prima è diverso da quello attuale
1979 Rete Italia -> nel ’94 diventa Mediaset -> a partire dagli anni ’70 c’è il trionfo di una lingua comune di
tipo settentrionale -> nascita e trionfo delle televisioni locali -> anche dal punto di vista linguistico sono
legate dalla lingua -> prima per lavorare alla Rai bisognava seguire dei corsi di dizione
1984 viene emanato un decreto-legge (“Berlusconi”) -> che le reti possano trasmettere in diretta in
territorio nazionale
L’italiano parlato non è più quello che si studiava a scuola -> successivamente viene chiamato in diversi
modi: l’italiano medio, l’italiano in movimento, l’italiano standard, l’italiano parlato
L’italiano neo-standard è quell’italiano con alcuni tratti che ormai sono accettati anche nello scritto formale
(nei romanzi ad esempio) -> esempi di scritto informale: “a me mi piace”, “il pane l’ho comprato io”
Nel Medioevo si parla di policentrismo
Nel linguaggio di Boccaccio anche quello erotico non è mai basato sul turpiloquio -> ad esempio Boccaccio
usa delle metafore per far riferimento all’anatomia umana -> al contrario di Dante che è più diretto tanto
da utilizzare parole come “merda”, “culo”
Bembo parlava soprattutto di lingua scritta ≠ Benedetto Varchi è colui che dice “si leggete tutti i classici ma
per parlare bene l’italiano bisogna recarsi a Firenze” -> nasce la moda del viaggio a Firenze
La predicazione è fondamentale -> diventa una sorta di missione compiuta da famosi predicatori per
rievangelizzare l’Italia, la Spagna, ecc... -> Paolo Segneri diventa un grande predicatore
Il “Cateriniano”, libro grammaticale sienese, fu censurato -> poiché non aveva la gorgia fiorentina
Roma era la corte per eccellenza -> il 60% degli abitati erano no-romani, il 90% degli italiani erano
settentrionali e il 20% erano stranieri
Le prose di Bembo erano dedicate a Clemente VII quando era già cardinale
La lingua cortigiana è chiamata dagli storici “lingua di koiné” -> è una lingua che ha di base un modello
scritto tosco-fiorentino in cui furono inseriti diversi elementi latini a livello di sintassi, di lessico e numerosi
tratti dialettali (Valdassar Castillón - Il perfetto cortigiano)

Cos’è la storia della lingua italiana?


-Storia interna (grammatica storica)
-Storia esterna (fattori di ordine fisico, storico, antropologico o culturale che condizionano l’evoluzione di
una lingua (Esempi: il fiorentino argenteo e la toscanizzazione del dialetto romanesco fra Quattro e
Cinquecento)
Il fiorentino, soprattutto quando diventa lingua comune, non è così compatto -> come quello parlato da
Dante -> la gorgia, che per molto tempo si è creduto fosse un fenomeno antichissimo, è un fenomeno
molto più recente

Quali sono i campi di ricerca della storia della lingua? -> fino alla fine dell’’800 non abbiamo altro oltre ai
libri -> tra tutti, i testi letterari (la lingua dei grandi autori ma anche minori e minimi) -> anche quegli autori
che non appartengono a un canone letterario -> ad esempio, il diario di viaggio di Marcopolo (scritto in
italiano-francese -> successivamente tradotto in toscano -> e poi in latino, che avrà una certa importanza
verso la fine dell’’800)

I campi di ricerca della storia della lingua:


-Lo studio della lingua degli autori è finalizzata all’analisi dei testi letterari, in prosa o poesia
-Lo studio della lingua non letteraria si interessa delle scritture che non si propongono fini d’arte (testi
burocratici e testi dei “semicolti”) -> gli errori sono una deviazione da quella che noi chiamiamo norma ->
tra i tratti principali vi è l’uso errato di maiuscole e minuscole e la presenza del fenomeno del metaplasmo
che consiste nel cambiare categoria grammaticale o verbale
A partire dal ‘500 si parla di lingua nazionale -> legata a un processo di evangelizzazione dell’Italia -> dopo il
Concilio di Trento vengono istituite le scuole della dottrina cristiana nelle quali si insegnava il catechismo
Le epistole, i testamenti olografi, i diari di guerra, le lettere di guerra (studiate per la prima volta da L.
Spitzer), le scritture esposte (gli editti, ma soprattutto i cartelli ingiuriosi che venivano raccolti dalle autorità
-> nei quali erano presenti forme “popolari”, dialettismi, uso di metaplasmo, l’uso errato di maiuscole e
minuscole)
La storia della lingua italiana si propone di analizzare, spiegare e capire la lingua attuale attraverso lo studio
di documenti storici
Il primo documento fondamentale è il censimento del 1861 -> l’Italia dell’epoca contava 22 milioni di
abitanti -> mancava ancora Roma, Lazio, Veneto, Friuli-Venezia Giulia e il Trentino -> in base a questo
censimento è stato calcolato il tasso di italofonia = il 9,5% -> molto pochi erano gli italofoni per cultura ->
un milione di italiani hanno lasciato l’Italia per trovare lavoro all’estero
*Geosinonimo: sinonimi ma che hanno uso diverso a seconda delle regioni -> esempi come “mozzarella”,
“bagna cauda”, “attaccare bottone” che è tipicamente piemontese e proviene dal gergo militare, “avere
fifa” che è tipicamente piemontese -> sono oramai entrati nell’italiano

Il rapporto lingua/dialetto:
-È fondamentale, nello studio della storia della lingua italiana, il rapporto fra lingua e dialetto (per esempio,
regionalismi e geosinonimi*)
-Dobbiamo parlare di “dialetti italiani” e non di “dialetti dell’italiano”

Periodizzazione:
1. Dalla frammentazione linguistica medievale (policentrismo linguistico) al primato del fiorentino letterario
(IX sec -> fine Trecento)
2. Unificazione, norma ed espansione del tosco-fiorentino (fine Trecento -> primo Ottocento) -> grandi
secoli del dibattito sulla lingua
L’accademia è tipicamente cinquecentesca -> l’Accademia della Crusca nasce nel 1591 -> è l’accademia
italiana alla quale si sono ispirate altre accademie -> l’Accademia dei Concordi, che nasce nel 1539, ancora
oggi porta avanti questa sua attività culturale -> ha una pinacoteca con 400 mila volumi
3. Da lingua letteraria a lingua d’uso nazionale (secondo Ottocento -> anni ’80 del Novecento) -> a partire
dal secondo Ottocento si afferma un italiano la cui base è quella proposta da Manzoni -> perché fino agli
anni ’80 del Novecento? -> l’italiano comincia a cambiare -> momento in cui comincia a diffondersi il gergo
giovanile -> il “paninaro” è un giovane che non ha più interessi politici, veste per la prima volta in un certo
modo e mangia panini, ma ha anche un suo gergo -> spesso il gergo era sostituito dal dialetto
Diversi gruppi sociali diedero vita a una loro lingua definita alocriptica poiché non doveva essere capita da
altri gruppi
Gergo furbesco -> è il gergo adottato dalla mala gente
4. La “neo standardizzazione” (anni ’80 del Novecento -> epoca attuale)

La lingua e Internet:
1. Accademia della Crusca: http://www.accademiadellacrusca.it/
2. Biblioteca digitale: http://www.bdcrusca.it/index.asp
3. Biblioteca italiana: http://www.bibliotecaitaliana.it/
4. Italinemo
Lingua ≠ dialetto -> L'italiano oggi si pone come codice dominante rispetto ai dialetti in quanto possiede
tutti i caratteri e il prestigio propri di una lingua comune: gode di uno status sociopolitico culturale
riconosciuto dallo stato, ha una codificazione affermata ed una tradizione letteraria consolidata, e un raggio
di fruizione a livello nazionale. I dialetti italiani, invece, rimangono oggi il codice di minor prestigio e con
minore peso sociale e il loro uso è limitato alla comunicazione quotidiana e ai contesti più informali.

-Quali sono i tratti fonomorfologicamente distintivi dell’italiano rispetto agli altri dialetti?
Dal punto di vista linguistico, nessuno: sia l’italiano sia i dialetti sono sistemi linguistici con le loro
caratteristiche, e si collocano quindi sullo stesso piano. Le differenze intervengono per ragioni
extralinguistiche: fonologiche (*che riguardano le vocali e le consonanti, la dittongazione delle o brevi in
sillaba libera, dittongamento libero -> sillaba libera, aperta -> “bŏnum” -> buono”), morfologiche (che
riguardano la forma di articoli, verbi, aggettivi, ecc.) e lessicali (che riguardano le parole).
Es: “Castello” -> ca-stel-lo (sillabazione grafica) ≠ cas-tel-lo (sillabazione fonetica)

-Cos’è l’anafonesi?
È un fenomeno fonetico, caratteristico nel Medioevo del solo fiorentino e toscano occidentale e poi
trasmesso agli altri dialetti toscani e alla lingua letteraria, per cui le vocali toniche é e ó si chiudono
rispettivamente in ì e ù, quando seguite da determinate consonanti: alle forme léngua, faméglia, méschia,
óngere ecc. degli altri dialetti corrispondono le fiorentine e letterarie lingua, famiglia, mischia, ungere ecc.

-Quali sono le principali linee di demarcazione dell’Italia dialettale? -> La Spezia-Rimini, Roma-Ancona
Con la conquista romana il latino si diffonde in buona parte del territorio europeo, ma si radica in modo
marcato soprattutto nel bacino del Mediterraneo. Ai popoli sottomessi viene imposta la lingua latina, ma
pochi di essi imparano a esprimersi. Il popolo non ha frequentato le scuole, ma ha la necessità di
comunicare e perciò si esprime in modo più semplice e poco rispettoso delle regole grammaticali, parlando
un latino che appunto viene detto volgare. Si può ricorrere a un’asse di confine che partendo dall’attuale
città di La Spezia arriva fino a Rimini. È la linea di demarcazione che impone Diocleziano alla fine del III
secolo che finisce col rappresentare un fattore decisivo di frazionamento linguistico. Questa diagonale
divide i dialetti settentrionali di tipo gallico (nella zona nord-occidentale abbiamo l’influenza celtica) da
quelli centromeridionali di fondo italico. Si può evidenziare il gallo-italico, che coinvolge Piemonte,
Lombardia, Liguria, Emilia e Romagna. Tra i dialetti settentrionali si trovano il veneto, il ladino e il friuliano.
Nell’area italica della parte centro-meridionale i dialetti si sono differenziati in toscano, umbro,
marchigiano, abruzzese, molisano, pugliese, campano, lucano, salentino, calabrese e siciliano. Il sardo
sarebbe invece un dialetto a sé. -> fasci di isoglossa*

La lingua italiana: dove si parla?


-Lingua romanza del gruppo orientale, parlata da circa 75 milioni di persone, nella maggior parte del
territorio italiano
-Oltre che in Italia, la lingua italiana è espressione ufficiale in Svizzera e nella Repubblica di San Marino
-Grazie alle trasmissioni radiotelevisive che raggiungono i loro territori, è diffusa e riconosciuta anche in
Albania e a Malta (è stata anche lingua ufficiale)
-Viene ancora parlata come lingua di cultura, pur se in misura sempre più esigua, in Libia, Etiopia, in Eritrea
e in Somalia, ex colonie italiane (molto usata anche come lingua commerciale)
-È presente nelle Americhe, in Argentina soprattutto, in Australia e in Europa centrale (Germania, Belgio,
Svizzera), conseguenza degli ingenti flussi migratori verso l’estero di lavoratori italiani, verificatisi fra Otto e
Novecento

N.B:
-Il sistema fonomorfologico dell’italiano non rispecchia fedelmente quello del fiorentino trecentesco (o
aureo), vi sono infatti tratti entrati successivamente, tipici del fiorentino argenteo e ottocentesco
(dell’epoca del Manzoni)
-Anche il lessico è cambiato profondamente nel corso dei secoli, a livello endogeno (si tratta di voci
appartenenti al latino, lessico antico che deve adattarsi al lessico attuale) ed esogeni (anglicismi a partire
dall’’800, ecc.)

*Principali tratti del tosco-fiorentino:


-Dittongamento di Ě, Ŏ toniche in sillaba libera: “buono”, “nuovo”, “piede” < “bŏnu(m)”, “nŏvu(m)”,
“pĕde(m)”, ecc.
Es: “vítiu(m)*” -> “vezzo” -> “vizio”
*(m) -> proveniente dall’accusativo
-Chiusura di e protonica in i: “decembre” -> “dicembre”, “mesura” > “misura”, “de” > “di” (quando in
protonia sintattica), ecc.
-Passaggio di “ariu(m)”, “aria(m)”, ad -aio, -aia, in origine in tutta la Toscana e in una vasta zona
dell’Umbria, delle Marche e del Lazio settentrionale: “notariu(m)” > “notaio”, ecc. invece di notaro

Principali tratti del tosco-fiorentino:


-Il passaggio di ar atono a er (“margherita”, “zucchero”, “amerò”, “amerei” invece di “margarita”,
“zuccaro”, “studiarò” e “amarei”)
-Uscita delle parole a cinque vocali (-a, -e, -i, -o)
-Quarta persona dell’indicativo presente in -iamo (“amiamo”, “vediamo”, “capiamo”)
-Formazione perifrastica del condizionale del tipo infinito del verbo + habui (“canterei”, “venderei”,
“sentirei”)

Principali tratti del tosco-fiorentino


Presenza dell’anafonesi, fenomeno per il quale:
-la é tonica (da Ĭ) si trasforma in i davanti a nasale palatale (gramigna), davanti a palatale laterale (famiglia),
provenienti rispettivamente da NJ e LJ (NON DA -GN-: LIGNU(M) > legno)
-la é tonica si trasforma in i di fronte a nasale velare + /k/ o /g/: “vinco, lingua
-ó tonica si trasforma in u di fronte a nasale velare, soprattutto nella combinazione: fungo (resta
conservata, come in “splelŭnca(m)” > “spelonca”, eccezione “iŭncum” > “giunco”)

Particolarità
-Lessico di diversa provenienza: “mozzarella”, “pennarello”, “dollaro” (proviene da un’altra lingua),
“primiparo/oviparo”, “-areccio/-ereccio”
- “Denaro”, “montanaro/marinaio (marinaio)”, “metallaro”, “paninaro”, ecc.
-Parole popolari e parole dotte (allotropi: “pensare/pesare” -> hanno stessa radice ma poi acquisiscono
significati diversi; “vizio/vezzo”; “tossico/tosco”, ecc. -> parole che hanno lo stesso punto di partenza e che
poi si trasformano in una nuova parola) -> “oleu(m)” > “olio” -> ciò significa che è una parola dotta (cioè
non ha seguito le normali evoluzioni) -> ciò non significa che è una parola popolare -> ha solo avuto diversi
processi di evoluzione
Altro tratto del tosco-fiorentino: -> il passaggio da fl- a fi- -> x es: “fliume” > “fiume” -> ciò è rimasto negli
aggettivi -> x es. noun “fliore” > “fiore” -> adj. “floreale”

Il friuliano e il sardo hanno un riconoscimento ufficiale, politico -> però non ha niente a che vedere con la
situazione attuale
Il patuà è una varietà dell’italiano
In Valle D’Aosta le lingue ufficiali sono l’italiano e il francese

Tratti dell’italiano ascrivibili al fiorentino quattrocentesco (o argenteo):


-Prima persona dell’imperfetto in -o -> forma di tipo popolare (“io amavo” invece del trecentesco “io
amava”, poi letterario “io amava”) -> la scelta finale spetta a Manzoni -> decide a favore della forma in -o
- Stia, dia invece di stea, dea -> riduzione dei dittonghi di -ea- in ia e -eo- in io
- “Ragghiare”, tegghia” (in Dante abbiamo questa tipologia) oggi “ragliare”, “teglia” -> partire dal ‘400
parole come “familia” > oggi “famiglia” > venivano pronunciate come “famigghia” -> parlata tipica dei
contadini -> tipiche forme popolari -> vengono poi ipercorrette -> vengono reinterpretate e modificate
- “Priego”, “brieve”, “truova” oggi “prego”, “breve”, “trova” -> a partire dal ‘700 cominciavo a vedere un
altro tipo di tendenza alla riduzione del dittongo quando, ad esempio, il dittongo era preceduto da una
consonante palatale -> x es: “spagnuolo” > “spagnolo” -> erano tratti popolari per questo, in un primo
momento, Manzoni li esclude
- 1) “Me lo dice” invece di 2) “lo mi dice” -> 2) ordine tipicamente fiorentino che viene sostituito dalla forma
1) che era più diffusa in tutti gli altri dialetti, ovvero “me lo”
- Forma con accusativo variabile “glielo”, “gliela”, ecc. invece della forma invariabile (Decameron: “Gliele
perdonerebbe”, cioè “glieli perdonerebbe”) -> i tratti arcaici è sempre possibile ritrovarli

Tratti passati dal fiorentino all’italiano nell’Otto-Novecento


-Monottongamento di uo dopo un suono palatale (“spagnolo” invece di “spagnuolo”)
-Espansione del costrutto “noi si fa” invece di “noi facciamo” -> tratto tipico del tosco-fiorentino -> poi è
diventato uno dei tratti del neo-standard
-Pronuncia con i delle lettere dell’alfabeto (“bi”, “ci”, “di”, ecc., da cui “abbici”, invece di “be”, “ce”, “de”,
“da” cui “abbecedario”) -> tavola in cui c’erano tutte le lettere dell’alfabeto e tutte le sillabe più importanti
-> chiamata “tavola della santa croce” poiché alla fine della lettura della tavola si faceva il segno della croce
-Entrata di numerose locuzioni idiomatiche toscane: “metter gli occhi addosso”, “bianco come un cencio
che esca dal bucato”, “levarsi il pan di bocca”, “tirar la carretta”, “dir chiaro e tondo”, “chiudere un occhio”,
“tirare il collo”, “saltare di palo in frasca”, “mettere una pulce nell’orecchio”, “fare uno sproposito”,
“mettersi il cuore in pace”, ecc. -> ci sono diverse locuzioni toscane -> con la pubblicazione dei Promessi
Sposi, Manzoni diventa il guru della lingua italiana

Fenomeni del fiorentino vivo estranei all’italiano:


-L’assibilazione palatale di c e g palatali intervocaliche quale si sente a Firenze nelle parole pace e regina
-La gorgia toscana, cioè la spirantizzazione delle sorde occlusive intervocaliche (/k/ e /g/); dentali (/t/ e /d/)
o bilabiali (/p/ e /b/): “decoro” > [dehoro]. Si attiva solo in posizione intervocalica, sia in corpo di parola
(“amaca” > [amaha]) che in fonetica sintattica (“la casa” > [la cahasa])

Dialetto o lingua?
Assioma del relativismo linguistico
Ogni termine in ambito linguistico è interpretato in rapporto al contesto di cui si parla

Dialetto o lingua? (2)


-Dialetto come varietà di una lingua. In questo senso il termine “dialetto” definisce una varietà della lingua
nazionale, con cui condivide gli stessi caratteri strutturali e la stessa storia della lingua nazionale
-Dialetto come lingua contrapposta a quella nazionale. Con questo termine si indica una lingua autonoma
rispetto alla lingua nazionale, che ha caratteri strutturali e una storia distinti da quelli della lingua nazionale,
cioè non si può stabilire nessun legame di dipendenza, subordinazione o appartenenza con questa lingua,
quantunque tra dialetto e lingua ufficiale possano esistere notevoli parentele e somiglianze

Dialetto o lingua? (3)


-Data al 1570 circa l’uso della parola “dialetto” con realtà simili a quelle per cui viene comunemente
impiegata oggi (Vincenzo Borghini): << [...] i dialetti greci erano tutti quattro regolati e belli e buoni, e in
tutti si scrivea leggiadramente con approvazione universale, cosa che non accade nei nostri che non sono
approvati, né si scrivono se non talvolta per burla o in qualche commedia >>

Dialetto o lingua (4)


 La distinzione fra lingua e dialetto ha un valore puramente oppositivo, sociale, ma non linguistico
 I fattori di carattere sociale si possono riassumere in:
1. la lingua subisce una codificazione;
2. la lingua possiede un uso scritto;
3. la lingua acquisisce una dignità culturale sconosciuta al dialetto;
4. la lingua gode di un prestigio sociale superiore a quello dei dialetti;
5. ha una maggiore estensione geografica

*Il concetto di “isoglossa”


Un’isoglossa è una linea immaginaria che, su una carta geografica, delimita la zona di un territorio che
condivide un tratto linguistico comune, lessicale, fonetico, morfologico o sintattico
Sonorizzazione: una consonante occlusiva passa a un suono corrispondente ≠ anafonesi

Tratti linguistici caratteristici a nord della linea “La Spezia-Rimini” (Massa-Senigalia)


-Lo scempiamento delle consonanti doppie o geminate: spalla > spala; mamma > mama, ecc.
-La lenizione (o sonorizzazione) delle consonanti occlusive sorde intervocaliche latine, che può risolversi in
sonorizzazione, spirantizzazione o dileguo (fratellu(m) > piem. fradel o frel; capillu(m) > piem. cavei;
fatica(m) > piem. fadiga)
-La caduta delle vocali finali diverse da -a e -i: gat, sal, can, ecc. meglio conservate nel Veneto
-Assibilazione delle palatali toscane: sena (“cena”), sent (“gente”), ecc.
-La tendenza alla caduta delle vocali atone interne (nei dialetti gallo-italici: piemontesi, liguri, lombardi,
emiliani e romagnoli): denaro > dnè; settimana > stmana, ecc.
-L’esistenza, specie nel settore occidentale del territorio, delle vocali turbate (o arrotondate, o labializzate,
o palatalizzate, o centralizzate): luna > lüna; muro > mür
-Sempre in quest’area palatalizzazione del nesso latino -CT
-La metafonia o metafonesi (mesi > nap. misƏ)
-L’assimilazione nei gruppi consonantici -ND- > -nn-; -MB- > -mm-: quando > quanno; gamba > iamma
-La sonorizzazione delle consonanti sorde postnasali (NT > ND, NK > NG -> es. quanto > quando; anche >
anghe)
-La posposizione in enclisi dell’aggettivo possessivo (nap. fratemƏ)
-Le vocali finali diverse da -a hanno come esito maggioritario la vocale indistinta /Ə/ (dialetti alto
meridionali): Napoli > NapulƏ
-La presenza di tre vocali finali ben percepibili nella maggior parte dei dialetti meridionali estremi: -i, -u, -a
(ferru, iocu, ecc.)
-Presenza dell’accusativo preposizionale uso della preposizione a prima del complemento oggetto

In italiano la dittongazione vi è se le vocali sono aperte


Metafonesi: fenomeno che riguarda una trasformazione della vocale tonica a causa della presenza di un
particolare suono alla fine
Fenomeno in regressione -> ci sono diversi tipi -> es. il napoletano
 La metafonesi non esiste in toscano -> esiste nel napoletano ad esempio
 L’anafonesi esiste solo in toscano
Metafonesi di tipo napoletano:
é (chiusa) > -i, -u: i
ó (chiusa) > -i, -u: u
è (aperta) > -i, -u: ie
ò (aperta) > -i, -u: uo
 Se la parola termina in -i o in -u si ha metafonesi
 Se la parola termina in -a o in -e non si ha metafonesi

Le minoranze linguistiche (o alloglotte)


1. Parlate neolatine:
 Il catalano, in provincia di Alghero (nord della Sardegna), che risale al 1534, quando Pietro IV
d’Aragona conquista la città e la ripopola con coloni provenienti dalle città della Catalogna e delle
isole Baleari
 Il provenzale nelle valli del Piemonte sud-occidentale
 Il francoprovenzale (arpitano, patois) soprattutto in Val d’Aosta
 Il ladino (romancio) in Trentino

2. Parlate di altri ceppi linguistici (riconosciute dalla legge):


 Il tedesco delle popolazioni walser (sec. XIII) in alcune valli del Monte Rosa (Alagna, Macugnaga,
Gressoney)
 L’albanese (sec. XV-XVIII) in Calabria e Sicilia
 Il greco (grico) in Calabria, Puglia (epoca bizantina)
 Il croato in Molise (sec. XV)
 Le parlate delle comunità zingare: dialetti rom nell’Italia centro-meridionale e sinti al Nord

L’italiano attuale
Alcune varianti da considerare:
1. L’italiano “standard”
2. L’italiano “neostandard” -> quello che più si parla ora
3. L’italiano “regionale”
4. Dialetto italianizzato
5. Dialetto
L’italiano “standard”
- Per lingua standard, intendiamo un’espressione dotata di sostanziale stabilità, garantita dalla
codificazione grammaticale e depositata nei vocabolari
- Ha funzione unificatrice perché in essa vi si riconoscono parlanti di differente origine sociale e geografica

L’italiano “neo-standard”
- Una lingua standard è stabile ma non immobile, in quanto strumento di interazione fra gli uomini
- A partire dagli anni ’80 del secolo scorso, alcuni studiosi hanno cercato di definire i tratti della nuova
fisionomia dell’italiano scritto e parlato
- Trattandosi di una realtà ancora in via di assestamento, alcuni studiosi preferiscono chiamarlo
“tendenziale”, “in movimento”, “dell’uso medio”, ecc.
L’italiano neo-standard tende ad anticipare le particelle pronominali -> “te lo dovevo dire”
L’italiano comincia a cambiare agli inizi degli anni ‘80

Tratti del “neo-standard”


- L’uso di lui, lei, loro come soggetto
- Uso di gli come dativo plurale (Gli ho detto vs Ho detto loro)
- Lo pronome neutro che riprende un predicato o preposizione (Lo so che sei stanco)
- Il ci attualizzante con avere (Ci ho fame) o altri verbi (contarci, volerci, ecc.)
- Uso di cosa (Nord) e che (Centro-Sud) invece di che cosa
- Dimostrativi rafforzativi con qui e lì
- Costrutti preposizionali con il partitivo (Esco con degli amici)
- Uso del presente per il futuro
- Uso del “dativo etico” (Stasera avrei voglia di mangiarmi una pizza)
- Varie forme di dislocazione
- Uso del che polivalente (Il giorno che l’ho visto; Non esco, che sono stanco)
- Uso marcato diatopicamente del passato prossimo (Nord) e del passato remoto (Sud)

L’italiano “neo-standard”
Declino dei seguenti tratti:
- della i prostetica (per iscritto, in Isvizzera, ecc.)
- delle varianti sintetiche delle preposizioni articolate per e con (ancora vitale col)
- dell’uso di codesto, costì, costà
- di ciò a favore di questo e quello (Sai già quello che ho da dirti)
- del congiuntivo a favore dell’indicativo (soprattutto nel parlato), in frasi dipendenti da verbi che esprimon
o dubbio, incertezza, opinione, ecc. (Credo che sei bravo) e nelle ipotetiche (Se lo sapevo non venivo)

L’italiano regionale
- È il prodotto dell’incontro fra italiano “standard”, comune, scolastico, ecc. e i dialetti
- È la conseguenza più vistosa, a livello di parlato, dell’emergere dei tratti locali parlati localmente e
dell’antica frammentazione linguistica
- Interessa principalmente il lessico (geosinonimi: parole di uso regionale che, nelle varie parti del territorio
italiano, designano uno stesso oggetto), e la pronuncia
- Se ne possono individuare varianti “alte” e “basse” (con gradini intermedi)

L’italiano regionale
-Varietà settentrionale:
 Pronuncia sonora generalizzata di s intervocalica e z iniziale
 Scorsa sensibilità all’opposizione toscana di e, o aperte
 Uso del passato prossimo in luogo del remoto
 Lessico: adesso, anguria, testa, cicchetto, pelare, scodella, sottana, terrina (zuppiera), ometto,
tiretto (cassetto), balera, imposte (persiane a due battenti), melone, ecc.
 Scarsa sensibilità alle consonanti intense, soprattutto nella realizzazione del raddoppiamento
fonosintattico quando non segnalato nella grafia
 Tendenza a pronunciare sc come s (lasciare > lasiare)
- Varietà romana:
 Pronuncia tipo rubbare, abbile, aggio, ecc.
 Pronuncia tipo penzare, perzona, borza, tolze, ecc.
 Pronuncia di c/g intervocaliche come sibilanti palatali sorda e sonora
 Pronuncia tipo tera e quanno (solo varietà basse)
 Lessico: bagnarola, burino, caciara, cocuzza, fanatico (chi si da arie), fruttarolo, pattaccaro
(imbroglione), pappone (sfruttatore di donne), pedalino, pupo, sbafare (mangiare con avidità e in
abbondanza), sganassone, mondezza/monnezza, ecc.
- Varietà meridionale:
 Pronuncia retroflessa di dd e tr (varietà siciliana)
 Lessico: cecato, compare (padrino), faticare (lavorare), melone d’acqua/di pane, mò, scostumato
(maleducato), tenere (per avere), stare (per essere), petrosino, uscire pazzo (impazzire), ecc.

Dal latino al volgare: gli errori involontari (V-IX sec):


- I documenti alto medi sono redatti in un latino scorretto, in cui affiorano tratti isolati dal volgare
- I primi documenti scritti dal volgare attestano l’esigenza degli alfabetizzati di mettere per iscritto la nuova
realtà linguistica
Importanza che ha avuto il lessico del cristiano o anche a modificare il lessico classico -> es: tradere
(consegnare) ≠ tradire; cattivo in italiano (malvagio) ≠ cattivus in latino (prigioniero); plebe(m) > plebe e
pieve (organo ecclesiastico); paganu(m) > contadino (si differenzia dal militare, soldato della chiesa) e
pagano (non cristiano) -> questo fenomeno prende il nome di slittamento di significati
Fenomeno di sostrato -> come nei toponimi -> ciò in quanto ogni nazione ha avuto invasioni di diversa
provenienza
Fenomeno di superstrato
Sostrato e superstrato -> termini di origine araba
Tutte le lingue formate attraverso la Torre di Babele -> tranne greco e latino
N.B. Volgare (si considera sullo stesso livello del latino -> perché ne è figlio) nasce per il miscuglio di latino
classico e le parlate germaniche
V (caduta dell’Impero Romano) -IX (quando si iniziano ad avere le nuove attestazioni di questa nuova
lingua)

Prime attestazioni europee dell’uso del volgare:


- Il Concilio di Tours dell’813 la predica deve essere pronunciata <<in rusticam Romanam linguam vel
theotiscan>>
- I giuramenti di Strasburgo (14 Febbraio 842): primo documento che attesta l’uso amministrativo
consapevole delle lingue locali “teutisca” e “francisca” -> sancisce una pace tra Ludovico il Germanico e
Carlo nelle loro rispettive lingue -> latino è diventato una realtà assestante rispetto agli altri volgari
Testi legati a una religione collettiva -> per questo si dubita dell’indovinello veronese (testo enigmistico)

L’indovinello veronese:
- Testo sull’amanuense, colui che scriveva: <<Se pareba (mantiene un tratto latino, la -b-) boves, alba
(bianca, termine diffuso dopo, germanismo) pratalia (prato, altro tratto latino, la -l-) araba, albo versorio
(versoio, a Verona tutto l’aratro, in italiano indica solo una parte) teneba [...]>> -> veniva visto come una
testimonianza del volgare -> dopo, De Bartolomeis, grazie a una studentessa -> primo a definirlo un testo
colto

L’iscrizione della Catacomba di Commodilla:


-Testo: <<Non dicere ille (tratto latino) secrita (al posto di secreta -> ipercorrettismo) a b b oce
(raddoppiamento fonosintattico, non è grafico, ad voce -> advoce -> a voce)>>
- Data: 840 c.a.
- Tipo di documento: religioso
- Area di provenienza: Lazio (Roma)
Le formule campane (di Cassino)
- Datazione: 960-963
- Tipo di documento: amministrativo (notarile) -> però legato a un’istituzione religiosa molto importante
- Area di provenienza: Capua

La Langobardia Maior e Minor


- Maior e Minor: due grandi ducati lombardi (ducato di Spoleto e Benevento)
- Dureranno molto di più del regno Longobardo
- I due ducati, ma soprattutto quello di Benevento, continueranno a sussistere
- A Salerno fu fondata dai Longobardi la scuola medica più grande

La storia del monastero di Montecassino


- 529: fondazione da parte di S. Benedetto
- 577: distruzione da parte dei Longobardi del duca beneventano Zotone -> ha bisogno di giustificare parte
dei domini la cui appartenenza non poteva dimostrare
- 718: rifondazione del monastero grazie a Petronace
- 883: i Saraceni invadono il monastero, lo saccheggiano e lo danno alle fiamme
- 950: rinasce il monastero
- 1349: terza distruzione a causa di un terremoto
- 1944: il monastero è distrutto dal bombardamento alleato
- 1945: ricomincia la costruzione del monastero (si concluse nel 1964)

La sintassi dei placiti


- Sao co kelle terre, por kelle fini que ki (se) contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti (viene
anticipato l’oggetto perché importante per la disputa, per evitare che si potesse usufruire dell’usucapione)

- Sao co parte Sancti Benedicti trenta anni possette kelle terre, por kelle fini que ki se contene

Volgarismi del Placito


- sao: antica forma meridionale per “so” (oggi saccio)
- ko: nesso dichiarativo < QUOD, oggi ku, oggi in recessione rispetto alla forma comune dell’Italia
meridionale ca < QUIA
- kelle: con riduzione di ku a k, tipica dei dialetti meridionali (EC)CU(M) ĬLLE -> quelle
- ki: da (EC)CU(M) HIC > kui > ki -> qui
- contene: tecnicismo giuridico con valore impersonale “di cui si parla”
- le possette: “le possedette”, costrutto prolettico con ripresa mediante il pronome
- ke ki contene: valore giuridico (che sono qui descritti, nel placito)
- fini: “limiti di proprietà”

L’iscrizione di San Clemente


In questo affresco siamo nell’XI sec (dopo il 1084) è rappresentata la passione di San Clemente (titolare
della Basilica) -> ci interessa la parte inferiore -> ci sono dei personaggi e delle frasi per questo è stato
definito come il primo fumetto della storia -> mancano le nuvolette ma i personaggi sono rappresentati
come se pronunciassero qualcosa -> anche se non si sa bene chi pronunci cosa
Datazione: fine XI sec (dopo il 1084)
Tipo di documento: religioso
Area di provenienza: Roma
- Fenomeni più interessanti:
 Conservazione di e tonica aperta in DERETO da de retro e della e atona nella stessa parola come
pure nel TE di FALITE
 Il passaggio di -RB- a rv, tipico del romanesco antico
 Falite: (si leggeva quasi sicuramente fáglite) cioè “fagliti”
 Traite: dal latino volgare *TRAGITE (*TRAGERE invece di TRAHERE per probabile influsso di AGERE)
 Putti: si leggeva probabilmente con t intensa
- Antroponimi:
 Albertello è di origine franca (ADALBERHT, “nobile, splendido”), provvisto del suffisso diminutivo
-ello, d’origine latina
 Gosmari è forse un derivato del greco Kosmas, attraverso il suffisso -ARIUS modificato per influsso
del suffisso germanico -ARI, o forse deriva dal longobardo GAUSEMAR
 Carvoncello, da CARBO, cioè “Carbone” + -ellus

Altre testimonianze -> prime attestazioni in volgare sono attestazioni non letterarie, tutti gli altri campi
erano nelle mani degli invasori
- Formula di confessione umbra: Norcia (Pg), 1080 ca., testo religioso
- Postilla amiatina: San Salvatore di Montamiata (Si); 1087; documento notarile

La formula di confessione umbra


- Testo: 17 formule di confessione e un’invocazione iniziale in volgare + 2 formule finali per il confessore in
latino
- Datazione: 1040-1080
- Tipo di documento: religioso
- Area di provenienza: Abbazia di San Eutizio, Norcia (Umbria)
Anche chiamata la formula norcina (una confessione pubblica)
Famoso testo letterario per la sua estensione: 17 formule
Contrapposizione tra volgare e latino (latino, ultime formule, quelle di assoluzione)
Anno 1000 -> nascono i borghi, le grandi città che assumono un alto governo, si amministrano da sole pur
riconoscendo l’autorità dell’imperatore e del Papa -> periodo di grande nascita culturale
I primi testi letterari che abbiamo sono ritmi composti da professionisti, giullari che collaborano con i clerici
per prediligere temi di tipo profano e religioso -> lingua richiesta da un pubblico formato dai laici, pubblico
della borghesia -> le scritture hanno uno scopo umanistico, documentare delle testimonianze -> vedremo
come i testi letterari diventeranno testi ludici, di intrattenimento -> aumenta la circolazione culturale
Nel ‘400 con l’Umanesimo ci si orienta verso una scrittura etimologica
Agli inizi del ‘500 quando ci si orienterà verso una scrittura di tipo fonologica

Tratti della formula di confessione umbra


- 1. La conservazione della -u finale
MURU(M) -> muro
DIXERUN(T) -> disseru
(IL)LU(D) -> lo
- 2. Metafonia
é … -i, -u : i (illi, dibbi, battismu, ecc.)
ó ... -i, -u: u (nui, puseru, ecc.)

La sintassi della formula


- Accusome delu corpus Domini, k’io indignamente lu accepi

- Accusome k’io indignamente accepi lu corpus Domini

Postilla amiatina (1087)


Donazione alla chiesa dei beni di due coniugi quando saranno morti
Diverso dal testamento poichè viene fatto in vita

Testo (Postilla amiatina)


- Ista cartula est de Caput coctu:
ille adiuvet de illu rebottu
qui mal consiliu li mise in corpu

Interpretazioni
- Questa carta è di Capocotto (soprannome -> “testone, testardo”) -> abbiamo il termine “capo” che veniva
usato come “testa” -> differenza tra testa(m) e capu(t)
Egli (Iddio -> Dio) (lo) aiuti dal Maligno,
Il notaio mantiene le forme latine (ille, ecc.), “rebottu” non è una parola latina ma un francesismo

Il conto navale pisano (anche conosciuta come Carta di Philadelfia)


- È stato scoperto soltanto nel 1973 -> una quarantina di anni fa per caso in una biblioteca di Philadelfia
- Elenco di spese navali vergato sulla prima faccia della guardia posteriore di un ms. (manoscritto) del Liber
sentenatiarum di Isidoro di Siviglia (XII sec.) -> è stato riutilizzata per un altro scopo dopo aver svolto il suo
compito
- Testo redatto nella seconda metà del XII sec. (1080-1130)
- Idee contrastanti: per Baldelli si riferirebbe all’allestimento di una galea, per Castellani alla ristrutturazione
come navi da guerra di imbarcazioni già esistenti

La grafia del testo (amanuense professionista)


- Notevole l’assenza di abbreviazioni, fatta eccezione per le sigle monetarie lis. (= libras), sol. (= soldi), dr. (=
denari)
- Grafia funzionale e coerente:
 c/g palatali secondo l’uso corrente (solo una volta marcho -> “martello”)
 g/n = n palatale
 li = palatale laterale
 s semplice per la sibilante palatale invece di si/sci (pisone)
 consonanti intense scritte sempre doppie se sono liquide o nasali (Orselli, serratura, mannaia, ecc.)
 oscillazione per rappresentare la t intensa (Pilotto, boteghe, ecc.)

Tratti fonetici toscani


- Dittongamento di ĕ breve libera in matieia
- L’esito iod del nesso -ri- (matieia, mannaia)
- Del pisano antico è la conservazione di au davanti a l (taule)
- Solo a Pisa troviamo il suffisso -ulo, in Ciguli, e la stessa parola cigulo, “piccolo”, è d’uso tipicamente
toscano
- I nomi di persona Gualandello e Pisanello, sono ampiamente attestati in documenti pisani coevi
Testimonianza di Travale
- Il testo è conservato nell’Archivio vescovile di Volterra
- È datato 1158
- In una pergamena il giudice Balduino raccoglie le testimonianze di sei “boni homines et legales” (persone
degne di fiducia) di Travale sull’appartenenza di certi casolari alla corte di Travale o a quella di Gerfalco
- Travale e Gerfalco sono oggi nel comune di Montieri

Le frasi in volgare
- Io de presi pane e vino p(er) li maccioni a Travale. [Io presi di là pane e vino per i muratori a Travale]
- Guaita, guaita male (“guatare” -> “guardare”); non mangiai (“manducare” -> muovere le mascelle in modo
rumoroso; “mandicare” -> masticare) ma mezo pane [...] non tornò mai a far guardia. [“Sentinella, fà male
la guardia” (parole che Malfredo rivolge a sé stesso), “non ho mangiato nulla più che mezzo pane” (cioè:
“sono un poveraccio affamato, incapace di fare la guardia in modo adeguato”)

Forme notevoli
- Mascia: casa colonica con podere annesso < *MA(N)SIA
- de: ne < INDE
- maccioni: germanico *MAKJO < *MAKŌN
- mangiai: prima attestazione del francesismo “mangiare”, che ha soppiantato l’autoctono “manicare” <
*MANDICARE < MANDUCARE “masticare”, poi “mangiare”
- Guaita: “guardia”, “sentinella”, e guaitare “fare la guardia” < franco *WAHTA “sentinella”
La prima testimonianza di un testo profano è stata scoperta solamente nel 1998 da Stussi -> questo testo
precede quasi un secolo la scuola poetica siciliana -> è una scuola dove ci sono delle scelte pragmatiche
Anonimo della pergamena ravvenate
- Viene riutilizzato questo testo
- Questa pergamena e l’atto notarile sono del 1927 ma dalla grafia si è visto che dovrebbe essere stato
composto nel 1980
- Siamo quarant’anni prima della scuola siciliana
- Poesia d’amore e anche dal punto di vista lessicale riprende il lessico trovadorico
- Difficile definire la lingua: essendo stato scritto a Ravenna è in dialetto meridionale
- Primo esempio della lirica in Italia
- Fu trascritto in area settentrionale -> “fisti” (facesti), “abandunare”
- “sperança” e “fistinança” -> termine di origine provenzale
- Abbiamo degli allotropi
- Ci sono parole di origine provenzale seppure siano scritti nello stesso modo
- “enno” -> no + sono -> non sono
- “sempre voln’andare” -> sono sempre
- “çente”, “fistinança”, “plas”, “so”, “fùçere”, “increvare”, “cresse”, “splaser” -> tratti settentrionali
- “tute l’ure” -> tratto gallicismo ≠ francesismo

Autori e zone geografiche nel Duecento


- Scuola poetica siciliana: Giacomo da Lentini; Stefano Protonotaro; Pier delle Vigne; Iacopo Mostacci;
Giacomo Pugliese; Guido delle Colonne
- Poesia didascalica-moraleggiante: Bonvesin de la Rive (Milano)
- Anonimo genovese
- Siculo-toscani: Bonagiunta (Orbicciani) da Lucca; Guittone d’Arezzo
- Tradizione laudistica, soprattutto umbra (misticismo collettivo): “disciplinati”, “flagellanti”; Iacopone da
Todi; San Francesco d’Assisi
- Stilnovo bolognese e toscano: Guido Gunizzelli (Bologna); Guido Cavalcanti (Firenze); Cino da Pistoia; Lapo
Gianni (Firenze)
- Poesia comico-realistica toscana: Cecco Angiolieri; Folgore da San Gimignano; Rustico di Filippo
- Prosa: retorica ed epistolografica, Guido Faba (Bologna); enciclopedica, Brunetto Latini (Firenze);
astronomica e astrologica, Ristoro di Arezzo (Composizione del mondo); il Novellino (Firenze)
Categorie d’amore cortese soprattutto in quale modo viene trasferita l’organizzazione feudale nel rapporto
d’amore borghese -> il rapporto tra uomo e signore viene trasferito al rapporto tra uomo e donna -> esteso
all’amore cortese che non si realizza mai -> il rapporto d’amore è un amore nevrotico perché non si può
mai realizzare

Comuni
- I liberi comuni nascono in Italia fra la fine del secolo XI e i primi del XII
- Solo l’Italia del Sud, con il formarsi della potente monarchia unitaria dei Normanni, è esclusa da questo
processo, fatta eccezione per le città marittime meridionali (Amalfi, Gaeta, Noli)
- I comuni si schierano nelle lotte fra Papato e Impero: i guelfi si oppongono ai ghibellini
- I problemi interni dei comuni porteranno alla concentrazione del potere nelle mani di un solo cittadino
(podestà), trasformazione che condurrà poi alla nascita della figura del signore e del principe: comune >
signoria > principato
È lo stesso comune che va evolvendo -> funzione importante -> potere in un unico cittadino (Podestà) ->
cittadino per presentare una certa neutralità

Il comune
- Crescita della circolazione culturale
- Laicizzazione della cultura
- Carattere pratico della cultura nuova
- Ricostituzione di un pubblico letterario

Il comune fattore di unità


- Ricostruzione di un pubblico letterario grazie a una nuova classe che cerca una cultura laica e si avvicina
poi alla letteratura

La Lega Lombarda (1167) e la Battaglia di Legnano (1176)


- Lega Lombarda -> comuni che si riuniscono contro Roma, contro il potere centrale
- Lega di Legnano contro Federico Barbarossa

Testimonianza dantesca del De Vulgari Eloquentia


 Dante dice che il siciliano ha fama superiore -> nel primo libro del DVE
- Ricerca sul volgare illustre -> in questo libro fa un’analisi dai volgari per arrivare a quello migliore
 Prima di Dante nella poesia -> poeti siciliani
- Per Dante la lingua dei poeti siciliani era la più vicina al suo ideale di lingua letteraria (volgare
illustre)
 Idee dantesche sulla lingua -> differiscono dai testi Pir meu cori Alligruri e S’eo travasse Pietanza
- Dante non leggeva la vera opera ma una versione toscana -> la sua idea era di non mettere
regionalismi
- La poesia siciliana ha regionalismi
 La poesia siciliana e la tradizione manoscritta
- Il codice Banco Rari 217 Biblioteca Nazionale Firenze (ex Palatino 418 = P)
- Area lucchese o pistoiese
- Fine ‘200
- Il Laurenziano Rediano 9 della Medicea Laurenziana di Firenze (= L)
- Due mani -> la più antica delle quali, linguisticamente pisana
- Fine ‘200 (poco dopo il precedente)
- Il canzoniere Vaticano Latino 3793 – Biblioteca Apostolica Vaticana (= V)
- Fiorentino
- Primo ‘300
- Periodo importante per i volgarizzamenti
- Primi testi tradotti (volgarizzanti) sono questi in latino
- Questo succederà con quelli testi francesi
- VIP = libro con poesie siciliane visto da Giovanni Maria Barbieri, il quale aveva fatto uno studio di
loro
- Così si sa che le mostre attuali della poesia siciliana furono toscanizzate
- Giacché furono trascritti da persone toscane
- Importanza della monarchia di Federico II
- Nascita della Scuola Poetica Siciliana
- Cortigiani che lavoravano per Federico (es. Pier della Vigna, Guido delle Colonne, Giacomo da
Lentini, Stefano Protonotaro)
 Analisi del testo Pir meu cori alligrari – Stefano Protonotaro
- Vocali toniche
- Iberbato -> v. 1 – pir meu cori alligrari
- Verbo in clausola (alla latina) -> il verbo (v. 3 – è statu) precede i complementi
- Mancata dittongazione -> v. 1 cori
- Entra ufficialmente nell’italiano in ossequio alla tradizione siciliana
- Francesismo
- v. 3 – joi (gioia) -> definisce la natura dell’innamoramento
- In questa categoria entra anche leggiadro
- Condizione all’epoca in -iria (v. 6)
 Rima siciliana vs italiano
- tiniri – vinire (it: tenere – venire)
- cruci – luci (it: croce – luce)
- nui – lui (it: noi – lui)
- usu – amurusu (it: uso – amoroso)
- diri – sospiri (it: dire – sospiri)
- amòri – còri (it: amòre – còre)
- Dovrebbe essere amuri con la U -> ma è un latinismo
- In toscano non funzionano -> ma vengono accettate in ossequio a questa tradizione prestigiosa
 La lingua poetica siciliana
- Alcuni tratti fonomorfologici
- Assenza di dittongazione (tipo core)
- ajo, aggio da HABEO, da cui i futuri in -a(g)gio e in -aio (marinaio)
- Passati remoti di prima coniugazione alla terza singolare in -ao, -au (amau, pigliao, ecc.) e
quelli in terza alla prima in -ivi (audivi, partivi) e alla terza
- Condizionale in -ara derivati dal piuccheperfetto indicativo latino in -averam
- soffondara, perdera, toccara, massera, degnara, misera, ecc
- Condizionale, prevalentemente centro-meridionale e settentrionale, ma non toscano, del tipo
in -ia = infinito + haberam (crederia, sembraria)
 Lessico franco provenzale
a) -anza = accordanza, allegranza, confurtanza, ecc.
b) -enza = intenza, ecc.
c) -mento
d) -aggio = paesaggio, ecc.
e) -ardo
f) -ore = baldore, bellore, gelore, verdore, ecc.
h) Feudalismi
- Redingote
- Per l’italiano è un francesismo perché entra da questa lingua MA viene dall’inglese “riding coat”
- Conte, baccelliere, giostra, ligio (qualità del cavaliere – fedele al signore), vassallo, vassallaggio,
omaggio (rito in cui il cavaliere dichiarava di essere uomo = essere fedele al proprio signore),
torneo, scudiero, cavaliere
- Tutti i suffissi in -iero/a
- Cotta di maglia, dardo
 Allotropi (doppioni lessicali)
- allegranza – allegrezza – allegraggio
- amistanza – amistade
- belessa – belleze – biltà / beltà – bellore – bieltade
- conforto – confortamento – confortanza
- desio / disio – disideranza / disianza / disiranza – desiderio
 Dittologie sinonimiche
- sospiri – pianti
- sollazando – in gioia stando
- tempesta – dispera
- placire – alegrire
- crudele – spietata
- saggio – conoscente
- m’ha vinto – stancato
- la mia gran pena – gravoso affanno
 Antitesi
- Ruggiere Apugliese, Umile sono ed orgoglioso
- Componimento basato sull’antitesi
- Una delle eredità che avrà più importanza per la poesia di Petrarca
Il mito delle Tre Corone fiorentine
 Dante Alighieri:
- De vulgari eloquentia
- Convivio
- Divina Commedia
Sono opere che definiscono il pensiero dantesco e che hanno avuto una ripercussione dal punto di
vista teorico e pratico
È sempre presente nella Firenze rinascimentale
Da sempre per i fiorentini Dante è l’autore di Firenze
Inizia a interessare a partire dal Romanticismo (fine Ottocento) -> diventa uno degli autori più
imitati -> scompare Petrarca ed emerge Dante
Dante è il padre della lingua

Dante, “Padre della lingua”


Dante è entrato nella lingua comune -> per questo motivo è considerato il padre della lingua
- “lasciate ogne speranza, voi ch’intrate”
- “coloro che vissero senza ‘nfamia e sanza lodo”
- “non ragioniamo di loro, ma guarda e passa”
- “colui che fece per viltade il gran rifiuto”
- “vuolsi colà ove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare”
- “come d’autunno si leva le foglie”
Il giudizio di Pietro Bembo
Bembo critica il fatto che Dante usi parole sconce
Una delle abilità dantesche è quella di adattare le parole al contesto

Il giudizio dei moderni


Punto di vista di Contini -> giudizio di stile su Dante -> Dante si caratterizza per il plurilinguismo -> capacità
di adattarsi a ogni contesto
Monolinguismo per Petrarca e plurilinguismo per Dante

De Vulgari Eloquentia: periodo di composizione


- Il trattato in lingua latina De Vulgari Eloquentia fu scritto probabilmente tra il 1303 e il 1305, in ogni caso
durante il periodo dell’esilio, come ricaviamo dalla data post quem nel I libro in cui l’autore fa riferimento
all’esilio ingiustamente subito
- Il titolo dell’opera è ricavato da una citazione del Convivio

De Vulgari Eloquentia
- Il De Vulgari Eloquentia ebbe una vicenda travagliata, al contrario delle altre opere dantesche
- I manoscritti medievali sopravvissuti del DVE sono pochissimi: a Milano (Biblioteca Trivulziana), in Francia
e in Germania
- L’opera scomparve fino al Cinquecento, quando divenne oggetto di contese per sostenere o controbattere
alcune controversie

Ma cos’è il DVE?
- Un trattato sulla lingua?
- Un trattato di stilistica?
Viene scoperto da un sostenitore della lingua cortigiana T. -> inizia a diffonderlo nei circoli dell’epoca e poi
lo pubblica a Venezia ma tradotto in volgare ed è il suo punto di riferimento per la sua idea di lingua
comune italiana -> secondo lui infatti Dante scrive un trattato sulla lingua e si baserebbe su un’idea di
lingua comune
Poco per volta l’opera ricade nell’oblio e riappare nel ‘500 anche se avrà di nuovo successo tra gli
intellettuali -> Francesco Monti -> stessa idea del sostenitore della lingua cortigiana T.
Quello che voleva darci era un manuale di stilistica -> come si doveva scrivere un testo poetico ->
particolare interpretazione del valore della lingua -> bisogna risalire al lessico nel Medioevo

Il De vulgari eloquentia (1303 ca.) Libro I


- Capp. I-VII: l’origine e le caratteristiche del linguaggio umano; l’episodio della Torre di Babele
- Capp. VIII-IX: definizione dei tre ceppi linguistici “europei”
- Capp. X-XV: descrizione della situazione linguistica italiana
- Capp. XVI-XIX: definizione del concetto di “volgare illustre”

L’Europa linguistica di Dante


Divisione della lingua d’oil, d’oc e di si
In Italia si parlava il volgare di si
La posizione nei confronti del greco e del latino che sono lingue studiate a tavolino per facilitare la
comunicazione tra gli intellettuali

Capp. II-III
Il linguaggio è composto da due elementi: razionale (angeli) e animale
L’unico è l’uomo che per trasmettere un’idea ha bisogno della parola
 Alcune intuizioni dantesche:
- il linguaggio è la caratteristica più specifica della specie umana. Infatti, gli angeli e le bestie (ai due
estremi opposti) non hanno bisogno del linguaggio. Negli angeli vi è identità tra pensiero e
comunicazione. Gli animali sono guidati dal semplice istinto (II)
- si definisce con molta chiarezza la doppia natura del linguaggio umano, allo stesso tempo
costituito da una sostanza razionale e da una sostanza materiale: infatti il linguaggio si trasmette
attraverso i sensi, ma esso parla della ragione (III)

Al principio era il verbo


L’importanza della parola nel Medioevo
Il rapporto che c’è tra significante e significato -> la lingua è una convenzione -> le parole avevano dietro di
sé una motivazione profonda
- Tra significante e significato c’è una motivazione
- Indagare l’etimologia significa scoprire questa arcana relazione fra cosa e nome
- “Tu es Petrus, et super hanc petram edificabo Ecclesiam meam”
 Isidoro di Siviglia, autore degli Etymologiarum libri XX o Etymologiae:
- “Homo dictus, quia ex humo est factus, sicut in Genesi dicitur: Et creavit Deus hominem de humo
terrae” (“uomo che viene dalla terra”)
- Piger < pedibus aeger (“malato ai piedi”)
- “aquila ab acumine oculorum vocata”
- Tenebrae < tenere umbras (“stare all’ombra”)
- Cadaver < “caro data verminibus” (“carne data ai vermi”)
- Apes < a-pes (“senza piedi”)
- Le due formule della ricerca etimologica medievale
- NOMEN EST OMEN, “un nome, un destino”
- NOMINA SUNT CONSEQUENTIA RERUM, tra nomi e cose c’è un rapporto motivato, razionale: San
Domenico (da dominicus < DOMINUM)

La Torre di Babele (I, VII)


- Centrale l’episodio della Torre di Babele: Dante sviluppa la tesi personale secondo la quale la confusione
dei linguaggi avrebbe colpito i costruttori della torre dividendoli in maniera omogenea per categorie
professionali (architetti, muratori, spaccapietre, trasportatori, ecc.). Solo al piccolo gruppo di coloro che
non avevano voluto partecipare alla costruzione della torre rimase la lingua che era stata data da Dio a
Adamo, e quel gruppo di persone diede origine al popolo ebraico
Capp. VIII-IX: alcune intuizioni dantesche
- Francese, l’occitano-catalano e le parlate italiane hanno una comune origine, del resto verificabile nella
somiglianza di molte parole, identiche o quasi sia in francese che in italiano ed in provenzale (cita, “Dio,
cielo, amore, mare, ecc.”)
- Le lingue naturali mutano nello spazio e nel tempo, per questo sono state create le lingue
“grammaticali”, come il latino classico, per mettere un argine ai danni derivanti dalla mutevolezza degli
idiomi naturali

Dopo queste analisi generali Dante inizia, dall’universale al particolare, ad analizzare la situazione linguistica
italiana
Vengono indentificati 14 tipi di volgari -> cartina dialettologica dell’Italia -> l’Italia di Sinistra, tirrenica e di
Destra, adriatica
In genere tutti i volgari che si trovano al confine vengono considerati negativi poiché si formano da un
miscuglio di elementi linguistici provenienti da diverse lingue

Il volgare in Italia (Capp. X-XV)


- Nessuno dei volgari presenti in Italia può vantare una preminenza sugli altri, tanto da essere classificato
come “illustre”: né il volgare di Sicilia, pur avendo offerto esempi di poesia illustre che si distacca dalla
lingua locale e plebea, né i Toscani, illusi di rappresentare i migliori volgari toscani, né in Romagna o
Veneto, né a Bologna, nonostante gli esempi illustri

Qual è l’atteggiamento di Dante nel DVE? -> atteggiamento di riprovazione -> non riconosce l’eccellenza del
volgare fiorentino -> Dante non era favorevole all’idea fiorentinistica della lingua

Il volgare in Toscana – cosa critica Dante?


 Fiorentini
Le frasi che vengono citate sono una prova di questa volgarità
Troviamo frasi come “mangiamo mentre noi non abbiamo altro da fare”
Lessico di tipo plebeo “introcque”
Il forestierismo era già di moda
 Pisani
Negatività dei Pisani
“Andonno” -> viene ricostruito sulla terza persona singolare (“andò”) a cui si unisce “no” = “andarono”; così
come “egli” + “no” = “eglino” -> fenomeno di estensione analogica -> indentificata da Dante come pisana e
plebea
 Lucchesi
Il metaplasmo -> consiste nel cambiare categoria grammaticale o verbale
 Senesi
 Aretini

Con questa analisi negativa dei dialetti delle varianti fiorentine si conclude l’idea di Dante -> nessun volgare
è adatto ad un uso letterario
Dante faceva spesso riferimento alla pantera che era un animale (diffuso dall’interpretazione simbolica
dell’epoca) che dopo aver mangiato, dormiva per tre giorni e quando ruggiva emanava un alito che attraeva
le sue prede

Capp. XVI-XIX
- Dante, per esemplificare la sua ricerca del volgare ideale si avvale della metafora della pantera. Il volgare
degno di un uso letterario è definito “illustre, cardinale, aulico e curiale”
- Secondo Dante, illustre ha il significato etimologico di “illuminare”, come risulta dal parlare comune, dato
che questo aggettivo si usa spesso per indicare uomini che hanno compiuto gesta grandiose
- Il cardine che regge la porta è l’esempio che chiarisce perché il volgare venga detto “cardinale”, punto di
riferimento per le altre parlate. Aulico, perché dovrebbe essere il parlare dell’aula, cioè il luogo in cui
risiede l’autorità imperiale. Curiale corrisponde a un’idea generale di “eleganza, grazia”, virtù presenti nella
curia, cioè, ancora una volta, nel luogo dove dovrebbe trovarsi chi detiene l’autorità politica

Il Convivio
Analisi che fa Dante sulla storia della lingua italiana
- Opera incompleta (concepita come “vita nuova”) di alto contenuto filosofico e scientifico, composta da 4
trattati invece dei 15 progettati inizialmente. Il primo doveva avere funzione introduttiva e i restanti
quattordici di commento ad altrettante canzoni (la prosa consisteva nell’analisi dei testi poetici)
- Dante si propone di offrire un “banchetto” di sapienza, non ai dotti, ma chi non abbia potuto dedicarsi agli
studi per cure familiari e civili, pur essendo dotati di spirito “gentile”
- Nel trattato introduttivo l’autore si preoccupa di legittimare il volgare come lingua di cultura, difendendolo
ed esaltandolo -> nell’introduzione troviamo una difesa del valore culturale del volgare
- Dante insiste sulle qualità intrinseche del volgare per la prosa per il suo carattere più naturale e spontaneo
all’artificiosità della poesia
- Famose le parole profetiche finali, fondate su una profonda fiducia nel nuovo mezzo linguistico

Divina Commedia
La toscanità dantesca
Dante era orgoglioso della sua toscanità ma non contrappone il suo amore per la città con quello che è il
suo progresso ed evoluzione

Il fiorentino in evoluzione fra Due e Trecento


- e finale in dimane, stamane, diece
- Esito in [ggj] di -GL- in tegghia, tegghiaio
- Mantenimento di e tonica in iato nelle forme del congiuntivo dea, stea (rispetto a dia, stia)
- La forma verbale sé di 2^ persona singolare del presente indicativo invece di sei
- Propensione per forme non sincopate come temperare, vespero, averebbe, ecc. -> es: VĬRIDE(M) -> verde
(in una parola sdrucciola, con accento che cade sulla prima sillaba, cade la vocale); es: TEMPERARE ->
temprare; es: VESPERO -> vespro; es: AVEREBBE -> avrebbe, ecc.
- Avverbi in -le + mente, distinzioni tra forme come aggettivo piano (naturalmente) o sdrucciolo
(similemente)
- Alternanza dei tipi della 1^ persona singolare indicativo presente vedemo e diciamo
- Tipo 2^ persona singolare pense e pensi / fosse e fossi, ecc.
- 3^ persona plurale perfetto indicativo della coniugazione debole: poetaro, ammiraro, ma anche
diventaron, ammiraron, ecc.

Il plurilinguismo dantesco
 Voci realistiche: beffa, broda, cigolare, culo, gracidare, grattare, latrare, leccare, ecc. -> tutte parole
che hanno poi dato origine a un giudizio negativo di Bembo
 Voci toscane popolari: manicare, introcque, sirocchia “sorella” (all’epoca era un diminutivo già di
uso popolare), parroffia “parrocchia”, signorso “il suo signore”, ecc. -> le voci popolari
 Latinismi: curro / azzurro / burro, sepe / epe / pepe, ecc. -> abbondano nella descrizione fisica e
nelle strutture dei territori ultraterreni e soprattutto nel Paradiso -> parole come eccellente,
egregio, illustre, puerile sono state usate per la prima volta da Dante per poi entrare nell’uso
comune
 Voci tecniche e scientifiche: emisperio, epiciclo, meridiano, plenilunio / circunferenza, ecc.
 Neologismi danteschi (verbi parasintetici -> partono da un sostantivo di base che è “borgo”, in
questo caso, a cui aggiungono un prefisso, in questo caso, “in” e poi lo trasformano in verbo
aggiungendo il suffisso della forma verbale -> “inborgare”):
- in- (s’imborga, s’india, s’infutura, s’indova, ecc.)
- a- (arruncigliarmi, m’adima, acceffa, ecc.)
- di- (dilacco, dipela, ecc.)
- dis- (dismalare, dissonna, ecc.)
- ri- (rinfami, rintoppa, ecc.)

 Locuzioni e parole dantesche


- le bramose canne (di Cerbero)
- il fiero pasto
- il disiato riso
- la vendetta allegra
- la mala signoria
- sanza infamia e sanza lodo

Petrarca
“Canzoniere”?
È un titolo che è stato aggiunto in epoca successiva
Il titolo Canzoniere fa riferimento a un ordine preordinato -> quest’ordine però non è un ordine molto
chiaro
Il “Petrarchino” è un’edizione tascabile
Quella del 1502 intitolata “Le cose volgari” è l’edizione più famosa curata da Bembo in collaborazione con
un altro grande personaggio legato alla tipografia, Aldo Manuzio -> A. Manuzio è il primo a offrire un testo
in edizione critica -> Manuzio è il primo a utilizzare il corsivo
Raccolta -> fa riferimento a componimenti diversi che, a un certo punto, l’autore decide di metter insieme
Silloge -> “mettere insieme” ma presuppone il fatto di darne un ordine
- Rime sparse, rime, Sonetti e canzoni, Le cose volgari, Opere volgari, Opera, Le volgari opere, Il Petrarca, Le
rime del Petrarca, ecc.
- Canzoniere (Francesco Griffo, Canzoniere et Triomphi, Bologna, 1516)
- Titolo riportato sulla pagina iniziale del Vat. Lat. 3195)

La struttura
- Da 1 a 366
- 317 sonetti, 29 canzoni, 9 sestine, 7 ballate, 4 madrigali (organismo non omometrico)
- Opera bipartita: 1-263 Parte prima, 264-366 Parte seconda
- È il frutto di una lunga elaborazione d’autore databile fra il 1342 e il 1374; i filologi hanno accertato
almeno otto forme del libro

L’evoluzione dell’opera
- Per oltre un trentennio si è arricchita di nuovi componimenti, ha avuto lo statuto di opera aperta, o chiusa
solo provvisoriamente
- Le liriche, dapprima sparse cominciano ad essere inserite in un quadro organico, assumendo una
progressione narrativa, diventando un “romanzo” autobiografico. L’opera consiste in una serie di microtesti
all’interno di una struttura unitaria (macrotesto) dotato di un complesso significato. Whikins (importante
perché è lui che ci fa capire la struttura unitaria). In realtà sono collocati in una posizione precisa perché c’è
una profonda legatura tra testo precedente e successiva

Riorganizzazione del testo in funzione “numerologica”


- 366: 1+365 (come i giorni dell’anno)
- 366: 3 numero della perfezione + 6 (aprile 1327 data dell’innamoramento) + 6 (aprile 1348 data della
morte di Laura)
- 366: 3+6+6 = 15 = 1+5 -> 6
- Sonetto 1 = 6 aprile... Canzone 264 = 25 Dicembre

L’architettura simbolica
- 6 Aprile: giorno di Pasqua = morte di Cristo, il periodo della perdizione amorosa
- 25 Dicembre: giorno di Natale = nascita di Cristo, fine dell’anno (secondo lo “stile dell’Incarnazione”), la
rinascita morale del protagonista, il periodo della redenzione

Petrarca
Per quanto riguarda Petrarca siamo sicuri delle sue scelte linguistiche
Petrarca ha potuto conoscere il provenzale frequentando gli ambienti degli esuli in Provenza e nelle sue
brevi scappate a Firenze
Come dice Vitale in realtà Petrarca è fiorentino letteralmente parlando
Il petrarchismo è caratterizzato dai sonetti -> testi esemplari per gli imitatori di Petrarca
Nel sonetto X troviamo la parola “rosignolo” (“rosignon” in provenzale)
Si riprende quella vocazione etimologica del lessico che caratterizza il pensiero dantesco

Il monolinguismo petrarchesco
 La dittongazione
- Riduzione stabile del monottongo ie e uo: core, novo, foco, move, rota, fele, noce, percote, o nei casi di è,
ó procedute da muta + liquida (copre, provo, trovo, prego, tregua, ecc. ma anche priega e triegua) -> di
solito le forme non dittongate petrarchesco avranno maggior successo rispetto a quelle di Dante
- Oscillazione fra le due forme, ma con prevalenza del monottongo (spesso in posizione di rima): more /
muore, homo / huomo, vol / vuol, fiero / fero
 La morfologia
- Forme del presente del presente della tradizione siculo-toscana
- Condizioni in -ia
- Dominanti le forme di 3^ persona plurale indicativo in -aro e -iro (es.: ordinaro)
- Imperfetto in -ia (es.: credia, solia)
 Il lessico
- Relativa limitatezza del lessico petrarchesco, incentrato sull’interiorità dell’autore e su un microcosmo
semantico (Contini)
- Quotidianità vs. Anti-quotidianità
- Repertorio botanico: lauro, mirto, visco, lappole, olmi, querce
- Repertorio zoologico: orsi, lupi, leoni, aquile et serpi, orsa e orsacchi (“la famiglia Orsini”), agnello e
salamandra (il poeta stesso), vespe (“aculei”), amorosi vermi (“tarli della passione)
- Latinismi: aborrire, angue “serpente”, algente “freddo, gelido”, ceruleo “azzurrino”, suffisso -abile / -ibile
(ineffabile, incredibile, mirabile, ecc.), -antia / -entia (sententia, experientia, potentia, ecc.
- Gallicismi: aguello, cangiare, coraggio, dispregiare, dolzore, frale, leggiadro, noia, periglio, pregio, speglio,
ecc. rimembranza, sembianza, speranza, usanza
- Dantismi: donno, inforsare, scemo (“vano”), stampa (“impronta”), despitto, ecc.
 Ricorrenze del lessico
- mio; io; bello; amore; core; occhio; dolce; cielo; tempo; vita; morte; chiaro; gentile; duro (in ordine di
ricorrenza) -> le descrizioni fisiche e paesaggistiche di Petrarca sono talmente vaghe che possono essere
adottate per qualsiasi persona e paesaggio
 Tmesi (distanziazione)
- Ausiliare e participio: Era la mia virtute al cor ristretta (2.5)
- Del verbo dai complementi diretti e indiretti: ch’i’ veggia per vertù degli ultimi anni, / donna, de’ be’
vostr’occhi il lume spento (12.3 / 4)
- Del soggetto dal predicato: cosa ch’al nostro andar fosse molesta (8,8)
- Del nome dall’aggettivo: et gli occhi porto per fuggire intenti (35,3)
 Anastrofe (inversione dell'ordine abituale di un gruppo di termini successivi)
- Anticipazione del complemento di specificazione
- Anticipazione dei complementi diretti e indiretti
- Anticipazione del participio
- Anticipazione dell’infinito
 Accumulazione (soprattutto nelle descrizioni paesaggistiche)
- Accumulazione di aggettivi (ch, th, ph)
- Accumulazione di sinonimi
- Sequenza di nomi (la penna, la mano e l’intelletto)
- Sequenza di preposizioni coordinata
- “Da lei... da lei” -> ripetizione di un gruppo di parole all’inizio del verso -> anafora
 Ossimori (accostamento di due termini di senso contrario o comunque in forte antitesi tra loro)
- Forme senza dittongazione (fiera)
 Antitesi (figura retorica che conferisce a due immagini consecutive un maggior rilievo, facendo
leva sulla loro contrapposizione)
 Perifrasi: quei che del suo sangue non fu avaro (Cristo), pastor ch’anchor Mantova onora (Virgilio),
il bel paese / ch’Appennin parte, e ‘l mar circonda e l’Alpe (Italia), fera / possente / gentil donna
(Laura), colui che punge e molce (Amore), ecc.
 Metafore: lauro / Laura, Laura / l’aura, Laura / candida cerca, corna d’oro, oro / auro /dolce oro
(capelli), avorio / perle

Rerum vulgarium fragmenta – La tradizione monoscritta


- Grafia colte anche se in libera alternanza con quelle volgari:
 h- etimologica: huom, honore (ma anche altruom, donore)
 ti, ci: sententia, letitia, giudicio
 prefissi ex, ad, od
 digrammi e lettere grecizzanti: ph, y, th
Francesco Petrarca, Il Canzoniere -> inversione del normale ordine sintattico -> distanziamenti e inversioni
tipici del latino
Accumulazioni per lo più sinonimiche
Imitazione di tendenze e tratti sintattici sfruttando il lessico limitato con diverse combinazioni

Antirealismo petrarchesco: le perplessità cinquecentesche


Proprio in merito alla scarsa corporeità delle descrizioni fisiche della tradizione lirica, uno dei personaggi
della Civil Conversazione di Stefano Guazzo osservava che <<tutti i gravi poeti, lodando le bellezze del capo,
cioè dei capelli, la fronte, le ciglia, gli occhi, le guance, la bocca, le labbra e i denti, hanno sempre tacciuto
(non ne hanno mai parlato) il naso e l’orecchie, forse perché essendo ricettacoli d’escrementi (muco e
cerume), avrebbono alquanto avvilita la maestà della riverenda poesia>>

Repertorio di luoghi ossimorico-paradossali (R. Gigliucci, Contraposti)


Vita-morte; dolce-amaro; dolce male; dolce superbia; freddo-caldo; piacere penoso, riso-pianto; mutismo
parlante; lacrime e fuoco; vicino-lontano; timore-speranza; lieto-penoso; luce-buio; pietà-crudeltà

Boccaccio
Un nuovo modello di prosa: Il Decameron
 Le due <<anime>> del Boccaccio:
- Quella della civiltà borghese, laica e aperta all’intrattenimento (da una parte la rappresentazione
della civiltà borghese)
- Quella dell’impegno intellettuale, umanisticamente rivolta a interessi filosofico-teologici
Il termine “volgare” lo usiamo per differenziare coloro che non appartengono ai ceti colti, come il clero o la
nobiltà (volgare = lingua neolatina) -> non a caso, nel Medioevo, il termine “volgarizzare” significava
“tradurre”
Decámeron -> all’epoca tutti i nomi dotti venivano accentati sull’ultima sillaba (Decamerón) -> è poi
diventato Decamerone
Ha avuto un successo enorme a livello cinematografico -> suscitò un notevole scandalo per via dei
riferimenti negativi alla Chiesa
Caratteri specifici del Decameron
- Grande capacità di adattamento a situazioni narrative molto variate, in contesti sociali diversi
(Conclusione del Decameron)
- Un modello di prosa alta, magniloquente

Il programma del Decameron


- Nell’introduzione alla IV giornata, afferma che le sue “novellette” sono in “fiorentin volgare e in prosa
scritte [...] in stile umilissimo e rimesso” -> Boccaccio dice di aver scritto queste “novellette” ->
quest’espressione riprende quanto detto da Dante -> la commedia è stata scritta in uno stile umile ->
richiami importanti perché dimostra l’ammirazione di Boccaccio nei confronti di Dante -> Boccaccio è stato
il primo a introdurre le letture pubbliche della commedia -> Boccaccio aveva l’intenzione di costruire
un’opera che avesse lo stesso livello della commedia, paragonabile alla Divina Commedia
- L’opera aspira a diventare paragonabile, per valore artistico, alla Commedia, perché: “queste cose
tessendo, né dal monte Parnaso né dalle Muse non mi allontanano”
- Altrove Boccaccio si difende dalle accuse di licenziosità, a cui risponde rivendicando il diritto di
comunicare come realmente comunicano gli uomini e le donne, così come fa un pittore, il quale “senza
alcuna ripresione [...] fa Cristo maschio e Eva femmina (Conclusione)
- Desiderio di rappresentare la realtà, anche quella linguistica
- Rifugge sempre il turpiloquio e le espressioni volgari, il linguaggio osceno è sempre velato dalle metafora

Il Decameron: il lessico
Il patrimonio lessicale, copioso e interessante, è da mettere in rapporto con la ricchezza di personaggi,
ambienti, situazioni e registri stilistici che trovano spazio nel Decameron:
- Capi di abbigliamento: camiscia, camiscione, ecc.
- Stoffe
- Tecnicismi medici (soprattutto nella descrizione della mortifera pestilenza): gavacciolo (“bubbone” usato
ancora da Manzoni nella ventisettana), cirugia, argomento “clistere”, ecc., farmacopea (aloè, camino, ecc.)
- Termini marinareschi: nave, navicella, cocca “nave da trasporto”, ecc.
- Lessico colto: gallicismi (noia, dama, damigella, giostra, ecc.)
- Latinismi: preterito, suspizione, ecc.
- Voci del lessico comune coevo che suonano oggi come arcaismi: nei pronomi, interrogativi e comparativi
- Voci espressive di uso tipicamente popolare: trecca “fruttivendola”, bazzicare “frequentare”, in particolare
quelle riferite alla stoltezza umana
- Ricchissima fraseologia, con modi di dire, locuzioni, proverbi che a volte suggellano la novella

Il Decameron: la mimesi del parlato -> rappresentazione della realtà del parlato
 La componente vernacolare, popolare, plebea o rustica:
- Suffissazione in -azzo, -ozzo, -azza (amarazzo, basciozzi, brunazza, ecc.)
- Espressioni gergali, come andare aiato “girovagare”, rimorchiare “rimproverare”
- Deformazioni popolari, come parentorio “perentorio”, pericolatore “procuratore”
- Voci plebee: fo boto a Cristo, sergozzone “pugno alla gola”
 Stile agile e incalzante dei dialogati, con una sintassi tipica del parlato:
- Moduli esclamativi e interiettivi (Sappi! Deh!, ecc.)
-Procedimenti ripetitivi
- Anacoluti
- Il che polivalente
- Dislocazione a destra e a sinistra
- Concordanze ad sensum <<La brigata s’andarono>>

Il Decameron - Il lessico licenzioso


Numerosissime le anfibologie oscene: mortaio / pestello, coda, foro, salsiccia, morta-dello, pennello,
vivanda (l’atto sessuale come: le espressioni figurate (prendere piacere, sollazzarsi, trastullarsi, cavalcare)
Tutti gli elementi relativi alla gastronomia hanno un forte valore legato agli atti sessuali
Tutto ciò che fa riferimento al gioco ha sempre un valore sessuale -> metafora di partenza del gioco e del
piacere che suscita il gioco
- Tutte queste voci e locuzioni daranno un contributo fondamentale alla terminologia burlesca
rinascimentale

Il Decameron: la componente fonomorfologica


La lingua del Decameron è coerente con la fisionomia del fiorentino del secondo Trecento (il fiorentino
aureo di Petrarca, Boccaccio e Dante con nuovi tratti), che vede coesistere elementi tradizionali (Melano,
ragghiare, diece, brieve, dea), con tratti contemporanei e novità. Fra gli indizi di apertura troviamo:
- L’affricata palatale passa a sibilante palatale: cuscina, buscina (per cucina e bucina) -> es.: evoluzione della
parola BASIU(M) > BASCIO > BACIO (a un certo punto la tipografia ha scelto questa grafia poiché avevamo
due iscrizioni che avevano la stessa pronuncia e sono state assimilate con la stessa grafia “BACIO”)
- Il perfetto in -orono (capitorono)
- L’articolo maschile singolare el
- Il tipo fusse per fosse
- Il tipo misse per mise
- Il tipo lavono o lavavono (assimilazione vocalica) per lavano o lavavano (per influsso analogico di -ono) -> il
caso contrario è chiamato dissimilazione -> tratto tipico del fiorentino argenteo

La prosa latineggiante del Decameron


 Struttura sintattica altamente elaborata, che si è venuta creando nel corso fra Due e Trecento
attraverso i volgarizzamenti e le imitazioni dei testi latini
 Prevale il periodo lungo, dalla complessa architettura ipotattica, che domina nelle soglie testuali
che incorniciano le novelle o nel narrato all’interno delle novelle stesse
 Periodo “sbilanciato a sinistra”: la principale, di solto alla fine, è preceduta da una sequenza di
subordinate, secondo il modello latino -> tutte le principali sono interrotte da delle subordinate di
secondo, terzo grado
 Andamento del periodo dilatato e tortuoso, in cui l’andamento ipotattico è complicato da incisi di
tipo parentetico
 Costrutti di natura colta:
- Inversioni con anticipazioni e ritardi
- Costruzione delle oggettive con lo schema latino accusativo + infinito
- Costruzione alla latina del verbo temere e dubitare
- Uso del relativo all’inizio del periodo, che recupera il valore coordinante e dimostrativo della
coniunctio relativa del latino tardo e medievale: il quale, la quale sono importanti connettivi di
coesione testuale -> l’uso del pronome relativo all’inizio della frase quasi per ricollegarsi alla
preposizione precedente
 Costrutti di natura colta:
- Importante funzione assolta dal participio passato per imitazione dell’ablativo assoluto latino
- Abbandono dei gerundi semplici e composti
- Un maschio decameroniano che si fissò nella norma successiva fu quello dei nessi connettivi:
dunque, allora, come che (“poiché”, “sebbene”), avvenne che, ecc.

Decameron – Boccaccio
Giornata ottava - Novella decima
“Soleva essere...” -> apertura della frase
PREGIO > PREZZO
Sensale -> mediatore
Mercatantia -> merce
Libro della famiglia cioè il libro contabile della famiglia che poco per volta si arricchisce di notizie relative
alla famiglia e al contesto storico-sociale -> diventa un genere letterario, un diario personale

La costituzione del canone linguistico fra Tre e Quattrocento


Dal particolarismo medievale all’idea di una lingua comune
Il latino e l’Umanesimo hanno poi delle conseguenze dal punto di vista della lingua volgare
Si può cominciare a parlare di lingua comune
Quali sono i canali?
Un volgare = continuazione del latino volgare + influenza di un sostrato particolare (celtico, etrusco, greco
-> tutte quelle lingue su cui il latino si era imposto) + influenza di un dato superstrato (lingue germaniche,
greco di epoca bizantina, arabo -> le lingue dei popoli) + influenza di certi adstrati (lingue germaniche, greco
di epoca bizantina, arabo, francese -> quando abbiamo una serie di scambi linguistici per diversi motivi,
mode di tipo linguistico, sociali, ecc.)

Quali sono i grandi vettori


La fortuna delle Tre Corone
Dante è per eccellenza il poeta fiorentino
- In due novelle del Sacchetti si allude all’usanza popolare di cantare il libro di Dante, ovvero cantare il
Dante
- Nel 1287 troviamo nei documenti notarili bolognesi (meglio noti come Memoriali bolognesi) la trascrizione
del “sonetto sulla Garisenda”. A partire dal 1317 sono presenti anche alcune terzine dell’Inferno
- Altri prelievi del poema sono aggiunti, a mo’ di glosse, in un codice del De consolatione boeziano, verso il
1330 da un monaco benedettino dell’abbazia di Montecassino
- Un passo del III canto dell’Inferno è copiato sulla copertina di un registro di atti criminali
- Il padovano Antonio da Tempo, nel 1332, a conclusione del suo trattato di metrica -> idea della superiorità
del toscano -> è la base della teoria fiorentinistica
- Benvenuto da Imola, nel suo commento alla Commedia, afferma il primato del fiorentino
- L’ammirazione per i tre grandi trecentisti si diffonde fuori dalla Toscana
- La trasmissione del Decameron fu spesso frammentaria, perché legata a un pubblico essenzialmente
borghese. Dei 103 codici giunti fino a noi, ben 79 sono cartacei, fragili e poveri
- Nasce il mito delle Tre Corone, espressione usata per la prima volta da Giovanni Gherardo da Prato, in
apertura al Paradiso degli Alberti proclamando la sua adesione al fiorentino, aggiunge il riferimento
metaforico a una triade regale
Dante fu la prima persona a parlare di lingua comune

Altri vettori di toscanizzazione


- Il fiorentino è lingua principale del commercio e della finanza (banca, banchiere, banco, cambio, costo,
ecc.)
- Il fiorentino diventa la lingua privilegiata degli scambi diplomatici e delle cancellerie

L’Italia dopo la pace di Lodi (1454)


L’Italia delle signorie (poi principati)
- Il Ducato di Savoia
- Il Ducato di Milano
- Le repubbliche di Venezia, Genova e Pisa
- Il Ducato di Mantova
- Il Ducato di Ferrara
- La Repubblica di Firenze
- Lo Stato della Chiesa
- Il Regno di Napoli e di Sicilia
Si diffonde la lingua comune delle cancellerie e di tipo letterario -> Cos’ha di diverso rispetto alla lingua
comune che si diffonderà nel Cinquecento? Anche quella cancelleresca ha una base letteraria però su
questi tratti letterari si aggiungono il latino, importante dal punto di vista grafico, e il dialetto

La formazione di lingue comuni regionali (koinè)

- Lingua usata a fini burocratico-amministrativi e letterari


Koinè è il termine con cui si faceva riferimento alla lingua comune greca
Lingua comune in cui abbiamo un obiettivo comune -> quello di ispirarsi ai testi letterari però allo stesso
tempo in cui si inseriscono termini latini e dialettali
- Lingua contraddistinta da fenomeni di convergenza linguistica in senso toscaneggiante, che segnano il
superamento delle lingue locali
- Lingua caratterizzata da un accentuato ibridismo latino-volgare
- Lingua altamente differenziata dal punto di vista diatopico, diafasico e diamesico

Tratti essenziali della koinè


 Nel corso del XV secolo il volgare si affianca al latino nelle scritture cancelleresche. Il mondo delle
corti riflette una realtà locale, ma che si apre a più ampi orizzonti politici. Lo sviluppo della koinè è
favorito dalla tendenza alla fiorentinizzazione
 La lingua usata nelle corti non toscane risulta dall’impasto di tre componenti di base:
- base dialettale (fonomorfologia e lessico)
- modello latino (grafia, lessico e sintassi)
- modello fiorentino letterario e argenteo (es.: venghi, sij) (fonomorfologia e lessico)

La koinè letteraria
- Nel corso del Quattrocento la lingua della poesia lirica si caratterizza, rispetto alla scripta cancelleresca,
per un grado massimo di allontanamento dal volgare locale e di tendenziale identificazione con un ideale di
lingua toscaneggiante
- Molto più compromessi coi volgari locali sono la poesia non amorosa e non lirica

Massimi esponenti del fiorentinismo letterario


- Giovan Francesco Fortunio, friulano
- Pietro Bembo, veneziano
Uno dei punti del dibattito è come imparare una lingua -> il fatto di impararla da dei testi ben precisi
interessava principalmente autori non fiorentini

Le Regole grammaticali della volgar lingua di Fortunio (1516)


- È cronologicamente il primo trattato grammaticale fondato sull’uso di Dante, Petrarca e Boccaccio
- Dei cinque libri previsti da un ampio progetto editoriale, in cui rientravano le pubblicazioni di quest’opera
e di una nutrita serie di testi in volgare del Fortunio e d’altri, furono realizzate solo il primo (sulla
morfologia) e il secondo (sull’ortografia)
Primo autore di una grammatica dell’italiano fondata sull’imitazione dei trecentisti -> prima grammatica
della lingua italiana
Primissima grammatica dell’italiano viene prodotta in ambito fiorentino nel ‘400 da un grande umanista,
Alberti
- Lo spazio maggiore è dedicato alle citazioni per giustificare le regole e accettare la presenza di allotropi
(doppioni lessicali), garantita dagli scritti degli auctores, presupposto teorico-tecnico d’una consuetudine,
che caratterizzerà l’intera tradizione grammaticale italiana
Una delle differenze rispetto a Bembo è l’importanza che viene data a Dante -> Dante è l’autore più citato
rispetto a Petrarca
L’ortografia è molto importante -> grafia per lo più fonetica -> abbandono di grafie latineggianti e ci si
rivolge a grafie tipiche del volgare -> emancipazione del volgare rispetto al latino
- A differenza di Bembo che si dimostrerà piuttosto severo nei confronti della “elezione” lessicale di Dante,
non ha alcuna riserva nei confronti del linguaggio della Commedia
- Grande spazio è dedicato alla definizione della norma ortografica, in un’epoca in cui la grafia oscillava fra
scrittura trecentesca (fonetica) e umanistica latineggiante (etimologica). Il Fortunio privilegia la prima

Le Prose della volgar lingua di P. Bembo (1525)


Il trattato è tipicamente medievale -> attraverso il trattato vi è una trasmissione del sapere senza possibilità
di controbattere ≠ dialogo che permette al lettore di esprimere la propria opinione
- Non è una grammatica come intendiamo oggi: la forma dialogica, perfettamente adeguata alle prime due
parti in cui si divide l’opera (quelle propriamente più teoriche), rende meno “didattico” il terzo libro,
grammaticale
- Al dialogo, ambientato a Venezia nel 1502, prendono parte quattro personaggi: Giuliano de’ Medici (che
rappresenta la continuità con il pensiero dell’umanesimo volgare mediceo; rappresenta l’umanesimo
fiorentino), Federico Fregoso (che espone molte tesi storiche sul volgare presenti nelle Prose; espone la
storia della letteratura volgare), Ercole Strozzi (umanista e poeta in latino, espone la tesi degli avversari del
volgare; rappresenta le esigenze dell’umanismo latino) e infine Carlo Bembo, fratello di Pietro, portavoce
delle idee dell’autore
Ci sono alcuni passi delle Prose che sono tratti dal libro di Fortunio -> conosceva l’opera del Fortunio ma
non la citava mai
Opera molto più solida dal punto di vista letterario -> impianto teorico curato
L’opera è dedicata a Giulio de’ Medici come cardinale -> che successivamente diventerà Papa
 L’opera è divisa in tre libri (ogni libro corrisponde a una giornata di dialogo):
- La prima giornata delle Prose è destinata a ricostruire l’origine del volgare e della letteratura
volgare: gli interlocutori del dialogo mettono in evidenza i rapporti della nuova lingua con il latino e
illustrano i debiti della poesia italiana nei confronti di quella provenzale
- La seconda giornata delle Prose è mezzo interessante, dal nostro punto di vista, in quanto viene
dedicato a questioni stilistiche e metriche
- La terza e ultima giornata delle Prose, infatti, è di gran lunga la più consistente (e nella sua veste
definitiva occupa, da sola, circa metà dell’opera). Questa sezione è formata da una descrizione del
volgare realizzata come un incrocio tra una grammatica, un vocabolario e uno studio della lingua
dei classici volgari; il tutto tradotto in indicazioni precise per la scrittura
Si propugna la tesi della supremazia del fiorentino letterario dei sommi autori trecenteschi, in particolare
del Petrarca e del Boccaccio
Dante è giudicato limitativamente proprio per il suo pluristilismo di natura prevalentemente fiorentina (ha
infatti scritto a volte con voci “rozze, disonorate” e senza “piacevolezza”).
Lingua che, nella sua migliore veste, è scritta, parla come se stesse scrivendo
Un’accusa alla lingua cortigiana: basarsi su una lingua orale
Giuliano, la cultura fiorentina del 500
L’interesse volto alla letteratura, aspetto artistico
L’interesse maggiore del Bembo è rivolto all’aspetto artistico delle scritture, la loro qualità letteraria, sola
capace di elevare un linguaggio a lingua
Disdegno nei confronti di espressioni popolari
Il pubblico non è un grande pubblico, non si scrive per i contemporanei, ma per la posterità
Pochissimi uomini di ciascun secolo. Questo permette che la comprensione di un’opera vada aldilà delle
diverse mode. Vediamo qualsiasi opera di Michelangelo e di Raffaello e capiamo subito, ma per un autore
moderno abbiamo bisogno di una spiegazione
Bembo scrive per i morti o per i vivi? Scrivono per i morti tutti quelli che scrivono solamente per i loro
contemporanei, perché nel futuro non saranno capiti. Noi scriviamo in un modo che non è per i
contemporanei, ma per i postumi. Volgare come latino.

Il Cortegiano di Baldassar Castiglione (1528)


Il “fantasma” della teoria cortigiana
Teoria cortigiana: corte, koiné che veniva poi raffinato e che diventava poi la koiné lirica e letteraria
Il problema della lingua cortigiana è che non si poteva toccare. Noi non l’abbiamo definita, esistono delle
tendenze, tosco-fiorentina di base, un po' letteraria
La lingua della corte, per eccellenza, è la corte di Roma, la corte papale, una lingua che è fortemente
toscanizzata, i papi medicei, Leone X e Clemente VII, una corte dove c’è l’enorme influsso del latino. Le
tipografie di Roma producono quasi tutte le opere in latino
L’idea di questa lingua cortigiana incomincia a finire con il Sacco di Roma del 1527. Le corti importanti, dopo
questa data, diventano la corte degli Estensi, Sforzesca, ecc. I primi sostenitori della teoria cortigiana sono:
Calmeta, Mario Equicola che propongono l’idea di un volgare fondato sulle auctoritates trecentesche,
mediate però dall’uso della corte, in particolare quella di Roma

Dove abbiamo conosciuto il Calmeta?


Per Bembo la lingua letteraria: letteraria, scritta. Per i sostenitori della lingua cortigiana, lingua orale
Bembo è il massimo conoscitore della lingua volgare, però quando parla usa la lingua cortigiana.
Vengono descritte 5 varianti dell’autore: scompaiono le varianti locali per un toscanismo diffuso.
Aumentano, allo stesso tempo, le grafie latineggianti, i riferimenti al latino, i vocaboli latineggianti.
Diminuiscono nell’ultima edizione. Non si può mai sapere se i dialettismi che troviamo in una stampa sono
dell’autore, del compositore, ecc. Quindi è molto difficile stabilirlo.
Cortegiano: parlare senza sforzi. Attraverso Castiglione arriva un ispanismo molto comune: disinvoltura,
indica il vero disinvolto. In realtà, il disinvolto è una persona che si comporta con naturalezza. Si parla di
grazia, disinvoltura, e poi quella che viene chiamata “disprezzatura” (neologismo di Castigliano, parlare di
disinvoltura, in modo elegante, facendo credere che sia una cosa naturale, base del cortigiano che sa
mentire)
Con Bembo c’è un appiattimento della lingua, per Castiglione è fondamentale adattarsi al fiorentino
contemporaneo
Qual è il settore così importante per i cortigiani: il lessico
La lingua deve arricchirsi per descrivere realtà che prima non esistevano L’approccio di Castiglione non è
uno dei più idonei, però è importante perché mette in luce uno degli aspetti più deboli: se dobbiamo
esprimere delle realtà che non esistevano in passato, ci dobbiamo basare su parole nuove (spagnolo,
francese e provenzale)
Ottocento: neoclassico – Giordani (si conosce per via del rapporto con Leopardi), Monti
Qual è la base di questo pensiero: deve essere fondato sull’uso colto, fondamento di una delle più
importanti correnti
Quelle persone trattano di argomenti che non abbiamo nei testi classici: argomenti moderni con parole
adeguate, anche all’infuori d’Italia. Sviluppo della scienza nel ‘700, riferimento alla Francia. Parlamento,
deputato – realtà politiche americane
Questione lessicale: non è un lessico che definisce la formazione della lingua, ma è il momento in cui una
lingua prende dei vocaboli, li trasforma

Definizione dello scritto


Scritto: parlato raffinato. Noi dobbiamo evitare tutti gli arcaismi, in onore della grazia. Gli arcaismi non
fanno parte del nostro modo di pensare. Castiglione per evitare di sembrare troppo arcaico usava delle
parole che non si usavano più per non farsi capire
Idea dell’“Uomo che mangia le ghiande” richiamo testuale, anche in negativo: anche in Petrarca -> nel suo
testo contro la Chiesa

Il Castellano di Gian Giorgio Trissino (1529)


L’idea di lingua comune
- L’idea di lingua comune si fonda sulla necessità di creare un volgare adatto all’uso letterario
- Giovan Giorgio Trissino è convinto che la lingua volgare non possa essere identificata ESCLUSIVAMENTE
nel fiorentino, ma debba essere costituita da parole comuni ad ogni parte d’Italia: perciò dovrà chiamarsi
lingua italiana e non toscana (da qui il nome di “teoria italianista”)
Trissino è uno dei primi a differenziare la J con valore di consonante rispetto alla I con valore di vocale, la Z
sonora con la Z sorda -> caratteri che si sono diffusi -> nella sua opera intitolata “Epistola sopra le nuove
lettere aggiunte” -> dal punto di vista fonomorfologico si accetta il modello dell’epoca mentre il modello
fonologico viene messo in discussione
Confusione -> Macchiavelli scrive il “Dialogo o discorso intorno alla nostra lingua” -> la grande osservazione
è per controbattere questa idea di una lingua italiana fondata su tutte le lingue italiane -> Macchiavelli ha
capito qual è il motivo di questi fraintendimenti -> se intendiamo il lessico come qualcosa di separato dalla
lingua effettivamente ha ragione Trissino, al contrario ha ragione Macchiavelli

Discorso o Dialogo intorno alla nostra lingua di Nicolò Macchiavelli (1516)


La tesi fiorentinista e toscanista (idea di Macchiavelli per superare le idee ad esempio di Trissino)
- Nicolò Macchiavelli nel Discorso o Dialogo intorno alla nostra lingua difende i pregi naturali del fiorentino
contemporaneo rispetto a tutti gli altri dialetti italiani
- Il fiorentino è il volgare della tradizione letteraria. Un immaginario dialogo con Dante, gli permette di
sostenere l’identità della lingua degli scrittori con la lingua naturale fiorentina
- I caratteri distintivi di una lingua non sono dati dalla concordanza lessicale (Trissino), ma dalle particolarità
fonomorfologiche (ad esempio, usare io/tu invece di mi/ti) che distinguono nettamente le varie lingue: il
fiorentino ha assimilato elementi provenienti da altre lingue, adattandole ai caratteri fonomorfologici del
proprio idioma, senza perdere la sua fisionomia
- Per l’autore la bellezza e la grandezza della lingua degli scrittori non consiste nel processo di elaborazione
Trionfa l’idea di Bembo, quella più economica -> ha delle basi più solide che possono avere un modello che
può essere imitato anche da chi non è di Firenze
Primi vocabolari monolingue della lingua italiana
- Le Tre Fontane (o Le Tre Corone) di Liburnio in tre libbri diuise (divise), sopra la grammatica, et eloquenza
di Dante, Petrarca, et Boccaccio
- Vocabolario, grammatica, et orthografia, Alberto Acharisio -> autore settentrionale (Cento, vicino a
Ferrara) -> aveva creato una sua stamperia personale -> fondato anche sulle Tre Corone -> riprende le idee
di Bembo e le organizza secondo le 9 parti del discorso

Un tentativo di conciliazione: l’Ercolano (ovvero Agli alberi) di Benedetto Varchi (1570) -> nel quale si
ragiona generalmente delle lingue e in particolare della fiorentina e della toscana
Grazie a Varchi abbiamo avuto anche il vocabolario dell’Accademia della Crusca
- Tentativo di conciliare le due tesi sul fiorentino vivo e sul fiorentino arcaizzante
- Distingue la lingua (= parlato), come dato naturale, vivo, parlato e lo stile (= scritto -> in un momento
successivo), altrettanto valido ma secondario, dell’impiego della lingua
- Afferma con chiarezza che per imparare a parlare bene il soggiorno a Firenze è assolutamente necessario
- Riprende l’importanza della lingua parlata di Firenze -> Varchi sostiene la naturale bellezza e espressività
della lingua fiorentina analizzando tutte una serie di riboboli, espressioni idiomatiche
- Questioni più dibattute: 1) se le lingue fanno gli scrittori o gli scrittori le lingue, come ha origine la lingua
volgare, se la lingua volgare è una lingua volgare in sé o nasce da una corruzione del latino, quanti sono i
registri del volgare -> 1) le lingue fanno gli scrittori; 2) da chi si debba imparare a parlare le lingue -> 2) non
bisogna scrivere come si parla -> l’apprendimento avviene attraverso le letture e attraverso la vita civile,
contatto con altre persone di cultura
- Varchi ridiscute anche la questione dell’uso linguistico di Firenze contrastando l’idea di Bembo
- Varchi è il primo che sancisce il viaggio a Firenze
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La rivalsa culturale fiorentina: Cosimo de Medici
- Sostenuta ufficialmente a partire dall’età di Cosimo de Medici -> nascita dell’Accademia Fiorentina che
aveva il compito di valorizzare la tradizione di Firenze
- Commissione per creare una grammatica della lingua fiorentina -> non giunge in porto perché esistevano
due tendenze opposte: tra le due vi è quella bembiana (sostenitore dell’uso letterario del fiorentino)

La nascita dell’Accademia della Crusca


- 1570-1580: riunioni di un gruppo di amici che si dettero il nome di “brigata dei crusconi” -> volontà di
differenziarsi dall’Accademia Fiorentina
- Nel 1582 viene fondata l’Accademia della Crusca -> con l’obiettivo di controbattere il primato linguistico
settentrionale
- Nel 1583 entra Salviati: interessi filologici -> si occupa di rivedere e correggere il testo della Commedia ->
viene creata una commissione che aveva il compito di depurare l’opera di Boccaccio -> alla fine esce questa
versione del Decameron ma non viene considerata sufficiente e la seconda commissione viene data a
Salviati (versione più diffusa del Decameron) -> rassettatura (consiste nell’eliminare le parti sconce e i passi
relativi alla Chiesa) -> il compito di Salviati riguarda anche le scelte dal punto di vista linguista
(modernizzare sia dal punto di vista della grafia e fonomorfologico il testo di Boccaccio)
- Grossi problemi economici: associazione privata senza sostegno pubblico + accademici dilettanti (poiché
l’Accademia della Crusca si è sempre autofinanziata) -> il Vocabolario era ultimato ma non c’erano fondi per
pubblicarlo
- Nel 1612 viene pubblicato il Vocabolario della Crusca

Pensiero linguistico di Salviati


- Viene espresso in un’opera intitolata Gli avvertimenti (sopra la rassettatura del Decameron)
- Rispetta le oscillazioni del codice Mannelli, modernizza il testo, inserendo l’interpunzione, eliminando i
molti nessi latineggianti, scrivendo zi e non ti -> modernizzazione della grafia che troveremo nel
Vocabolario della Crusca (grafia uguale a quell’attuale)
- Qual è il punto di vista di Salviati? Molto simile al pensiero di Varchi -> per fornire l’immagine della lingua
non dobbiamo solo rivolgerci ai testi ma anche all’oralità -> necessità di riconoscere la continuità fra
fiorentino trecentesco e cinquecentesco (ovvero, scegliere il lessico che era presente negli autori
trecenteschi ed è ancora vivo nel fiorentino attuale) -> il fiorentino del Trecento continua a sopravvivere
anche in quello attuale e lo studioso deve riconoscere le affinità tra il primo e il secondo

Lo spoglio lessicografico per il Vocabolario


Paratesto -> si trova al di sotto del titolo e da delle informazioni sul libro che si andrà a leggere, può essere
rappresentato anche da immagini
Secondo Bembo sono da considerarsi tutti gli scrittori, anche non fiorentini, che hanno scritto in fiorentino
- Primo grande vocabolario europeo
- Stampato a Venezia e non a Firenze per problemi economici
- Seguiti i principi seguiti da Salviati negli Avvertimenti -> prevalse anche il suo canone di autori
- Innovazioni grafiche non latineggianti

Cinque edizioni del Vocabolario della Crusca


3) di 3 volumi; 4) di 6 volumi 5) incompleto, A-O (desiderio di completarlo)

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