Sei sulla pagina 1di 75

Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 11

INTRODUZIONE

CAPUA AI TEMPI

DI CARLO I D’ANGIÒ

(1278-1280)
12 Introduzione

Interno della cattedrale di S. Michele Arcangelo a Caserta (Massimiliano De Luca)


Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 13

Ricercate la carità
(1 Corinzi 14,1)

Premessa

Nel presente volume pubblichiamo ventuno pergamene del Capitolo, comprese


tra il 1278 e il 1280 e cinquantaquattro pergamene della Curia, comprese tra il 1272
e il 1275, conservate nell’Archivio Storico Arcivescovile di Capua1.
Questa discordanza di date è dovuta soprattutto al fatto che le pergamene del
periodo angioino, contenute nel fondo Curia2, sono in numero quasi doppio rispetto
a quelle contenute nel fondo Capitolo.
Con la pubblicazione dei prossimi due volumi, la divergenza di date dovrebbe
essere del tutto eliminata e dovrebbe essere così disponibile l’edizione completa di
tutte le membrane capuane del Capitolo e della Curia, relative al regno di Carlo I
d’Angiò (1266-1282).
In Appendice pubblichiamo poi altre quarantaquattro pergamene, quasi tutte ine-

1
G. BOVA, Le carte documentarie capuane (Per una storia socioreligiosa di Terra di Lavoro), «Studi storici e religiosi», 1
(1993), 25-51; ID., Gli Archivi di Capua, in ID., Le pergamene normanne della Mater Ecclesia Capuana (1091-1197),
Napoli 1996, 19-29; ID., L’Archivio Storico Arcivescovile di Capua, in C. CARFORA, L’erudizione storica a Capua,
Salerno 1998, 91ss.
2
Segnaliamo come le pergamene del fondo Curia si trovino in una situazione caotica, senza un inventario
cronologico. Si registrano fino a tre numerazioni parallele, per cui è un’impresa poterle consultare! In tale
disordine, di recente, non ci sono state consegnate nove pergamene, che tuttavia per un puro caso siamo
riusciti a pubblicare nella presente edizione.
È appena il caso di ribadire che le circa ottomila pergamene diocesane, dei fondi Capitolo e Curia, di cui
abbiamo parlato più volte, costituiscono la sezione più antica e storicamente più importante dell’Archivio
Storico Arcivescovile di Capua (= A.S.A.C.). L’unico nel territorio che le studia è il sottoscritto, il quale
lavora in condizioni proibitive, sia perché all’improvviso l’Archivio ha mutato i suoi orari di apertura (solo
di mattina tranne un pomeriggio), chiudendo pure a luglio oltre che ad agosto, sia perché è costretto a
pubblicare quasi esclusivamente a sue spese, in assenza di aiuti da parte delle istituzioni. Sarebbe auspicabile
che l’Archivio Arcivescovile fosse riaperto anche di pomeriggio, come avviene per altri Archivi ecclesiastici
e pubblici!
Aperto al pubblico fin dal 1978 ad opera dell’arciv. Luigi Diligenza (1978-1997) e munito di archivista, l’Ar-
chivio Arcivescovile non dispone ancora di inventari ad uso degli studiosi! Ricordiamo, sulla scorta di una
grande paleografa, che gli inventari sono il cuore di un Archivio e senza di essi lo stesso è solo un deposito
di carte inutilizzabili (Jole Mazzoleni)!
14 Introduzione

dite, comprese tra il 1023 e il 1422: ventisei provengono dai fondi Capitolo e Curia3,
mentre diciotto dal Museo Campano4. Tale sezione è stata inserita sia a corredo di
citazioni presenti nel nostro lavoro, sia per eliminare errori di datazione o sviste di
qualche editore precedente.
Per quanto riguarda lo stato degli studi, va subito detto come molto pochi siano
stati nel tempo gli studiosi che hanno letto in originale i documenti capuani, mentre
abbondano coloro che li hanno utilizzati di seconda mano, soprattutto in questi
ultimi tempi, non facendo così registrare progressi sensibili nella ricerca scientifica.
Lo stesso vale in generale anche per alcuni convegni, pure recenti, i cui contributi
talvolta improvvisati si riducono per lo più a sintesi di fatti già noti. I’ mi sobbarco5
è la parola d’ordine oggi in uso in molte parti d’Italia, mentre in provincia l’unico
interesse che conta è la presidenza o la direzione di qualsiasi cosa: vanitas vanitatum6.
La cultura vera resta per pochi.
In rete poi abbondano copie quasi integrali di nostri lavori, specialmente per
quanto riguarda la storia degli Archivi di Capua e quella di alcuni piccoli centri della
provincia di Caserta: un Marcel diventa ogni villan7!
Un ringraziamento molto sentito rivolgiamo in modo speciale agli insigni studio-
si di tutto il mondo, che con grande sensibilità hanno aderito al Comitato Scientifico
del Corpus membranarum Capuanarum, da noi diretto8.

Rapporti tra Carlo I d’Angiò e Capua (1278-1280). Tentativi di una Crociata


I documenti contenuti nel presente volume non aggiungono notizie nuove ri-
guardo all’attenzione del sovrano verso Capua, nel triennio indicato.
Solo una carta testamenti del lunedì 8 gennaio 1280, ind. VIII, potrebbe contenere
un riferimento generico alla spedizione navale di Carlo I d’Angiò alla volta di S. Gio-

3
In tale numero sono comprese anche due pergamene oggi non più esistenti, una del 1023 già pubblicata
da M. MONACO, Sanctuarium Capuanum, Neapoli 1630, 100s e un’altra del 1128, già edita nei Regii Neapolitani
Archivi Monumenta edita ac illustrata, VI, Napoli 1861, 113ss. Per quanto riguarda il volume di Michele Monaco,
cf pure G. DI MARCO, Le secentine napoletane della Biblioteca del Museo Campano, Sessa Aurunca 2004, 62.
4
Segnaliamo l’opera infaticabile dell’assistente bibliotecario del Museo Campano Gennaro D’Amato, che
da oltre vent’anni con correttezza, competenza e grande senso del dovere si è mostrato sempre disponibile
nel farci visionare libri, manoscritti e pergamene varie.
5
DANTE, Purgatorio, VI, 135.
6
Qohelet 1,2; 12,8.
7
DANTE, ivi, 125s. Addirittura siamo a conoscenza di riproduzioni di nostre edizioni di pergamene vendute
in compact disc (CD), da servire per tesi di laurea o per ricerche improvvisate su singoli paesi. Non parliamo
poi di alcuni giovani ricercatori, che pur non avendo mai messo piede in un archivio medievale e non sa-
pendo neppure da quale lato si legga una pergamena, han giustizia in sommo de la bocca (DANTE, Purgatorio, cit.,
VI, 130 ss, con tagli). È famoso a tal proposito il caso di un noto cattedratico, che qualche anno fa in un suo
libro ha pubblicato al contrario la foto di una pergamena!
8
Ci piace segnalare in particolare l’educazione, la competenza e l’abnegazione della bibliotecaria della Bi-
blioteca Arcivescovile Valeria Mingione, instancabile e scrupolosa nel farci visionare manoscritti, libri rari e,
per un breve periodo, anche le pergamene.
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 15

vanni d’Acri (1277). Nel documento Pietro de Primicerio, detto figlio del fu Riccardo,
gravemente ammalato, decide di fare testamento. Lascia tra l’altro al fratello Paolo,
«si ad partes istas veniret», un suo palacium vetus sito nella parrocchia di S. Leucio. Se
il fratello però non avesse fatto ritorno entro sei anni, la casa sarebbe dovuta essere
assegnata all’abate Pietro de Sabbastiano, suo consanguineo9.
È vero che Paolo potrebbe essersi allontanato da Capua per un motivo qualsiasi,
per esempio di natura commerciale, ma non possiamo escludere quello del servizio
militare:

«La nuova politica del papa [Gregorio X] nei confronti dell’Impero aveva ottenuto
come non ultimo risultato anche l’assicurazione della crociata. I preparativi della
spedizione procedevano rapidamente; fu anche stabilita la riscossione della decima
per la crociata. Con la mediazione di Gregorio, Maria di Antiochia, che rivendicava
il trono di Gerusalemme contro Ugo III di Cipro, entrò in contatto con Carlo, cui
all’inizio dell’anno 1277 vendette i propri diritti dietro il pagamento di una rendita
annua di 4.000 tornesi e 1.000 pezzi d’oro. Dal luglio del 1277 l’Angiò si chiamò
quindi anche re di Gerusalemme. All’inizio di giugno una flotta di Carlo apparve di
fronte a San Giovanni d’Acri; il capo della spedizione, Ruggero Sanseverino, riuscì
in breve tempo a far riconoscere Carlo come re di Gerusalemme alla maggior parte
dei baroni latini e dei templari; soltanto Tiro e Beirut si mantennero fedeli ad Ugo»10.

Com’è poi noto, San Giovanni d’Acri fu conquistata nel 1290 dal sultano dei
Mamelucchi Qalāwūn.
La natura diplomatica degli atti

Numerose sono le transazioni economiche effettuate nel breve periodo crono-


logico preso in esame, che dimostrano l’intensa attività della Curia Capuana sotto la
guida dell’arcivescovo Marino Filomarino (1252-1286)11.
Già nota da nostri studi precedenti è la natura diplomatica dei documenti esami-
nati, per cui ci limitiamo a segnalarne solo la tipologia12.
Si contano pertanto numerose carte concessionis13, exempla concessionis (copie di con-

9
Cf documento 11, nella presente edizione.
10
P. HERDE, Carlo I d’Angiò, re di Sicilia, in Dizionario Biografico degli Italiani (= DBI), 20, Roma 1977, 215.
11
Per notizie biografiche dettagliate sul Filomarino, rinviamo alle ricerche manoscritte del canonico Gabrie-
le Iannelli, pubblicate a proprie spese da G. BOVA, Le pergamene sveve della Mater Ecclesia Capuana (1251-1258),
IV, Napoli 2003, 441-61. Di recente sono scomparsi dal Museo Campano i fascicoli manoscritti del cano-
nico, relativi ai vescovi moderni di Capua (dal XVI al XIX secolo), ricchi di preziose citazioni di documenti,
andati in seguito distrutti durante il bombardamento della città del 9 settembre 1943.
12
In generale, cf pure J. MAZZOLENI, Paleografia e diplomatica e scienze ausiliarie, Napoli 1970; EAD., La regi-
strazione dei documenti delle cancellerie meridionali dall’epoca sveva all’epoca viceregnale, Napoli 1971; EAD., Manuale di
Archivistica, Napoli 1972.
13
Cf documenti 2, 15, 17, 21, I, III, VI, VII, VIII, XX, XXI, XXII, XXIII, XXVI, XXVII, XXIX, XXXI, XXXII, XXXIV, XXXV,
16 Introduzione

cessioni di epoca precedente)14, carte vendicionis15, carte confirmacionis16, carte statuitionis


seu testamenti17, oltre a un exemplum testamenti18, ancora carte alienacionis19, carte permuta-
cionis20, carte permissionis celebrationis contractus de vendicione21, carte donacionis22, oltre a una
carta donacionis et concessionis23. Sono presenti inoltre una carta renunciacionis24, una carta
renunciacionis et cessionis25, una carta retradicionis26, una carta promissionis et obligacionis27, un
instrumentum sentencie late28 e vari exempla instrumentorum contenuti in una sola carta29.
Tra i documenti semipubblici, in altre parole quelli emanati da autorità pubbli-
che intermedie, come i vescovi e i signori feudali, segnaliamo una ratificatio Marini
archiepiscopi Capuani (1269)30, una concessio Marini archiepiscopi (1275)31 e ancora un’altra
concessio Marini archiepiscopi (1282)32, in cui è possibile constatare come la diplomatica
vescovile capuana imiti nella sostanza quella pubblica. L’arcivescovo si serve infatti
per la stesura del documento dell’opera di un notaio pubblico.
Nella stessa tipologia di documenti evidenziamo infine una concessio Francisci de
Conca baroni Calvi (1274)33 – fratello del giudice Roberto de Calvo seu de Conca, figlio

XXXVI, XXXVIII, XXXIX, XLVI, XLVIII, LIII, nella presente edizione. Soprattutto in tali documenti c’è talvolta la
distinzione tra carta concessionis e carta declarationis concessionis. La differenza principale consiste nel fatto che in
quest’ultima, che si presenta come un vero e proprio instrumentum, il protagonista non è più l’autore ma il
notaio che dichiara quanto gli consta: «Il notaio dalla posizione subordinata di puro fattore del documento
passa a quella preminente di fattore protagonista, che da solo è in grado di conferire alla attestazione scritta
quella pubblica fede che prima era richiesta a forme esteriori a lui estranee» (C. SALVATI, Paleografia e Diplo-
matica, Napoli 1978, 197).
14
Cf documenti XXX, XLV, LII, nella presente edizione.
15
Cf documenti 14, 16, 20, IV, XI, XII, XIX, XXVIII, XLIV, XLIX, L, LI, nella presente edizione. Anche in tali atti
è presente la distinzione tra carta vendicionis e carta declarationis vendicionis.
16
Cf documenti 6, 9, IX, XVI, XVII, XLI, nella presente edizione.
17
Cf documenti 1, 8, 11, 18, XIV, XLVII, nella presente edizione. Anche in questi documenti è presente la
distinzione tra carta testamenti e carta declarationis testamenti.
18
Cf documento 7, nella presente edizione.
19
Cf documenti 4, 12, X, XXIV, nella presente edizione. Anche in questi documenti è presente la distinzione
tra carta alienacionis e carta declarationis alienacionis.
20
Cf documenti 19, XIII, XXV, XXXIII, nella presente edizione. Anche in questi documenti è presente la di-
stinzione tra carta permutacionis e carta declarationis permutacionis.
21
Cf documenti XL e XLII, nella presente edizione.
22
Cf documenti 3 e XV, nella presente edizione.
23
Cf documento 13, nella presente edizione.
24
Cf documento 10, nella presente edizione.
25
Cf documento XLIII, nella presente edizione.
26
Cf documento II, nella presente edizione.
27
Cf documento V, nella presente edizione.
28
Cf documento XVIII, nella presente edizione.
29
Cf documento 5, nella presente edizione.
30
Cf Appendice XV, nella presente edizione.
31
Cf documento LIV, nella presente edizione.
32
Cf Appendice XXVIII, nella presente edizione.
33
Cf documento XXXVII, nella presente edizione.
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 17

del defunto dominus Ettore de Conca34 – la quale ricalca nella struttura i formulari dei
documenti vescovili capuani. Non si hanno prove sufficienti dell’esistenza di un’ap-
posita cancelleria signorile a Calvi in tale periodo, anzi si ha la prova del contrario
perché il barone per la stesura dell’atto ricorre alle prestazioni del notaio pubblico
Nicola, il quale adatta al documento redatto per conto del signore lo schema al quale
è abituato.
I nostri documenti fanno riferimento, tra l’altro, anche a precedenti scripta morgin-
caph (127535, 128036), all’auxilio senatus consulti Velleyani (128037, 136638) e ad instrumenta
inguad coniugum (1347)39.
I quarantaquattro documenti pubblicati in Appendice (1023-1422) hanno impor-
tanza per il loro contenuto storico, mentre per quanto riguarda la natura diplomatica
non si discostano dagli esempi già noti.
Segnaliamo tuttavia, in quest’ultima sezione del libro, una carta assensus de dote
(1347)40, una carta vendicionis pheudi (1357)41 e un exemplum note seu sede de vendicione
(1366)42. La seda è la nota, vale a dire il documento completo in ogni sua parte, ma
privo del signum del notaio, dell’autenticazione del giudice (sottoscrizione autografa e
signum) e delle sottoscrizioni dei testimoni. Pertanto essa non faceva fede e non ave-
va valore legale. Dall’epoca di Ferrante d’Aragona (1458-1494) in poi, la seda passò
ad indicare dal punto di vista archivistico la scheda, vale a dire l’insieme dei protocolli
appartenenti allo stesso notaio43. Nell’exemplum si chiarisce che la nota seu seda puplica,
redatta nel 1352, non fu perfezionata in puplicum instrumentum sia per la negligenza dei
contraenti, sia per la morte del giudice Natale de Benedicto.

La registrazione dei documenti: i quaternioni

Com’è noto, in diplomatica «i registri sono quei volumi in cui sono trascritti i
documenti emanati da un ente o da una persona (il notaio) per conto ed interesse
dei medesimi prima della loro spedizione. Essi non sempre venivano predisposti già

34
Sul giudice Roberto de Calvo seu de Conca, figlio del dominus Hector de Conca, cf documento XXXIV, nella
presente edizione.
35
Cf documento L, nella presente edizione.
36
Cf documento 11, nella presente edizione. Com’è noto, il morgengab o dono del mattino, era il regalo che
il marito longobardo faceva alla propria moglie il giorno immediatamente dopo la prima notte di nozze.
37
Cf documento 14, nella presente edizione.
38
Cf documento XXXVIII, nella presente edizione. Com’è noto, con il senatus consultum Velleianum (46 d.C.) si
vieta alla donna di impegnarsi a favore del marito o di un terzo usando i propri beni.
39
Cf documento XXXV, nella presente edizione. Com’è noto, l’inguad o inguadialia è il contratto di matrimo-
nio.
40
Cf Appendice XXXV, nella presente edizione.
41
Cf Appendice XXXVI, nella presente edizione.
42
Cf Appendice XXXVIII, nella presente edizione. In tale documento è citato Lisulo Symundino, di Napoli,
regio baiulo di Capua, abitante a porta Nova.
43
C. SALVATI, op. cit., 208.
18 Introduzione

rilegati. Nei tempi più antichi erano fatti da quaterni sciolti che poi venivano rilega-
ti»44.
Nella Curia Capuana, secondo la prassi, i documenti emanati venivano anche
registrati. In una pergamena della Curia del novembre 1242 sono per la prima volta
menzionati i quaterniones della Chiesa di Capua, attualmente deperditi, in cui veniva
di volta in volta annotato «quicquid annuatim suprascripte ecclesie debetur» da parte
dei vari concessionari45.
A Capua risultava molto comodo anche per i privati tenere un quaternione in cui
registrare per esempio i nomi di eventuali debitori, con gli estremi delle transazioni e
ovviamente con gli importi da percepire. Nell’exemplum testamenti del mese di agosto
1279, ind. VII, il dompnus Riccardo de Castello, sacerdote della chiesa di S. Giovanni
dei Nobili Uomini, chiedeva al giudice di Capua di redigere una copia (exemplum)
del testamento di Adelicia, moglie del fu Simeone de Ursone, rogato a Capua il lunedì
24 maggio 1277, ind. V. La donna stabiliva di essere seppellita nel cimitero della
cattedrale, incaricando delle spese suo cugino, l’abate Giovanni de dompna Capuana,
il quale possedeva tra l’altro anche un quaternione da cui risultavano i nomi di alcuni
homines forenses, debitori nei confronti della testante46.

Costi di pergamene e parcelle di notai e giudici

Non tutti i notai e giudici di Capua possedevano ovviamente la fortuna attribuita


al giurista Pietro de Vinea, di cui il Diodati riferisce: «Est inventus habuisse in bonis
solum in auro mille libras augustanensium»47.
Prendendo come punto di riferimento la rendita annuale di una pecia terre, che si
aggirava sui tre tarì d’oro annui (3 grammi d’oro), possiamo dire che certamente non
guadagnavano poco un notaio o un giudice capuano per la stesura e la sottoscrizione
di un solo documento, come tra poco vedremo.
Come abbiamo già evidenziato in altra occasione, nel 1261 furono pagati un tarì
di Amalfi (1 gr. d’oro) e un grano d’oro (1/20 di gr.) pro duobus pergamenis, cioè per
l’acquisto di due membrane48.
Nel 1295 il notaio dell’epoca riscosse tre tarì d’oro per la sua prestazione, mentre
il giudice per la sola sottoscrizione percepì altri tre tarì d’oro. Senza indicarne il nu-
mero, si dice che pro pergamenis furono pagati altri tre grani49.

44
Ivi, 132.
45
G. BOVA, Le pergamene sveve, cit., IV, 16.
46
Cf documento 7, nella presente edizione.
47
Si trattava di un patrimonio in oro di mille libbre di augustali, come riferiva D. DIODATI, Illustrazione delle
monete che si nominano nelle costituzioni delle Due Sicilie. Memoria letta nella Real Accademia nel 1784 e 1786
(riportiamo da J. MAZZOLENI, Paleografia e diplomatica, cit., 383). Ricordiamo che 1 augustale = 7,5 gr. d’oro;
1 libbra = 12 once; 1 oncia = 30 grammi.
48
G. BOVA, Le pergamene sveve della Mater Ecclesia Capuana (1259-1265), V, Napoli 2005, 80.
49
Ivi.
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 19

Nel 1300 un giudice riscosse appena un tarì d’oro pro presenti instrumento50, mentre
un notaio nel 1301 ricevette per la sua prestazione un tarì51, e ancora nel 1303 un
notaio (o un giudice) percepì due tarì d’oro per la sua opera52.
Venendo al presente lavoro, nel 1280 un giudice e un notaio percepirono ognuno
cinque tarì d’oro per la stesura di un instrumentum53.

Un exemplum testamenti del 1218 datato erroneamente al 1280

Interessante è il caso offerto dalla lettura della pergamena del Capitolo n. 336, in
pessime condizioni. Come abbiamo avuto modo di accertare, essa fu datata errone-
amente al 1280 da Renata Orefice, già direttrice dell’Archivio di Stato di Napoli, nel
suo Inventario manoscritto delle pergamene del Capitolo di Capua54, anche sulla base di una
nota dorsale anch’essa errata.
In realtà si tratta di un exemplum testamenti del 1218, redatto nel IX anno dell’im-
pero di Ottone. Per la datazione è fondamentale leggere nell’intitolazione il nome
dell’imperatore, riportato anche alla fine del documento, e osservare i signa del nota-
io Thodericus e del giudice Iohannes, a noi già noti, i quali furono attivi a Capua ai primi
del XIII secolo55.
Già per il passato abbiamo pubblicato otto documenti redatti ai tempi dell’impe-
ratore Ottone, rispettivamente del febbraio 121356, ancora del febbraio 121357, del
giugno 121358, del settembre 121459, del dicembre 121560, del gennaio 121661, del
giugno 121762 e del novembre 121863.
È appena il caso di ricordare che Ottone IV di Brunswick fu coronato imperato-
re a Roma dal papa il 27 settembre 1209. Il sovrano morì poi il 19 maggio 1218 a
Harzburg. Si evince che il nostro documento, rarissimo, è stato redatto prima del 19

50
Ivi.
51
Ivi, 81.
52
Ivi.
53
Nella carta testamenti del lunedì 8 gennaio 1280, ind. VIII, il testante Pietro de Primicerio lasciava dieci tarì
d’oro (circa dieci grammi) al notaio Raynaldus e al giudice Pietro de Georgio, per la loro opera (cf documento
11, nella presente edizione).
54
Inventario manoscritto delle pergamene del Capitolo di Capua (1975), a cura di Renata Orefice, custodito nell’Ar-
chivio Arcivescovile di Capua.
55
G. BOVA, Le pergamene sveve della Mater Ecclesia Capuana [1201-1228], I, Napoli 1998, 91s, 96, 99, 138, 141,
151, 168, 216, 288 e passim.
56
Ivi, 121-24.
57
Ivi, 125-30.
58
Ivi, 131-34.
59
Ivi, 135-38.
60
Ivi, 139-41.
61
Ivi, 142-46.
62
Ivi, 147-51.
63
Ivi, 152-56.
20 Introduzione

maggio di tale anno.


Per quanto riguarda il contenuto del nostro exemplum testamenti (copia di un te-
stamento), veniamo a sapere che i procuratori della congregazione della Chiesa di
Capua, alla data indicata nel documento, chiesero al giudice Nicolaus e al notaio
Theodoricus di duplicare un testamento redatto ai primi del ‘200, dettato da un certo
Pietro Coco e scritto all’epoca dal notaio Michael (morto prima del 1215) e sottoscrit-
to dal giudice Riccardus (attivo fino al 1209). Il testante assegnava alcuni suoi beni,
ubicati tra l’altro presso l’ecclesia S. Apollinaris in burgo pontis a Capua, inoltre in loca-
lità ad Palmentatam e in loco Iullanello. Lasciava al suo figlio naturale Giovanni victum
et vestimentum, oltre a una domum, con l’obbligo di far celebrare un [anniversarium pro
anima] defunctorum meorum et pauperum. Un lascito di trenta tarì d’oro era fatto a Galicia,
sorella del testante. Altri lasciti di minore entità venivano fatti a un certo Giacomo,
alla propria serva e a Martino, figlio della domina Raynalda. Un certo Giovanni, forse
il figlio, era nominato distributore dei beni. Veniva citato infine anche un certo Gili-
bertus, procuratore della Chiesa di Capua.

Le pergamene del Museo Campano


In appendice al presente lavoro pubblichiamo diciotto pergamene del Museo
Campano, le quali furono regestate in modo inadeguato da Jole Mazzoleni alla fine
degli anni Cinquanta64. Esse per la loro importanza meritano invece di essere cono-
sciute in edizione integrale.
Già per il passato abbiamo pubblicato in appendice alle nostre edizioni di perga-
mene dell’Archivio Arcivescovile di Capua quindici membrane del Museo Campano,
per lo più inedite, eliminando errori di datazione e di lettura in qualcuna già edita65.
Come abbiamo appena detto, le pergamene del Museo che pubblichiamo in que-
sta sede sono diciotto, tre rogate a Capua e quindici a Caserta, le quali ultime per il
loro contenuto meritano un discorso a parte (vedi avanti).
Dall’analisi dei caratteri intrinseci della prima delle tre redatte a Capua, soprattut-

64
J. MAZZOLENI, Le pergamene di Capua, I-III, Napoli 1957-60.
65
Procedendo in ordine cronologico e indicando di volta in volta i nostri volumi, abbiamo pubblicato le
seguenti pergamene custodite nel Museo Campano:
- per il periodo longobardo: le nn. 1 (972), 2 (976), 3 (977), 4 (992), cf G. BOVA, Le pergamene longobarde della Mater
Ecclesia Capuana (978-1055), Napoli 2008, 100-04, 105-08, 109-11, 153-57;
- per il periodo svevo: le nn. 40 (1219), 41 (1219), 1 (fondo pergamene diverse 1222), cf ID., Le pergamene sveve, cit.,
I, 271-74, 275-80, 281-84; inoltre la n. 50 (1232), cf ID., Le pergamene sveve della Mater Ecclesia Capuana (1229-
1239), II, Napoli 1999, 325-30; ancora le nn. 59 (1218), 62 (1242), cf ID., Le pergamene sveve della Mater Ecclesia
Capuana (1240-1250), III, Napoli 2001, 351-55, 356-60;
- per il periodo angioino: la n. 153 (1312), cf ID., Le pergamene angioine della Mater Ecclesia Capuana (1266-1269),
I, Napoli 2008, 281-83 (in appendice); inoltre la n. 231 (1387), cf ID., Le pergamene aragonesi della Mater Ecclesia
Capuana (1435-1438), I, Napoli 2014, 410-16 (in appendice);
- per il periodo aragonese: le nn. 288 (1435), 349 (1491), cf ID., Le pergamene aragonesi, cit., 457-60, 489-94; inoltre
la n. 344 (1488), cf ID., Il sacco di Capua, 24 luglio 1501, Napoli 2009, 96-103.
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 21

to dalla lettura delle note dorsali e dei nomi del giudice e del notaio del tempo, si de-
duce che essa fu scritta nel mese di gennaio del 12[08], [ind. XI]. Si tratta di una carta
concessionis, in cui Mazolinus, magister iudex Capue et terre Laboris, concedeva a Pietro de
Presbitero, figlio del fu Giovanni presbitero, abitante a Capua, [una casa, con terra e
presa vuota] sita nella città, presso la chiesa di S. Maria que dicitur lu Caza Gallu. Essa
confinava con altre case, terre e prese, con un’entrata in comune (comunalis) e con
un’entrata pubblica, nonché con un murus dirutus. Pietro si impegnava a consegnare
ogni anno al giudice un pullum gallinaceum, «in festo S. Marie de mense septembris»66.
Dalla lettura della seconda pergamena, una carta permutacionis del mese di ago-
sto 1269, ind. XII (da noi già precedentemente pubblicata)67, veniamo a sapere che
Riccardo cognomine de Petra Mellara, aveva venduto al magister Giacomo domini Adde,
custode e rettore della chiesa di S. Maria de Cancello, una sua terra ereditaria sita «in
loco S. Marie de Cancello». Da parte sua il magister Giacomo aveva concesso a Ric-
cardo una pezza di terra que est curtis, pertinente alla predetta chiesa di S. Maria, sita
nella stessa località68.
Dalle lettura della terza, una carta de confirmacione vendicionis del mese di dicem-
bre 1301, ind. XV, erroneamente datata dalla Mazzoleni al 127169, apprendiamo che
Gemma, vedova di Leonardo Papa, de villa Casalbe, ligia vassalla della Santa Chiesa
di Capua, dichiarava che l’arcivescovo Giovanni (1301-1304), in virtù dei servigi resi
e della corresponsione di sette tarì e mezzo d’oro, le aveva confermato la vendita di
una pezza di terra sita a Casalba, a lei stessa fatta poco prima da Giovanni de Palmerio,
figlio del fu Palmerio de Salem (Salemme), de villa Casalbe70.

Le pergamene di Caserta

La città di Caserta, che divenne vescovado suffraganeo di Capua non prima del
secolo XII71, patì nella tradizione archivistica vicissitudini non liete72. Si sa che fino
agli inizi del 1900 esisteva una pregevole raccolta di pergamene presso l’Archivio
del duomo. Già nel 1906 una notizia riferisce che all’epoca i resti di quell’Archivio
erano rappresentati da mutile, corrose e macchiate pergamene73. I tentativi da noi

66
Cf Appendice III, nella presente edizione.
67
G. BOVA - C. ALPOPI, Villaggi abbandonati e territorio tra Capua e Castelvolturno (X-XV sec.), Napoli 2013, 181-
84; II.DD., Le chiese di Maria Regina di Tutti i Santi e di Maria Ss. Assunta in Cielo in Cancello ed Arnone, Napoli
2013, 159-62.
68
Cf Appendice XIII, nella presente edizione.
69
J. MAZZOLENI, op. cit., II/1, 18.
70
Cf Appendice XXX, nella presente edizione.
71
P.J. KEHR, Italia Pontificia, sive repertorium privilegiorum et litterarum a Romanis Pontificibus ante annum 1198 Italiae
ecclesiis concessorum, VIII, Regnum Normannorum. Campania, Berolini 1935, 276s.
72
Per ragioni di spazio, nel presente paragrafo facciamo riferimento solo alle pergamene di Caserta custo-
dite attualmente nel Museo Campano e non parliamo delle altre pergamene casertane conservate nell’Ar-
chivio Arcivescovile di Capua.
73
A. BROCCOLI, Le imprese civiche di Terra di Lavoro, Torino 1906, 38.
22 Introduzione

fatti circa quarant’anni fa per rintracciare quanto rimasto all’epoca delle pergamene
del duomo di Caserta, non ebbero alcun frutto. Siamo pertanto dell’avviso che il
canonico Gabriele Iannelli, fondatore del Museo Campano (1874), sia riuscito in
qualche modo ad averle a custodirle nella struttura museale capuana da lui creata.
Alla base delle notizie che si conoscono sulla diocesi di Caserta in epoca moder-
na, è la monumentale opera dell’Ughelli74. Ad essa si rifà, per gli anni fino al 1322,
attraverso il Gams75 e il Cappelletti76, l’opera dell’Eubel77. Anche il più recente arti-
colo dello Jadin78, seppure criticamente fondato, non è basato su documentazione
inedita. Un contributo di prima mano per la conoscenza delle fonti documentarie
della città di Caserta fu offerto alcuni anni orsono dalla Mazzoleni79. L’illustre stu-
diosa e paleografa, nell’edizione de Le pergamene di Capua, mise in luce un gruppo di
atti, tutti di natura ecclesiastica, riguardanti la città di Caserta80.
Una sistemazione cronologica dei vescovi della diocesi casertana, per i secoli XIII
e XIV, è offerta in particolare dal Tescione81. In generale non sono mancati anche
altri studi sulla diocesi82, ma l’opera scientificamente più valida è certamente quella
di Norbert Kamp83, l’insigne e compianto magister dell’Università di Gottinga. Se-
gnaliamo inoltre i più recenti lavori storici di carattere generale del Tescione84 e della
Vultaggio85, ricchi di citazioni di fonti.
Nella presente edizione pubblichiamo quindici pergamene di Caserta, quasi tutte
in pessime condizioni, di cui due già note da nostri precedenti studi, conservate nel
Museo Campano. Tenuto conto della novità della ricerca, ne offriamo subito una
sintesi.
Nella carta vendicionis del mese di […] 1247, ind. VI (?), redatta a Caserta, il magister

74
F. UGHELLI, Italia sacra sive de episcopis Italiae et insularum adiacentium, VI, Venezia 1720, 473ss.
75
P.B. GAMS, Series episcoporum ecclesiae catholicae, Ratisbonae 1873, 870.
76
G. CAPPELLETTI, Le chiese d’Italia, Venezia 1866, XX, 241-60.
77
C. EUBEL, Hierarchia catholica medii aevi, Monasterii 1913, 169.
78
L. JADIN, Caserta, in Dictionnaire d’histoire et de géographie ecclesiastique, Paris 1949, 1270ss.
79
J. MAZZOLENI, op. cit. II/1, XV.
80
In essi sono menzionati: il monastero delle monache di S. Giacomo (domenicano) ricordato in un fram-
mento del 139[-]; seguono le chiese: di S. Angelo (1280), di S. Maria (1267, 1271, 1273 a 1276, 1278, 1281
e s.; 1291, 1292, 1303 e s.; 1336 e s.; 1342 e s.; 1352 e s.; 1398 e s.; 1409 e s., etc., fino all’anno 1500) e la
chiesa diruta di S. Nicandro (1488). Nella bolla di Nicolò V del 1452 è nominato il monastero di S. Pietro
Pedimontis extra muros Casertanos (ivi).
81
G. TESCIONE, Note di cronologia vescovile casertana per i secoli XIII e XIV, Marcianise 1962.
82
C. ESPERTI, Memorie ecclesiastiche della città di Caserta Villa Reale, Napoli 1775, 215; T. LAUDANDO, I vescovi
della diocesi di Caserta, «Bollettino ufficiale della diocesi di Caserta», I (1923), n. 1, p. 11s, n. 3, pp. 7-10, n. 11,
pp. 4-8; II (1924), n. 6, pp. 10-13; III (1925), n. 7, pp. 12-18, n. 9, pp. 9-13, n. 10, pp 10-15, n. 11, pp. 4-8; VI
(1928), n. 7, pp. 3-7; DIOCESI DI CASERTA, Cronologia dei vescovi casertani, Caserta 1984.
83
N. KAMP, Kirche und Monarchie im Staufischen Königreich Sizilien, I, Prosopographische Grundlegung: Bistümer und
Bischöfe des Königreichs 1194-1266, 1., Abruzzen und Kampanien, München 1973, 169-77.
84
G. TESCIONE, Caserta medievale e i suoi conti e signori. Lineamenti e ricerche, Caserta 1990.
85
C. VULTAGGIO, Caserta nel Medioevo, in Per una storia di Caserta dal Medioevo all’Età Contemporanea, a cura di F.
Corvese e G. Tescione, Napoli 1993.
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 23

Pietro cognomine Pivanus (?), figlio del fu magister Pietro eiusdem cognominis e sua moglie
Costanza, abitanti in villa Casulle (presso Caserta), vendono per una certa somma di
denaro al dompnus Miralberctus una domum edificata a Caserta86.
Nella carta vendicionis del mese di novembre 1250, ind. IX, redatta a Caserta, una
donna di nome Marotta, di Caserta, sotto la tutela del marito (?) magister […], come
mundualdo, alla presenza del giudice Tommaso de Nicolao e del notaio Iaquintus, per
una certa somma di denaro vende al magister Stanzione, figlio del fu Pietro, la metà di
una coltura, [sita a Casalba, presso la chiesa di S. Maria Paganorum]87.
Nella carta vendicionis del mese di maggio 1253, ind. XI, redatta a Caserta, Agosti-
no, figlio del fu Guglielmo Pictinati (?) e la moglie Tommasa, abitanti a Caserta, con
il consenso dell’abate Roberto de Scicu e dell’abate Nicola de Imperialli, procuratori
della chiesa di S. Maria della congregazione di Caserta, alla presenza del giudice, del
notaio e dei testimoni, tra cui l’abate Andrea, nipote del vescovo di Caserta (Rugge-
ro, 1241-1264)88, per la somma di sei tarì d’oro vendono ad Andrea de Guidone, figlio
del fu Guidone, abitante a Caserta, una pezza di terra campestre. Essa è sita in villa
Mezani, «subtus (presso) ecclesiam S. Marie, de suprascripta villa Mezani»89.
Nella carta vendicionis del mese di agosto 1253, ind. XI, redatta a Caserta, i fratelli
Giovanni e Stefano [de Ruggero] e le loro mogli, abitanti de villa Faucyani (Falciano di
Caserta), alla presenza del giudice Giovanni (?) e del notaio Giacinto, vendono al
sacerdote Simone una terra con presa e casalino, sita intus civitatem Casirte.90
Nella carta vendicionis del mese di ottobre 1259, ind. III, redatta a Caserta, una
donna di nome Cita Trocta cognomento de Petrone, figlia del magister Petrone, abitante a
Caserta, con l’autorità del padre suo mundualdo, alla presenza del giudice, del nota-
io, del vescovo di Caserta (Ruggero), di tutti i sacerdoti e dei due procuratori della
chiesa di S. Maria della congregazione di Caserta, [Pandolfo e Pietro], vende al ma-
gister Giovanni cognomento de Petrono, di Caserta, una sua pezza di terra sita in località
ad Cerquam Ferratam, confinante con una terra della chiesa di S. S[imeone]. Giovanni
si obbliga a dare ogni anno ai procuratori mezzo tarì di Amalfi, «pro anniversario
condam magistri Iacobi»91.
Nella carta permutacionis del mese di […] 1260, ind. III, redatta a Caserta, una
madre e due figlie, la prima di nome Anna, moglie di un certo Roberto, la seconda
di nome Maria, moglie del fu Giovanni de Aversa (?) e la terza di nome Aldemarca
(?), abitanti a Caserta, con l’autorità del loro mundualdo Roberto Tostulatanii, alla
presenza del giudice, del notaio, dei procuratori della chiesa di S. Maria della con-

86
Cf Appendice V, nella presente edizione.
87
Cf Appendice VI, nella presente edizione.
88
Sui vescovi di Caserta Andrea di Capua, Ruggero di Caserta, Giovanni Gaito e frate Filippo, cf N. KAMP,
op. cit., 171-77.
89
Cf Appendice VII, nella presente edizione.
90
Cf Appendice VIII, nella presente edizione.
91
Cf Appendice IX, nella presente edizione.
24 Introduzione

gregazione di Caserta, Pietro e Pandolfo, nonché di tutto il Capitolo Casertano (tra


cui il primicerio Bartolomeo) e del vescovo Ruggero, permutano con Giorgio e
Riccardo una pezza di terra [che detengono dalla congregazione di cui sopra a un
censo annuo], sita in villa Atellane. L’immobile confina tra l’altro con una terra della
chiesa di S. Vitaliano. Ricevono in equivalente permuta un’altra pezza di terra, sita
probabilmente nei paraggi della precedente, in quanto tra i confini è citata una terra
della già ricordata chiesa di S. Vitaliano92.
Nella carta vendicionis del mese di febbraio 1266, ind. X, redatta a Caserta, Pandol-
fo, padrino ed esecutore testamentario del defunto abate Sero, di Caserta, è presente
alla vendita di una pezza di terra [sita a Casolla], insieme ad Andrea e Tommaso, figli
di Sero. Gli acquirenti, Roberto e l’abate Giovanni, versano ai venditori la somma di
due once e sette tarì e mezzo d’oro e si impegnano a versare ogni anno alla chiesa
di S. Maria congregacionis Casertane un piccolo censo «in festo S. Michaelis» (il 29 set-
tembre)93.
Nella carta vendicionis del mese di novembre 1273, ind. III, redatta a Caserta, una
donna di nome Miraberta, abitante nello stesso centro, con l’autorità del suo mun-
dualdo Luca, con la volontà dei procuratori della chiesa di S. Maria della congrega-
zione di Caserta e con il consenso di tutti i sacerdoti del Capitolo Casertano, vende
a Costantino de Algisio, figlio di Deodoro (?) de Algisio, abitante a Caserta, una domum
palaciatam (a piano rialzato), sita nella predetta città. [Costantino si obbliga a versare
ogni anno ai procuratori una somma di denaro in una festività non indicata]94.
Nel lacero instrumentum de mandato archiepiscopi Capuani, del mese di ottobre 1274,
ind. III, [redatto a Caserta], alla presenza dei due giudici di Caserta, del notaio e dei
testimoni, si costituiscono l’abate Riccardo e l’abate Gualtiero, procuratori tam in
temporalibus quam in spiritualibus della diocesi casertana, convocati (?) dall’arcivescovo
di Capua Marino Filomarino (1252-1286). Nel documento, redatto ad futuram me-
moriam, sono nominati un accolito e uno iacono (inserviente) della Chiesa Casertana,
cioè Giovanni de Iuliano e Nicola magistri Peregrini, i quali pare che non avessero alcun
diritto a sedere nel coro del Capitolo e sembra che a tale proposito ci sia stato un
mandato del Filomarino, da cui dipendeva la diocesi suffraganea di Caserta95.
Nella carta vendicionis del mese di […] 1274, ind. III, redatta a Caserta, il notaio
Francesco, l’abate Nicola e Pietro, veri fratres, figli del fu magister Nicola Landi, e una
donna di nome Romana, tutti abitanti a Caserta – in particolare la donna agisce con
l’autorità del predetto notaio Francesco suo mundualdo – vendono per la somma di
[once …] e di quindici tarì d’oro a Biagio de Bulcana (?), figlio del fu Bartolomeo de
Blasio, de Iuniano, una loro pezza di terra sita in villa Iuniani96.

92
Cf Appendice X, nella presente edizione.
93
Cf Appendice XII, nella presente edizione.
94
Cf Appendice XVII, nella presente edizione.
95
Cf Appendice XVIII, nella presente edizione; cf G. BOVA, Le pergamene aragonesi, cit., I, 497s.
96
Cf Appendice XIX, nella presente edizione.
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 25

Nella lacera carta concessionis del mese di […] 1274, ind. III, redatta a Caserta,
sembra che i procuratori della Chiesa di Caserta – la sede vescovile casertana risulta
vacante tra il 1274 e il 127797 – in virtù dei servigi resi concedano ad un certo Gio-
vanni [de Stephano?] un immobile sito in villa Thorii (Tuoro di Caserta), «in loco ubi
dicitur a lo Cavacane»98.
Nella carta vendicionis del mese di ottobre 1275, ind. IV, redatta a Caserta, alla
presenza del giudice, del notaio e dei testimoni, i coniugi Nicola Noso e sua moglie
Benvenuta vendono al dominus Tommaso e alla moglie Bartolomea (nipote di Nico-
la), quattro pezze di terra pertinenti alla chiesa di S. Maria della congregazione di
Caserta. La prima è sita in villa Casule, la seconda e la terza si trovano poco distante,
ad Raquide (?), e la quarta ad Cerqua. Tra i confini sono menzionate la via publica, la
curia Casertana e la maior ecclesia Casertana (cattedrale). Gli acquirenti si obbligano
a riconoscere le pezze da parte della chiesa di S. Maria e a versare ogni anno alla
stessa alcuni tarì, in festo […]. Da notare infine che il documento è sottoscritto dai
due primiceri della cattedrale di Caserta, Giovanni e Nicola (?), oltre che da alcuni
diaconi, suddiaconi e presbiteri, di cui si ignorava finora l’esistenza: don Martino
(presbitero?), Adenolfo (diacono), Giovanni de domina Maffia (diacono), Nicola Landi
(diacono), Nicola de Raone (suddiacono), abate Nicola de Rogerio (suddiacono), Filip-
po (presbitero?), Pietro de Tiro (presbitero), Giovanni de Marco (diacono), Adenolfo
de Iordano (diacono), Mazzeo (suddiacono)99.
Nella carta offercionis del mese di settembre 1276, ind. IV, redatta a Caserta, alla
presenza del giudice, del notaio e dei testimoni, una certa Taddea, vedova di Madio
Siculo, abitante a Caserta, con l’autorità del suo mundualdo Sergio de Agnello, pro
remissione peccatorum suorum e del figlio Giovanni, offre ai procuratori della chiesa di
S. Maria della congregazione di Caserta, Pietro e Stabile de Theirisio, un tarì di Amalfi
da versare loro ogni anno, proveniente dalla rendita di una sua domus palaciata, sita
a Caserta. L’immobile confina con la via pubblica, con la domus di Giacomo de Ior-
dano e con la domus di Nicola de Lauro. Taddea fa apporre la clausola secondo cui i
procuratori dovranno celebrare ogni anno, in perpetuo, un anniversarium sollemne a
dicembre, pro remissione peccatorum meorum et dicti filii mei100.
Nella carta vendicionis del 12 luglio 1278, ind. VI, redatta a Caserta, alla presenza del
giudice, del notaio, dei testimoni, dei procuratori della chiesa di S. Maria della con-
gregazione di Caserta, nonché di tutto il Capitolo dell’episcopio casertano, una certa
Cas[siana?, moglie] di Pascasio, vende alla dompna Maria (figlia del fu Madio Siculo e
di Taddea), moglie di Nicola de Clemente, una domum sita a Caserta, confinante con la

97
Ricordiamo che tra il 1277 e il 1286 fu vescovo di Caserta Nicola de Fiore, già canonico e cancelliere della
Chiesa di Capua. La nomina a vescovo di Nicola fu probabilmente influenzata dall’arcivescovo Marino
Filomarino.
98
Cf Appendice XX, nella presente edizione; cf G. BOVA, Le pergamene aragonesi, cit., I, 499s.
99
Cf Appendice XXI, nella presente edizione.
100
Cf Appendice XXII, nella presente edizione.
26 Introduzione

via pubblica e con la domus di Nicola de Lauro. Le due donne agiscono con l’autorità
dei loro mariti come mundualdi. Maria e i suoi eredi si obbligano a versare ogni anno
alla chiesa un piccolo censo, «in die obitus dompne Tadee, matris mee»101.
Nella carta offercionis del mese di aprile 1281, ind. X, redatta a Caserta, alla presen-
za del giudice, del notaio e dei testimoni, un certo Tommaso de Marenda, abitante a
Caserta, «intuytu Dei et pro remissione peccatorum meorum et anime mee», offre ai
procuratori della chiesa di S. Maria della congregazione di Caserta, una sua pezza di
terra sita in pertinenciis ville Mezani, in loco ubi dicitur ad Canalem Iulianum. Essa confi-
na con una terra della chiesa locale di S. Maria de villa Mezani e con il monte. Viene
apposta la clausola secondo la quale i procuratori si obbligano a celebrare ogni anno
un anniversarium in die obitus di Tommaso, «pro remissione peccatorum»102.

Le transazioni economiche della Chiesa di Capua


Le transazioni, oltre alla città di Capua, riguardano le seguenti località: Pantuliano
(presso Pastorano, docc. 1, 20, XL, XLII, app. XXIX, XXXI, XXXIII, XXXVIII), Nocera in
Calabria (doc. 3), castrum Marchani (Marzano Appio presso Teano? doc. 5), S. Plan-
cacio seu Brancaccio (presso Pignataro, docc. 6, XLIII), S. Lorenzo ad Pluyanum (presso
Vitulazio, docc. 8, VI, VII, app. XXIV), Casalba (doc. 9, app. XXX), Vitulazio (docc. 10,
XIII), Campuli (a est di Macerata Campania, docc. 11, 21), Curti (doc. 11), Pratora (doc.
11), ad Curtim Romey (doc. 11), in loco Carchani de terra Cancie (tra Arnone e Grazzanise,
doc. 11), S. Clemente (presso S. Maria la Fossa, doc. 12), Casacellare seu Casacerere
(presso S. Angelo in Formis, docc. 15), S. Giusta (presso Pantuliano, doc. 16), S. Pietro
ad Corpus (oggi S. Maria Capua Vetere, doc. 18, app. XXXIV), Triflisco (oggi frazione di
Bellona, docc. I, XXIX), Bellona (doc. II, app. XI), Caiazzo (doc II), S. Vito de Palmentata
(presso Vitulazio, doc. V), Savignano (presso S. Andrea de’ Lagni, doc. VIII), Quaranta (a
est di Macerata Campania, doc. VIII), S. Maria de Cannellis (presso S. Maria la Fossa, doc.
X), Capua Vetere (oggi S. Maria Capua Vetere, doc. IX, app. XVI), Vicogaudo (a sud-est
di Marcianise, doc. XIII), Turris Auryelis (presso Vitulazio, doc. XV), Teano (doc. XVIII),
Macerata (doc. XIX), Ponticelli (presso S. Tammaro, docc. XXIV, XXXVIII), Tauchani (pres-
so Marcianise, docc. XXV, XXXIII), S. Maria Maggiore (oggi S. Maria Capua Vetere,
doc. XXVI), Capodrise (doc. XXVIII, LI, LIII), Pontisio Piccolo (presso Pignataro, docc.
XXXIV, XXXVI), Calvi (doc. XXXVII), Caturano (doc. XLI), S. Lucia (presso S. Andrea de’
Lagni, doc. XLVIII), Leporano (presso Camigliano, doc. L, app. XL), ali Pagnani (presso
Marcianise, docc. LI, LIII), Casapesenna (app. I), Palmentata (presso Marcianise, app.
IV), Iullanello (non lungi da S. Andrea de’ Lagni, app. IV), Cancello (oggi Cancello ed
Arnone, app. XIII), Teano (app. XIV), Campocipro (presso Marcianise, app. XV), Ayrola
de terra Lanei (oggi Castello Airola presso Marcianise, app. XXVII), Camigliano (app.
XXVII, XXXV), S. Martino ad Beccerolam (presso Carinola, app. XXVIII), Orticella (presso

101
Cf Appendice XXIII, nella presente edizione.
102
Cf Appendice XXVI, nella presente edizione.
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 27

S. Tammaro, app. XXXII), Pizzone (oggi S. Andrea del Pizzone, app. XXXIX), Carinola
(app. XLI).

L’edilizia privata, militare e sacra a Capua

Nei nostri documenti è citata un’edilizia preesistente nella parrocchia di S. Maria


Nabbatis (casa in qua est furnus, casalinum, domus, palacium)103; nella parrocchia della
maggiore chiesa o cattedrale (domus in qua est taberna, domus in qua est palacium, domus,
apotheca)104; nella parrocchia di S. Leucio (palacium vetus, curtis cum coquina, domus, case et
domus, domus in qua est furnus)105; nella parrocchia di S. Salvatore Maggiore seu ad Cur-
tem (casa in qua est palacium, casa plana, cioè a piano terra, casa in qua est furnus, domus pla-
na, subpineum, casa)106; nella parrocchia dei SS. Cosma e Damiano (casa que est palacium,
domus, palacium)107; nella parrocchia di S. Bartolomeo de Arcu Algisii (casa et domus)108;
in castello et parrocchia S. Petri ad Pontem (casa in qua est palacium, domus, palacium)109; nella
parrocchia dei SS. Filippo e Giacomo (casa in qua est palacium quod dicitur Cammina-
ta, iardenum, domus)110; nella parrocchia di S. Ambrogio (case, domus palaciate et plane,
casalenum, iardenum)111; nella parrocchia di S. Marcello Maggiore (case, in una quarum
est paleare, casalenum unum in quo fuit palacium, casalenum alium in quo fuit domus terranea,
domus palaciata cioè a piano rialzato)112; nella parrocchia di S. Rufo (domus)113; nella
parrocchia di S. Pietro Apostolo seu ad Monteronem (case, quarum una dicitur suppinium,
domus, ortum)114; presso piazza Maiella, ubi sunt corbeserii, cioè i fabbricanti di ceste
(apotheche)115; nel borgo di S. Anello (domus cum orto)116; nella parrocchia di S. Angelo
ad Oyaldiscos (casa)117.

L’edilizia privata e sacra nel territorio

Segnaliamo anche la presenza di casalini (case terranee), case, domus e molendina


(mulini) in alcuni centri minori della diocesi, ivi compresa la circoscrizione vescovile

103
Cf documenti 4, XXXIX, app. XLIV, nella presente edizione.
104
Cf documenti 11, XVII, XXII, nella presente edizione.
105
Cf documenti 11 e 19, nella presente edizione.
106
Cf documenti 13, 17, III, nella presente edizione.
107
Cf documento 14, nella presente edizione.
108
Cf documento 19, nella presente edizione.
109
Cf documenti IV e XLIX, nella presente edizione.
110
Cf documento XI, nella presente edizione.
111
Cf documenti XII e XX, app. XLII, nella presente edizione.
112
Cf documento XXIII e app. XXXVI, nella presente edizione.
113
Cf documento XXV, nella presente edizione.
114
Cf documenti XXXI, XLV, XLVI, nella presente edizione.
115
Cf documento XIV, nella presente edizione.
116
Cf documento XLVII, nella presente edizione.
117
Cf documento LII, nella presente edizione.
28 Introduzione

suffraganea di Carinola, dove è citato l’episcopio118.


Ricordiamo pertanto a Triflisco un sedile seu casalinum, inoltre il molendinum quod
dicitur de la Lambia, cum cursu suo antiquo aque Sahonis (doc. I, app. XLIV), a Pantuliano
alcune domus palatiate et plane cum curti et orto (app. XXXVII); a S. Andrea del Pizzone
una domus cum muris fabrita et festo (festuche) cohoperta, cum quodam curticella contigua (app.
XXXIX); a Leporano, piccolo aggregato urbano di Camigliano, una domus cum curti et
orticello (app. XL); a Carinola una domus plana cum anticortilio cooperto, inoltre altre domus
in parrochia episcopatus (app. XLI); a Bagnara, presso S. Maria la Fossa, una domus cooper-
ta plincis et ymbricibus cum curti et orto (app. XLIV).

Le transazioni economiche del monastero di S. Giovanni delle Monache a Capua

Nei documenti contenuti nel presente volume sono ricordate le badesse Marta
de Caianello (1186-1227), Mathia de Roccaromana (1230-1250), Rogasia de Padula (1250-
1277), Aldearda Pandone (1277-1286), Margherita Pandone (1348-1361) e Gemma
de Tocco (1364-1410).
Le transazioni operate dalle badesse e dalle procuratrici del convento concerno-
no i seguenti siti: Caserta (doc. XXI), S. Teodoro (presso Casalba, doc. XXIII), Caturano
(doc. XXIII, app. XXXVII), S. Maria Maggiore (oggi S. Maria Capua Vetere, doc. XXIII), S.
Maria ad Boczula (app. XXXVII), Casacellari seu Casacerere (presso S. Angelo in Formis,
doc. XXIII), S. Giusta (presso Pantuliano, doc. XXIII, app. XXXVII), S. Lorenzo (presso
Vitulazio, doc. XXIII), S. Marco (presso Pantuliano, doc. XXIII, app. XXXVII), Pontisio
(presso Pignataro, doc. XXIII), Refronzula (presso S. Andrea de’ Lagni, app. XXXVII), S.
Prisco (doc. XXVII), Grottula (doc. XXX), Ordicelle (presso S. Tammaro, doc. XXX), S.
Tammaro (doc. XXX), Macerata (app. XXXVII), Casanova seu Casagiove (docc. XXXII,
XXXV, app. XXXVI), S. Vito (presso Vitulazio, doc. XLIV), Capua (doc. LII).
In particolare i documenti offrono molte notizie sui nomi delle monache, delle
procuratrici e dei baiuli che si susseguono nel tempo.
Nell’exemplum concessionis del mese di gennaio 1274, ind. II, vengono riportati tra
l’altro anche i nomi delle monache presenti alla stesura dell’atto originario del 1202:
Maria Amalfitana, Griselayta, Mobilia, Agnessa de Coco, Clara, Felicia, Iohanna, Agnessa,
Caterina, Maria de Mignano119.
Nell’exemplum concessionis del mese di marzo 1274, ind. II, è riportato un documen-
to del mese di febbraio 1234, ind. VII, in cui è citato Giovanni de dompno Ando, baiulus
et fidelis del monastero, che fungeva da fideiussore120.
Nell’exemplum concessionis del mese di maggio 1275, ind. VIII, è riportato un docu-
mento del mese di luglio 1242, ind. XV, in cui è citato Giovanni Dorrandi, baiulus et

118
Cf Appendice XLI, nella presente edizione.
119
Cf documento XXI, nella presente edizione.
120
Cf documento XXX, nella presente edizione.
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 29

fidelis monasterii, che all’epoca fungeva da fideiussore121.


Nell’exemplum concessionis del mese di agosto 1281, ind. IX, è riportato un docu-
mento del mese di giugno 1265, ind. VIII, in cui è ricordato Geronimus, baiulus et fidelis
del monastero122.
Nella carta concessionis del mese di febbraio 1274, ind. II, funge da fideiussore per
conto del monastero il baiulus et fidelis Pietro, figlio del magister Simone123.
Nella carta concessionis del mese di maggio 1274, ind. II, è citata la monaca Margarita
de Venafro, procuratrice del convento del monastero124.
Nella carta concessionis del mese di giugno 1274, ind. II, è menzionato il dominus
Landi, baiulus et fidelis del monastero, il quale funge da fideiussore125.
Nella carta vendicionis del mese di settembre 1274, ind. III, è citata la domina Marga-
rita de Venafro, monaca e procuratrice della congregazione del monastero126.
Nella carta venditionis pheudi del 27 agosto 1357, ind. X, è menzionata la monaca
Marchesana Comite, di Salerno, priora e procuratrice del convento127.

La congregazione del monastero di S. Giovanni delle Monache. La sala Theodericus

In una carta vendicionis del settembre 1274, ind. III, è citata per la prima volta la
congregazione del monastero di S. Giovanni delle Monache128, nata in epoca impre-
cisata per scopi religiosi o di carità.
Dunque, un certo Nicola, figlio del fu magister Stabile de Palerma, di Capua, con
il consenso della badessa Rogasia de Padula (1250-1277) e della congregazione del
monastero, vende a Riccardo Guagnone, figlio del fu Benedetto Guagnone, abitante
a Capua, tre pezze di terra. Per la vendita Riccardo versa alla badessa dodici once
d’oro e altre sei once alla domina Margarita de Venafro, monaca e procuratrice della
congregazione. Le pezze sono site in pertinenciis terre Capuane, prope villam S. Viti (vedi
avanti)129.
Segnaliamo che in documento del 10 gennaio 1368 è documentata nel monastero
la sala que dicitur Theodericus130.

121
Cf documento LII, nella presente edizione.
122
Cf Appendice XXV, nella presente edizione.
123
Cf documento XXVII, nella presente edizione.
124
Cf documento XXXII, nella presente edizione.
125
Cf documento XXXV, nella presente edizione.
126
Cf documento XLIV, nella presente edizione.
127
Cf Appendice XXXVI, nella presente edizione.
128
Il tema delle congregazioni a Capua è stato più volte da noi trattato, cf G. BOVA, Le pergamene normanne
della Mater Ecclesia Capuana (1091-1197), Napoli 1996, 46-53; ID., Civiltà di Terra di Lavoro. Gli stanziamenti
ebraici tra Antichità e Medioevo, Napoli 2007, 50s.
129
Cf documento XLIV, nella presente edizione.
130
A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1145.
30 Introduzione

Servizi personali dovuti al monastero di S. Giovanni delle Monache: nuovi documenti. I preparati
farmaceutici, i cibi e i dolci approntati dalle monache: l’electuarium, il miele, il bucellatum, la
moffetta, il prosciutto, il caseum caprinum. I calendari

Dalla lettura della Storia sacra del Granata apprendiamo che la chiesa parrocchiale
di Casanova (oggi Casagiove), dedicata a S. Michele arcangelo, era stata fondata in
un terreno di proprietà delle monache del monastero di S. Giovanni delle Dame
Monache di Capua (972), per loro comodità131. Così riferiva pure il Monaco: «Ec-
clesia vero S. Michaelis de Casanova an habuerit aliquando rectoriam non constat,
quia videtur illa ecclesia a monialibus S. Iohannis pro ipsarum commodo constructa
fuisse»132.
Nella vigilia della festività di S. Giovanni Battista, cioè il 23 giugno, le donne e
gli uomini di quel paese erano soliti prestare il seguente servizio: «Scopare la chiesa
e le grate del monastero»; gli uomini in particolare avevano poi anche l’obbligo di
portare «la mortella (mirto) in tale festa, per sacra pompa», come si faceva ancora nel
XVIII secolo133.
Riferisce ancora il Granata che l’origine di tale servizio «si attribuisce al diplo-
ma o privilegio, col quale Roberto II, principe di Capua, concesse in vassallaggio
al monastero di S. Giovanni la gente di Casanova. Il diploma originale si conserva
nel monastero e Michele Monaco lo trascrive nel suo Santuario»134. Lo storico citato
pubblica effettivamente un diploma del gennaio 1129, VII indizione, redatto ai tempi
del principe di Capua Roberto II, in cui il nobile donava alla badessa Gemma (1115-
1130) alcune terre nelle immediate vicinanze di Capua, indicandone i confini, ma
mancano riferimenti precisi agli homines di Casanova135. Sembra invece più probabile
che si tratti di un altro diploma di Roberto II, del mese di aprile 1156, ind. IV, pure
riportato dal Monaco, in cui il principe donava alla badessa Lusiza (1156-1174) la
starza di Maiano136, che si trova tra il cimitero di Casapulla e Casagiove137 e ha per
confine la chiesa di S. Elpidio in Casapulla138. La badessa Galgana (1286-1339) am-
pliò poi la predetta starza nel 1328 circa139.
In un documento del mese di agosto 1281, indizione IX, redatto a Capua, viene
riportato un atto precedente del mese di giugno 1265, indizione VIII, pure scritto
nella stessa città, in cui la badessa Rogasia de Padula (1250-1277) concedeva nomine

131
F. GRANATA, Storia sacra della chiesa metropolitana di Capua, II, Napoli 1766, 8s (cf pure F. CIOCIOLA, Le
Settecentine della Biblioteca Arcivescovile di Capua. Catalogo delle edizioni, Napoli 2014, 136).
132
M. MONACO, op. cit., 613.
133
F. GRANATA, op. cit., II, 8.
134
Ivi.
135
M. MONACO, op. cit., 643-46. Il documento è stato ripubblicato da J. MAZZOLENI, op. cit., I, 60-63.
136
M. MONACO, op. cit., 646ss.
137
G. BOVA, Civiltà di Terra di Lavoro, cit., 308.
138
F. GRANATA, op. cit., II, 10.
139
G. BOVA, Le pergamene sveve, cit., I, 267.
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 31

dotis a Giacomo, figlio del fu Gualtiero de Marczano, un tenimentum sito fuori Capua,
tenuto una volta dal fu Capuano cognomine Magnense, pervenuto per excadenciam nelle
mani del monastero. Il motivo della concessione era dovuto al fatto che Giacomo
aveva sposato una certa Maria (figlia del fu Alessandro, figlio a sua volta di dompna
Mulduana), serva (famula) del monastero ab infancia sua, incarico che aveva svolto fide-
liter et devote. La badessa consegnò a Giacomo pure la dote della fanciulla, cioè alcune
res mobiles dotales: pannos et ligamenta capitis (retine per capelli), ana tres (tre anelli), lectum
cum apparatu suo, bacem (bacile), es (pentole di rame), ferrum (spiedo), secondo l’uso e
le consuetudini della città di Capua. Giacomo da parte sua si obbligava ad effettuare
ogni anno per il monastero il seguente servicium, solito a farsi: «sostituire gli assi ai
carri del monastero, i cerchi di ferro alle botti nel tempo della vendemmia, riparare
le porte vecchie delle case del monastero, mentre il cenobio era tenuto a dargli una
pagnotta e una misura di vino, per ogni giorno lavorativo»140.
Dalla lettura di un documento del 16 settembre 1352, veniamo per la prima volta
a conoscenza dei servizi personali che i concessionari di un feudo, sito «in perti-
nenciis terre Capuane, terre Laney et terre Cancie», di proprietà del monastero di S.
Giovanni delle Monache, erano tenuti a fare ogni anno alla badessa. Precisiamo che
due terre del feudo erano site a S. Maria la Fossa, nelle località denominate la Varca
de Lanici e la Perella.
Dunque, a Natale i concessionari erano tenuti a partecipare al pranzo con la ba-
dessa e a servirla a tavola; a Pasqua erano tenuti a fare lo stesso; alla vigilia dell’anno
nuovo erano tenuti a collocare il calandarium nel monastero e a ricevere un toccum
(pezzo di pane), una libbra di miele e una libbra de laccuario (electuarium, preparato
farmaceutico prescritto in molti casi)141; nel primo giorno dell’anno nuovo erano
tenuti a presentare alla badessa una cimmam de oleribus (ramo di ulivo) e a ricevere
dalla stessa un cochearum de pipere (cucchiaio di pepe); nel Mercoledì Santo, dopo che
la chiesa era stata pulita dagli angariari di Casanova (Casagiove), erano tenuti a gettare
l’acqua; nel Giovedì Santo erano tenuti ad essere presenti per tutta la durata della
messa e a ricevere dalla badessa un canulum de ficibus (canestro di fichi) e una misura
di avellanarum (nocciole); nel Sabato Santo erano tenuti ad essere presenti alla bene-
dizione nel monastero e a ricevere dalla badessa una pollam de pane (pane di forma
rotonda), un pezzo di formaggio (petiam unam casei) e una fettina di prosciutto (fellam
unam presuptii); nel giorno della Purificazione della Vergine (il 2 febbraio) erano te-
nuti ad essere presenti per tutta la durata della messa e a ricevere dalla badessa un
140
«Servitium debitum et consuetum, videlicet: mittere asses in curribus eiusdem monasterii, quando neces-
se fuerit, circulare vegetes eiusdem monasterii tempore vindemiarum et reparare ianuas veteres domorum
eiusdem monasterii et pars suprascripti monasterii teneatur dare tibi, quolibet die, quando ibi laboraveris,
pollam unam et iustam unam vini» (cf Appendice XXV, nella presente edizione).
141
L’electuarium è un antico preparato farmaceutico, prodotto dalla mescolanza di più sostanze medica-
mentose, come miele, zucchero, sciroppo, dall’aspetto di pasta piuttosto molliccia (D. SANTORO, Lo speziale
siciliano tra continuità e innovazione: capitoli e costituzioni dal XIV al XVI secolo, «Mediterranea. Ricerche storiche»,
8 [2006], 465-84).
32 Introduzione

doppiere con candele, così come erano soliti riceverlo le monache e il cappellano
del monastero; erano anche tenuti a presenziare all’ordinazione di nuove monache
o della nuova badessa e a ricevere dalle stesse o dalla stessa, un rotolo de carnibus,
tre buctillatos (da bucellatum, “sbocconcellato”, dolce natalizio siciliano)142 e un tarì
di Amalfi; nel caso poi che la badessa avesse dovuto recarsi fuori del monastero,
equester vel pedester, erano tenuti ad accompagnarla e a seguirla con il proprio cavallo
personale, a spese del monastero143.
Dalla lettura di un documento del 27 agosto 1357, ind. X, apprendiamo che l’a-
bate Stefano de Quatrapane, di Capua e i suoi figli, in cambio della concessione di
un feudo, si obbligavano a prestare ogni anno al monastero i seguenti servizi: «Ac-
compagnare la badessa attuale e le successive, a piedi o a cavallo, dovunque fossero
andate, con il cavallo di Stefano e dei suoi figli, a spese però del monastero, ogni qual
volta fossero stati richiesti; inoltre erano tenuti a pranzare con la stessa a Natale e a
Pasqua, a presenziare alla vigilia dell’anno nuovo alla consegna del calendario e ad
essere presenti nel Giovedì Santo a quanto veniva loro ordinato»144.

142
Il bucellatum è un dolce tradizionale siciliano, consumato nel periodo natalizio. È costituito da un impasto
di pasta frolla, farcita con un ripieno di fichi secchi, uva passa, mandorle e scorze d’arancia.
143
«In die Nativitatis Domini teneantur et debeant personaliter interesse ad prandium cum predicta domina
abbatissa ipsamque dominam servire, donec comedit; item, in die Resurrectionis Dominice, similiter facere
teneantur; item, in vigilia anni novi teneantur personaliter interesse ad ponendum calandarium in dicto
monasterio et tunc recipere ab eadem domina, toccum unum, libram unam de melle et libram unam de
laccuario; item, in die anni novi, in manu teneantur presentari eidem domine cimmam unam de oleribus
et tunc recipere ab eadem domina cochearum unum de pipere; item, in die mercurii sancto, postquam
ecclesia dicti monasterii est mundata spuraiciis, per angararios dicti monasterii ville Casanove, teneantur et
debeant proicere aquam pro dicta ecclesia ipsius monasterii; item, in die iovis sancti, teneantur et debeant
personaliter interesse, donec mandatus celebraverit in dicta ecclesia et tunc recipere ab eadem domina
abbatissa canulum unum de ficibus et mensuram unam avellanarum, consuetam dari; item, in die sabbati
sancto, teneantur et debeant personaliter interesse ad faciendum benedictum in dicto monasterio et tunc
recipere ab eadem domina de pane pollam unam et petiam unam casei at fellam unam presuptii; item, in
die Purificacionis beate Virginis, teneantur personaliter interesse, donec celebratur missa in dicta ecclesia et
tunc recipere ab eadem domina dublerium unum cereum, sub illa forma, sicut moniales et capellani ipsius
monasterii reciperint et recipere consueverint; item quod, si contingerint in dicto monasterio moniales
ad altare ascendere aut abbatissam in dicto monasterio de novo creare, teneantur et debeant offerire in
celebracionem solempnitatum predictarum et tunc recipere a dicta moniali vel abbatissa rotulum unum de
carnibus, buctillatos tres et tarenum Amalfie unum; item, quociens dicta domina abbatissa et successores
suas ire contingerit alibi equester vel pedester, pro utilitatibus ipsius monasterii, teneantur et debeant perso-
naliter accedere in commitiva ipsius domine, cum equo ipsius Petri, vel suorum legitimorum heredum, ad
expensas tamen ipsius monasterii» (G. BOVA, I più antichi documenti di S. Maria la Fossa. Greci ed Ebrei [XII-XVI
sec.], Napoli 2011, 193-97).
144
«Ipse abbas Stephanus et eius liberi suprascripti associare teneantur eandem dominam et successivas
post eam abbatissas monasterii predicti, pedes vel eques, prout dicta domina personaliter accesserit, cum
equo eiusdem abbatis Stephani et suorum liberorum suprascriptorum, ad expensis dicti monasterii, quo-
ciens et quando propterea per eandem dominam fuerint requisiti, ad comedendum cum eadem domina
abbatissa in festo Natalis Domini et Resurreccionis Eius et in vigilia anni novi interesse calendali et in die
iovis sancto interesse mandato et nichil aliud» (cf Appendice XXXVI, nella presente edizione).
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 33

Interessante è anche un documento del 2 aprile 1366, in cui il dominus Giovanni


de Bocconciniis, de Bononia, canonico di S. Marcello de Urbe vendette per cinque once
d’oro e alcuni carlini d’argento al magister Nicola de Magdalone un feudale tenimentum,
consistente in domibus palatiatis et planis, cum curti et orto e diciassette pezze di terra,
coltivate e incolte, tenute da parte del monastero di S. Giovanni delle Monache. Pre-
sente alla transazione era la badessa Gemma de Tocco (1364-1410), la quale ricevette
da Nicola un’oncia e sette tarì d’oro come entratura. Le pezze erano dislocate tra la
villa S. Iuste (in Terra Capuana), la villa Refronczule e la villa Musicili (in Terra del Lagno).
Il nuovo concessionario e i suoi eredi si obbligarono a prestare ogni anno al mona-
stero di S. Giovanni alcuni servizi personali.
In breve le prestazioni erano le seguenti: «Certamente che ogniqualvolta i vassalli
fossero richiesti di prestare servizio al monastero a cavallo, erano tenuti a recarsi di
persona e a prestare servizio con un ronzino; il convento da parte sua era tenuto a
pagare loro le spese necessarie, comprese quelle sostenute per il ronzino, per tutta la
durata del tempo che avessero eseguito il servizio per conto del cenobio, come una
volta già furono soliti essere risarciti coloro che ebbero tale feudo dalla comunità
delle religiose; a Natale e a Pasqua erano tenuti a recarsi al cenobio e a servire la
badessa a mensa, fin dal mattino, ovvero al pranzo; inoltre dovevano andare al mo-
nastero di Sabato Santo per ricevere la benedizione e allora il cenobio era tenuto a
dare loro due pezzi tondi di pane molto morbido (ad moffectam)145, due pezzi di cacio
di capra e una fetta di prosciutto; erano tenuti a recarsi al convento il 31 dicembre,
per porre il calendario con gli altri vassalli, mentre il cenobio era tenuto a dare loro
un calendario ed essi erano tenuti a recarsi al monastero il 1° gennaio con un fascio
di cavoli e la comunità di religiose era tenuta a dare loro un cucchiaino di pepe»146.
Anche in un documento dell’11 maggio 1377 si parla di un servicium, non meglio
specificato, che i concessionari Pietro de Lando e sua madre Maria, di S. Maria la
Fossa, erano tenuti a prestare annualmente al predetto monastero di S. Giovanni147.
A titolo di curiosità ricordiamo che nel 1276 a Capua venivano cucinati a Natale

145
La muffoletta è un pane molle e spugnoso di forma rotonda e talvolta schiacciata.
146
«Videlicet quod quandocumque fuerint requisiti ad servicia dicti monasterii equester, teneantur et de-
beant personaliter accedere et servire cum uno [ronczino] et pars eiusdem monasterii teneatur et debeat
illas expensas necessarias dare ipsis et ronczino eorum, dum ipsum servicium pro parte dicti monasterii
fecerint vel exercuerint, quas olim tenentes dictum feudum ab eodem monasterio consueverunt percipere
et habere; et in festo Natalis Domini et Passe maioris accedere ad dictum monasterium et servire domine
abbatisse eiusdem monasterii de mane in mensa, silicet in comestione, at accedere ad dictum monasterium
ad faciendum benedictum in sabato sancto et tunc teneatur pars eiusdem monasterii dare eis duas pollas
panis ad moffettam, pecias casei capranelli duas et fellam unam de prosucio; ac eciam teneantur accedere ad
dictum monasterium, ad ponendum calandarium cum aliis vassallis ipsius monasterii, in ultima die mensis
decembris et pars eiusdem monasterii teneatur dare eis tunc calandarium unum atque teneantur accedere
ad dictum monasterium cum una chimma de caulis in prima die mensis ianuarii et tunc teneatur pars ipsius
monasterii dare eis de pipere cucharellum unum» (cf Appendice XXXVII, nella presente edizione).
147
G. BOVA, I più antichi documenti di S. Maria la Fossa, cit., 223.
34 Introduzione

anche i malvicii (tordi) e a Pasqua la faldula (striscia di carne bovina)148. In generale,


per l’alimentazione nella città e nel suo territorio ci permettiamo rimandare al nostro
lavoro La vita quotidiana a Capua al tempo delle Crociate149.
Per quanto riguarda più in generale i calendari medievali di Capua, attualmente
deperditi, ricordiamo che cinque di essi – i primi due longobardi del sec. XI appar-
tenenti al monastero di S. Giovanni, il terzo e il quarto del sec. XIV di proprietà del
Capitolo, e il quinto del sec. XV pertinente alla Chiesa di Capua – furono pubblicati
dal Monaco nel ‘600150. Da parte nostra abbiamo pubblicato un Necrologio del Capitolo
Capuano, risalente al XV-XVI secolo, purtroppo anch’esso deperdito151.

Il testamento del giudice Giovanni Scutarius

Al fine di individuare in un certo qual modo il patrimonio di un magistrato di


Capua, abbiamo letto con particolare interesse la carta testamenti del giudice Giovanni
Scutarius, figlio del fu Simone, nonché marito della domina Benevenuta, deceduta prima
del 1275152. Egli è ricordato come testis e come notarius in un documento del gennaio
1234153, mentre come iudex è attivo tra il 1244154 e il 1273, anno della sua morte155.
Dalla lettura di un frammento di pergamena del 1244, ind. II, risulta che in tale
anno ha in concessione dalla congregazione della Chiesa di Capua alcune case in qua
sunt apothece (botteghe), site a Capua, in platea Amalfitana et prope monasterium S. Lau-
rencii, vale a dire nell’attuale piazza Maiella156.
In due documenti, rispettivamente del febbraio e del giugno 1256, è ricordato poi
come Capuane civitatis et sancte Capuane ecclesie iudex157.
L’unico bene lasciato in eredità ai figli, come tra poco vedremo, è costituito dalla
metà di una bottega, sicuramente redditizia, sita più precisamente ubi sunt corbeserii,
vale a dire nella platea Corbeseriorum (piazza dei fabbricanti di ceste), conosciuta anche
con il nome di platea Amalfitana.
Dunque, il venerdì 17 agosto 1273, ind. I, alla presenza del giudice regio, del no-
taio e dei testimoni, il giudice Giovanni Scutario detta il suo ultimo testamento. Tra
l’altro designa suoi eredi universali i figli, cioè il giudice Pietro, [Stefano e il chierico

148
ID., Le pergamene angioine della Mater Ecclesia Capuana (1274-1277), III, Napoli 2012, 161.
149
ID., La vita quotidiana a Capua al tempo delle Crociate, Napoli 2001, 37-41, 46, 63s.
150
M. MONACO, op. cit., 391-571; V. BROWN, A New Beneventan Calendar fron Naples: The Lost ‘Kalendarivm Tvti-
nianvm’ Rediscovered, «Mediaeval Studies», 46 (1984), 385-449.
151
G. BOVA, Necrologio del Capitolo Capuano, in ID., Il sacco di Capua, 24 luglio 1501, Napoli 2009, 53-68.
152
Si legga pure il paragrafo di ID., Gli Scuderi, una famiglia di giudici e notai a Capua, in ID., Le pergamene sveve,
cit., V, 35ss.
153
J. MAZZOLENI, op. cit., II/2, 58.
154
G. BOVA, Le pergamene sveve, cit., III, 327; cf pure Museo Campano, pergamena n. 115 (a. 1244).
155
Cf documento XIV, nella presente edizione.
156
Museo Campano, pergamena n. 115, cit. (frammento).
157
J. MAZZOLENI, op. cit., I, 178, 180.
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 35

Biagio], ai quali assegna la metà di un’apotheca (bottega), sita a Capua ubi sunt corbeserii,
confinante con l’apotheca del dominus Giacomo e degli eredi del dominus Landolfo de
Franco, con la platea puplica (piazza Amalfitana) e con una terra e presa vuota tenuta
da un certo […] da parte del dominus Giacomo de Surrento. Viene apposta la clausola,
secondo la quale i predetti figli sono tenuti a versare ogni anno alla congregazione
della maggiore chiesa capuana (cattedrale) due tarì di Amalfi, pro anniversario suo. Si
attesta infine che, trascorsi pochi giorni dalla stesura del predetto testamento, il giu-
dice Giovanni diem clausit extremum158.
Possediamo inoltre anche una carta declarationis statuitionis del lunedì 27 febbraio
1275, in cui si riporta parzialmente il testamento di cui sopra. In tale carta si afferma
che Stefano, anche a nome dei suoi fratelli, giudice Pietro e Biagio, ha consegnato
due tarì d’oro alla congregazione della Chiesa di Capua, provenienti dalla rendita
della bottega, per far celebrare un anniversarium per il padre giudice Giovanni e per
la madre domina Benevenuta. Nell’atto si precisa che la metà della bottega spettava allo
stesso Stefano e al fratello Biagio, con la rendita di un tarì d’oro, mentre l’altra metà
spettava all’altro fratello, il giudice Pietro, con la rendita pure di un tarì159.
I documenti capuani citano in seguito anche un certo iudex Stefano Scutarius
(1292160, 1293161) e un certo iudex Giovanni Scutario (1303162, 1304163), probabilmen-
te nipoti del più noto iudex Giovanni di cui parliamo e forse figli del già ricordato
giudice Pietro. Ci riserviamo di seguire gli eventuali sviluppi di questa famiglia di
giuristi nei prossimi lavori.

Il giudice Giovanni Monaco e il testamento della moglie Cara


Interessante appare il caso del giudice Giovanni Monaco, di Capua, di famiglia
benestante, il quale rogò nella città numerosi documenti.
Nel 1255 compare come testis in un contratto, ma non è ancora iudex164. Risulta
per la prima volta magistrato in un documento del 1259165.
Nel 1273 è citato come Iohannes cognomine Monachus, huius Capuane civitatis et ecclesie
Capuane iudex166.
In un documento del mese di gennaio 1274, ind. II, è citata tra i confini una terra
del nostro giudice, sita in pertinenciis ville S. Marie Maioris, in loco ubi dicitur Alucomparata

158
Cf documento XIV, cit., nella presente edizione.
159
G. BOVA, Le pergamene sveve, cit., V, 305-10.
160
Ivi, 379-84.
161
Ivi, 385-88.
162
Ivi, 440-43.
163
Ivi, 454-61.
164
G. BOVA, Le pergamene sveve, cit., IV, 219.
165
ID., Le pergamene angioine, cit., I, 173.
166
Cf documento XVI, nella presente edizione.
36 Introduzione

(oggi S. Maria Capua Vetere)167.


È citato ancora come giudice in un documento del 1284168.
Era ancora vivo nel 1303. Infatti nel testamento del 15 ottobre 1303, ind. II, det-
tato a Capua da sua moglie Cara, figlia del fu Tommaso de Primicerio, la quale morì
qualche giorno dopo (post paucos dies obiit), si dice che era presente all’atto e consen-
ziente anche suo marito, il giudice Giovanni Monaco, che fungeva da mundualdo. La
donna tra l’altro fu seppellita nel cimitero della cattedrale, detto Paradiso. Apprendia-
mo inoltre che la coppia aveva avuto due figli, l’abate Ferrante e Francesco. La don-
na aveva anche beni immobili in villa S. Clementis, in villa Bagnare e in villa Briczie, tutte
site presso S. Maria la Fossa, appartenenti all’avunculus (zio materno) e a suo padre169.

Il testamento del notaio Giacomo Gaudelandi

Degno di attenzione appare anche il testamento di Giacomo Gaudelandi, notaio


della città di Capua, figlio del fu Gaudelando. Il mercoledì 1 febbraio 1279, ind.
VII, essendo ammalato nella sua domus, decide di dettare le sue ultime volontà, alla
presenza del giudice Petrus notarii Angeli e del notaio pubblico Raynaldus, nonché dei
testimoni (abbate Pietro Sabbastiano, suddiacono della maggiore chiesa capuana,
dompnus Bartolomeo e dompnus Ionatha, sacerdoti della chiesa di S. Pietro ad Pontem,
magister Facio Medico, notaio Giovanni de Sarzano, Andrea de Gabriele e Nicola, figlio
dell’abate Nicola Affumato). Istituisce eredi di tutti i suoi beni, mobili e immobili,
«postumum filium meum vel postumam filiam meam, qui vel que nascetur ex mu-
liere nomine Benedicta, legitima uxore mea, que ut credit et assensit pregnans est».
Nel caso poi la moglie non avesse partorito, istituisce suoi eredi universali Bartholo-
meum de Vincencio, dompnum Synodonum, de villa S. Clementis (presso S. Maria la Fossa),
compatres (padrini) et intimos meos, nonché Antonio Guagnone, sororium meum (figlio
della sorella).
Dall’eredità vengono escluse diciannove once d’oro e alcuni beni mobili, che il
testante ricevette molti anni addietro nomine dotis dalla moglie Benedetta, oltre alla
quarta parte omnium rerum et substanciarum mearum, che lo stesso assegnò alla moglie
die votorum, cioè nel giorno della promessa matrimoniale: tali beni sarebbero dovuti
andare interamente alla moglie. Il testante vuole inoltre che Benedetta «sit dompna
et domina (signora e padrona) in domo mea, donec honeste vixerit et non nupserit»: in
tal caso, avrebbe dovuto percepire la metà dei frutti e dei proventi.
La metà poi di tutti i suoi beni sarebbe dovuta andare agli eredi di cui sopra, i
quali l’avrebbero dovuta erogare ogni anno ai poveri.
Giacomo decide poi di essere seppellito nel cimitero della maggiore chiesa (cat-
tedrale) e chiede che tutti i sacerdoti delle chiese e monasteri di Capua siano presenti

167
Cf. documento XXVI, nella presente edizione.
168
G. BOVA, I più antichi documenti di S. Maria La Fossa, cit., 133.
169
A.S.A.C., pergamena della Curia n. 520.
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 37

exequiis funeris mei, lasciando quattro denari per l’acquisto delle candele. Inoltre lascia
mezzo augustale d’oro a ogni monastero della città, pro reparacione ecclesie. Lascia un
augustale a ciascuno dei due padrini già ricordati e altre piccole somme di denaro a
sacerdoti vari per la processione. Stabilisce che al frater Matteo, de ordine milicie templi
S. Terenciani in Capua, vengano dati sette tarì e mezzo d’oro. Ordina che sia restitu-
ito a Leonarda, nipote della defunta Elena, sua prima moglie, tutto ciò che doveva
ancora avere de dotibus suis, iuxta sacramentum suum, quod inde prestabit. Altri lasciti di
minore entità vengono fatti al suo consanguineo Clemente, alla sua serva Gemma
pro salario suo, e alla figlia di Nicola de Barnaba, pro remuneracione serviciorum suorum.
Decide che i suoi eredi (il figlio postumo o i suoi padrini) debbano versare ogni
anno due tarì di Amalfi pro anniversario meo, dei suoi genitori e di suo fratello, somma
prelevata dalla rendita di tutte le terre, prese e case sue ereditarie, que sunt in subbur-
bio dirute ecclesie S. Anelli. Altri due tarì di Amalfi dovranno essere consegnati ogni
anno, allo stesso scopo, alla congregazione della maggiore chiesa capuana, somma
da prelevare dalla rendita di una sua terra e presa, in qua est ortus, sita a Capua, presso
la domus dell’abate Nicola Affumato e la riva del fiume Volturno. Si fa riferimento
anche a una pezza di terra del testante sita in loco S. Marie de Cannellis (presso S. Maria
la Fossa), dove aveva interessi anche la domus templi S. Terenciani, poco distante da
una terra del monastero di S. Giovanni delle Monache. Infine il testante dichiara di
essere creditore nei confronti di alcuni personaggi, facendo riferimento anche ad
animali in comune, a una giumenta e a un’asina cum pullo (asinello)170.

Il notaio Pietro Medici e il testamento della sorella Capuana

Invano abbiamo cercato tra le pergamene capuane il testamento originale del


notaio Pietro Medici, attivo a Capua tra il 1241171 e il 1274, anno in cui risulta già mor-
to172. Dal documento, sicuramente deperdito, avremmo potuto attingere preziose
notizie sul suo patrimonio e sui suoi consanguinei.
C’è però un riferimento al detto testamento in una carta renunciacionis et cessionis
del 24 agosto 1274, ind. III, stipulato dalla sorella. Nel documento una certa Capuana
cognomine Gaudente, con il consenso del mundualdo assegnatole di nome Crescenzio,
inoltre con l’intervento del magister Ambrogio Aurifex, marito di un’altra Capuana
nipote della precedente, rinuncia e cede allo stesso Ambrogio, come dote assegnata
alla nipote, ogni diritto che aveva su una pezza di terra a lei pervenuta ex testamento di
suo fratello, il defunto notaio Pietro Medici. La pezza è sita in pertinenciis S. Brancacii,
in loco qui dicitur Cucuruczu (presso Pignataro) e confina tra l’altro con una terra degli
eredi di Simone de Surrento, con un ruscelletto che passa nel mezzo (media venula) e
con una terra di Nicola de Iudice173.

170
A.S.A.C., pergamena della Curia n. 286 (di prossima pubblicazione).
171
G. BOVA, Le pergamene sveve, cit., III, 138, 141, 143, 145, 152.
172
Cf documento XLIII, nella presente edizione.
173
Ivi.
38 Introduzione

La famiglia Medici a Capua

Una pergamena del mese di maggio 1275, ind. II, che riporta una concessione del
luglio 1242, ind. XV, a favore di Gualterius cognomine Medici, filius quondam Iohannis Me-
dici174, ripropone il problema dell’origine di questa famiglia nel territorio di Capua.
Il ramo di Gualtiero si riallaccia con molta probabilità a Petrus Medicus, vissuto
nella città sul Volturno nella prima metà del XII secolo, e ai suoi due figli Philippus
cognomine Medici e Petrus cognomine Medici, chiamato quest’ultimo anche Petrus cognomine
Ebreus (1196, 1216)175, forse un prestatore di denaro. A tale proposito ricordiamo
che, oltre alle implicazioni di carattere religioso, «ebreo dicesi anche colui che dà i
danari col pegno in mano»176.
A Capua e nel suo vasto territorio i Medici si interessavano tra l’altro anche della
lavorazione della lana e della conduzione di tintorie177.
A titolo di curiosità, per quanto riguarda la più nota e omonima famiglia di Firen-
ze, c’è da osservare che il più antico rappresentante documentato è un tal Chiarissi-
mo, figlio di Giambuono, citato solo nel 1201.
Di recente, dopo la pubblicazione di alcuni nostri studi sulla presenza della fa-
miglia cognomine Medici a Capua verso la metà del XII secolo178, è comparsa in rete
una genealogia aggiornata relativa alla famiglia Medici di Firenze. Si è cercato di
riprendere una vecchia leggenda, certamente non documentata, tratta dal Libro di
ricordanze di cui è autore Foligno de’ Medici nel 1373. In essa si afferma tra l’altro
che il capostipite della casata fiorentina sarebbe un tal Medico di Petrone o di Potrone
(1046?-1102), una sorta di guaritore, feudatario degli Ubaldini e proveniente dal
Mugello. Tale luogo d’origine della famiglia tra l’altro è già stato già messo in dubbio
dal Raveggi179. Per inciso osserviamo che una famiglia de Petrone, de Petrona, de Petro-
nia, de Petroni è documentata nel 1259 anche a Marcianise180 e a Caserta181, mentre
nel 1261 è attestata a Campocipro (presso Marcianise)182 e nel 1275 nelle vicinanze di
Caserta183.

174
Giovanni Medici († prima del 1248) oltre a Gualtiero ebbe altre due figlie: Bellissima (vedova di Giovanni
Fillivo) e Taddea, moglie del giudice Landolfo (de Falco?). Sul ramo del predetto Giovanni, cf G. BOVA, Tra
Capua e l’Oriente. I Medici, Napoli 2004, 76s, 163.
175
Per tutta la questione, cf ivi, 68, 161.
176
G. RIGUTINI-P. FANFANI, Vocabolario italiano della lingua parlata, Firenze 1893, 441.
177
G. BOVA, Tra Capua e l’Oriente, cit., 53, 56, 64-70.
178
ID., Surici e Medici nella Capua Vetere e nella Capua Nuova medievali, S. Maria C.V. 1995; ID., Nuove ipotesi
sull’origine della famiglia Medici, Firenze 2002; ID., Tra Capua e l’Oriente, cit.
179
Il Raveggi non ritiene certa l’origine della famiglia Medici dal Mugello: «Più tardi [i Medici] terranno a
gloriarsi di essere stati in antico nobili del contado originari del Mugello, il che è evenienza in qualche misura
plausibile, ma non provata» (S. RAVEGGI, Così a Firenze nacque la signoria, «Medioevo, 5 [2001], 26»).
180
J. MAZZOLENI, op. cit., I, 189.
181
Cf Appendice IX, nella presente edizione.
182
G. BOVA, Le pergamene sveve, cit., V, 144s.
183
Cf Appendice XXI, nella presente edizione.
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 39

È appena il caso di sottolineare che l’affermazione di Foligno è molto tarda


rispetto all’epoca in cui sarebbe vissuto il presunto capostipite e, soprattutto, man-
cano documenti coevi relativi alla sua effettiva esistenza, che resta pertanto avvolta
dalla leggenda184.
Il Litta però e altri genealogisti di valore si guardarono bene dall’inserire il nome
di Medico di Petrone negli alberi genealogici da loro approntati e ben documentati,
relativi ai Medici di Firenze185!
I genealogisti medicei una volta tra l’altro volevano anche che la famiglia discen-
desse da un figlio illeggittimo di Carlo Magno: tesi anche questa tutta da dimostrare.
Facciamo inoltre notare come l’abbondante letteratura sulla nota casata fiorentina
tenda a sottolineare l’analogia tra il cognome Medici e la professione medica, nel
senso che i più antichi rappresentanti di tale famiglia sarebbero stati medici, guarito-
ri, taumaturghi, mentre le sei palle sul loro stemma indicherebbero delle pillole (ma
più probabilmente delle monete).
Però, come abbiamo già detto in altra occasione, il cognome della casata fioren-
tina in lingua latina suona al plurale Medices (documentato sulle tombe medicee),
seguendo così la terza declinazione, mentre la professione medica è indicata nella
stessa lingua con la locuzione medicus, che segue la seconda declinazione. L’uso della
terza declinazione anche al singolare è evidente, per esempio, nella celebre dedica
che il Machiavelli fa ne «Il Principe» ad magnificum Laurentium Medicem.
Per inciso, abbiamo un solo esempio documentato in Italia di una locuzione me-
dix di terza declinazione, ed è relativa agli Osci in Campania (V sec. a.C.): «Med(d)ix,
apud Oscos nomen magistratus est»186. Osserviamo a tale proposito che Capua già
nel periodo sannitico (dal 423 a.C. in poi) era retta appunto da un Meddix Tuticus187,
termine con il quale si designava il funzionario più alto in grado, una sorta di giudice
popolare: «Meddix (tuticus), summus magistratus erat Campanis»188.
Siamo dell’opinione che il cognome Medici di Capua sia in relazione proprio alla
figura del Medix, una carica trasformatasi poi in cognome, che in questa forma dalla
Campania si sarebbe diffusa nel resto della penisola, creando talvolta confusione tra

184
GENE BRUCKER, The Medici in the Fourteenth Century, «Speculum a journal of mediaeval Studies», vol. XXXII,
january 1957, n. 1, pp 1-26. Lo studioso fa riferimento a quanto affermato nel Libro di ricordanze di Foligno,
conservato nell’Archivio di Stato di Firenze (= A.S.F.), Archivio Mediceo avanti il Principato, 152, f. 1r. Per
l’introduzione di Foligno alle Ricordanze, il Brucker rinvia a L. FABRONI, Laurentii Medicis magnifici vita, Pisa
1784, II, 5-6.
185
P. LITTA, Famiglie celebri italiane, III, Milano 1819, tavola I; G.B. PICOTTI, Medici, de’, in Enciclopedia Italiana,
XXII, Roma 1936, sub voce; B. CANDIDA GONZAGA, Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d’Italia, II,
Napoli 1875, sub voce; G.B. DI CROLLALANZA, Dizionario storico-blasonico delle famiglie nobili italiane estinte e fiorenti,
II, Pisa 1886, sub voce. In generale, si legga N. OTTOKAR, Il Comune di Firenze alla fine del dugento, Firenze 1926,
103s.
186
ROBERTI STEPHANI Thesaurus linguae Latinae, VIII/IV, Basileae 1740-1743, med(d)ix, sub voce.
187
LIVIO, Ab urbe condita libri, XXIV, 19.
188
ROBERTI STEPHANI, op. cit., ivi.
40 Introduzione

il nome del casato, la professione medica e l’etnico (de Media = Persia).


Allo stesso modo il cognome de Locomone, attestato nel XV secolo in villa Casanove
(Casagiove)189, rimanda sicuramente al lucumone, il magistrato supremo delle città
etrusche. È appena il caso di ricordare che Capua fu la capitale di una dodecapoli
etrusca nel VI secolo (Cuma, Pozzuoli, Formia, Napoli, Ercolano, Pompei, Nocera,
Marcina, Suessa, Cales e Nola)190.
In ultima analisi, non si può fare a meno di constatare come vi siano stati Etru-
schi sia in Toscana sia in Campania, regione quest’ultima in cui un tempo era famo-
sa appunto Capua, città che tra l’altro aveva ospitato anche parecchi fiorentini nel
Medioevo191, come per esempio i Cavalcanti192. In conclusione, il più antico Medix è
documentato a Capua nel V sec. a.C.

I fratelli Iohannes e Iacobus de Capua, detti de Friscarosa, figli del giudice Raone.
Alcuni codici capuani del XIII secolo

Del notaio papale Giovanni de Capua sappiamo «che per trentacinque anni fu at-
tivo al seguito del cardinale Tommaso da Capua presso la Curia e i cui nipoti, quando
egli era ancora in vita, in qualità di nobili baroni assunsero il nome de Frescarosa»193. Il
notaio Giovanni morì dopo il 17 marzo 1288, giorno in cui dettò il suo testamento,
come tra poco vedremo, mentre suo fratello Giacomo risulta ormai già morto a tale
data.
In una carta permutacionis del mese di novembre 1262, ind. VI, alla presenza del giu-
dice, del notaio e dei testimoni, fra cui un certo Calcedonius (familiaris del dominus ma-
gister Giovanni de Capua notaio del papa), il canonico capuano Simone, archidiaconus
Caiaccianus, custode e rettore della chiesa di S. Pietro ad Pontem nonché procuratore
di tutti i beni che il predetto abate Giovanni, cappellano del papa e suo fratello Gia-
como, figli del defunto giudice Raone, avevano a Capua e sue pertinenze, dichiarava
che era avvenuta una permuta. Affermava pertanto che il magister Giovanni de Am-
brosio, figlio del fu Leonardo de Ambrosio, in vicem permutacionis gli aveva alienato, per
conto dei predetti fratelli Giovanni e Giacomo e della chiesa di S. Pietro, due piccole
pezze di terra site in pertinenciis ville Bellone. La prima confinava con una terra dei detti
fratelli, con una terra della chiesa di S. Secondino e con una terra del monastero di S.
Benedetto a Capua. La seconda era sita nei paraggi e confinava con una terra dei det-
ti fratelli, con una terra del predetto magister Giovanni de Ambrosio, che egli riservava
189
G. BOVA, Le pergamene aragonesi, cit., I, 262.
190
M. BONGHI IOVINO, L’espansione degli Etruschi in Campania, in Gli Etruschi, a cura di Mario Torelli, Milano
2000, 159.
191
G. BOVA, Tra Capua e l’Oriente, cit., 86ss; ID., Foreigns in “Terra di Lavoro” during the Middle Ages, «Manage-
ment Research and Practice», vol. 3, Issue 1 (2011), 72-76.
192
G. BOVA - C. ALPOPI, Interessi politici ed economici di un ramo della famiglia Cavalcanti di Firenze, residente a Capua
tra XIV e XV secolo, in G. BOVA, Le pergamene aragonesi, cit., I, 501-10.
193
N. KAMP, Prefazione a G. BOVA, Le pergamene normanne, cit., 15.
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 41

per sé, con la terra del monastero di S. Benedetto e con la via pubblica. Le misure
erano espresse ad passus Landonis, senioris, castaldei, sicut usus est huius Capuane civitatis.
Il sacerdote Simone a sua volta, per conto dei detti fratelli e della chiesa di S. Pietro,
alienava in permutacionem al magister Giovanni una pezza di terra che i fratelli tenevano
da parte della chiesa di S. Pietro. Essa era sita in pertinenciis ville Bellone e confinava con
la terra del predetto magister Giovanni, con la terra del monastero di S. Benedetto
e con la via pubblica. I fratelli si obbligavano a versare ogni anno alla chiesa di S.
Pietro, per le prime due pezze di terra, ciò che ad essa di consueto era dovuto194.
In una carta concessionis del mese di agosto 1267, ind. x, compare tra i testimoni il
magister Iohannes de Capua195.
In una carta concessionis del mese di giugno 1269, ind. XIII, Nicola cognomine Perrone,
figlio del fu Giovanni Perrone, dichiarava che il canonico Giovanni de Capua (cap-
pellano del papa), custode e rettore della chiesa di S. Stefano de Capua Veteri (oggi
convento di S. Maria delle Grazie in S. Maria Capua Vetere), in virtù dei servigi resi
e della corresponsione di venti tarì d’oro pro utilitate suprascripte ecclesie, con il consen-
so pure dei sacerdoti della maggiore chiesa capuana (cattedrale), gli aveva concesso
una pezza di terra pertinente alla chiesa stessa, già tenuta per il passato dalle sorelle
Altruda e Maria, le quali gli avevano ceduto i loro diritti. La pezza era sita presso la
predetta chiesa di S. Stefano e confinava con una terra della stessa e con una terra
di Giovanni de Maffeo, tenuta a parte puplica (università della Capua Vetere). Nicola si
obbligava a versare ogni anno al rettore una libbra de bona cera (cera pura), «in festo
S. Stephani de Nativitate Domini» (il 26 dicembre)196.
In una carta venditionis del mese di settembre 1270, ind. XIV, comparivano tra i te-
stimoni il dominus Iohannes de Capua, domini pape cappellanus e il dominus Iacobus <filius>
iudicis Raonis, frater ipsius domini Iohannis197. Segnaliamo che la domina Blancaluce, figlia
del defunto dominus Giacomo Friscarosa, risulta già morta in un documento dell’aprile
1298, ind. XI, in cui i suoi eredi possiedono una terra nei paraggi di Pantuliano, in
località Campus Maior198.
In una carta concessionis del mese di gennaio 1274, ind. II, il magister Giovanni de
Domenico dichiarava che i procuratori della congregazione del Capitolo, dietro cor-
responsione di cinque once e mezzo d’oro, gli avevano concesso libellario nomine per
ventinove anni un’apoteca (bottega), sita a Capua nella parrocchia della maggiore
chiesa, confinante con l’apotheca del dominus Giacomo Friscarosa, tenuta da parte della
Chiesa Capuana199.
In una carta vendicionis del mese di marzo 1274, ind. II, tra i sacerdoti sottoscrittori

194
Cf Appendice XI, nella presente edizione.
195
G. BOVA, Le pergamene angioine della Mater Ecclesia Capuana (1270-1273), II, Napoli 2010, 246s.
196
Cf Appendice XIII, nella presente edizione.
197
G. BOVA, Le pergamene angioine, cit., II, 89.
198
A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 447.
199
Cf documento XXII, nella presente edizione.
42 Introduzione

del Capitolo Capuano, compare il nome di Iohannes de Capua, domini pape capellanus,
canonicus Capuanus200.
Lo stesso canonico Giovanni sottoscrive pure una carta permutacionis del mese di
maggio 1274, ind. II201.
In una carta concessionis del mese di gennaio 1276, ind. IV, compare tra i testimoni
un certo Iohannes de Capua, ma non sappiamo con sicurezza se possa essere iden-
tificabile con il magister di cui parliamo, in quanto non sottoscrive il documento e
pertanto non sono presenti eventuali titoli202.
In una carta testamenti del 17 marzo 1288, ind. I, il canonico Giovanni de Capua,
cappellano del papa, essendo ammalato nella sua domus di Capua, alla presenza del
giudice, del notaio e di alcuni testimoni, detta le sue ultime volontà. Innanzitutto
istituisce sua erede universale la nipote Blanca, figlia di suo fratello, il defunto dominus
Giacomo Friscarosa, e indica come suoi esecutori testamentari il dominus Giacomo
de Sanctis, suo nipote Enrico de Accia, il magister Crisanto e frate Roberto. Decide di
essere seppellito nella maggiore chiesa di Capua, lasciando una somma di denaro
per le candele, per la processione del clero secolare e dei religiosi. Fa un lascito al
monastero di S. Maria della Ferrara pro opere ecclesie (riparazione della chiesa); lascia
una sua terra sita a Savignano (presso San Tammaro) al già ricordato nipote Enrico de
Accia e al dominus Giacomo de Sanctis, i quali avrebbero dovuto versare ogni anno un
fiorino pro anniversario suo. La congregazione della maggiore chiesa avrebbe dovuto
poi dare un altro fiorino, ricavato dalla rendita di una sua terra sita a Vico Gaudo, pro
anniversario fratris mei (Giacomo). Dispone pure che sua nipote Blanca faccia cantare
cinquecento messe per la sua anima. Lascia inoltre somme di denaro pro maritagio
trium puellarum, per la confezione di un turibolo d’argento per la chiesa di S. Pietro
ad Pontem, ancora per i suoi fratelli Costantino, Pellegrina e Alessandra. Assegna
al predetto nipote Enrico de Accia il suo palacium hereditagium, già appartenuto al fu
Giovanni de Avellis, confinante con il palazzo dell’omonimo magister Giovanni de
Capua (si tratta forse del noto medico di origine ebraica autore di una versione latina
del Kalila wa-Dimna). Lascia ancora al magister Crisanto decretales et decretum meum, que
apud eum sunt et sibi in vita mea donavi; assegna alla predetta congregazione missale unum
novum e alla chiesa di S. Stefano di Capua, vetus aliud missale. Stabilisce che tutti i docu-
menti concernenti i suoi possedimenti siano depositati presso il monastero di S. Ma-
ria della Ferrara e che pervengano poi nelle mani del dominus Bartolomeo de Capua
(protonotaro e logoteta del regno). Lascia inoltre il suo palacium novum, acquistato da
suo nipote Giacomo de Accia, a Giacomo de Zurmello e a Rauccio, figlio di Maria de
Albiniano (Alvignano CE), i quali avrebbero dovuto versare ogni anno alla congrega-
zione una somma di denaro, pro anniversario meo. Lascia inoltre ai distributori dei suoi
beni anche la «tabernam quam tenet Rogerius Guerrerius». Un’altra piccola somma di

200
Cf documento XXVIII, nella presente edizione.
201
Cf documento XXXIII, nella presente edizione.
202
G. BOVA, Le pergamene angioine, cit., III, 146.
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 43

denaro viene assegnata a frate Roberto, «pro indumentis suis». Al predetto Enrico de
Accia viene lasciata la metà di una corte nella villa di S. Maria Maggiore (oggi S. Maria
Capua Vetere). All’abate Angelo lascia librum Avicenne, unum librum epistularum Romane
curie et medium decretum sine glossis super quibuslibet libris. Assegna al già citato dominus
Bartolomeo de Capua «palafredum meum, pili morelli». Stabilisce infine che venga
restituita al frate Synay un’icona, conam unam203.

I de Molisio e i Rebursa a Pantuliano e ad Aversa

Come abbiamo già detto altre volte, il piccolo centro di Pantuliano (oggi fa parte
del comune di Pastorano) è citato nelle carte capuane nel 1226204, nel 1243205, nel
1258206, nel 1265207, nel 1274208 e anche in seguito.
In un documento del luglio 1258 è ricordata una famiglia nobile normanna, i de
Molisio, a proposito di una terra sita in loco Pantuliani. Tra i testimoni compaiono i
fratelli Vincencius et Leonardus, cognomine de Molisio209.
In un documento del giugno 1265 è citata un’altra famiglia nobile normanna, i
Rebursa, a proposito di alcune pezze di terra site «in pertinenciis casalis Pantoleani»:
tra i confini è menzionata una «terra heredum quondam domini Bartholomei de Rebursa
e una terra Marci cognomine de Molisio»210.
Marco de Molisio compare pure in un documento del mercoledi 31 gennaio 1274,
come confinante in villa Pantoleani211, mentre in una carta vendicionis del mese di set-
tembre 1280, [ind. IX], redatta a Capua, risulta già morto, giacché si parla di una terra
sita presso Pantuliano, in loco ubi dicitur Aluterone, confinante con una «terra heredum

203
ID., Il sacco di Capua, cit., 71-75.
204
ID., Le pergamene sveve, cit., I, 264.
205
ID. Le pergamene sveve, cit., III, 323.
206
ID., Le pergamene sveve, cit., IV, 376.
207
ID., Le pergamene sveve, cit., V, 505.
208
ID., Le pergamene angioine, cit., III, 73.
209
G. BOVA, Le pergamene sveve, cit., IV, 376. Sulla famiglia de Molisio, cf J.-M. MARTIN, La vita quotidiana nell’Italia
Meridionale al tempo dei Normanni, Milano 1997, 168. Segnaliamo inoltre per il rigore scientifico e l’originalità
dei temi, le opere di P. TOUBERT, Les structures du Latium médiéval. Le Latium méridional et la Sabine du IX siècle à la
fin du XII siècle. Rome, École française de Rome (Bibliothèque des Écoles françaises d’Athènes et de Rome),
1973, fasc. 221, 2 tomes, pp. XXVII-1500; ID., La terre et les hommes dans l’Italie normande an temps de Roger II:
l’exemple campanien, in Società, potere e popolo nell’età di Ruggero II. Atti delle III Giornate Normanno-Sveve (Bari
23-25 maggio 1977), Bari 1979, 55-71; G.A. LOUD, Church and Society in the Norman Principality of Capua 1058-
1197, Oxford 1985; D. ABULAFIA, Frederick II. A medieval emperor, London 1988; H. TAKAYAMA, The Medieval
Mediterranean and the Kingdom of Sicily, Tokio 1993; P. TOUBERT, Dalla terra ai castelli. Paesaggi, agricoltura e poteri
nell’Italia medievale, Torino 1997; D. ABULAFIA, The Two Italies. Economic Relations between the Norman Kingdom
of Sicily and the Northern Communes, Cambridge 2007; C. BRUZELIUS, Le pietre di Napoli. L’architettura religiosa
nell’Italia angioina 1266-1343, Roma 2005; G.A. LOUD, The Latin Church in Norman Italy, Cambridge 2007.
210
ID., Le pergamene sveve, cit., V, 505.
211
G. BOVA, Le pergamene angioine, cit., III, 74.
44 Introduzione

quondam Marci de Molisio»212.


Inoltre, in una carta confirmacionis del mese di maggio 1298, [ind. XI], redatta a
Capua, si parla di una terra sita in villa Pantoleani, confinante con una proprietà di
Giacomo, figlio di Guglielmo de Molisio213.
In una carta vendicionis del 19 febbraio 1308, ind. VI, redatta a Capua, l’arcivescovo
di Capua Andrea (Pandone 1303-1312) ratifica a Francisco, dicto Coco, de villa Pantoliani,
la vendita fattagli da Iacobo de Molisio, de villa Vulpicelli, ligio vassallo della Chiesa Ca-
puana, di due pezze di terra che egli deteneva dalla stessa Chiesa, site nelle pertinen-
ze della villa Pantoliani, la prima ubicata proprio ivi e la seconda in località ad Silicem
(via pubblica lastricata)214.
In una carta vendicionis del 10 settembre 1346, in. XV, redatta ad Aversa, un certo
Lorenzo cognomine de Laurencio, figlio del fu Giovanni eiusdem cognominis, deve versare
ogni anno dodici grani d’oro al dominus Guglielmo de Mulisio, per un fondo sito in
villa Arbustuli, pertinenciarum Averse215.
In una carta concessionis del mese di maggio 1273, ind. I, redatta a Capua, si dichiara
che il defunto dominus Unfredo de Rebursa un tempo ebbe una terra sita «in finibus
terre Lanei, in loco Savignani» (presso S. Andrea de Lagni)216.
È appena il caso di ricordare che i Rebursa facevano parte di quei duodecim magna-
tes milites, che primitus condiderunt Aversa217, la quale città appare solo come la tappa
successiva nella discesa di questo gruppo familiare alla conquista del Sud della peni-
sola. I Rebursa provenivano probabilmente dal Molise al pari dei de Molisio e abitava-
no a Pantuliano in località S. Giusta, «in pertinenciis ville S. Iuste, in loco ubi dicitur
ad S. Martinum ad Riburellam» (1313218, 1326219, 1345220, 1356221, 1359222, 1388223,
1476224). Il centro di Pantuliano aveva probabilmente la funzione strategica di col-
legamento tra Boiano (Molise) e Aversa (Campania), una sorta di punto di appoggio
lungo un percorso di molte miglia.

212
Cf documento 20, nella presente edizione.
213
Cf Appendice XXIX, nella presente edizione.
214
Cf Appendice XXXI, nella presente edizione; cf pure J. MAZZOLENI, op. cit., II/1, 53s.
215
A.S.A.C., pergamena della Curia n. 1395.
216
Cf documento VIII, nella presente edizione.
217
ALESSANDRO DI TELESE, Ystoria Rogerii regis Siciliae, Calabriae atque Apuliae, a cura di L. De Nava e D. Cle-
menti (Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, Fonti per la Storia d’Italia, 112), Roma 1991, IV.
218
A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 615.
219
«Ecclesia S. Martini ad Tibucillum» (M. INGUANEZ, L. MATTEI CERASOLI, P. SELLA, a cura di, Rationes deci-
marum Italiae nei secoli XIII e XIV, Campania, Città del Vaticano 1942, n. 1460, p. 115).
220
A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 969.
221
A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1039.
222
A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1053.
223
A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1460.
224
A.S.A.C., Cartella Leonetti, pergamena n. 15 (olim busta 29, pergamena n. A XI).
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 45

I Boninsegna

Com’è noto, il nome augurale Boninsegna (buon auspicio di vita) era diffuso nel
Medioevo prevalentemente in Toscana, in Emilia e in Lombardia225, non mancando
pure a Venezia una famiglia nobile con tal nome226. È certo che anche a Capua nel
XIII secolo è presente il cognome de Bonainsigna, Bonainsinna, de Bonansengna, de Bonan-
singna, de Bonasinnis.
In una carta concessionis del mese di gennaio 1274, ind. II, compare infatti tra i
testimoni un certo Iacobus de Bonainsigna, il quale si sottoscrive Iacobus Bonainsinna227.
Ancora in una carta permutacionis del 31 gennaio 1274, ind. I, è citato tra i testimoni
Iacobus de Bonainsigna, il quale si sottoscrive Iacobus de Bonasengna228.
Lo stesso personaggio è citato in un’altra carta concessionis del mese di novembre
1274, ind. III, con il nome di Iacobus de Bonainsigna, mentre si sottoscrive questa volta
come Iacobus de Bonasinnis229.
Infine, in una carta concessionis del 4 dicembre 1315, ind. XIV, è documentato tra i te-
stimoni il giudice Iohannes de Bonainsinia230.

Andrea de Cicala

Già in una carta concessionis del mese di dicembre 1269, ind. XIII, è citato Andreas co-
gnomine de Cicala, filius quondam domini Nicolai de [Cicala], sancte Capuane ecclesie canonicus,
custos et rector ecclesie S. Andree de Porta Fauzana a Capua, il quale concedeva a Nicola de
Pascario una terra in villa Vitulacii231.
Ancora, in una carta concessionis del mese di novembre 1271, ind. XV, è menzionato
il nobilis vir, dominus Andreas de Cicala, canonicus Capuanus, custos et rector ecclesie S. Andree
de Porta Flauczana, il quale dava il proprio consenso alla concessione di una terra sita
a Capua all’abate Giovanni Casi 232.
In una carta permutacionis del luglio 1273, ind. I, è ancora citato Andreas de Cicala,
sancte Capuane ecclesie canonicus, filius quondam domini Nicolai de Cicala. Il nostro in tale
data riceveva in alienazione dai procuratori del Capitolo tre pezze di terra, site prope
villam Vitulacii – località nella quale presso la chiesa di S. Giacomo de Vitulacio pos-
sedeva un’altra terra, tenuta dal giudice Giovanni de Bricio – mentre egli dava loro in
permuta sei sue pezze di terra ereditarie, site prope villam Vicigaudii (Vicogaudo). In

225
E. DE FELICE, Dizionario dei cognomi italiani, Milano 1978, 84.
226
«Boninsegna di Venezia, arma: di rosso, a tre bande d’oro, accompagnate da otto plinti dello stesso, 1, 3,
3 e 1 posti nel senso delle bande» (G.B. DI CROLLALANZA, op. cit..
227
Cf documento XXVI, nella presente edizione.
228
G. BOVA, Le pergamene angioine, cit., III, 73s.
229
Cf documento XLVIII, nella presente edizione.
230
A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 639.
231
J. MAZZOLENI, op. cit., II/1, 12, 14.
232
G. BOVA, Le pergamene angioine, cit., II, 122, 124.
46 Introduzione

particolare un certo Nicola de Presbitero, de loco Vicigaudii, doveva versare ogni anno
ad Andrea tre tarì d’oro, oltre a deferre ad domum nostram [ipsius Andree] Capue, suis
sumptibus, omni anno medietatem tam de vino quam de proventibus de terra predicta233.
In una carta permutacionis del mese di maggio 1274, ind. II, tra le firme dei sa-
cerdoti del Capitolo Capuano compare quella di «Andreas de Cicala, canonicus
Capuanus»234.
Risulta inoltre che Andrea de Cicala, canonico della chiesa cattedrale dei SS. Stefa-
no e Agata, nell’aprile 1275 (ind. III) possedeva case nella parrocchia di S. Leonardo,
non lungi dalla chiesa di S. Andrea de Porta Flauczana235.
In particolare, l’appellativo nobilis vir dichiara sicuramente Andrea figlio del do-
minus Nicola, il quale diresse i lavori della costruzione delle torri fridericiane tra il
1234-39. La domus degli eredi del dominus Nicola de Cicala è documentata a Capua
nella parrocchia dei SS. Cosma e Damiano (1280)236.
Com’è noto, i signori di Castelcicala (Nola) avevano sostituito il loro nome ori-
ginario de Molina con quello del castello, trasferendosi tra Aversa e Capua. «Tra i
discendenti diretti del [Nicola] Cicala è testimoniato Andrea di Cicala, canonico
della cattedrale di Capua e rettore di varie chiese capuane tra il 1247 e il 1275. I feu-
di del Cicala a Capua passarono al figlio maggiore Tommaso, il quale però li perse
in seguito a un’accusa di crimen laesae maiestatis, probabilmente al tempo di Carlo I
d’Angiò»237.
Vogliamo precisare, contrariamente a quanto è stato affermato238, che Andreas
de Cicala canonico della chiesa cattedrale dei SS. Stefano e Agata, e Andreas de Cicala
canonico capuano e rettore della chiesa di S. Andrea de porta Flauczana, sono la stessa
persona, come si evince dall’elenco dei sacerdoti del Capitolo Capuano che sotto-
scrissero una carta vendicionis del marzo 1274 (ind. II)239 e una carta permutacionis del
maggio 1274 (ind. II)240. In tali documenti firmò un solo Andreas de Cicala, canonicus
Capuanus, e non due canonici con lo stesso nome! Il Cicala poi non compare più
nell’elenco dei sacerdoti del Capitolo, presenti in una carta confirmacionis del maggio

233
Cf documento XIII, nella presente edizione.
234
Cf documento XXXIII, nella presente edizione.
235
«Giovanni Amalfitano, f(iglio) del q(uondam) Domenico Scuterio, e Matteo, f(iglio) del q(uondam) Gof-
frido Zoccano, vendono a Nicola de Disbia, f(iglio) del q(uondam) Giovanni de Angelo, un complesso di
case, – redditizie all’abate Andrea de Cicala in tre grana annue, al quale abate viene perciò ora pagata un’on-
cia d’oro per l’assenso –, site in Capua, nel castello di S. Pietro a Ponte, nella parrocchia di S. Leonardo,
per due once d’oro e con l’onere suddetto [XXXII, 104]» (Regesto delle pergamene di Montevergine, a cura di G.
Mongelli, III [1250-1299], Roma 1957, p. 98, n. 2286).
236
Cf documento 14, nella presente edizione.
237
N. KAMP, Niccolò di Cicala, in Dizionario Biografico degli Italiani (DBI), vol. 25, Roma 1981, 317s. Per quanto
riguarda le torri fridericiane, cf pure I. RESTA, Le città nella storia d’Italia. Capua, Bari 1985, 35.
238
M. MEROLA, Ceti cittadini e tessuto urbano di Capua angioina, «Quaderni medievali», 31 (2000), 10, nota 40.
239
Cf documento XXVIII, nella presente edizione.
240
Cf documento XXXIII, nella presente edizione.
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 47

1279 (ind. VII)241 e in una carta concessionis del settembre 1280 (ind. IX)242.
Osserviamo inoltre che «Francisca de Capua, uxor Andree Cicale» (1269, ind.
XIII)243, non è certamente moglie del canonico Andrea testé citato, com’è stato detto
erroneamente244, ma di un omonimo, giacché tra l’altro non è presente il titolo di
canonicus.
Ricordiamo infine un altro Andrea de Cicala, che «nacque da Paolo conte di Alife
e di Golisano (oggi Collesano) e da Sica Musca. La famiglia era originaria di Castelci-
cala in Campania, ma il Cicala passò la giovinezza in Sicilia, dove è ricordato per la
prima volta nel giugno del 1216 a Palermo […]. Sposò una sorella del conte Aldoino
di Ischia Maggiore»245.

Andrea de Ducenta
Nacque nella prima metà del XIII sec. da una famiglia capuana, immigrata dalla
vicina Ducenta (presso Marcianise). Norbert Kamp così ci parla di lui.
«La sua vita fu segnata dal fatto di essere nipote di tre fratelli che avevano influenza
sia presso la corte imperiale sia presso la Curia pontificia: il notaio imperiale Raone
da Capua (morto prima del 1267), il notaio pontificio Giovanni da Capua (morto
dopo il 1278 [ma 1288])246 e il cappellano pontificio Alessandro da Capua (morto
prima del 1262), tutt’e tre appartenenti alla famiglia capuana dei Frescarosa. La fami-
glia ascese alla nobiltà feudale con la generazione successiva, quando nel 1267 Carlo
d’Angiò investì i figli di Raone con il feudo di Casal di Principe (presso Aversa). Il
Ducenta prima del 1252 era già entrato come canonico nel Capitolo del duomo di
Capua. Innocenzo IV, tra il 1252 e il 1254 lo accolse tra i cappellani pontifici, rimase
però a Capua come canonico, inoltre custos et rector della chiesa dei SS. Apostoli. Tra
l’agosto del 1276 e il gennaio del 1277 il Ducenta fu eletto vescovo di Caiazzo. Morì
il 26 febbraio 1283»247.

In una carta vendicionis del mese di marzo 1274, ind. II, tra le firme dei sacerdoti
del Capitolo sottoscrittori, compare quella di «Andreas de Ducenta subdiaconus
consensi et subscripsi»248.
Anche in una carta vendicionis del mese di agosto 1274, ind. II, tra le firme de-

241
Cf documento 6, nella presente edizione.
242
Cf documenti 21, nella presente edizione.
243
I registri della Cancelleria Angioina ricostruiti da Riccardo Filangieri, con la collaborazione degli Archivisti Napoletani
(1269-1270), III, Napoli 1968, n. 305, p. 52.
244
M. MEROLA, art. cit., 10, nota 40.
245
N. KAMP, Andrea di Cicala, in DBI, cit., vol. 25, 290-93 (con tagli).
246
Nota del redattore (n.d.r.).
247
ID., Andrea di Ducenta, in DBI, cit., vol. 41, 754s (con tagli).
248
Cf documento XXVIII, nella presente edizione.
48 Introduzione

gli stessi sacerdoti, vi è quella di «Andreas de Ducenta subdiaconus consensi et


subscripsi»249.
Però, in una carta concessionis del mese di giugno 1276, ind. IV, tra le firme degli
stessi sacerdoti compare quella di «Andreas de Ducenta, domini pape cappellanus et
subdiaconus consensi et subscripsi»250.
Così pure in un’altra carta concessionis del mese di agosto 1276, ind. IV, tra le firme
degli stessi sacerdoti, è presente quella di «Andrea de Ducenta, domini pape subdia-
conus et cappellanus consensi»251.

La presenza a Capua di Abulafia

Sul finire del XIII secolo si colloca la permanenza a Capua di Avrahàm ben She-
mu’èl Abulafia, il più significativo teorico della Qabbalà estatica. Lo studioso adunò
nella città alcuni scolari, i cosiddetti neofiti Capue, dei quali conosciamo anche i nomi
grazie a un documento del 1279:

«Notatur neofitis Capue provisio pro exemptione a collectis ad vitam eorum tan-
tum et inter eos: locumtenens Ioannes de Ebulo primo dictus Iosep, Henricus de
Aczia primo dictus Moises, Stefanus de Citro primo dictus Iacob, Ioannes filius eius,
Iacobus de Citro primo dictus Helias, Angelus pater eius, Franciscus de Ebulo primo
dictus Carlo, Riccardus Caczoli primo dictus Rabbi, Ioannes de Raimo primo dictus
Moises, Franciscus de Tocco primo dictus Moises, magister Ioannes Minutulus me-
dicus primo dictus Samuel, Nicolaus frater eius, Ioannucius de Ebulo primo dictus
Iosep»(1279)252

Ma nel 1282 Abulafia scriveva freddamente dei suoi discepoli e nel 1285, com’è
noto, li abbandonava253.
In una preziosa carta venditionis del 14 gennaio 1330, ind. XIII, redatta a Capua, è
ricordato un altro neofita. L’arcivescovo Ingeranno Stella (1312-1334), dietro cor-
responsione di sei tarì d’oro, dava il suo consenso alla vendita di una terra sita a
Pantuliano, fatta da Giovanni Surrentino de villa Pantoleani ai fratelli Pietro, Giovanni,
Angelo, Agnese e Costanza – figli di Angelo Mascle, neophidi, di Capua – per la som-
ma di diciotto tarì d’oro254.

249
G. BOVA, Le pergamene angioine, cit., III, 104.
250
Ivi, 184.
251
Ivi, 201.
252
I Registri della Cancelleria angioina, cit., XLVI (1276-1294), n. 249, p. 58.
253
«Sono diventati infedeli, perché erano discepoli insipienti e io li ho abbandonati» (G. SCHOLEM, Le grandi
correnti della mistica ebraica, Genova 1982, 162 nota 24).
254
A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 781.
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 49

I Domenicani: il frater Capuanus e il frater Deodatus dei Predicatori


In una carta permutacionis del mese di settembre 1280, ind. IX, è citato il frater Ca-
puanus, priore dell’ordine dei frati Predicatori a Capua, comunemente detti Dome-
nicani. Nello stesso documento è menzionato anche il frater Deodatus, supprior, vale a
dire sottopriore, vicepriore255. Secondo il canonico Iannelli:
«sarà costui quello stesso frate Deodato de Capua, domenicano, fatto vescovo di
Mileto a’ 25 settembre 1282, morto al 1286256. Un frater Mathaeus de Capua, ordinis
minorum, fu arcivescovo di Sorrento nel 1320 al 1338»257.
Sottoscrivono l’atto il frater Pietro de Bonanno, il frater Corrado, il frater Adenenolfo
de Maranula, il frater Giovanni de Marchano, il frater Maffeo de Orvieto, il frater Giovanni
de Salerno, il frater Filippo de Caserta, il frater Simone de Avellino, il frater Giovanni de
Ricia, dell’ordine dei frati predicatori258.
Nello stesso documento si afferma pure che il priore frater Capuanus ha alienato in
permutacionem ai procuratori della congregazione alcune terre, prese e case con vacivo
(terreno vuoto), tra loro congiunte, che già appartennero al defunto magister Costanti-
no, diacono capuano. Tali beni, siti nella parrocchia di S. Leucio presso la cattedrale,
erano stati donati all’ordine dall’arcivescovo Marino Filomarino (1252-1286), affectu
predicatorum fratrum morancium in Capua.

L’abbas Albertusius de Parma, l’abbas Thomasius de civitate Theatina, il magister Petrus de


Ebulo, il dominus Matteo de Laude, professore di diritto civile e Riccavo de Stella.

Un non meglio identificato abbas Albertusius de Parma, vicarius in temporalibus, e


un altrettanto sconosciuto abbas Thomasius de civitate Theatina (Chieti), vicarius in spi-
ritualibus nonché consigliere ducale e familiare, sono citati come testi in una carta
alienacionis del 23 ottobre 1323, ind. VII259, emanata dal Vicario Generale Riccavo de
Stella, fratello dell’arcivescovo Ingeranno (1312-1334), nonché magister rationalis della
Magna Curia e regio tesoriere. Gli stessi compaiono come testimoni anche in un’ana-
loga carta alienacionis del 23 ottobre dello stesso anno260.
Nei due documenti sono presenti come testi anche il magister Petrus de Ebulo, re-
gio tesoriere e consigliere (omonimo del più noto scrittore e giustiziere di Terra di
Lavoro vissuto tra XII e XIII secolo)261, e uno sconosciuto dominus Mattheus de Laude,
professore di diritto civile.

255
Cf documento 19, nella presente edizione.
256
F. UGHELLI, op. cit., I, 955.
257
ID., op. cit., VI, 612s.
258
Sull’ordine dei frati Predicatori a Capua, cf F. GRANATA, Storia sacra, cit., I, 252-60.
259
Cf Appendice XXXIII, nella presente edizione.
260
G. BOVA, Le pergamene angioine, cit., III, 400-07.
261
N. KAMP, Kirche und Monarchie, cit., 135s, 315; E. KANTOROWICZ, Federico II imperatore, Milano 1978, 365,
487, 742; F. DELLE DONNE, Dai Normanni agli Svevi. La tradizione propagandistica nel Liber ad honorem Augusti di
Pietro da Eboli, in ID., Politica e letteratura nel Mezzogiorno medievale, Salerno 2001, 31-73.
50 Introduzione

La domus templi S. Terenciani a Capua sede dei Templari e il frater Mattheus. Il testamento di
Fusca de Sanctis a favore della domus templi e dell’Ordine di S. Giovanni Gerosolimitano. La
caduta di Ruad

Com’è noto, i cavalieri templari avevano la loro sede a Capua nella domus templi
S. Terentiani, con annessa chiesa e ospedale, posta nel suburbio della città, al di fuori
della porta del ponte (porta Roma).
L’attuale chiesa di S. Giuseppe costituisce un ampliamento dell’antica chiesetta
di S. Terenziano, che dava nome al borgo. Nei paraggi vi era l’ospedale e il convento
dei templari, esistito fino alla soppressione dell’ordine. Il borgo fu distrutto in gran
parte nel 1557, per permettere la costruzione delle fortificazioni spagnole262.
È appena il caso di ricordare che Terenziano, vescovo di Todi, dopo aver subito
atroci tormenti, morì decapitato il 1° settembre, ai tempi dell’imperatore Adriano.
Le sue reliquie sono conservate tra l’altro anche a Capua e a Teano263. Nel primo
calendario liturgico capuano, il più antico (XI sec.), la festività del Santo ricorre il 2
novembre264, negli altri quattro ricorre invece il 1° settembre265.
La domus templi è menzionata per la prima volta nelle pergamene del Capitolo il 17
luglio 1222266; nel 1241 è menzionata pure l’ecclesia S. Terenziani267, mentre nel 1244268
e nel 1256269 è citata la domus templi S. Therenciani seu S. Terrentiani. Dal 1247 in poi
sono ricordati anche i cavalieri tempieri di S. Terenziano270.
Nella presente edizione è menzionato appunto un terreno della domus milicie tem-
pli S. Terranciani in Capua, sito in loco S. Marie de Cannellis non lungi da S. Maria la Fos-
sa (1273)271, al quale si accenna pure in un documento del 1279272. Sappiamo inoltre
che il notaio Giacomo Gaudelandi, nel suo testamento del 1 febbraio 1279, ind. VII,
lasciò in eredità sette tarì e mezzo al frater Matteo, de ordine milicie templi S. Terenciani in
Capua273. Anche in seguito è menzionata la domus milicie templi S. Terenciani (1283)274.
Una casa domus milicie templi et ecclesie S. Terrenciani Ierosolimitani in Capua era sita nella
parrocchia della chiesa dei SS. Filippo e Giacomo (1293)275. Nei documenti è citato

262
Ristampe capuane, a cura degli Amici di Capua, Napoli 1986, 211.
263
G. LUCCHESI, Terenziano, vescovo di Todi, santo, martire, in Bibliotheca Sanctorum, XII, Roma 1968, 370ss.
264
M. MONACO, op. cit., 400.
265
Ivi, 409, 418, 431, 539.
266
G. BOVA, Le pergamene sveve, cit., I, 181.
267
ID., Le pergamene sveve, cit., III, 125.
268
ID., Le pergamene sveve, cit., V, 523.
269
J. MAZZOLENI, op. cit., I, 180.
270
G. DI CAPUA CAPECE, Dissertazione intorno alle due campane della chiesa parrocchiale di S. Giovanni de’ Nobili
Uomini di Capua, Napoli 1750, 76.
271
Cf documento X, nella presente edizione.
272
A.S.A.C., pergamena della Curia n. 286, cit.
273
Ivi.
274
A.S.A.C., pergamena della Curia n. 337.
275
A.S.A.C., pergamena della Curia n. 476.
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 51

esplicitamente anche l’hospitalis S. Terentiani prope Capuam (1367)276.


Cogliamo infine l’occasione per segnalare che nel suo testamento del 1302, ind.
XV, la mulier nomine Fusca, relicta quondam domini Petri de Sanctis, madre del dominus Iaco-
bus, di Ricca e di Blanca, con l’autorità del proprio mundualdo Federico Cioffi, affinis
dicti Iacobi, tra l’altro così stabiliva:

«Item lego domui milicie templi, cum fieri contigerit passagium in ultramarinas partes, tarenos
quindecim. Item, hospitali S. Iohannis Ierosolimitani, pro simili causa, tarenos quindecim. Item,
lego fratribus minoribus de Capua, tarenos quindecim. Item lego fratribus predica-
toribus, tarenos duodecim. Item, fratribus S. Augustini, tarenos sex»277.

276
«Hospitalis S. Terrenciani, prope Capuam» (A.S.A.C., pergamena della Curia n. 10057).
277
Poiché tale membrana è in pessime condizioni, a causa di alcune lacerazioni e soprattutto dell’inchiostro
molto scolorito, riteniamo opportuno riportarne il transunto: «La mulier nomine Fusca, vedova del dominus
Pietro de Sanctis, giacendo ammalata in domibus di suo figlio, il dominus Iacobus, decide di fare testamento alla
presenza del giudice di Capua Pietro de Peregrina, del notaio Matteo Cannabario e dei testimoni (Pietro de
Galloincapite, notaio Rinaldo Quatrapane, Lorenzo Principe, Stefano de Caserta, Nicola de Episcopo, Nicola de
Martone e Stefano de Dragonti). Nomina suo erede universale il predetto figlio dominus Giacomo, con la vo-
lontà del suo mundoaldo Federico Cioffi, di Capua, parente (affinis) del detto Giacomo. Dispone di essere
seppellita nella maggiore chiesa capuana (cattedrale) e lascia ai sacerdoti quindici tarì pro processione e un’oncia
d’oro e quindici tarì pro canendis missis. Dispone che ogni anno siano versati due tarì d’oro alla congregazione
della maggiore chiesa in die obitus mei; tale somma deve essere ricavata da due curticelle site in loco Silicis, appar-
tenenti a suo figlio Giacomo. Stabilisce che sia acquistata della cera (candele) per il valore di quattro denari,
pro exequiis funeris mei. Dispone che a ogni sacerdote che intervenga al suo funerale siano dati due grani e a
ogni chierico un grano. Ordina che siano consegnati sette tarì ai chierici della chiesa di S. Rufo, pro patinancia
et processione et cantandis missis; lascia inoltre altri sei tarì d’oro ai sacerdoti della stessa chiesa, pro faciendo fieri uno
calice ad opus eiusdem ecclesie; lascia sempre agli stessi sacerdoti altri sei tarì pro reparacione subportici ipsius ecclesie.
Lascia al monastero di S. Maria di Monte Vergine a Capua sei tarì. Assegna quattro tarì al monastero di S.
Angelo Informis. Dona al monastero di S. Maria de Ferraria tobaliam unam magnam e tre tarì. Dispone che siano
versati quindici tarì alla domus militie templi, cum fieri contigerit passagium in ultramarinas partes. Parimenti vuole
che siano dati altri quindici tarì all’hospitalis S. Iohannis Ierosolimitani, pro simili causa. Dispone inoltre che a sua
figlia, la domina Ricca, siano dati sette tarì e mezzo. Altri sette tarì e mezzo devono essere dati a sua nipote,
la domina Iohanna. Assegna ancora altri sei tarì alla domina Bartholomia, moglie di Guglielmo de Vinea. Altri sei
tarì sono destinati alla domina Algrima, moglie del giudice Giovanni Peregrini. Ai frati minori di Capua sono
assegnati quindici tarì. Ai frati predicatori vengono assegnati altri dodici tarì. Ai frati di S. Agostino vengo-
no assegnati sei tarì. Assegna alla dompna Iacoba, sua famula, mantellum unum, guarnaciam unam, scrinium unum,
mensale unum e sei tarì. Al Guardiano dei frati minori, un altro tarì. Al frate Paolo, un tarì. Al Guardiano dei
frati minori dell’anno precedente, un altro tarì. Al lettore dei frati predicatori, un tarì. Al frate Matteo de
Surrento, sei tarì (si tratta forse dello stesso che fu nominato arcivescovo di Sorrento nel 1320). All’altra sua
figlia, la domina Blanca, monialis, assegna quindici tarì d’oro e una tobaliam de buctarano. Alle sue nipoti Riccula
e Cantelinula, figlie del dominus Giacomo, assegna corrigias de argento duas, quarum unam est cum ciccone rubro et
aliam cum ciccone auricellato. Lascia alla domina Iacoba tunicam unam de blevero et fanulam unam. Dopo aver fatto
anche altri lasciti di piccola entità, la testante istituisce infine suoi esecutori testamentari il figlio dominum
Giacomo, il dominum Taddeo de Franco e l’abatem Federico Sparano» (A.S.A.C., pergamena della Curia n.
1272), di prossima pubblicazione.
Per quanto riguarda in particolare l’Ordine di S. Giovanni Gerosolimitano a Capua, cf pure A. PELLETTIERI
(a cura di), Il Gran Priorato Giovannita di Capua, Matera 2008.
52 Introduzione

Probabilmente non andiamo lontano dal vero nell’ipotizzare che sia il dominus
Petrus che il figlio dominus Iacobus siano stati cavalieri templari o di S. Giovanni Gero-
solimitano. La somma di denaro lasciata ai due ordini dalla domina Fusca potrebbe es-
sere interpretata come un segno di devozione verso le due istituzioni cavalleresche,
di cui forse avevano fatto parte i suoi cari.
È anche vero che il lascito potrebbe avere avuto origine dalla notizia della per-
dita dell’isolotto di Ruad (Arado), al largo della costa siriana, ultimo baluardo dei
templari in Terra Santa, e del relativo massacro della guarnigione templare (1302)
ad opera del sultano d’Egitto Malik-Nasir. Com’è noto, l’isolotto era stato occupato
dai Crociati appena nel 1300. La perdita di Ruad pose pure fine definitivamente alle
Crociate e all’avventura dei cavalieri cristiani in Terra Santa. Come si può constatare,
a Capua non si spense mai del tutto il desiderio di una riconquista di quel territorio,
con l’auspicio di un’ennesima spedizione attraverso il Mediterraneo orientale.

La domus milicie templi de Magdalono sede dei Templari


Maddaloni, a circa otto km. da Caserta e a ventitré da Capua, fu sede nel ‘300 di
una mansione dei Templari, come risulta da documenti inediti.
In una carta vendicionis del mese di febbraio 1305, ind. III, redatta in castro Magdalo-
ni, un certo Lictinius cognomine de Iulleo, habitator de castro Magdaloni, vendette a Martino
de Landone, abitante in villa S. Castrensis, de territorio Magdaloni, una sua pezza di terra
tenuta precario nomine, dell’estensione di un moggio, sita in pertinenciis Magdaloni in loco
ubi dicitur Alauduyni. Essa confinava con la via pubblica, con una terra della domus
templi de Magdalono e con il residuum della stessa pezza. Per la transazione il venditore
ricevette dall’acquirente la somma di due once d’oro278.
Ancora, in una carta venditionis del 22 luglio 1308, ind. VI, un certo Iacobus Cop-
pulenus, de villa Marczanisii, dietro corresponsione di quattro once d’oro, vendette
a Stabile de Lando, de villa S. Castrensis, una pezza di terra che teneva da parte della
maggiore chiesa capuana (cattedrale). La pezza era sita prope villam S. Castrensis e con-
finava con una terra di Giovanni de Malfrido, con una terra della domus milicie templi
de Magdalono, con una terra del dominus Landolfo Ayossa, de Neapoli e con una terra
degli eredi di Pietro Bove. Stabile e i suoi eredi si obbligarono a versare ogni anno
alla maggiore chiesa un tarì e mezzo di Amalfi, «in festo S. Marie de mense augusti»
(il 15 agosto)279.
Ricordiamo inoltre che la cosiddetta «mansione di Maddaloni è menzionata in un
documento del 18 aprile 1308, in cui si legge che il vescovo di Neopatrasso, al quale
era stato dato l’incarico di inventariare ed amministrare i beni templari nella Terra di
Lavoro, doveva affittare le proprietà di quella mansione per pagare i debiti»280.

278
A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 522.
279
A.S.A.C., pergamena della Curia n. 1183.
280
B. CAPONE, L. IMPERIO, E. VALENTINI, Guida all’Italia dei Templari. Gli insediamenti templari in Italia, Roma
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 53

I Siriaci

Molte volte abbiamo già parlato della presenza antichissima dei Siriaci nel territo-
rio di Capua. Basti fare riferimento in questa sede alla diffusione del cristianesimo si-
riaco281, alla presenza della chiesa di S. Maria cognomento Suricorum nell’antica Capua282
e alla diffusione del cognome de Suria283.
Vogliamo solo aggiungere che nella presente edizione, precisamente in una carta
concessionis del mese di giugno 1276, ind. IV, compare tra i firmatari il nome dell’arci-
diacono capuano Philippus de Surano284, mentre nell’instrumentum sentencie late del mar-
tedì 25 ottobre 1273, ind. II, è citata la terra di un certo Nicola de Suriano285.
Segnaliamo inoltre che in una carta vendicionis del 26 febbraio 1439, ind. II, redatta
apud castrum Pretemollarie (Pietramelara), compare tra i testimoni il notaio Maffiellus de
Antiocchia, de Surrento, dictus Abbatellus286.

Gli Armeni

Già in una carta vendicionis del gennaio 1259, ind. II, risulta che l’abate Pietro de
Armenia aveva in concessione una terra «prope locum ubi dicitur ad S. Mariam de
Cannellis, ad Criptam» (presso S. Maria la Fossa)287.
Nell’instrumentum sentencie late del martedì 25 ottobre 1273, ind. II, è citato ancora
l’abate Pietro Armenius, detto anche Pietro de Armenia, procuratore del Capitolo e
della distribuzione dei beni della Chiesa di Capua288.
All’incirca nello stesso periodo in cui compaiono a Capua i rumeni (XIII sec.),
sono attestati anche gli armeni289, per lo più già presenti in Calabria e a Bari290 fin dal
X secolo, ma documentati anche nel Salento e a Benevento291.
La storia degli insediamenti armeni in Italia è millenaria, a partire dalla caduta

1997, 235.
281
G. ALBERIGO, Cristianesimo, in Enciclopedia Europea, Milano 1977, sub voce.
282
G. BOVA, A proposito di S. Maria Suricorum, S. Maria C.V. 1994.
283
ID., Tra Capua e l’Oriente, cit., 31-38; ID., Civiltà di Terra di Lavoro, cit., 34-37; ID., Le pergamene angioine, cit.,
II, 25ss; ID., Le pergamene angioine, cit., III, 29ss.
284
ID., Le pergamene angioine, cit., III, 184.
285
Cf documento XVIII, nella presente edizione.
286
A.S.A.C., pergamena della Curia n. 283 (numerazione doppia, senza cartellino).
287
J. MAZZOLENI, op. cit., I, 182.
288
Cf documento XVIII, nella presente edizione.
289
Riguardo al territorio di Terra di Lavoro, segnaliamo la presenza ancora oggi dei seguenti cognomi: Ar-
meni (Aversa, Lusciano), Armenia (Maddaloni), Armenio (Piedimonte Matese), Arminio (Caserta, Maddaloni).
Ricordo pure che tra il 1602 e il 1605 fu arcivescovo di Capua il cardinale Roberto Bellarmino. Sembra anche
possibile che i cognomi Savasta e Savastano, diffusi nella zona, possano ricordare in qualche modo la città
di Sebaste in Armenia.
290
A. GUILLOU, Italie Méridionale Byzantine ou Byzantins en Italie Méridionale?, in «Byzantion», XLIV (1974), 155s.
291
J.-M. MARTIN, op. cit., 128.
54 Introduzione

dell’impero romano d’Occidente, fino ai frequenti contatti tra la Serenissima e i ric-


chi mercanti armeni: a Venezia, nell’isola di S. Lazzaro – ricordiamo che una chiesa e
ospedale di S. Lazzaro esisteva pure a Capua – sorgeva uno dei loro principali centri
culturali.
Soffermiamo in special modo la nostra attenzione sulla Piccola Armenia, o Cili-
cia292, che svolse un ruolo importante per il commercio con tutto il vicino Oriente.
Nel secolo XI, attraverso la gola di Numrud Qal’eh (Lampron) passavano le carova-
ne che portavano nell’interno dell’Asia Minore le merci sbarcate ad Ayas e in altri
porti del Mediterraneo. In particolare nel 1098 passò per la Cilicia la prima crocia-
ta e grandi furono d’allora in poi i vantaggi politici e religiosi con l’Occidente. In
generale, buoni furono i rapporti tra la futura dinastia regnante dei Rupenidi e gli
Hohenstaufen. Nel 1189 la terza crociata, condotta da Federico Barbarossa – morto
annegato in Cilicia nel giugno 1190 mentre attraversava il fiume Calicadno (Göksu)293
– attraversò il Paese. In seguito il suo primo re, Leone II (1199-1219), si dichiarò
vassallo dell’imperatore Enrico VI. Ebbe così inizio il regno della Nuova Armenia
o Cilicia. Sotto questo sovrano fu dato grande impulso al commercio e favoriti
furono soprattutto i genovesi e i veneziani, i quali com’è noto trafficavano nel Sud
della nostra penisola. Abilissimi tra l’altro nelle arti minori, gli armeni produssero
eccezionali codici miniati di argomento religioso e profano – nelle pergamene di
Capua spesso vengono menzionati alcuni Evangelaria294 – oltre a rilegature d’argento,
pastorali, gioielli da sposa di Van, ceramiche, stoffe, addobbi295.
A Capua erano certamente usate le stoffe armene, sicuramente il cilicium, pro-
priamente della Cilicia, una stoffa grossolana di pelo di capra o di crini di cavallo,
ispida e pungente: «Vestis interior, seu subucula (tunica) ex pilis animalium contexta,
quam monachi et vitae sanctioris viri ad domandam carnem»296. Esemplare è il caso
del chierico Roberto cognomine de Girardo, che nelle disposizioni testamentarie del

292
Per la storia dei Rupenidi di Cilicia e del regno cristiano di tal nome (secoli XI-XIV), buona parte delle
fonti sono raccolte da E. DULAURIER, Documents arméniens, voll. 2, in Recueil des Historiens des Croisades, a cura
dell’Istituto di Francia, Parigi 1869 e 1906.
293
A. BOMBACI - S.J. SHAW, L’Impero ottomano, in Nuova Storia Universale, VI/2, Torino 1981, 31.
294
Ricordiamo in particolare l’evangeliario della chiesa di S. Leucio, sul quale Giovanni de Carro il 17 luglio
1222, «extendens manum», fece un giuramento (G. BOVA, Le pergamene sveve, cit., I, 181). Siamo al corrente
pure del costo approssimativo di un libro sacro: il venerdì 15 gennaio 1249, il dominus Petrus <filius> domini
Gentilis, disponeva tra l’altro per testamento che fossero dati tre augustali d’oro (circa 22 grammi d’oro)
ai sacerdoti della chiesa di S. Pietro Apostolo, «pro libro faciendo, necessario ipsi ecclesie»; il mercoledì 7
agosto 1286, Nicolaus de Iacobo lasciava in testamento ai sacerdoti della chiesa di S. Salvatore a Corte un’oncia
d’oro (circa 30 gr. d’oro), «pro adiutorio ad messalo unum faciendum».
295
J. DE MORGAN, Histoire du peuple arménien, Parigi-Nancy 1919; J. LAURENT, L’Arménie entre Byzance et l’Islam, in Bibliothèque
des Écoles françaises d’Athènes et de Rome, 117, Parigi 1919; K. J. BASMADJIAN, Histoire moderne des Arméniens depuis la chute du
royaume jusqu’á nos jours (1375-1916), Parigi 1923. Sulla presenza armena a Napoli, cf J. MAZZOLENI, Le perga-
mene del monastero di S. Gregorio armeno di Napoli, I. La scrittura curialesca napoletana, Napoli 1973; T. COLAMARCO,
Le carte della chiesa di S. Maria degli Armeni in Forenza (1146-1548), Napoli 1995.
296
C. DU CANGE, Glossarium mediae et infimae latinitatis, Niort 1883-1887, cilicium, sub voce.
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 55

maggio 1202 stabiliva che tre parti di un’oncia d’oro dovessero servire «pro cera et
cilicio», necessari al suo funerale297. Il cilicio in questo caso assumeva la funzione di
una sorte di sindone in cui avvolgere il corpo.
La presenza a Capua dell’abate Pietro de Armenia, ci spinge pure a chiederci se
nel territorio ci fosse qualche chiesa che abbia seguito il rito armeno298. Allo stato
attuale degli studi possiamo solo dire che nella diocesi era diffuso il culto per i Qua-
ranta martiri cristiani caduti a Sebaste in Armenia, sotto Licinio (307-23)299; ancora
quello per i santi Cosma e Damiano, medici e martiri in Cilicia tra il 297 e il 303300.
Certa fu pure la devozione per S. Biagio, medico e vescovo di Sebaste in Armenia,
che subì forse il martirio sotto Licinio301.
A titolo di curiosità, ricordiamo che nel 1854 mons. Francesco Saverio Apuzzo,
prima di essere assegnato alla sede di Capua come arcivescovo, fu nominato vesco-
vo titolare di Anastasiopoli (in Bulgaria)302, e nel 1901 mons. Francesco D’Albore,
ausiliare del cardinale di Capua Alfonso Capecelatro, fu nominato archiepiscopus Pom-
peianopolitanus (in Cilicia)303.

Un toponimo raccapricciante nell’antica Capua: Ossa segata

Particolare attenzione merita la zona cimiteriale indicata nelle pergamene come


«Ossa Segata» o «ala Segata» (1244304, 1247305, 1273306, 1274307, 1317308, 1368309,1416310,

297
Il documento è edito in G. BOVA, Le pergamene sveve, cit., I, 87-92.
298
E. DENZINGER, Ritus Orientalium, Coptorum, Syrorum et Armenorum in administrandis sacramentis, Würzburg
1863; F.C. CONYBEARE, Rituale Armenorum, Oxford 1905; Breviarium armenum sive dispositio communium armenicae
Ecclesiae precum, Venezia 1908.
299
Breviarium Romanum, cit., die 10 martii, SS. Quadraginta Martyrum.
300
F. CARAFFA, Cosma e Damiano, santi, martiri, in Bibliotheca Sanctorum, cit., IV, 223ss.
301
G. D. GORDINI, Biagio, vescovo di Sebaste in Armenia, santo, martire, ivi, III, 157ss.
302
R. RITZLER - P. SEFRIN, Hierarchia Catholica, VIII (1846-1903), Padova 1990, 98.
303
Ivi, 167. In generale, cf pure G. BOVA, Tra Capua e l‘Oriente, cit., 138-41.
304
L. PESCATORE, Le più antiche pergamene dell’Archivio Arcivescovile di Capua (1145-1250), «Campania Sacra»,
10 (1979), 69.
305
G. BOVA, Le pergamene sveve, cit., III, 252.
306
«Pecia terre in finibus Capue Veteris, in loco S. Marie Maioris, ubi dicitur ala Segata» (cf documento IX,
nella presente edizione).
307
«Pecia terre prope villam S. Marie Maioris, in loco ubi dicitur ala Segata» (cf documento XXIII, nella
presente edizione).
308
A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 658, cit.
309
«Petia terre sita in villa S. Marie Maioris, in loco ubi dicitur ala Secata, finis terra ecclesie S. Eligii in Ca-
pua» (A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1157).
310
«Pecia terre in pertinenciis ville S. Marie Maioris, in loco ubi dicitur ala Secata, iuxta terram ecclesie S.
Marie Maioris, iuxta viam puplicam [...]. Bartholomeus Merulus, primicerius prebendatus congregacionis
maioris ecclesie Capuane» (A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1681); «peciola terre in pertinenciis ville S.
Marie Maioris, in loco ubi dicitur la Secata» (A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1685).
56 Introduzione

1432311, 1459312, 1509313), sita a S. Maria Maggiore (oggi S. Maria Capua Vetere) nell’at-
tuale via Avezzana, all’altezza del passaggio ferroviario, in una zona poco distante
dalla chiesa di S. Maria cognomento Suricorum (dei Siriaci).
Si tratta di sepulcra del I o II secolo d.C., che assumono la denominazione di cui
sopra (Ossa segata) perché contengono scheletri segati in due parti314. Come vuole la
tradizione, anche S. Simone Apostolo315 (le cui reliquie fino al bombardamento del
1943 erano conservate nella cappella del SS. Sacramento nella cattedrale di Capua316)
fu segato in due317. Sorte toccata anche al profeta Isaia318, secondo la pratica di fare a
pezzi i corpi degli ebrei. San Paolo tessendo l’elogio dei Santi del Vecchio Testamen-
to, che subirono la morte per la fede, scrive: lapidati sunt, secti sunt (furono lapidati,
segati)319. Tale supplizio era usato in molti luoghi dell’Oriente, vicino alla Giudea320.

La Conocchia

All’altezza della città di Curti, a pochi chilometri da Caserta, sorge un monumen-


to funebre del I sec. d.C., noto come Conocchia, documentato con molte varianti nelle
pergamene (1280321, 1343322, 1373323, 1400324, 1457325).
Rimaneggiato nei secoli – più recentemente dal re di Napoli Ferdinando IV (1751-

311
«Pecia terre sita in pertinenciis ville S. Marie Maioris, in loco ubi dicitur ala Secata, iuxta viam puplicam,
iuxta terram ecclesie S. Marie Maioris» (A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1880).
312
«Peciola terre sita in pertinenciis ville S. Marie Maioris, in loco ubi dicitur ala Secata, iuxta viam puplicam,
iuxta terram congregacionis ecclesie S. Marie Maioris» (A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 2196, cit.).
313
«Pecia terre sita in pertinenciis ville S. Marie Maioris, ubi dicitur ala Segata» (A.S.A.C., pergamena della
Curia n. 4997).
314
Il Corriere di Caserta, di martedì 15 settembre 1998, p. 18, riporta la notizia del ritrovamento in via Avez-
zana della parte inferiore dei resti di uno scheletro, dal bacino in giù (G. BOVA, Le pergamene sveve, cit., II, 35,
nota 117; ID., Capua cristiana sotterranea. Sant’Angelo in Formis: cultura santità territorio, Napoli 2002, 83s).
315
F. SPADAFORA, Simone, apostolo, santo, in Bibliotheca Sanctorum, cit., XI, 1169-73.
316
G. CERASO, Il duomo di Capua. Metropoli e basilica. Guida del forestiere, S. Maria C.V. 1916, 82.
317
A. CARDINALI, Simone, apostolo, santo. Iconografia, in Bibliotheca Sanctorum, cit., XI, 1173s. Il santo ha come
attributo costante una sega.
318
F. SPADAFORA, Isaia, profeta, santo, martire, ivi, VII, 928.
319
Ebrei 12, 37.
320
La Sacra Bibbia (trad. it. di mons. A. Martini), VI, Napoli 1847, 290.
321
«Pecia terre foris Capuanam civitatem, in loco qui dicitur ad Conocculam, finis terra ecclesie S. Augusti-
ni» (A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 325; cf documento 11, nella presente edizione).
322
«Pecia terre sita in pertinenciis ville S. Augusti, in loco ubi dicitur ala Conochola» (A.S.A.C., pergamena
del Capitolo n. 949).
323
«Pecia terre sita in pertinenciis civitatis Capue, in loco ubi dicitur ala Conocchola» (A.S.A.C., pergamena
della Curia n. 769).
324
«Pecia terre sita in pertinenciis ville Curcium (Curti), in loco ubi dicitur alo Campo seu ala Conocchola,
iuxta ortum ecclesie S. Micchaelis de dicta villa» (A.S.A.C., pergamena della Curia n. 1569).
325
«Pecia terre sita in pertinenciis ville Curcium (Curti), in loco ubi dicitur alo Campo seu ala Conochyola,
iuxta viam puplicam, iuxta terram ecclesie S. Michelis de villa Curcium» (A.S.A.C., pergamena della Curia
n. 2183).
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 57

1825)326 – esso deriva il proprio nome da una certa somiglianza con la conocchia o
rocca, lo strumento che in coppia con il fuso serve a filare.
Appunto in una carta testamenti dell’8 gennaio 1280 viene citato il locus qui dicitur ad
Conoccolam, appellato pure ala Conozula in una nota dorsale coeva327.

La starza dell’Annunziata, il Campo Ramnicio e la chiesa di S. Pietro ad Postea

Dalla lettura del già citato exemplum concessionis del mese di gennaio 1274, ind. II,
apprendiamo che la badessa Rogasia de Padula (1250-1277) chiedeva al giudice di ese-
guire la copia di una concessione fatta nel mese di maggio 1202, ind. V, dalla badessa
Marta de Caianello (1186-1227) a favore del prete Nicola e dei suoi fratelli Guglielmo,
Filippo e Tommaso de Urso, abitanti in territorio Caserte, in loco ubi dicitur ad Pedem Mon-
tis (Piedimonte di Casolla).
La badessa Marta, dietro corresponsione di quattro once e mezzo d’oro (135
grammi), da utilizzare pro redimenda starcia S. Petri ad Postea, que pignori obligata erat,
ossia per riscattare la starza dell’Annunziata328 nel Campo Ramnicio, ove era sita
la predetta chiesa329, concedeva ai fratelli di cui sopra una terra dislocata in territorio
Caserte, ubi dicitur Casanova (Casagiove)330.
Come abbiamo già detto in altra occasione331, la notizia dell’esistenza di una chie-
sa dedicata a S. Pietro tra l’antica Capua e la nuova Capua trova conferma in una
pergamena del 1243, in cui si parla di una pezza di terra sita «prope locum S. Petri
ad Vestigia» (rovine, ruderi)332. Il microtoponimo indica chiaramente che all’epoca
l’edificio sacro era già in uno stato fatiscente.
Si tratta della chiesa nota sotto il titolo di S. Pietro Apostea (Apostolo), costruita
secondo la tradizione a spese dei fedeli in epoca imprecisata, sita appunto tra S. Ma-
ria Capua Vetere e Capua, al km 204 della strada statale Appia (n. 7), all’altezza del
cimitero di Capua in località I Cappuccini333. Il tempio, in stile romanico di influsso
basiliano (XI-XII sec.), ha una navata unica (m 8 x 6) con volta a botte a sesto ribassa-
to, munita di due finestre strombate nella parete maggiore a nord e di un’altra fine-

326
È possibile leggere ancora oggi questa iscrizione: ME SVPERSTITEM ANTIQVITATIS MOLEM SENIO CONFECTAM
ET IAM IAM RVITURAM REX FERDINANDVS IV PATER PATRIAE AB IMO SVFFVLTAM REPARAVIT.
327
Cf documento 11, nella presente edizione.
328
Ci permettiamo ricordare che la starza è un terreno di prima qualità.
329
Per notizie riguardanti la starza dell’Annunziata, il Campo Ramnicio e la chiesa di S. Pietro Apostea, cf F.
GRANATA, Storia sacra, cit., I, 235.
330
Cf documento XXI, nella presente edizione.
331
G. BOVA, Sulle orme di Pietro. La basilica di S. Pietro Apostolo nell’antica Capua, Napoli 2004, 9-15; I D., Le
pergamene angioine, cit., III, 41s.
332
L. PESCATORE, art. cit., 10 (1979), 66; G. BOVA, Capua cristiana sotterranea, cit., 91s; ID., Le pergamene
sveve, cit., IV, 60.
333
C. FERONE, Contributo alla toponomastica dell’ager Campanus. I monumenti paleocristiani nella zona di S.
Maria Capua Vetere, Istituto di Studi Atellani, Frattamaggiore 198[-], 6.
58 Introduzione

stra strombata a lunetta sopra l’altare ad est. La controfacciata ad ovest è preceduta


da un doppio nartece (m. 4 x 6 + m 4 x 6) e da un locale con finestra (m 3 x 3) – le
cui arcate originarie risultano tutte tompagnate – mentre nella parete maggiore a sud
si apre un altro ambiente con volta a botte a tutto sesto.
Per l’identificazione della chiesa di S. Pietro ad Vestigia con quella di S. Pietro
Apostea non vi sono dubbi, giacché nel documento del 1243 si attesta che la chiesa
confinava con la via pubblica (Appia) e con il vicino tempio sacro di S. Agostino, sito
a S. Maria Capua Vetere sulla stessa strada.
Anche il Monaco ha parlato della chiesa di S. Pietro ad Posteyam, a proposito di una
pergamena del 7 marzo 1420334, ind. XIII, da noi recentemente pubblicata in edizione
integrale335.
In quell’importante documento si accennava allo stato fatiscente del tempio sa-
cro, motivo per cui all’epoca un certo Marinus Farahone, de Alifia, cive et habitatore
Capue, alla presenza dell’arcivescovo Filippo Barile (1406-1435), chiedeva al pro-
curatore della distribuzione dei beni della Chiesa di Capua e al Capitolo di poter
riedificare a proprie spese la chiesa di S. Pietro ad Posteyam, sita fuori Capua, al fine
di far celebrare di nuovo i divini offici e di provvedere la stessa di un cappellano.
Marino affermava che la sua richiesta derivava unicamente ex quadam sua votiva de-
vocione, quam dyu gessit et gerit erga ecclesiam S. Petri ad Posteyam, extra Capuam, antiquitus
pia fidelium devocione fundatam, que propter ipsius antiquitatem et propter guerra et turbines,
que hactenus viguerunt in regno isto et precipue in provincia Terre Laboris, totaliter fuit et est
collapsa et diruta, adheo quod vix potest discerni locus ubi dicta ecclesia antiquitus fuit hedificata.
Marino aggiungeva che per di più le rovine della chiesa erano calpestate all’epoca dai
viandanti che passavano di là con i loro animali. Così il postulante, caritativa devocione
compuntus, pro eius et defunctorum suorum et aliorum de eius progenie remissione peccatorum,
aveva deciso di riedificare a sue spese la chiesa. Il permesso gli veniva ovviamente
subito accordato336.
Secondo il Pasquale – che riprende un’antichissima tradizione – S. Pietro diretto
a Roma si sarebbe fermato nell’antica Capua337. Dopo un breve soggiorno nella

334
M. MONACO, op. cit., 213.
335
G. BOVA, Le pergamene angioine, cit., III, 465-71.
336
«Antiquitus pia fidelium devocione fundatam, que propter ipsius antiquitatem et propter guerra et turbi-
nes, que hactenus viguerunt in regno isto et precipue in provincia Terre Laboris, totaliter fuit et est collapsa
et diruta, adheo quod vix potest discerni locus ubi dicta ecclesia antiquitus fuit hedificata, que propter ipsius
collapsitatem et ruynositatem, ab eo tempore cuius hominis memoria in contrarium non existit et usque
nunc et nunc similiter deducta fuit et est ad transitum et usum publicum similiter viatoribus illac transire
volentibus cum eorum animalibus» (ivi, 467).
337
G.P. PASQUALE, Historia della prima Chiesa di Capua, o vero di Santa Maria Maggiore, o con altro nome detta Santa
Maria di Capua. Prima sua Chiesa e prima sua Vescoval Sede, Napoli 1666, 25;G. BOVA, Note in margine alla storia
delle basiliche paleocristiane di Capua antica. S. Tammaro, una cappellina piena di storia (4, Museo Provinciale Cam-
pano), Capua 1999; I D., Per una storia della fondazione delle basiliche paleocristiane di Capua antica: SS. Apostoli, S.
Maria Maggiore, S. Pietro in Corpo, «Benedictina», 1 (2000), 221-32; I D., Capua cristiana sotterranea, cit., passim;
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 59

città, l’Apostolo avrebbe ripreso il suo cammino fermandosi tra l’antica Capua (oggi
S. Maria Capua Vetere) e la nuova Capua, in una località chiamata d’allora in poi S.
Pietro Apostea, e in seguito denominata I Cappuccini, dal nome di un convento france-
scano (1540-1807), adibito poi a polveriera338.
Racconta invece il Granata che il luogo dell’addio tra S. Pietro e S. Pri-
sco sarebbe stato presso la chiesa di S. Pietro a Ponte a Capua, una vol-
ta sita a porta Roma, ove oggi vi sono i ruderi delle torri di Federico II339.

La villa Casacellare (Cellole) presso S. Angelo in Formis

Il piccolo centro di Cellole, una volta chiamato Casa Cerere dal nome di un antico
tempio dedicato a Cerere, dea della fertilità dei campi340, oggi fa parte del borgo di S.
Angelo in Formis (frazione di Capua)341 ed è ben localizzabile per la presenza della
vasta Tenuta San Domenico.
Nel tempo il sito è ricordato con molte varianti, che testimoniano la sua co-
stante frequentazione nel tempo e un alto indice di popolamento, tenuto con-
to della piccola superficie: Casacellari, Casacellare (1129342, 1159343, 1239344,
1241345, 1248346, 1254347, 1257348, 1274349, 1279350, 1280351, 1326352, 1341353)
Casacellarie (1292)354, Casachellari (1257)355, Casacella (1159)356, Casacellu-

I D., Sulle orme di Pietro, cit., 9-15; I D., Le più antiche leggende di Capua e del suo territorio, Napoli 2011, passim e
la bibliografia ivi citata.
338
G.P. PASQUALE, op. cit., 25; F. GRANATA, Storia sacra, cit, I, 234; M. DELLA CIOPPA, Notizie istoriche riguardanti la
chiesa parrocchiale di S. Angelo in Audoaldis volgarmente detta ad Diodiscos in Capua, Caserta 1843, 78; G. BOVA,
Sulle orme di Pietro, cit., 9-15.
339
F. GRANATA, Storia sacra, cit., I, 195.
340
A. SOLARI, Sul dì ventesimo quarto di luglio nell’anno dell’umana salute 1501 (Sacco di Capua, 488° anniversario),
Capua 1989, 6.
341
Per il sito, cf I.G.M., Carta, F° 172 II N.O., Capua, Firenze 1957.
342
M. MONACO, op. cit., 644; J. MAZZOLENI, op. cit., I, 61.
343
G. BOVA, Le pergamene normanne, cit., 114, 260.
344
L. PESCATORE, art. cit., 6 (1975), 59.
345
G. BOVA, Le pergamene sveve, cit., III, 319; L. PESCATORE, art. cit., 6 (1975), 77, 79ss.
346
G. BOVA, Le pergamene sveve, cit., III, 336.
347
ID., Le pergamene sveve, cit., IV, 338.
348
Ivi, 361.
349
Cf documento XXIII, nella presente edizione.
350
Cf documento 7, nella presente edizione.
351
Cf documento 15, nella presente edizione.
352
A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 722.
353
«Pecia terre in villa Casacellare» (A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 916).
354
G. BOVA, Le pergamene sveve, cit., V, 377.
355
ID., Le pergamene sveve, cit., IV, 367.
356
ID., Le pergamene normanne, cit., 260.
60 Introduzione

la (1397357, 1403358, 1412359, 1416360, 1420361, 1423362, 1431363, 1433364, 1463365,


1472366), Casacellule (1423)367, Casacellule seu Castelluczo (1427)368, Casaceralle
(1239369, 1257370), Casacellara prope anglum (presso l’angolo 1266)371, Casa Cellare
(1254372, 1259373, 1267374, 1272375), Casa Cellura (1386376, 1390377, 1402378, 1418379,

357
«Pecia terra arbustata sita in pertinenciis Capue, in loco ubi dicitur a Casacellula, iuxta viam puplicam,
iuxta terram monasterii S. Iohannis monialium in Capua, iuxta terram monasterii S. Marie de Magellis in
Capua» (A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1538).
358
«Peciola terre arbustata in loco ubi dicitur Acasicellula» (A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1580). Una
nota dorsale alla stessa pergamena riferisce: «ad Casacellulam».
359
«Pecia terre arbustata sita in villa olim Casacellule, iuxta terram monasterii S. Marie monialium Capue,
iuxta terram monasterii S. Petri de Magellis, in Capua» (A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1655).
360
«Pecia terre arbustata in villa olim Casacellule (A.S.A.C., pergamene del Capitolo nn. 1683, 1684).
361
«Pecia terre arbustata in villa olim Casacellule, iuxta terram pheudi Nicolai Caldaroni, quod tenet a mo-
nasterio S. Iohannis monialium in Capua, iuxta terram Antonii de Raho, quam tenet a monasterio S. Marie
monialium in Capua» (A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1745).
362
«Pecia terre sita in pertinenciis ville olim Casacellule» (A.S.A.C., Cartella Leonetti, pergamena n. 76).
363
«Pecia terre in pertinenciis olim ville Casacellule, iuxta terram ecclesie S. Marie de villa Casacellule»
(A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1873).
364
«Petia terre in pertinenciis Casacellule, iuxta terram ecclesie S. Marie de Casacellule» (A.S.A.C., Cartella
Leonetti, pergamena n. 82); «terra in pertinenciis olim ville Casacellule» (A.S.A.C., pergamena del Capitolo
n. 1883).
365
«Peciola terre modii medii, parum plus vel minus, sita in pertinenciis olim ville Casacellule» (A.S.A.C.,
pergamena del Capitolo n. 2228).
366
«Pecia terre sita in villa olim Casacellule» (A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 2327).
367
«Pecia terre sita in pertinenciis ville olim Casacellule, in loco ubi dicitur ad Cortem Casacellule» (A.S.A.C.,
pergamena del Capitolo n. 1767).
368
«Pecia terre in pertinenciis Casacellule seu Castelluczo, in loco ubi dicitur ad Ripam Altam» (A.S.A.C.,
pergamena della Curia n. 1668).
369
G. BOVA, Le pergamene sveve, cit., III, 27.
370
ID., Le pergamene sveve, cit., IV, 232.
371
J. MAZZOLENI, op. cit., II/1, 7.
372
G. BOVA, Le pergamene sveve, cit., IV, 342.
373
«Pecia terre in loco ubi dicitur Casacellare» (A.S.A.C., pergamena della Curia n. 106).
374
«Terra in loco Casacellare, finis terra ecclesie SS. Apostolorum Philippi et Iacobi, finis terra ecclesie S.
Marie de Casacellare» (A.S.A.C., pergamena della Curia n. 139).
375
«Pecia terre in loco Casacellare» (A.S.A.C., pergamena della Curia n. 242).
376
«Terra in loco Casa Cellura» (A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1449).
377
«Pecia terre sita in pertinenciis olim ville Casacellure, in loco ubi dicitur ad Portum Palumbum, finis
terra ecclesie SS. Philippi et Iacobi in Capua, finis terra maioris ecclesie Capuane» (A.S.A.C., pergamena del
Capitolo n. 1476).
378
«Pecia terre arbustata sita in pertinenciis olim ville Casacellure (A.S.A.C., Cartella Leonetti, pergamena n.
96).
379
«Pecie terre site in pertinenciis olim ville Casacellure, in loco ubi dicitur ad Portu Palumbo» (A.S.A.C.,
pergamena del Capitolo n. 1725).
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 61

1440380), Casacellera (1374)381, Casacellora (1492)382.


La località, che dal 1390 in poi viene ricordata come villa olim Casacellule383, se-
gno che ormai all’epoca era stata già assorbita dal vicino centro di S. Angelo in
Formis, sorgeva presso la cosiddetta Crucella de Casacellera (piccolo quadrivio
1374)384, presso il luogo detto ad Cortem Casacellule (piccolo appezzamento di ter-
reno 1423)385, presso il «locus qui dicitur ad Aroum» (1159)386, presso il «locus ubi
dicitur Vinea Dopnica» (vigna del signore 1239)387, presso l’«aqua et alveus Vultur-
ni fluminis» (1254)388, nei paraggi della località denominata «ad Ripam Altam»,
in cui è documentata pure una Limata (terreno sabbioso 1282389, 1293390, 1307391,
1309392, 1418393, 1427394, 1433395), presso la località detta «ad Portum Palum-
bum» dove attraccavano le piccole imbarcazioni (1344396, 1371397, 1390398, 1414399,

380
«Pecia terre [arbustata et vitata vitibus latinis ac plantata certis arboribus fructiferis] sita in pertinenciis
civitatis Capue, ubi dicitur ad Casacellura et vulgariter dicta pecia terre dicitur la Clusa» (A.S.A.C., perga-
mena del Capitolo n. 1953).
381
«Terra sita ubi dicitur ad Casacellaram seu ala Crucella de Casacellera» (A.S.A.C., pergamena del Capitolo
n. 1277).
382
«Pecia terre in loco ubi dicitur ad Casacellora, iuxta terram monasterii S. Angeli Informis extra Capuam»
(A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 2497).
383
A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1476, cit. (a. 1390); A.S.A.C., Cartella Leonetti, pergamena n. 96, cit.
(a. 1402); A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1655 (a. 1412); A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1674
(a. 1414); A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1725 (a. 1418); A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1745
(a. 1420); A.S.A.C., Cartella Leonetti, pergamena n. 76, cit. (a. 1423); A.S.A.C., pergamena del Capitolo n.
1767 (a. 1423); A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1873, cit. (a. 1431); A.S.A.C., pergamena del Capitolo
n. 1883, cit. (a. 1433); G. BOVA, Le pergamene aragonesi, cit., I, 251 (a. 1435); A.S.A.C., pergamena del Capitolo
n. 2228, cit. (a. 1463); A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 2327, cit. (a. 1472).
384
A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1277, cit.
385
A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1767, cit.
386
G. BOVA, Le pergamene normanne, cit., 115.
387
L. PESCATORE, art. cit., 6 (1975), 59.
388
G. BOVA, Le pergamene sveve, cit., IV, 343.
389
«Pecia terre in loco Casacellari, ubi dicitur ad Ripalta» (A.S.A.C., pergamena della Curia n. 332).
390
«Ad Ripam Altam, prope locum Casacellari» (A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 415).
391
«Terra in pertinenciis ecclesie S. Iohannis ad Felicem; ibi prope, ubi dicitur Ripalta» (A.S.A.C., pergamena
del Capitolo n. 540).
392
«Limata Ripalte, de loco Casacellule» (Regesti Iannelli).
393
«Locus ad Ripam Altam seu ad Castellucium» (ivi).
394
A.S.A.C., pergamena della Curia n. 1668.
395
«Pecia terre sita in pertinenciis olim ville Casacellule, ubi dicitur ad Ripa Alta, iuxta terram Iohannis
Pollerii, de villa Savignani» (A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1883).
396
«Pecia terre in pertinenciis Casacellule, territorii Capue, in loco ubi dicitur ad Portum Palumbum»
(A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 959).
397
«Pecia terre in pertinenciis Casacellere, ubi dicitur ad Portu Palumbo, finis terra Iohannis Ducente, de
villa Sarzani» (A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1193).
398
«Pecia terre sita in pertinenciis olim ville Casacellure, in loco ubi dicitur ad Portum Palumbum» (A.S.A.C.,
pergamena del Capitolo n. 1476, cit.).
399
«Pecia terre in pertinenciis olim ville Casacellule, in loco ubi dicitur ad Portum Palumbum» (A.S.A.C.,
62 Introduzione

1418400, 1456401), non lontano dalla località detta ad Anglum (all’angolo 1266)402, pres-
so un Castelluczo (1418403, 1427404) e non lungi dalla pezza di terra chiamata la Clusa
(chiusura 1440)405.
Nei paraggi s’innalzavano pure le chiese di S. Maria de Casa Cellare (oggi cappella
della Morte citata dal 1254 in poi)406 e di S. Nicola in loco Ponticelli (dal 1235 in poi)407.
In tale zona avevano interessi economici la Chiesa di Capua, attraverso il suo
arcivescovo408, le chiese di S. Giovanni Landelpaldi409 e dei SS. Apostoli Filippo e Gia-
como410, i monasteri di S. Giovanni delle Monache411, di S. Maria delle Monache412,
di S. Maria de Maiella413 e di S. Pietro de Magellis414.
A proposito del toponimo Ponticellu (1066415, 1183416, 1263417, 1284418), ricordia-
mo una «pecia terre in pertinenciis paludis Ponticelli» (1366)419 e il «pheudum Ponticelli,

pergamena del Capitolo n. 1674, cit.).


400
A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1725, cit.
401
«Terra sita in pertinenciis Capue, ubi dicitur Casacellara seu Portu Palumbo» (A.S.A.C., pergamena del
Capitolo n. 2159).
402
J. MAZZOLENI, op. cit., II/1, 7.
403
Regesti Iannelli, cit.
404
A.S.A.C., pergamena della Curia n. 1668, cit.
405
A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1953, cit.
406
«Ecclesia S. Marie de Casa Cellare» (1254, G. BOVA, Le pergamene sveve, cit., IV, 343); «finis terra ecclesie S.
Marie de Casacellare» (1267, ID., Le pergamene angioine, cit., II, 238); «in loco Casacellare, finis terra ecclesie
S. Marie de Casacellare» (1274, cf documento XXIII, nella presente edizione); «ecclesia S. Marie de Casacel-
lula» (1309, Regesti Iannelli); «in pertinenciis Casacellule, iuxta terram ecclesie S. Marie de Casacellule» (1433,
A.S.A.C., Cartella Leonetti, pergamena n. 82, cit.).
407
G. BOVA, Le pergamene sveve, cit., II, 307.
408
ID., Le pergamene sveve, cit., III, 27; cf A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1476, cit.
409
ID., Le pergamene sveve, cit., III, 29.
410
A.S.A.C., pergamena della Curia n. 139, cit.; A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1476, cit; A.S.A.C.,
pergamena del Capitolo n. 1725, cit.
411
Ivi, 27s; cf pure A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1873, cit. (a. 1431).
412
A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1655, cit. (a. 1412); A.S.A.C., pergamene del Capitolo nn. 1683,
1684, cit. (a. 1416); A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1745, cit. (a. 1420); A.S.A.C., pergamena del Capi-
tolo n. 1873, cit. (a. 1431); A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1883 (a. 1433).
413
A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1277, cit. (a. 1374); A.S.A.C., Cartella Leonetti, pergamena n. 96, cit.
(a. 1402); A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1745, cit. (a. 1420).
414
A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1655, cit. (a. 1412); A.S.A.C., pergamene del Capitolo nn. 1683,
1684.
415
M. INGUANEZ, Regesto di S. Angelo in Formis (Tabularium Casinense. Serie dei regesti cassinesi pubblicata a
cura dei monaci di Montecassino), Badia di Montecassino 1925, 42.
416
«Tres pecie terre in finibus Ponticelli» (G. BOVA, Le pergamene normanne, cit., 273).
417
«Pecia terre in loco et territorio Ponticelli, ubi dicitur Cesa Stramba» (J. MAZZOLENI, op. cit., I, 192).
418
«Pecia terre in loco ubi dicitur Casacellari, prope locum ubi dicitur lu Ponticellu» (A.S.A.C., pergamena
del Capitolo n. 357).
419
A.S.A.C., pergamena della Curia n. 576. Una nota dorsale alla stessa pergamena così riferisce: «Casacel-
lura».
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 63

quod est magnifice domine, domine Marie de Capua, comitisse Caserte» (1444)420.
Tra i notabili del centro, segnaliamo il «condam magister Lillus de Michaele, [medi-
cus] phisicus» (1480)421.
Casacellole è famosa anche per il doloroso episodio del sacco di Capua (24 luglio
1501)422. Il 13 luglio di quell’anno l’esercito francese, agli ordini del generale Bernar-
do D’Aubigny, unitamente a Cesare Borgia detto il Valentino, si accampava sul lato
destro di Capua, dal lato del monte Tifata, ponendosi in agguato ai primi raggi del
sole, dalla parte appunto di Casa Cerere, su un sito coltivato a viti423, nei pressi della
Cappella della Morte, nell’area di Ponticello, a circa tre chilometri da Capua. Nelle
vicinanze della masseria La Monica, così chiamata dal nome dell’allora proprietario
Angelo di Monaco424, le truppe francesi gettarono appunto un ponticello sul Volturno,
«ove nel medesimo luogo su la sponda dell’acque per certi piccoli gorghi, che scor-
rendo a piè della riva si uniscono al fiume, diceasi e dicesi di presente alli Corsitelli,
divenuti per ciò celebri al pari di ogni gran fiume»425.
Cellole è ricordata anche per la presenza del generale Garibaldi il 1° ottobre 1860,
durante le operazioni militari della battaglia del Volturno. Dirigendosi il condottiero
in carrozza alle sei del mattino da S. Maria Capua Vetere a S. Angelo in Formis, per
controllare il fronte di combattimento, quasi all’altezza di Cellole, presso il ponte
Ciccarelli, «che cavalca una di quelle cupe che da S. Angelo portavano a Capua», fu
attaccato da alcuni reparti borbonici, che colpirono a morte il cocchiere e uno dei
cavalli della carrozza. L’eroe e i suoi uomini dovettero difendersi con la sciabola,
prima di essere soccorsi dai loro soldati426.
A titolo di curiosità ci piace ricordare che alla battaglia del Volturno partecipò an-
che il garibaldino Nicola Vastano (1843-1913), nostro bisnonno materno, il quale
si unì alle truppe di Garibaldi in Puglia, combattendo il 1° e il 2 ottobre 1860 agli
ordini di Nino Bixio427.
Proprio a S. Angelo in Formis il 15 ottobre di quell’anno Garibaldi emanò il
decreto di annessione del Regno delle Due Sicilie al Regno d’Italia. Di grande inte-
resse è anche la presenza in loco del cimitero garibaldino, che raccoglie i caduti dalla
420
A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 2012.
421
A.S.A.C., pergamena della Curia n. 344.
422
In generale, si legga G. BOVA, Il sacco di Capua, cit., ricco di fonti inedite.
423
F. ADDELIO, Il sacco di Capua, S. Maria C.V. 1954, 37s.
424
Per il sito, cf I.G.M., Carta, F° 172 II N. O., Capua (1957).
425
A. PASCALE, Il sacco di Capua (1ª ed. Napoli 1682), Capua 1996, 21.
426
L’episodio è riportato per la prima volta nella relazione del capitano borbonico GIOVANNI DELLI FRANCI,
Cronica della Campagna d’autunno del 1860, parte seconda, p. 62 (riporto da A. IODICE, La battaglia del Volturno
1-2 ottobre 1860, Napoli 1990, 154s, 158); cf pure Guida d’Italia, Campania, a cura del Touring Club Italiano,
Milano 1981, 130; A. MARRONE, I Mille. La battaglia finale. La più grande vittoria di Garibaldi per l’Unità d’Italia,
Roma 2012, passim.
427
G. BOVA, L’associazione di Mutuo soccorso reduci delle patrie battaglie di S. Maria C.V. e il garibaldino Nicola Vasta-
no (1843-1913), «Capys», 24-25 (1991-92), 62-72. L’Autore ricorda che da bambino giocava con la sciabola
da bersagliere e la pistola del bisnonno.
64 Introduzione

mitica camicia rossa nell’assedio di Capua del 1860.


Cogliamo infine l’occasione per ricordare un triste fatto di sangue: nel 1944, nella
vicina cava di S. Angelo in Formis, furono fucilati dagli alleati tredici soldati della
Repubblica Sociale Italiana.

La basilica di Sant’angelo Informis

Per quanto riguarda la basilica di Sant’Angelo in Formis (XI sec.)428, fin dal 1995
abbiamo avuto occasione di occuparci di essa, a proposito di un documento inedito
del 1202 in cui la grafia era informis429.
Escludendo semplicisticamente la possibilità che potesse trattarsi di un errore
del notaio che aveva redatto il documento, proponemmo all’epoca l’interpretazione
informis nel significato di incorporalis e immaterialis. In seguito abbiamo rinvenuto altri
tre documenti capuani in cui il tempio sacro è citato con la stessa grafia.
Essi sono datati rispettivamente al 1128430, al 1222431 e al 1234: quest’ultimo è
riportato de verbo ad verbum in un exemplum concessionis (copia) del marzo 1274432.
È importante notare che i quattro documenti da noi rinvenuti a Capua sono i più
antichi in cui è citata la basilica di Sant’Angelo Informis, sembrando così probabile
che tale sia stata all’inizio la grafia e la denominazione del tempio sacro nel territorio.
Solo dal 1244 in poi cominciano a comparire nei documenti capuani “anche” le
varianti in formis433 o ad formas434, continuando a coesistere però la denominazione
informis, documentata per esempio ancora nel 1302435, nel 1442 e nel 1492 (regesti
Iannelli), mentre nei documenti di Montecassino si stabilizza la grafia in formis.
Va detto che la nostra proposta d’interpretazione tocca più in generale il tema
dell’angiologia e in particolare si rifà tra l’altro anche a un’espressione di S. Ireneo
(135-203ca): imperfecti et infigurati et informes hi sunt angeli436.
Non mancano tuttavia anche altre interpretazioni, come per esempio quelle del

428
M. INGUANEZ, Regesto di S. Angelo in Formis, cit., 1925; P. PARENTE, La basilica di S. Angelo in Formis presso
Capua e l’arte del secolo XI, S. Maria C.V. 1912; A. DE FRANCISCIS, Templum Dianae Tifatinae, «Archivio Storico di
Terra di Lavoro» 1 (1956), 301-53; O. MORISANI, Gli affreschi di S. Angelo in Formis, Cava dei Tirreni 1962; H.
TOUBERT, Un art dirigé. Réform grégorienne et iconographie, Paris 1990 (trad. it. Jaca Book 2001); G.M. JACOBITTI -
S. ABITA, La basilica benedettina di Sant’Angelo in Formis, Napoli 1992; G. BOVA, A proposito di S. Angelo informis,
S. Maria Capua Vetere 1995; ID., Capua cristiana sotterranea, cit.
429
G. BOVA, A proposito di S. Angelo informis, cit., 1-6; ID., Le pergamene sveve, cit., I , 87-92.
430
Regii Neapolitani Archivii, cit., VI, 113ss.
431
ID., Tra Saduciti e Burlassi nella Capua Vetere medievale, S. Maria C.V., 1996, 65ss; ID., Le pergamene sveve, cit.,
I, 177-181.
432
Cf documento XXX, nella presente edizione.
433
G. BOVA, Le pergamene sveve, cit., V, 519: «terre S. Angeli in Formis» (1244).
434
Cf documento 18, nella presente edizione: «a monasterio S. Angeli ad Formas» (1280).
435
A.S.A.C., pergamena della Curia n. 1272.
436
IRENEO DI LIONE, Ad Haer., lib. II, 19,1, Parigi, Ducerf 1982 (SCH, 294). Per tutta la questione, cf G. BOVA,
Capua cristiana sotterranea, cit., 116s.
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 65

Sannelli437 e del Granata438, che intendono per formae gli acquedotti, o quella del Pra-
tilli che si rifà all’espressione ex forma divi Augusti, in relazione alla mappa catastale
fatta disegnare da Augusto, la quale fissava i possessi fondiari del tempio439. Non
teniamo in alcuna considerazione altre tesi o opinioni di appassionati, non argomen-
tate e prive di valore scientifico.
In conclusione, anche se in un certo periodo storico l’espressione forma può
essere stata usata in riferimento ad acquedotti o ad una mappa catastale, non si può
escludere che intorno al XII secolo ci sia potuto essere un tentativo da parte della
Chiesa locale di sostituire il nome pagano (forma) con un aggettivo cristiano in senso
angiologico (informis).
Lo storico della Chiesa Filippo Carcione, tra i primi ad accogliere con interesse e
benevolenza la nostra ipotesi, in sintesi ha così affermato:

«Sant’Angelo, il cui epiteto in formis, dopo lo studio di Bova, si tende a leggere


non più nel senso dell’espressione ad formas (presso acquedotti) ma come aggettivo
informis (immateriale, incorporeo), rappresenta uno degli esempi più eloquenti, in
cui la precedente area votata a una divinità pagana è convertita al culto della religio
nova»440.

Da parte nostra osserviamo che l’uso di chiamare con un nome cristiano una
località che aveva un nome pagano, come abbiamo detto in più occasioni, è già do-
cumentato per altri centri della diocesi di Capua, quali: Marcianise (ecclesia S. Martini),
Urbana (villa S. Urbani), Grazzanise (ecclesia S. Marie Gratiarum), Casapulla (villa Casa
Apollinaris), Bellona (villa S. Belone), Ercole, nei quali si sostituì il nome pagano (Mar-
te, Urbana, Graziano, Apollo, Bellona, Ercole) con il nome di un Santo (S. Martino,
S. Urbano, S. Maria delle Grazie, S. Apollinare, S. Belona, S. Eraclio)441.

Localizzata la chiesa di S. Maria de Cancello, dedicata alla Madonna delle Grazie

Finalmente è possibile sapere qualche notizia in più circa l’esistenza della chiesa
di S. Maria de Cancello, che s’innalzava fino al XVIII secolo in un sito finora sconosciu-
to nel borgo di Cancello (oggi Cancello ed Arnone). Come tra poco vedremo, essa
era localizzata nell’attuale piazza della Croce.
Tale chiesa non è citata nel privilegio del 1173 (ma 1174) di papa Alessandro III,
437
S. SANNELLI, Annali della città di Capova, incominciando dall’anno della Creazione del mondo 3944, nel qual tempo
fu edificata, fino all’anno della Redenzione 1580 (manoscritto, in Museo Campano, Top-Capua, Sp. 15, pal. 5, n.
3123 bis).
438
F. GRANATA, Storia sacra, cit., I, 300.
439
F.M. PRATILLI, Della via Appia riconosciuta e descritta da Roma a Brindisi, Napoli 1745, 281.
440
F. CARCIONE, La civiltà di Sant’Angelo in Formis. Alcune chiavi di lettura in una recente pubblicazione, «Campania
sacra», 1-2 (2004), 138.
441
G. BOVA, Civiltà di Terra di Lavoro, cit., passim.
66 Introduzione

a favore dell’arcivescovo di Capua442 e neppure nel privilegio del 1208 di papa Inno-
cenzo III443. Appare così evidente che il piccolo tempio non era stato ancora fondato
fino ai primi del XIII secolo.
Quando allora è sorta la chiesa di S. Maria de Cancello? Con ogni probabilità verso
la metà del XIII secolo, epoca in cui essa è citata per la prima volta. Dalla lettura di
una carta permutationis dell’agosto 1269, ind. XII, come tra poco vedremo, veniamo
infatti a sapere che essa esisteva già nel luglio 1254, ind. XII, avendo pure un custode
e rettore nella persona del canonico capuano, magister Iacobus domini Adde.
La chiesa era senz’altro molto piccola e doveva avere rendite insignificanti, se
non compare nemmeno nell’elenco delle chiese annesse alla distribuzione dei beni
della Chiesa di Capua, redatto dal 1255 in poi dalll’arcivescovo Marino Filomarino
(1252-1286), che possediamo in un transunto del 1382444. Il tempio non è citato
né nelle Rationes decimarum Italiae per gli anni 1308-1327445, né nella Taxa decimarum
antiqua del 1375446.
Dunque, nella già ricordata carta del 1269, Riccardo cognomine de Petra Mellara, fi-
glio del fu Guglielmo Sabastani, alla presenza del giudice, del notaio e dei testimoni,
espose come nel mese di luglio 1255 (ma 1254), indizione XII – durante il pontificato
di Alessandro IV, dominus regni Sicilie – vendette al magister Giacomo domini Adde, ca-
nonico capuano, custode e rettore della chiesa di S. Maria de Cancello, per conto della
stessa chiesa, una sua terra ereditaria sita «in loco S. Marie de Cancello», confinante
tra l’altro con una terra della chiesa di S. Martino e con una terra di Bartolomeo de
Rocco. Da parte sua il magister Giacomo, con il consenso dei sacerdoti della Chiesa di
Capua, concesse a Riccardo una pezza di terra que est curtis, pertinente alla predetta
chiesa di S. Maria, sita nella stessa località, confinante con una corte del notaio Ugo
e con la via pubblica. Riccardo si obbligò a versare ogni anno al rettore di cui sopra
la somma di trenta grani d’oro, così divisa: quindici grani «in festo Nativitatis Do-
mini» (il 25 dicembre) e altri quindici grani «in festo S. Marie de mense augusti» (il
15 agosto). Poiché la pergamena manca completamente della seconda parte, è solo
ipotizzabile che la nostra carta sia stata redatta in un secondo momento, ad cautelam
della rettoria della chiesa di S. Maria de Cancello e della Chiesa di Capua447.
La chiesa è citata ancora in un documento di poco posteriore. Nella copia di
una concessione (exemplum concessionis) del marzo 1274, ind. II, Andrea cognomine Co-
cus chiedeva al giudice Stefano di eseguire a cautela del monastero di S. Giovanni
delle Monache a Capua, il duplicato di una concessione del mese di febbraio 1234,
442
M. MONACO, op. cit., 596.
443
F. GRANATA, Storia sacra, cit., II, 144.
444
G. BOVA, Le pergamene sveve, cit., IV, 453.
445
M. INGUANEZ, L. MATTEI CERASOLI, P. SELLA, Rationes decimarum Italiae, cit.
446
M. MONACO, op. cit., 609.
447
Cf Appendice XIII, nella presente edizione. Ricordiamo che l’investitura a rettore di una chiesa
avveniva all’epoca con l’infilare l’anello al dito del neo investito, come si faceva con i vescovi (F.
GRANATA, Storia sacra, cit., I, 157).
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 67

ind. VII, che veniva effettivamente trascritta de verbo ad verbum dal notaio Pietro. Nel
documento riportato, alla presenza del giudice, del notaio e dei testimoni, la domina
Mathia de Roccaromana (1230-1250), all’epoca badessa del monastero, in virtù dei ser-
vigi resi e della corresponsione di un’oncia de tarenis Sicilie (ad novum imperiale pondus
huius civitatis), concedeva a Leonardo Coco, figlio del fu Nicola eiusdem cognominis, un
tenimentum di vaste proporzioni, all’epoca tenuto per conto del monastero da Maria
cognomine Coca. La tenuta era divisa in quattro pezze di terra. La prima era sita in
loco qui dicitur Gruttula e confinava con una terra dell’ospedale di S. Agnese, con la
via pubblica, con una terra del monastero di S. Angelo Informis e con una terra del
dominus Taffurus. La seconda era sita in loco Ordicelle e confinava con una terra della
maggiore chiesa capuana (cattedrale), con una terra di Silvestro Talendi, con una terra
del dominus Giovanni Fillibi e con la via pubblica. La terza era sita in loco S. Tammari
e confinava con una terra della chiesa di S. Marcello Maggiore, con una terra di una
certa Nastasia, con una terra di Martino, con una terra del predetto monastero, con
una terra degli eredi di Giovanni Monaco e con la via pubblica. La quarta era sita in
loco S. Marie ad Cancello e confinava con una terra di Pietro de Sancto Herasmo, con una
terra di Giovanni de Gilio, con una terra del primicerio Riccardo e con la via pub-
blica. Veniva posta la clausola secondo cui il tenimentum sarebbe stato in potestate di
Maria Coco sua vita natural durante e, solo dopo la sua morte, sarebbe potuto venire
in possesso di Leonardo e dei suoi eredi. La concessione avveniva alla presenza di
Giovanni de dompno Ando, baiulus et fidelis del monastero, che fungeva da fideiussore.
Leonardo e i suoi eredi s’impegnavano a consegnare ogni anno al monastero due
libbre de bona cera, «in Pasca Dominice Resurreccionis»448.
Ora è lecito chiedersi dove s’innalzasse la nostra chiesa. La lettura della Visita
Pastorale dell’arcivescovo Carlo Loffredo (1698-1701) ci permette agevolmente di
localizzare il sito. Il prelato il 21 maggio 1700, provenendo da Castelvolturno, si recò
prima a Cancello e poi ad Arnone. Lungo il percorso vide una piccola piazza presso
il ponte, che separa ancora oggi Cancello da Arnone, dove si ergeva appunto la chie-
setta di S. Maria delle Grazie a una sola navata. La piazza è identificabile con l’attuale
piazza della Croce, così denominata dalla presenza di una croce, la quale forse fu eretta
in ricordo della chiesa scomparsa, probabilmente crollata per un’esondazione del
fiume Volturno. Leggiamo insieme il passo dagli atti della Santa Visita:

«Idem illustrissimus et reverendissimus dominus archiepiscopus visitator,


associatus ut supra, una mecum, qui supra, dum regrederetur a dicta terra Castri
Maris Vulturni, versus civitatem Capuae, vidit in platea quadam, quae ducit ad
dictam civitatem [Arnoni] et est prope casale Cancelli, ecclesiolam quamdam S. Mariae
Gratiarum titulo decoratam, ubi visitavit unicum ecclesiolae altare, sub dicto nomine
erectum, nec aliquod iniungendum duxit pro nunc, cum nihil per dictam ecclesiam
possideatur»449.

448
Cf documento XXX, nella presente edizione.
449
Visita Pastorale dell’arcivescovo Carlo Loffredo, in A.S.A.C., busta VII/ fascicolo 1, 138.
68 Introduzione

L’11 maggio 1823 la predetta cappella fu visitata anche dall’arcivescovo France-


sco Serra di Cassano (1826-1850):

«Eodem die visitarunt cappellam Beatae Mariae Virginis Gratiarum et mandarunt,


quod a patrono dictae capellae reparetur quam citius laqueare eiusdem capellae, quod
enim nunc extat totum est corrosum et ruinam minatur, et omnibus fere fenestris,
quibus illustratur supradicta capella plures laminae vitreae, quae desunt omni meliori
modo adnectantur»450.

Dopo tale data non c’è più traccia del tempietto. Oggi il titolo di S. Maria delle
Grazie è passato a una nuova chiesa innalzata a Cancello, in via Roma.

La chiesa parrocchiale Omnium Sanctorum di Cancello

Tale tempio ha assunto una certa importanza dopo alcuni nostri recenti stu-
di451. La chiesa medievale Omnium Sanctorum andò distrutta in epoca imprecisata,
in ogni caso prima del 1862, anno in cui fu costruita la nuova chiesa parrocchiale,
forse sullo stesso sito della precedente. Il titolo originale era ecclesia Omnium San-
ctorum de villa Cancelli (1174452, 1208453, 1269454, 1343455, 1370456, 1371457, 1372458,
1375459,1375460).
Nella diocesi capuana vi erano pure le chiese Omnium Sanctorum di Capua (1192)461
e di Cicotito presso Pignataro (1471)462, mentre la chiesa Omnium Sanctorum de loco
Sanguinarii era sita nella diocesi suffraganea di Calvi463.
Le Rationes decimarum della diocesi capuana citano ampiamente la chiesa parroc-
chiale di Cancello per gli anni 1308-10464, 1326465 e 1327466.
Come abbiamo già detto, per tutto il Medioevo e buona parte dell’età moderna

450
Visita Pastorale dell’arcivescovo Francesco Serra di Cassano, in A.S.A.C., busta 16/1, fasc. 16/E, 23r.
451
G. BOVA - C. ALPOPI, Le chiese di Maria Regina di Tutti i Santi, cit.
452
M. MONACO, op. cit., 596.
453
F. GRANATA, Storia sacra, II, cit., 144.
454
G. BOVA, Le pergamene angioine, cit., III, 255.
455
Cf documento 27, nella presente edizione.
456
Cf documento 34, nella presente edizione.
457
Cf documento 37, nella presente edizione.
458
Cf documento 38, nella presente edizione.
459
Cf documento 43, nella presente edizione.
460
M. MONACO, op. cit., 609.
461
G. BOVA, Le pergamene normanne, cit., 280.
462
G. BOVA - C. ALPOPI, Villaggi abbandonati, cit., 324.
463
M. MONACO, op. cit., 548.
464
M. INGUANEZ, L. MATTEI CERASOLI, P. SELLA, Rationes decimarum Italiae, cit., n. 2408, p. 183; n. 2480, p. 186.
465
Ivi, n. 2639, p. 195; ivi, n. 2647, p. 195; ivi, n. 2660, p. 196.
466
Ivi, n. 2755, p. 202; ivi, n. 2857, p. 207; ivi, n. 2858, p. 207.
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 69

la chiesa era nota sotto il titolo Omnium Sanctorum. Nel Registro dei Battezzati del 1822,
essa è ricordata però sotto il titolo S. Mariae Omnium Sanctorum467. Nella Visita Pa-
storale effettuata dall’arcivescovo Salvatore Baccarini nel 1953, essa viene indicata
sotto il titolo di Regina di Tutti i Santi468. Oggi la chiesa, sita in via Mazzini, è dedicata
a Maria Regina di Tutti i Santi, con decreto dell’arcivescovo Luigi Diligenza del 15
settembre 1986469.
Nel 1862, forse sullo stesso sito del tempio medievale, fu innalzata una nuova
chiesa con soffitto a cassettoni, eretta in parrocchia nel 1882 dal cardinale Alfonso
Capecelatro470; l’altare maggiore proveniva tra l’altro da una chiesa soppressa di Ca-
pua471. Tale chiesa fu bombardata durante gli eventi bellici del 9 settembre 1943472. Il
tempio sacro attuale, eretto successivamente, non presenta alcun’importanza artisti-
ca: «esso è di forma semplice, a volta alla siciliana, con cupola separata sull’abside»473.

La chiesa di S. Maria de Arnone dedicata alla Vergine Assunta

Interessante è il caso della chiesa parrocchiale di S. Maria de Arnone474, citata la


prima volta nel 1173 (ma 1174)475. Essa è menzionata poi anche in documenti del
1244476, 1303477, 1326478, 1327479, 1364480, 1375481.
Quando questa chiesa crollò sotto l’impeto del Volturno, intorno al 1587 se ne
costruì un’altra, in seguito dedicata alla Vergine Assunta. Il nuovo edificio, elevato a
spese dei fedeli, non ancora era ultimato nell’anno citato, come si rileva dalla Santa
Visita effettuata dall’arcivescovo Cesare Costa:

467
Registro dei Battezzati dall’anno 1822, in Archivio Parrocchiale della chiesa di Maria Regina di Tutti i Santi, Can-
cello ed Arnone, vol. I, p. 1.
468
Relazione per la quinta Visita Pastorale della parrocchia Regina di Tutti i Santi in Cancello Arnone, a cura del par-
roco Mario Feola (20 novembre 1953).
469
Decreti, in «Servizio di Comunione. Rivista diocesana di Capua», n. 86 (1986), pp. 66, 80.
470
Il cardinale Alfonso Capecelatro, tramite i suoi vescovi ausiliari, effettuò le seguenti Visite Pastorali nelle
chiese di Cancello ed Arnone: 17 giugno 1884 (parrocchia di Cancello e parrocchia di Arnone); 17 febbraio
1898 (parrocchia di Arnone e parrocchia di Cancello); 19 giugno 1898 (parrocchia di Cancello e parrocchia
di Arnone). Per la lettura di tali Sante Visite, cf A.S.A.C., Visite Pastorali, busta 20.
471
G. BOVA - C. ALPOPI, Le chiese di Maria Regina di Tutti i Santi, cit., 398.
472
Relazione per la quinta Visita Pastorale, cit.
473
Ivi.
474
In generale, ci permettiamo rimandare a G. BOVA - C. ALPOPI, Le chiese di Maria Regina di Tutti i Santi, cit.,
92s.
475
M. MONACO, op. cit., 596.
476
Cf documento 9, nella presente edizione.
477
Cf documento 15, nella presente edizione.
478
M. INGUANEZ, L. MATTEI CERASOLI, P. SELLA, Rationes decimarum Italiae, cit., nn. 2646, 2651, 2652, 2653,
2654, 2664, p. 195s (diocesi di Capua).
479
Ivi, nn. 2842, 2843, 2844, 2845, p. 207.
480
Cf documento 29, nella presente edizione.
481
M. MONACO, op. cit., 609 (si fa riferimento alla taxa decimarum antiqua del 1375).
70 Introduzione

«Ecclesia predicta est noviter aedificata, sed non dum completa expensis populi,
nam ecclesia parrocchialis est vi fluminis collapsa»482.

In un anno imprecisato la chiesa fu dedicata alla Vergine Assunta, con un’evolu-


zione del titulus davvero singolare nel tempo, che ha generato un po’ di confusione.
Per questa ragione riteniamo utile offrire un chiarimento.
Dunque, il 13 aprile 1606 essa è chiamata ecclesia parrochialis sub titulo S. Mariae As-
sumptionis483. Il 28 dicembre 1608 è detta genericamente ecclesia Arnonis484. Il 2 giugno
1621 è definita ecclesia parrochialis S. Mariae casalis Arnonis485. Il 1 maggio 1628 è detta
ecclesia parrochialis eiusdem loci Arnonis486. Il 10 maggio 1635 è chiamata ecclesia parrochia-
lis sub titulo S. Mariae Assumptionis487. Il 20 marzo 1664 viene appellata parochialis eccle-
sia Beatissimae Virginis Mariae Assumptionis488. Il 12 giugno 1694 viene detta parochialis
ecclesia sub titulo Ss. Assumptionis Beatae Mariae Virginis, casalis Arnoni489. Nel 1701 viene
definita parochialis ecclesia villae Arnoni, sub titulo S. Mariae Assumptionis, Capuanae dio-
cesis490. Il 2 febbraio 1720 è appellata ecclesia parochialis sub titulo Beatae Mariae Virginis
SS. Assumptionis, casalis Arnoni491. Il 5 maggio 1739 è chiamata ecclesia parrochialis sub
titulo SS. Assumptionis casalis Arnoni492. Il 17 maggio 1776 è appellata, sicuramente per
errore, ecclesia parrochialis sub titulo SS. Annunciationis493; però nell’inventario di tutti i
beni, redatto nello stesso anno, è di nuovo chiamata chiesa parrocchiale sotto il titolo della
Beata Vergine Assunta del casale di Arnone494. L’11 giugno 1819 è appellata parochialis ec-
clesia casalis Arnonis495. L’11 maggio 1823 è chiamata ecclesia parochialis casalis Arnonis496.
Il 22 novembre 1843 si afferma che «il santo titolare di questa chiesa parrocchiale è
la Beatissima Vergine Maria Ss. sotto il titolo dell’Assunzione, la cui festività si celebra nel
dì 15 agosto»497. Il 15 maggio 1852 si conferma che «il santo titolare di questa chiesa

482
L. DILIGENZA, Atti della Visita Pastorale dell’arcivescovo Cesare Costa, in Roberto Bellarmino Arcivescovo di Capua
teologo e pastore della Riforma Cattolica. Atti del Convegno Internazionale di Studi, Capua 28 settembre - 1
ottobre 1988, Capua 1990, 764. Sull’arcivescovo Cesare Costa (1572-1602), fondatore della Biblioteca Arci-
vescovile di Capua, cf F. CIOCIOLA, Le cinquecentine della Biblioteca Arcivescovile di Capua, Capua 1996, 7.
483
Visita Pastorale dell’arcivescovo Antonio Caetani, in A.S.A.C., busta 3, fascicolo 1, p. 4.
484
Ivi, busta 3, fascicolo 2, p. 13.
485
Ivi, busta 3, fascicolo 4, p. 100b.
486
Visita Pastorale dell’arcivescovo Girolamo Costanzo, in A.S.A.C., busta 3 bis, fascicolo 3, p. 54.
487
Visita Pastorale dell’arcivescovo Geronimo de Franchis, in A.S.A.C., busta 3 bis, fascicolo 1, p. 13.
488
Visita Pastorale dell’arcivescovo Giovanni Antonio Melzi, in A.S.A.C., busta 5, fascicolo 1, p. 9.
489
Visita Pastorale dell’arcivescovo Giuseppe Bologna, in A.S.A.C., busta 6, fasc. 4, p. 120.
490
Frammento del I libro battesimale della chiesa parrocchiale di Arnone, dall’anno 1701 al 1720, in Museo Campano,
busta 311, fascicolo 1, p. 1.
491
Visita Pastorale dell’arcivescovo Nicola Caracciolo, in A.S.A.C., busta 9, fasc. E, p. 5b.
492
Visita Pastorale dell’arcivescovo Mondillo Orsini, in A.S.A.C., busta 10, fasc. D, p. 4a.
493
Visita Pastorale dell’arcivescovo Michele Maria Capece Galeota, in A.S.A.C., busta 13, fascicolo A 1, p. 115.
494
Ivi, 116r - 119v.
495
Visita Pastorale dell’arcivescovo Francesco Serra di Cassano, cit., busta 16/1, fascicolo 16/E, 12r.
496
Ivi, 23r.
497
Risposte alle domande contenute nel catalogo rimesso dalla Curia Arcivescovile di Capua nel dì 29 agosto 1839, per
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 71

parrocchiale è la Beatissima Vergine sotto il titolo dell’Assunzione, la di cui festività si cele-


bra nel dì 15 agosto di ciascun anno»498. Il 23 giugno 1884 è chiamata semplicemente
chiesa di Arnone499. Il 17 febbraio 1898 è chiamata solo parrocchia di Arnone500.

Localizzata la chiesa di S. Martino ad Arnone

Tale tempio sacro non doveva sorgere molto lontano dalla chiesa parrocchiale di
Arnone, dedicata a Maria SS. Assunta in Cielo, e dal palazzo di caccia del re Alfonso
il Magnanimo, come risulta dall’esame di un’antica mappa che cita appunto la chiesa
di S. Martino, e da un documento che menziona nelle vicinanze della parrocchiale
una terra di tale chiesa (1269)501.
Non sappiamo però con sicurezza se il tempio di cui parliamo possa essere iden-
tificato con l’ecclesia S. Martini de Rosellis (1322502, 1326503, 1327504, 1375505, 1418506,
1496507), che in ogni caso era sita presso Arnone508.

Localizzata la vecchia cappella di S. Biagio ad Arnone

La cappella è citata per la prima volta nel celebre diploma di papa Alessandro III
del 1173 (ma 1174)509.
Il 2 febbraio 1720 l’arcivescovo Nicola Caracciolo (1703-1728), dopo aver visita-
to la chiesa parrocchiale di Arnone, si recò a visitare la cappella rurale di S. Biagio510,
in località Lagnone511, che dava nome anche all’omonimo villaggio distrutto dagli

l’apertura della Santa Visita in detto anno, richiamate con circolare del dì 22 novembre di questo anno 1843, in Museo
Campano, busta 103, fascicolo 5, p. 1 (note sulla parrocchia di Arnone).
498
Notizie riguardanti la chiesa parrocchiale di Arnone, giusta le istruzioni su del primo capo emanate dall’arcivescovo, in
Visita Pastorale dell’Arcivescovo Giuseppe Cosenza, A.S.A.C., busta 17/1, fascicolo C, p. 2.
499
Visita Pastorale dell’arcivescovo Alfonso Capecelatro, in A.S.A.C., busta XX, fascicolo 10, p. 42s (in effetti la
Santa Visita fu effettuata da mons. Antonino Centore, vescovo titolare di Tloa, ausiliare del Capecelatro).
500
Ivi, p. 75 s (in effetti la Santa Visita fu effettuata dal cancelliere Raffaele Manco e dal canonico curato
Bartolomeo Abbate, per ordine del cardinale Capecelatro).
501
Cf Appendice XIII, nella presente edizione.
502
«Pecia terre in villa Roselle, finis terra ecclesie S. Martini, finis via puplica» (A.S.A.C., pergamena del
Capitolo n. 694).
503
M. INGUANEZ, L. MATTEI CERASOLI, P. SELLA, Rationes decimarum Italiae, cit., n. 2668, p. 196 (diocesi di Capua).
504
Ivi, n. 2847, p. 207.
505
M. MONACO, op. cit., 609.
506
«Pecia terre sita in pertinenciis ville Roselle, in loco ubi dicitur lo Iardino, iuxta terram ecclesie S. Martini
de dicta villa» (A.S.A.C., pergamena del Capitolo, n. 1726).
507
J. MAZZOLENI, op. cit., II/1, 264.
508
Per il sito, cf I.G.M., Carta per le manovre di campagna del X Corpo d’Armata, agosto 1892.
509
M. MONACO, op. cit., 458, 596.
510
Visita Pastorale dell’arcivescovo Nicola Caracciolo, cit., in A.S.A.C., busta 9, fasc. E, p. 10.
511
Per il sito, cf I.G.M., Carta per le manovre di campagna del X Corpo d’Armata, agosto 1892, cit.
72 Introduzione

Ungheri nel 1349512.


Il 17 maggio 1776 l’arcivescovo Michele Maria Capece Galeota visitò il tempietto
di S. Biagio, prope flumen versus oppidum Grazzanisii513, sito lungo una strada interna che
congiunge Arnone con Grazzanise, non identificabile con la via Campana (strada
provinciale) che congiunge direttamente le due località.
Nel 1843 è ancora citata «la cappella rurale di S. Biagio, fabbricata per uso di
Camposanto, in cui vi son formate due sepolture, nelle quali per ora non si seppel-
liscono i cadaveri perché vi occorrono alcune altre spese per la riduzione del sum-
mentovato Camposanto, giusta il progetto formato dall’architetto sig. don Giuseppe
Landi di Caserta, a ciò incaricato dal Capo della Provincia, in data del dì 8 ottobre,
scorso anno 1842, n. 15250»514.
La predetta cappella era ancora esistente durante la Visita Pastorale del 1875,
effettuata dall’arcivescovo Francesco Saverio Apuzzo515.
Una nuova cappella dedicata al Santo sorse poi in via Consolare negli anni pre-
cedenti la Prima Guerra Mondiale. Distrutta anche questa durante gli eventi bellici
della Seconda Guerra Mondiale, nel 1981 sorse quella attuale nello stesso sito. In
particolare così ricorda il Monaco:
«Caeterum, sanctus Blasius Capuae singulari devotione semper cultus fuit et
colitur: nam, praeter cappellam et pignus sancti brachii in cathedrali, habuit passim
ecclesias in dioecesi. In diplomate Alexandri III [1174], fit mentio de ecclesia sancti
Blasii in territorio Arnonis et de altera in Castello ad Mare»516.

Localizzata la chiesa di S. Paolo ad Arnone

Come si apprende da un documento che abbiamo da poco pubblicato, la chiesa


di S. Paolo era sita presso il villaggio di S. Biagio, nella predetta località Lagnone,
lungo una via interna in direzione di Grazzanise (1382)517. Essa è documentata nel
territorio di Arnone fin dal 1244518, ma sicuramente doveva essere preesistente.
Altre chiese e toponimi sotto il titolo del Santo sorgevano nella vicina Grazzanise
(1455)519, nell’antica Capua (a lo Bosco de Sancto Paolo 1265520, 1342521), nella Capua

512
G. BOVA - C. ALPOPI, Le chiese di Maria Regina di Tutti i Santi, cit., 117ss.
513
Visita Pastorale dell’arcivescovo Michele Maria Capece Galeota, cit., in A.S.A.C., busta 13, fascicolo A 1, p. 115v.
514
Risposte alle domande contenute nel catalogo rimesso dalla Curia Arcivescovile di Capua, cit., p. 3 a.
515
Visita Pastorale dell’arcivescovo Francesco Saverio Apuzzo (1875), in A.S.A.C., Sala Baccarini (pubblicata in G.
BOVA - C. ALPOPI, Le chiese di Maria Regina di Tutti i Santi, cit., 393-97).
516
M. MONACO, op. cit., 458.
517
G. BOVA, Le pergamene sveve, cit., IV, 453.
518
ID., Le pergamene sveve, cit., V, 526, 528s.
519
«Pecia terre in villa Grazanisii, ubi dicitur a S. Paulo» (A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 2154).
520
G. BOVA, Le pergamene sveve, cit., V, 238.
521
Regesti Iannelli.
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 73

medievale (S. Paolo ad flumen 1130522, 1259523, 1385524), mentre una cappella di S.
Paolo, sita in domibus archiepiscopatus, è citata nel 1347525 e nel 1447526.
La presenza di tante chiese dedicate al Santo lungo un iter ben preciso, avvalo-
rerebbe l’ipotesi secondo cui egli si sarebbe servito della via Campana per andare da
Pozzuoli ad Arnone. Successivamente – secondo un’ipotesi che formuliamo ora
per la prima volta – di una via interna per procedere da Arnone fino a Grazzanise,
da dove si sarebbe diretto poi a Capua. Infine si sarebbe servito della via Appia per
andare da Capua a Roma527.

La cappella della Natività ad Arnone

Affinché non se ne perda la memoria, cogliamo l’occasione per segnalare l’esi-


stenza ad Arnone della cappella della Natività, oggi non più esistente. Nella Visita
Pastorale del 17 maggio 1776 si afferma che l’arcivescovo Michele Maria Capece
Galeota visitò anche la cappella rurale sub titulo Nativitatis Domini Nostri Iesu Christi,
fornita di tela con rappresentazione del sacro evento e provvista di altare marmo-
reo. Il tempietto, a una sola navata, era stato costruito a spese del marchese Cito,
di Napoli528. Nel 1839 la cappella esisteva ancora e vi si celebrava la messa solo nei
giorni festivi529.

La cappella di S. Francesco di Paola ad Arnone

In una relazione parrocchiale del 1839 è citata anche la cappella rurale del prin-
cipe di Strongoli Pignatelli, di Napoli, sotto il titolo di S. Francesco di Paola (1416-
1507), in cui si celebrava la messa solo nei giorni festivi530. Tale cappella probabil-
mente è identificabile con la chiesetta olim di S. Apollinare, di cui ci accingiamo a
parlare di seguito.

Localizzata la chiesa di S. Apollinare a Torre degli Schiavi nel territorio di Cancello

Una chiesa di S. Apollinare è segnalata a Cancello negli anni 1371531 e 1372532. La

522
G. BOVA, Le pergamene normanne, cit., 253.
523
ID., Le pergamene sveve, cit., V, 474.
524
Ivi, 584.
525
Regesti Iannelli.
526
G. BOVA - C. ALPOPI, Le chiese di Maria Regina di Tutti i Santi, cit., 347.
527
ID., Capua cristiana sotterranea, cit., 12, nota 32.
528
Visita Pastorale dell’arcivescovo Michele Maria Capece Galeota, cit., busta 13, fascicolo A 1, p. 115v.
529
Risposte alle domande contenute nel catalogo, cit., p. 2 b.
530
Ivi, p. 2 b.
531
G. BOVA - C. ALPOPI, Le chiese di Maria Regina di Tutti i Santi, cit., 274.
532
Ivi, 280.
74 Introduzione

sua ubicazione era sconosciuta al Monaco, che nel 1630 così scriveva: «Habuit olim
S. Apollinaris ecclesiam in suburbio prope pontem et alteram in territorio Cancielli»
(esistette una chiesa di S. Apollinaee nel suburbio [di Capua] presso il ponte, e un’al-
tra nel territorio di Cancello)533.
Per l’ubicazione del tempio, è importante la lettura della Visita Pastorale effettua-
ta dall’arcivescovo Carlo Loffredo il 21 maggio 1700, il quale visitò prima le chiese
parrocchiali di Cancello ed Arnone e poi:

«successive illustrissimus et reverendissimus dominus, associatus ut supra, una


mecum, continuando iter, accessit ad ecclesiam sub titulo S. Mariae Gratiarum, S. Apol-
linaris et S. Francisci Xaverii, vulgo dictam la chiesina delli Schiavi et visitavit unicum ibi
existens altare et invenit sacrum lapidem non habere desuper sepulcrum reliquia-
rum, quapropter remisit sibi provisionem faciendam; cetera vero toleravit»534.

Tale chiesa oggi non esiste più, ma è facile localizzarla a Torre degli Schiavi, pres-
so Borgo Appio535, che sorge non lungi da Cancello ed Arnone.
Come dicevamo, una chiesa di S. Apollinare è documentata anche a Capua
(1218536, 1226537, 1274538), mentre presso Casapulla è documentato il locus ubi dicitur
ad S. Apollinarem (1319)539.

Localizzata la chiesa di S. Rufo ad Carponem sita a San Tammaro. La chiesa dei SS. Rufo e
Carponio a Capua. La chiesa di S. Secondino. La taverna delle staffe

Com’è noto, ai tempi di Diocleziano e di Massimiano Galerio si pone la per-


secuzione durante la quale morirono i SS. Rufo e Carponio, martiri capuani, che
si erano rifiutati di sacrificare agli dei (IV sec.)540. In particolare Carponio, secondo
la tradizione medico romano, fuggendo dall’Urbe in seguito a una persecuzione di
cristiani, «venit in Campaniam in civitatem Capuae»541, dove avrebbe assistito in una
crypta (crittoportico?) della Capua Vetere il diacono Rufo ammalato. Nella stessa
città è pure documentato il sito in coemeterio S. Rufi542, ubicato presso la basilica di S.

533
M. MONACO, op. cit., 522.
534
Visita Pastorale dell’arcivescovo Carlo Loffredo, cit., busta VII, fascicolo 1, p. 138.
535
Per il sito, cf I.G.M., Carta F° 172 II S.E., Caserta, Firenze 1957.
536
Cf Appendice IV, nella presente edizione.
537
G. BOVA, Le pergamene sveve, cit., I, 263.
538
ID., Le pergamene angioine, cit., III, 90s.
539
A.S.A.C., pergamene del Capitolo nn. 674, 675, 676, 677, 684.
540
M. MONACO, op. cit., 53ss; F. GRANATA, Storia sacra, cit., I, 196s; Proprium Capuanum, Tornaci Nerviorum
1888, sub die XXX augusti, SS. Rufi diaconi et Carponii mart. Cap., 68ss; D. AMBRASI, Rufo e Carponio, santi, martiri
di Capua, in Bibliotheca Sanctorum, cit., XII, 488.
541
M. MONACO, op. cit., 53.
542
Acta Sanctorum augusti, V, Antverpiae 1741, die vigesima sexta augusti: de S. Rufino episcopo confessore, 820.
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 75

Pietro ad Corpus.
Celebre nella nuova Capua è la chiesa dei Ss. Rufo e Carponio, tuttora esistente,
risalente al 1052543, in cui dal 1226 in poi è documentata anche una congregatio S.
Rufi544. Un tempo le reliquie dei Ss. Rufo e Carponio erano custodite proprio in tale
chiesa, su testimonianza del Monaco545, mentre in seguito furono riposte in un’urna
d’argento nel Tesoro della cattedrale546.
Il 15 giugno 1302 una certa Fusca, vedova del dominus Pietro de Sanctis, lasciò in
testamento sei tarì d’oro ai sacerdoti della chiesa capuana dei SS. Rufo e Carponio,
pro faciendo fieri uno calice ad opus eiusdem ecclesie, e ancora altri sei tarì pro reparacione
subportici ipsius ecclesie547.
Nel 1436 sono menzionate parecchie domus nella parrocchia di S. Rufo, fra cui
alcune domus furnorum548, segno che essa contava all’epoca un numero abbastanza
elevato di famiglie.
Per quanto riguarda i beni immobili di tale chiesa, ricordiamo che nel settembre
1255 è menzionata una terra a Casanova (Casagiove), in località Campus de Puczano549;

543
LEONIS MARSICANI ET PETRI DIACONI, Chronica monasterii Casinensis, edente W. Wattenbach, in M.G.H., SS.,
Hannoverae 1846, I, 53, 617, nota h, e passim; cf pure Chronicon Vulturnense del monaco GIOVANNI, a cura di
V. Federici, III, Roma 1938, 147, nota 1 e passim.
Ci piace ricordare che in tale chiesa il 29 aprile 1884 fu battezzata la nostra nonna paterna Virginia Bova
(1884-1970), discendente da una famiglia di antica nobiltà e di più generazioni di medici presso la corte
dei re di Napoli: «Anno Domini millesimo octingentesimo octogesimo quarto, die vicesima nona aprilis,
ego Raphael Marra parochus ecclesiae SS. Rufi et Carponii Capuae baptizavi infantem die decima quarta
eiusdem mensis, natam ex coniugibus domino Ernesto, Alfonso, Francesco, Paolo, Ludgarde Bova et domina
Sophia Lanziello, cui infanti imposita sunt nomina Virginia, Maria, Iulia, Francisca, Lutgarda. Matrina fuit
domina Lucia Urgolo». Il 12 dicembre 1914 Virginia Bova sposava a Capua il cugino Ettore, Nicola, Fortunato,
Gaetano, Marcellino, Giuseppe Bova (del dominus Emilio, Alfonso, Marcellino, Francesco, Paolo Bova e della
domina Laura Diana), nato ad Aversa il 9 aprile 1886. A Capua hanno abitato anche due sorelle di Emilio ed
Ernesto, cioè donna Errichetta, Maria, Anna, Filomena, Ludicarde Bova (andata sposa il 25 gennaio 1875
al garibaldino Alfonso Maria Giannotti, di Casapulla, fratello del venerabile don Donato), e donna Matilde,
Maria, Anna, Ludicarde Bova (andata sposa il 17 ottobre 1875 ad Angelo Valletta, di Capua). Solo questo
ramo della famiglia Bova discende direttamente anche dalla nobiltà svizzera, attraverso i casati degli Schmid
von Bellikon, degli Schmid von Bellikon und von Böttstein, dei von Roll (discendenti da Carlo Magno),
degli Zwyer von Evibach, dei von Beroldingen, dei Püntener von Brunberg, degli Albrecht, ecc., che anno-
verano famosi condottieri presso i re di Francia e altri sovrani (Archivio Privato Bova).
544
G. BOVA, Le pergamene sveve, cit., I, 263.
545
Racconta Michele Monaco che quando era sacerdote in tale chiesa aveva scoperto una cassa di legno
sotto l’altare, che sicuramente conteneva i resti dei due santi: «itaque traditio est, illo in altari condita esse
sanctorum Rufi et Carponii corpora […]; cuius, cum ipse essem presbyter, saepius immisso baculo tentans,
cognovi sul altari esse ligneam arcam, in qua non aliorum, quam titularium fuisse reliquias maxima proba-
bilitate cogitamus» (M. MONACO, op. cit., 55s).
546
G. CERASO, op. cit., 83.
547
A.S.A.C., pergamena della Curia n. 1272.
548
G. BOVA, Le pergamene aragonesi, cit., I, 284, 305.
549
ID., Le pergamene sveve, cit., IV, 352.
76 Introduzione

nel marzo 1261 è citata un’altra terra in località San Prisco550; infine nel settembre
1274 è documentata ancora un’altra terra nelle vicinanze del villaggio di S. Vito a
Palmentata (presso Vitulazio)551.
Per quanto riguarda la diffusione del culto del Santo nel territorio, ricordiamo an-
che la chiesa di S. Rufo martire (XI sec.) nel borgo medievale di Piedimonte di Casol-
la552, presso Caserta, citata dal 1113 in poi553. Anche a Cesarano554, presso Caiazzo,
esisteva un tempo una chiesa dedicata a S. Rufo, menzionata nel 979555 e nel 981556.
Venendo a una nostra recente scoperta, in una pergamena del 13 gennaio 1375,
ind. XIII, abbiamo letto che nel borgo di San Tammaro (presso Capua), la cui par-
rocchiale sotto lo stesso titolo risale all’XI secolo557, è citata la chiesa di S. Rufo ad
Carponem (s’intenda ad Cauponam, cioè alla taverna), quasi certamente un’edicola. Una
nota dorsale alla membrana, di epoca posteriore, riferisce che si tratta della chiesa
locale dei SS. Rufo e Carponio558.
Localizzare nel borgo di San Tammaro il sito denominato nel 1375 ad Carponem
non è per niente facile, giacché non si trova più traccia nelle pergamene di Capua di
tale microtoponimo.
Per fortuna, in una pergamena del 22 aprile 1471 la chiesa di S. Rufo risulta essere
sita nella starza di messer Agostino, alle Taberne: «in pertinenciis ville Sancti Tammari,
in loco ubi dicitur ad Sancto Rufo, seu alla starcza de messer Augustino seu ale
Taberne: iuxta viam publicam a tribus partibus et iuxta terram heredum condam
Bartholomei Frapponi, olim civis Capue»559.
Il sito detto alle Taberne è localizzabile a Savignano, località congiunta a San Tam-
maro, dove lungo la strada statale di Terra di Lavoro n° 7 bis si possono vedere
ancora oggi i ruderi della Taverna delle Staffe, la quale riportata ancora in una mappa
militare del 1892560, già nel 1916 non viene più indicata in una carta analoga561, segno
che all’epoca era già crollata. Ad essa era quasi certamente unita l’edicola di S. Rufo,
oggi non più esistente.
Altre pergamene dell’Archivio Arcivescovile citano a Savignano la località chia-

550
Ivi, 389.
551
Cf documento XLIV, nella presente edizione.
552
Per il sito, cf I.G.M., Carta, F° 172 II S.E., Caserta, Firenze 1957, cit.
553
M. MONACO, op. cit., 587; ID., Recognitio sanctuarii Capuani, Neapoli 1637, 88.
554
Per il sito, cf I.G.M., Carta, F° 172 II S.E., Caserta, Firenze 1957, cit.
555
G. BOVA, Le pergamene longobarde, cit., 120.
556
Ivi, 123, 125.
557
Per la datazione di tale chiesa, fatta costruire probabilmente dal conte Roberto il Guiscardo d’Altavilla
tra il 1057 e il 1059, cf il i lavori fondamentali di G. BOVA, San Tammaro, una cappellina piena di storia, Capua
1999; ID., San Tammaro: santità, eresie, habitat, in ID., Capua cristiana sotterranea, cit., 127-30.
558
A.S.A.C., pergamena della Curia n. 1207.
559
A.S.A.C, pergamena del Capitolo n. 2310.
560
Per il sito, cf I.G.M., Carta per le manovre di campagna del X Corpo d’Armata, agosto 1892, cit.
561
Per il sito, cf I.G.M., Divisione Militare di Napoli. Campo d’istruzione (1916).
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 77

mata ad Tabernulam (1314)562, il luogo detto ale Taberne seu ala Starcza (1456)563 e
un’ampia starza, verosimilmente la stessa di cui parliamo (1373564, 1386565, 1394566,
1395567, 1398568, 1457569).
Segnaliamo inoltre che a poca distanza dalla taverna, in aperta campagna, preci-
samente a Savignano, sono tuttora visibili i ruderi della cappella rurale di S. Secon-
dino (XI-XII sec.), citata nel 1241570 e nel 1269571, ancora in buone condizioni alla fine
del ‘700572. Sulla stessa strada statale n° 7 bis, in località Ordichella, si erge la chieset-
ta di S. Maria Sparanicoppula (XII-XIII sec.), citata nel 1265573, nota pure sotto il titolo
di S. Maria degli Angeli574. In località Cavallerizze nuove sorge invece la cappella
rurale di S. Maria delle Grazie (XVIII sec.)575, già di patronato del duca di Lusciano,
oggi secolarizzata.

Un padre di Pantuliano disperato per la prigionia dei suoi figli nel 1381

Dalla lettura di un’importante carta vendicionis del 17 luglio 1381, ind. IV, appren-
diamo che Tommaso Friocius, de villa Pantoliani, pro certis suis negociis arduis et necessitatibus
peragendis, nonché pro redempcione filiorum suorum existencium captivorum aput malandrenos,

562
«Pecia terre sita in pertinenciis ville Savignani, in loco ubi dicitur ad Tabernulam [..…], coniuncta vie
publice (A.S.A.C., pergamena della Curia n. 1436).
563
«Peciola terre sita in pertinenciis ville Savignani, in loco ubi dicitur ale Taberne seu ala Starcza, iuxta
viam puplicam» (A.S.A.C., pergamena della Curia n. 1695).
564
«Starzia in qua sunt domus et possessiones, sita in villa Savignani: finis terra monasterii S. Marie
de Maiellis in Capua. Il magister Guillelmus de Boyano, medicinali scientia professor, habitator Capue, compra
la predetta starza a magnifico viro dompno Nicolao Iulio, comite Satriani» (1373, A.S.A.C., pergamena del
Capitolo n. 1252); «in pertinenciis ville Savignani, finis terra magistri Guillelmi de Boyano, fisici»
(1383, A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1396).
565
«Petia terre modiorum septem, sita in pertinenciis ville Savignani, in loco ubi dicitur la Starza, co-
niuncta vie puplice» (A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1445).
566
«Starcia seu terra cum domibus sita in villa Savignani, finis via puplica, finis terra monasterii S.
Marie de Magellis» (A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 1518).
567
«In pertinenciis ville Savignani, in loco ubi dicitur a la Starcza, iuxta semitam publicam» (Regesti
Iannelli).
568
«Petia terre sita in pertinenciis ville Savignani, in loco ubi dicitur a la Starza» (A.S.A.C., pergamena
del Capitolo n. 1544).
569
«Starcia cum domibus sita in villa Savignani, iuxta vias puplicas, iuxta terram Iacobucii Carbini,
pannorum mercatoris de dicta civitate Capue, iuxta terram monasterii S. Marie de Magellis in Capua»
(A.S.A.C., pergamena del Capitolo n. 2179).
570
G. BOVA, Le pergamene sveve, cit., III, 139, 320.
571
ID., Le pergamene sveve, cit., IV, 453.
572
F. GRANATA, Storia sacra, cit., II, 74.
573
G. BOVA, Le pergamene sveve, cit., 234.
574
F. GRANATA, Storia sacra, cit., II, 73.
575
Ivi, 58.
78 Introduzione

fu costretto a vendere per diciassette once d’argento (1,20 kg.) due sue pezze di terra
al canonico capuano Tommaso de Ayrola e a una certa Cunticia, abitante a Capua, la
quale agiva anche a nome di suo figlio, il notaio Giacomo Spagnolo. La pezze erano
site presso Pignataro, in loco ubi dicitur S. Brancacius e in loco ubi dicitur a Pontise576.
Non è facile individuare un preciso riferimento storico al doloroso episodio nar-
rato, ma forse non andiamo molto lontano dal vero nell’ipotizzare che i fratelli siano
stati fatti prigionieri durante i torbidi che seguirono all’investitura del Regno di Napoli
da parte di Carlo III di Durazzo (1381-1386), detto anche Carlo d’Ungheria. Sappia-
mo infatti che il re entrò il 25 giugno 1381, con un piccolo esercito di soldati unghe-
resi, nei confini del regno in Terra di Lavoro577. Così riferisce in generale il Granata:
«[Carlo III] giunse poi in Napoli, ove superato l’esercito d’Ottone d’Este, s’impa-
dronì della città e de’ castelli; e già se gli rese anche la regina [Giovanna I d’Angiò] a’
26 agosto del 1381, che si fece dal re Carlo custodire in un appartamento del castello
di S. Eramo […]. Onde a’ 12 maggio, o come altri vogliono a’ 22 maggio del 1381,
il re Carlo di Durazzo nel castello di Muro in Basilicata […] fé affogare [la regina
Giovanna]»578.

Alcune prerogative dell’arcivescovo di Capua

Solo gli studiosi della storia sacra di Capua sanno che l’arcivescovo Alfano (1153-
1182) e i suoi successori avevano anche il titolo di rettore e custode della chiesa di
S. Maria Maggiore, nell’antica Capua, come si legge in una pergamena del 1153, ind.
I, conservata nell’Archivio Arcivescovile: «Alfanus sola Dei clemencia archiepisco-
pus ecclesie sancti prothomartiris Stephani et Agathes huius Capuane sancte sedis,
quam et custos et rector ecclesie sancte Marie maioris»579.
Nel 1174 Alessandro III confermava allo stesso Alfano lo ius metropoliticum su
nove diocesi: episcopatum Aquinatem, episcopatum Venafranum et Iserniense, episcopatum
Theanensem, Suessanum, Calinensem, episcopatum Calvensem, episcopatum Caiacensem, episco-
patum Casertanum580.
Lo stesso privilegio fu confermato anche da Innocenzo III nel 1208. In tale do-
cumento veniva altresì ribadita la sentenza relativa alla vertenza tra l’arcivescovo
Alfano e la badessa del monastero di S. Maria delle Monache a Capua, con la quale
il monastero veniva dichiarato soggetto all’arcivescovo. Il papa accordava infine al
prelato l’uso del pallio, come insegna della giurisdizione arcivescovile, in alcune fes-
tività:
576
Cf Appendice XLIII, nella presente edizione.
577
M. SCHIPA, Carlo III di Durazzo, re di Napoli, in Enciclopedia Italiana, IX, Roma 1949, sub voce.
578
F. GRANATA, Storia civile della fedelissima città di Capua, II, Napoli 1752, 72 (cf pure F. CIOCIOLA, Le
Settecentine, cit., 136).
579
G. BOVA, L’episcopato normanno a Capua e l’inedito manoscritto di Gabriele Iannelli, «Studi Storici e Reli-
giosi», 1 (1998), 25s.
580
M. MONACO, Sanctuarium, cit., 594-97; G. BOVA, Le pergamene angioine, cit., III, 349ss.
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 79

«in Nativitate Domini, epiphania, iipapanti, dominica in ramis palmarum,


coena Domini, Sabbato Sancto, Pascha, feria secunda post Pascha, Ascensionis,
Pentecosten, tribus festivitatibus sancte Marie, natalis sancti Ioannis Baptiste,
solemnitate omnium Apostolorum, commemoratione Omnium Sanctorum,
dedicationibus ecclesiarum, ecclesie tue principalibus festivitatibus, consecrationibus
episcoporum, ordinationibus clericorum et anniversario tue consecrationis die»581.

Il Pontificale e il Breviario Capuano

Dalle notizie raccolte nel secolo scorso dal canonico Gabriele Iannelli (1825-
95)582, apprendiamo che nella Biblioteca Casanatense a Roma è custodito il Ponti-
ficale di Landolfo vescovo di Capua (863-79)583, del IX secolo, secondo quanto egli
aveva letto dal Paciaudi584 e dal Natale585.
L’attribuzione però è stata smentita di recente dall’insigne paleografa statunitense
Virginia Brown (1940-2009), la quale ha affermato che il libro liturgico risale invece
al X secolo ed è appartenuto a un omonimo «prélat bénéventain, à savoir Landulphe
I (957-982), qui en fut le propriétaire. On peut voir sur notre exemple l’ex libris
LANDOLFI EPISCOPI SUM, ce qui n’a rien d’étonnant puisqu’il s’agit d’un pontifical»586.
Per quanto riguarda invece il Breviario Capuano, esso fu stampato a Capua il 10
marzo 1489 dal tipografo Cristiano Preller587. Dallo studio delle pergamene di Ca-
pua sappiamo di copie manoscritte del Breviarium risalenti a epoche anteriori, per
esempio al 1252, al 1306, al 1356, al 1384, al 1423588.

581
F. GRANATA, Storia sacra, cit., II, 142-45; G. BOVA, Le pergamene angioine, cit., III, 352ss.
582
A proposito del canonico Iannelli, dobbiamo lamentare come sia scomparsa parte di un suo ma-
noscritto conservato nel Museo Campano, relativo ai vescovi moderni di Capua dal 1500 al 1800.
Fino al XVI secolo abbiamo pubblicato noi i fascicoli concernenti i vescovi medievali della diocesi,
in appendice ai nostri volumi di edizione di pergamene. Ricordiamo che la parte relativa ai vescovi
moderni era molto consistente, ricca di preziose citazioni di documenti andati poi distrutti in seguito
al bombardamento di Capua del settembre 1943.
583
G. BOVA, Il Pontificale e il Breviario dei più antichi vescovi di Capua. Da un manoscritto inedito di Gabriele
Iannelli, in ID., Tra Capua e l’Oriente, cit., 145-70.
584
P.M. PACIAUDI, De sacris christianorum balneis, Romae 1758, 58s.
585
Lettera dell’abate Francescantonio Natale intorno ad una sacra colonna de’ bassi tempi eretta al presente dinanzi
all’atrio del Duomo di Capua, Napoli 1776, 12.
586
V. BROWN, Origine et provenance des manuscrits bénéventains conservés à la Bibliothèque Capitulaire, in La
Cathédrale de Bénévent (Esthétiques et rituels des Cathédrales d’Europe. Collection dirigée par Marcel
Pérès, Centre Européen pour la recherche et l’interprétation des musiques médiévales, 1), Ludion,
Gand-Amsterdam 1999, 159.
587
G. GUERRIERI, Il primo libro stampato a Capua, «Capys», 1 (1966), 3-7. La studiosa riferisce che l’Indice
Generale degli Incunaboli delle Biblioteche Italiane ne registra 4 copie, mentre il manuale tedesco Gesamtkata-
log der Wiegendrucke ne riporta 6 esemplari.
588
G. BOVA, Il pontificale e il breviario, cit., 147s.
80 Introduzione

Al Breviario Capuano si interessò anche il cardinale Carlo Borromeo, arcivescovo


di Milano (1560-84), perché gli era stato detto che nella diocesi di Capua era in uso
l’antico rito ambrosiano589. All’epoca pare che l’arcivescovo Niccolò Gaetano di Ser-
moneta (1546-49; 1561-72) abbia inviato al Borromeo il messale, il breviario e il ce-
rimoniale della Chiesa Capuana590. Non sappiamo quali testi liturgici eventualmente
abbia spedito il Sermoneta, ma è certo che nella Biblioteca Ambrosiana è attual-
mente custodito l’incunabulo n. 532, una copia appunto del Breviarium Capuanum.
I Breviari Capuani dati alle stampe, secondo il canonico Gabriele Iannelli (1825-
1895), sono sei dal 1489 al 1809, ai quali va aggiunto un settimo pubblicato dal
cardinale Alfonso Capecelatro (1880-1912) nell’anno 1888 e ristampato pure nel
1903, nonché un ottavo edito a cura dell’arcivescovo Tommaso Leonetti (1962-
1978) nell’anno 1977591.
A titolo di curiosità, aggiungiamo che nella biblioteca del canonico Pasquale Vas-
tano (1881-1961)592, già segretario del cardinale Capecelatro, è custodito oltre al Bre-
viario Capuano voluto dallo stesso porporato, anche il Breviarium Romanum pubblicato
a Venezia nel 1733, ex typografia Balleoniana.
In appendice alla pars hiemalis di quest’ultima opera, è stato aggiunto in un secondo
momento l’Officium S. Agathae, virginis et martyris, cum eius octava, cathedralis ecclesiae Capuanae
titularis, pubblicato una prima volta a Napoli a cura dell’arcivescovo Giuseppe Bologna
(1691-1697) nell’anno 1694, per i tipi di Giovanni Francesco Pace, e di nuovo dall’arcive-
scovo Nicola Caracciolo (1703-1728) nell’anno 1707, a spese di Giuseppe Gessari593.
In appendice poi alla pars verna della stessa opera, oltre al Proprium SS. Hispanorum,
alla data 26 aprile è stato aggiunto l’Officium Beatae Mariae Virginis de Bono Consilio
concessum clero civitatis et archidioecesis Capuanae a Pio papa IX, sub die 18 iulii 1851594.

S. Maria Capua Vetere, Santa Pasqua 2015

GIANCARLO BOVA

589
C. MARCORA, Relazione epistolare dell’arcivescovo di Capua Cesare Costa coi Borromeo: S. Carlo e il cardinal
Federico, in Michele Monaco e il Seicento capuano, Salerno 1980, 257-79.
590
Ivi, 269.
591
Per tutta la questione, cf G. BOVA, Il pontificale e il breviario, cit., 151-54.
592
G. BOVA, La biblioteca sammaritana del canonico Vastano (1881-1961), «Capys», 26 (1993), 3-27.
593
Breviarium Romanum ex decreto Sacrosancti Concilii Tridentini restitutum, S. Pii V pontificis Maximi iussu
editum, Clementis VIII et Urbani VIII, auctoritate recognitum, cum officiis sanctorum, novissime per summos pontifices
usque ad hanc diem concessis, in quatuor anni tempora divisum. Pars hiemalis, Venetiis, ex tipografia Balleoniana
1733.
594
Ivi, Pars verna, Venetiis 1733.
Capua ai tempi di Carlo I d’Angiò 81

Crocifisso nel tempio di S. Luca Evangelista a Casapulla (Massimiliano De Luca)


82 Giancarlo Bova

Pergamena della Curia n. 183 bis, del 1272 (A.S.A.C.)

Potrebbero piacerti anche