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Il diritto proprietà

Il più importante codice civile dell'800 (code Napoléon) definisce la proprietà come il
diritto di godere e di disporre delle cose nella maniera più assoluta, purchè non se ne
faccia un uso proibito dalle leggi o dai regolamenti. → la stessa formula si ritrova nel
codice civile italiano del 1865. → E' una nozione che sul piano teorico ricalca il
paradigma romanistico della proprietà come diritto che attribuisce al proprietario una
gamma di poteri tendenzialmente illimitata. Questo paradigma andava bene per le
esigenze dell'economia del XIX secolo, caratterizzate dal primato della borghesia
proprietaria e da una concentrazione della ricchezza saldamente ancorata al bene
della terra.
Se dall'800 ed i suoi codici si passa al 900e al codice civile del 1942, il panorama
cambia completamente sul piano sistematico.
Nel codice civile vigente, successione mortis causa, contratto ed obbligazione
occupano uno spazio autonomo rispetto alla proprietà (disciplinata nel libro III). Il
contratto, nel nostro ordinamento giuridico, opera sia come modo di acquisto dalla
proprietà, sia come fonte delle obbligazioni. → tutto questo è sintomatico di una
profonda trasformazione nel modo di intendere la ricchezza.
In circa 100 anni si era passati da una società di capitalismo allo stato nascente ad una
società di capitalismo industriale, fortemente caratterizzata dalle esigenze della
produzione e dello scambio. Il codice civile del 1942 realizza l'unificazione del diritto
privato e con esso, la proprietà perde il suo ruolo centrale e diviene uno tra gli istituti
privatistici. Anche il trattamento riservato alla proprietà dalla costituzione del 1948 è
significativo della mutata concezione della stessa. Il diritto di proprietà trova un
esplicito riconoscimento all'art 42 comma 1 della costituzione, dove però nel comma
2 se ne proclama la funzione sociale.

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