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Roma, dicembre 2020

Conferenza su Pio XII


Un profilo umano e storico
a cura di Giovanni Rizzardi Rossignani
E’ assolutamente impossibile trattare in maniera esauriente, in poche pagine, tutti i
molteplici aspetti che riguardano la persona di Pio XII per il ruolo di primo piano
che ha svolto durante oltre mezzo secolo con un’attività intensissima. Inizia già
all’età di 23 anni come segretario della Congregazione per gli Affari Straordinari,
nominato vescovo, sarà Nunzio apostolico in Germania. Nel 1929 verrà nominato
Cardinale e ricoprirà la carica di Segretario di Stato ed infine, eletto Capo della
Chiesa Cattolica, lo sarà per quasi vent’anni. (19 anni ed 8 mesi per la precisione).
Un articolo a parte necessiterebbe per trattare, solo sommariamente, la sua
intensissima attività pastorale, avendo promulgato oltre quaranta encicliche e
pronunciato una miriade di discorsi conservati in ben 12 volumi.
In questo articolo mi limito a trattare alcuni aspetti della sua personalità, alcune
notizie e avvenimenti della sua vita che ci possono aiutare a formarci una idea
aderente alla realtà della sua persona, che per vari motivi e da più parti è stata
oggetto di valutazioni non solo ingenerose ma decisamente calunniose come
vedremo in appresso.
Per un rapporto di stretta parentela, in quanto suo pronipote ebbi modo di
incontrare Pio XII durante tutta la mia giovinezza e mio tentativo, scorrendo le
successive fasi della sua lunga vita, vuole essere quello di far percepire, attraverso
aneddoti della sua vita e la descrizione del suo modo di agire, qual’era il suo carattere
di uomo e lo spirito della sua vocazione sacerdotale in maniera che a seguito di
questa lettura, spero, si possa quasi immaginare di averlo incontrato.
Personalmente ho un ricordo vivissimo della sua amabilità nei confronti di noi suoi
pronipoti, radunati intorno alla sua poltrona quando andavamo a visitarlo nella
ricorrenza del Natale o del suo onomastico. In quelle occasioni i più coraggiosi di
noi recitavamo una poesia che egli ascoltava con vivo interesse e riconoscente
cordialità. Due fatti mi colpivano particolarmente, il primo che il Papa con evidente
competenza era in grado di trattare delle più recenti scoperte della medicina con un
mio cugino, dottorando medico e il secondo che persino il giorno di Natale, si
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concedeva poco più di un’ora per questo incontro con la famiglia, per non sottrarre
tempo alle sue gravi responsabilità.
Il ché mostra l’amabilità ma anche una certa austerità che caratterizzò la sua
relazione con la famiglia.
Quale era dunque il carattere e la personalità di Pio XII?
Fin da bambino insieme al fatto di essere molto volitivo si riscontrava nel suo
carattere un tratto di gentilezza e amabilità verso tutti.
È interessante ai fini di comprendere la sua personalità vedere quale è stata la sua
formazione educativa. Già all’età di circa otto anni i suoi genitori, desiderosi che la
sua formazione non rimanesse limitata all’ ambiente familiare lo affidarono alle cure
del Padre Lais, sacerdote oratoriano conosciuto per la sua erudizione e per le sue
ricerche in campo astronomico, che contribuì fin dalla tenera età alla formazione del
piccolo Eugenio.
All’inizio dell’anno scolastico 1885-86 Eugenio che ormai aveva nove anni, doveva
essere iscritto a una scuola media; suo padre non scelse una delle ottime scuole
medie private di ispirazione cattolica, bensì il ginnasio liceo Ennio Quirino Visconti,
che a causa della preparazione scientifica e la competenza didattica dei suoi
professori aveva una ottima reputazione, ma in cui, proprio nel contesto della
questione romana dominava una mentalità notoriamente anticattolica.
Quando Eugenio aveva ormai raggiunto l’età di circa 15 anni, successe ciò che
d’altronde era prevedibile:
Egli entrò in una crisi profonda dovuta alla ormai lunga convivenza con maestri che
egli stimava e con i quali esistevano rapporti reciproci di benevolenza e cordialità.
Come è possibile si chiedeva il giovane, che persone cosi erudite e buone non
sentano nessun bisogno di Dio, anzi sono convinte che Dio non esiste affatto. Da lì
c’era solo un passo per la domanda: è se Dio effettivamente non esistesse? Questa
domanda tormentava il giovane che affidò il grido della sua disperazione ad alcuni
fogli che sono poi giunti alla posterità e sono tutt’ora conservati. Questa crisi non
durò a lungo, ma dimostra come Pacelli durante la sua adolescenza sia passato anche
attraverso questi dubbi di fede e li abbia poi superati con una umilissima preghiera
che il giovane rivolse a Dio, chiedendogli di liberarlo da questo tormento. Allora
tornò la serenità e la predetta tentazione non si ebbe mai più, si consolidò invece fin
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da allora una profonda fede che lo sostenne fino alla fine della sua vita e che
edificò tutti coloro che gli furono vicini.
Le pagelle che lo studente Pacelli ha ricevuto in quegli anni dimostrano due cose e
cioè che questo giovane era particolarmente dotato intellettualmente, ma anche che
mise a frutto questi suoi talenti con un lavoro impegnativo e quanto mai assiduo.
La sua memoria fuori del comune per merito anche della sua forte determinazione
gli permise di imparare facilmente svariate lingue e di pronunciare i suoi discorsi
senza doverli leggere.
La sorella di mia madre Elena, che lo aveva accompagnato quando si recò in
Argentina per celebrare il Congresso Eucaristico nel 1934, mi disse che lo zio
cardinale apprese lo spagnolo durante il mese di viaggio in nave in modo tale da
essere in grado di pronunciare i suoi discorsi nell’idioma locale.
Mia nonna mi raccontava che quando da ragazzi andavano insieme ad un concerto o
altro spettacolo Eugenio si portava un libro di studio da leggere durante la pausa tra
un atto e l’altro. Considerava prezioso il tempo che non andava sprecato e questo fu
una costante nella sua vita fino alla morte nell’utilizzo del tempo al servizio di Dio.
Si narra che quando ormai Papa gli fu recapitato un rasoio elettrico ne fu entusiasta
perché, diceva, questo oggetto mi fa risparmiare alcuni minuti.
Alla fine dell’anno scolastico 1893/94, conseguì la maturità che gli fu concessa con
lode.
Sarebbe tuttavia un errore credere che il giovane Pacelli si interessasse soltanto dello
studio. È noto che amava vari tipi di sport, in modo particolare cavalcare, nuotare e
remare.
Eugenio inoltre amava particolarmente la musica, e nel corso degli anni, grazie a
quotidiane esercitazioni divenne capace di suonare il violino con notevole maestria.
Volentieri assisteva a concerti e rappresentazioni liriche.
E durante questi anni di scuola è da menzionare un fatto importante e significativo.
Pacelli fu molto amico di un suo compagno di nome Guido Mendes – si trattava di
un giovane ebreo di famiglia ortodossa. I due ragazzi si incontravano spesso, anche
fuori della scuola, ora in casa Pacelli, ora in casa Mendes. Scherzosamente si dice che
il Pacelli era l’unico futuro Papa che avesse mai preso parte a un pranzo kosher, cioè
preparato secondo le stringenti leggi ebree riguardanti le norme da osservare nella
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preparazione dei cibi. Ben più importante è il fatto che i due ragazzi discutevano di
tutto, anche di religione che si scambiavano dei libri che fornivano informazioni più
dettagliate a tale proposito e pare che Eugenio chiese e ottenne dal padre di Guido i
libri della Torà per approfondirne lo studio e a tal fine inizio lo studio della lingua
ebraica.
Dopo la maturità le loro strade si divisero. Tuttavia i due amici occasionalmente
continuavano ad incontrarsi. Quando puoi nel 1938 il Mendes, in seguito alle leggi
antisemite, proclamate da Mussolini, perdette il suo posto di lavoro fu l’allora
Cardinal Segretario di stato Eugenio Pacelli a facilitargli la possibilità di recarsi con la
sua famiglia in Svizzera, da dove poi potette partire per la Palestina. I due amici
mantennero i loro contatti e quando il 9 ottobre 1958 PIO XII morì, l’allora ormai
famoso chirurgo israeliano il Prof. Guido Mendes pubblicò in suo onore un
commosso e commovente necrologio.
Non foss’altro, se all’interno della tradizione cattolica potevano essere presenti dei
pregiudizi nei confronti degli ebrei questa è una prova che Pacelli, proprio per la sua
educazione di ampie vedute, ne fu indenne.
Con l’esame di maturità si concluse nell’anno 1894 la prima fase della sua
formazione. Dopo questo esame egli si ritirò per accertare in modo definitivo se
Dio lo chiamava in modo definitivo al sacerdozio. Essendo giunto alla conclusione
che questa era effettivamente la volontà del Signore, l’ormai diciottenne Pacelli
senza indugi si iscrisse al prestigioso “Almo Collegio Capranica”.
Il 2 aprile 1899, precisamente nella domenica di Pasqua Eugenio Pacelli ricevette
l’ordinazione sacerdotale.
Egli volle celebrare la sua prima Messa nella cappella Borghese dedicata alla
Madonna col titolo di “Salus Populi Romani” nella Basilica di S. Maria Maggiore.
Infatti il suo profondo amore per la SS. Vergine lo accompagnò per tutta la vita fin
dall’infanzia quando sua madre lo trovò inginocchiato in chiesa in conversario con la
Madre Celeste. Sarà lui durante il suo pontificato a proclamare il Dogma
dell’Assunta.
Poco tempo dopo (in seguito ad una segnalazione dell’Università Gregoriana dove il
Pacelli si era iscritto alla Facoltà di Filosofia) si presentò alla sua abitazione nella casa
paterna il Mons. Pietro Gasparri (futuro segretario di stato dei Papi Benedetto XV e
Pio XI) per indurlo ad entrare nel servizio diplomatico della Segreteria di Stato.
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E’ significativo ricordare che contrariamente a quanto il Monsignore si aspettava, il
giovane neo-sacerdote gli dichiarò in forma molto ferma e decisa che non era in
nessun modo la sua intenzione di intraprendere la carriera diplomatica e che invece
l’unico suo desiderio era quello di potersi dedicare come sacerdote al servizio
pastorale dei fedeli in una parrocchia.
Gli fu allora rivolta la domanda se egli intendeva davvero opporsi alla volontà del
Santo Padre? Fu unicamente per questo motivo di lealtà verso il Sommo Pontefice
che egli accettò di entrare nella Congregazione per gli affari Straordinari della
Chiesa.
In un libro recentemente pubblicato dal Dr. Johan Ickx, direttore dell’Archivio della
segreteria di Stato del Vaticano, con prefazione del Cardinale Parolin si parla di un
inaspettato e improvviso cambiamento di atteggiamento da parte della Santa Sede
nei confronti del popolo belga e degli alleati durante la prima guerra mondiale e in
particolare del rigetto della falsa propaganda tedesca in giustificazione del famoso
saccheggio della Libreria di Lovanio e delle distruzioni di città belghe e francesi
perpetrate dall’esercito tedesco. L’autore, partendo da due documenti sconosciuti
ritrovati nell’archivio, mostra come fu per ispirazione e impulso dell’allora Mons.
Pacelli che l’attitudine della Santa Sede verso gli Alleati cambiò positivamente. Una
fin’ora sconosciuta intensa attività di Pacelli durante i primi anni della Prima Guerra
Mondiale viene messa così in luce, comprovando La sua capacità di analisi degli
eventi e di giudizio fin da quegli anni e il suo atteggiamento di simpatia verso gli
alleati piuttosto che verso la politica dell’impero tedesco.
I vistosi successi ottenuti dal Pacelli già nella prima fase del suo servizio alla Santa
Sede impressionarono Papa Benedetto XV e lo indussero in data 23 aprile 1917 a
nominare il Pacelli Nunzio Apostolico in Baviera con sede a Muenchen.
Pochi giorni dopo, il 13 maggio fu lo stesso Pontefice che nella cappella Sistina
conferì a Pacelli la consacrazione vescovile conferendogli la dignità di Arcivescovo
titolare di Sardi proprio nel giorno che la Madonna appariva a Fatima e questa non è
una coincidenza casuale.
Nei preparativi per la sua partenza per la Baviera il Nunzio chiese di avere un intero
vagone a sua disposizione tanto che il funzionario del governo bollò come “manie
di grandezza” le pretese di Pacelli senza comprendere che lo spazio sarebbe servito
al Nunzio per riempire il vagone di viveri e indumenti da distribuire alla popolazione
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una volta giunto a destinazione. Anche in questa occasione vediamo la sua volontà
di agire concretamente nello spirito del Vangelo.
La sua intensa attività caritativa durante i dodici anni della sua permanenza in
Germania prima a Monaco di Baviera dal ‘17 al ’25 e successivamente a Berlino dal
’25 al ‘29 ci può aiutare a comprendere ulteriormente quale era il suo carattere e
quale era in ultima analisi uno degli aspetti più tipici della sua personalità, cioè la sua
capacità di rendersi acutamente conto delle sofferenze altrui, di condividerle
spontaneamente fino in fondo e che questa sua sensibilità lo spinse a fare tutto il
possibile per alleviare tali sofferenze.
Egli si rese perfettamente conto della tragica situazione di quegli anni dove a causa
del conflitto la popolazione era sottoposta a gravi sofferenze e privazioni.
E’ storicamente certo che in quegli anni Eugenio Pacelli cercò in ogni modo
possibile di alleviare tali sofferenze, specialmente quelle dei meno abbienti che non
potevano ricorrere al pure esistente mercato nero, distribuendo ai poveri tutto il
denaro del quale poteva disporre.
La sua attività pastorale non si limitava però solo a favore della popolazione tedesca.
Ripetute volte egli visitò i campi nei quali vivevano gli ufficiali e soldati prigionieri
specialmente francesi e italiani. Si intratteneva con loro per incoraggiarli, per offrire
a chi lo desiderava i sacramenti ed altri aiuti, in particolare, con il dovuto permesso
delle autorità tedesche, egli facilitava i contatti con le loro famiglie.
Tutta questa attività, così evidentemente frutto della sua bontà, era molto apprezzata
e non mancano i documenti storici che attestano di quanti soldati non più praticanti,
colpiti dalla sua carità siano tornati in seno alla Chiesa.
In modo particolare egli si dedicò con particolare impegno a quei prigionieri così
gravemente feriti che non potevano più essere inviati al fronte. Tramite la sua opera
circa 60.000 di tali militari poterono ritornare alla loro rispettiva patria.
La firma del concordato con la Prussia protestante e socialista il 14 giugno 1929, che
in Vaticano fu considerato un vero miracolo e permise la riorganizzazione delle
diocesi tedesche, segnò la fine della Nunziatura di Pacelli in Germania.
Prima di lasciare la Germania il Presidente della Repubblica il feldmaresciallo Paul
von Hindenburg in modo molto amichevole e caloroso ringraziò il Pacelli per tutto
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quello che aveva fatto per il suo paese mentre la popolazione di Berlino e non
soltanto quella cattolica si congedò da lui con straordinarie ed inusitate ovazioni.
Quando Pacelli ebbe notizia che il Papa Pio XI voleva crearlo cardinale reagì in
modo perfettamente identico a quello di lui giovane neo-sacerdote. Egli supplicò
Pio XI di non promuoverlo cardinale, ma nominarlo invece vescovo di una diocesi
di dimensioni medie. Pur apprezzando questo atteggiamento il Papa non cedette al
suo proposito e nel concistoro del 16 dicembre 1929 lo creò cardinale e poco dopo
il 7 febbraio 1930 lo nominò suo Segretario di Stato.
Seguirono i nove anni della stretta collaborazione tra Pio XI ed il suo segretario di
stato Pacelli. E’ noto che essi avevano caratteri molto diversi: il Papa notoriamente
autocratico, piuttosto impulsivo ed irruente, il Pacelli più riflessivo e conciliante.
Furono tempi molto difficili per la Chiesa Cattolica ed il suo governo.
Nel 1936 era iniziata in Spagna la guerra fratricida tra le truppe filocomuniste e
quelle del caudillo Francisco Franco. Nonostante la Conciliazione firmata nel 1929
tra il Vaticano e il governo di Mussolini i rapporti con l’Italia erano complessi e
spesso tutt’altro che cordiali.
In Germania, il 24 marzo del 1933 Hitler, con il decreto dei pieni poteri votato dal
parlamento, ascendeva al potere in modo legittimo col titolo di Cancelliere del
Reich. Era ancora presidente Paul von Hindenburg, ma l’anno successivo Hitler
prendeva il titolo di Fuehrer e iniziava la sua dittatura. Nonostante il Concordato del
1933, voluto da Pio XI, che avrebbe dovuto garantire il diritto di libertà della
religione cattolica, Hitler sistematicamente perseguitava i cattolici. Ciò provocò
durante quattro anni oltre una cinquantina di proteste sempre più dure di Pacelli che
culminarono nell’Enciclica “Mit brennender Sorge” (Con bruciante Preoccupazione) del
1937.
Questa Enciclica fu ordinata al suo segretario da Pio XI. Il testo preparato dal
cardinal Faulhaber fu però riscritto e reso molto più incisivo da Pacelli e costituì a
tutti gli effetti una formale condanna di tutta l’ideologia nazista.
Distribuita in gran segreto l’enciclica fu letta in tutte le Chiese della Germania il
giorno della Domenica delle Palme ed ebbe una risonanza straordinaria non solo in
Germania ma in tutto il mondo.
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La reazione di Hitler non tardò. Fu brutale e costò la vita a centinaia di innocenti
non solo ebrei ma anche a sacerdoti e monache cattolici.
Il 12 marzo del ’38 con l’Anschluss l’Austria viene annessa alla Germania nazista per
formare la “grande Germania”
Dobbiamo menzionare che, attraverso le sue iniziative, già in questo periodo, ogni
sorta di attività furono messe in atto per aiutare gli ebrei appena i primi sintomi della
loro persecuzione ebbero luogo. Infatti immediatamente dopo la cosiddetta “Notte
dei cristalli” tra il 9 e il 10 novembre del 1938, che diede il via alla persecuzione
ebraica, il cardinal Pacelli si rivolse a tutti i vescovi del mondo cattolico chiedendo
200.000 visti per ebrei tedeschi che potessero in tal modo espatriare verso l’America
del sud o del centro. In quel momento era ancora possibile per gli ebrei di lasciare la
Germania naturalmente senza denaro. Più tardi la situazione cambiò e la strategia di
soccorso dovette essere modificata.
Dal momento che Pio XI desiderava che il suo Segretario di Stato “conoscesse il
mondo e il mondo conoscesse lui” come lo stesso Papa ebbe l’abitudine di dire,
Pacelli fu inviato in varie nazioni.
Nel settembre 1934 sarà a Buenos Aires, come ho già accennato, quale legato di Pio
XI al 32°Congresso Eucaristico Internazionale. Nell’aprile del 1935 sarà a Lourdes
per la Chiusura dell’Anno Santo della Redenzione. Nell’ ottobre del 1936 compie
una lunga visita negli Stati Uniti d’America, durante la quale visitò una ottantina di
diocesi e varie Università. Per risparmio di tempo fece tutti questi spostamenti in
aereo, il che gli valse il soprannome di “cardinale volante”. Durante la sua
permanenza il Presidente Franklin D. Roosevelt, appena eletto, diede un pranzo alla
Casa Bianca in suo onore. A seguito di questo incontro si stabilirono tra i due
uomini di stato rapporti di amicizia e di reciproco rispetto; ne è un indizio il fatto
che le lettere indirizzate in seguito da Roosevelt a Pio XII inizieranno con le parole:
“My dear old friend”.
Nel luglio del 1937 consacra la cattedrale delle Rose a Lisieux in occasione del 11°
Congresso Nazionale Eucaristico con una affluenza oceanica di fedeli. In questa
occasione nella cattedrale Notre Dame di Parigi pronunciò un celebre discorso
focalizzato sulla tradizione cristiana della nazione francese.
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Infine nel maggio del ’38 interviene come legato a Budapest in occasione del 34°
Congresso Eucaristico Internazionale e vi tiene discorsi in varie lingue che ebbero
grande risonanza.
In varie occasioni Pio XI non fa mistero del suo desiderio e speranza che il Pacelli
venga eletto suo successore, ed in effetti nel Conclave del 2 marzo 1939, che dura
un solo giorno e che coincide con il suo 63° compleanno Eugenio Pacelli viene
eletto quasi all’unanimità Vicario di Cristo. Sceglie il nome di Pio in onore dei tre
Pontefici che nel tempo della sua vita hanno governato la Chiesa ed entra nella
storia come Pio XII.
Dieci giorni più tardi il 12 marzo 1939 ha luogo la sua solenne incoronazione.
Incombevano i presagi di guerra e fin dall’inizio del suo pontificato Pio XII si batté
con tutte le sue forse per evitarne lo scoppio. Incisive le sue parole pronunciate alla
Radio il 24 agosto del ‘39: “nulla è perduto con la pace tutto può essere perduto con
la guerra”. Parole, ahimè, rimaste inascoltate.
Infatti un mese dopo, in settembre con l’invasione della Polonia da parte della
Germania nazista e dell’Unione Sovietica ha inizio la seconda guerra mondiale. Un
anno dopo tra il maggio e il giugno del ’40 ebbe luogo la campagna di Francia con
l’invasione del Belgio, dei Paesi bassi e del Lussemburgo.
Questa la situazione in cui venne a trovarsi Pio XII all’inizio del suo pontificato.
La sua immagine con le braccia spalancate che tutti conosciamo, simboleggia la sua
volontà di includere come in un grande abbraccio tutta l’umanità in un anelito verso
il cielo. Effettivamente tutta la sua vita fu una vibrante tensione verso Dio che si
esprimeva nella preghiera e nella totale dedizione ed eroico servizio a Cristo e alla
Sua Chiesa e si realizzava nella guida del suo gregge. Il suo impegno apostolico era
rivolto in primo luogo a indirizzare spiritualmente il popolo di Dio e, nella strenua
difesa del Depositum Fidei, preservarlo dagli errori che insidiavano la Fede, teso alla
costruzione concreta di una civiltà che, mettendo Cristo al centro, costituisse la più
valida salvaguardia degli inalienabili valori della persona umana.
Non mancò di preoccuparsi anche di problemi riguardanti lo sviluppo e l’equità
sociale e dove potette non risparmiò la sua generosità per raggiungere anche molto
lontano l’umanità bisognosa. Fu il Papa e il sacerdote impegnato in concretissime e
rischiose iniziative di sostegno ai perseguitati e in particolare agli ebrei (argomento
che tratterò in seguito più dettagliatamente).
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Esperto diplomatico era anche il pastore che scendeva in mezzo al suo gregge,
come fece nel quartiere di San Lorenzo ancora insanguinato, immediatamente dopo
il bombardamento.
In occasione del 58mo anniversario della sua morte Mons. Giuseppe Sciacca ebbe a
dire nella sua omelia: “durante la sua esistenza terrena e il suo lungo, variegato
molteplice servizio ecclesiale sempre in Lui pensiero e azione, contemplazione e
impegno concreto mirabilmente si compongono in unità.”
Come ho citato all’inizio durante il suo Pontificato Pio XII ha pubblicato ben
quaranta Encicliche tra le quali spiccano le seguenti:
L’Enciclica programmatica “Summi Pontificatis” del 29 ottobre 1939
La “Mystici Corporis” del 29 giugno 1943, che presenta la prima sistematica
esposizione di teologia dogmatica sulla natura della Chiesa;
La “Divino afflante Spiritu” del 30 settembre dello stesso anno, che tratta della
ispirazione divina della Sacra Scrittura e della retta interpretazione di essa.
La “Mediator Dei “del 20 novembre 1947 sulla sacra liturgia e infine
Con La “Humani generis” del 12 agosto 1950 Pio XII gettò un ponte di
straordinaria efficacia per l’incontro tra scienza e Fede.
Come ebbe a dire il Cardinal Siri le sue encicliche rappresentano una Summa che
deve essere tenuta presente e Giovanni XXIII le definì “un enciclopedia teologica”.
Per quanto riguarda l’insegnamento teologico di Papa Pacelli deve naturalmente
essere ricordata la solenne definizione dell’Assunzione in corpore et anima della Beata
Vergine Maria in cielo. Il fatto che la Madre di Cristo fosse stata assunta in cielo in
anima e corpo aveva fatto parte della tradizione cristiana per diciannove secoli ma fu
Pio XII a promulgarne il dogma nella Bolla “Munificetissimus Deus” del 1
novembre 1950. Prima della promulgazione di questo dogma Pio XII consultò e
ricevette senza eccezione l’approvazione dei vescovi di tutto il mondo.
In proposito vorrei menzionare che il 12 aprile del 1947 nella grotta, dove oggi
sorge il venerato Santuario delle Tre Fontane alle porte di Roma sulla Via
Laurentina, la Vergine apparve a Bruno Cornacchiola, che stava per diventare
pastore avventista e odiava la chiesa cattolica. Dopo questa apparizione l’uomo che
voleva uccidere il Papa, cambiò radicalmente la sua vita, fino a consegnare nel 1949
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a Pio XII il pugnale con il quale voleva ucciderlo. Nel suo messaggio la Vergine
rivelò a Cornacchiola, che il suo corpo non poteva morire - infatti non morì e non
poteva marcire – e infatti non marcì.
Un altro fatto straordinario avvenne due giorni prima della Promulgazione del
Dogma: Il Papa ebbe la stessa visione del miracolo del sole avvenuto a Fatima il 13
ottobre del 1917. Solo recentemente è apparso nell’archivio una nota a matita sul
retro di un foglio dove il Papa annota questo evento, che ha comunicato solo al
Cardinal Tedeschini con la preghiera di non farne menzione.
Questi due fatti, furono per Pio XII in questo suo stadio di riflessione e preghiera
una ulteriore conferma per la promulgazione del Dogma.
In sintesi si può dire che il magistero di Papa Pacelli è straordinariamente ricco,
anticipatore dei tempi e capace di illuminare ogni aspetto della vita cristiana ed ha
esercitato un notevole influsso sugli Atti del Concilio Ecumenico Vaticano II. Infatti
dopo le Sacre scritture costituisce la fonte più citata e nei documenti promulgati dal
Concilio si trovano ben 219 riferimenti agli insegnamenti di Pio XII, ma se si
considerano anche quelli contenuti negli interventi orali dei Padri conciliari questi
assommano a molte centinaia.
Troppo spesso si tralascia di sottolineare che Pio XII sin dall’indomani della sua
elezione aveva sentito l’esigenza di convocare un Concilio e già nel 1950 era pronto
il testo di una “Concilii ecumenici declaratio autentica”.
Ora è doveroso anche citare quanto questo Papa ha fatto per sollevare le sofferenze
fisiche e morali che affliggevano milioni di persone che si rivolgevano al Vaticano
per avere notizie dei loro cari dei quali, talvolta da anni, non avevano avuto alcuna
notizia e menzionare l’organizzazione messa in essere per assolvere a tale compito.
Inoltre va messo in luce l’apporto del suo insegnamento che, con l’autorità e la
dignità che aveva conquistato nell’opinione pubblica mondiale, ispirò il
riordinamento politico dell’Europa e del mondo dopo la fine della Seconda Guerra
Mondiale.
Da quanto fin qui esposto appare chiaro quanto sia ingiusto tacere e non
riconoscere che più di tanti altri uomini di stato Pio XII ha fatto tanto prima per la
conservazione della pace e poi, durante la guerra, per mitigarne gli effetti e a
proposito degli ebrei è storicamente certo che Pio XII si è prodigato e con successo
in azioni concrete per salvarne la vita.
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Se evitò delle fiammeggianti proteste lo fece perché era giustamente convinto che
esse non solo non avrebbero salvato la vita di nessun ebreo, ma che invece
avrebbero indotto Hitler a perseguitare in modo ancor più violento e crudele non
solo gli ebrei ma anche i cattolici viventi in Germania e nei paesi militarmente
occupati dagli eserciti nazisti.
Cito dal Libro “Pio XII e La Seconda Guerra Mondiale - La Verità documentale”
edito per iniziativa di un ebreo Gary L. Krupp. “molti furono gli sforzi per salvare la
vita degli ebrei perseguitati messi in atto dalla Chiesa cattolica durante la Seconda
Guerra Mondiale…… furono condotti in segreto per necessità……utilizzando
documenti falsi e parole in codice come ebrei convertiti. Questi atti salvarono
migliaia di vite in Ungheria, Slovacchia, Francia, Italia, Romania, Croazia e Polonia.”
Ma anche in Germania, Olanda e Belgio.
Non esistono in Vaticano dati assolutamente dettagliati riguardanti la cifra degli
ebrei direttamente salvati per ordini diretti di Pio XII ed è comprensibile che non si
volesse lasciar traccia di questa azione nascosta vista la minacciata occupazione
nazista del Vaticano ma da più fonti si parla di molte centinaia di migliaia.
Il diplomatico ebreo Pinchas Lapide, che era stato console israeliano a Milano
dichiarò che Pio XII “fu lo strumento di salvezza di almeno 700.000, ma forse
anche 860.000, ebrei che dovevano morire per mano nazista.”
Solo a Roma su un numero totale di abitanti ebrei di circa 8000 si calcola che ne
furono salvati oltre 6.500 grazie all’intervento del Papa che riuscì a fermare la
deportazione, come vedremo più in dettaglio appresso.
Nel tentativo di una più profonda comprensione della sua personalità voglio
menzionare alcuni suoi comportamenti che mostrano il suo costante desiderio di
condividere le sofferenze del suo popolo, la sua generosità il suo coraggio e il suo
profondo senso del dovere.
Durante l’intero periodo della guerra, per uno spirito di solidarietà con la
popolazione romana e condividerne le sofferenze, l’appartamento pontificio non fu
mai riscaldato e per tutta la durata del conflitto Pio XII non si recò mai nella
residenza estiva di Castel Gandolfo.
Non usò mai i rifugi antiaerei creati in Vaticano ma piuttosto nei momenti di
pericolo di probabili attacchi si recò nella sua cappella a pregare; e quando Roma fu
bombardata dagli alleati egli, senza indugio mentre i bombardamenti erano ancora in
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atto, si precipitò nel quartiere colpito di S. Lorenzo per portare il suo spirituale
conforto ed anche qualche aiuto economico a coloro che avevano perso ogni cosa.
Durante l’occupazione nazista nel 1943, conscio dell’attendibile informazione che
Hitler intendeva deportarlo, come in effetti risulta dai documenti, si oppose
drasticamente a progetti propostigli di espatrio, fermamente determinato a restare al
suo posto malgrado il pericolo. Piuttosto stabilì che, in caso di deportazione, lui
avrebbe rinunciato al pontificato e sarebbe ritornato ad essere semplicemente il
Cardinal Pacelli.
Quando nel settembre del ’43 l’Italia firmò l’Armistizio con gli Alleati, Mussolini fu
arrestato e l’esercito tedesco invase l’intero paese, Roma fu abbandonata dal
Governo ufficiale e il Re scappò al Sud, la sola Autorità che rimase nella capitale fu
quella di Pio XII.
A questo punto desidero citare un fatto di estremo significato per le sorti del
conflitto.
E documentato negli atti della Positio per la Causa di Canonizzazione che il Gen.
Wolff, come egli stesso ha deposto sotto giuramento il 28 marzo 1972 a Monaco di
Baviera, desiderava ottenere una udienza personale con Pio XII e la ottenne
attraverso la mediazione della principessa Bourbon-Parma vedova Agnelli. Ella si
adoperò in tal senso per riconoscenza del fatto di essere stata fatta liberare con la
mediazione di Wolff dopo il suo arresto eseguito dalla polizia italiana a causa di sue
imprudenti esternazioni telefoniche. Il Generale nella sua deposizione spiega che era
interessato a prendere contatto con Ambienti che potessero essere interessati e
attivarsi per tentare di accelerare la fine di una guerra ormai senza senso. In questa
ottica fu la Persona del Papa ad apparigli la più idonea.
Come riporta il Dott. Michael Hesemann nel suo ultimo libro “Der Papst und der
Holocaust” appena pubblicato l’udienza ebbe su Wolff una così grande impressione
che egli dopo quell’incontro nel suo intimo troncò con Hitler.
Conseguentemente allorché Hitler, visto che l’Armata russa era ormai alle porte di
Berlino, gli diede l’ordine di assicurare il fronte meridionale e di radunare a tal fine le
truppe SS nel Sud Tirolo per rifugiarsi nel suo nido d’aquila nelle montagne della
bassa Baviera, Wolff ruppe gli indugi volò a Ginevra e informò gli alleati dei piani di
Hitler. Il risultato fu che il rifugio bavarese fu bombardato e Hitler, persa la
possibilità di scampo, si trovò in trappola e si suicidò.
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Conclude Hesemann, fu unicamente l’impressione esercitata da Pio XII su Wolff
che indirettamente come conseguenza anticipò la fine del conflitto.
Gli anni del periodo postbellico furono caratterizzati, come abbiamo visto, da un
intensa attività pastorale. La sua carità raggiunse chiunque chiedeva aiuto; durante le
sue udienze egli parlava con ognuno e soleva conservare le lettere che gli venivano
consegnate nel rovescio della sua manica e non se ne dimenticava. Continuò a
lavorare alacremente fino alla fine dei suoi giorni.
Il giorno 8 ottobre 1958 egli disse: “Questo è il mio giorno” riferendosi alla sua
richiesta a Dio fatta quattro anni prima di concedergli un giorno per prepararsi alla
morte. In effetti il giorno seguente il 9 ottobre Pio XII spirava a Castel Gandolfo
alle 3,57 del mattino all’età di 82 anni.
Ricordo il lungo viaggio di trasferimento delle sue spoglie mortali da Castel
Gandolfo a Roma, circa 30 km con due ali ininterrotte di fedeli ai due bordi della
strada.
Pio XII è sepolto nei sotterranei della Basilica Vaticana vicino alla tomba di San
Pietro, che grazie agli scavi ordinati e promossi da lui fin dall’inizio del suo
Pontificato, era stata finalmente riscoperta.
Dopo la sua morte giunsero in Vaticano un gran numero di telegrammi e lettere di
condoglianze provenienti da una quantità di fedeli cattolici ma anche da numerose
personalità politiche.
Queste lettere, in cui veniva elogiata la sua indefessa attività per il mantenimento
della pace, la promozione della giusta e amichevole convivenza tra le nazioni e il suo
impegno per lenire le sofferenze in modo particolare di coloro che erano vittime di
persecuzioni, provenivano oltre che da una quantità di fedeli cattolici da numerose
personalità politiche.
Va citato il messaggio di cordoglio inviato dalla Signora Golda Meir, l’allora Ministro
degli Esteri dello Stato di Israele che si trovava in quel momento presso le Nazioni
Unite a New York:
“Noi partecipiamo al dolore del mondo per la morte di Sua Santità Pio XII. Durante
una generazione di guerre e dissensi, egli ha affermato gli alti ideali della pace e della
compassione. Durante i dieci anni del terrore nazista, quando il nostro popolo
attraversò gli orrori del martirio, il Papa ha levato la sua voce per condannare i
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persecutori e compiangere le loro vittime. La vita del nostro tempo è stata
arricchita da una voce che ha espresso le grandi verità morali al di sopra dei tumulti
dei conflitti di ogni giorno. Siamo desolati per la perdita di un grande difensore della
pace”
Nello stesso senso si espressero nei primi cinque anni dopo la sua morte anche
numerosi rabbini capi di varie nazioni, professori di storia ed altri esperti di chiara
fama di varie nazionalità.
D’altra parte non va dimenticato che in segno di gratitudine per l’aiuto offerto agli
ebrei durante la persecuzione nazista era stata l’orchestra filarmonica di Israele che
il 26 maggio 1955 aveva eseguito in Vaticano la sesta sinfonia di Beethoven, ed è
significativo il fatto che il rabbino capo di Roma Israel Zolli, convertitosi al
cattolicesimo per riconoscenza verso Pio XII prese il nome di Eugenio,
conversione che non fu mai digerita dalla Comunità israelita, ma certo non fu il Papa
a volerlo convertire.
Vedremo nella seconda parte del testo quando, perché e come cambiò la percezione
dell’opinione pubblica sulla sua persona e sul suo operato.
Se non fa meraviglia che ciò avvenisse per opera di forze comuniste o massoniche
meno comprensibile è il fatto che non pochi autori ebrei contemporanei a differenza
dei loro predecessori che tanto avevano elogiato Pio XII, si riveleranno suoi accaniti
denigratori.
Voglio concludere questa prima parte del mio discorso citando alcune parole del suo
testamento:
“Miserere Mei, Deus, secundum magnam Misericordiam Tuam. Queste parole, che
conscio di esserne immeritevole e impari, pronunciai nel momento in cui diedi
tremando la mia accettazione alla elezione a Sommo Pontefice, con tanto maggior
fondamento le ripeto ora in cui la consapevolezza delle deficienze, delle
manchevolezze, delle colpe commesse durante un così lungo pontificato, e in epoca
così grave, ha reso più chiara alla mia mente la mia insufficienza e la mia indegnità.
Chiedo umilmente perdono a quanti ho potuto offendere, danneggiare,
scandalizzare con le parole e con le opere. Prego coloro cui spetti di non occuparsi
né preoccuparsi di erigere qualsiasi monumento in mia memoria: basta che i miei
poveri resti mortali siano deposti semplicemente in luogo sacro, tanto più gradito
quanto più oscuro. Non mi occorre di raccomandare i suffragi per l’anima mia; so
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quanto numerosi sono quelli che le norme consuete della Santa Sede Apostolica e
la pietà dei fedeli offrono per ogni Papa defunto. Non ho nemmeno bisogno di
lasciare un ”testamento spirituale” come sogliono lodevolmente fare tanti zelanti
prelati, poiché i non pochi atti e discorsi da me per necessità di ufficio emanati o
pronunciati bastano a far conoscere, a chi per avventura lo desiderasse, il mio
pensiero intorno alle varie questioni religiose e morali. Ciò premesso, nomino mia
erede universale la Santa Sede Apostolica, da cui tanto ho avuto, come de madre
amatissima.
15 maggio 1956 Pius P.P.XII

Seconda parte
Molti libri hanno trattato negli ultimi anni la vita e l’opera di Pio XII e se fosse vero
quello che alcuni di questi hanno insinuato su di lui sarei io il primo a criticarlo
duramente e a sentire per lui un profondo disprezzo.
Ma dal momento che la maggioranza di questi scritti critici si prefigge una tesi
denigratoria della figura del Pontefice e a tal fine palesemente manipola la lettura e
l’interpretazione dei documenti storici, quale testimone vivente ho sentito il dovere
di portare anche la mia personale testimonianza su quella che è la vera personalità di
Pio XII e spiegare come e quando è nata la cosiddetta “legenda nera”, che, come ho
già detto, è riuscita a stravolgere nell’opinione pubblica la percezione di questa
personalità.
Nel 1963 viene messa in scena la pièce teatrale “il Vicario” scritta da Hochhuth ma
con l’aiuto di Piscator che la riscrive abbreviandola (la versione originale durava
oltre otto ore)
Il fatto che, all’autore originario sia stato affiancato per la correzione della prima
stesura un drammaturgo come Piscator di provata fede comunista, fa pensare che
l’opera non sia come asserisce Hochhuth il frutto di una sua ricerca esistenziale, ma
bensì il risultato di un operazione organizzata per screditare la figura del Pontefice
che aveva scomunicato il comunismo e il KGB viene citato come possibile artefice
dell’operazione. Alla diffusione dell’opera concorsero varie forze ognuna per propri
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fini infatti ebbe un battage eccezionale e inusitato per un autore sconosciuto, e fu
immediatamente rappresentata nei teatri di tutte le principali capitali europee oltre a
New York e a Tel Aviv.
Oltre al bolscevismo sovietico,come dimostra il fatto che la pièce doveva essere
rappresentata ogni anno in tutte le città del blocco comunista, anche il movimento
sionista aveva tutto l’interesse a incrementare in questo modo lo scandalo della
shoah, non fosse altro, anche per un fine pratico di ottenere maggiori fondi di
risarcimento dalla Germania.
Anche la chiesa protestante tedesca pensava di poter recuperare l’influenza che
aveva perduto nel paese mediante la denigrazione del papato e non ultimo contribuì
al successo e divulgazione dell’opera un certo cattolicesimo progressista soprattutto
in Francia ma anche in Italia.
Per quanto riguarda l’opera non c’è nulla di documentabile storicamente in ciò che
viene trattato, infatti il sedicente ufficiale SS Gernstein non sembra essere esistito e
nemmeno il giovane gesuita Riccardo Fontana che, nella pièce, essendo stato
informato appunto da Gernstein sulle condizioni dei deportati ad Auschwitz
avrebbe implorato Pio XII nel 1943 di pronunciare una condanna esplicita e formale
in difesa degli ebrei. Deluso dal fatto che il Papa non pronuncia la parola che lui si
attende, si unisce a un convoglio di ebrei deportati e muore in una camera a gas di
Auschwitz. Questa in sintesi la trama dell’opera.
Vi è presentato un Papa odiosamente cinico, che preferisce occuparsi di interessi
economici dei beni della Chiesa piuttosto che della tragica sorte degli ebrei e che
considera Hitler come inviato dalla Provvidenza per liquidare il Bolscevismo. Con
tali presupposti ad arte inventati il drammaturgo può dichiarare che un tale Papa è
un “criminale.”
E’ questa l’opera che ha dato inizio a quella che fu chiamata la ”legenda nera”.
Da questo momento L’opinione pubblica influenzata da queste calunnie ha
cominciato a vedere Papa Pacelli come il Papa che non aveva preso a cuore la causa
ebraica e non aveva parlato. il Papa del cosiddetto “silenzio”.
A questo punto mi chiedo come si può conciliare questo profilo di individuo cinico
con la figura che vi ho appena illustrato? E come si può sostenere la sua simpatia
per Hitler giungendo persino a scrivere un libro dal titolo “Hitler’s Pope” quando è
ampiamente documentato e descritto nell’ultimo libro di Riesling ”Le spie del
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Vaticano” che, accettò con il grave rischio che ciò comportava, di collaborare con
la resistenza tedesca che cospirava per l’eliminazione del Fuehrer. Come sappiamo
purtroppo l’attentato compiuto dal generale Staufenberg fallì e quasi tutti i generali
appartenenti alla resistenza e quindi alla parte sana del paese vennero fucilati.
Ma prima di parlare dei motivi che indussero Pio XII alla prudenza dobbiamo fare
un passo indietro e ricordare il clima di quel momento storico con la presenza di un
folle megalomane come Hitler al potere della più grande potenza militare europea
che dominava oltre il 50% dell’Europa dapprima con l’annessione dell’Austria
mediante l’Anschluss e poi con l’occupazione dei Paesi Bassi, della Francia e della
Polonia.
Conviene ricordare cosa successe in Olanda quando il 20 luglio la conferenza
episcopale olandese fece leggere in tutte le chiese un proclama contro il razzismo
nazista e di protesta per l’arruolamento forzato della gioventù olandese nell’esercito
tedesco.
La reazione fu immediata e feroce, cinque giorni dopo il 25 luglio Hitler ordinò la
deportazione anche degli ebrei convertiti, che non erano inclusi nel programma di
sterminio prima del proclama dei vescovi, e anzi furono i primi ad essere arrestati
insieme anche a religiosi cattolici, preti e monache.
Edith Stein fu arrestata in questa occasione insieme alla sorella Rosa anch’essa
convertita e monaca, entrambe internate a Westerbork e poi deportate ad Auschwitz
dove il 9 agosto dello stesso anno vennero soppresse nelle camere a gas.
E voglio accennare a un episodio avvenuto a Cracovia che ci fa comprendere quale
era il clima di terrore ed il giustificato timore di feroci reazioni del regime al solo
tentativo di protesta.
Pio XII voleva far giungere al popolo polacco il suo messaggio di partecipazione per
le sofferenze inflittegli dal regime nazista e aveva inviato Monsignor Paganuzzi con
migliaia di volantini da distribuire nelle chiese, nascosti in bottiglie di vino sigillate
per sfuggire ai controlli della polizia nazista.
Appena il Cardinale Sapieha lesse il messaggio non esitò a far bruciare
immediatamente tutte le copie del messaggio per la consapevolezza che la sua
divulgazione avrebbe scatenato l’ira del Fuehrer e aggravato ulteriormente la
situazione.
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Ma prima ancora ricordiamo quali furono le conseguenze quando l’enciclica “Mit
brennender Sorge” di cui abbiamo già parlato fu letta in tutte le chiese del Reich.
Sebbene emanata da Pio XI fu, come abbiamo già menzionato, il suo segretario di
stato Pacelli a renderla ancora più dura. Il testo era una inequivocabile condanna di
tutta l’ideologia nazista con le sue teorie sulla razza. La risposta di Hitler fu l’arresto
e la deportazione e la morte di una quantità di preti e monache e non produsse certo
la benché minima ritrattazione delle sue teorie ma nemmeno scalfi minimamente la
popolarità del Fuehrer nel popolo tedesco anche cattolico.
La colpa che viene addebitata a Pio XII è di non aver proclamato tuonanti denunce
contro Hitler anche se fu tentato di farlo come racconta nelle sue memorie Suor
Pasqualina, ma riflettendo sulle sofferenze che ciò avrebbe potuto comportare
decise di bruciare nella stufa della cucina il testo di una sua ulteriore e più esplicita
condanna anche a costo delle possibili postume critiche che lui stesso previde.
A questo punto credo sia il caso di interrogare noi stessi e domandarci come
avremmo agito noi in quella particolare situazione storico-politica.
Sebbene nel suo messaggio natalizio del ‘42 avesse ribadito la condanna di ogni
persecuzione per ragioni di razza egli scelse di attenersi a quella che era stata la linea
dei suoi predecessori anche durante il primo conflitto mondiale ossia una linea di
equidistanza super partes e molte furono le ragioni di questa scelta.
Bisognava infatti prendere in considerazione che si era in tempo di guerra, che il
popolo tedesco vedeva nel Fuehrer colui che lo aveva riscattato dall’umiliazione
della pace di Versailles e per di più per oltre il 70% di religione protestante. Male
avrebbe digerito una presa di posizione troppo marcatamente ostile al suo governo
da parte della massima autorità cattolica, come avrebbero auspicato gli alleati. Che
conseguenze ciò avrebbe comportato in primo luogo da parte del governo per il
restante 30% dei cattolici tedeschi? ed anche per il rapporto tra protestanti e
cattolici?
E non dimentichiamo che tutte le innumerevoli proteste che la Santa Sede inviava a
condanna delle violazioni contro il popolo polacco nel marzo del 43 venivano
semplicemente ignorate e come in seguito il 27 marzo del ’46 al processo di
Norimberga ha dichiarato il generale Von Ribbentrop intasavano i cassetti, non
furono neanche lette e, mai registrate, furono alla fine cestinate.
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Quindi le proteste venivano ignorate mentre potevano scatenare reazioni nefaste,
invece con la sua apparente neutralità Pio XII ebbe modo di contattare quella parte
dell’esercito tedesco che ancora aveva rispetto per la sua persona e far leva sul fondo
di umanità che restava in alcuni di loro e con ragion di causa scelse di prodigarsi nei
fatti per la salvezza di quanti più ebrei possibili.
Fu così che dopo la prima incursione nel ghetto di Roma riuscì a convincere il Gen.
Stael di fermare il programma di rastrellamento che prevedeva la deportazione di
8000 ebrei. Purtroppo non ci fu nulla da fare per i primi 1500 che erano già stati
arrestati.
Il generale tedesco Dietrich Beelitz ha dichiarato sotto giuramento nella sua
deposizione per la causa di beatificazione di Pio XII, che dopo la visita di Carlo
Pacelli il Gen. Stael telefonò a Himmler dichiarando che era una follia di eseguire
questa azione a Roma. Bleffando impressionò Himmler, prospettandogli la reazione
di una possibile rivolta popolare e che in tal caso non sarebbe più stato in grado di
approvvigionare le tre divisioni che si trovavano ancora al sud d’Italia.
Himmler, che non era un militare, sul momento presto fede al suo generale e
immediatamente fermò la razzia, ma dopo una settimana, resosi conto che non era
verosimile il pericolo prospettato da Stael richiamò il generale, che fu inviato sul
fronte russo dove cadde in battaglia.
A questo punto dobbiamo domandarci: può questo comportamento essere
stigmatizzato? Come avremmo agito noi in quella situazione storico-politica?
Non si può non tacere che è semplicemente scandaloso il fatto che a Israele nella
“Hall of Shame” sia stata collocata una immagine di Pio X II corredata da didascalie
ogni una delle quali manifestatamente calpesta la verità.
Anche se nel luglio 2012 a seguito della consegna delle conclusioni di una
conferenza di storici basata su recenti documentazioni da parte dell’Arcivescovo
Franco, Nunzio apostolico in Israele, a Avner Shalev (direttore al tempo del Yad
Vashem) qualche cambiamento alla didascalia è stato apportato, resta pur sempre lo
scandalo della presenza di una foto di Papa Pacelli in quel luogo.
Perché anche se volessimo supporre che una violenta denuncia avrebbe potuto
produrre un risultato positivo il cosiddetto silenzio non fu certo il risultato di
disinteresse per la crudele sorte del popolo ebreo, ma piuttosto una sofferta scelta
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dettata dalla sua coscienza in piena buona fede per la concreta salvezza delle vite
di ebrei.
D’altra parte, per evidenti motivi di onestà intellettuale è doveroso anche far
presente che ora vi sono non pochi ebrei, rabbini capo e storici di chiara fama come
ad esempio Sir Martin Gilbert, o La Fondazione “Pave the Way” di Gary Krupp,
che pubblicamente e con forza rivendicano il fatto che Pio XII e, secondo le sue
direttive, tanti cattolici, a rischio della propria vita, hanno salvato centinaia di
migliaia di vite ebree.
Si può affermare che oggi, grazie anche ad alcune recenti pubblicazioni è in atto una
rivalutazione della persona e dell’attività di Pio XII, vari indizi ci danno ad intendere
che è in corso un capovolgimento di ciò che l’opinione pubblica pensa attualmente
di Papa Pacelli e che ci stiamo muovendo verso prese di posizione più giuste ed
eque nei suoi confronti.
Confido che, con l’apertura degli Archivi Segreti Vaticani riguardanti il periodo
dell’intera vita di Pio XII avvenuta nel marzo 2020, malgrado non mancheranno,
come già avvenuto, detrattori con tesi preconcette, vengano ritrattati, sulla base di
documenti storici, mezzo secolo di infondati giudizi e possa tornare alla luce la
verità.
Segnalo al riguardo la recentissima pubblicazione del libro “Le Bureau. Les Juifs de
Pie XII“, scritto da Johan Ickx, capo dell’Archivio della Seconda Sezione della
Segreteria di Stato, che mette in luce lo straordinario sforzo fatto da Pio XII negli
anni di guerra per salvare gli ebrei.

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