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Seconda parte
Molti libri hanno trattato negli ultimi anni la vita e l’opera di Pio XII e se fosse vero
quello che alcuni di questi hanno insinuato su di lui sarei io il primo a criticarlo
duramente e a sentire per lui un profondo disprezzo.
Ma dal momento che la maggioranza di questi scritti critici si prefigge una tesi
denigratoria della figura del Pontefice e a tal fine palesemente manipola la lettura e
l’interpretazione dei documenti storici, quale testimone vivente ho sentito il dovere
di portare anche la mia personale testimonianza su quella che è la vera personalità di
Pio XII e spiegare come e quando è nata la cosiddetta “legenda nera”, che, come ho
già detto, è riuscita a stravolgere nell’opinione pubblica la percezione di questa
personalità.
Nel 1963 viene messa in scena la pièce teatrale “il Vicario” scritta da Hochhuth ma
con l’aiuto di Piscator che la riscrive abbreviandola (la versione originale durava
oltre otto ore)
Il fatto che, all’autore originario sia stato affiancato per la correzione della prima
stesura un drammaturgo come Piscator di provata fede comunista, fa pensare che
l’opera non sia come asserisce Hochhuth il frutto di una sua ricerca esistenziale, ma
bensì il risultato di un operazione organizzata per screditare la figura del Pontefice
che aveva scomunicato il comunismo e il KGB viene citato come possibile artefice
dell’operazione. Alla diffusione dell’opera concorsero varie forze ognuna per propri
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fini infatti ebbe un battage eccezionale e inusitato per un autore sconosciuto, e fu
immediatamente rappresentata nei teatri di tutte le principali capitali europee oltre a
New York e a Tel Aviv.
Oltre al bolscevismo sovietico,come dimostra il fatto che la pièce doveva essere
rappresentata ogni anno in tutte le città del blocco comunista, anche il movimento
sionista aveva tutto l’interesse a incrementare in questo modo lo scandalo della
shoah, non fosse altro, anche per un fine pratico di ottenere maggiori fondi di
risarcimento dalla Germania.
Anche la chiesa protestante tedesca pensava di poter recuperare l’influenza che
aveva perduto nel paese mediante la denigrazione del papato e non ultimo contribuì
al successo e divulgazione dell’opera un certo cattolicesimo progressista soprattutto
in Francia ma anche in Italia.
Per quanto riguarda l’opera non c’è nulla di documentabile storicamente in ciò che
viene trattato, infatti il sedicente ufficiale SS Gernstein non sembra essere esistito e
nemmeno il giovane gesuita Riccardo Fontana che, nella pièce, essendo stato
informato appunto da Gernstein sulle condizioni dei deportati ad Auschwitz
avrebbe implorato Pio XII nel 1943 di pronunciare una condanna esplicita e formale
in difesa degli ebrei. Deluso dal fatto che il Papa non pronuncia la parola che lui si
attende, si unisce a un convoglio di ebrei deportati e muore in una camera a gas di
Auschwitz. Questa in sintesi la trama dell’opera.
Vi è presentato un Papa odiosamente cinico, che preferisce occuparsi di interessi
economici dei beni della Chiesa piuttosto che della tragica sorte degli ebrei e che
considera Hitler come inviato dalla Provvidenza per liquidare il Bolscevismo. Con
tali presupposti ad arte inventati il drammaturgo può dichiarare che un tale Papa è
un “criminale.”
E’ questa l’opera che ha dato inizio a quella che fu chiamata la ”legenda nera”.
Da questo momento L’opinione pubblica influenzata da queste calunnie ha
cominciato a vedere Papa Pacelli come il Papa che non aveva preso a cuore la causa
ebraica e non aveva parlato. il Papa del cosiddetto “silenzio”.
A questo punto mi chiedo come si può conciliare questo profilo di individuo cinico
con la figura che vi ho appena illustrato? E come si può sostenere la sua simpatia
per Hitler giungendo persino a scrivere un libro dal titolo “Hitler’s Pope” quando è
ampiamente documentato e descritto nell’ultimo libro di Riesling ”Le spie del
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Vaticano” che, accettò con il grave rischio che ciò comportava, di collaborare con
la resistenza tedesca che cospirava per l’eliminazione del Fuehrer. Come sappiamo
purtroppo l’attentato compiuto dal generale Staufenberg fallì e quasi tutti i generali
appartenenti alla resistenza e quindi alla parte sana del paese vennero fucilati.
Ma prima di parlare dei motivi che indussero Pio XII alla prudenza dobbiamo fare
un passo indietro e ricordare il clima di quel momento storico con la presenza di un
folle megalomane come Hitler al potere della più grande potenza militare europea
che dominava oltre il 50% dell’Europa dapprima con l’annessione dell’Austria
mediante l’Anschluss e poi con l’occupazione dei Paesi Bassi, della Francia e della
Polonia.
Conviene ricordare cosa successe in Olanda quando il 20 luglio la conferenza
episcopale olandese fece leggere in tutte le chiese un proclama contro il razzismo
nazista e di protesta per l’arruolamento forzato della gioventù olandese nell’esercito
tedesco.
La reazione fu immediata e feroce, cinque giorni dopo il 25 luglio Hitler ordinò la
deportazione anche degli ebrei convertiti, che non erano inclusi nel programma di
sterminio prima del proclama dei vescovi, e anzi furono i primi ad essere arrestati
insieme anche a religiosi cattolici, preti e monache.
Edith Stein fu arrestata in questa occasione insieme alla sorella Rosa anch’essa
convertita e monaca, entrambe internate a Westerbork e poi deportate ad Auschwitz
dove il 9 agosto dello stesso anno vennero soppresse nelle camere a gas.
E voglio accennare a un episodio avvenuto a Cracovia che ci fa comprendere quale
era il clima di terrore ed il giustificato timore di feroci reazioni del regime al solo
tentativo di protesta.
Pio XII voleva far giungere al popolo polacco il suo messaggio di partecipazione per
le sofferenze inflittegli dal regime nazista e aveva inviato Monsignor Paganuzzi con
migliaia di volantini da distribuire nelle chiese, nascosti in bottiglie di vino sigillate
per sfuggire ai controlli della polizia nazista.
Appena il Cardinale Sapieha lesse il messaggio non esitò a far bruciare
immediatamente tutte le copie del messaggio per la consapevolezza che la sua
divulgazione avrebbe scatenato l’ira del Fuehrer e aggravato ulteriormente la
situazione.
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Ma prima ancora ricordiamo quali furono le conseguenze quando l’enciclica “Mit
brennender Sorge” di cui abbiamo già parlato fu letta in tutte le chiese del Reich.
Sebbene emanata da Pio XI fu, come abbiamo già menzionato, il suo segretario di
stato Pacelli a renderla ancora più dura. Il testo era una inequivocabile condanna di
tutta l’ideologia nazista con le sue teorie sulla razza. La risposta di Hitler fu l’arresto
e la deportazione e la morte di una quantità di preti e monache e non produsse certo
la benché minima ritrattazione delle sue teorie ma nemmeno scalfi minimamente la
popolarità del Fuehrer nel popolo tedesco anche cattolico.
La colpa che viene addebitata a Pio XII è di non aver proclamato tuonanti denunce
contro Hitler anche se fu tentato di farlo come racconta nelle sue memorie Suor
Pasqualina, ma riflettendo sulle sofferenze che ciò avrebbe potuto comportare
decise di bruciare nella stufa della cucina il testo di una sua ulteriore e più esplicita
condanna anche a costo delle possibili postume critiche che lui stesso previde.
A questo punto credo sia il caso di interrogare noi stessi e domandarci come
avremmo agito noi in quella particolare situazione storico-politica.
Sebbene nel suo messaggio natalizio del ‘42 avesse ribadito la condanna di ogni
persecuzione per ragioni di razza egli scelse di attenersi a quella che era stata la linea
dei suoi predecessori anche durante il primo conflitto mondiale ossia una linea di
equidistanza super partes e molte furono le ragioni di questa scelta.
Bisognava infatti prendere in considerazione che si era in tempo di guerra, che il
popolo tedesco vedeva nel Fuehrer colui che lo aveva riscattato dall’umiliazione
della pace di Versailles e per di più per oltre il 70% di religione protestante. Male
avrebbe digerito una presa di posizione troppo marcatamente ostile al suo governo
da parte della massima autorità cattolica, come avrebbero auspicato gli alleati. Che
conseguenze ciò avrebbe comportato in primo luogo da parte del governo per il
restante 30% dei cattolici tedeschi? ed anche per il rapporto tra protestanti e
cattolici?
E non dimentichiamo che tutte le innumerevoli proteste che la Santa Sede inviava a
condanna delle violazioni contro il popolo polacco nel marzo del 43 venivano
semplicemente ignorate e come in seguito il 27 marzo del ’46 al processo di
Norimberga ha dichiarato il generale Von Ribbentrop intasavano i cassetti, non
furono neanche lette e, mai registrate, furono alla fine cestinate.
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Quindi le proteste venivano ignorate mentre potevano scatenare reazioni nefaste,
invece con la sua apparente neutralità Pio XII ebbe modo di contattare quella parte
dell’esercito tedesco che ancora aveva rispetto per la sua persona e far leva sul fondo
di umanità che restava in alcuni di loro e con ragion di causa scelse di prodigarsi nei
fatti per la salvezza di quanti più ebrei possibili.
Fu così che dopo la prima incursione nel ghetto di Roma riuscì a convincere il Gen.
Stael di fermare il programma di rastrellamento che prevedeva la deportazione di
8000 ebrei. Purtroppo non ci fu nulla da fare per i primi 1500 che erano già stati
arrestati.
Il generale tedesco Dietrich Beelitz ha dichiarato sotto giuramento nella sua
deposizione per la causa di beatificazione di Pio XII, che dopo la visita di Carlo
Pacelli il Gen. Stael telefonò a Himmler dichiarando che era una follia di eseguire
questa azione a Roma. Bleffando impressionò Himmler, prospettandogli la reazione
di una possibile rivolta popolare e che in tal caso non sarebbe più stato in grado di
approvvigionare le tre divisioni che si trovavano ancora al sud d’Italia.
Himmler, che non era un militare, sul momento presto fede al suo generale e
immediatamente fermò la razzia, ma dopo una settimana, resosi conto che non era
verosimile il pericolo prospettato da Stael richiamò il generale, che fu inviato sul
fronte russo dove cadde in battaglia.
A questo punto dobbiamo domandarci: può questo comportamento essere
stigmatizzato? Come avremmo agito noi in quella situazione storico-politica?
Non si può non tacere che è semplicemente scandaloso il fatto che a Israele nella
“Hall of Shame” sia stata collocata una immagine di Pio X II corredata da didascalie
ogni una delle quali manifestatamente calpesta la verità.
Anche se nel luglio 2012 a seguito della consegna delle conclusioni di una
conferenza di storici basata su recenti documentazioni da parte dell’Arcivescovo
Franco, Nunzio apostolico in Israele, a Avner Shalev (direttore al tempo del Yad
Vashem) qualche cambiamento alla didascalia è stato apportato, resta pur sempre lo
scandalo della presenza di una foto di Papa Pacelli in quel luogo.
Perché anche se volessimo supporre che una violenta denuncia avrebbe potuto
produrre un risultato positivo il cosiddetto silenzio non fu certo il risultato di
disinteresse per la crudele sorte del popolo ebreo, ma piuttosto una sofferta scelta
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dettata dalla sua coscienza in piena buona fede per la concreta salvezza delle vite
di ebrei.
D’altra parte, per evidenti motivi di onestà intellettuale è doveroso anche far
presente che ora vi sono non pochi ebrei, rabbini capo e storici di chiara fama come
ad esempio Sir Martin Gilbert, o La Fondazione “Pave the Way” di Gary Krupp,
che pubblicamente e con forza rivendicano il fatto che Pio XII e, secondo le sue
direttive, tanti cattolici, a rischio della propria vita, hanno salvato centinaia di
migliaia di vite ebree.
Si può affermare che oggi, grazie anche ad alcune recenti pubblicazioni è in atto una
rivalutazione della persona e dell’attività di Pio XII, vari indizi ci danno ad intendere
che è in corso un capovolgimento di ciò che l’opinione pubblica pensa attualmente
di Papa Pacelli e che ci stiamo muovendo verso prese di posizione più giuste ed
eque nei suoi confronti.
Confido che, con l’apertura degli Archivi Segreti Vaticani riguardanti il periodo
dell’intera vita di Pio XII avvenuta nel marzo 2020, malgrado non mancheranno,
come già avvenuto, detrattori con tesi preconcette, vengano ritrattati, sulla base di
documenti storici, mezzo secolo di infondati giudizi e possa tornare alla luce la
verità.
Segnalo al riguardo la recentissima pubblicazione del libro “Le Bureau. Les Juifs de
Pie XII“, scritto da Johan Ickx, capo dell’Archivio della Seconda Sezione della
Segreteria di Stato, che mette in luce lo straordinario sforzo fatto da Pio XII negli
anni di guerra per salvare gli ebrei.