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3) GLI ARMONICI

L’ottone, Le ritorte, il Corno a mano.


Con ogni probabilità alcuni dei popoli antichi erano a conoscenza degli armonici naturali, ma sarà
solo nella prima metà del 600 che a Parigi lo studioso Marin Mersenne la ricostruirà in maniera
esatta aprendo la strada a colui che per primo cercherà di analizzarla e spiegarla acusticamente, il
fisico e matematico Joseph Saveur.
Nel proprio trattato “Principi di acustica e di musica” del 1701, Saveur chiarisce il rapporto
matematico esistente tra le varie frequenze armoniche che si originano dal suono denominato
“Fondamentale” numerandole nel loro esatto ordine e regolamentandone così la serie esatta:

SCHEMA SERIE ARMONICA

“Serie armonica, i segni ABindicano la tendenza rispettivamente a calare ed a crescere dei suoni
indicati.”

L’opera del Saveur verrà portata avanti da generazioni di studiosi tra i quali ricordiamo Johann e
Daniel Bernoulli, padre e figlio ed in seguito Helmholtz, Hertz, Lottermoser e Righini.
A questo punto è bene ricordare che fino al 700 la differenza tra corni e trombe non era poi molta
visto che la lunghezza e la conicità non erano ancora criteri costruttivi assoluti e che anzi le trombe
a volte risultavano essere più lunghe di alcuni corni.
La tromba bassa, per esempio, era lunga esattamente come un corno da caccia ed il fatto che
entrambi si suonassero con la campana in alto non contribuiva certo a rimarcarne la diversità. Le
musiche suonate poi erano del tutto simili visto che ci si limitava alle fanfare ed alle cacce citate in
precedenza.
Si delineava già la figura del suonatore di clarini che porterà innumerevoli compositori di musica
barocca a scrivere nel registro acutissimo della tromba ed è paradossale pensare che probabilmente
molte di queste musiche venivano eseguite su strumenti dalle caratteristiche estetiche della famiglia
dei corni.
L’esempio più eclatante è quello di Gottfried Reiche, famoso clarinista di Bach. Un suo ritratto del
1723 lo rappresenta con uno strumento ritorto su sé stesso, fatto questo che ha spinto alcuni studiosi
ad ipotizzare che Reiche eseguisse il celebre secondo concerto Brandeburghese, nonché tutte le
altre acutissime composizioni di Bach, con una sorta di corno da Postiglione.
E’ in Francia, alla corte reale di Luigi XIV che si comincia a differenziare la famiglia dei corni che
vengono da ora denominati “Trompe de chasse” ed è al santo protettore della caccia S. Umberto,
che si dedicano squilli, fanfare e Messe di soli corni.
Da qui la tendenza a distinguere tra corni e trombe si diffonde in tutta Europa, in particolare in
Germania, Italia e soprattutto in Boemia.
E’ comunque sempre a Parigi che il corno fa il suo ingresso in orchestra, nel balletto del
compositore G.B. Lulli “La Principessa D’Elide” del 1664.
Alcuni storici non concordano con questa datazione sostenendo che già nel 1633 il compositore
italiano Michelangelo Rossi aveva inserito una coppia di corni nella sua “Erminia sul Giordano”,
opera su testo di G. Rospigliosi (il futuro papa Clemente IX), rappresentata a Roma e Venezia, ma
vi sono perplessità sulla vera natura degli strumenti prescritti dal Rossi che spingono ad attribuire
al Lulli il merito di questa innovazione.
La partitura autografa de “ La Principessa D’Elide” reca la dicitura “Cors de chasse” e l’uso dei
corni ha relazione stretta con le scene di caccia che si svolgono sul palco.
L’effetto deve essere stato coinvolgente se si considera che nel giro di pochi decenni il corno
diviene strumento insostituibile dell’orchestra da camera in uso nel 700.
La tecnologia costruttiva si era nel frattempo evoluta dando la possibilità agli artigiani del
diciottesimo secolo di dimezzare lo spessore della lastra di ottone e di modellare lo strumento fino
a dare allo stesso le forme più disparate. Il corpo si restringe verso il centro, il diametro, la campana
si allarga, e poco a poco gli esecutori si abituano a suonare con il padiglione rivolto verso il basso.
A Vienna, attorno al 1700, i fratelli Leicham-Schneider rendono lo strumento talmente compatto
nelle forme da essere dimezzato nel peso e nelle misure rispetto al corno in uso solo pochi anni
prima.
Questa innovazione prende il nome di “Waldhorn”, (letteralmente corno della foresta) strumento
divenuto poi particolarmente caro ai compositori del romanticismo tedesco, primo fra tutti J.
Brahms che, più di centocinquanta anni più tardi, comporrà per esso il magnifico “Waldhorn Trio”
OP.40, per Violino, Corno e Piano.
Con il diffondersi dei Waldhorn e dei suoi esecutori si manifesta l’esigenza di suonare, con lo
stesso strumento, in ogni tonalità e, verso la metà del 700 si cominciarono ad utilizzare le “ritorte”
o “ritorti” ovvero tubi di prolungamento che, inseriti nella parte iniziale o centrale del corno ne
abbassano la tonalità di impianto e la relativa serie armonica.
Questo semplice accorgimento da la possibilità al cornista di cambiare ritorta e tonalità in pochi
secondi anche durante una stessa esecuzione ed il corno diviene così uno strumento “modulante”.
E’ da attribuirsi probabilmente ad Anton Joseph Hampel (1705-71) famoso “Waldhornist” e didatta
di Dresda l’idea delle ritorte e sicuramente sua sarà la scoperta, fra il 1750 ed il 1755) del corno “ a
mano” o “inventionshorn”, costruito dietro sue indicazioni a Dresda da J. Werner, ed in seguito
perfezionato ad Hanau da J.H.Halthenoff che vi aggiungerà una pompa generale che ne controllerà
l’intonazione.
In realtà l’idea del corno a mano è semplicissima: con lo strumento ora girato verso il basso diventa
estremamente comodo e facile inserire la mano destra nella campana, ammorbidendone il suono e,
graduandone la chiusura, ottenendo così la scala cromatica.
Ovviamente non tutti i suoni sono uguali, ma l’effetto, una volta che il cornista è padrone di questa
tecnica è assolutamente affascinante, ed è proprio l’alternarsi dei chiaro-scuri che lo rende tale.
Nei paesi di lingua tedesca si distingue l’Inventionshorn, nel quale le ritorte si inseriscono nella
parte centrale dello strumento, dall’ Orchesterhorn , nel quale esse sono parte della canna di
imboccatura che è, in questo caso, mobile.
Fabbricante specializzatosi nella costruzione dell’Orchesterhorn fra il 1760 e il 1770 è il viennese
Anton Kerner e questo spiega la particolare diffusione in Austria di questo tipo di strumento.

Hampel è anche come detto un grande didatta ed a lui si deve quello che è a tutti gli effetti il primo
vero metodo per imparare a suonare il corno, completo di parte teorica e pratica, la “Lection pro
cornui”.

Fra gli allievi di Hampel si distingue assolutamente la figura di Johann Wenzel Stich (1746-1803),
leggendario virtuoso del proprio strumento, la cui fama si diffonde in tutte le corti europee e
diviene tale da spingere il giovane Beethoven a comporre la sonata OP.17 che i due musicisti
eseguono insieme a Vienna nell’Aprile del 1800.
La figura di Stich è senza dubbio una delle più affascinanti dell’intera storia dello strumento.
Compiuti gli studi musicali a Praga e Dresda, il diciassettenne Stich viene nominato musico di
cappella del Conte Thun a Praga, ma dopo tra anni di servizio egli decide che la vita stanziale non
fa per lui e dopo avere italianizzato il proprio nome in Giovanni Punto, (vezzo questo comune a
molti artisti dell’epoca, si mette in cammino per cercare fortuna come solista itinerante.
La vita di Punto è ricca di aneddoti ed è caratterizzata dagli incontri musicali e non che egli compie
nel suo girovagare per l’Europa.
Questo Paganini del corno non si legherà mai ad alcuna istituzione dell’epoca e ciò creerà attorno
alla sua figura un alone di mistero che il tempo non riuscirà a dissolvere.
Tra gli altri solisti che contribuiscono a fare del corno uno strumento non più legato solamente alla
caccia e alle fanfare vi è da considerare Jean Joseph Rodolphe (1730-1812) strumentista e
compositore di scuola italiana, allievo di T.Traetta e N. Jommelli.
Mozart ne parla al padre come di un vero amico abile cornista ed ottimo compositore. La loro
frequentazione risale al periodo che il grande compositore salisburghese trascorse a Parigi.
Di grande importanza anche se non di altrettante doti strumentali, è il salisburghese Ignaz Leutgeb
(1745-1811), altro amico intimo di Mozart, amicizia che spinge quest’ultimo a dedicargli i quattro
concerti (K.412,417,447,495), il quintetto per corno e archi (k.407) nonchè il rondò k.371.
L’amicizia che lega i due non esime comunque il compositore dal fare pesanti apprezzamenti
all’indirizzo dell’esecutore già nel frontespizio dei concerti, tanto è vero che il povero Leutgeb
viene apostrofato, in italiano, come asino, bue, stupido somaro e, alla fine dell’esecuzione, Mozart
ringrazia il cielo per la fine di quello strazio. In una lettera al padre del 5 aprile 1778, Mozart gli
annuncia l’intenzione di comporre una sinfonia concertante per strumenti a fiato e gli esprime il
desiderio che il solista di “Wauhorn” sia Giovanni Punto. Comunque il Leutgeb non doveva essere
un esecutore così disastroso, visto che esistono critiche dei tempi che lo descrivono come interprete
sensibile ed espressivo specialmente nei movimenti lenti.

Grazie all’inversione del corno a mano, come abbiamo visto, il corno diventa strumento solista e
spinge in tutto il continente europeo decine di strumentisti a dedicarvisi completamente. Ormai
anche i compositori si convincono delle caratteristiche espressive dello strumento, come
testimoniano le opere dei già citati Mozart, Beethoven, Telemann, Vivaldi, Michael e Joseph
Haydn, Leopold Mozart, Von Weber, Danzi, Rosetti e di molti altri.
Fra i solisti che vanno citati oltre ai precedenti segnaliamo gli italiani Giovanni Puzzi e Luigi
Belloli (1770-1817 ispiratore di Rossini nonchè famosissimo didatta), i francesi Dominich,
Duvernoy, Dauprat e Gallay, i viennesi Lewy e Rudolf.
Da segnalare inoltre la presenza tra questi di una donna Beate Pokorny, che nel 1780 stupisce il
pubblico parigino eseguendo il difficile concerto in Re di Punto.
I tempi sono maturi perché anche al corno si comincino ad applicare quelle tecnologie che ne
amplieranno le possibilità tecniche ed è nella seconda metà dell’ottocento che questa vera
rivoluzione avrà luogo.

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