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Armonia Come Simmetria Rapporti Tra Teor
Armonia Come Simmetria Rapporti Tra Teor
8.1
Problematiche generali
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ARMONIA , TEMPO
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8. ARMONIA COME SIMMETRIA
tale visione sancirà sul piano teorico ciò che era uno stato di fatto nel
campo della composizione musicale già sin dai primi anni del secolo,
quando, con la progressiva differenziazione delle forme accordali usa-
te e con la possibilità di trattare liberamente anche gli incontri verti-
cali più dissonanti, si era affermato un pensiero musicale per il quale
qualsiasi combinazione di suoni esposta in senso melodico può pre-
sentarsi anche come accordo.
Gli scritti dei primi due decenni del Novecento – di cui ci occu-
peremo – rimangono invece legati al concetto tradizionale di “armo-
nia”, nella cui storia segnano, in un certo senso, un momento con-
clusivo. Al contempo essi rappresentano una prima, significativa tap-
pa nella progressiva integrazione del concetto di simmetria nella teo-
ria musicale novecentesca, e costituiscono quindi un’importante pre-
messa alle formulazioni teoriche della seconda metà del Novecento,
nelle quali tale concetto è ormai profondamente assimilato.
8.2
Visione ciclica (intervalli temperati)
e visione non-ciclica (intervalli naturali)
La premessa semplice quanto essenziale della concezione simmetrica
affermatasi nella pratica musicale a partire dal tardo romanticismo
consiste nell’equiparazione dei dodici semitoni contenuti nell’ottava
musicale e nella conseguente equivalenza delle grafie enarmoniche.
Tale presupposto sussisteva sul piano pratico perlomeno sin dall’ini-
zio del Settecento – con la diffusione del temperamento equabile tra
gli strumenti a intonazione fissa – e si può dire che le risorse offerte
da esso fossero sfruttate in una certa misura già a quell’epoca. Ciò è
evidente in particolare nel tardo classicismo: nella musica di Schubert
si trovano diverse progressioni lungo il ciclo delle terze minori o
maggiori che suddividono simmetricamente l’ottava in parti uguali; i
collegamenti cromatici tra accordi a distanza di terza (affinità di ter-
za), che preludono a questo tipo di progressioni, sono addirittura una
cifra caratteristica della sua musica. Tuttavia è solo a partire dalla me-
tà dell’Ottocento che l’applicazione di simili procedimenti assume
una sistematicità e una rilevanza strutturale tali da mettere in crisi la
concezione sulla quale si era retta l’armonia classica, inducendo a ri-
considerare il significato teorico della suddivisione dell’ottava in dodi-
ci parti uguali. In Schubert i procedimenti basati sull’affinità di terza
si inseriscono ancora in un contesto complessivamente determinato
dal rapporto dominantico di quinta giusta – il rapporto di gran lunga
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8. ARMONIA COME SIMMETRIA
ESEMPIO 8.1
Fonte: a) Durutte (1855, p. 64); b) ivi, p. XXI; c) ivi, p. XXVII; d) ivi, p. XXX.
opposta (Si b-Mi b-La b). È evidente come il principio di inerzia impon-
ga di considerare l’equivalenza enarmonica (Sol# = La b), ovvero l’equi-
parazione di semitono cromatico e diatonico nonché la conseguente
suddivisione simmetrica dell’ottava in dodici semitoni temperati. Per
Durutte (1855, p. 63), la necessità di una mediazione tra la serie teo-
rica delle quinte pure e l’uso degli intervalli temperati è legata alle
«tendenze multiple» degli accordi, ovvero alla possibilità, fondamen-
tale nell’armonia tonale classica e romantica, di interpretarli in base a
differenti tonalità (ibid.). Tuttavia, nonostante il riconoscimento del
ruolo svolto dal temperamento equabile, la gamma delle quinte non
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8. ARMONIA COME SIMMETRIA
ESEMPIO 8.3
Fa # Fa # = Solb
Do #
Do Si Do
Mi Mi
Re Re Sib Re La # Re
Do Do La Re #
Sib Si b
Lab Lab
Lab Mi Sol # Mi
Solb Solb = Fa # Fa # = Sol b Sol Fa # Fa
a b c d
rie delle quinte naturali posta a fondamento dei trattati francesi so-
pra menzionati è simmetrica attorno alla nota centrale Re. Durutte
concepisce la serie delle quinte come una struttura polarizzata (si
noti l’uso dei numeri relativi, con la nota Re corrispondente allo
zero, nei grafici di Durutte riprodotti nell’esempio 8.1a-b): proce-
dendo verso il polo positivo si hanno gli intervalli maggiori e au-
mentati, verso il polo negativo gli intervalli minori e diminuiti. L’o-
rientamento diametralmente opposto, rispetto a un suono centrale,
di queste due categorie di intervalli nella scala delle quinte è alla
base, secondo Durutte (1885, p. XXI), del differente contenuto asso-
ciato alla terza maggiore e alla terza minore (esempio 8.1b) e di
conseguenza ai due modi (Orcalli, 2000, p. 142). Perfettamente sim-
metriche sono anche le forme del Tonnetz di Oettingen e Riemann
(esempio 8.2b-c), la prima attorno al Re, la seconda attorno al Do.
Tuttavia la rappresentazione simmetrica delle teorie basate sugli
intervalli naturali è concettualmente differente da quella delle teorie
fondate sulla suddivisione simmetrica dell’ottava in dodici semitoni
temperati: mentre la prima è di tipo simmetrico-assiale e organizzata
attorno a un unico centro, la seconda è di tipo simmetrico-ciclica, e
al suo interno possono delinearsi diversi assi di simmetria delimitati
dall’intervallo di tritono. Per comprendere questa differenza, si pren-
da in considerazione l’inversione simmetrica del tetracordo di toni in-
teri Do-Re-Mi-Fa# attorno alla nota Do, operazione che produce le
note Do-Si b-La b-Sol b (esempio 8.3). Nella visione fondata sui rapporti
intervallari naturali (non-ciclica), quest’operazione dovrebbe essere
rappresentata (esempio 3a) con due serie di toni che si irradiano ver-
so l’alto e verso il basso a partire dalla nota centrale Do, proseguen-
do idealmente nelle due direzioni senza mai ricongiungersi, visto che
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ARMONIA , TEMPO
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8. ARMONIA COME SIMMETRIA
ESEMPIO 8.4
a 5a+ 5a+
3a+ 3a– 3a+ 3a–
S <S/Tp T <T/Dp D
maggiore: Fa+ La– Do+ Mi– Sol+
5a+ 5a+
3a– 3 a+ 3 a– 3a+
S °Sp/T> °T °Tp/°D> °D
minore: Fa– La b Do – Mi b+ Sol–
5a+ 5a+
3a– 3a– 3a– 3a–
S T D
maggiore Fa+/– La b+La– Do+/– Mi b+Mi– Sol+/–
+ minore:
Fa #
b c
La Mi Si Fa #
Si
3 a+ 3a+ 3a+ Mi
Re
5a 2a+ 5a La
Re Sol
Fa Do Sol
2a+ Do
Fa
3a+ 3a+ Si b 3a+ Si b
Mi b
Lab
Reb Lab Mib Re b
Solb Sol b
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ESEMPIO 8.5
Fonte: a) Riemann (1909; ed. fr. 1899, p. 834); b) Capellen (1908, p. 38).
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ESEMPIO 8.6
← La b + Mi b + Si b + Fa + Do + Sol + Re + La + Mi + →
La b – Mi b – Si b – Fa – Do – Sol – Re – La – Mi –
Do b + Sol b + Re b + La b + Mi b + Si b + Fa + Do + Sol +
Do b – Sol b – Re b – La b – Mi b – Si b – Fa – Do – Sol –
↓
Fonte: Erpf (1927, p. 32).
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ARMONIA , TEMPO
8.4
Natura e ragione
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8. ARMONIA COME SIMMETRIA
due diversi tipi di tono: il tono maggiore, espresso dal rapporto 9:8, e
il tono minore, espresso dal rapporto 10:9 (Klein, 1923, p. 5). Inoltre
Klein ritiene scorretto considerare come un “tono” la distanza tra La#
e Do nella scala esatonica Do-Re-Mi-Fa#-Sol#-La#-(Do), dal momento
che l’equivalenza La# = Si b non ha valore teorico ed è solo un effetto
illusorio della tastiera a temperamento equabile (ibid.). In tal modo la
possibilità di concepire la scala esatonica come una struttura simme-
trica e ciclica è preclusa.
Il riferimento al modello “naturale” della serie degli armonici, sin-
tomo di un perdurante timore nei confronti delle scienze naturali,
permane anche nei teorici che intuiscono per primi il nuovo significa-
to assunto dall’equivalenza enarmonica e dal temperamento equabile.
Capellen, come si è visto, pur giungendo a una visione simmetrico-
ciclica, credette di poter fondare la sua teoria sugli intervalli naturali
della serie degli armonici. Gli intervalli di terza maggiore, quinta giu-
sta e tono, fondamentali per il suo sistema di relazioni armoniche,
traggono infatti a loro volta origine, secondo Capellen, dalla struttura
interna del Naturklang, ovvero dall’accordo di nona formato dalla se-
rie degli armonici naturali, dal primo al nono armonico. Una conside-
razione in parte analoga vale, come vedremo, anche per Schönberg.
Un esempio assai tipico di questo atteggiamento ambivalente nei
confronti della tradizione fisicalistica è offerto dall’ampia «Digressio-
ne polemica [sulla] scala naturale e scala temperata» che nel 1911 il
marchigiano Domenico Alaleona introduce in due saggi (Alaleona,
1911a; 1911b). I principali oggetti di interesse di Alaleona sono, a
giudicare dagli esempi prodotti, quegli aspetti della musica operistica
italiana a cavallo tra i due secoli che risentono maggiormente dell’ar-
monia post-wagneriana e della coeva musica francese. Alla base della
teoria di Alaleona vi è la «divisione dell’ottava in parti uguali», dalla
quale scaturiscono i costrutti armonici da lui definiti «bifonia» «trifo-
nia» «tetrafonia», «esafonia», «dodecafonia», corrispondenti rispetti-
vamente alla suddivisione dell’ottava in due, tre, quattro, sei o dodici
intervalli identici (Alaleona, 1911b, p. 29). Osservando che ciascuno
di questi costrutti contempla «rispettivamente sei, quattro, tre, due,
uno accordi [scale]» (ibid.), Alaleona intuisce, forse per primo tra i
teorici del Novecento, uno dei principi basilari delle costruzioni ci-
clico-intervallari, che sarà esposto in seguito nella teoria dei «modi a
trasposizione limitata» di Olivier Messiaen (1944, pp. 51-6) e nei la-
vori di Forte, Perle e Antokoletz: quello per cui una collezione sim-
metrica formata da un ciclo di n intervalli identici può essere traspo-
sta esclusivamente su 12: n livelli differenti (per esempio: la collezio-
ne esatonica, formata da un ciclo di sei toni, può essere trasposta solo
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FIGURA 8.1
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8.5
L’inversione simmetrica nella teoria
e nella composizione musicale
Un secondo aspetto del pensiero di Riemann che può essere associato
alla tecnica armonica del primo Novecento consiste nell’idea di «riso-
nanza inferiore» del suono (Klang), un’ipotesi scientifica che si spense
sostanzialmente con Riemann, e che egli stesso dovette rimettere in
questione nei suoi ultimi scritti. Riemann motivò la polarità triade
maggiore-triade minore ipotizzando che la prima corrispondesse alla
risonanza degli armonici superiori (Oberklang), la seconda alla riso-
nanza degli armonici inferiori (Unterklang). Per Riemann (1874, p.
64), infatti, la Tonalität consiste nel «fissare nella memoria un suono
come suono principale» e quindi nel rappresentarsi logicamente tutti
i rapporti tra le armonie in base alle relazioni con i suoi armonici,
superiori o inferiori. Al di là della sua problematicità, questa visione
condivide un portato essenziale con molte teorie di inizio Novecento:
la negazione dell’idea, strettamene legata alla sintassi armonica tonale,
che il contenuto percettivo delle armonie sia determinato esclusiva-
mente dalla loro configurazione dal basso verso l’alto. L’idea degli ar-
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ESEMPIO 8.7
Fonte: a) Ziehn ([1912] 1976, p. 23); b) d’Indy ([1909] 1912, p. 30); c) ivi, p. 29.
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8.6
Simmetria come fondamento della logica musicale:
le teorie di Boleslav Javorskij
Il concetto di simmetria è centrale in una delle più originali e innova-
tive teorie armoniche del primo Novecento, formulata da Boleslav
Leopoldovich Javorskij nel trattato La costruzione del linguaggio musi-
cale (Strojenjie muzïkal’noj rechi), edito a Mosca nel 1908. Le matrici
del pensiero di Javorskij vanno rintracciate innanzitutto nella pedago-
gia russa dell’armonia di fine Ottocento (Sergej Taneev, Rimskij-Kor-
sakov) (McQuere, 1983a, pp. 22-5) e negli studi sulla musica della
tradizione folklorica russa (ivi, p. 147). Altri importanti precedenti si
riscontrano nell’opera di Fétis, dalla quale Javorskij attinse l’idea che
il significato del tritono sia legato alla sua intrinseca instabilità e ne-
cessità di risoluzione. È infine chiaramente percettibile l’influsso della
teoria funzionale di Riemann, che si manifesta innanzitutto nell’ado-
zione dei simboli funzionali T, D e S e nella costruzione del modo
minore come inversione di quello maggiore.
Javorskij intende i concetti di “stabilità” e “instabilità” in modo
innovativo, svincolandoli da quelli di consonanza e dissonanza. Egli
sostiene infatti che non esista alcun costrutto armonico stabile o in-
stabile in senso assoluto, ma solamente costrutti stabili o instabili re-
lativamente al contesto. Questa premessa gli consente di considerare
come “funzioni stabili” o “toniche” (T) accordi decisamente disso-
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ESEMPIO 8.8
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Con l’incremento del carattere romantico dell’arte, oltre all’effetto delle pro-
gressioni cromatiche, aumentano notevolmente le progressioni di medianti di
tutti i tipi. Gli slittamenti di armonie le cui fondamentali si trovano una terza
maggiore o minore sopra o sotto l’altra, a differenza di quelle progressioni di
medianti che appartengono a una sola scala [progressioni tonali], attirano la
nostra attenzione sul loro fascino pungente e sfaccettato. Il gusto romantico
per il colore si estende anche alle progressioni armoniche in cui le fonda-
mentali sono separate dalla quinta diminuita, dalla quarta aumentata, o da
altri intervalli alterati (ivi, p. 269).
8.8
La sintesi di Arnold Schönberg
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ESEMPIO 8.9
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1995, pp. 338-9), non faceva uso dei simboli di tipo funzionale per
indicare le regioni, ma semplicemente dei numeri romani normal-
mente impiegati per i gradi della scala.
La visione delle relazioni tra le regioni di Schönberg si pone
quindi in linea con la tradizione viennese della “teoria dei gradi” fon-
data sulla scala diatonica – e in particolare con quella di Simon Sech-
ter (Wason, 1985, pp. 136-8) forse veicolata attraverso l’insegnamen-
to di Anton Bruckner (Orel, 1940, pp. 4-6). La concezione simme-
trica di Riemann dipende invece direttamente dalla sua visione duali-
stica della struttura del suono (Klang) e pone decisamente in secondo
piano la scala diatonica. Schönberg, del resto, non accolse la visione
simmetrica del Klang fondata sulla teoria della risonanza inferiore:
nell’Harmonielehre (Schönberg, [1911] 1963, p. 96) osserva che la re-
lazione dualistica tra modo maggiore e modo minore potrebbe sugge-
rire che il sistema tonale è rigidamente ordinato secondo un princi-
pio universale; tuttavia sottolinea anche che tale relazione non può
essere in alcun modo immaginata come qualcosa di già dato in natu-
ra (ivi, p. 95).
Un secondo punto di distacco tra Schönberg e Riemann si ha sul
piano del rapporto tra natura e pensiero. Tanto per Schönberg
quanto per Riemann, la logicità dei rapporti tra suoni e armonie è
garantita, in ultima analisi, dai rapporti intervallari racchiusi nella
serie degli armonici; tuttavia mentre per Riemann tali intervalli si ri-
ducono sostanzialmente all’ottava, alla quinta e alla terza maggiore,
per Schönberg le relazioni comprensibili includono una serie di rap-
porti più ampia e in continua espansione, in virtù di un processo
storico-evolutivo cui è sottoposto il modello naturale degli armonici.
In un saggio intitolato Probleme der Harmonie, Schönberg (1975, p.
270) esamina il problema di come si possa instaurare una rete di re-
lazioni tra le note di una particolare scala e una nota fondamentale,
riconducendolo al problema più fondamentale di come sia logica-
mente possibile l’instaurazione di un relazione tra due soli suoni.
Ciò è garantito, secondo Schönberg, dal fatto che già il singolo suo-
no è in realtà composto da una nota fondamentale e da una serie di
armonici (ivi). Così, per Schönberg, la logicità della scala maggiore
dipende dal fatto che essa è costituita dalle note contenute nei primi
sei armonici delle note fondamentali delle tre armonie di tonica, do-
minante e sottodominante (Do, Fa e Sol), le quali, a loro volta, sono
contenute una nell’altra come armonici (Do è il terzo armonico di
Fa; Sol è il terzo armonico di Do). L’origine della scala cromatica
risiede invece negli armonici superiori al sesto. Questa progressiva
incorporazione degli armonici di ordine superiore all’interno del si-
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mune di scale e accordi, Schönberg (ivi, pp. 23, 26, 313-5) poneva
già nell’Harmonielehre una premessa essenziale per l’equiparazione
delle due dimensioni – verticale e orizzontale: «Se la scala è l’imita-
zione del suono nella dimensione orizzontale, successiva, gli accordi
ne sono l’imitazione nella dimensione verticale, nella simultaneità. Se
la scala è analisi, l’accordo è sintesi del suono» (ivi, p. 31). «La scala
[è] intesa come un’imitazione orizzontale e gli accordi [...] come imi-
tazione verticale (più o meno fedele) del modello dato in natura, cioè
del suono» (ivi, p. 482).
In definitiva, è evidente come le origini della concezione simme-
trica dello spazio musicale di Schönberg abbiano poco a che vedere
con la visione dualistica, e vadano ricercate in altri aspetti riguardanti
la concezione dell’armonia e della tonalità. Nel fare questo si deve
considerare innanzitutto che l’armonia è intesa da Schönberg come il
punto di incontro delle varie forze dinamiche che agiscono nell’opera
d’arte musicale. La sua trattazione deve essere quindi inquadrata in
una visione più ampia che abbraccia e riunisce le varie componenti
(armonia, contrappunto, ritmo, strumentazione, forma). L’integrità
dell’organismo musicale, e la conseguente necessità di una sua osser-
vazione multilaterale, costituisce infatti una delle idee costanti e fon-
damentali in tutta la produzione teorica schönberghiana. Schönberg
avvertì la necessità di un approccio teorico che tenesse conto dell’a-
zione combinata delle varie componenti già a partire dagli anni della
Harmionielehre (Schönberg, 1995, pp. XVI-XVII), necessità alla quale
corrisposero poi una serie di scritti rimasti inediti e perlopiù incom-
pleti – in particolare Zusammenhang, Kontrapunkt, Instrumentation,
Formenlehre, del 1917 (Schönberg, [1917] 1994) e un gruppo di testi
incentrati sul concetto di “pensiero musicale”, elaborati tra il 1923 e
il 1936 (Schönberg, 1995). È solo nel contesto di una simile visione
teorica unificata che si comprende la definizione di “armonia” formu-
lata nell’Harmonielehre: «L’armonia è la teoria degli accordi e delle
loro possibilità di collegamento con riguardo ai loro valori architetto-
nici, melodici e ritmici e ai loro rapporti di equilibrio» (Schönberg,
[1911] 1963, p. 14).
Schönberg sottolinea ripetutamente come l’armonia possieda una
fondamentale funzione strutturante in relazione alle varie componenti
interagenti nell’opera. Essa non rappresenta in alcun senso una sorta
di “addizione verticale” alla melodia, ma costituisce piuttosto l’inte-
laiatura stessa dell’edificio musicale (ivi, pp. 360-8). A questa visione
dell’armonia corrisponde l’idea che lo spazio tonale sia multidimen-
sionale, non solo in virtù della comune origine delle due dimensioni
(orizzontale e verticale), ma anche nel senso di una stretta interazione
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Poiché molti collegamenti di accordi [...] non hanno una origine esclusiva-
mente armonica in quanto derivano da un movimento melodico, si presenta
la necessità di disporre le successioni in modo che gli influssi melodici possa-
no risultare visibili. [...] Gli accordi vengono rappresentati sulla carta come
combinazione di note che provengono dal movimento delle parti; non si di-
mentichi però che in armonia manca il motore di questo movimento di parti,
cioè il motivo [das Motiv] (Schönberg, [1911] 1963, p. 43, trad. rettificata).
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nello spazio musicale non v’è né una direzione assoluta verso l’alto né verso
il basso, né in avanti né indietro, dal momento che ogni direzione diverrà
l’altra da un punto differente dello spazio. Per illustrare questo fenomeno,
sarà utile ricordare che noi [...] riconosciamo un orologio, per esempio, o
una bottiglia o un fiore, a prescindere dalla posizione nella quale essi sono
posti. [...] Mi sono reso conto di ciò prendendo coscienza del fatto che nel-
l’elaborazione tematica il motivo spesso appare in posizioni – inverse, retro-
grade, retrograde-inverse ecc. – che non sono costruite consapevolmente, ma
percepite istintivamente (Schönberg, [1934] 1974, pp. 82-3; il testo in corsi-
vo corrisponde al sottolineato nell’originale di Schönberg).
Se, quindi, alla base della visione simmetrica dello spazio musicale
vi è un’idea di motivo dal carattere prettamente dinamico, si com-
prende facilmente perché nell’Harmonielehre i costrutti armonici
simmetrici siano sempre interpretati come processi dinamici di ori-
gine melodico-lineare e in base alla tradizionale dialettica tensione-
distensione. Schönberg ([1911] 1963, pp. 301-36) attribuisce agli
accordi simmetrici (settime diminuite, triadi eccedenti, seste ecce-
denti di vario tipo ecc.) da lui definiti «vaganti», un ruolo fonda-
mentale nel processo che porta la tonalità al limite estremo dei suoi
confini (la «tonalità sospesa», ivi, pp. 480-1). Nello scritto Structural
Functions of Harmony (Schönberg, [1954] 1967, pp. 27-8), comple-
tato nel 1948, Schönberg illustra la differenza tra il concetto di mo-
dulazione e quello di «armonia vagante»: a differenza della prima,
quest’ultima non esprime univocamente alcuna tonalità o regione
tonale specifica (e pertanto è particolarmente adatta alle zone for-
mali di sviluppo). L’armonia vagante svolge secondo Schönberg (ivi,
pp. 225-6) un ruolo nell’allargamento e nella disgregazione della to-
nalità perlomeno analogo a quello degli accordi vaganti descritti
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