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IMMUNOLOGIA LEZ 14 17-01-2007

L’argomento di oggi prevede che si concluda con le reazioni immunopatogene secondo GELL e
COOMS, abbiamo visto:
 I tipo, immediato e allergico, IgE, mastociti ed eosinofili
 II tipo, diretta verso antigeni corpuscolari anticorpo più complemento, abbiamo visto come
reazione la malattia emolitica del neonato
 III tipo, da immunocomplessi dove l’antigene è solubile, quindi immunocomplessi circolanti
che possono depositare in determinati condizioni sulla parete dei vasi o tessuti e possono
determinare danno
 Il quarto tipo : ipersensibilità ritardata o cellulo-mediata.
In questo caso il danno è mediato da cellule e queste sono cellule specifiche rappresentate dai
linfociti T di tipo CD4 +, CD Helper I, e in parte dai CD8+ .
Si chiama ritardata in contrapposizione con quella di tipo immediato perché c’è un criterio
cronologico. In un soggetto sensibilizzato se applico uno stimolo la risposta risulta evidente, visibile
clinicamente, dopo 48-72 ore. Se gli stimoli sono stati ripetuti, quindi se c’è una memoria
notevolissima, il tempo di evocazione può risultare più breve ma sempre nell’ordine di ore e giorni,
non di minuti. Quindi il termine immediato o ritardato si riferisce ad un criterio di tipo cronologico.
In medicina la classificazione in base ai tempi può risultare importante specie per la diagnostica.

IPERSENSIBILITA’ DI TIPO RITARDATO

Il meccanismo tipico è quello di una risposta cellulo mediata , come abbiamo visto mediata dai T
Helper 1, quindi reclutamento dei macrofagi armati, che svolgono la loro funzione nei confronti
dell’antigene. In questo caso la risposta si trasforma in una causa di danno e non di protezione. Nel
secondo tipo, a volte possono essere associati, abbiamo un danno determinato da una risposta da
parte dei linfociti T CD8+ citotossici sensibilizzati che causano l’apoptosi della cellula bersaglio.
Quindi meccanismi di risposta normale, processi fisiologici si trasformano in meccanismi di danno.
Vediamo degli esempi di entrambe le situazioni:

(fig 2 LEZIONE IPERS 2)Questo è un meccanismo che già conoscete perché lo abbiamo visto nella
risposta cellulo mediata. Abbiamo la sensibilizzazione del T specifico che riconosce il proprio
antigene nell’ambito delle molecole di seconda classe su una cellula presentante l’antigene che in
base al mezzo citochinico in cui avviene l’interazione si trasforma in T Helper 1 quando è presente
IL 12 . Incomincia poi a produrre citochine come l’IL2 che portano alla proliferazione clonale e
citochine che vanno a potenziare le cellule effettrici. E’ molto importante l’interazione, può essere
il macrofago che si presenta e l’interazione attraverso il recettore specifico per l’antigene più il
CD40 e il CD40 ligando, ma è la produzione di citochine (IF gamma tipico dei TH1) che va ad
armare e potenziare l’attività infiammatoria del macrofago che è la cellula che va poi a determinare
il danno.
L’esempio classico si utilizza per la diagnostica.
Prendiamo un soggetto sensibilizzato nei confronti dell’antigene del micobatterium tubercolare, che
non è infetto ma ha comunque sviluppato delle cellule memoria nei suoi confronti. Se questo viene
messo a contatto con il derivato proteico purificato (PPD) del micobacterium tubercolaris
iniettandolo per esempio nel derma, questo materiale viene captato velocemente dalle cellule
dendritiche e abbastanza velocemente viene riconosciuto dalle cellule T memoria. Ricordatevi che i
linfociti memoria circolano; non passano negli organi linfatici secondari ma stanno nei tessuti
periferici e nel sangue per svolgere la loro azione di riconoscimento. L’attivazione e la produzione
di citochine, come il TNF e altre citochine, portano alla vasodilatazione locale e al richiamo di
cellule come i polimorfonucleati dopodichè c’è un richiamo di altre cellule linfatiche e di
macrofagi che infiltrano la zona dove è avvenuto il contatto con l’antigene e determinano una
lesione locale perché scaricano all’esterno tutti i mediatori di infiammazione sia di tipo enzimatico
che di altra natura.
Il quadro clinico che compare è quello di fig 6 (Lezione Ipersensibilità 4), anche se in questo caso
viene fatto con il Micobacterium Lepre, ma il procedimento è lo stesso.
Abbiamo una zona di infiltrazione, ma non c’è il ponfo, c’è una regione eritematosa rilevata ma al
tatto non è teso-elastica come il ponfo . Ha una certa consistenza aumentata rispetto alla cute
circostante, spesso è dolente anche spontaneamente per la tensione alla quale sono sottoposti i
tessuti. Alla base di questa regione dove è stato iniettato l’antigene nelle 48-72 ore dopo abbiamo
un quadro istologico con infiltrazione cellulare, non un quadro di infiammazione con componente
vasale, ma una componente cellulare. Abbiamo anche delle forme croniche con la formazione di un
granuloma, vedete anche una cellula gigante, reazione di Mitsuda (fig 7 Lezione Ipersens 4).

In patologia umana vediamo una patologia piuttosto frequente, non gravissima ma seccante: la
DERMATITE ALLERGICA DA CONTATTO (DAC), da distinguere dalla DERMATITE
IRRITATIVA DA CONTATTO.
Nella dermatite irritativa la sostanza applicata è unicamente irritante invece nella forma allergica si
sviluppa una sensibilizzazione nei confronti della sostanza, per cui ogni successivo contatto in
qualsiasi parte del corpo evoca una risposta più intensa ,e maggiore è il numero di contatti più
intensa sarà la risposta.
Un esempio è quello dell’edera velenosa (fig 8) che negli Stati uniti è abbastanza frequente. Si
tratta di un’erba tipo edera che contiene nelle foglie un composto che normalmente non da problemi
di sensibilizzazione, è comunque un potente sensibilizzante, ma in alcuni soggetti venendo a
contatto con la cute si lega a proteine self della cute creando un meccanismo aptene-carrier, nelle
forme allergiche da contatto le sostanze che generano queste reazione allergiche sono sostanze
estremamente semplici che normalmente non vengono riconosciute in quanto tali, e non sono in
grado di evocare nessun tipo di risposta. Ma diventano apteni immunogeni legandosi a proteine
cutanee. Ci sono delle sostanze che per la loro stessa natura più di frequente tendono a legarsi con
le proteine creando un composto immunogeno, abbiamo anche individui o situazioni locali che
favoriscono questo fenomeno. Per esempio la cute infiammata, eritematosa anche di un eritema
solare banale, inteso come risposta fisiologica all’esposizione al sole, determina uno stato di
infiammazione lieve. In questa situazione il contatto con determinate sostanze favorisce la
formazione di composti di tipo immunogeno. A questo punto il percorso è sempre lo stesso: la
cellula dendritica presenta al T il peptide derivato, il T viene sensibilizzato (con il doppio segnale) e
poi ad ogni nuovo e successivo contatto il T memoria che ricircola e attraverso le varie citochine
(IF gamma, il fattore chemiotattico per i macrofagi etc.) recluta i macrofagi e li attiva, portando al
danno locale.
E’ una forma molto frequente, ci sono parecchie persone che hanno questo tipo di sensibilizzazione
nei confronti di sostanza semplici come il Nichel e il Tiomersal, composto presente in varie
preparazioni anche farmacologiche come colliri, lenti a contatto, vaccini. I parabeni sono quei
composti presenti nei filtri solari, ma sono essi stessi causa di sensibilizzazioni perchè spesso
vengono applicati ad abbronzatura già iniziata, con un’infiammazione locale già presente, e questo
può favorire l’insorgenza della sensibilizzazione.
Si tratta di un fenomeno specifico che può essere diagnosticato accuratamente per cui la sostanza
può essere evitata in modo più assoluto. E’ opportuno quindi analizzare le etichette. In Italia e in
Europa per questo è obbligatorio riportare le composizioni chimiche anche dei cosmetici in modo
che si possa evitare il contatto con la sostanza per cui si è sensibilizzati, che non deve essere
contenuta nemmeno in tracce.
Fase di sensibilizzazione (aptene carrier) avviene nell’organo linfatico secondario (fig. 9), mentre
la fase di risposta si ha nei vari tessuti (fig.10), perché il linfocita memoria sta nei tessuti, e
attraverso le varie citochine richiama i macrofagi in fase più tardiva .
Il quadro istologico è caratterizzato da edema, per l’infiammazione vasale, formazione di
microvescicole e zone di infiltrazione di mononucleati. Abbiamo una componente vasale con edema
e microvescicole che manca per esempio nella forma tubercolinica.
Questo era il quadro della sensibilità da contatto spontaneo, non si vedono ma ci sono delle
microvescicole, con un po’ di essudato, solitamente è un quadro sfumato (fig 11) . Possiamo avere
un quadro indotto artificialmente con il Patch test, dove si può diagnosticare l’ipersensibilità ad
alcune sostanze applicando sulla cute del dorso dei cerotti contenenti sostanze diverse, vengono
lasciati in situ 48-72h e per le sostanze per cui è sensibilizzato compare una zona di infiltrazione
con le microvescicole centrali, l’eritema sfumato che va oltre la zona di contatto e che impiega un
paio di giorni a risolvere.
Oltre a queste due situazioni che sono quelle tipiche abbiamo delle patologie dove il linfocita T è
importante nel determinare il quadro patologico: diabete mellito, l’artrite reumatoide,
l’encefalomielite allergico sperimentale e le diverse malattie croniche infiammatorie intestinali
(fig 13)
Vediamo i meccanismi.
(fig.15)Un meccanismo molto importante lo vediamo nel diabete mellito insulino dipendente e nelle
tiroiditi autoimmuni: la citolisi mediata dai linfociti T.
Per esempio vediamo un’insula pancreatica con le sue cellule beta nel pancreas normale (fig.15
sn).In quella patologica invece (fig.15 ds) si vede che le insule sono state distrutte dai CD8 che
hanno riconosciuto l’autoantigene come estraneo e c’è distruzione del parenchima che porterà alla
situazione di insufficienza pancreatica e di diabete.
(fig 16) Vediamo una tiroide normale con la colloide e poi una infiltrazione linfo-monocitaria con
distruzione del normale parenchima e dei tireociti e alla fine quando la quota di tessuto distrutto
supera un certo limite compare il quadro clinico di insufficienza d’organo(ipotiroidismo, diabete,
iperglicemia, etc..) dei meccanismi principali di danno .
Uno dei meccanismi principali di danno oltre all’infiammazione, il richiamo di macrofagi, è
l’eliminazione per apoptosi della cellula bersaglio mediata dal CD8, per esempio l’eliminazione
della cellula beta o del tirocita. Quindi meccanismo che sta alla base di manifestazioni patologiche
in malattie autoimmuni.

LE MALATTIE AUTOIMMUNI

Le malattie autoimmuni sono delle entità cliniche che si sviluppano dall’autoimmunità quando c’è
l’attivazione dei meccanismi di danno.
Abbiamo visto che i meccanismi di danno principali sono 4 e quelli che più di frequente sono
implicati nelle patologie autoimmuni sono il II, il III e il IV meccanismo, con prevalenza degli uni
o degli altri a seconda della patologia, ricordando che possono concorrere più meccanismi nel
determinare un quadro clinico.
Una cosa è l’autoimmunità e un’altra sono le malattie autoimmuni.
La presenza di segni di reattività autoimmunitaria non è sinonimo di malattia, la reattività
immunologia nei confronti dei propri costituenti la riscontriamo abbastanza di frequente dopo
stimoli come per esempio certe malattie infettive virali, o stimolazioni antigeniche come
vaccinazioni, con la produzione di autoanticorpi, cosiddetti di accompagnamento, che non danno
luogo a nessun quadro clinico, sono a bassa affinità e tendono a scomparire nel tempo. Sono episodi
transitori.
Nella malattia autoimmune invece abbiamo la soppressione della tolleranza e l’attivazione di
meccanismi di risposta verso elementi self che vengono trattati come elementi estranei, con
l’attivazione di tutti quei processi di difesa che abbiamo visto in fisiologia che determinano danno a
carico dei costituenti stessi e dei tessuti in cui questi sono inseriti.
Per distinguere la malattia autoimmune dall’immunità ci sono vari criteri.
Per esempio si è visto che gli autoanticorpi sono più presenti con l’avanzare dell’età. (vd fig 2
AUTOIMMUNITA’)
Le malattie autoimmuni sono più presenti nell’età giovanile, dalla seconda decade in poi, abbiamo
esempi nell’infanzia e nella vecchiaia, ma sono malattie tipicamente dei giovani.
Invece gli autoanticorpi aumentano nella vecchiaia,dai 50 ai 60 anni,abbiamo un aumento graduale
(per esempio verso la tiroide o altri costituenti) senza che a questi si associ alcun meccanismo
effettore, nessun meccanismo di danno o malattia. Anche questo aiuta a distinguere la differenza tra
malattia autoimmune e autoimmunità.
Il sesso, un fattore favorente è il sesso femminile, tutte le malattie autoimmuni compaiono più di
frequente in questo sesso con un rapporto rispetto al sesso maschile variabile fino a 10 a 1 per il
Lupus eritematoso, questo avviene in tutte le forme di malattia, sia quelle specifiche che quelle
sistemiche.
Le infezioni, come stimolo antigenico intenso, possono generare una risposta autoimmunitaria con
soppressione della tolleranza e attivazione di meccanismi effettori sia verso antigeni estranei sia
verso auto antigeni.
La familiarità, è stato individuato che esiste una ereditarietà per le malattie autoimmuni in genere,
sia organo che non organo specifiche. Non abbiamo una ereditarietà vera e propria ma nell’ambito
della stessa famiglia possiamo avere questo tipo di patologia.
Infine essere portatori di certi aplotipi HLA può essere un fattore di rischio per alcune patologie
autoimmuni rispetto alla popolazione che non ha quel particolare aplotipo. Gli HLA servono per
presentare i peptidi, specialmente quelli di seconda classe. Quindi un aplotipo HLA presenterà un
certo peptide in modo diverso da un altro aplotipo,e verrà quindi visto in modo diverso.
Anche per le malattie autoimmuni si può parlare di malattie multifattoriali ,ad eziologia sconosciuta
e a decorso cronico. Hanno un andamento nel quale alternano fasi di riacutizzazione e di remissione
spontanea dove interagiscono fattori ambientali molto importanti con un background genetico.
I fattori ambientali comprendono infezioni ed infiammazioni varie.
Per la suscettibilità genetica sono stati individuati una serie di geni associati come i geni per
l’HLA. Per esempio è stato studiato che soggetti che hanno l’HLA B27 hanno rischio maggiore
rispetto alla popolazione normale di affrontare la Spondilite Anchilosante. E’una malattia che
colpisce i giovani maschi nell’apparato muscolo- tendineo, tendini e legamenti, in particolare del
distretto sacro-iliaco. Comporta una perdita progressiva della mobilità della colonna, portando alla
“colonna a canna di bambù”, patologia altamente disabilitante.
Abbiamo anche il diabete mellito insulino dipendente dove lo stato di doppia eterozigoti DR3 -DR4
si associa ad un alto rischio di contrarre la malattia. Nell’ambito IR sono particolari sostituzioni
nella catena beta che determinano questa aumentata suscettibilità.
Modelli animali confermano questi studi per cui l’HLA rimane uno dei sistemi genici più studiati in
associazione alle patologie autoimmuni.
Altri geni sono oggetto di studio sono per esempio C4. Soggetti nulli per il C4, cioè che non
producono C4 ,hanno un elevato rischio di incontrare patologie simil lupiche, legate al deficit della
capacità di clearance degli immunocomplessi dal circolo, hanno malattie da immunocomplessi che
hanno un quadro simile a quello del lupus.
La CTL A-4 : il CD28 con il B712 rappresentano l’interazione che da luogo al segnale co-
stimolatorio, avvenuta questa il CTL A-4 aumenta sulla superficie della cellula si sostituisce al
CD28 nel legame al B712 e pone fine alla attivazione della cellula. Polimorfismi a questo livello
possono alterare le caratteristiche di reattività del lla cellula.
Lo stesso vale per il Fas ligando.
Sono tutti filoni di ricerca, nessuno di questi è conclusivo!

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