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Andrea Scozzari
UNICUSANO - Facolta’ di Economia
22-02-2016
1
1 I Vettori
In molte applicazioni reali conviene considerare, invece che un singolo numero, una coppia
o una terna di numeri e più in generale un n − upla di numeri reali, ciascuno dei quali
può essere, ad esempio, visto come il risultato di misurazioni di differenti grandezze. Vale
la seguente definizione:
a = [a1 , a2 , a3 , . . . , an ].
a1 = b1 , a 2 = b2 , ..., an = bn ,
ovvero a e b sono uguali se e solo se sono uguali le singole componenti dei due vettori.
Si definiscono inoltre le seguenti operazioni:
Definizione 2 L’insieme dei vettori ad n componenti per cui sono definite le due op-
erazioni di somma tra due vettori e di prodotto di un vettore per uno scalare si chiama
spazio vettoriale n-dimensionale e si indica con Sn .
2
3
(a1, a 2)
1
−4 −3 −2 −1
0 1 2 3 4
3 a+b 3 2a
a
2 2
a
1 1
b
0 1 2 3 4 0 1 2 3 4
3
prodotti di ciascun vettore ai per il corrispondente scalare αi , i = 1, . . . , n, ossia:
α1 a1 + α2 a2 + . . . + αp ap .
b = α1 a1 + α2 a2 + . . . αp ap ,
si dice che è linearmente dipendente dai vettori a1 , a2 , . . . , ap . Si dice anche che il vettore
b è esprimibile come combinazione lineare dei vettori a1 , a2 , . . . , ap .
Dati m vettori a1 , a2 , . . . , am ∈ Sn questi sono linearmente dipendenti (tra loro) se almeno uno
di essi è linearmente dipendente dai vettori rimanenti. Più formalmente:
α1 a1 + α2 a2 + . . . + αm am = 0.
Se l’unico modo per ottenere il vettore nullo 0 dalla combinazione dei vettori a1 , a2 , . . . , am
è moltiplicare ciascun vettore per uno scalare uguale a 0, cioè α1 = 0, α2 = 0, . . . , αm = 0,
allora si dice che gli m vettori a1 , a2 , . . . , am sono linearmente indipendenti.
Dal punto di vista geometrico, una diretta conseguenza del teorema è:
1. Due vettori sono linearmente dipendenti se e solo se esiste una retta che li contiene
entrambi (vedi Figura 3.);
3
b
2
1 a
0 1 2 3 4
4
3 c
a
2
1
b
0 1 2 3 4
2. Tre vettori sono linearmente dipendenti se e solo se esiste un piano che li contiene
tutti e tre (vedi Figura 4.);
2 Matrici e Determinanti
In questa sezione considereremo una generalizzazione del concetto di vettore. Si definisce
matrice n × m una tabella di n · m numeri disposti in n righe ed m colonne rappresentata
nel modo seguente:
a11 a12 · · · a1m
a21 a22 · · · a2m
· · · · · ·
· · · · · ·
· · · · · ·
an1 an2 · · · anm
I numeri ai1 , ai2 , . . . , aim , con i = 1, . . . , n, sono gli elementi della i-esima riga, mentre
i numeri a1j , a2j , . . . , anj sono gli elementi della j-esima colonna per j = 1, . . . , m.
In forma sintetica si può indicare una matrice evidenziando solamente il generico elemento,
ossia A = [aij ], i = 1, . . . , n; j = 1, . . . , m. Data una matrice A con n righe ed m colonne,
la matrice AT è detta la matrice trasposta di A, cioè la matrice con m righe ed n colonne
ottenuta scambiando il ruolo delle righe e delle colonnne di A.
Data una matrice A se m = n allora la matrice si dice quadrata, altrimenti si dice
rettangolare. Gli elementi a11 , a22 , . . . , ann di una matrice quadrata A costituiscono la
5
diagonale principale di A, mentre l’altra diagonale della matrice A è detta la diagonale
secondaria di A.
Se una matrice A è uguale alla sua trasposta AT , ossia A = AT , significa che lo scambio
di ruolo delle righe e delle colonne di A non sortisce alcun effetto, allora la matrice si
dice simmetrica. Più semplicemente una matrice simmetrica ha uguali gli elementi
simmetrici rispetto alla diagonale principale.
Ad ogni matrice quadrata A si associa un numero reale che prende il nome di determinante
di A ed è indicato con det A. Come si calcola il determinante di una matrice quadrata A?
Se A = (a11 ), cioè A consiste di un solo elemento, allora det A = a11 .
Se A è una matrice quadrata con n = m = 2, cioè si dice di ordine 2 del tipo:
( )
a11 a12
a21 a22
il determinante è:
det A = a11 a22 a33 − a11 a23 a32 − a12 a21 a33 + a12 a23 a31 + a13 a21 a32 − a13 a22 a31 .
6
Per definire il determinante di una matrice quadrata di ordine n > 1 si può ricorrere
al Principio di Induzione, e costruire una formula che collega il determinante di una
matrice quadrata di ordine n ai determinanti di ordine n − 1. A sua volta, si collega il
determinante di ordine n − 1 a quello di ordine n − 2 e cosı̀ via a ritroso fino ad arrivare
ad una espressione in termini dei soli determinanti del primo ordine. Per definire questo
calcolo introduciamo le seguenti definizioni:
Definizione 5 Data una matrice quadrata A di ordine n > 1, si definisce minore comple-
mentare Aik dell’elemento generico aik il determinante della matrice quadrata di ordine
n − 1 che si ottiene da A eliminando tutti gli elementi appartenenti alla i-ma riga ed alla
k-ma colonna di A.
Esempio: Sia
a11 a12 a13
a21 a22 a23
a31 a32 a33
Esempio: Sia
a11 a12 a13
a21 a22 a23
a31 a32 a33
7
Definizione 7 Se A è una matrice quadrata di ordine n > 1 si definisce:
det A = a11 A11 − a12 A12 + a13 A13 + . . . + (−1)1+n a1n A1n
∑
n ∑
n
= 1+k
(−1) a1k A1k = aik A′1k .
k=1 k=1
1. In una matrice quadrata A la somma dei prodotti degli elementi di una qual-
siasi riga per i rispettivi complementi algebrici è sempre uguale al determinante
di A. Seguendo questa proprietà conviene quindi sviluppare il determinante di A
scegliendo come riga i per applicare la definizione precedente, una riga col maggior
numero di zeri.
8
Data una generica matrice A, rettangolare o quadrata, n × m, si chiama minore di ordine
k di A il determinante di una qualsiasi sotto-matrice estratta da A prendendo gli elementi
comuni a k fissate righe e k fissate colonne con:
1 ≤ k ≤ min(n, m).
0 ≤ pA ≤ min(n, m).
In particolare avremo:
1. pA = 0 se e solo se A = [0] (matrice nulla);
2. 1 ≤ pA ≤ min(n, m) se e solo se esiste almeno un minore di A di ordine pA diverso da
zero, mentre quelli di ordine maggiore, se ve ne sono, sono tutti uguali a zero. Consideri-
amo alcuni esempi per chiarire ed applicare le definizioni precedenti.
Fissiamo k = 2, questo significa che si vuole estrarre una sotto-matrice della matrice A
di ordine 2. Seguendo la definizione, scegliamo 2 righe qualsiasi, ad esempio la seconda e
la terza riga, e scegliamo 2 colonne qualsiasi, ad esempio la prima e la terza colonna di
A. In base a questa scelta, il corrispondente minore di ordine k = 2 di A risulta:
3 2
A=
4 0
in cui, nella prima colonna vi sono le componenti del vettore a1 , nella seconda colonna vi
sono le componenti del vettore a2 , e cosı̀ via. Si dimostra che:
9
1. Condizione necessaria e sufficiente affichè n vettori siano linearmente indipendenti è
che det A ̸= 0. Si noti che se si hanno n vettori ciascuno dei quali ha n componenti,
la matrice risultante A è quadrata di ordine n e, dunque, è possibile definire il
determinante di A.
a1 x1 + a2 x2 + . . . + an xn = b,
Definizione 9 Una equazione lineare con due o più incognite si dice indeterminata dato
che presenta infinite soluzioni.
Se però si considera un insieme di equazioni lineari e si ricercano i valori delle incognite che
risolvono simultaneamente tutte le equazioni, stiamo risolvendo un sistema di equazioni
lineari. Per un tale sistema può accadere:
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1. o non ammette soluzioni (sistema incompatibile);
Esempio.
Sia dato il seguente sistema nelle due incognite x1 , x2 :
{
2x1 − 3x2 = 2
4x1 − 2x2 = 8
Questo è un sistema determinato dato che ammette una soluzione x∗1 = 52 , x∗2 = 1. Come
si può trovare tale soluzione e dimostrare che il sistema è in effetti determinato, cioè che
non esiste un’altra soluzione diversa da quella data?
Osserviamo che i coefficienti del sistema possono essere rappresentati attraverso la seguente
matrice:
( )
2 −3
A=
4 −2
ed analogamente i termini noti formano un vettore:
( )
2
b=
8
Allora, considerando le colonne della matrice a1 , a2 , è possibile riscrivere il sistema in
forma compatta nel modo seguente:
x1 a1 + x2 a2 = b,
dove
( ) ( )
2 −3
a1 = ; a2 =
4 −2
e
( )
2
b=
8
Se il sistema ammette soluzioni, significa che il vettore b può essere espresso come com-
binazione lineare dei due vettori a1 e a2 con i coefficienti (incogniti) x1 , x2 . Dunque, se
il sistema è determinato, il vettore b è linearmente dipendente dai vettori a1 e a2 .
Di conseguenza, accade anche che lo spazio vettoriale Sn ha dimensione 2 (n = 2), cioè il
massimo numero di vettori linearmente indipendenti è 2.
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Oltre alla soluzione già trovata esistono altre soluzioni? Se la risposta fosse affermativa
allora dovrebbe risultare:
x̂1 a1 + x̂2 a2 = b,
dove {x̂1 , x̂2 } è un’altra soluzione differente da quella data {x∗1 , x∗2 }.
Sottraendo membro a membro i due sistemi:
x̂1 a1 + x̂2 a2 = b,
e
x∗1 a1 + x∗2 a2 = b,
si ottiene:
Dato che il risultato della differenza tra i due sistemi è 0 ed i due vettori a1 , a2 sono lin-
earmente indipendenti, significa che i coefficienti devono essere tali che (x̂1 − x∗1 ) = α1 = 0
e (x̂2 − x∗2 ) = α2 = 0, da cui si ricava che (x̂1 = x∗1 ) e (x̂2 = x∗2 ).
Per cui se il sistema ammette soluzione questa è anche unica. Questo è un risultato
generale per sistemi in cui il numero delle equazioni è uguale al numero delle incognite.
x1 a1 + x2 a2 + x3 a3 = b,
dove
( ) ( ) ( ) ( )
2 −1 5 1
a1 = ; a2 = ; a3 = ; b=
−1 1 −3 −5
La dimensione dello spazio è ancora 2 (i vettori hanno solo 2 componenti!) per cui il
sistema ammette soluzioni solo se il vettore b è linearmente dipendente dai tre vettori
a1 , a2 , a3 .
Chiamiamo l’insieme dei vettori {a1 , a2 , a3 } insieme incompleto, mente l’insieme {a1 , a2 , a3 , b}
insieme completo del sistema. Le rispettive matrici, completa ed incompleta, saranno:
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( ) ( )
′ 2 −1 5 ′′ 2 −1 5 1
A = ; A =
−1 1 −3 −1 1 −3 −5
x1 a1 + x2 a2 = −x3 a3 + b.
x1 a1 + x2 a2 = b′ ,
con b′ = (−4, −2).
A questo punto siamo ritornati al caso di un sistema di due equazioni in due incognite.
Fissata l’incognita x3 = 1, sappiamo che una soluzione del sistema S
x1 a1 + x2 a2 = b′ S,
è x∗1 = −6, x∗2 = −8 che è U N ICA per x3 = 1 fissato.
Ma se fissiamo x3 = 0, otteniamo anche che l’U N ICA soluzione del sistama S sarebbe
x∗1 = −4, x∗2 = −9.
Dunque, per ogni fissato valore di x3 otteniamo una una soluzione x∗1 , x∗2 del corrispon-
dente sistema quadrato 2 × 2. Questo, allora, dimostra che il sistema ha infinite soluzioni
una per ogni possibile valore che possiamo assegnare ad x3 .
Le conclusioni trovate possono essere generalizzate al caso di un sistema n × m del tipo:
a x + a12 x2 + . . . a1m xm = b1
11 1
a21 x1 + a22 x2 + . . . a2m xm = b2
..
.
a x + a x + ...a x =
n1 1 n2 2 nm m bn
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Naturalmente, anche questo sistema può essere riscritto in una forma compatta nel modo
seguente:
x1 a1 + x2 a2 + . . . + xm am = b,
dove i vettori ai , con i = 1, . . . , m, sono vettori ad n componenti del tipo ai = (a1i , a2i , . . . , ani ).
Consideriamo il caso particolare in cui m = n, vale il seguente teorema:
Teorema 2 Cramer. Condizione necessaria e sufficiente affinchè un sistema di n equazioni
lineari in n incognite abbia una ed una sola soluzione è che il determinante della matrice
dei coefficienti del sistema sia diverso da 0.
Da cui si ricava:
∆1 19 ∆2 35 ∆3 11
x1 = =− ; x2 = = ; x3 = =− .
∆ 40 ∆ 40 ∆ 40
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Nel caso di sistemi di equazioni rettangolari, in cui cioè n ̸= m, vale invece il seguente
teorema:
Sia p la caratteristica comune delle due matrici. Si possono verificare i seguenti casi:
3 Autovalori e Autovettori
L’argomento di questa sezione è strettamente lagato alla risoluzione di sistemi di equazioni
omogenei.
Consideriamo il seguente sistema di equazioni in cui qualche coefficiente del sistema o
qualche termine noto non è specificato ma è rappresentato da un parametro k che può
assumere valori arbitrari.
x−y+z = 3
x+y+z = 2
kx + 2y − 2z = −2
Vediamo per quali valori di k si può applicare il teorema e la regola di Cramer. Calcoliamo
il determinante della matrice dei coefficienti del sistema:
1 −1 1
∆ = 1 1 1 = −2k − 4
k 2 −2
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Abbiamo, dunque, ∆ ̸= 0 se e solo se k ̸= −2. Per tutti questi valori il sistema ha una
sola soluzione che è data, applicando la regola di Cramer:
x= 4
2+k
; y = − 21 ; z = 2+5k
2(2+k)
con k ̸= −2.
Quando k = −2 si ha ∆ = 0 e dunque la caratteristica della matrice incompleta è 2.
Considerando la corrispondente matrice completa si ottiene:
1 −1 1 3
1 1 1 2
−2 2 −2 −2
la cui caratteristica è 3. Pertanto, per il Teorema di Rouché-Capelli quando k = −2 il
sistema non ha soluzioni.
La matrice dei coefficienti del sistema coincide con la generica matrice quadrata A = [aij ],
con i = 1, . . . , n e j = 1, . . . , n, tranne che per gli elementi lungo la diagonale principale che
sono del tipo (aii − λ), i = 1, . . . , n. Indichiamo il determinante della matrice Aλ , dipen-
dente dal parametro λ, con ∆λ . Ogni valore di λ per cui ∆λ = 0 viene chiamato autovalore
della corrispondente matrice A = [aij ]. Ad ogni possibile autovalore λi , i = 1, . . . , n, cor-
risponde una soluzione del sistema che rappresenta una autosoluzione di questo.
Nella pratica, invece che parlare di trovare autosoluzioni del sistema Sλ , il problema da
risolvere viene formulato come il problema di trovare gli autovalori e gli autovettori di
una data matrice quadrata A = [aij ], i = 1, . . . , n; j = 1, . . . , n, che può sempre essere
vista come la matrice dei coefficienti di un sistema lineare ed omogeneo.
16
1−λ 2 −2
Aλ = 1 −4 − λ 1
1 1 −4 − λ
Il determinante ∆λ di questa matrice risulta (si utilizzino gli elementi della prima colonna):
−4 − λ 1
∆λ = (1 − λ) = (1 − λ)[(−4 − λ)2 − 1].
1 −4 − λ
Il determinante ∆λ = 0 se e solo se λ = 1 oppure [λ2 + 8λ + 15] = 0.
Si noti che l’espressione (1 − λ)[(−4 − λ)2 − 1] rappresenta un polinomio di terzo grado
nell’incognita λ, ed in particolare, λ2 + 8λ + 15 è un polinomio di secondo grado in λ del
tipo: aλ2 + bλ + c.
Dobbiamo allora trovare le radici di questo secondo polinomio utilizzando la (nota) formula
risolutiva:
√
−b ± b2 − 4ac
.
2a
I tre autovalori della matrice A, ovvero le tre radici del polinomio di terzo grado in λ,
sono:
λ1 = 1; λ2 = −3; λ3 = −5.
e si deve poi risolvere il sistema sostituendo i tre valori di λ trovati. In altre parole, si
devono risolvere 3 sistemi dove il primo, che chiamiamo Sλ1 , é:
0x1 + 2x2 − 2x3 = 0
x1 − 5x2 + x3 = 0
x1 + x2 − 5x3 = 0
Risolvendo, ad esempio col semplice metodo della sostituzione la prima equazione nelle
sole incognite x2 e x3 , si ricava che x2 = x3 , da cui, utilizzando la seconda equazione
(o analogamente la terza) e sostituendo x2 con x3 si trova x1 = 4x3 . Come si vede, si
ottengono in effetti tante soluzioni a seconda del valore che assume x3 . Ad esempio, se
x3 = 1 una soluzione è (4, 1, 1). Questo vuol dire che, per l’autovalore λ1 = 1, si ha un
insieme di soluzioni del tipo:
(4α, α, α) con α ∈ R.
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Con lo stesso ragionamento si risolvono i sistemi Sλ2 e Sλ3 in corrispondenza degli altri
due autovalori e si ricavano i rispettivi autovettori:
Osserviamo che se una matrice quadrata, di cui si devono calcolare gli autovalori e gli
autovettori, è di dimensione n × n, il corrispondente determinante ∆λ sarà un polinomio
di grado n che ammette sempre n radici anche se non necessariamente tutte distinte. Non
è detto che, però, tali radici siano sempre reali, queste possono anche essere complesse e
coniugate (ossia appartenere all’insieme dei numeri complessi C). In particolare, se una
matrice quadrata A = [aij ], i = 1, . . . , n; j = 1, . . . , n è simmetrica c’è un teorema che
garantisce che le radici del polinomio “generato” da ∆λ sono sempre tutte reali (anche
se non necessariamente tutte distinte).
Riferimenti bibliografici
1. A. Blasi, Matematica: Corso base per la Facolta’ di Economia. Edizioni Kappa,
2006.
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