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L'UOMO DEL RINASCIMENTO

IL PRINCIPE
Burckhard riprendendo l'opera di Paolo Giovio “ Le vite degli uomini illustri” ci fornisce l'immagine del
principe
del Rinascimento; cinico, spietato e egoista nei confronti di consiglieri,sudditi,famiglia che manifesta disprezzo
nei confronti della visione medievale di una societa' ordinata e gerarchica posta sotto le “due spade” del
papato e dell'impero.
Il signore del Rinascimento non e piu' un principe nel senso feudale del termine ma, in linea con la visione di
Machiavelli,appare come un sovrano indipendente che fa riferimento alla sua intelligenza.Inoltre affronta con
uno spirito nuovo gli affari di governo; non si conforma alla tradizione ed e piu' aperto al cambiamento.
Questo saggio ha l'obiettivo di mostrare come questi cambiamenti siano piu' di superficie che di sostanza
La violenza e il potere
La storia ci mostra come la violenza potesse caratterizzare la presa, il mantenimento e la perdita del potere sia
nei confronti di altri governanti che ,anche, della propria famiglia o comunque all'interno della propria
dinastia.Un esempio puo' essere Giangaleazzo Visconti che fece uccidere lo zio per entrare in possesso
dell'intera eredita'.
Vero e che questi signori avevano una natura sostanzialmente guerriera;pensiamo agli Este a Ferrara,i Gonzaga
a Mantova,i Monteferltro a Urbino.Quando Francesco Sforza che proveniva da una famiglia di soldati di
ventura,acquisi' il ducato di Milano fu per diritto d'eredita' (sposa Bianca Maria Visconti) ma soprattutto per la
sua forza militare e abilita' politica.
In Italia c'e la tendenza a trattare questa violenza in termini melodrammatici; pensiamo alla Lucrezia Borgia di
Hugo che Romani la adatto' all'omonima opera di Donizzetti oppure a Anna Bolena.
Tuttavia c'e da considerare il fatto che, nel periodo in questione,ne la moralita' ne il pensiero politico
giustificavano questa violenza. I principi,chiusi nelle loro fortezze, venivano piuttosto visti come tiranni.
Giangaleazzo Visconti aveva fatto circolare un libello in cui si fa riferimento alla sottomissione di Genova e ci
restituisce l'immagine di un principe saggio, magnanimo,sublime.
Se da un lato c'e l'aspetto della violenza dall'altro troviamo una grande devozione religiosa come Nicolo'
d'Este che si reco' in pellegrinaggio a Gerusalemme.
Altro aspetto da considerare e il fatto che il principe e la sua corte si presentavano come il simbolo del buon
gusto e della civilta' nel Rinascimento;pensiamo solo al “Cortigiano” di Baldassare Castiglione.
Quindi, i suoi atteggiamenti nei confronti della religione, la violenza non erano poi cosi' diversi dai
“predecessori” medioevali.
Che la relazione violenza /tirannia fosse un luogo comune lo si puo' vedere anche dal fatto che quando il papa
concedeva feudi questo privilegio includeva che il signore dovesse governare bene e rispettare la liberta' e la
proprieta'; stessa cosa faceva il signore sui suoi signori
La ricerca della legittimita Burkhard ci presenta il principe del Rinascimento come colui che “rifiuta” la
gerarchia di tradizione medievale.Ma , e vero? In realta' no.Francesco Sforza quando si fa acclamare duca dal
popolo di Milano dimostra rispetto per quella tradizione. Lorenzo Valla quando demolisce la famosa
Donazione di Costantino (giustificava il dominio del papato sullo stato pontificio,regno di Napoli,Sicilia,
Sardegna) lo fa per compiacere il suo mecenate ,Alfonso V d'Aragona, i cui titoli sul regno di Napoli erano
minacciati dal papato.
Un'ulteriore prova e dato dall'orgoglio che mostravano nel ricevere onori e privilegi da mani principesche o
reali ,o ancora, i numerosi esempi nella storia dell'arte: pensiamo al ciclo di Artu' di Pisanello.
I governatori italiani cercavano dei legami con le dinastie reali dell'Italia e dell'europa; l'albero genealogico dei
Visconti rivela un certo numero di legami con le case reali d'Inghilterra e Francia.
Fra i titoli che cercano di acquisire quello piu' ovvio e quello ereditario che cercano di acquistare dai loro
superiori ma esistevano anche i titoli feudali con carattere ereditario.
Questi titoli pero' non gli garantivano la sicurezza, il suo potere non derivava da quello, anzi, a volte poteva
costituire fonte di debolezza. Per esempio le pretese dei francesi sulla successione Viscontea minacciarono gli
Sforza ancor prima delle guerre d'Italia.
Gli Sforza non riuscirono mai ad acquisire il prestigio e la sicurezza che sono propri di un titolo sovrano o
regale ,quindi, questo dimostra come i titoli non fossero poi cosi' privi di significato
Aspetti del governo
Gli onori e i titoli (esempio quelli feudali di marchese o duca) potevano conferire ai beneficiari uno strumento
di mecenatismo e rafforzare il loro potere.
Questo uso pratico dei titoli ci porta a un esame piu' generale sull'autorita' del principe.Su questo argomento
gli storici hanno individuato nel Rinascimento un periodo di trasformazione nella struttura dello Stato e un
aumento dell'autorita' del signore; per esempio nello sviluppo di eserciti professionali e permanenti. Queste
riflessioni sul concetto di autorita' hanno origini da Burckhard il quale paragonava i signori a “Opere d'arte”;
secondo lo storico i governanti,al pari degli artisti, sarebbero stati piu' liberi dalle restrizioni medievali e questo
gli avrebbe permesso di sviluppare meglio i loro scopi imponendo la propria autorita' attraverso una
burocrazia piu' sviluppata e professionalizzata. Burckhard ha definito lo Stato italiano del XV e XVI come il
risultato della riflessione e del calcolo.E' vero? In realta' “ni” perche la maggiorparte di loro dipendeva anche
dalla benevolenza e dalla protezione di altri poteri.
Comunque, per capire lo Stato nel Rinascimento ,analizziamo alcuni punti chiave dell'attivita' di governo:
1) tassazione
Anche se le entrate subirono un aumento (spese militari) queste erano state stabilite gia' nel Medioevo; per
esempio lo Stato rivendicava antichi diritti come la tassazione delle comunita' ebree, la confisca dei beni dei
ribelli o il monopolio sul sale. In genere i maggiori introiti provenivano dalle imposte dirette ma queste
tendevano a diminuire proprio quando erano necessarie cioe in tempo di guerra, carestia o epidemia e allora
si ricorreva a quelle “straordinarie”.
Tutto cio' potrebbe confermare l'immagine di una crescente autorita' del principe ma in realta' gli alti livelli
d'imposizione fiscali non comportano necessariamente l'esistenza di un governo forte; quando Galeazzo Maria
Sforza venne ucciso le tasse diminuirono e l'autorita' del fratello Ludovico Maria venne scossa. I documenti ci
indicano le difficolta' che il principe incontrava nello sfrutture quelle entrate di cui in teoria disponeva ma in
pratica era piu' difficile anche perche la stessa popolazione era restia a pagarle.Per questo,spesso, ricorrevano a
espedienti come l'impegnare gioielli o vendere cariche, titoli ecc
2) Amministrazione
nel Rinascimento la sfera degli affari si estende e il grado di specializzazione e piu' alto.Proliferano le cariche
pubbliche e il principe si cura di piu' della formazione degli impiegati che vengono scelti fra gli umanisti
3) la corte
La corte rappresentava una strumento di controllo da parte del principe sia sulla sua corte che sulla sua
propaganda. In realta' pero' le cose sono piu' complesse . La proliferazione di cariche pubbliche rispecchia il
desiderio da parte del principe di ricompensare i suoi sostenitori e ,anche, come si e visto di raccogliere fondi;
per quanto riguarda la propaganda era lontana dall'idea che ne abbiamo noi oggi.Per
esemipo le medaglie non erano destinate alla circolazione di massa ma erano per pochi.
Il fatto e che la corte era ben lontana dall'essere un'emanazione chiara della volonta' del principe ;i principi
erano generosi (magnanimi) con i loro sostenitori e adulatori e cosi' doveva essere,era una virtu' tradizionale
che ci riporta alla tradizione medievale. Pensiamo, ad esempio,a quei cortigiani che sfruttavano e si nutrivano
della generosita' del principe.
Conclusione: quindi , principati italiani del 400 come primi esempi di costruzione di uno Stato e del potere del
principe? Si, certo le risorse finanziarie vennero massimizzate,gli eserciti divennero permanenti, la burocrazia
piu' sviluppata ma questo non vuol dire che ci fu un cambiamento sulle idee dello Stato o della mentalita'. E
poi, in genere gli storici tendono a essere piu' amici del re e a prendere meno in considerazione i documenti
che arrivano dal basso. Altro aspetto da prendere in considerazione e la maggior presenza di documenti di
questo periodo rispetto al medioevo.
Facciamo un esempio che ci fa capire come non si possa attribuire questi grandi cambiamenti; sul tema della
legittimita' il passaggio dalla signoria al principato costituisce un passaggio verso una concezione del governo
piu' tradizionale e medievale anche se nessuno dei nuovi principi riusci' mai a conseguire
quell'autorita' sacra di monarchie quali quella di Napoli Francia o papato. (e stata data troppa importanza al
principe di machiavelli)
E poi ,c'e anche un'ambiguita',oggi, che circonda il concetto di Stato che pote' essere concepito come
un'espressione geo-politica ma anche come proprieta' personale del sovrano (es. ferrante di Napoli)

IL CONDOTTIERO
Ancora una volta partiamo da Burckhard: egli ci restituisce l'immagine di uomini caratterizzati da un forte
individualismo,ricerca di fama e grandi gesta .E' proprio cosi?
Non esiste un unico modo di guerreggiare,un'unica immagine di condottiero ma cio' che e importante dire e
che spesso le loro fortune dipendevano piu' che da qualita' personali dall'oscillazione dell'economia del
Mediterraneo, dai capricci o meno dello Stato o principe che servivano,dalla nascita.
L'origine di questa figura e da collocare nel XIII secolo quando gruppi di mercenari iniziarono a comparire
negli eserciti medievali e dei primi Comuni.Il benessere che si era creato aveva fatto si che ci fossero piu' cose
per le quali lottare. Nel corso di questo secolo le comunita' urbane iniziarono ad avere difficolta' nel reclutare
sempre piu' cittadini perche un conto era la difesa delle mura un'altro l'assedio.Inoltre la crescita della
popolazione,le crociate, il cambiamento del diritto di primogenitura avevano creato molti abili, ma
disoccupati ,guerrieri che iniziarono a spingersi verso l'Italia.
Quindi i primi mercenari non furono italiani ma francesi,inglesi (grazie a pace di Bretigny e interruzione
guerra dei cent'anni) e tedeschi. Queste prime compagnie erano piccole e operavano in gruppo cioe non
vendevano i propri servigi individualmente poi, nel tempo iniziarono a ingrandirsi e professionalizzarsi. Fino
alla fine del XIV secolo operarono, in Italia, compagnie di mercenari stranieri.Perche? Perche il rischio politico
era minore ; c'erano meno probabilita' che un capitano straniero aspirasse alla signoria rispetto a un nobile
italiano.
Perche poi le compagnie straniere se ne andarono? Perche ci furono possibilita' di combattere anche in
europa, a causa della crisi economica in cui versava il Paese ma soprattutto a causa del sentimento xenofobo
che inizia a diffondersi e che e legato a un rafforzamento dello stato italiano
Il periodo che va dallo scisma d'occidente (1378) alla morte di Sforza (1466) e considerato come l'eta' d'oro
dei condottieri.Fu un periodo di confusione politica a causa del processo di rafforzamento di venezia,
Firenze,napoli, lo Stato Pontificio in cui i condottieri ebbero grandi possibilita' anche se,ritrovandosi a servire
Stati piu' grandi e uniti, queste possibilita' andarono diminuendo.
Firenze trovo' difficile stabilire un rapporto duraturo con un condottiero perche in genere preferivano i principi;
Venezia si diresse verso condottieri minori ma perche i maggiori erano focalizzati verso Napoli e gli Stati
pontifici .
Possibilita' vennero dal lungo conflitto tra Milano e Venezia (1425-1454)che porto' allo sviluppo di eserciti
permanenti e a una continuita' di servizio che frenava qualsasi ambizione politica.Alcuni dei piu' grandi
condottieri di questo periodo erano in realta' principi- condottieri (= Federico da montefeltro ) anche se negli
anni quaranta del 400 i piu' grandi comandanti furono veri condottieri; Carmagnola,
Gattamelata, Sforza,Colleoni.
Con la pace di lodi inizia un periodo di calma ; si trasferiscono nelle loro tenute, gli eserciti vengono ridotti al
minimo e nascono nuove personalita' che vedono la guerra come un'impresa occasionale (francesco Colonna).
Al centro del sistema dei condottieri c'era la condotta o contratto; le condizioni
erano imposte dal committente (pagamento completo o a meta',grandezza, equipaggiamento) e esistevano
anche accordi segreti. E' sulla durata che si ebbero i cambiamenti piu' significativi; nel XIV sec. Dipendeva
dalle
circostanze militari contingenti e in genere durava da 1 a 6 mesi e non c'era rinnovo mentre alla fine del XV sec
e previsto il rinnovo.A meta' XV sec la durata era come minimo 1 anno e c'era la prospettiva di un servizio
permanente.I contratti diventano piu' flessibili
Gran parte dei condottieri era di nobile lignaggio anche se ci furono eccezioni; Muzio Attendolo Sforza e
quindi lo stesso Francesco sforza e Gattamelata.
A partire dal XIV sec anche la nobilta' terriera si trasforma in condottiero visto che la peste nera e la pratica
dell'eredita' multipla li aveva lasciati senza terre.
In genere le compagnie militari erano ereditate e non fondate: gattamelata la eredito' da Braccio da Montone
mentre Piccinino sposando la figlia del comandante.
Mentre terre e posizione sociale potevano assicurare un buon inizio di carriera ,le imprese e il successo
dipendevano da qualita' piu' personali. La virtu' militare per eccellenza era la prudenza intesa soprattutto
come abilita' militare e politica; a partire dal XV sec si affianca anche quella della fedelta', caratteristica dei
capitani a “lungo termine”.
Quindi l'immagine del condottiero arrogante e ambizioso dev'essere rivista; era meglio un feudo o paghe
sicure piuttosto che il rischio di perdere mezzi,uomini e buona reputazione.
Un elemento importante era la compagnia; egli doveva cercare di legarli a se e quindi stipulava con i
comandanti di squadrone o altri dei contratti (condotte) individuali che erano “ereditari” e indipendenti da
quelli stipulati fra condottierocommittente.
Che Federico da montefeltro,con la sua corte a Urbino, riuscisse a portare avanti questo servizio prolungato e
scontato; meno lo e per quei condottieri che feudi non ne avevano come Gattamelata o Colleoni ( prima di
ricevere il feudo di Malpaga). Chiaramente queste compagnie dovevano creare un servizio proprio di
approvvigionamento ( alloggi, cibo, vestiti) e cosi' facendo si andavano a inserire
all'interno dell'economia e societa' locali .
Nelle compagnie erano previsti dei “supervisori” i collaterali e il vicecollaterale che avevano il compito di
controllare e consigliare in materia politica.
Ricompensa: il modo preferito per ricompensare era la donazione di una proprieta' o di un feudo anche se il
termine di “nuovo feudalesimo” e fuorviante perche il conferimento del feudo non implicava il servizio
militare.
Tale prassi conferiva uno status,nobilitava uomini le cui nobili origini erano chiare ma la cui naturale fedelta'
era meno visibile.
Altre ricompense erano quelle onorarie ; nei principati l'appartenenza onoraria veniva conferita o assegnata
con legami matrimoniali; nelle Repubbliche ,esempio Venezia, significava diventare un membro del Gran
Consiglio, nelle citta' venivano offerti palazzi per la residenza temporanea dei condottieri perche un loro
insediamento permanente non era ben visto. E poi c'erano i funerali che mostravano ai soldati come i loro
servigi avessero valore e come la loro fama eterna; le stesse effigi avevano la doppia funzione di onorare il
condottiero e infondere nei sudditi dello Stato rispetto per le virtu' militari
Ricompensa vuol dire anche il suo contrario cioe punizione;la decisione di passare alle armi o di uccidere un
condottiero non veniva presa alla leggera . Il caso del Carmagnola (p.63) e eccezionale.
In genere si usava piu' discrezione oppure s'imponevano multe o destituzioni ; anche nel caso di espulsioni
pero' bisognava stare attenti a possinili rivolte o saccheggi da parte della compagnia.
In generale tra committenti e condottieri c'era molta diffidenza; i primi temevano che i capitani potessero
disertare o rivolgere le armi verso di loro e i secondi temevano per i pagamenti. I condottieri del Rinascimento
sono stati accusati di arretratezza tecnica, in realta' non e cosi: durante il periodo di calma gli stati italiani
ebbero eserciti permanenti all'interno del quale si sviluppo' l'artiglieria e la fanteria,ci furono innovazioni nella
costruzione di fortezza grazie ai loro consigli.
Per quanto riguarda gli spargimenti di sangue la guerra italiana del XV sec non differisce molto da quella
d'oltralpe. Perche? Perche si volevano distruggere gli avversari ma anche mantenere il loro esercito,pagato a
caro prezzo; da qui la tendenza alla strategia e a evitare le battaglie campali.
Altra considerazione e il fatto che essendo la maggiorparte dei condottieri anche nobili,essi avevano una certa
istruzione e,soprattutto, una conoscenza dei classici ;un esempio? Federico da Montefeltro che sul campo di
battaglia fu influenzato dagli studi classici.
I capitani mercenari dell'italia Rinascimentale non erano persone che vivevano in un modo a parte: questa
questione la possiamo vedere prendendo in considerazione il mecenatismo culturale. Lideale guerriero era gia'
di per se parte integrante della cultura italiana che attingeva dai classici : i trattati militari spesso
venivano scritti dagli umanisti.
Un esempio? Colleoni (p 70) ci sono pero' altre motivazioni:
1) il condottiero era colui che piu' di altri rischiava la vita e ,anche ,uccideva. Il numero infinito di cappelle fatte
costruire,questo mecenatismo religioso, possono essere la testimonianza di un bisogno cioe del perdono
divino
2) i condottieri venivano pagati in contanti e questi gli permise di accumulare ricchezze. Artisti e letterati
facevano a gara per entraro nel loro servizio
3) critica del machiavelli; nel momento in cui la fa,la figura del condottiero e nella sua fase finale.

IL CARDINALE
Il punto di partenza e un libro uscito nel 1510 e intitolato “de cardinalatu” di Paolo Cortesi che era stato
segretario apostolico della curia pontificia. Solo alcuni esempi per mostrare come in quel periodo,ai vertici
della Chiesa, regnava violenza, dissolutezza,corruzione; Ippolito d'este che aveva cavato gli occhi al fratello a
causa di una donna o Giulio II che concesse la porpora a 4 suoi parenti. E' anche vero che tra i fedeli tutto cio'
non sembrava suscitare scandalo perche non c'era ancora quella distinzione, nata con la controriforma ,fra
chierici e laici e quell'immagine austera che tutti conosciamo
L'energica ripresa che caratterizzo' la storia della Chiesa con il ritorno della sede papale a Roma, il
conciliarismo,l'incontro con la cultura orientale in funzione della riunione con la Chiesa greca,l'impegno nella
poltica italiana e lo sviluppo della burocrazia avevano imposto a pontefici estranei alla nuova sensibilita'
umanistica di dotarsi di un personale adeguato alle esigenze dei tempi.E' il caso di Niccolo V che diede il via
alla costruzione della Roma rinascimentale chiamando nella capitale tutti gli uomini dotti del mondo ,oppure
Enea Silvio Piccolomini che riusci' a farsi strada,nonostante la poverta' della famiglia, con l'ingegnoe con lo
studio.
Con Francesco Della Rovere (Sisto IV) abbiamo un cambiamento verso un'eccessiva mondanizzazione e un
inserimento della chiesa nella politica italiana ; chiamo' 4 dei suoi parenti nel sacro collegio uno dei quali
diventera' Giulio II. Esaminiamo ora alcuni cardinali che riuscirono a farsi strada senza troppi scrupoli;
•Cardinal d'Anger p.86
•vescovo di Arras p.87
Un aspetto importante del potere dei cardinali era l'accumulo delle ricchezze che non cambiera' nemmeno nel
secolo successivo con la riforma tridentina .
A fine 400 a Roma il reddito di un artigiano era di poche decine di ducati e a un ambasciatore veneziano
occorrevano 2000 ducati per vivere dignitosamente: la rendita minima di un cardinale fu fissata a 4000
ducati,ma le entrate erano di piu'.
Giuliano della Rovere arrivava a 4000 e nella seconda meta' del 500 Carlo di Guiza arrivo' a 130000 mila scudi;
chiaramente non tutti i cardinali arrivavano a queste cifre ma l'aspetto da considerare sono le uscite che essi
avevano.
Ogni palazzo cardinalizio era una sorta di corte principesca ,dotata di un suo ruolo politico ,in cui si affollavano
decine se non centinaia di servi,stallieri, amici, parenti, artisti ecc ( in media erano 150);e chiaro che mantenere
una folla del genere richiedeva soldi; lo spazio abitativo, i salari, il vitto.Per non parlare delle montagne d'oro
usate per la costruzione degli edifici; palazzo Medici, palazzo Farnese o
ancora gli arredi, le sculture, i dipinti.Va da se che la Roma rinascimentale non ci sarebbe stata senza la
presenza di questa grande committenza ecclesiastica.
Altri costi riguardavano gli spostamenti o ancora il mecenatismo artistico e culturale
e il dovere di soddisfare una clientela affamata di prebende,favori,rendite
beneficiarie. Di fronte a questi sperperi e stili di vita ci furono reazioni; Pio II emano' un progetto
di riforma che prevedeva una riduzione nel numero della corte,un limite max di rendite beneficiarie,il divieto
alla caccia, stabiliva un limite max di cavalli ecc...
Continueranno anche gli appelli riformatori di Savonarola contro la corruzione della Chiesa, Machiavelli che
attribuiva alla presenza del papato in italia la mancata unificazione o un Guicciardini convinto anticlericalista o
ancora Erasmo da Rotterdam che sottolineava la pazzia di quei cardinali che si compiacciono delle loro
ricchezze ma che in realta' sono semplici amminisratori dei beni spirituali.
Sarebbe tuttavia riduttivo valutare questi aspetti solo da un pdv morale oppure attribuendo la responsabilita'
alla rinascita del paganesimo antico o alla perdita dei valori tradizionali.
In realta' il processo storico attraversato dalla chiesa tra 400e 500 e da collocare all'interno di un quadro
europeo ,sullo sfondo della costruzione delle grandi monarchie nazionali e dei principati regionali in Italia.
La stagione francese ha dimostrato come l'indipendenza della chiesa non ci sarebbe potuta essere senza
un'indipendenza territoriale o una solida autonomia politica e finanziaria.E' in questa situazione che i pontefici
e gli alti prelati assumono le caratteristiche delineate.
Anche il numero dei cardinali stranieri ,francesi o spagnoli,va in questa direzione a testimonianza cioe dello
scontro politico in atto fra le due grandi potenze per il dominio dell'Italia e il papa oscilla tra l'una e l'altra
posizione. Del resto ,sempre piu' spesso, i cardinali non vivono a Roma ma presso le corti dei loro sovrani con
funzioni di potenti ministri e quando invece risiedono nella capitale il loro ruolo
diventa quello di “protettore delle nazioni”. Nel collegio si affacciano anche i rappresentanti delle dinastie
ormai affermatesi: Gonzaga, Este ecc...
Una cosa,tuttavia, mancava al papato in questa logica di costruzione statuale e cioè la continuita' per via
ereditaria di una dinastia e di una monarchia nazionale.Il papa soffriva della precarieta' di un potere elettivo. La
crisi dell'autorita' pontificia nel corso del grande scisma ha permesso di rafforzare il ruolo politico dei cardinali
entrato poi in crisi con la sconfitta del conciliarismo e il rafforzamento dell'autorita'
papale nei confronti della quale il collegio esprime ancora una volonta' di condizionamento come dimostra la
congiura ordita da Alfonso Petrucci.
Il progressivo rafforzamento dell'autorita' papale portera' a un'esigenza da parte dei pontefici di disporre di
“uomini di fiducia”: e cosi' che si spiega il nepotismo dei papi rinascimentali che sembrano voler dar vita a
un ,seppur embrionale, tentativo di trasmettere ai propri discendenti il trono papale .Tra il 1455 e il 1534 si
alternano sulla cattedra di Pietro due Borgia, due Della Rovere,due Medici
Tra 400 e 500 insomma la Chiesa costruisce se stessa come uno Stato di cui Roma diventa uno dei centri piu'
fulgidi e una delle capitali politiche. E gli uomini chiamati a governarla ( Sisto IV,Alessandro VI,Giului II) e i
potenti personaggi insigniti della dignita' cardinalizia che si riuniscono in concistore e in conclave,
rispondono a questa logica.
Proprio contro un simile stato di cose si scagliava il Guicciardini nella sua “Storia d'Italia” Questo “stato di
cose”
non riguardava solo i vertici della Chiesa; pensiamo ai vescovi sempre assenti dalle loro diocesi che venivano
affidate a preti privi di qualsiasi formazione anche religiosa.
Questi saranno alcuni motivi che provocheranno la Riforma Protestante. Non c'e dubbio che la persona meno
adatta per affrontare questi problemi fosse il figlio di Lorenzo il Magnifico, Giovanni de Medici divenuto papa
col nome di Leone X. L'ascesa al soglio pontificio di un Medici sanzionava gli stretti rapporti che collegavano
il
papato ai banchieri fiorentini che da tempo provvedevano alle
esigenze di credito della corte papale. Ci fu un'invasione toscana a Roma dato che Leone X inseri' 4 suoi nipoti
oltre che a uomini di fiducia della famiglia medicea.E fu proprio con il pontificato di Leone X che ci fu l'ultima
sfida contro l'autorita' pontificia, la cosidetta congiura di Alfonso Petrucci del 1516 (qualche anno prima 1511
concilio di Pisa)che poi paghera' con la vita. Questo avvenimento pero' ci fa capire
il modo in cui i porporati interpretavano il proprio ruolo,come strumento di arricchimento e potere,come arma
per rafforzare la propria famiglia. (il senese Petrucci era furibondo perche il papa aveva appoggiato il cugino
Raffaele nel dominio della sua patria). Leone X approfittera' di questa congiura per attuare una riforma della
curia nominando numerosi cardinali:alcuni compiacevano le corti straniere,altri erano di umili origini ma suoi
stretti collaboratori, altri ancora provenivano da nobili famiglie romane,senesi,fiorentine, genovesi. In realta' il
suo intento era quello di stroncare ogni forma di opposizione e diminuire il ruolo politico dei cardinali e anche
rimpinzare le casse pontificie visto che ogni nuovo “porporato” doveva versare 20000 ducati.
Fu in questa elezione che venne sanzionata la supremazia dell'autorita' pontificia su quella del sacro collegio.
E' forse da questa data che prende avvio, sullo sfondo della frattura religosa creatasi con le tesi di lutero, la
trasformazione del collegio cardinalizio in quel corpo di altissimi funzionari del governo e dell'amministrazione
curiale,votati al servizio della sede apostolica.
Leone X mori' nel 1521 lasciando debiti ma anche fama; successe il breve pontificato (due anni) di Adriano e
poi quello di Clemente VII ,cugino di papa Leone. Giulio de Medici fu un papa serio ,intelligente ma porto'
avanti una politica timorosa e, alla fine, inconcludente.Le nomine cardinalizie di Clemente VII furono
condizionate dal sacco di Roma del 1527 in cui il papato si trovava privo di risorse finanziarie, di truppe e in
piu' si era abbattuta anche la peste. I cardinali erano tutti esponenti di famiglie di grandi banchieri
(Doria,Grimani) e anche uomini di fiducia dell'imperatore,ormai in grado di dettar legge in Italia e a Roma.
Dopo il sacco di Roma del 27 la Roma papale non fu piu' la spregiudicata Roma rinascimentale di Sisto IV,
Leone X, Alessandro VI; il dilagare della Riforma protestante esigeva un cambio d'indirizzo.
Il problema di indire un concilio e quello della riforma si poterono attuare con Alessandro farnese cioe Paolo
III; deciso a continuare la politica di rafforzamento dell'autorita' pontificia sulle terre della Chiesa e sul
baronato riformo' quei dicasteri come la Cancelleria,la Penitenzieria in cui si annidava la corruzione. Impose ai
vescovi l'obbligo di un solo beneficio e l'obbligo di residenza, approvo' la Compagnia di Gesu' e quegli ordini
che furono alla base della Controriforma; barnabiti,teatini,cappuccini.Fu lui a convocare il Concilio di Trento e
a
rinnovare il sacro collegio chiamando persone di “qualita' eccellente”.Certo, in linea con la tradizione aveva
elevato alla porpora due nipoti (Alessandro Farnese, Ascanio Sforza) o altri su richiesta delle corti o ancora
rampolli di grandi famiglie ( Borgia, Contarini, Este). Quello che cambiava ,pero', e che alcuni di questi
personaggi interpretarono in modo nuovo il loro alto ruolo curiale.
Un esempio e Gasparo Contarini,protagonista di una crisi religiosa che lo aveva portato a riflettere sulla
giustificazione e la grazia in termini non difformi da quelli di Lutero e che si adopero' in un impegno attivo nel
mondo,nella vita civica ,politica e religiosa.
Diversa ma utile per capire la svolta della Chiesa , fu la vicenda di Gian Pietro Carafa divenuto Paolo IV; anche
se il suo indirizzo dottrinale fu molto rigoroso egli era animato da una profonda volonta' di rinnovamento. Fu
lui a dirigere con rigore il Sant'ufficio, a istituire l'Indice dei libri proibiti.
Le esigenze di riforma e di confronto intellettuale e teologico suggeriranno la cooptazione ai vertici della
Chiesa di personaggi non solo dotati di una forte preparazione teologica (Contarini,Reginald Poe) ma anche di
umanisti, letterati. E' il caso di Pietro Bembo,il grande letterato veneziano,autore degli Asolani, Rime e “Prose
in
volgar lingua egli era senza dubbio uno dei rappresentanti piu' insigni di
quell'alta cultura alla quale la Chiesa si rivolgeva per cercare aiuto.
Tuttavia il tentativo di riconciliazione,la volonta' di confronto che animarono il Contarini nell'illusoria utopia
dei
colloqui che finirono con il definitivo scacco di Ratisbona,non possono esaurire le tensione e l'esperienza che
percorsero personaggi quali Pole, Fregoso, Morono e che confluirono negli “spirituali” i quali intrecciavano
matrici diverse lasciando ampio spazio alla coscienza individuale .
L'approvazione del decreto tridentino sulla giustificazione segno' la fine delle speranze di questi cardinali
contro i quali si era scagliato il “rigore” di Carafa.
Gia' prima pero' (1540) gli uomini chiamati nel Collegio ad affiancare il Contarini apparivano divisi; coloro per
i
quali la riforma della chiesa non poteva non passare attraverso la teologia (e misurarsi quindi con la Riforma) e
coloro che miravano a un rafforzamento istituzionale finalizzato a una lotta contro i suoi nemici
(Controriforma). Alla fine prevarra' la linea dura di Carafa.
La lotta contro l'eresia diventa, in questi anni, anche lotta interna al sacro collegio. Con denuncie e deposizioni
segrete il carafa fu in grado di scongiurare l'elezione di pole e Morone grazie alla “vittoria” degli intransigenti.
Fu grazie alla protezione di Maria Tudor e Filippo d'Asburgo se il Pole non dovette subire l'umiliazione di
recarsi a Roma per essere inquisito; Morone, invece, dovra' subire
interrogatori e carcere a Castel sant'Angelo e verra' salvato da una sicura condanna solo grazie alla morte di
Carafa.
Da un punto di vista cardinalizio Paolo IV (carafa) volle nominare personaggi a lui devoti, docili strumenti
della
sua volonta' e quindi assistiamo al passaggio di quella grande figure di “principe” rinascimentale a quella di un
alto funzionario della burocrazia curiale.
Pio V riprendera' la linea intransigente adottata da Carafa,riaprendo anche il processo contro Morone . I
cardinali scelti sono uomini di fiducia, docili che appartengono al mondo religioso ( niente laici e umanisti) e
che il cardinalato diventa il coronamento di una vita percorsa tutta all'interno del mondo
ecclesiastico.Certo resteranno nipoti di pontefici (barberini,Buoncompagni,Borromeo) ma gia' ricchi e potenti e
non piu' alla caccia di Stati. Inoltre il concistoro va perdendo ogni autorita' assumendo un ruolo consultivo. E'
in questo periodo che scompaiono le forme piu' mondane del fasto cardinalizio
per assumere uno stile di vita piu' in linea col modello di vita cristiana e che verranno beatificati (es. Borromeo)

IL CORTIGIANO
Nonostante i numerosi trattati sul cortigiano e difficile dire che cosa fosse esattamente. Parafrasando
Aristotele si sarebbe tentati di dire che e “ un animale il cui habitat e la corte”: solo che all'epoca circolavano
tanti altri servitori che non possono essere definiti cortigiani.
La corte e, innanzitutto, un LUOGO, in genere un palazzo,con stazioni di guardia,cortili,salone e cappella,una
stanza dove il signore poteva ritirarsi e un'altra dove i postulanti aspettavano di essere ricevuti.
La corte era anche un particolare tipo di ISTITUZIONE,l'ambiente sociale in cui gran parte delle opere d'arte
che ammiriamo oggi furono prodotte. Questa istituzione e ormai cosi' lontana che ha meritato l'attenzione
degli antropologi.
Esempio “la societa' di corte” di Norbert Elias sostiene che la corte e una configurazione sociale peculiare che
le facili critiche dei costumi eccessivi o del comportamento ritualizzato non sono in grado di dar conto dei
tratti caratteristici di questo ambiente sociale.Nel “Negara” Geertz parla di Stato-teatro in cui il centro del
potere era considerato sacro e esemplare, da prendere come modello.La corte era vista come l'incarnazione
dell'ordine politico e sociale. La corte era il luogo dove stava il PRINCIPE e i principi rinascimentali non
restavano a lungo nello stesso posto ma viaggiavano in continuazione per
conoscere il suo regno, per essere visto.
La struttura della corte
Piu' in generale si potrebbe dire che la corte era la famiglia di un sovrano ; una famiglia numerosa che poteva
contare decine, centinaia, migliaia di unita' (la corte di Leone X era di 2000 persone);in genere le corti italiane
erano piu' numerose ma, a partire dal XVI sec si amplieranno anche quelle europee.
Da documentazione varia (corte di Enrico VIII) e emerso che le corti erano piu' numerose in inverno che in
estate quando il re partiva per i suoi viaggi; i singoli potevano quindi ottenere congedi oppure i cavalieri
prestavano il loro servizio a turno.
Data questa flessibilita' e difficile dire con precisione quali fossero cortigiani e quali no: Tiziano era
cortigiano ?
Da un lato era al servizio dell'imperatore e godeva dei suoi favori ma dall'altro non lo accompagnava nei suoi
viaggi.
Difficolta' ne incontriamo anche quando cerchiamo di definire la famiglia;una corte reale o nobiliare era in
genere divisa in due parti e cioe la “casa di magnificienza” e la “casa di provvidenza”.Una corte aveva bisogno
di stallieri,barbieri,giardinieri, medici cantanti,segretari ecc. Cesare Ripa la definisce come una “unione di
uomini di qualita' al servizio di persona segnalata e principale”.
In realta',pero', questo gruppo dev'essere ulteriormente suddiviso,o meglio, classificato perche c'erano diverse
figure di cortigiani.
ARISTOCRATICI: detenevano cariche di grande prestigio come il Ciambellano che si occupava delle
stanze e abiti del principe oppure lo Scudiero che pensava ai cavalli anche se queste mansioni
venivano delegate.
NOBILI: il sovrano amava circondarsi di nobili sia per consigli sia, soprattutto per tenerli sotto controllo
(= sindrome di Versailles).I nobili invece venivano a corte per ricevere il favore del re oppure per farsi
vedere da lui
BUROCRATI (cioe amministratori, giudici,politici): iloro compito era quello di fornire consulenza o
riferire gli ordini del sovrano ma in realta' collaboravano in modo piu' stretto a volte prendendo
decisioni ( es . Cardinale Richeleu con Luigi XIII). Nel XV XVI sec alcuni dipartimenti del governo erano
“fuori dalla corte” cioe avevano una dislocazione stabile e non seguivano il sovrano.
FAVORITI: erano giovani gentiluomini che facevano compagnia al sovrano nel tempo libero;cantavano,
leggevano romanzi cavallereschi, suonavano ecc quindi la loro condizione dipendeva dall'affetto del
sovrano.come per le amanti le attrattive personali non erano di poco conto e questo fascino personale
poteva anche essere di carattere sessuale.Nonostante il favorito abbia nel corso del tempo assunto una
connotazione negativa egli aveva un importante ruolo sociale perche permetteva al sovrano
quell'informalita' all'interno di un ambiente il cui comportamento tendeva a cristallizzarsi in rituale.Il
ruolo del favorito fu importante sia nelle corti del Rinascimento ,sia in quelle medievali sia in quelle al
tempo di Goethe.
Riassumendo: la corte era un'istituzione in cui convivevano funzioni diverse. Non era solo una famiglia ma
anche un vero strumento di governo.Inoltre,la necessita' del principe di svagarsi favori' la trasformazione della
corte in centro culturale o meglio un centro di innovazione culturale data l'importanza delle mode e delle
novita': le poesie dei trovatori, l'architettura,l'arte. In alcuni casi la corte elaboro' delle specifiche forme d'arte :
→ intermezzo in Italia ( intreccio di musica,poesia,coreografia e il nome deriva dalle pause fra i vari atti delle
opere teatrali)
→ ballo di corte in Francia
→ masque in inghilterra ( gli attori portavano la maschera)
Una caratteristica di queste feste era l'annullamento del confine spettatori /attori e
la loro struttura allegorica. Se guardiamo la struttura della corte sul lungo periodo possiamo osservare molti
elementi di continuita' ma anche cambiamenti come per esempio una progressiva centralizzazione che va di
pari passo con l'ascesa della monarchia assoluta.
I cambiamenti nell'organizzazione e nella cultura della corte non si limitarono a riflettere i cambiamenti del
mondo politico ma li aiutarono anche a emergere.
Esempio: la diffusione di un rituale sempre piu' elaborato incoraggiarono sia coloro che vi prendevano
parte,sia gli astanti,ad assumero un appropriato senso della distanza e a trattare il sovrano come un essere
sovrannaturale. Questi rituali favorirono il processo di centralizzazione col trasformare in subordinati e
cortigiani i grandi nobili che un tempo erano stati veri e propri principi, sebbene su
scala ridotta.
Il cortigiano come artista
Il Cortigiano di Baldassarre Castiglione ci presenta una figura “universale” abile nelle armi e nelle lettere che
sembra incarnare l'intero movimento del Rinascimento. Tuttavia ci sono elementi di continuita' con il
Medioevo: esempio il termine “cortese” che significava come il modo giusto di comportarsi fosse quello di
seguire l'esempio della corte. Aggettivi cortesi li troviamo nella poesia dei trovatori o nei romanzi
cavallereschi;insegnavano anche a distinguere tra la cortesia autentica e quella fasulla e l'ideale del
comportamento nobile. Anche i manuali di buone maniere non son da meno.Questi privilegiavano gli aspetti
pratici, come mangiare a tavola ,la forchetta (invenzione italiana) ,insomma, mostrano ,sul lungo
periodo un autocontrollo sempre piu' sviluppato. Il cortigiano doveva essere riconoscibile, dal portamento, dai
modi di fare, dal saper danzare (=era importante) e in questo cioe nella “civilizzazione” del cavaliere la donna
svolgeva una funzione centrale. La regina Elisabetta (aiutata dalle dame), ad
esempio, seppe usare il suo ruolo di donna debole per addomesticare la nobilta' inglese. Quindi la corte era
un'istituzione educativa che isegnava a come parlare,ridere, tacere. I PAGGI venivano mandati a corte per
quello, poi diventavano valletti e poi cavalieri e qui imparavano non solo le buone maniere e le arti marziali ma
anche nozioni di musica e poesia.
Alcuni passarono alla storia piu' per le loro qualita' poetiche che non virtu' militari (es, Carlo d'Orlean).
L'artista come cortigiano (cioe l'artista chiamato a corte per i suoi meriti artistici)
•MUSICA: i principi avevano bisogno di cantanti per le loro cappelle, trombettieri per le processioni o
arpisti per la musica da camera.Un rinomato mecenate dei musicisti fu Ercole d'Este. Alcuni musicisti
fecero successo; Lasso passo' 40 anni nella corte di Baviera come maestro di cappella,si sposo' nella
cerchia della casa ducale e fu elevato al rango nobiliare da Massimiliano II
•PITTURA: chiamati per decorare appartamenti,fare autoritratti o scenografie. Anche alcuni di loro
fecero fortuna (Jan Van Eyck )Tuttavia la posizione dei pittori e un po' ambigua: Cellini ci racconta di
come Francesco I lo chiamasse mon amie o Cosimo de Medici gli facesse infinite carezze
promettendogli favori e poi faceva fatica a farsi pagare. In gener gli artisti che volevano avere una
posizione permanente all'interno della corte si trasformavano in impresari d'arte come, ad esempio,
Velasquez che divenne una sorta di curatore d'arte di Filippo IV.
•SCRITTORI E INTELLETTUALI: qui la distinzione tra cortigiano come artista e artista come cortigiano
si fa piu' labile. Alcuni diventavano predicatori di corte,altri medici reali,altri ancora precettori dei figli
del principe e dopo l'invenzione della stampa le occasione per un impiego si moltiplicarono nelle
biblioteche come studiosi.Spesso gli scrittori venivano assunti come segretari o storici di corte
,quest'ultimi tessevano le lodi del principe come anche i poeti . Un esempio il poeta Ronsard che
scrisse un poema epico indirizzato a re sebastiano le cui gesta sono paragonabili a quelle di Ruggiero
o Orlando,anzi gli augura una gloria ancora maggiore.
Critica della corte
Se per qualcuno la corte era un paradiso per altri era un inferno.
Le critiche erano diverse: si andava da una non giusta ricompensa per il proprio lavoro, come nel caso di
Ronsad oppure di Edmund Spenser alla mancanza di liberta'. Ariosto non lascio' mai Ferrara ma le sue satire
chiariscono come egli preferisse l'indipendenza al servizio. Lo stessa mantegna prima di accettare
l'incarico a Mantova riflette' molto.
La critica della corte era un luogo comune di stampo morale e letterario che affonda le sue radici nell'antichita'
(Giovenale, Luciano); gli esempi tipici che si facevano erano “la corte e come un mare e le sue onde sono
l'orgoglio e l'invidia” oppure “essa e costante solo nella sua incostanza”.
Tra gli scrittori che criticarono la corte ci furono Ariosto, Piccolomini ecc. C'e da dire che spesso queste
critiche
rispecchiavano il punto di vista del cortigiano; tra quelle piu' comuni c'era il fatto che i meno valenti venivano
premiati e i valenti no oppure critiche sull'igiene (lenzuola sporche, dormire con sconosciuti) o sul servizio .
Queste critiche ci fanno capire come i cortigiani venissero considerati: oziosi,ignoranti ecc
Un'altra critica riguardava l'italofobia cioe questa tendenza a rifarsi della cultura ma anche di espressioni
italiane soprattutto in Francia ma anche Inghilterra e Polonia: per molti stranieri gli italiani erano associati
all'adulazione,all'inganno,all'astuzia e lo stesso “Cortigiano” di castiglione veniva visto come il simbolo
dell'affettazione.
A partire dal XVIII le critiche della corte diventano politiche; corte e campagna si scontrano e,per estensione, i
primi saranno i “figli delle tenebre” mentre i secondi i “figli della luce” che in Inghilterra e nota come guerra
civile inglese.

IL FILOSOFO E IL MAGO
Quando nel 1957 usci' il libro di Le Goff egli aveva ragione a non chiamare “filosofi” gli intellettuali del
Medioevo perche per noi il filosofo e un altro personaggio, legato all'antichita' classica.
Il ritorno del filosofo in eta' rinascimentale ne ha cambiato l'immagine;non piu' maestro di scuola,vincolato a
ortodossie,ma ricercatore e sperimentatore, spesso ribelle, come Leonardo da Vinci o Leon Battista Alberti o
Giordano Bruno. Essi danno vita all'immagine di un nuovo filosofo; maestro del pensare e maestro di vita.
Robert Burton nella sua “Anatomia della malinconia” ci fornisce un utile spunto che ci permette di delineare la
nuova figura del filosofo. Egli prende come modello “classico” Democrito presentandolo come ideale dello
scienziato della natura .Il discorso di Burton sottolineava due tratti del nuovo
filosofo in contrasto col vecchio maestro universitario di stampo medievale; il “saggio” rispettato e consultato
dalla citta' cioe il filosofo civile e il filosofo naturale che vuole conoscere le cose per operare su di esse; il
mago,il medico, l'astrologo.
Quindi la figura del filosofo,richiamando la classicita', o e quella del maestro di moralita' (Socrate) oppure
dell'indagatore disincantato della realta' naturale (Democrito); in qualche caso questi due modelli
convergeranno in uno, tipo Marsilio Ficino: la medicina del corpo con la medicina dell'anima.
Un documento che ci mostra la mutata immagine del filosofo e un'opera d'arte; i tre filosofi di Giorgione. Da
un'analisi radiografica e emerso che inizialmente ci fossero rappresentati i re Magi che con i loro calcoli stanno
osservando la Stella che annuncia la venuta di Cristo.I Magi,cioe gli astrologi, diventano filosofi che indagano i
misteri della natura usando calcoli e misure .Il che traduce la posizione
espressa da Marsilio Ficino: il filosofo non fa che portare a livello di ricerca razionale le istanze a cui volevano
rispondere magi e astrologi. Scrutare nella caverna (vedi Leonardo);penetrare nella realta' naturale;
anatomizzare i vivente; costruire citta'; curare malinconia e follia,questi, sono i compiti del nuovo filosofo.
Un personaggio ,in particolare, puo' essere eletto a “figura -simbolo”; Petrarca.Nel suo dialogo “Nell'ignoranza
propria e di molti altri” egli critica il modo in cui veniva concepita la filosofia e cioe come commento, nelle
scuole, di un libro,o meglio, di un autore: Aristotele. Certo, grande filosofo, ma le voci dell'epoca classica erano
molteplici e bisogna prenderle in considerazione e magari farle convergere in quel rapporto tra le discipline
che viene definito “disputa delle arti” e in quel rapporto fra
sapere e fare, fra vita attiva e contemplativa. In Petrarca,quindi, il ritorno al passato diventa rinuncia non della
religione ma delle filosofie cristiane, arabe o ebraiche, in quanto filosofie legate a una religione ,per il recupero
della filosofia come razionale interrogazione dell'uomo sull'uomo,sul mondo, sulle cose.
Uno dei nodi della discussione sul Rinascimento e capire l'incidenza degli studi umanistici sulla filosofia; si
possono chiamare filosofi Leonardo Bruni,Erasmo,Lorenzo Valla? O umanisti filosofi Marsilio Ficino?
Il limite di tutte le discussioni avviate e stato quello di aver preso come punto di riferimento le scuole
universitarie di stampo medievale quando erano proprio quelle ad essere messe in discussione.
Di grande importanza sono gli studi sul linguaggio e sul rapporto parole-cose avviato nel rinascimento; punto
di partenza sara' la “Dialettica” di Valla ma anche le sue “Annotazioni” al Nuovo testamento.
Valla era stato criticato per questa relazione tra grammatica-filosofia e teologia cioè partendo dalla lingua
(filologia) metteva in discussione, con rigore scientifico, la parola di Dio.
Erasmo fu il primo a capire la novita' dell'approccio di Valla; senza una solida conoscenza del linguaggio e
delle strutture del discorso e impossibile afferrare i veri significati di un discorso.
Senza conoscere la lingua,le strutture,il contesto storico-culturale non si puo' nemmeno tentare di
affrontarlo.Nel momento in cui Erasmo faceva pubblicare il suo Nuovo testamento in greco e in latino sapeva
benissimo che il suo rigore filologico in realta' rappresentava un rinnovamento della filosofia cristiana che si
collegava a quell'Umanesimo cristiano di cui egli ne era divenuto il campione europeo.
Riflettendo su Valla e Erasmo,quindi, si arriva a cogliere quel nodo fra Umanesimo e filosofia cioe nuova
filosofia e non piu' scolastica che caratterizza l'eta' del Rinascimento.
In realta' bisogna dire che “il filosofo” cosi' come lo scienziato nascono in epoca rinascimentale ,o meglio,
rinascono partendo dall'antico ma poi staccandosene. La filosofia (come la scienza) non e qualcosa che si trova
in un libro e non e nemmeno la ricerca della verita' condizionata dal rapporto con la “rivelazione”
(ebraica,cristiana ecc poco importa).La verita' e una risposta da cercare nell'esperienza delle cose e nella storia
degli uomini ,da mettere a confronto,certo, anche con i libri perche sono documenti dei loro tentativi che
vanno dunque affrontati razionalmente.Col Rinascimento si chiudeva un ciclo e, come diceva
Machiavelli,si tornava alle origini.
In verita' un ciclo si chiudeva davvero; cambia l'albero del sapere , il rapporto fra le discipline,il luogo e anche
gli autori (Platone, plotino,Proclo). Il vecchio assetto del sapere viene sovvertito:l'uomo del rinascimento e
colui che ha smarrito i confini del sapere, colui che dipinge un quadro in cui condensa anche una dissertazion
filosofica.
Esempio: quando venne “ritrovata” la Geografia di Tolomeo per la sua edizione venne creata una vera e propria
“equipe” di scienziati.
Ai filosofi antichi vengono poste nuove domande; esempio la poesia nei confronti della storia, la morale,la
politica (vedi traduz. Poetica di Aristotele): e chi risponde?
Rispondono gli esperti nei vari campi, i politici ,gli storici che riflettono sui problemi concreti a loro
contemporanei e che si servono degli “autori classici” per un confronto, un supporto e non per cavarne una
teoria. Quindi il filosofo diventa colui che riflette criticamente sulle proprie esperienze e che, oltre a teorizzarle,
opera.
Esempio emblematico è Marsilio Ficino il quale, a parte le traduzioni di vari autori, diede alle stampe un'opera
sull'ermetismo cioe su teologi antichissimi, contemporanei di Mose, che avrebbero formulato le basi delle varie
credenze religiose.
L'ermetismo di Ficino si mescola con magia e astrologia e atmosfere neoplatoniche che susciteranno grande
interesse in tutti i settori. Ermetismo e esaltazione dell'uomo,e visione della realta come vita universale e
universale amore, luce universale.Tra i suoi libri piu' fortunati ci sono “I libri della
vita” in cui insiste sul tema della vita dell'universo mescolando il mondo della fantasia con l'occulto, la magia,la
poesia , la filosofia.
Per Ficino il filosofo era un mago perche si occupa di scienze della natura e opera sul piano naturale e riscatta
anche l'astrologia come studio di forze naturali che sono nei corpi celesti.
Givanni Pico della Mirandola anche lui e un filosofo nuovo; non e maestro universitario anche se desideroso di
avere dei seguaci.Come Ficino e colpito dall'ermetismo ,dal discorso sull'uomo anche se lui aggiunge il
misticismo della cabala ebraica con l'intento di unificare le due religioni.
A differenza di Ficino egli e fermo nel sostenere i diritti della ragione e quindi combatte l'astrologia cioe la
pretesa di legare a cause universali (la luce, il calore) eventi particolari ( l'accidente del singolo);difende pero'
l'astrologia matematica e la magia naturale perche il maga “marita il mondo” ossia sfrutta i rapporti naturali fra
le forze per ottenere nuovi risultati.
La grande differenza fra Ficino e Pico sta nell'immaginario; Ficino la esalta mentre Pico e piu' preoccupato a
definire una linea di demarcazione fra processi reali e immaginari
Una caratteristica che li accomuna (come tutti i nuovi filosofi lontani dalla scolastica) e che essi fanno circolare
le loro idee non in pesanti corsi di lezione ma in eleganti epistole scritte in volgare o comunque in un latino
chiaro e leggibile perchè si rivolgono a un nuovo pubblico fatto anche di donne, mercanti ecc. Pico e ficino
danno il via a nuovi modi di ricerca in cui si esprimeranno le caratteristiche di una rivoluzione in atto non solo
nel campo della filosofia ma anche nelle altre arti:da qui la difficolta' nel tracciare una linea di demarcazione fra
artista, scienziato, filosofo ecc
Leon Battista alberti fu in qualche modo legato al rinnovamento di Ficino. A una concezione del mondo
disincantata unisce una sensibilita' alle richieste del secolo a cui offre risposte non evasive.La sua e un'apertura
a tutte le contraddizioni, e un filosofare come presa di coscienza della drammaticita' della condizione umana.
Affronta problemi teorici e questioni tecniche precise ma la sua ambizione e
enciclopedica e mira a una concezione globale della realtà, a una filosofia, insomma.
Leonardo da Vinci ;sono chiari i suoi tentativi di costruire una grande enciclopedia capace di far tesoro delle
esperienze culturali piu' vive.La sua ricerca di un punto unificatore lo individua nella filosofia perche e l'unica
in
grado di collocarsi alla radice dell'apparire.ma la cosa che piu' colpisce e il discorso sulla pittura: la pittura e
filosofia perche tratta del moto dei corpi nella prontezza delle loro azioni (anche
se poi) la filosofia penetra in questi corpi considerandoli virtu' proprie. Da qui il rapporto
mente/occhio,luce/bellezza.
In Leonardo c'e una tensione costante a ricongiungere la mente dell'uomo (e la sua opera) con la
realta',l'opera dell'artista con la verita' della natura.
L'occhio del filosofo non si appaga piu' di una pagina scritta ma guarda alle contraddizioni della realta' agli
enigmi e drammi della vita.
Si pensi, per esempio, a Pietro Pompanazzi e ai suoi saggi sull'immortalita',sul fato e sugli incantesimi che egli
inserisce in una visione disincantata ,terrestre e materiale del destino umano ;l'immortalita' non e che il
profumo di immortalita' e l'ordine naturale non e che il fato che costringe nella necessita' il divenire delle cose.
Famoso il suo commento all'osservazione di sant'Agostino (p.194)
L'opera piu' nota di nrico Cornelio agrippa (medico e mago) e il “De occulta philosophia” uno dei grandi libri di
magia del Rinascimento. Egli opponeva alla filosofia della natura di Aristotele la sua magia (che era poi quella
di Ficino e Pico) come momento culminante dello sforzo di realizzare una scienza attiva della natura cioè una
conoscenza operativa. Come Pico cerco' di rifondare una nuova scienzacattraverso il “distinguere”, distinguere
la scienza rigorosa da un misto disuperstizioni.
Tutti questi “nuovi filosofi” erano minoranze :le “scuole” continuavano col loro Aristotele ma nuovi
elementi,seppur di nicchia, si andavano diffondendo. Erano i ribelli della tradizione,coloro che dagli antichi
avevano imparato che non c'e un libro unico ma tanti,o meglio, puo' essercene uno ed e il grande libro della
natura: per capirlo non serve l'autorita' ma la ragione.Erano coloro che volevano la conoscenza
ma per l'azione, coloro che la Chiesa condannava; Valla, Erasmo, Copernico, Galileo; Machiavelli, Bruno.
Dopo due secoli di polemiche e dubbi Descartes chiudera',simbolicamente, un lungo capitolo di straordinarie
avventure.

IL MERCANTE E IL BANCHIERE
C'e una continuita' fra la tradizione medievale e quella rinascimentale nel senso che e a partire dal Duecento
che iniziano a costituirsi quegli elementi che poi caratterizzeranno la figura del mercante e del banchiere nei
secoli successivi; l'uso delle cifre arabe, la contabilita' in partita doppia, la lettera di cambio,l'assicurazione ecc..
Quindi ,se il Due e Trecento segnano il momento di avvio di queste figure e nel Quattrocento che l'ambiente
mercantile rinascimentale si differenzia da quello medievale (data di inizio).
La data finale che si prende in considerazione e il 1570 perche il contesto storico
cambia. Questo in linea di massima perche sappiamo come il definire limiti cronologici sia sempre molto
complesso. A partire dal Duecento si era cercato di definire gerarchicamente la societa' con
quelli che pregavano (ecclesiastici) combattevano (cavalieri) e lavoravano (contadini); non si percepiva ancora
il
carattere dinamico della mercatura e, soprattutto, si cercava di screditarla.
Per secoli,e ancor oggi, c'e stata una diffidenza nei confronti di questo ceto; individualisti che pensavano solo
ai propri affari hanno suscitato meno ammirazione rispetto a missionari, medici ecc.... Soprattutto saranno gli
ecclesiastici a portare avanti,con i loro sermoni, una critica spietata.
Gli stessi storici hanno guardato il mercante in modo ambivalente; secondo alcuni,ancora nel 500 era pervaso
da un forte sentimento per la religione tradizionale mentre secondo altri gia' al tempo delle Crociate i
Veneziani calpestavano senza scrupoli ogni considerazione religiosa. Se cosi' fosse avremmo
avuto un affollamento di sensi di colpa.; cio' potrebbe spiegare i numerosi lasciti che i mercanti ordinavano in
punto di morte.
In realta' la questione e piu' “semplice”; gli stessi ecclesiastici e nobili,se riuscivano, facevano lasciti ma perche
era diventata una manifestazione di prestigio,una sorta di “status symbol”. Come tutti i fedeli anche il mercante
nella misura in cui porgeva l'orecchio alle condanne della Chiesa dall'altra conciliava le sue esigenze religiose
con la sua attività. .E' vero che la Chiesa pretendeva di avere non solo il monopolio sul culto ma anche di
stabilire i criteri del bene e del male, ma bisogna vedere in quale
misura venivano accettate.
Altra considerazione importante e la mercantilizzazione della Chiesa; e proprio nel periodo basso medievale e
rinascimentale che incrementa le pratiche pie come le indulgenze o le tangenti per il conferimento di benefici.
Un esempio su tutti? I banchieri Fugger avevano prestato del denaro per permettere a Alberto di Brandeburgo
di acquisire la dignita' di arcivescovo a Magonza e in cambio ottennero meta' degli introiti derivati dalla
vendita delle indulgenze. Se i mercanti riuscivano a venire a patti con la Chiesa e perche la loro mentalita' era
consona ad essa; cos'altro era la promozione dell'espiazione delle anime nel Purgatorio se non un vero e
proprio mercato? I cristiani acquistavano meriti versando denaro per il
sollievo delle anime purganti e le casse ecclesistiche si riempivano.
Quindi, riassumendo, i mercanti non erano particolarmente indipendenti ai precetti della Chiesa ma vivevano
nella societa' ed erano sensibili alle tensioni religiose del loro tempo; l'aspetto che li differenziava era il fatto
che viaggiassero molto, quindi, la loro cultura,religiosita' era piu' aperta e critica e soprattutto vedevano la
Chiesa come una potenza di cui era utile e necessario conservare il benvolere. Certo,anche loro possedevano il
patrimonio di credenze comuni ma erano piu' autonomi e
autosufficienti grazie al livello abbastanza elevato che avevano nella societa' e, soprattutto, non ritenevano che
le ricchezze terrene fossero inconciliabili con la salvezza dell'anima.
Se nel corso del Medioevo il mercante/banchiere era stato pesantemente attaccato dal clero ,nel Cinquecento
le cose cambiarono ma soprattutto fu il mercante stesso a elaborare una propria visione della vita e dell'azione
quotidiana.
[Va detto che questa visione e una fase intermedia di cio' che sara' uno sviluppo successivo; e significativo che,
sul piano teorico e concettuale, la sfera dell'economia si sia staccata nel mondo occidentale molto piu' tardi
rispetto a quella politica, filosofica, religiosa ( precisamente nel Settecento inoltrato)].
Il mercante rinascimentale si sente sempre a proprio agio,e pragmatico anche se fa fatica a mettere a fuoco
lucidamente le proprie esigenze e i propri scopi, e autosufficiente e ha una buona formazione culturale e
professionale anche se non ricerca lo scontro intellettuale.
Ci sono due elementi che concorrono nel tracciare un profilo modesto delle esigenze mercantili; il primo e il
disconoscimento e la diffidenza nei confronti delle attivita' commerciali e finanziarie mentre il secondo e la
tendenza alla ricerca del compromesso, di un'armonia che domina il XV sec.
Da quest'ultimo punto di vista se gli umanisti hanno attinto dai classici per affermare la propria autonomia,i
mercanti se la sono costruiti da soli e in modo piu' dimesso. La cultura laica si e imposta a poco a poco
rivalutando i valori della vita attiva su quelli della vita contemplativa.
Analizzando in modo piu' profondo la “mentalita'” del mercante si puo' dire che egli
ha cercato di “dominare” il tempo, il rischio e lo spazio.
TEMPO: se gli ecclesistici insistevano sull'inconsistenza della durata umana e sulla labilita' della sua
dimensione
temporale, per il mercante il tempo e prezioso e nessun istante dev'essere sprecato(vedi parabola dei talenti).
Anzi il tempo del mercante e consustanziale al proprio essere : piu' consistente e densa e l'utilizzazione del
tempo piu' ciascuno si realizza,da il meglio di se.
Il tempo pero' e anche durata e lo spostamento delle merci oppure delle navi che genera profitto,quindi, per il
mercante non possono esistere “tempi morti”.
RISCHIO: per il mercante la Fortuna non e una figurazione allegorica ma un'intreccio ricco d'insidie che non si
realizza attraverso il ricorso a Dio,nonostante non esiti a riconoscerlo.Il contratto di assicurazione che nasce nel
200/300 ma che si diffonde in epoca rinascimentale e indicativo della visione del mercante perch diventa uno
strumento per equilibrare la sfida al rischio con la fiducia in Dio e,soprattutto,dimostra la loro acquisita'
maturita' poiche fa nascere dalla stessa logica del profitto assicurativo una sicurezza contro la perdita dei
propri guadagni.
SPAZIO: il dominio dello spazio e raggiunto attraverso una fitta trama di corrispondenze epistolari che sono il
supporto ma anche la verifca delle operazioni intraprese.A questo si possono aggiungere anche le lettere di
cambio.
Non solo tempo,rischio e spazio costituiscono i pilastri del mondo mercantile
rinascimentale ma anche la struttura della famiglia e l'immagine di se stessi nel contesto sociale.
IMMAGINE: mercanti e banchieri trovarono difficolta' nel proporre un'immagine tipologica positiva.
Nonostante
ebbero un peso reale di non poco conto non cercarono mai di “rivendicare” un proprio posto all'interno della
classica tripartizione in guerrieri, sacerdoti e contadini ma, anzi, cercarono di elevarsi inserendosi nelle file del
clero e della nobilta'.
Esempio i fratelli Kunz uno dei quali diventera' patrizio di Lubecca o Spannocchi (pag.222).
Al di la di questi esempi eccezionali,ci dobbiamo chiedere in che misura il mercante rinascimentale fosse
legato alla sua azienda .Si possono distinguere tre tipologie:
1. mercanti sedentari perche legati alla loro bottega o al centro in cui si produce il materiale che
negoziano
2. mercanti che si spostano facilmente, per esempio in occasione di fiere
3. mercanti internazionali cioe quelli che in societa' con altri operano in piazze diverse dalla propria e
passano poi ad operare in altre piazze in base alle esigenze delle altre societa' nelle quali
s'impegna.Questi traffici ,a media o lunghissima distanza,sono intensi e frequenti e possono durare
mesi se non anni .Da questo punto di vista si puo' paragonare a un pellegrino o a un militare. Nel
trasporto via terra il mercante puo' anche non seguire le merci, in quello via mare invece no ( = il piu'
frequente).
Ma che cosa commercia?
In linea di massima tutto cio' che crea profitto;orologi,specchi,stoffe .Non c'e una vera e propria
specializzazione,a parte alcune categorie come i librai e gli editori.Questa poliedricita' non è solamente
merceologica ma investe ogni dimensione del suo agire; per esemipo un editore puo'avere uno zuccherificio e
acquistare terre o immobili o titoli del debito pubblico. Anche per questo non si e insistito troppo sulla
distinzioe tra mercanti e banchieri. Inoltre mercanti e banchieri del Rinascimento si distinguono da quelli del
periodo precedente per la maggior propensione a investire i propri capitali in proprieta' fondiarie ,in immobili
cittadini e residenze extraurbane .
Nel delineare la figura dell'operatore economico Leon battista alberti fin dalla prima meta' del 400 da per
scontato che la famiglia avesse un podere con una casa padronale vicino alla propria citta' e nel suo “De
architectura” dedichera' alcune pagine alla costruzione della villa,non piu' riservata a nobili e ecclesiastici ma
anche a cittadini e uomini d'affari.Tra 400 e 500 quest'ultimi trovano un equilibrio fra l'impegno dei negozi e il
piacere della campagna e l'aura di signori che il possesso fondiario conferiva.I mercanti italiani iniziano ad
avere un tenore di vita aristocratico pur senza inserirsi nelle file della nobilta' anche perche o erano membri del
patriziato urbano o comunque erano ancora sensibili a valori repubblicani e
antifeudali. E' anche vero che non disdegnavano i titoli di cui venivano insigniti dai
principi esteri.
Un problema che emerge e quello dell'identita' di queste figure; se ancora nell'XIXII sec la sua figura poteva
apparire piu' caratterizzata perche non era inserita nel patriziato, non aveva rapporti ne con la nobilta' ne con i
sovrani,nel corso del rinascimento si fa piu' variegata.Come scisse Leon Battista Alberti nella “Famiglia” per un
mercante era necessario stringere rapporti con principi, nobili, Insomma,
muoversi agevolmente nell'ambito delle corti;avevano capito gli enormi vantaggi che ne potevano derivare e,
di contro, gli stessi principi intuirono il loro potere. Attraverso prestiti potevano avere esenzioni doganali,
monopoli,appalti di miniere, riscossione di imposte.
Un esempio e Jacob Fugger (pag.231)
Anche il comportamento di mercanti e banchieri italiani fu analogo anche se tesero a convertire il potere
mercantile in potere politico.Esempio i Medici che fecero di Firenze una sorta di proprieta' di famiglia.
La commistione tra affari e potere e una delle maggiori caratteristiche dei grandi ceppi mercantili del
Rinascimento. Analoghe considerazioni si possono fare in merito al rapporto tra
mercante/banchiere e cultura /arte.
Da un punto di vista culturale, gli strumenti che avevano acquisito nel periodo precedente si diffusero nella
societa' ; spinti dalle loro esigenze, diedero contributi nel campo della contabilita', della matematica (tendenza
a fare calcoli e misure) nella geografia e,anche, nella diffusione del volgare.
Per quanto riguarda il rapporto con l'arte divennero dei grandi mecenati ,in primis, con la costruzione di ville
ma anche delle loro case cittadine (costruzioni imponenti) o ancora nel ritratto o nei monumenti sepolcrali.
Non sappiamo se questa tendenza sia frutto di una moda oppure di una predilezione personale. Se
abbastanza rari sembrano i mercanti che ebbero un vero gusto artistico ,grande importanza la ebbero nel capo
della tipografia-editoria. Il libro era un prodotto, fabbricato in serie e destinato ad essere
commercializzato,rientrava cioe nella sfera dell'attivita' economica. ( es. William Caxton o il fiorentino Filippo
Giunta che veniva da una famiglia di mercanti di lana ma, avendo una buona formazione culturale inizio' a
stampare libri latini e italiani in corsivo italico)

L'ARTISTA
Nel Rinascimento il termine “artista” non esiste,lo stesso Vasari parla di “artefici del disegno” cioe l'accento
viene posto sull'aspetto tecnico, sulla fisicita',sul lavoro manuale dell'attivita' artistica.
Quest'idea rientra in un contesto piu' generale che caratterizza il periodo,l'interesse per la vita attiva.Il
Quattrocento e uno dei grandi secoli della tecnica. Quindi non artista ma “artifex” che con i suoi mezze
partecipa a un'impresa generale che mira al bello e all'utile.
Artifex
Le botteghe occupavano un posto importante perche ci si riforniva di oggetti utili come mobili,armi, immagini
sacre ecc.. ed erano molto diffuse soprattutto a venezia ,Firenze e Milano.
La condizione degli artificies era modesta perche erano dei produttori di oggetti utili.Erano legati alla loro
gilda con regole e statuti precisi .L'artista solitario non esisteva, c'era l'apprendista che poteva poi diventare
maestro; la catena artigianale e continua e senza di essa non si capirebbero ne la solidita' del mestiere comune
ne i movimenti d'emancipazione che sono di regola.
Questo schema evolutivo che si ripete grazie anche all'ambizione; Cellini desiderava passare da orafo a
scultore per avere una maggiore considerazione.
I contratti erano importanti e rispecchiavano quelli di un artigiano; erano inseriti precisazioni materiali e
finanziarie e anche formule in caso di ritardi.Tali contratti prevedevano una merces (=premio) e non un
pretium(=prezzo) cioe vantaggi in natura e precisazioni sulla fornitura di materiali soprattutto quelli piu'
costosi: oro e blu oltremare.
Si definisce un modello che il pittore deve rispettare e il diritto da parte del committente di rifiutare l'opera. Le
differenze tra le clausole del contratto e la realta' ci furono; esempio il termine di consegna non rispettato per
il David in bronzo di Michelangelo oppure Lorenzo Ghiberto per la prima porta del Battistero doveva, per
contratto, lavorare ogni giorno di sua mano ,non sciperare e se lo faceva gli si doveva mettere in conto.
L'espressione lavorare di sua mano non vuol dire che l'opera doveva essere realizzata tutta di mano sua; quello
delle botteghe era un lavoro d'equipe e il maestro eseguiva le parti piu' complicate oltre ad apporre la firma.
( es. Equipe cappella sistina o stanze vaticane di raffaello)
Spesso il contratto prevedeva pagamenti in natura ma se si trattava di denaro c'erano differenze; la moneta
d'argento (lire) oppure se il pittore era molto importante con monete d'oro (fiorini). Leonardo si rifiuto' di
essere pagato con “quattrini”.
Una delle caratteristiche piu' frequenti in questo periodo sta nell'invitare il talento a esercitarsi in tutti i campi;
Giotto che diventa ingegnere,Raffaello sarà pittore,scultore, architetto, leonardo non parliamone.
Certo esistevano le botteghe specializzate ( Della robbia,ceramica) ma in questo periodo si sviluppa la figura
dell' artifex polytecnes una sorta di direttore delle arti come sara' Leonardo a Milano e che nasce da
quell'unita' delle arti che si realizza pienamente nel Rinascimento e che ha a che fare con “mercurio” cioe con
tutto cio' che riguarda il calcolo e la tecnica.
Gli ambienti artistici non godevano di una buona fama; contestazioni di denaro, rivalita',libertinaggio.Gli
artificies ribelli costituivano una sorta di societa' nella societa'.
Le botteghe non erano solo dei piccoli focolai di vita di gruppo ma talvolta erano specie di cenacoli; la sera ci
si riuniva da Botticelli e si discuteva di tutto,di politica e di arte e ,a valle, queste discussioni portarono
all'istituzione accademica e alle disputationes organizzate.
I “gruppi ribelli” invece si muovevano in un altro senso;diedero vita a “sodalitates” parodisistiche il cui fine era
il
divertimento come Andrea del Sarto che progettò un tempio realizzandolo con salsicce e parmigiano. Gli
artisti “seri” pero' non amavano queste piccole “bande” (compagnia del Paiuolo, compagni della Calza).
Altro aspetto importante per gli artificies era l'abito perche contraddistingueva chi era riuscito a farcela e chi
no; Leonardo contrappone il pittore “chic” ammesso alle corti allo scultore che e solo un operaio. A seconda
del comportamento e del successo finanziario gli uni e gli altri si collocavano a un livello sociale diverso.
Il quadro istituzionale cambia solo con la tardiva comparsa delle accademie. E' nei costumi che si osserva la
diversificazione dei comportamenti;la societa' si apre agli artificies e tutti i caratteri si delineano, dall'artigiano
docile al talento insolente,dall'esperto solitario all'artista devoto.In un secolo, un secolo emmezzo, la capacita'
produttiva degli artificiers si e sviluppata in tutte le direzioni e ,quindi, si ha
un moltiplicarsi di tipi originali; l'artista e diventato un personaggio culturale.
Un tratto rilevante di questa evoluzione e che l'artista prende le distanze dal committente. E' chiaro,lavora
sempre su commissione ma,all'interno del programma fissato, inizia a muoversi a modo suo.Certo, si tratta di
casi eccezionali. Mantegna era puntualissimo nell'esecuzione dei lavori;Durer porta a termine la
Madonna del Rosario in 5 mesi e ques'opera gli permette di salire di grado e collocarsi in quel “signore” che
era in Italia un artista riconosciuto.Anche lui in una lettera scrisse "qua un signore, li' un parassita".
Doctrina
Con Niccolo V e Pio II l'arte moderna diventa arte della Chiesa ma con Adriano VI avrebbe voluto mettere fine
a tutto cio':questo per dire che la spinta verso una produzione artistica non era priva di resistenze.In tutto il
corso del Rinascimento ci fu una lotta fra quelli che per ragioni religiose,morali,intellettuali consideravano con
sospetto la crescente emancipazione degli artisti e quelli che, confidando in una nuova ripartizione delle
discipline,tendevano a privilegiare le manifestazioni dell'arte. L'argomento era sempre quello della dimensione
spirituale, scientifica o poetica dell'arte.Il motto di Leonardo "pittura e cosa mentale" rientra in questa disputa.
Il problema dell'architetto
Un testo chiave per capire la questione e il contratto firmato da Ludovico da Montefeltro ; e una sorta di
manifesto in cui l'architettura e l'arte fondamentale e non deve rientrare nella pratica perche la sua virtu' e la
matematica e per questo dev'essere annoverata fra le arti liberali.Il riferimento all'antichita' e alla base di
un'intenzione a favore di un procedimento razionale.
Sullo sfondo si coglie un'apertura delle discipline; il quadrivium non ha piu' il monopolio del sapere.Fa la sua
comparsa un nuovo tipo di architetto,rappresentante dell'arte-scienza.
C'e da premettere che il potere definiva la sua immagine attraverso imprese architettoniche; senza questo non
si comprenderebbe il successo straordinario di Brunelleschi, bramante ecc..
La “ricerca architettonica” rientra dunque nel campo intellettuale; il passaggio dalla teoria alla pratica e in linea
di principio senza problemi.Il committente bene informato diventa architetto come Lorenzo de Medici.Il
termine non designa piu' una professione ma una disposizione d'animo.
L'architetto,modello dell'arte-scienza,armato delle possibilta' della matematica,assumeva un significato
universale perche la grandezza dell'uomo si manifesta nella sua capacita' di costruire (vedi Piramidi). Ficino
non perde occasione di elogiare architetti, ingegneri, pittori perche dimostrano la nobilta' dello spirito umano;
attraverso l'esercizio della Ragione egli diventa Dio in terra (da qui l'appellativo di divino).
Non sono l'architettura, ma anche la musica rimandava alle arti liberali perchè essendo armonia e dissoluzione
delle dissonanze si presenta come un analogo della bellezza.
In questa via dell'arte-scienza Leonardo ha costruito un nuovo tipo di sapere che copre tutto il reale;da vita
all'artista universale.
Audendi potestas
Non si deve mai dimenticare fino a che punto i testi antichi recuperati hanno potuto servire da modelli per il
comportamento di artisti finendo per alimentare le loro biografie.
Questa letteratura artistica che stava nascendo isolava dal complesso sociale, una categoria privilegiata. Ma
non bisogna dimenticare che gli artisti erano dappertutto,in contatto con autorita' ecclesiastiche o
organizzazioni pie; nella Chiesa esisteva una corrente rigorista che si occupava della decenza delle
opere.Quindi come conciliare la liberta' dell'artista con le richieste dei committenti?
In Occidente non c'era una dottrina precisa dell'arte; niente teologia dell'immagine,come a Bisanzio,niente
codificazione generale. Solo l'uso, la tradizione, in particolare la citazione di Grgorio Magno”l'immagine serve
agli analfabeti cosi' come la scrittura a chi sa leggere”.
Già nel 1280 Durando di Mende riconosceva che le storie della Bibbia erano trattate liberamente dai pittori.
Un motto importante sara' un'epistola di Orazio che autorizzava certe invenzioni piu' o meno fantastiche.
Questa formula sara' da stimolo all'iniziativa degli artificies. A legittimare questa “podestas” e l'ingenium cio'
che fa l'artista.Egli si colloca a meta' strada tra un artigiano e un poeta.
Da quel momento (vedi critiche al Giudizio universale) i teologi della Controriforma si accorgeranno che non
c'era mai stata una vera e propria dottrina delle immagini. Questa situazione lasciava alle autorita' locali, alle
confraternite il compito di valutare le questioni; per 30-40 anni le pale offrono delle interpretazioni nuove della
Madonna.oltre a rispondere a esigenze di devozione il suo autore vuole
essere apprezzato per le sue qualita' e questo tanto piu' quanto il committente o confraternita e fiero di avere
sulle sue pareti Tiziano o mantegna. Dal lato dell'artista iniziano a nascere le “case d'artista” in cui egli
subordina lo spazio di lavoro alla facciata che diventa quasi un palazzo.
Virtù e gloria
Alla potenza letteraria corrisponde quella dell'arte.Ma e vero in generale o solo per
le grandi figure? Un punto di partenza puo' essere il canto XI del Purgatorio e la vicenda di Giotto
che ha superato il suo maestro Cimabue. I commenti si concentravano sulla personalita' di Giotto,su come un
semplice artigiano potesse attingere alla gloria.
Quando gli artisti iniziarono a mettere la loro firma sulle opere,questo non fu visto bene dagli intellettuali e
scrittori perche per loro era una manfestazione d'orgaglio condannabile.
Fra scrittori e artisti c'era sempre stata una differenza sociale e naturale; spettava ai letterati assicurare agli
artisti un posto nelle cronache.Ma caratterizzare questi “talenti” fu,all'inizio, banale e approssimativo a causa di
una deficienza del vocabolario.I letterari sapevano che si poteva parlare solo del mestiere per cui creare
analogie letterarie tra Michelangelo/dante, Ariosto/Tiziano fu la miglior risorsa trovata. Anche il termine
“ingenuim” stava a significare il felice slancio di questa attivita'; oppure “virtu'” richiamava la loro passione.
Passione che era bizzarra come le dissezioni di Leonardo.
E' impossibile valutare l'influenza che ha avuto leonardo con le sue ricerche, le sue esplorazioni pero' si puo'
parlare di un “effetto Leonardo” che incita i pittori all'ostentazione di motivi rari,di attitudini sottili.
Gli scritti che ci ha lasciato Cellini ci aiutano a capire come per la folla l'”aura” dell'artista comportava un po' di
fantasmagoria.
Ma nella virtu' la potenza creatrice si distingue per un'aspirazione alla glorificazione;ma la gloria ha
un'avversario cioe la Fortuna.Poche sono le carriere brillanti senza drammi.
Lo stesso autoritratto ci rivela il passaggio da una condizione di artigiano a un'ostentazione del virtuoso; nel
300 gli autoritratti erano inseriti nelle opere, nascosti ma,con il passare del tempo vengono messi sempre di
piu' in primo piano (es. Perugino).
Paolo Giovio disse una cosa molto corretta cioe che anche la pittura e la scultur permettono il ricordo dei visi.
Un autore e un artista quindi sono due strumenti indispensabili per una buona gestione della gloria.

LA DONNA DEL RINASCIMENTO


La donna del Rinascimento sembra quasi senza volto:o e madre,figlia,vergine,prostituta,maria, eva, amazzone.
Ella combatte per esprimere il suo se ma sara' una lotta destinata all'insuccesso.
La madre e il bambino
La maggiorparte delle donne rinascimentali erano madri quindi questa era la loro professione e identità. Le
donne delle classi superiori davano alla luce piu' figli (in media 13-14) rispetto a quelli delle classi inferiori
proprio perche, dato il tasso alto di mortalita' infantile ( dal 20 al 50%),si assicuravano un erede. Proprio per
questo le donne ricche non allattavano i loro figli: l'allattamento faceva calare la fertilita' e
quindi si preferiva darli a qualche balia.
La donna che aveva appena partorito veniva coccolata e onorata (Francia e Italia) perchè costituiva un segno
d'onore. La Madonna del Parto di Piero della Francesca rappresenta anche la figura della donna comune.
Dalle donne delle classi superiori ci si aspettava che amassero i loro figli; in effetti li educavano e questo era un
modo per esprime se stesse e la loro creatività. C'erano tuttavia aspetto negativi; esempio il timore del parto
che veniva concepito come la punizione che Dio aveva dato a Eva.
Una conseguenza del parto ,oltre la depressione, era la morte: molte di loro non sopravvivevano a causa delle
infezioni che potevano giungere e cio' vale sia per le ricche che per le povere.
Le donne che vivevano dovevano magari assistere alla morte del figlio; tasso di mortalita' elevato tant'e vero
che le donne consideravano il neonato come qualcosa di transitorio al quale si poteva dedicare un affetto
provvisorio, anche se intenso.
I bambini che sopravvivevano venivano allattati per 18-24 mesi; nei villaggi o borghi le donne allattavano uno
o piu' bambini per la maggiorparte del tempo mentre quelle della nobilta' o delle corti si rifiutavano a causa
degli ammonimenti di medici e umanisti che si rifacevano a Aristotele e anche per la questione della fertilita'.
I bambini dei ricchi venivano allattati dalla balia che viveva in casa con loro ( i piu' facoltosi) oppure da delle
contadine; alcune ,per racimolare qualche soldo, dava a balia il proprio figlio per allattare quello di altri. Molti
di quelli che venivano affidati alle balie morivano e le cause sono molteplici; poverta', malnutrizione,
trascuratezza,mancanza di affetto materno.
Nonostante fosse stato proibito dalla Chiesa, l'infanticidio esisteva; o erano le balie oppure le stesse madri o
padri. In che modo ? In genere morivano per soffocamento, o venivano esposti oppure drogati o ancora
abbondonati e lasciati nei brefotrofi che conoscono, dal XIV-XVI sec, un notevole aumento. Spesso, pero', non
avevano le possibilita' economiche sufficienti per accogliere tutti gli orfani.
L'infanticidio veniva condannato con l'annegamento o il rogo della madre anche se per evitare questo
preferivano abbandonarli.
Moglie e marito
Il matrimonio era il prodotto di un calcolo che mirava alla produzione,conservazione e trasmissione della
proprietà: il veicolo era la donna. In alcune parti d'Europa le donne potevno ereditare le proprieta' ma nella
maggiorparte dei casi vigeva il diritto di primogenitura.La dote liberava il padre da qualsiasi obbligo
economico mentre, per le famiglie ricche, trasferiva la proprieta' da una mano all'altra.In genere i padri
cercavano di pagare il meno possibile per la dote delle donne e di ottenere il maggior numero di vantaggi nel
matrimonio dei figli maschi.
La donna assumesa solo il titolo della ricchezza ma, in genere, non poteva disporre della propria dote che
veniva pattuita prima del matrimonio.Tornava a lei solo nel caso di morte del marito o del padre e,attraverso il
testamento, poteva decidere a chi lasciarla.Se il marito aveva gestito male la dote ,la moglie poteva fargli causa
ma avveniva raramente.
Il matrimonio, quindi, era concordato dai genitori e, nella maggiorparte dei casi, non ci si opponeva:lo stesso
Alberti dice di usare misure severe nel caso di diniego da parte dei figli.
Nell'eta' pre- moderna il matrimonio era definitivo ,salvo casi eccezionali, in cui era previsto l'annullamento o
la separazione; consanguineita',adulterio (della donna),impotenza, lebbra.In caso di estrema brutalita' del
marito la donna poteva chiedere la separazione ma non avveniva quasi mai.(i protestanti chiesero di allargare
l'area di motivi per il divorzio).In genere l'epediente usato era l'abbandono (della donna).
Piu' frequentemente la separazione era data dalla morte di uno dei due coniugi e questo avveniva di sovente
per cui ,visto che ci si poteva risposare, il nucleo familiare si componeva di figli nati da unioni diverse che
litigavano fra loro per l'eredità. La vedova poteva vivere in casa del marito deceduto per tutto il tempo in cui ci
stava “castamente”.
Nei manuali di confessione del tardo Medioevo, nei sermoni della riforma, nei libri degli umanisti veniva
proposto un'ideale di amore coniugale fatto di rispetto, devozione come una relazione di amicizia basata sulla
fiducia e sull'alleviamento delle sofferenze e fardelli reciproci. Questo pero' sempre all'interno di una relazione
di tipo patriarcale;l'amore doveva essere reciproco ma l'autorita' del maschio
assoluta. Lei doveva obbedire. Lo stesso Calvino considerava la sottomissione della
moglie come un modello della loro comune sottomissione a Dio. Le donne potevano anche essere battute; a
parte alcune zone tipo la calvinista Ginevra in cui chi picchiava poteva essere denunciato, per il resto la regola
valeva per tutta Europa ,anche in Inghilterra dove vigeva la “regola del pollice” ( il bastone
non piu' largo del diametro di un pollice)
I vari manuali, in primis quello di frate Cherubino, davano indicazione anche sull'attivita' sessuale: innanzitutto
il suo fine era la procreazione e poi anche la prevenzione dall'adulterio.Venivano ammesse solo le pratiche
“classiche” anche se si cercava di limitare l'attivita' sessuale ,per esempio, dicendo di astenersi almeno 3 giorni
la settimana.
Da un punto di vista medico fino alle soglie della modernita' molte donne europe erano seguite, nel caso di
assistenza ostetricia o ginecologica, da persone del loro stesso sesso che ottenevano una sorta di
autorizzazione anche se non avevano (non potevano) conoscenze professionali.L'estensione della conoscenza
medica maschile al corpo della donna avra' inizio nel Rinascimento; in molti Stati furono
promulgate leggi che restringevano la pratica dell'arte medica solo a coloro in possesso di un'adeguata
preparazione, le donne vennero escluse.
Il lavoro delle donne
Le mogli e le figlie appartenenti a tutte le classi sociali, salvo quelle più elevate, svolgevano un lavoro
all'interno dell'unita' familiare. In campagna mungevano, orto, bestiame ma anche aravano,rastrellavano,
tosavano e filavano ecc..
Anche le donne dell'aristocrazia si occupavano dei lavori agricoli da un pdv organizzativo quando i mariti
erano assenti o in guerra.La parte che e assegnata alle donne dagli autori italiani del 400 e documentata anche
nei libri dei consigli protestanti 500-600.
I doveri del marito si esplicavano fuori casa, quelli delle donne all'interno delle mura domestiche.Tra le donne
lavoratrici del Rinascimento le piu' privilegiate erano le mogli e vedove impegnate nel settore tessile; queste
donne dirigevano spesso altri lavoratori acquistando una certa abitudine all'autorità.
Nell'Europa del nord queste donne entrarono a far parte delle corporazioni sia prendendo il posto dei mariti
deceduti sia per loro diritto; anche se teoricamente la legge vietava loro di comprare o vendere o fare prestiti
in pratica riuscivano a farli.
Molte donne si dedicavano all'attivita' del commercio; a Strasburgo fabbro, orafo, carrettieresarto; a Parigi era
consentito a delle filatrici di seta di controllare il lavoro degli apprendisti. Fin tanto che l'artigiano o il
commerciante ebbe casa e bottega nello stesso posto anche sua moglie o vedova ebbero accesso alla vita
economica pubblica ma quando, a partire dagli ultimi due secoli del Rinascimento,queste condizioni si
modificarono dando vita a ampie unita' economiche al di fuori della casa, le condizioni della donna ne
risentirono negativamente perche vennero stabilite nuove restrizioni ( no corporazioni).
Le donne delle classi medie non potevano lasciare la casa per recarsi sul posto di lavoro; questo era destino
delle lavoratrici a giornata povere; le prime si accontentarono del meno prestigioso lavoro svolto in casa, le
seconde si abbassarono a un lavoro che perdeva di considerazione.
Le restrizioni del XV sec si risolsero nel XVI sec con l'esclusione.Le donne escluse dalle arti tessili cittadine
trovarono un ruolo nella sericoltura: cura dei bachi, estrazione, tessitura.Era occupazioni che davano meno
ricchezza e meno soddisfazioni.
Le donne che lavoravano nell'ambito dell'unita' produttiva familiare,sia come amministratrici che
commercianti,raggiunsero una condizione piuttosto elevata. Le donne che lavoravano fuori dal contesto
familiare a giornata erano le diseredate d'Europa: serve, filatrici, carrettiere.
Sembra che in Italia la loro condizione fosse peggiore; nel nord Europa potevano lavorare come bottegaie,
ambulanti,artigiane mentre in Italia no perche la protezione dell'onore (castita') richiedeva un loro isolamento.
Per alcune l'alternativa era la prostituzione;tollerata nel Medioevo venne accettata se non istituzionalizzata nel
Rinascimento.Dalla meta' del 400 la protezione reale venne estesa sulle case di malaffare e le prostitute
acquistarono anche una certa posizione sociale. Nei secoli successivi, pero', sia protestanti che cattolici
cercarono di scoraggiarla; solo nelle citta' italiane il fenomeno continuava a esistere.
Esemipo Venezia: nei bassifondi vivevano le prostitute comuni mentre negli splendidi appartamenti , le
“onorate cortigiane”,abili nella musica e poesia che intrattenevano i patrizi locali.Tra di loro ci sono due delle
piu' importanti poetess italiane; Veronica Franco e Gaspara Stampa.
Curiosamente queste cortigiane assomigliavano alle mogli dei patrizi; lunghe ore di ozio le impegnavano in
lavori ripetitivi (ago, maglia, uncinetto) perche il loro lavoro era quello di rispecchiare l'onore del marito.Ma
mano che le donne persero il loro ruolo produttivo nella famiglia europea esse divennero, per alcuni,
prostitute legali.
Figlia, madre, vedova
Per l'uomo del Rinascimento la donna rappresentava qualcosa di diverso a
seconda della fase di vita;
•moglie-madre: feconda e produttiva, garantisce la ricchezza e l'onore della famiglia
•vecchia- vedova: colei che lavora ma anche la strega o quella che abbandona i propri figli
•figlia- vergine: vista come un fardello ( vedi Paradiso di Dante) a causa della dote oppure come uno
scambio di ricchezza. La figlia rappresenta il legame fra i capifamiglia maschi e attraverso lei passa la
ricchezza. La castita' assicura la legittimita' degli eredi.
Ma vergine puo' voler dire anche monaca, professione che non veniva ostacolata (se le figlie erano tante e i
soldi pochi)
La monaca
Gli uomini della cristianita' medievale possedevano uno strumento per controllare l'eccedenza di popolazione
femminile; il convento.
La figura della monaca e presente gia' dai primi secoli dell'era cristiana; in genere erano patrizie e nobildonne
perche cosi' facendo si poteva controllare la dispersione delle ricchezze.
In genere ,soprattutto in Francia e Germania, il convento rappresentava una sorta di prigione forzata ma con
Martin Lutero questa tendenza verra' ostacolata perchè ,diceva, che solo una donna su mille ha ricevuto
un'autentica predisposizione alla verginita' e infatti nell'Inghilterra protestante sembra che il
numero delle donne che si sposavano fosse piu' elevato che in latri paese, esempio italia.
Molte entrarono in convento contro la propria volonta' e lasciarono degli scritti in merito (erano donne
istruite); esempio L'amor di virtu' che e una sacra rappresentazione in volgare ed e una protesta contro
l'imprigionamento delle donne.
Un altro e La semplicita' ingannata contro la politica che mira a evitare l'impoverimento delle famiglie causa
dote. Già a partire dalla meta' del 700 pero' quest'usanza andava scemando: esempio
Carlo Goldoni voleva mandare in convento una sua nipote ma poi, vedendo che il suo sogno era sposarsi,
lascio' perdere.
Altre donne divennero monache per volonta' propria; la castita' e in generale la negazione di se,
l'autodistruzione erano un modo di “conquistarsi un'eccellenza” che gli era preclusa nel mondo secolare (vedi
istruzione o lavoro). Oltre a “sposarsi con Gesu' nel covento le donne potevano impegnarsi in un lavoro
produttivo (=poveri, malati,insegnare) oppure scrivere opere di devozione o tradurre le vite dei
santi dal latino al volgare o ancora indirizzare lettere ai grandi e ai potenti della terra (caterina da siena).
La loro vita emotiva,pero', tendeva all'anoressia,all'isteria,a un violento erotismo incentrato nella figura di
Gesu';
questo si spiega con la pressione che caratterizzava la vita sessuale e sociale delle donne nei secoli passati.
Esempi: Caterina da genova che trasformo' le brutalizzazioni subite dal marito con un altro tipo di sofferenza
corporea: pratiche di penitenza, cilicio, pregava ore e ore in ginocchio.
Una differenza rispetto agli analoghi ordini religiosi maschili era la clausura; anche a quelli che erano nati
senza l'obbligo della clausura, Clarisse o Orsoline di Angela erici, col tempo la dovettero accettare. Ci furono
tentativi di rivolta come Mary Ward che aveva previsto un programma d'insegnamento per ragazze al di fuori
del convento, ma , dopo i primi successi, non ando' bene.
Al di fuori del chiostro: pieta', stregoneria e protestantesimo.
Le donne che non potevano pagare una dote conventuale poteva esprimere la loro fede religiosa in altri
contesti: processione, prediche in piazza ecc. In Belgio e Francia si diffusero le beghine che attiravano le donne
povere della citta' e gli offrivano sicurezza, dignita', lavoro.Le beghine lavavano, tessevano,si
curavano degli ammalati e insegnavano.Non c'era una gerarchia e non facevano voti perpetui.Molte vennero
sospettate di eresia.
Al di fuori del chiostro e al di fuori delle norme accettate dalla Chiesa stavano le donne eretiche e le streghe. Il
tardo Medioevo aveva visto la presenza di movimenti popolari eretici o poco ortodossi, alcuni dei quali
resistettero anche nel Rinascimento; valdesi, albigesi, beghine, lollardi, hussisti.Questi movimenti furono tra le
vittime dell'Inquisizione. Nemmeno lo sviluppo delle arti e dell'intelletto nel Rinascimento hanno impedito la
paura dell'ignoto,l'imposizione all'ortodossia. Anzi e proprio nel Rinascimento che l'intolleranza raggiunge le
punte massime; vedi l'Inquisizione in Spagna contro ebrei e musulmani a cui si aggiunge la paura della
stregoneria in cui furono colpite soprattutto donne. Perche? Perche la donna e' più predisposta, è crudele,
sciocca, carnale e appassionata. Per provare che una donna era strega venivano usati tutti i mezzi;
dall'autosuggestione alla tortura. Si è calcolato che in Europa tra 1480 e 1700 ci siano stati 100.000 casi di
sospetta eresia e le condanne sono di poco inferiori.
In Italia le streghe non furono molte;alcuni documenti siciliani e napoletano parlano di giudaismo, bigamia,
magie illecite, filtri d'amore, pozioni magiche.
Per quanto riguarda il protestantesimo che invitava a un rapporto diretto con Dio attraverso le Scritture,le
donne trovarono un ruolo accentuati nella ricerca spirituale: venivano invitate in chiesa a leggere e a capire,a
cantare ma erano escluse da discussioni teologiche.
Alcuni gruppi religiosi ebbero un nuovo approccio con la donna; gli anabattisti ne eliminarono le distinzioni
mentre le donne quacchere potevano predicare e insegnare ma chiaramente si scontrarono con le autorita'
secolari. In Italia il protestantesimo no attecchi' molto ma ricevette un impulso dalle
nobildonne che difesero la fede pur non accettandola apertamente. Un esempio Vittoria Colonna anche se
venne dissuasa dall'associarvisi dal cardinale Pole. Oppure Margherita di Navarra .
In generale le donne trovarono, nelle istituzioni della Chiesa cattolica, spazi di liberta' e occasioni per
esprimersi: dirigevano istituti di carita', scuole ma ne frenavano anche la vitalita' umana.Molte donne
reprimevano i loro appetiti alimentari e sessuali, il loro desiderio di amore per reindirizzarlo verso le icone
della Chiesa e vennero anche martirizzate. L'esperienza religiosa delle donne nei secoli del Rinascimento
rispecchia il loro contrastato ruolo nella società.
L'alta cultura: donne guerriere e regine
Il Rinascimento produsse l'alta cultura del potere, della bellezza , delle idee. La fama che poche donne
riuscirono ad avere le valsero l'appellativo di amazzone cioè un ibrido tra vergine-vecchia tra uomo-donna, in
contrapposizione a Eva ( madre) e Vergine Maria (donna del chiostro).
Questo modello risulta chiaro in quelle donne che esrcitarono il potere; Giovanna d'Arco.Date le norme vigenti
sicuramente ella soffri per aver tentato di comportarsi come fa un uomo. Altre donne, in passato, avevano
diretto gli affari dei mariti assenti o defunti, ma in questo caso l'elemento di novita' sta nel fatto che ha agito
in piena autonomia.
Anche Caterina Sforza difese, dopo l'assassinio del marito,gli interessi di famiglia e alla fine venne sconfitta,
violentata e fatta prigioniera a Roma da Cesare Borgia.
Queste due donne pero' non raggiunsero il potere; poche vi riuscirono. Caterina de Medici vedova di Enrico II
re di Francia e Elisabetta Tudor d'Inghilterra. La prima adotto' l'emblema di Artemisia, donna casta e guerriera ,
la seconda e piu' varia; Diana, Dike.Del suo ruolo diffuse immagine androgine (uomo-donna,reginare) e si
identificava come “principe” col corpo di donna e il cuore di re.
Gran parte della cultura della corte di Tudor ruotava intorno a questa figura di vergine virile; tra coloro che
“commentarono” la sua figura ci fu Shakespeare il quale intui' come il fenomeno violasse l'ordine naturale delle
cose. In “Sogno di una notte di mezza estate” parla di un'anormalita' dell'ordine politico .
Se la maggiorparte delle donne non conquisto' il potere, molte riuscirono a condividerne qualche aspetto cioe'
il potere del mecenatismo;con la loro autorita' e il loro denaro incentivarono il pensiero e la cultura. Isabella
d'Este figlia del duca di Ferrara proteggeva artisti,musicisti, studiosi, riempì le biblioteche ma dopo aver
governato brillantemente quando il marito fu fatto prigioniero,venne ripagata col disprezzo per questo suo
coraggio.
In Italia, dove le corti abbondavano, c'era piu' possibilita' di mecenatismo. Esempio: Margherita di Navarra.
L'educazione delle donne
Le donne povere non avevano istruzione: quelle delle classi medie e alte venivano preparate per una
particolare cultura cioe s'insegnava loro a svolgere funzioni domestiche. In particolare lavori con l'ago, il filo, la
castità, l'obbedienza e il silenzio. (si leggere e scrivere ma il latino non serve).Lo scopo era addestrarle in
funzione del matrimonio .Soprattutto ago e filo divennero simboli di questa cultura tanto che l'umanista
Olimpia Morata (convertita al protestantesimo) disse di aver lasciato cadere i simboli del suo sesso; rocchetta,
ago.
Mentre la maggiorparte delle donne della classe dominante riceveva un'educazione tradizionale c'erano un
miscuglio di “piccole” scuole,collegi di suore o municipali che istruiva ragazze e ragazzi delle classi medio-
basse soprattutto a leggere e scrivere, a far di conto.
La controriforma sviluppo' iniziative educative per le donne per fuggire dai mali dell'Umanesimo e
protestantesimo; esempio Angela merici e le Orsoline anche se l'obiettivo era formare buone madri.
L'impulso piu' forte provenne dal protestantesimo perche visto che Dio parla attraverso la scrittura bisogna
educare ancher le donne (parole di Lutero). Filippo Melantone, per esempio, ordino' l'istituzione di scuole per
ragazze con insegnanti donne.
Tuttavia furono poche le donne che coltivarono una cultura di livello alto; tra queste l'antesignana e
Maddalena Scrovegni e poi Alessandra Scala, Olimpia Morata di cui ci rimagono lettere, poesie , orazioni .
In Francia (cristina de Pisan) e in Inghilterra troviamo un modello differente di donna colta che proviene
soprattutto dall'alta nobilta' o famiglie reali. Un esempio Jeane Grey e Elisabetta Tudor.
La Grey alla domanda “ ma perche al posto di leggere il Fedone di Platone non vai a caccia? “ Lei rispose che
cosi' si sentiva piu' libera perche non veniva continuamente corretta e battuta.
Elisabetta Tudor sapeva latino e greco, studiava storia 3 ore al giorno e si dedico' anche a teologia e filosofia.
L'educazione umanistica delle donne raggiunse le punte massime in Italia nel XV
sec, si diffuse ovunque nel XVI e declino' nel XVII. Importante fu il Cortigiano di Castiglione ( 1513-24)
perchè
apri' la strada a questo ideale alternativo, dicendo che le donne devono conoscere le lettera, la musica,la
danza, pittura e sostenere una conversazione.
La voce della donna e la risposta dell'uomo
In Inghilterra a fine 600 solo il 2% delle opere pubblicate erano scritte da donne.Elevando la voce le donne
chiedevano una rivalutazione del loro ruolo.
La piu' famosa e Cristina de Pisan nata a Venezia e rimasta vedova a Parigi; il padre la inizio' agli studi
nonostante la madre fosse restia.Tra le sue opere piu' importanti ci sono “La citta' delle donne” in cui descrive
una comunita femminile autosufficiente e “ Le tre virtu” in cui da indicazioni sull'educazione delle donne delle
varie classi sociali (doveva essere incentivata)
Da lei fioriranno nel secolo successivo la Nogarola, (innocenza di Eva) la Cereta (attacca le donne che
indulgono in se stesse e non hanno scopi propri) o ancora la monaca della “semplicita' ingenua” sulla liberta'
delle donne.
Tra le poetesse del 500 Vittoria Colonna, Veronica Franco e Louise Labe'; la Franco sfida la duplice
convenzione
di castita' e silenzio. Ma queste donne, nel cercare di realizzare la loro ambizione,erano dipendenti dagli
uomini di classe elevata, dall'attenzione che volevano dargli.
E poi c'erano altre donne i cui scritti pero' ruotavano intorno alla famiglia e a Dio. Dal XVII sec in poi
iniziarono
a diffondersi, soprattutto in Inghilterra causa guerra civile, biografie e autobiografie di donne.
Quindi quei secoli che videro la decadenza giuridica della donna,la vittimizzazione da parte dell'Inquisizione, il
confinamento all'interno delle mura di una casa, udirono anche la voce della loro protesta. Utilizzarono la
penna come se fosse un arma; forse e per questo che i personaggi femminili di molti autori dell'epoca
rispecchiano questa immagine “guerriera”. Pensiamo all'Ariosto.
Gli autori maschi risposero con la “querelle des femmes” ;punto di partenza fu la continuazione del “Roman de
rose” che conteneva un attacco contro le donne e che venne inviato a Cristina de Pisan.
Alcuni autori sostenevano la donna; esempio Boccaccio.Tuttavia egli nell'elogiare alcune donne mette l'accento
sulle caratteristiche “tipiche” di castita', obbedienza ecc per cui non fa che rafforzare la misoginia maschile. E'
anche vero che menzionando donne come Pentesilea (figli di Ares cerco' di aiutare i troiani dopo la morte di
Ettore ma venne uccisa da Achille) servi' di fatto la causa dell'oppressione
della donna.
Anche Erasmo fu un grande sostenitore. Perchè le donne non trionfarono nel Rinascimento?
Perchè quando gli uomini lodavano le donne come donne ne elogiavano le qualità “classiche”, quando invece
elogiavano le loro opere allora si riferivano al modello dell'amazzone cioe non erano donne vere.

VIAGGIATORI E INDIGENI
A partire dalla fine del XV e nel giro di trent'anni la faccia del mondo cambia completamente; 1492 Colombo
scopre l'America, 1498 Vasco de Gama circumnaviga il Capo di Buona speranza 1500 Cabral approda sulla
costa brasiliana 1519 Cortes sbarca in Messico e inizia la conquista del continente 1522
magellano primo giro del mondo.
All'espansione del tempo (mondo greco e romano) si aggiunge quella dello spazio. Il mondo inizia a essere
percepito come “finito”.
Viaggiatori iniziano a raccontare i loro viaggi anche se spesso i racconti precedono i viaggi secondo un'usanza
gia' nota nel Medioevo in cui quei luoghi apparivano come fantastici agli ascoltatori; un esempio Illibro delle
Meraviglie di Marco Polo scritto in Cina alla corte del Gran Khan. Si moltiplicano gli inventari sui vari paesi e
popoli della terra.
C'e da fare una considerazione; date le condizioni geografiche del Mediterraneo che assicurano il contatto tra
popolazioni diverse (Mori, Turchi; africani) gli Europei erano ben consci del proprio passato,della propria
cultura e fede e della pluralita' di culture diverse.
I racconti di viaggio sono numerosi e ne escono 3 grandi gruppi: l'America, la più straniera e selvaggia la Cina
che non si riesce a penetrare ma i cui popoli non sono selvaggi e la Turchia enigmatica ,odiata e temuta ma
anche quella che suscita più interesse.
Si prendono in considerazione alcuni esempi che riguardano tutti le Americhe.
Cristoforo Colombo
Appartiene a un tempo passato ma che annuncia l'avvenire.La forza che lo muove e di tipo religioso; certo
parla di oro,anche a Ferdinando e Isabella ma il fine e un altro. O meglio tre:
1. diffondere la religione cristiana perche sa che il Gran Khan desidera convertirsi
2. sogna una crociata, vuole riconquistare Gerusalemme e per questo servono soldi (progetto
anacronistico. Verra' deriso dalla Chiesa e dal re)
3. è innamorato della natura “ Cio' che voglio e vedere e scoprire quanto più potrò e vedere i loro
segreti”. Infatti i suoi resoconti sono “sublimi” da un pdv naturalistico, molto appassionati mentre
meno quando parla degli indigeni. I suoi viaggi sono sempre condizionati dai “racconti” fantastici che
aveva letto: cosi' Cuba e la Cina (Catai) e anche quando ,approdando sulle coste sudamericane, si
rende conto che non lo e anche qui intervengono i racconti in particolare quello che parlava di 4
continenti ,inseriti in un cerchio,l'uno contrapposto all'altro.
Altro esempio la lista dei mostri che Colombo provvede a indicarne l'assenza o
presenza. Se Colombo non avesse vissuto nel mondo semifavolistico dei racconti e delle profezie il progetto
stesso non sarebbe esistito perchè troppo pericoloso.
Ma gli indigeni, come li descrive? Lo colpisce la loro nudita' e per lui questo simboleggia l'assenza di vergogna
(Adamo prima della caduta?) ma soprattutto l'assenza di cultura e quindi la facilita' nel cristianizzarli tant'e
vero che quando inizia la colonizzazione essi si trasformano in nemici crudeli.
Il suo progetto di diffusione universale del cristianesimo richiede fondi : come fare?
Per prima cosa cerca di occupare quelle terre portando soldati e costruendo fortezze. Poi,quando capisce che
l'oro scarseggia decide di vendere gl'indigeni come schiavi
Amerigo Vespucci
La grande differenza tra Colombo e amerigo e che il primo scrive documenti, il secondo fa letteratura.
Amerigo non fu il capo della spedizione ma visto che ci ha lasciato dei migliori racconti di viaggio (Mundus
Novus-Quatuor navogationes) che hanno colpito i dott di Saint-Die il continente ha assunto il nome di
Amerigo.
Riusciamo a capire la differenza tra i due analizzando due documenti:
•lettera di Colombo a Santangel
•Mundus Novus
Nel primo manca un'idea d'insieme; descrive la natura delle isole (Haiti e Cuba) parla degli indigeni e della lista
dei mostri per poi rivolgersi al re dicondo che c'è oro .Il secondo contiene diversi paragrafi che rivelano
l'essenziale tra cui la scoperta del nuovo mondo. Il testo di divide in due: la prima descive il viaggio, la seconda
nuovi paesi con tre sottosezioni che riguardano uomini, terra, cielo. Affascina il
lettore che diventa il suo interlocutore privilegiato al contrario di Colombo il quale non se ne cura.
La lettera di Colombo e utilitaria (convincere il re della ricchezza delle terre) quella di Amerigo no perche egli
aspira alla gloria.
Anche le varie tematiche sono affrontate in modo diverso; per esempio sugli indigeni, Amerigo ci costruisce il
quadro del buon selvaggio. Anche qui segue 3 direttrici:
1. Nudità
2. Cannibalismo (ingigantisce, racconta di aver visto carne umana appesa come noi facciamo col maiale)
3. Sessualità (qui esagera parla della donna che diventa lussuriosa con gli europei ecc)
In Quatour navigationes cita riferimenti classici, Plinio, Petrarca, Dante: non a caso l'immagine che ci tramanda
l'epoca e quella di un dotto. Colombo e un uomo del Medioevo, Amerigo del Rinascimento.
Uno studioso del XX sec ha affermato che le lettere di Amerigo fossero state scritte da qualche letterato di
Firenze; l'ipotesi e stata contestata ma rimane comunque affascinante.
Hernan Cortès
Colombo il navigatore,Amerigo lo scrittore e Cortes il conquistatore perche fu il primo ad avviare una vera
conquista militare ma soprattutto ad avere coscienza del suo ruolo politico.Appena scopre l'esistenza del
regno di Montezuma decide di sottometterlo.
Come si spiegano i suoi successi militari?
1. La prima cosa che fa e reperire un interprete per ottenere informazioni. E' cosi' che viene a conoscenza
delle rivalita' locali e delle opposizioni di alcuni gruppi al potere centrale .La stessa caduta dell'impero
azteco e causata da una serie d'informazioni raccolte come la fuga del successore di Montezuma che
viene imprigionato e quindi il regno s'arrende.
2. Immagine Cortes dirà che “l'esito della guerra dipende dalla nostra reputazione”. Ma, in che modo
costruirsela? Attraverso l'ambiguita' e il simbolismo. Nascondere le informazioni facendo credere
sull'immortalita' dei cavalli oppure mostrarsi forti quando si e deboli e viceversa. Distruggere gli idoli
per mostrare la propria invulnerabilita' oppure bruciare palazzi. Di rado Cortes punisce, ma quando lo
fa lo e in modo esemplare e i cannoni li usa per intimorire più che per distruggere fortezze.
In questo senso c'e un richiamo a Machiavelli quando, nel Principe, colloca reputazione e finzione al sommo
grado della nuova gerarchia di valori. In realta' possiamo dire che e un'influenza che richiama lo spirito
dell'epoca.
La manipolazione più complessa che Cortes fa e quella che riguarda il dio Quetzalcoatl: si narrava di una sua
partenza e si credeva in un suo futuro ritorno. Cortes fa credere che quel dio sia il suo sovrano spagnolo e, per
continuità, gli indigeni identificano il dio con lo stesso Cortes.Da qui una sua legittimità di frinte alla
popolazione.
In Cortes si puo' vedere un interesse nei confronti della cultura indigena che, dopo la conquista, cerchera' di
tutelare. C'è anche ammirazione verso di loro anche se non li considerera' mai alla pari cioe individui dotati di
una libera volontà.
Bartolomeo de Las Casas
De la Casas e considerato il “difensore degli indigeni” anche se questa difesa avverrà per tappe successive.
Nato in Spagna giungera' a Haiti a 17 anni,dove vi rimarra' come colono e prete. Nel 1514 abbiamo la sua
prima conversione che lo porta a intraprendere una colonizzazione pacifica la quale,pero', non andra' a buon
fine. La seconda conversione lo porterà a entrare nell'ordine dei domenicani a cui seguiranno anni
di solitudine e studio fino a quando non iniziera' una lotta attiva per la difesa degli indigeni, sia in Ispagna sia
nel continente.
A questo periodo risalgono i suoi interventi piu' celebri (1535):
•denuncia della crudelta' dei conquistadores
•propone misure concrete, giuridiche e politiche che contribuirebbero a migliorare la situazione nelle
colonie americane.
•trova un fondamento della sua azione nell'unita' del genere umano e dell'uguale dignita'.Da questo
punto di vista è uno dei primi difensori dei diritti dell'uomo. Ma qui le cose si complicano perchè egli
resta un cristiano e l'idea di una religione universale e ambigua poiche c'e il rischio di perdere la
propria identita' ma se resta fedele a se stessa il rischio e quello di perdere la propria universalita'.
La soluzione che Las Casas adotta e passare un colpo di spugna sulle differenz tra popoli e culture.Gli indiani
sono umili,pacifici, generosi ovvero sono gia' provvisti di virtù cristiane.La sua posizione e un po' una violenza
concettuale perche non li riconosce per cio' che sono.
Verso il 1550 cioe al termine della sua vita avra' un cambio di posizione e questo lo capiamo da una
discussione che egli ebbe con un dotto (Sepulveda) a Valladoid.
La questione ruotava intorno ai sacrifici umani;per giustificarli Las Casas cambia la sua visione accettando
l'idea
di diverse religioni quindi diverse culture. Anche nella Bibbia ricorrono sacrifici umani quindi gli indigeni
“sbagliano” solo in riferimento all'oggetto (il loro dio e non il nostro) ma mostrano una profonda intensita' del
loro sentimento religioso che li porta anche a dare la vita umana.
Siamo passati da un eccessivo etnocentrismo a un troppo accentuato relativismo

Bernardino di Sahagun
Nato in Spagna,entra nell'ordine francescano poi si reca in Messico e li rimarrà. Mentre insegna il latino
apprende la lingua degli aztechi (nota: e un cristiano, cosi' facendo puo' diffondere meglio la sua religione).
Quindi si sottomette agli altri (=lingua) piuttosto che sottomettere. Dopo 40 anni di lavoro uscira' Storia
generale delle cose della nuova Spagna scritta nella lingua ufficiale degli indigeni
con sottotitoli in spagnolo,quindi, si rivolge a due interlocutori diversi; i religiosi spagnoli che vogliono
affrettare la conversione e i letterati messicani che vogliono conoscere storia e costumi del loro paese.
Il primo problema che dovette affrontare fu la costituzione di un corpus; elaborò una serie di questionari che
faceva compilare ai suoi allievi e poi vedere e commentare ai migliori conoscitori delle tradizioni.
Cosa ne è uscito? Una grande opera sulla cultura messicana, un ibrido, nata dall'incontro tra due mondi.
Per lui l'arrivo degli Spagnoli e stato un bene ma ,alla fine, ha avuto effetti negativi nel senso che la corruzione,
avidita' si sono rivelati contagiosi.
La sua opera e spinta da due forze opposte; da un lato vuole contribuire alla cristianizzazione ma dall'altro
deve constatare che la conversione li allontana da Dio.
Anche lui mira a un universalismo cristiano ma evita qualsiasi idealizzazione: gli indigeni non sono ne migliori
ne peggiori degli Spagnoli

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