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Bernini vs Borromini

Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini, i due grandi artisti che nel Seicento
trasformarono il volto di Roma, non potevano essere più diversi: se Bernini era
socievole, carismatico e mondano, Borromini era invece solitario e introverso.
Da lavorare fianco a fianco, si trasformarono in acerrimi nemici e la loro rivalità è
diventata leggenda.

Nato a Napoli nel 1598, Bernini divenne uno scultore come il padre. Borromini
(vero nome: Francesco Castelli), nato in Svizzera l’anno successivo fu allievo
dell’architetto Carlo Maderno, direttore dei lavori nella Basilica di San Pietro.
Nei primi decenni del Seicento la città era il centro del mondo, capitale e culla del
Barocco.

Il lavoro non mancava perché papi, principi e cardinali facevano a gara per
costruire edifici sempre più belli per esaltare il cattolicesimo trionfante.

Brillante e disinvolto, Bernini non ci mise molto ad adeguarsi allo stile di vita
lussuoso e spendaccione della città pontificia. Entrò nei giri un po` snob della città.

Entrò nei giri un po’ snob dell’élite ecclesiastica e conobbe le persone giuste; tra
queste, il cardinale Maffeo Barberini, che divenne il suo protettore. Più timido e
taciturno, Borromini si sentiva invece un pesce fuor d’acqua in mezzo a tutto quello
sfarzo; si rifugiò sotto l’ala protettrice del suo maestro Maderno e iniziò a lavorare
come operaio nel cantiere a San Pietro. E fu qui che i due artisti si scontrarono per
la prima volta.

Tutto iniziò nel 1623, anno in cui il cardinale Barberini fu eletto come papa con il
nome di Urbano VIII. Il pontefice ordinò al suo pupillo Bernini di progettare un
grandioso baldacchino per incorniciare l’altare di San Pietro.
Per realizzarlo Urbano VIII non badò a spese e fece fondere le travi di bronzo di un
antico tempio romano, il Pantheon.
La cosa suscitò un tale scandalo che a Roma si diffuse questo gioco di parole: “quod
non fecerunt Barbari fecerunt Barberini”, ossia “quello che non fecero i Barbari lo
fecero i Barberini”.
Ad affiancare Bernini, a San Pietro, c’era un equipe di collaboratori, tra cui
Borromini, che aveva il modesto incarico di tagliare il marmo per il basamento del
Baldacchino. Mentre Borromini cercava di non mettersi in mostra, Bernini dimostrò
le sue eccezionali doti di artista a quelle di uomo di mondo. Divenne così intimo del
papa che, quando Maderno morì nel 1629, ottenne la direzione del cantiere di San
Pietro.

Appena avuto l’incarico, Bernini pensò bene di sfruttare a suo vantaggio le solide
competenze di Borromini. A quest’ultimo si devono il disegno della parte superiore
del baldacchino e a curarne la sistemazione nella basilica. Nessuno, però riconobbe
i suoi sforzi.

Bernini, inoltre, guadagnava cinque volte di più, anche se in realtà era Borromini a
fare il grosso del lavoro. Anche quando fu ultimato il Baldacchino, tutto il merito
andò a Bernini.

Alla morte di Urbano VIII nel 1644, la nuova elezione papale scompigliò le carte in
tavola. Il neo-eletto Innocenzo X Pamphili detestava tutto ciò che potesse
ricordargli il predecessore (Barberini e Pamphili si odiavano). Per questo rimpiazzò
Bernini con Borromini.
Purtroppo però la vittoria non durò a lungo, grazie alle sue conoscenze dovute alla
vita mondana, riuscì a conquistare il favore con Donna Olimpia, la potente cognata
del papa.

Il passo successivo fu soffiare al rivale il progetto di una fontana monumentale in


Piazza Navona.

L’opera di Piazza Navona era già stata assegnata dal pontefice a Borromini, che nel
1647 aveva costruito una conduttura d’acqua e una vasca ovale per poi installare la
sua fontana.
Ma questo non impedì a Bernini di presentare a Donna Olimpia un bozzetto molto
più elaborato di quello di Borromini.
Impressionata dal progetto, la nobildonna convinse Innocenzo X ad affidare
l’incarico Bernini: nel giro di qualche anno lo scultore diede vita a uno dei suoi
capolavori, la Fontana dei Quattro Fiumi. Attorno a questa vicenda circola ancora
oggi una leggenda secondo cui la statua che personifica il Rio de la Plata, realizzata
dall’allievo Francesco Baratta, fu costruita apposta con un braccio alzato verso la
Chiesa di Sant’Agnese in Agone (del Borromini) quasi a volerla sostenere. Presunto
messaggio in codice: l’edificio del Borromini è così mal realizzato da rischiare il
crollo. Che si tratti una bufala lo dicono le date: la chiesa di Sant’Agnese fu
costruita a partire dal 1652, quando la fontana del Bernini esisteva già (1648-1651).

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