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Matematica Algebra Geometria
Matematica Algebra Geometria
Concetti fondamentali
1
2 CAPITOLO 1. CONCETTI FONDAMENTALI
(∀a, b ∈ N) a + b = b + a .
S2 (Associatività) (∀a, b, c ∈ N) (a + b) + c = a + (b + c) .
S3 (∀a ∈ N) a + 0 = 0 + a = a .
M1 (Commutatività) (∀a, b ∈ N) a × b = b × a .
M2 (Associatività) (∀a, b, c ∈ N) (a × b) × c = a × (b × c) .
M3 (∀a ∈ N) a × 1 = 1 × a = a .
Questa proprietà dovrebbe essere letta assieme alle proprietà S1, S2 e S3 dei
naturali scritte prima.
Si osservi che con questa definizione abbiamo costruito un insieme Z “più
grande” di N ed abbiamo esteso la definizione di somma agli elementi di Z.
L’insieme Z – detto insieme dei numeri interi – è “più grande” di N nel
senso che
(∀a ∈ N) a ∈ Z .
Simbolicamente scriviamo N ⊂ Z e leggiamo N è contenuto in Z. In gen-
erale, diciamo che un insieme A è contenuto in un insieme B (o che A è un
sottoinsieme di B) se, e soltanto se (∀a ∈ A) a ∈ B; simbolicamente,
A ⊂ B ⇐⇒ (∀a ∈ A) a ∈ B
B \ C = {x ∈ B|x 6∈ C}
dove 6∈ è la negazione del simbolo logico ∈ e vuol dire che x non è un elemento
di C o in altre parole, x non appartiene a C. Diamo un esempio concreto
della differenza di due insiemi: consideriamo l’insieme dei numeri interi Z e
sia {0} il sottoinsieme di Z costituito dal solo elemento 0 ∈ Z; allora, Z \ {0}
è l’insieme dei numeri interi diversi da 0.
Siano A e B due insiemi dati; definiamo gli insiemi
1. intersezione A ∩ B = {x|x ∈ A e x ∈ B} ,
S
2. unione A B = {x|x ∈ A e/o x ∈ B} ,
a = {x ∈ A|aRx} ⊂ A .
4 CAPITOLO 1. CONCETTI FONDAMENTALI
(p, q) = (r, s) ⇐⇒ ps = qr .
Per dirlo con altre parole, osserviamo che la relazione di uguaglianza appena
definita è in effetti una relazione di equivalenza ≡ nell’insieme Z × (Z \ {0});
dunque, Q è l’insieme quoziente
Q = (Z × (Z \ {0}))/ ≡
f : Z → Q1 , z 7→ (z, 1)
+:Q×Q→Q
Questo fatto ci serve per capire che esistono numeri che non sono razionali; a
questa conclusione erano già arrivati Pitagora ed i suoi seguaci, verso il 530
A.C. ! Vediamo l’argomento. Prendiamo un quadrato di lato 1 e calcoliamo
la lunguezza d di una delle sue diagonali;√per il noto teorema di Pitagora sui
triangoli rettangoli d2 = 2 e dunque, d = 2. Supponiamo che d sia razionale,
cioè d = pq . Allora, p2 = 2q 2 . Ora 2 divide 2q 2 e perciò 2 divide p2 ; a causa
della decomposizione di un numero in potenze di primi sopra accennata, 2
divide p2 (o sta in p2 ) un numero pari di volte; ne segue che 2 deve per forza
dividere q 2 un numero pari di volte e perciò 2 divide 2q 2 = p2 un numero
dispari di volte (quelle pari in cui divide q 2 più una volta dovuto al fattore 2)
contradicendo la conclusione anteriore che 2 sta in p2 un numero pari di volte!
Un numero
√ che non sia il quoziente di due numeri interi come appunto è il
caso di 2 è detto numero irrazionale. Cosa sappiamo sui numeri irrazionali?
Tanto, e poco! Ad esempio, sappiamo che esistono infiniti numeri irrazionali
però non li conosciamo tutti; sappiamo che il numero π = C/d – il quoziente
della lunghezza di una circonferenza per √ il suo diametro – è irrazionale, ma
non sappiamo tutt’ora se il numero π 2 sia o no irrazionale! Per fortuna
c’è un’altro modo di studiare gli irrazionali, basato sulla scrittura decimale
dei numeri. Un qualsiasi numero naturale si scrive (in modo univoco) come
combinazione lineare di potenze intere non-negative del numero 10 (dieci) a
coefficienti nell’insieme {0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9}; cosı̀ il numero
Abbiamo cosı̀ scritto i numeri interi in base 10. In questo modo i nu-
meri interi sono guardati come polinomi e le regole dell’algebra elementare
ci permettono di fare i calcoli in maniera efficace; in altre parole, possiamo
facilmente sommare, moltiplicare e dividere i numeri fra loro e così ottenere
anche una rappresentazione decimale dei razionali. Per esempio,
1 814
= 0, 3333... , = 23, 2571428571428571...
3 35
In queste rappresentazioni notiamo che esiste un gruppo di numeri (periodo)
che si ripete continuamente: in 0, 333... il numro 3 è ripetuto indefinitamente;
in 23, 2571428571428... il gruppo 571428 è ripetuto “ad infinitum”; questo
8 CAPITOLO 1. CONCETTI FONDAMENTALI
fenomeno accade sempre per il quoziente di due interi, cioè per i razionali.
D’altro canto, i numeri irrazionali non hanno questo comportamento:
√
π = 3, 14159265358979323846.... , 2 = 1, 4142....
in questi numeri non possiamo trovare un periodo che si ripeta! Non diamo la
dimostrazione di queste nostre affermazioni; lo studente potrà incontrarle in
altri corsi o in testi più specializzati. Ad ogni modo, le terremo per buone e ce
ne serviremo per costruire la retta reale. Intanto definiamo l’insieme dei nu-
meri reali R come l’unione dell’insieme Q dei numeri razionali e dell’insieme
I dei numeri irrazionali: R = Q ∪ I. È evidente che Q ∩ I = ∅. Abbiamo la
seguente successione di insiemi:
N⊂Z⊂Q⊂R
+:R×R→R , ×:R×R→R
6 0)(∃a−1 ∈ R) aa−1 =
IM Esistenza dell’inverso moltiplicativo: (∀a ∈ R|a =
1.
a c ad + bc
+ = > 0 , ossia (ad + bc)bd > 0 .
b d bd
Abbiamo le ineguaglianze
e dunque,
bd(ad + bc) = abd2 + cdb2 > 0 .
Lasciamo la dimostrazione di O2 e O3 a carico dello studente. 2
+ : (C × C → C , (a, b) + (a0 , b0 ) = (a + a0 , b + b0 ) ,
P (x) = ax2 + bx + c : R → R
3
Abraham de Moivre, matematico inglese nato in Francia nel 1667, deceduto a Londra
nel 1754.
1.3. NUMERI COMPLESSI 13
1 b c b2 − 4ac
y 2 = ( )2 − =
4 a a 4a2
e dunque √
−b ± b2 − 4ac
x= .
2a
In altre parole, il polinomio P (x) si decompone nella forma
√ √
−b + b2 − 4ac −b − b2 − 4ac
P (x) = a(x − )(x − ).
2a 2a
Il numero reale ∆ = b2 − 4ac è il discriminante dell’equazione algebrica
P (x) = ax2 + bx + c = 0. Questo numero è importante per l’analisi delle
soluzioni dell’equazione P (x) = 0.
Caso a : ∆ > 0 – L’equazione P (x) = 0 ha due soluzioni reali distinte:
√ √
−b + b2 − 4ac −b − b2 − 4ac
x0 = e x1 = ;
2a 2a
Caso b : ∆ < 0 – P (x) = 0 ha due soluzioni complesse date dai due numeri
complessi coniugati
√ √
−b + i −b2 + 4ac −b − i −b2 + 4ac
x0 = e x1 = x0 == ;
2a 2a
Caso c : ∆ = 0 – in questo caso abbiamo la decomposizione
−b −b −b 2
P (x) = ax2 + bx + c = a(x − )(x − ) = a(x − )
2a 2a 2a
(cioè il polinomio a1 P (x) è un quadrato perfetto) e la soluzione −b
2a
compare
due volte.
14 CAPITOLO 1. CONCETTI FONDAMENTALI
ax3 + bx2 + cx + d = 0
y 3 + py + q = 0 ; (1.2)
p3
z 6 + qz 3 − =0. (1.4)
27
Ora facciamo la sostituzione z 3 = w; questa ci porta all’equazione
p3
w2 + qw − =0 (1.5)
27
4
François Viète, matematico francese nato a Fontenay-le-Comte nel 1540, morto a
Parigi nel 1603.
1.4. COORDINATE CARTESIANE 15
x3 + bx2 + cx + d = 0
i tre unici piani passanti per P e paralleli ai piani yOz, xOz e xOy; questi
piani intersecano i tre assi coordinati Ox, Oy e Oz rispettivamente nei punti
A, B e C; ma questi punti sono univocamente associati a numeri reali a, b e
c rispettivamente. Cosı̀ il punto P avrà coordinate cartesiane (a, b, c); recip-
rocamente, qualsiasi terna di numeri reali (a, b, c) è associata ad un punto di
R3 . Con questo stabiliamo un sistema (ortogonale) di coordinate cartesiane
nello spazio che sarà anche indicato con R3 = R × R × R per ragioni simili
a quelle date per il piano.
Come si calcola la distanza tra due punti di R3 ? Siano dati P = (a, b, c) e
P 0 = (a0 , b0 , c0 ); come prima cosa proiettaiamo P e P 0 perpendicolarmente sul
piano xOy per ottene i punti Q = (a, b, 0) e Q0 = (a0 , b0 , 0); poi prendiamo il
piano π che contiene P ed è parallelo a xOy; questo piano interseca la retta
P 0 Q0 in un punto R = (a0 , b0 , c). Ora osserviamo che il triangolo P P 0 R è
rettangolo ed il suo lato P R è parallelo al segmento QQ0 . Dunque i segmenti
P R e QQ0 hanno la stessa lunghezza
q
dQQ0 = dP R = + (a − a0 )2 + (b − b0 )2 .
1.5 Matrici
Nella sezione 1.1 abbiamo costruito l’insieme Z dei numeri interi; abbiamo
visto che Z è munito di una operazione (somma di interi)
Z × Z → Z , (p, q) 7→ p + q
Una tale matrice è anche detta matrice reale m×n o m×n-matrice reale. Ev-
identemente è perfettamente plausibile dare una definizione simile nei campi
dei razionali o complessi, o anche nel gruppo dei numeri interi; d’ora in
poi tralasceremo l’aggettivo “reale” in questa sezione poiché ci occuperemo
soltanto di questo tipo di matrici.
Per un qualsiasi 1 ≤ i ≤ m la ima -riga della matrice A di sopra è data
dagli elementi ai1 , ai2 , . . . , ain−1 , ain e per 1 ≤ j ≤ m, la j ma -colonna di A è
data da a1j , a2j , . . . , am−1j , amj . Si osservi che la ima -riga e la j ma -colonna si
“intersecano” nell’elemento aij . Per alleggerire e semplificare la notazione,
molte volte scriveremo le matrici come la A di sopra nella forma A = (aij ).
Due m × n-matrici A = (aij ) e B = (bij ) sono uguali se, e soltanto se
(fare i conti).
Purtroppo non tutte le matrici quadrate hanno un inverso per moltipli-
cazione: infatti, la matrice
!
1 1
A=
1 1
ma questo è impossibile: non possiamo trovare due numeri reali x11 e x21 tali
che la loro somma sia simultaneamente uguale a 1 ed a 0!
Uno dei problemi che si possono risolvere tramite i determinanti è appunto
quello di scoprire se una matrice è invertibile o no. Il determinante è una
funzione
det : Mn×n → R
definita induttivamente nel modo seguente. Per n = 1 , definiamo il de-
terminante di una matrice A = (a11 ) ≡ a11 come det(A) = a11 . Ora
sia n > 1 e supponiamo di sapere calcolare il determinante di qualsiasi
22 CAPITOLO 1. CONCETTI FONDAMENTALI
Teorema 1.5.3
(∀A = (aij ) ∈ Mn×n )
n
X n
X
det(A) = (−1)i+j aij det Aij = (−1)i+j aij det Aij .
j=1 i=1
Infatti ! !
a11 a12 a22 −a12
=
a21 a22 −a21 a11
!
a11 a22 − a12 a21 a12 a11 − a11 a12
= =
a21 a22 − a22 a21 a11 a22 − a21 a12
!
det(A) 0
= .
0 det(A)
La matrice
a11 a12 a13
A = a21 a22 a23
a31 a32 a33
6 0 ha inverso
con det(A) =
M11 −M21 M31
1
A−1 = −M 12 M 22 −M32 .
det(A)
M13 −M23 M33
Il lettore è invitato a fare i calcoli per convincersi della veracità della nostra
asserzione.
La trasposta di una (m × n-matrice A = (aij ) è la matrice AT = (bji ) con
bji = aij ossia, è la matrice ottenuta da A scambiando le righe per le colonne.
Una matrice A che coincide con la sua trasposta è detta simmetrica; le matrici
simmetriche sono particolarmente importanti in geometria analitica dovuto
ai loro legami con le coniche e le quadriche.
Ora vediamo alcune proprietà dei determinanti.
Teorema 1.5.4 Per qualsiasi n × n-matrice A,
det AT = det A .
Allora
det A = a11 a22 − a12 a21 .
Supponiamo per ipotesi che
!
0 a12 a11
A = ;
a22 a21
allora,
det A0 = a12 a21 − a11 a22 = − det A .
Ora assumiamo che il risultato sia valido per n − 1, con n − 1 ≥ 2 e dunque,
n ≥ 3. Supponiamo che la ima riga di A non sia una delle righe scambi-
ate e facciamo l’espansione del determinante di A d’accordo con questa ima
1.5. MATRICI 25
riga. Allora a0 ij = aij e ogni matrice A0ij si ottiene dalla corrispondente Aij
scambiando due righe (corrispondenti alle righe cambiate di A). Dunque,
det A0ij = − det Aij e
n
X n
X
det A0 = (−1)i+j a0ij det A0ij = − (−1)i+j aij det Aij = − det A .
j=1 j=1
0
dove Aij è una matrice con due righe uguali. Ma det A0ij = 0 per la parte
(ii). 2
Algebra Vettoriale
27
28 CAPITOLO 2. ALGEBRA VETTORIALE
~v + w ~ + BD
~ = AB ~ = (B − A) + (D − B) = D − A .
~ ∈ V (R3 )~v + w
S1 (Commutatività) (∀~v , w ~ =w
~ + ~v .
~ ~u ∈ V (R3 )(~v + w)
S2 (Associatività) (∀~v , w, ~ + ~u = ~v + (w
~ + ~u) .
~ ∈ V (R3 ))k(~v + w)
D (∀k ∈ R)(∀~v , w ~ = k~v + k w.
~
~ = (B − A) − (C − A) = B − C .
~v − w
~v + w ~ = (a1 + b1 , a2 + b2 , a3 + b3 ) .
~ = OC
~ = (b1 , b2 , b3 ), allora
È facile dimostrare che se ~v = (a1 , a2 , a3 ) e w
~ = (a1 − b1 , a2 − b2 , a3 − b3 )
~v − w
2.2. PRODOTTO SCALARE 31
Ci sono tre vettori di V (R3 ) che hanno una rilevanza non trascurabile
nella teoria degli spazi vettoriali reali tridimensionali; essi sono i vettori
unitari1
~i = (1, 0, 0) , ~j = (0, 1, 0) e ~k = (0, 0, 1) .
Il motivo della loro importanza è che essi possono generare qualsiasi vettore
reale in modo unico: infatti, dato arbitrariamente ~v = (a1 , a2 , a3 ), possiamo
scrivere
~v = a1~i + a2~j + a3~k
e, se ~v potesse essere scritto nella forma
allora
(a1 , a2 , a3 ) = (b1 , b2 , b3 )
e dunque a1 = b1 , a2 = b2 e a3 = b3 . Diciamo che i vettori di V (R3 ) sono
combinazioni lineari dei vettori
~i , ~j e ~k
~ ∈ V (R3 )) < ~v , w
(∀~v , w ~ >= |~v ||w|
~ cos(θ)
dove θ = 6 (~v , w)
~ è l’angolo determinato dai vettori ~v , w
~ con 0 ≤ θ ≤ π.
Le seguenti proprietà del prodotto scalare sono conseguenze immediate
della definizione:
~ ∈ V (R3 )) < ~v , w
PS2 (∀~v , w ~ >=< w,
~ ~v > (il prodotto scalare è commuta-
tivo);
1
Abbiamo scritto la parole unitari perché tali vettori hanno lunghezza 1.
32 CAPITOLO 2. ALGEBRA VETTORIALE
< ~v , w
~ >= |~v ||w|
~ cos(θ) = |w|proj
~ ~ (~
w v) .
|w|proj
~ w v ) = |~v |proj~v (w)
~ (~ ~ .
(∀~a, ~b, ~c ∈ V (R3 )) < ~a + ~b, ~c >=< ~a, ~c > + < ~b, ~c > .
A0 = πA ∩ r , B 0 = πB ∩ r e D0 = πD ∩ r
le intersezioni dei tre piani con r. La proiezione (con segno) del segmento
orientato AD~ che rappresenta ~b è uguale a proj~c(~b) (i segmenti orientati OB
e AD sono equipollenti); d’altro lato,
~
~ = proj~c(d)
proj~c(~a) + proj~c(AD)
e dunque,
~ = proj~c(~a) + proj~c(~b) .
proj~c(d)
In questo modo,
< ~v , w
~ >= a1 b1 + a2 b2 + a3 b3 .
34 CAPITOLO 2. ALGEBRA VETTORIALE
~v ∧ w
~ = |~v ||w|
~ sin(θ) ~u
~ ∈ V (R3 )) ~v ∧ w
PV2 (∀~v , w ~ = −w
~ ∧ ~v (il prodotto vettoriale non è commu-
tativo);
e siccome |~v | sin(θ) non è altro che l’altezza del parallelogrammo di base w ~
determinato dai vettori ~v e w, ~ ne segue che |~v ∧ w|
~ è l’area di tale parallelo-
~ ∈ V (R3 ) è il numero
grammo. Ilprodotto triplo di tre vettori arbitrari ~u, ~v , w
reale
~ >= |~u||~v ∧ w|
< ~u, ~v ∧ w ~ cos(φ)
dove φ è l’angolo tra i vettori ~u e ~v ∧ w
~ (si noti che 0 ≤ φ ≤ π). Se ~u e ~v ∧ w
~
sono vettori non nulli
< ~u, ~v ∧ w
~ >= 0 ⇐⇒ cos(φ) = 0 ⇐⇒
φ = π/2 ⇐⇒ ~u, ~v , w
~ sono complanari .
~ (ossia, i loro rappresentanti con orig-
Escludendo questo caso, i vettori ~u, ~v , w
ine comune) formano un parallelepipedo di base ~v , w ~ e lato ~u di cui |~u|| cos(φ)|
è l’altezza; siccome |~v ∧ w|
~ è l’area del parallelogrammo ~v , w, ~
| < ~u, ~v ∧ w
~ > | = volume del papallelepipedo ~u, ~v , w
~ .
| < ~u, ~v ∧ w
~ > | = | < w,
~ ~u ∧ ~v > |
perché questi due numeri positivi rappresentano il volume del medesimo par-
allelepipedo. In verità posiamo fare un passo in più: possiamo dimostrare
che
< ~u, ~v ∧ w ~ ~u ∧ ~v > .
~ >=< w,
Infatti, facciamo un disegno rappresentante i tre vettori in questione; il piano
~ divide R3 in due semispazi, S~v,w~ che contiene il vettore ~v ∧ w
~v , w ~ ed il suo
opposto S~vopp
,w
~ . Analogamente, il piano ~
u , ~
v divide R 3
in due semispazi, S~u,~v
opp
che contiene il vettore ~u ∧~v ed il suo opposto S~u,~v . Ora si osservi che ~u ⊂ S~v,w~
(risp. ~u ⊂ S~vopp
,w ~ ⊂ S~u,~v (risp. w
~ ) se, e soltanto se, w ~ ⊂ S~uopp
,~v ). Questo fatto ci
permette di concludere che cos(~u, ~v ∧ w) ~ e cos(w, ~ ~u ∧~v ) sono ambedue positivi
o ambedue negativi.
Con questa osservazione e la commutatività del prodotto scalare arrivi-
amo alla seguente conclusione:
PT
~ ∈ V (R3 ))
(∀~u, ~v , w
< ~u, ~v ∧ w
~ >=< w,
~ ~u ∧ ~v >=< ~v , w
~ ∧ ~u > .
~ ∈ V (R3 )) ~u ∧ (~v + w)
(∀~u, ~v , w ~ = ~u ∧ ~v + ~u ∧ w
~ .
36 CAPITOLO 2. ALGEBRA VETTORIALE
in particolare,
~i ∧ ~i = ~j ∧ ~j = ~k ∧ ~k = 0 .
Le seguenti uguaglianze si dimostrano facilmente:
~i ∧ ~j = ~k , ~j ∧ ~k = ~i , ~k ∧ ~i = ~j ,
~j ∧ ~i = −~k , ~k ∧ ~j = −~i , ~i ∧ ~k = −~j .
Ora passiamo a guardare il prodotto vettoriale algebricamente. Calco-
liamo il prodotto vettoriale di due vettori arbitrari ~v = (a1 , a2 , a3 ) e w ~ =
(b1 , b2 , b3 ). Per fare questo, scriviamo i due vettori come combinazioni lineari
dei vettori della base canonica:
~ = b1~i + b2~j + b3~k ;
~v = a1~i + a2~j + a3~k e w
a causa della proprietà distributiva del prodotto vettoriale (Teorema 2.3.1)
concludiamo che
~ = (a2 b3 − a3 b2 )~i − (a1 b3 − a3 b1 )~j + (a1 b2 − a2 b1 )~k
~v ∧ w
2.4. APPLICAZIONI 37
ossia,
~ = (a2 b3 − a3 b2 , a3 b1 − a1 b3 , a1 b2 − a2 b1 ) .
~v ∧ w
Il lettore è pregato di osservare che d’accordo con la regola di calcolo
del determinante di una matrice quadra di tre righe e tre colonne, possiamo
scrivere
~i ~j ~k
~ = det
~v ∧ w
a1 a2 a3 .
b1 b2 b3
Anche il prodotto triplo ha una sua formulazione algebrica elementare:
infatti, dati i vettori
2.4 Applicazioni
In questa sezione si faranno alcune applicazioni dei vettori reali alla geometria
euclidea.
I punti, le rette ed i piani sono enti primitivi della geometria e come
tali non si definiscono esplicitamente. In una costruzione sistematica del-
la geometria euclidea essi vengono “individuati” da alcune loro proprietà
caratteristiche dette assiomi, considerate come verità non dimostrabili; come
esempi citiamo i seguenti:
Se tre punti appartengono ad una retta, uno e soltanto uno dei punti si
trova tra gli altri due.
38 CAPITOLO 2. ALGEBRA VETTORIALE
~ ~b = CA
Dimostrazione – Consideriamo i vettori ~a = BC, ~ e ~c = BA.
~
Allora, ~b = ~c − ~a e dunque
e dunque
|~c| < |~a| + |~b| .
2
M1 P M2 P M3 P 1
= = = .
CP AP BP 2
40 CAPITOLO 2. ALGEBRA VETTORIALE
1 1
~ 1 = ~a + ~b ,
m (2.5)
2 2
1 1
~ 2 = ~b + ~c ,
m (2.6)
2 2
1 1
~ 3 = ~c + ~a .
m (2.7)
2 2
Per eliminazione di ~b dalle equazioni 2.5 e 2.6 otteniamo
2m
~ 1 + ~c = 2m
~ 2 + ~a
2m ~ 3 + ~b ;
~ 2 + ~a = 2m
2 1 2 1 2 1~
p~ = m~ 1 + ~c = m~ 2 + ~a = m~3 + b.
3 3 3 3 3 3
A causa del Teorema 2.4.1, concludiamo dall’equazione
2 1
p~ = m~ 1 + ~c
3 3
che il punto P ∈ AM2 ; analogamente, le altre uguaglianze ci permettono di
concludere che P ∈ BM3 e P ∈ CM1 . D’altra parte, possiamo scrivere
2 1 1
p~ = m~ 1 + ~c = m
~ 1 + (~c − m
~ 1)
3 3 3
~ = ~c − ~a e BC
AC ~ = ~c + ~a .
Siccome
~ BC
< AC, ~ >=< ~c − ~a, ~c + ~a >= 0
e questi vettori non sono nulli, concludiamo che 6 (BC, AC) = π/2 (vedere
Corollario ??). 2
42 CAPITOLO 2. ALGEBRA VETTORIALE
allora
|CB| |AC| |AB|
= = .
sin(α) sin(β) sin(γ)
~ v = AC
Dimostrazione – Prendiamo i vettori ~u = CB,~ ~ ew ~ si osservi
~ = AB;
che w
~ = ~u + ~v . Sappiamo che w ~ = ~0; d’altro lato,
~ ∧w
~ ∧w
w ~ =w
~ ∧ (~u + ~v ) = w
~ ∧ ~u + w
~ ∧ ~v
e dunque,
|w||~
~ u| sin(β) = |w||~
~ v | sin(α) .
|CB| |AC|
= .
sin(α) sin(β)
Teorema 2.4.9 (Legge dei coseni) Sia ABC un triangolo con angolo α =
6 (BA, AC). Allora,
|~v |2 + |w|
~ 2 − 2 < ~v , w ~ 2 − 2|~v ||w|
~ >= |~v |2 + |w| ~ cos(α)
x0 = x − k , y 0 = y − ` , z 0 = z − m ,
o equivalentemente,
x = x0 + k , y = y 0 + ` , z = z 0 + m .
j~0 =< j~0 ,~i > ~i+ < j~0 , ~j > ~j+ < j~0 , ~k > ~k e
k~0 =< k~0 ,~i > ~i+ < k~0 , ~j > ~j+ < k~0 , ~k > ~k .
Riscriviamo questo sistema nella forma
~
i0 = a11~i + a12~j + a13~k
j~0 = a21~i + a22~j + a23~k (2.8)
k~0 = a31~i + a32~j + a33~k
44 CAPITOLO 2. ALGEBRA VETTORIALE
e
p~ = x0~i0 + y 0 j~0 + z 0 k~0 .
Da quest’ultima combinazione lineare otteniamo
x0 =< p~, ~i0 > , y 0 =< p~, j~0 > , z 0 =< p~, k~0 > ,
x0 = x − k , y 0 = y − ` ,
46 CAPITOLO 2. ALGEBRA VETTORIALE
o equivalentemente,
x = x0 + k , y = y 0 + ` .
Ora prendiamo R2 con due sistemi ortogonali di coordinate cartesiane con
la medesima origine Ox, Oy e Ox0 , Oy 0 . Siano ~i, ~j i vettori unitari di base
nel primo sistema e ~i0 , j~0 quelli del secondo. Come nel caso tridimensionale,
scriviamo i vettori ~i0 , j~0 nella forma
~i0 =< ~i0 ,~i > ~i+ < ~i0 , ~j > ~j ,
x0 = a11 x + a12 y
y 0 = a21 x + a22 y
ossia, ! ! !
x0 a11 a12 x
=
y0 a21 a22 y
Facciamo un esempio specifico. Supponiamo ruotare il piano Ox, Oy
attorno all’origine nel senso anti-orario di un angolo θ; allora,
(
~i0 = cos θ~i + sin θ~j
j~0 = − sin θ~i + cos θ~j
x = x0 + k , y = y 0 + ` , z = z 0 + m .
~ con A = (a1 , a2 , a3 ).
Sia ~v un vettore rappresentato dal segmento orientato OA
Allora τ trasforma tale segmento nel segmento orientato τ (OA)~ di estremi
~ = ~v o in altre
O0 = (k, `, m) e A0 = (a1 + k, a2 + `, a3 + m); dunque τ (OA)
parole, le traslazioni mantengono i vettori.
Sia ora σ una rotazione definita dalla matrice ortonormale
a11 a12 a13
A=
21 a22 a23 .
a
a31 a32 a33
48 CAPITOLO 2. ALGEBRA VETTORIALE
σ(~v ) =
Più generalmente, facendo i conti si vede che una rotazione non altera il
prodotto scalare di due vettori, cioè
e perciò
< σ(~v ), σ(w)
~ > < ~v , w
~>
= = cos α
|σ(~v )||σ(w)|
~ |~v ||w|
~
dove α è l’angolo tra ~v e w.
~ 2
Capitolo 3
x3 − y 3 + x2 (1 − y) + y 2 (1 + x) − x + y − 1 = (x − y + 1)(x2 + y 2 − 1) = 0
x2 + y 2 − 1 = 0
e quella definita da
x−y+1=0 .
Si noti che queste due curve si incontrano in due punti: (−1, 0) e (0, 1). La
curva di ordine 2 data da
x2 + y 2 − 2xy + 2x − 2y + 1 = (x − y + 1)2 = 0
49
50 CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE
x2 + y 2 = 1
1. se −1 < k < 1,
√
Γ ∩ r = (k, ± 1 − k 2 ) ;
2. se k < −1 o k > 1,
√
Γ ∩ r = (k, ±i k 2 − 1) ;
3. se k = 1 (resp. k = −1),
3.1.1 Rette
Consideriamo il piano R2 munito di un sistema ortogonale di coordinate Ox,
Oy. Osserviamo subito che le equazioni 2.1 e 2.2 si trasferiscono naturalmente
al piano R2 ; questo vale anche per le equazioni parametriche: dati A =
(a1 , a2 ) e B = (b1 , b2 ) la retta r = AB ha le equazioni parametriche
a = b2 − a2 , b = a1 − b1 e c = a2 (b1 − a1 ) − a1 (b2 − a2 )
ax + by + c = 0 .
ax + by + c = 0 ; (3.2)
dimostriamo che i punti (x, y) del piano che soddisfano l’equazione apparten-
gono tutti ad una retta. Supponiamo per ora che a, b e c siano tutti e tre non
nulli. Se y = 0 l’equazione 3.2 implica ax + c = 0 e le coordinate del punto
A = (−c/a, 0) soddisfano 3.2; se x = 0, sono le coordinate di B = (0, −c/b)
a soddisfare 3.2. Ora calcoliamo l’equazione vettoriale della retta r = AB:
essa è
c c c
(x, y) = (− , 0) + m( , − )
a a b
52 CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE
o in forma parametrica,
c c c
x+ = m , y = −m
a a b
e quindi, eliminando la m tra le due otteniamo l’equazione ax + by + c = 0
che coincide con l’equazione data. I casi in cui a = 0 oppure b = 0 (non è
possibile avere ambedue a = 0 e b = 0) sono discussi in modo analogo; si noti
che se a = 0 abbiamo una retta parallela a Ox, se b = 0 la retta è parallela
all’asse Oy e se c = 0 la retta passa per il punto origine O.
A questo punto vogliamo osservare esplicitamente il vettore ~n = (a, b)
ottenuto dai coefficienti di x e y nell’equazione ax + by + c = 0 di una retta
r di R2 è perpendicolare alla direzione della retta; infatti:
1. a = 0 ⇒ r k Ox e ~n = (0, b) ⊥ Ox e perciò ~n ⊥ r;
2. b = 0 ⇒ r k Oy e ~n = (a, 0) ⊥ Oy e perciò ~n ⊥ r;
3. a 6= 0, b 6= 0, c = 0 ⇒ r passa per l’origine e contiene il punto (1, −a/b);
il vettore ~v = (1, −a/b) ha la medesima direzione di r e < ~n, ~v >= 0 e
dunque ~n ⊥ r;
4. a 6= 0, b 6= 0, c 6= 0 ⇒ r incontra Ox in (−c/a, 0) e Oy in (0, −c/b); il
vettore ~v = (c/a, −c/b) è nella direzione di r e < ~n, ~v >= 0.
Esistano altri modi per dare l’equazione di una retta nel piano.
Retta per un punto e in una direzione data - Sono dati A = (a1 , a2 ) e ~n =
~ e ~n sono paralleli; dunque abbiamo le
(a, b). Se X = (x, y) ∈ r i vettori AX
equazioni parametriche:
x = a1 + ma , y = a2 + mb .
e dunque,
ax + by + (−aa1 − ba2 ) = 0 .
Retta perpendicolare ad una direzione data e ad una distanza data dall’origine
- Sia ~n = (a, b) un vettore dato. Cerchiamo l’equazione di una retta r che
sia perpendicolare alla direzione di ~n e che si trovi ad una distanza d > 0
dall’origine O. Sia ~c = (x, y) un vettore di R2 . Allora,
Ora i punti C del piano che appartengono ad una tale retta devono soddisfare
la condizione |proj~n (~c)| = d e siccome il numero proj~n (~c) può essere positivo
o negativo, abbiamo due possibili soluzioni:
√
ax + by + d a2 + b2 = 0
√
ax + by − d a2 + b2 = 0
Siano dati una retta r ⊂ R2 di equazione
ax + by + c = 0
aa1 + ba2 + c
m=−
a 2 + b2
(il denominatore non può essere nullo). Allora
1
d = |aa1 + ba2 + c| √ .
a2 + b2
3.1.2 La circonferenza
Siano dati un punto C ∈ R2 ed un numero reale positivo r; l’insieme γ dei
punti P ∈ R2 tali che dP C = r è la circonferenza di centro C e raggio r. Si
usa anche dire che la circonferenza di centro C e raggio r è il luogo geometrico
dei punti di R2 la cui distanza a C è r.
54 CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE
(x − c1 )2 + (y − c2 )2 = r2 .
ossia,
(x − c1 )2 + (y − c2 )2 = r2
o equivalentemente,
x2 + y 2 + dx + ey + f = 0 (3.3)
Sappiamo dalla geometria elementare che tre punti determinano una cir-
conferenza; vediamo con un semplice esempio como ciò accade. Siano dati i
punti A = (1, 1), B = (0, 3) e C = (−1, 0). Prendiamo i segmenti AB e AC
e i loro rispettivi punti medi M1 = (1/2, 2) e M2 = (0, 1/2). Le rette r1 e r2
passanti per M1 e M2 e perpendicolari ai segmenti AB e AC rispettivamente
si incontrano nel centro della circonferenza Z perché le distanze da Z ai punti
A, B e C sono uguali. Le equazioni di queste rette sono
r1 : 2x − 4y + 7 = 0
;
r2 : −4x − 2y + 1 = 0
x2 + y 2 + x − 3y = 0 .
x2 + y 2 + x − 3y = 0 .
3.1.3 La parabola
Una parabola è il luogo geometrico dei punti del piano R2 che sono equidis-
tanti da una retta ed un punto di R2 ; la retta d è la direttrice ed il punto F
è il fuoco della parabola.
Per trovare una equazione che rappresenti “canonicamente” una parabola
procediamo nel modo seguente: sia p > 0 la distanza dal fuoco alla direttrice;
prendiamo un sistema ortogonale di coordinate cartesiane xOy in R2 in tal
modo che F = (p/2, 0) e d abbia equazione x + p/2 = 0. Allora,
q
dP F = dP d ⇐⇒ (x − p/2)2 + y 2 = |x + p/2|
56 CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE
e dunque,
p2 p2
x2 − px ++ y 2 = x2 + px +
4 4
e cosı̀ abbiamo una equazione canonica della parabola.
y 2 = 2px , p > 0 .
y 2 = −2px , p > 0 ;
x2 = 2py , p > 0 ,
x2 = −2py , p > 0 .
3.1.4 L’ellisse
L’ellisse è il luogo geometrico dei punti del piano tali che la somma delle
distanze da due punti fissi è costante. Questi due punti fissi sono detti fuochi.
La definizione ha senso soltanto nel caso in cui questa costante sia più
grande della distanza tra i fuochi. Per ottenere l’equazione canonica dell’ellisse
prendiamo un sistema di coordinate avente per asse orizzontale Ox la retta
passante per i due fuochi F ed F 0 e per origine il punto medio del segmento
F F 0 . Dunque i fuochi avranno coordinate F = (c, 0) e F 0 = (−c, 0). Sia
2a > 0 la costante data. La definizione ora ci dice che P = (x, y) è un punto
dell’ellisse se, e soltanto se
q q
(x − c)2 + y 2 + (x + c)2 + y 2 = 2a .
Se trasferiamo uno dei radicali a destra e prendiamo il quadrato dei due lati
dell’uguaglianza otteniamo
q
(x − c)2 + y 2 = 4a2 − 4a (x + c)2 + y 2 + (x + c)2 + y 2 ;
2 2 2c2 2
(x + c) + y = a + 2cx + 2 x
a
e pertanto,
x2 y2
+ =1.
a2 a2 − c2
√
Siccome a > c possiamo prendere il numero reale b = a2 − c2 e l’equazione
anteriore diventa
x2 y 2
+ 2 =1,
a2 b
una forma canonica dell’equazione dell’ellisse. Da questa equazione osservi-
amo che la nostra ellisse interseca l’asse Ox nei punti A = (a, 0), A0 = (−a, 0)
e (a causa del Teorema di Pitagora) incontra l’asse Oy nei punti B = (0, b)
e B 0 = (0, −b). Il segmento A0 A (risp. B 0 B) è detto asse maggiore (risp.
asse minore) dell’ellisse; l’intersezione dell’asse maggiore con l’asse minore è
il centro dell’ellisse. Si noti che l’asse maggiore (risp. asse minore) è un asse
di simmetria nel senso che se un ponto (xo , yo ) appartiene all’ellisse anche
(xo , −yo ) (risp. (−xo , yo )) appartienne all’ellisse. Il centro dell’ellisse è cen-
tro di simmetria della figura nel senso che dato un qualsiasi punto (xo , yo )
dell’ellisse, il punto (−xo , −yo ) è anche nella figura.
Si noti che se prendessimo i punti F = (0, c) e F 0 = (0, −c) come fuochi,
avremmo l’equazione canonica
x2 y 2
+ 2 =1
b2 a
Finalmente, il quoziente
c
e=
a
è detto eccentricità dell’ellisse; chiaramente 0 < e < 1.
Ritorniamo per un momento alla definizione della parabola per ricordare
che questa figura piana è definita come il luogo geometrico dei punti P le cui
distanze ad un punto F ed una retta d sono uguali; in altre parole,
dP F
=1.
dP d
Consideriamo l’ellisse E di equazione canonica come sopra, con fuochi F =
(c, 0), F 0 = (−c, 0) e prendiamo le rette d e d0 di equazioni
a a
x− =0 e x+ =0
e e
rispettivamente. Vogliamo dimostrare il seguente
58 CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE
Teorema 3.1.2
dP F
P ∈ E ⇐⇒ =e
dP d
oppure
dP F 0
P ∈ E ⇐⇒ =e.
dP d0
Dimostrazione – Condizione necessaria :
P ∈ E ⇒ dP F /dP d = e – Supponiamo che P = (x, y) soddisfi l’equazione
dell’ellisse; allora,
(a2 − c2 )x2 + a2 y 2 = a2 (a2 − c2 )
e da questa otteniamo
c2 x2 + a4 = a2 c2 + a2 y 2 + a2 x2 . (3.4)
Ora q
dP F (x − c)2 + y 2
=
dP d |x − a2 /c|
e perciò prendendo i quadrati di ambi i lati e semplificando otteniamo
dP F 2 c2 [x2 − 2cx + c2 + y 2 ]
( ) = ;
dP d c2 x2 − 2a2 cx + a4
sostituendo l’espressione
c2 x2 + a4
nel denominatore di questa uguaglianza per il suo valore in 3.4 si ha
dP F 2 c2 [x2 − 2cx + c2 + y 2 ] c
( ) = 2 2 2 2
= ( )2
dP d a [x − 2cx + c + y ] a
e perciò
dP F
=e.
dP d
Condizione sufficiente : dP F /dP d = e ⇒ P ∈ E – La condizione ci dice che
q
(x − c)2 + y 2 = e|x − a2 /c| .
Prendendo i quadrati dei due lati dell’espressione e semplificando otteniamo
che
x2 y 2
+ 2 =1
a2 b
ossia P ∈ E.
Risulati analoghi si ottengono per il fuoco F 0 e la direttrice d0 . 2
3.1. CURVE PIANE 59
3.1.5 L’iperbole
L’iperbole è il luogo geometrico dei punti del piano tali che la differenza delle
distanze da due punti fissi detti fuochi è una costante positiva.
Come per l’ellisse, prendiamo un sistema di coordinate avente per asse
orizzontale Ox la retta passante per i due fuochi F ed F 0 e per origine il punto
medio del segmento F F 0 . Siano F = (c, 0) e F 0 = (−c, 0) le coordinate dei
fuochi e sia 2a > 0 la costante data. La definizione ora ci dice che P = (x, y)
è un punto dell’iperbole se, e soltanto se
q q
(x − c)2 + y2 − (x + c)2 + y 2 = ±2a .
c2 2
x2 + 2cx + c2 + y 2 = a2 + 2cx + x
a2
ossia,
c2
2
− 1)x2 − y 2 = c2 − a2
(
a
2 2
e dividendo per c − a otteniamo
x2 y2
− =1.
a2 c2 − a2
Ora dimostriamo che c > a. Prendiamo un triangolo P F F 0 il cui vertice P
è un punto della nostra iperbole. Sia d1 (risp. d2 ) la lunghezza del segmento
P F (risp. P F 0 ); da una nota proprietà dei triangoli (vedere il Teorema 2.4.3)
2c + d2 > d1 e 2c + d1 > d2
e perciò
2c > d1 − d2 , 2c > d2 − d1
ossia, 2c > |d1 − d2 |; d’altro lato, |d1 − d2 | = 2a e allora
√ 2c > 2a cioè, c > a.
Questo ci permette di prendere il numero reale b = c2 − a2 e sostituendo
60 CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE
x2 y 2
− 2 =1.
a2 b
Come nel caso dell’ellisse, se prendessimo i fuochi F = (0, c) e F 0 = (0, −c)
avremmo l’equazione
y 2 x2
− 2 =1.
a2 b
La retta passante per i due fuochi F e F 0 è l’asse trasverso; la perpen-
dicolare a quest’asse passante per il punto medio del segmento F F 0 è l’asse
coniugato; finalmente, l’intersezione di questi due assi è il centro dell’iperbole.
Come nel caso dell’ellisse, gli assi sono assi di simmetria ed il centro è un
vero centro di simmetria per la figura.
L’eccentricità dell’iperbole è il quoziente
c
e= ;
a
in questo caso e > 1.
Come per l’ellisse, l’iperbole I di equazione
x2 y 2
− 2 =1
a2 b
ha due direttrici: le rette d e d0 di equazioni
a a
x− =0 e x+ =0
e e
rispettivamente. Come per la parabola e la ellisse abbiamo il seguente
risultato:
Teorema 3.1.3
dP F
P ∈ I ⇐⇒ =e
dP d
oppure
dP F 0
P ∈ I ⇐⇒ =e.
dP d0
d = π ∩ π 00 e d0 = π ∩ π10
σ0 ∩ C .
dP P1
= dP F
cos(α)
dP P 1
= dP d
sin(β)
e dunque,
dP F sin(β) sin(β)
= = .
dP d cos(α) sin(π/2 − α)
sin(β)
Nelle condizioni date il quoziente cos(α) è una costante e; per giunta, π/2−α >
β e perciò 0 < e < 1.
Considerazioni analoghe possono essere fatte relativamente al fuoco F 0 ed
alla direttrice d0 . La curva C ∩ π è l’ellisse di fuochi F , F 0 e direttrici d, d0 ; i
suoi punti sono caratterizzati dalla proprietà
dP F dP F 0
P ∈ C ∩ π ⇐⇒ = =e, 0<e<1.
dP d dP d0
x = x0 + k , y = y 0 + ` ;
ossia,
Se imponiamo le condizioni
2Ak + D = 0 e 2C` + E = 0
1 1
Ax02 + Cy 02 = D2 /A + E 2 /C − F . (3.6)
4 4
Quest’ultima equazione ci permette di classificare il luogo
Ax2 + Cy 2 + Dx + Ey + F = 0 :
1. AC > 0 : allora il luogo dei punti del piano che soddisfano l’equazione
3.6 è:
(i) una ellisse se 14 D2 /A + 41 E 2 /C − F > 0,
(ii) il punto (k, `) se 14 D2 /A + 14 E 2 /C − F = 0,
(iii) l’insieme vuoto se 14 D2 /A + 14 E 2 /C − F < 0,
(iv) una circonferenza se A = C e 41 D2 /A + 14 E 2 /C − F > 0;
66 CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE
Con la traslazione
x0 = x + 1 , y 0 = y − 2
l’equazione diventa
x02 y 02
+ =1
25 9
che rappresenta una ellissi.
Esempio 2 - Il luogo dell’equazione
3x2 + y 2 + 5 = 0
è vuoto perché la somma di tre fattori positive non può mai essere nulla.
Caso B - B = 0 e uno dei due coefficienti A o C sia nullo (diciamo, per
esempio, che C = 0); abbiamo l’equazione
Ax2 + Dx + Ey + F = 0 .
x = x0 + k , y = y 0
Ax02 + Ey 0 − D2 /4A + F = 0 .
Se E = 0 allora
x02 = D2 /4A − F
3.3. CLASSIFICAZIONE DELLE CONICHE 67
x2 + 4x + 4y + 4 = 0
facciamo la traslazione
x = x0 − 2 , y 0 = y
per ottenere
x02 = −4y 0 ,
equazione di una parabola.
Caso C - B 6= 0.
Vogliamo dimostrare che è possibile fare una rotazione conveniente di
angolo θ del sistema di coordinate in modo a fare scomparire il fattore con
xy, ritornando cosı̀ ai casi A e B. Infatti, consideriamo la rotazione
(
x = x0 cos θ − y 0 sin θ
y = x0 sin θ + y 0 cos θ
A(x0 cos θ − y 0 sin θ)2 + B(x0 cos θ − y 0 sin θ)(x0 sin θ + y 0 cos θ)+
(C − A) sin 2θ + B cos 2θ = 0
ossia,
A−C
cot 2θ = . (3.8)
B
Ricapitolando, per una equazione quadratica arbitraria
Ax2 + Bxy + Cy 2 + Dx + Ey + F = 0
e dunque la rotazione q q
x= 1 0
x − 2 15 y 0
q5 q
y= 2 15 x0 + 15 y 0 .
Sostituendo questi valori nella equazione quadratica data otteniamo
4x02 + 9y 02 = 144
ossia,
x02 y 02
+ =1
36 16
che è l’equazione canonica di una ellisse con le seguenti caratteristiche
√ nel
sistema di coordinate Ox0 , Oy 0 : i fuochi hanno coordinate (±2 5, 0), i vertici
sono (±6, 0).
Esempio 5 - Classificare la conica data dall’equazione
x = x0 + k , y = y 0 + `
6x02 + 24x0 y 0 − y 02 + 30 = 0 .
x0 = 45 x − 53 y
y 0 = 53 x + 54 y
e da questa, l’equazione
15x2 − 10y 2 + 30 = 0
ossia,
y 2 x2
− =1
3 2
che è l’equazione di una iperbole.
A questo punto ci poniamo il problema seguente: è possibile trovare
dei numeri collegati a l’equazione 3.5 che siano invarianti per traslazioni
e rotazioni e che possano dare indicazioni sul tipo di conica rappresentata
dall’equazione? Per rispondere a questa domanda (la cui risposta sarà affer-
mativa) cominciamo per scrivere 3.5 in forma matriciale. Più precisamente,
rappresentiamo un punto arbitrario X = (x, y) ∈ R2 dalla matrice colonna
x
X = y
1
Ax2 + Bxy + Cy 2 + Dx + Ey + F = 0
in cui T
x
y = x y 1
1
3.3. CLASSIFICAZIONE DELLE CONICHE 71
è la matrice trasposta.
Dentro la matrice dei coefficienti ci sono due sottomatrici di interesse
particolare: !
A B/2
Q=
B/2 C
associata ai termini quadratici e
!
D/2
L=
E/2
associata ai termini lineari di 3.5. Con questa notazione l’equazione 3.10 può
anche scriversi nella forma più compressa
!
T Q L
X X =0 (3.11)
LT F
I1 = A + C , I2 = det Q e I3 = det C
Ak 2 + C`2 + Dk + E` + F = 0
cioè
Ak 2 + Bk` + C`2 + Dk + E` + F = 0 ;
Siccome i coefficienti di x2 e y 2 sono rimasti immutati è chiaro che I1 non
è cambiato con la traslazione. Un calcolo diretto dei determinanti I2 e I3
prima e dopo la traslazione dimostra l’invarianza.
Ora facciamo una rotazione
(
x = x0 cos θ − y 0 sin θ
y = x0 sin θ + y 0 cos θ
ossia,
X = RX 0
72 CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE
con
cos θ − sin θ 0
R = sin θ cos θ 0 ;
0 1
allora 3.10 diventa
T
X 0 RT CRX 0 = 0 .
Siccome
det R det RT = 1
(i due determinanti sono ambedue +1 o -1) – vedere Teorema 2.5.1 – si ha
det RT CR = det C
e
C = A sin2 θ − B sin θ cos θ + C cos2 θ
e siccome sin2 θ + cos2 θ = 1, abbiamo
I1 = A + B .
Ax2 + Bxy + Cy 2 + Dx + Ey + F = 0
Ax2 + Bxy + Cy 2 + Dx + Ey + F = 0
in una equazione del tipo 3.7 tramite una rotazione di angolo θ. Dal Teo-
rema 3.3.1 sappiamo che I2 non cambia nella nuova equazione; d’altro lato,
scegliamo θ in modo che cot 2θ = (A−C)/B in modo a eliminare il coefficiente
del termine misto. In questo modo abbiamo che
1
AC = AC − B 2 = I2
4
e cosı̀ il segno di AC è uguale a quello di I2 ; l’analisi sulla classificazione
delle curve piane di equazione 3.5 con il coefficiente del termine misto uguale
a zero fatta nel principio della sezione ci permette di concludere la veracità
del risultato enunciato. 2
Ax2 + Bxy + Cy 2 + Dx + Ey + F = 0
ha un centro di simmetria ⇐⇒ I2 6= 0.
Ora vediamo con un esempio come possiamo usare gli invarianti per
classificare rapidamente una conica. Riprendiamo l’esempio 5, ossia
la cui matrice è
6 12 −6
C= 12 −1 13
−6 13 11
e dunque,
I1 = 5 , I2 = −150 , I3 = −6 × 750 .
Siccome I2 6= 0 la conica è a centro e dunque (a meno di degenerazione) è
una ellisse o una iperbole; con questo sappiamo che dopo una traslazione ed
una eventuale rotazione la matrice associata si riduce ad una matrice del tipo
A 0 0
0 C 0
0 0 F
I1 = A + C , I2 = AC , I3 = ACF
3.4. CONICHE E ALGEBRA LINEARE 75
15x2 − 10y 2 + 30 = 0
oppure
−10x2 + 15y 2 + 30 = 0
che in ambi i casi rappresentano iperboli.
Il lettore si domanderà come spiegare questa doppia rappresentazione.
Ebbene, la prima si ottiene dall’equazione
6x02 + 24x0 y 0 − y 02 + 30 = 0
in quanto che la seconda si ottiene con una rotazione di angolo ben più ampio,
cioè π/2 + θ.
con
a11 = A , 2a12 = B , a22 = C ,
76 CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE
X T CX = 0 (3.14)
in cui
x
X = y
1
e
a11 a12 a13
C = a12 a22 a23
a13 a23 a33
è la matrice dei coefficienti di Γ.
Abbiamo definito i vettori reali a due dimensioni partendo da concetti
puramente geometrici e abbiamo anche osservato che possiamo rappresentare
tali vettori tramite coppie di numeri reali. In questa sezione i nostri vettori
sarrano rappresentati da matrici reali; dunque, un vettore
~v = (x, y) ∈ V (R2 )
Il vettore α~v + β w
~ è detto combinazione lineare dei vettori ~v e w;
~ la matrice
A, considerata come funzione, è detta trasformazione lineare. Lasciamo al
lettore il compito di dimostrare 4.15.
Vogliamo ora studiare il seguente problema: sia data una (2 × 2)-matrice
A; è possibile trovare un numero reale λ 6= 0 ed un vettore non-nullo ~vλ ∈
V (R2 ) tali che
A(~vλ ) = λ~vλ ? (3.16)
Si osservi che l’equazione 4.16 si scrive in forma matriciale come segue:
! ! !
a11 a12 x x
=λ
a21 a22 y y
ossia ! ! ! !
a11 a12 x λ 0 x
= .
a21 a22 y 0 λ y
Da questa equazione ricaviamo l’equazione matriciale
! ! !
a11 − λ a12 x 0
=
a21 a22 − λ y 0
det A = 0 ;
che non sia un multiplo della matrice identità I2 ha due autovalori reali
distinti.
Allora,
Y T AX = X T AT Y .
e
2 X
X 2
X T AT Y = ( aji yi )xj
j=1 i=1
Y T AX = X T AY . (3.19)
A = (aij )i,j=1,2
Dimostrazione – Si vuole dimostrare che < ~vλ , ~vµ >= 0. A questo scopo
osserviamo che
< ~vµ , A(~vλ ) >=< ~vµ , λ~vλ >= λ < ~vλ , ~vµ > .
siccome A = AT ,
< ~vλ , AT (~vµ ) >=< ~vλ , A(~vµ ) >= µ < ~vλ , ~vµ >
e dunque,
(λ − µ) < ~vλ , ~vµ >= 0 .
Ma per ipotesi λ − µ 6= 0 e dunque
det Q = I2 6= 0
x2 + y 2 = f /r .
λx2 + µy 2 + f = 0
3.5. FASCI 81
X T CX = 0
assume la forma
λ 0 a
T
T
(RX ) C(RX ) = X 0 µ b
X .
a b a33
Ora usiamo il “metodo della completazione dei quadrati” per eliminare i
termini lineari.
3.5 Fasci
In questa sezione parleremo di fasci di rette e di coniche; questi ci serviran-
no per introdurre le cosiddette coordinate omogenee e per risolvre numerosi
problemi.
e osserviamo che !
a b ~k = ~
~r ∧ r~0 = det 6 O
a0 b 0
(vedere Sezione 2.3). 2
Dunque
a0 c − ac0
y= 0 .
ab − a0 b
In maniera perfettamente analoga otteniamo
b0 c − bc0
x= .
ab0 − a0 b
r : ax + by + c = 0
r0 : a0 x + b0 y + c0 = 0 ;
4
Questo tema sarà ripreso più a lungo nell’Appendice A di questo capitolo.
84 CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE
l’insieme di tutte le rette del piano che passano per il punto P è detto fascio di
rette per P . Algebricamente, tale fascio è rappresentato da una combinazione
lineare
α(ax + by + c) + β(a0 x + b0 y + c0 ) = 0
nella quale α, β sono due numeri reali tali che α2 + β 2 6= 0. Una qualunque
retta del fascio è data da una equazione
La domanda che ora uno si pone naturalmente è: come interpretare queste
idee nel casi in cui r ed r0 siano parallele? Per cominciare, i vettori ~r e r~0
sono paralleli e perciò, esiste t ∈ R tale che r~0 = t~r, ossia,
a0 = ta , b0 = tb .
φ : R2 → RP 2 , (x, y) 7→ [x, y, 1] ;
oppure
a11 x12 + 2a12 x1 yx2 a22 x22 + 2a13 x1 x3 + 2a23 x2 x3 + a33 x23 = 0
A = (−2, 0), B = (0, 1), C = (2, 0), D = (0, −1), E = (1, −1) .
x2 + xy + 4y 2 − 4 = 0 .
X T CX = 0
X T C 0X = 0
rispettivamente. Per il Teorema di Bézout 3.1.1 le due coniche si intersecano
in quattro punti, diciamo A, B, C e D (presi in senso lato: punti propri,
impropri o immaginari). Consideriamo ora la combinazione lineare
λX T CX + µX T C 0 X = 0 ; (3.22)
X T (λC + µC 0 )X = 0
3.6. CONICHE ∩ RETTE 87
in cui la matrice
D = λC + µC 0
è simmetrica, come il lettore può facilmente costatare. Dunque, l’equazione
3.22 rappresenta una conica per qualsiasi valori dati ai parametri λ e µ;
l’equazione 3.22 è l’equazione del fascio di coniche passante per i punti base
A, B, C e D.
Ora riprendiamo il problema di determinare la conica passante per
A = (−2, 0), B = (0, 1), C = (2, 0), D = (0, −1), E = (1, −1) .
r1 : x − 2y + 2 = 0
r2 : x + 2y − 2 = 0
r3 : x − 2y − 2 = 0
r4 : x + 2y + 2 = 0
(x − 2y + 2)(x − 2y − 2) = 0 , (x + 2y − 2)(x + 2y + 2) = 0
a11 x21 + 2a12 x1 x2 + a22 x22 + 2a13 x1 x3 + 2a23 x2 x3 + a33 x23 = 0 , (3.24)
con
a11 = A , 2a12 = B , a22 = C ,
88 CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE
2KT CZ
m=−
KT CK
che da luogo al punto Y ∈ Γ ∩ r le cui coordinate omogenee sono definite
dall’equazione matriciale
x1 z1 k
2KT CZ
x2 = z 2 − ` .
KT CK
x3 z3 0
m2 KT CK + 2mKT CZ + Z T CZ = 0
nelle variabili k, ` – che non possono ambedue essere nulle, trattandosi delle
coordinate di un vettore direzione non nullo ~v ; abbiamo due possibilità:
90 CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE
f1 x1 + f2 x2 + f3 x3 = 0
f1 z1 + f2 z2 + f3 z3 = Z T CZ = 0 (3.29)
f1 x1 + f2 x2 + f3 x3 = 0
ossia
(a11 z1 +a12 z2 +a13 z3 )x1 +(a12 z1 +a22 z2 +a23 z3 )x2 +(a13 z1 +a23 z2 +a33 z3 )x3 = 0
(3.30)
è l’equazione della retta tangente a Γ passante per Z.
(ii) I due coefficienti f1 e f2 sono nulli.
Siccome il punto Z = [z1 , z2 , z3 ] è un punto proprio, la terza coordinata
z3 6= 0 e dunque, da 3.29 concludiamo che
I3 = det C = 0 .
siccome a212 − a11 a22 = −I2 , la curva Γ è una iperbole (cfr. Teorema 3.3.2).
Il Teorema appena citato ci dice che una iperbole ha due punti impropri.
Il lettore può verificare facilmente che l’ellisse
x2 y 2
+ 2 =1, (3.32)
a2 b
non ha punti impropri mentre la parabola
2mKT CZ = 0
KT CZ = 0
m2 (k 2 + `2 ) + 4`m + 3 = 0
Le rette tangenti alla circonferenza passanti per il punto Z sono date dalle
equazioni parametriche (
x=m √
y =2+m 3
(
x=m √
y =2−m 3
√ √
È facile calcolare i punti di tangenza: ( 3/2, 1/2) e (− 3/2, 1/2). La
retta passante per questi due punti di tangenza è detta retta polare della
circonferenza data relativamente al punto esterno Z.
La parabola ha una retta tangente particolare. Infatti, consideriamo la
parabola
y 2 = 2px , p > 0
ossia, x22 −2px1 x3 = 0 in coordinate omogenee. Si noti che il punto improprio
P = [1, 0, 0] appartiene a questa parabola; facendo i conti si ottiene che
l’equazione 3.30 diventa x3 = 0 ossia, la retta impropria x3 = 0 è tangente
alla parabola y 2 = 2px , p > 0.
94 CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE
Capitolo 4
Superfici algebriche
4.1 Il piano
Ora ci trasferiamo allo spazio R3 .
Cominciamo con il seguente
per qualsiasi valore di m (cioè, per qualsiasi punto X(m) della retta AB –
vedere Sezione 2.4, equazioni 2.4); sostituendo questo valori nell’equazione
4.1 otteniamo
+c(x3 + m(y3 − x3 ) − x3 ) =
m[a(y1 − x1 ) + b(y2 − x2 ) + c(y3 − x3 )] = 0
95
96 CAPITOLO 4. SUPERFICI ALGEBRICHE
2
Ponendo −d = ax1 + bx2 + cx3 l’equazione 4.1 diventa
ax + by + cz + d = 0 . (4.2)
x = x1 + ma , y = x2 + mb , z = x3 + mc
D’accordo con gli assiomi della geometria euclidea, due piani distinti han-
no una retta in comune o non si incontrano per niente (cioè sono paralleli).
Dunque, una retta può essere rappresentata anche dalla soluzione comune di
due equazioni lineari reali in x, y e z:
(
π : ax + by + cz + d = 0
π 0 : a0 x + b0 y + c0 z + d0 = 0
Le equazioni parametriche della retta definita dai due piani sopra si ri-
cavano facilmente tramite l’algebra vettoriale. Infatti i vettori ~n = (a, b, c) e
~n0 = (a0 , b0 , c0 ) sono perpendicolari ai piani π e π 0 rispettivamente; dunque il
vettore
~n ∧ ~n0 = (bc0 − cb0 , ca0 − ac0 , ab0 − ba0 )
ha la direzione della retta r = π ∩ π 0 . In questo modo, una volta individuate
le coordinate di un punto qualsiasi di r – diciamo A = (a1 , a2 , a3 ) ∈ r –
abbiamo le equazioni parametriche di r:
x = y1 + ma , y = y2 + mb , z = y3 + mc .
Il punto B = (y1 , y2 , y3 ) ∈ r e
~ >). Sia C la
(questo valore si ottiene tramite il prodotto scalare < ~n, BA
proiezione ortogonale di A su r; dal Teorema di Pitagora1 concludiamo che
3
X [a(x1 − y1 ) + b(x2 − y2 ) + c(x3 − y3 )]2
|CA|2 = (xi − yi )2 − .
i=1 a2 + b2 + c2
La distanza dAC si calcola ora come la radice quadrata positiva della somma
dei quadrati delle differenze delle rispettive coordinate di A e C.
4.2.1 La sfera
La sfera è il luogo geometrico dei punti di R3 che si trovano ad una distanza
fissa r > 0 da un punto C = (c1 , c2 , c3 ) detto centro (della sfera). Il valore r
è il raggio (della sfera). L’equazione (canonica) di una tale sfera si determina
facilmente ed è:
(x − c1 )2 + (y − c2 )2 + (z − c3 )2 = r2 .
x2 + y 2 + z 2 + Dx + Ey + F z + G = 1
troviamo il suo centro e raggio con una traslazione di coordinate ossia, usando
il metodo della “completazione dei quadrati” come nell’esempio a seguito.
Esempio 1 : Trovare il centro ed il raggio della sfera
x2 + y 2 + z 2 + 4x − 6y + 10z − 2 = 0
ossia
(x + 2)2 + (y − 3)2 + (z + 5)2 = 40
√
e perciò abbiamo una sfera di centro C = (−2, 3, −5) e raggio 2 10. In
pratica abbiamo fatto fatto la traslazione
x = x0 + 2
y = y0 − 3
z = z0 + 5 .
r ⊂ R3
F (x, y, z) = 0 e G(x, y, z) = 0
x2 + y 2 + z 2 = 9
con il piano z = 0 e avente per generatrice una retta parallela all’asse 0z. Si
noti che tale cilindro è un cono avente per vertice il punto improprio [0, 0, 1, 0].
Esempio 3 - Sia δ la parabola y 2 = 2x del piano xOy e r una retta parallela
all’asse Oz e avente un punto in comune con δ. La superficie cilindrica
ottenuta in questo modo, la cui equazione è appunto y 2 = 2x in R3 è detta
paraboloide cilindrico.
f (x, y, z) = 0 , g(x, y, z) = 0
per il piano, e
f (x1 , y1 , z1 ) = 0 , g(x1 , y1 , z1 ) = 0
4.3 Quadriche
Una quadrica è il luogo dei punti (x, y, z) ∈ R3 che soddisfano un’equazione
matriciale del tipo
T
x a11 a12 a13 a14 x
y a12 a22 a23 a24 y
=0 (4.3)
z a13 a23 a33 a34 z
1 a14 a24 a34 a44 1
(si noti che la matrice intermedia è simmetrica) o se vogliamo, un’equazione
polinomiale di secondo grado tipo
x2 y2
+ =z (4.7)
A2 B 2
Paraboloide iperbolico - Luogo geometrico definito da un’equazione della
forma
x2 y2
− =z (4.8)
A2 B 2
Cono ellittico - Luogo geometrico definito da un’equazione della forma
x2 y2 z2
+ = (4.9)
A2 B 2 C2
Per avere un’idea della forma geometrica di queste sei quadriche studiamo
le loro intersezioni con gli assi e i piani coordinati, e più in generale, le
intersezioni di dette quadriche con vari piani paralleli ai piani coordinati.
Cominciamo con l’ellissoide. Questa figura interseca gli assi Ox, Oy e Oz
rispettivamente nei punti
x2 y2 x2 z2
+ = 1 , + =1e
A2 B 2 A2 C 2
y2 z2
+ =1.
B2 C 2
Le intersezioni dell’ellissoide 4.4 con un piano
x = k , −A < k < A
sono le ellissi
y2 z2
+ =1
B 2 (1 − k 2 /A2 ) C 2 (1 − k 2 /A2 )
(le intersezioni con i piani x = ±A sono i punti (±A, 0, 0)). Otteniamo
risultati simili per le intersezioni di 4.4 con piani y = k e z = k.
4.3. QUADRICHE 103
x2 y2 z2
+ + =1
A2 B 2 A2
è l’equazione della superficie di rotazione generata dall’ellisse
(
x2 y2 z2
A2
+ B2
+ C2
=1
z=0
x2 y2
+ =1
A2 (1 − k 2 /C 2 ) B 2 (1 − k 2 /C 2 )
x2 z2
− =1.
A2 (1 − k 2 /B 2 ) C 2 (1 − k 2 /B 2 )
y 2 = −B 2 z
x2 = A2 z
Bx + Ay = 0 , Bx − Ay = 0 .
x2 y2 z2
+ =
A2 B 2 C2
incontra gli assi coordinati nell’origine e i piani x = 0, y = 0 in due rette
passanti per l’origine; i piani z = k , k 6= 0 intersecano il cono ellittico in
ellissi ed i piani paralleli ai piani x = 0 e y = 0 (ma non coincidenti con
questi) lo incontrano in iperboli. Se A = B abbiamo il cono a due falde già
incontrato nella Sezione 3.2.
Concludiamo questa sezione notando che le quadriche seguenti hanno un
centro di simmetria:
1. elissoide;
4. cono ellittico.
a11 x2 +2a12 xy+2a13 xz+a22 y 2 +2a23 yz+a33 z 2 +2a14 x+224 y+2a34 z+a44 = 0 ;
(4.10)
in forma matriciale questa equazione si scrive come segue:
a11 a12 a13 a14 x
a12 a22 a23 a24 y
x y z 1 (4.11)
a13 a23 a24 a34 z
a14 a24 a34 a44 1
e in forma compatta,
X T CX = 0 (4.12)
dove C è la matrice (simmetrica) dei coefficienti e
x
y
X =
z
1
X T CX + 2X T CK + KT CK = 0 (4.13)
dove
k
`
K=
.
m
1
I termini lineari sono raggruppati nel termine
X T CK ;
X T CK =
106 CAPITOLO 4. SUPERFICI ALGEBRICHE
A : V (R3 ) → V (R3 )
4.4. CLASSIFICAZIONE DELLE QUADRICHE 107
P3
i=1 a1i xi
P3
(∀~v = (x1 , x2 , x3 ) ∈ V (R3 ), A(~v ) = a x
P3i=1 2i i
i=1 a3i xi
che è lineare, ossia tale che
~ ∈ V (R3 ))
(∀α, β ∈ R)(∀~v , w
A(α~v + β w)
~ = αA(~v ) + βA(w)
~ . (4.15)
Come per il caso 2 × 2, vogliamo trovare gli autovalori e gli autovettori di
una trasformazione lineare A ossia, cerchiamo i possibili numeri reali λ 6= 0
e i vettori non-nulli ~vλ ∈ V (R3 ) tali che
det A = 0 ;
Come nella Sezione 3.4 le radici dell’equazione 4.18 sono gli autovalori e i
vettori corrispondenti ~vλ sono gli autovettori di A. Come per il caso 2 × 2,
le 3 × 3-matrici simmetriche sono speciali, ma sono più difficili da trattare.
Il passo successivo è quello di dimostrare che per qualsiasi 3 × 3-matrice
reale simmetrica A esiste una (3 × 3)-matrice di rotazione R tale che
λ1 0 0
RT AR = 0 λ2 0
0 0 λ3
dove λ1 , λ2 , λ3 sono gli autovalori di A; in altre parole, ci piacerebbe di-
mostrare che qualsiasi 3 × 3-matrice simmetrica è diagonalizzabile. Vediamo
come si potrebbe procedere. Sia λ1 un autovalore reale di A (esiste perché
l’equazione caratteristica di A ha almeno una soluzione reale. Sia ~v1 un au-
tovettore corrispondente, che possiamo assumere unitario. Sia w ~ ∈ V (R3 ) un
vettore in una direzione diversa dalla direzione di ~v1 e prendiamo il vettore
w− ~ ~v1 > ~v1
~ < w,
~v2 = .
|w−
~ < w,
~ ~v1 > ~v1 |
Il vettore ~v2 è unitario e perpendicolare a ~v1 . Finalmente, sia ~v3 = ~v1 ∧ ~v2 ;
si noti che |~v3 | = 1 e che la matrice R1 le cui colonne sono appunto i vettori
~v1 , ~v2 e ~v3 è di rotazione. Siccome
la matrice
RT1 AR1
è simmetrica; allora
λ1 0 0
T
R1 AR1 = 0 b11 b12
0 b12 b22
fosse distinta da una matrice del tipo rI2 , allora per il Teorema ?? esistireb-
bero due autovalori distinti λ2 e λ3 di B e una (2 × 2)-matrice di rotazione
R2 tale che !
T λ2 0
R2 BR2 =
0 λ3
4.4. CLASSIFICAZIONE DELLE QUADRICHE 109
tale che
λ1 0 0
R AR = 0 λ2 0
T
0 0 λ3
Purtroppo non sappiamo se la matrice
!
b11 b12
B=
b12 b22
è distinta da rI2 e perciò non abbiamo una dimostrazione del risultato che
vorremmo avere!
Il risultato che cerchiamo è vero ma per dimostrarlo sarà necessario seguire
una linea diversa da quella indicata anteriormente. Ci limiteremo a lavorare
all’interno dello spazio vettoriale reale tridimensionale V (R3 ) ma il lettore
deve avere presente il fatto che i nostri risultati si possono estendere senza
maggiori difficoltà al caso generale di uno spazio vettoriale reale di dimensione
n.
Cominciamo il nostro lavoro ricordando osservando che il prodotto scalare
è bilineare, cioè
~ ∈ V (R3 ))(∀a, b ∈ R)
(∀~u, ~v , w
< a~u + b~v , w
~ >= a < ~u, w
~ > +b < ~v + w
~ >,
~ >= a < ~u, ~v > +b < ~u, w
< ~u, a~v + bw ~> .
Diciamo che una trasformazione lineare A : V (R3 ) → V (R3 ) è autoag-
giunta quando
A : V (R3 ) → V (R3 )
⇒:
(∀i, j = 1, 2, 3)aij =< A(~ei ), ~ej >=< ~ei , A(~ej ) >= aji .
⇐:
(∀i, j = 1, 2, 3) < A(~ei ), ~ej >= aij = aji =< ~ei , A(~ej ) > . (4.19)
Φ : V (R3 ) → R
Lemma 4.4.3 Esiste una corrispondenza biunivoca tra l’insieme delle trasfor-
mazioni lineari autoaggiunte di V (R3 ) e l’insieme delle forme quadratiche a
valori reali definite su V (R3 ).
4.4. CLASSIFICAZIONE DELLE QUADRICHE 111
(cfr. 2.8); dunque, se p~ ∈ V (R3 ) ha coordinate (x, y, z) nel sistema Ox, Oy, Oz
e coordinate (x0 , y 0 , z 0 ) nel sistema Ox0 , Oy 0 , Oz 0 avremmo
~x = u1 x~0 + v1 y~0 + w1 z~0
~y = u2 x~0 + v2 y~0 + w2 z~0
~z = u3 x~0 + v3 y~0 + w3 z~0
112 CAPITOLO 4. SUPERFICI ALGEBRICHE
e dunque,
β11 = A1 u1 + A2 u2 + A3 u3 .
Analogamente, otteniamo
β12 = A1 v1 + A2 v2 + A3 v3
β13 = A1 w1 + A2 w2 + A3 w3 .
I coefficienti β23 , β22 e β33 sono calcolabili in modo simile, ma non sono
necessari al momento.
La forma quadratica Φ è detta pura se i coefficienti
Φ = λ1 x2 + λ2 y 2 + λ3 z 2 .
Siccome la matrice del sistema 4.26 coincide con la matrice del cambiamento
di coordinate, il suo determinante è ±1 e dunque, il sistema ha soltanto la
soluzione banale, ossia
una soluzione non banale soltanto se il determinante della matrice dei coeffi-
cienti è nullo; ma tale determinate è appunto il polinomio caratteristico della
matrice A che è un polinomio del terzo grado e perciò ha certamente almeno
una radice reale λ1 . Facciamo la sostituzione di λ per λ1 nel sistema 4.27;
otteniamo un sistema omogeneo nelle variabili u1 , u2 e u3 la cui matrice ha
rango ≤ 2. Se il rango è 2, il vettore ~i0 è univocamente definito (a meno del
segno algebrico); se il rango è 1, allora ci sono infinite possibilità di scelta
per ~i0 ; in ogni caso, scegliamo ~i0 = ~i∗ e poi prendiamo arbitrariamente due
vettori unitari ~j ∗ e ~k ∗ in modo che i tre vettori ~i∗ , ~j ∗ e ~k ∗ siano ortogonali
tra loro. Questi tre vettori definiscono un sistema ortogonale di coordinate
cartesiane nel quale
β11 = λ1 , β12 = β13 = 0
e perciò, la forma quadratica Φ si scrive nella forma
Φ = λ1 x∗2 + β22 y ∗2 + 2β23 y ∗ z ∗ + β33 z ∗2 .
Se β23 = 0 siamo arrivati: abbiamo trasformato la nostra forma quadrat-
ica in una forma quadratica pura! (Si osservi che β22 e β33 potrebbero anche
essere uguali.) Supponiamo che β23 6= 0. In questo caso manteniamo l’asse
Ox∗ e cerchiamo di fare una rotazione del sistema y ∗ Oz ∗ in modo ad eliminare
β23 . Questo è facile: siccome la matrice reale simmetrica
!
β22 β23
β23 β33
non è un multiplo di I2 per i teoremi 3.4.1 e 3.4.3 esiste un sistema ortogonale
di coordinate Oxo = Ox∗ , Oyo , Ozo per il quale Φ è una forma quadratica
pura del tipo
Φ = λ1 xo2 + λ2 yo2 + λ3 zo2
con λ1 , λ2 e λ3 numeri reali.
La prima parte del Teorema degli assi principali è dimostrata. Ci manca
dimostrare che i numeri reali λ2 e λ3 sono le radici del polinomio caratter-
istico 4.18 (sappiamo di già che λ1 è una radice di 4.18). Per fare questa
dimostrazione, prendiamo un sistema arbitrario di assi principali nel quale
abbiamo una forma quadratica
Φ = λ1 X 2 + λ2 Y 2 + λ3 Z 2 . (4.28)
Supponiamo che i tre vettori di base del sistema principale siano dati da
I~ = u1~i + u2~j + u3~k
J~ = v1~i + v2~j + v3~k (4.29)
K~ = w1~i + w2~j + w3~k
4.4. CLASSIFICAZIONE DELLE QUADRICHE 115
(λ − λ1 )(λ − λ2 )(λ − λ3 ) = 0
L’equazione
3
X X X
3
−λ + ( aii )λ2 − ( aii ajj − aij aji )λ + det A = 0
i=1 i<j i<j
116 CAPITOLO 4. SUPERFICI ALGEBRICHE
ottenuta dalla matrice A dei coefficienti del sistema 4.32 sostituendo gli el-
ementi aik della k ma colonna di A rispettivamente per i valori bi trovati nel
lato destro del sistema.
3
Gabriel Cramer, matematico svizzero (Ginevra 1704 - Bagnols-sur-Cèze, Nimes, 1752.)
118 CAPITOLO 4. SUPERFICI ALGEBRICHE
d’altro canto
n X
X n n X
X n
( aij (−1)i+k det Aik xj ) = ( aij (−1)i+k det Aik )xj
i=1 j=1 j=1 i=1
e n X
n n
X X
i+k
( aij (−1) det Aik )xj = δjk (det A)xj = xk det A .
j=1 i=1 j=1
e perciò,
n
X n
X
det A ajk xk = δij (det A)bi
k=1 i=1
Torniamo ora al sistema 4.31 dei tre piani. Supponiamo che i piani π e
0
π siano paralleli e che il terzo piano tagli i primi due in due rette parallele
` = π ∩ π” e `0 = π 0 ∩ π”. Da queste condizione concludiamo che i vettori
normali ai piani π e π 0 ossia, (a, b, c) e (a0 , b0 , c0 ) sono paralleli e dunque il
determinante della matrice dei coefficienti di 4.31 è nullo (vedere il Teorema
1.5.6). In questo caso, non possiamo applicare la regola di Cramer come ci
aspettavamo, ma possiamo trovare le equazioni (parametriche) delle rette `
e `0 . Concentriamoci nel caso `. Abbiamo un sistema lineare a due equazioni
e tre variabili (
ax + by + cz = −d
(4.34)
a0 x + b0 y + c0 z = −d0
che ha soluzioni nel senso che esistono terne di numeri (x, y, z) che soddisfano
siltaneamente le due equazioni; infatti abbiamo infinite soluzioni perché i
piani si incontrano in una retta. Tramite la nostra familiarità con i vettori
reali possiamo facilmente trovare le equazioni parametriche di `; cerchiamo
però un altro metodo. La (2 × 3)−matrice del sistema
!
a b c
a0 b0 c0
Teorema 4.5.2 Sia A0 una matrice ottenuta da una matrice A per una
qualsiasi trasformazione elementare. Allora, rango (A0 ) = rango (A).
2
122 CAPITOLO 4. SUPERFICI ALGEBRICHE
4.6 Bibliografia
Bibliografia
[5] Jeger, M. and Eckmann, B. Vector geometry and linear algebra, John
Wiley and Sons, London - New York 1967.
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