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Roma eterna, o della fragilità visiva delle rovine

Eugenio La Rocca

Non omnis moriar. Orazio così trasferiva orgoglio- re un monumento antico dalla sua inevitabile

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samente su di sé la previsione d’immortalità della distruzione; e quando antichi edifici continuavano
sua opera poetica, il suo perenne monumentum 1. a sopravvivere, si provvedeva ad abbellirli, a
Nella chiusa del terzo libro delle Odi, Orazio sfida migliorali, ad aggiornarli secondo il gusto dell’e-
la durevolezza del bronzo, le piramidi stesse, poca. Di fronte alle rovine si poteva pensare solo
un’opera quod non imber edax, non Aquilo impotens all’inevitabile cambiamento delle fortune. La sorte
possit diruere aut innumerabilis annorum series et di Cartagine – un’immensa rovina fumante –, già
fuga temporum («tale che non la possa abbattere toccata a grandi imperi, l’assiro, il medo, il persia-
l’edace pioggia, né Aquilone furioso, né innume- no e infine il macedone, sarebbe toccata un giorno
revole serie di anni, né fuga di secoli»). anche a Roma, pensa Scipione Emiliano 4 mentre
Orazio si è certamente ispirato a poeti greci. osserva la città punica che brucia, recitando a
Diodoro Siculo ha trasmesso il frammento di una memoria alcuni versi dell’Iliade 5: «Vi sarà giorno
lirica di Simonide per i caduti alle Termopili nella quando rovinerà Ilio sacra, / e Priamo e la gente
quale compaiono questi due versi 2: «... un tale di Priamo buona lancia». Il suo pianto nell’occa-
sepolcro né la ruggine potrà distruggere né il sione non ha nulla di sentimentale: d’altronde lui
tempo che doma tutto». Ma Orazio va oltre rispet- stesso ha dato ordine di non lasciare di Cartagine
to ai suoi modelli. Sono le opere dell’ingegno, pietra su pietra. Quel che lo inquieta è l’incostan-
apparentemente fragili, a sopravvivere alla cadu- za del destino, ovvero l’atavica paura di sfidare
cità dell’esistenza. L’antico tragico desiderio d’im- oltre i dovuti limiti la fortuna, secondo quella non
mortalità sfida con la poesia, e non più solo con i scritta legge del taglione che richiede prima o poi
monumenti dell’architettura che per la materia un pagamento per la sua benevolenza 6.
stessa sembrano competere con l’eternità, la cadu- Le rare volte in cui nel mondo romano compaiono
cità delle cose umane. Dalle opere d’arte quel sof- immagini di rovine – per lo più a partire dall’età
fio d’infinito si riflette sul loro creatore, in un con- augustea 7 –, si può essere certi che ci si trovi di
tinuo illusorio gioco di specchi. fronte al riflesso figurativo degli ambienti agresti
Orazio, come d’altronde Simonide, non pensava- descritti nella poesia alessandrina e di qui tra-
no ovviamente ad un paesaggio di rovine, fossero smessi nelle opere liriche dei grandi poeti romani,
frammenti di poesie liriche oppure ruderi ricoper- popolati da pastori e contadini 8. Su alcuni qua-
ti di fronde. La Tomi allucinata di Cristoph dretti ritagliati dalle pareti della Villa di Arianna a
Ransmayr, il “mondo estremo” dove le forze della Stabia 9 (fig. 1), il colore giallo luminoso che si
natura cercano di riguadagnare lo spazio perduto coniuga con un morbido verde chiaro tendente
per colpa dell’uomo, dove Cotta cerca di indivi- all’azzurro su un fondo unitario rosso, provoca
duare – attraverso le incisioni su pietre sparse nei nello spettatore un effetto straniante. Sono pae-
boschi o gli strani versi recitati dagli abitanti del saggi dominati da antichi santuari diruti, inghiot-
luogo durante le feste di carnevale – quanto resta titi dalla vegetazione e pervasi da un clima buco-
delle Metamorfosi che l’amico Ovidio forse aveva lico. Nella medesima immagine la pace agreste si
distrutto prima della pubblicazione, era ancora di confonde con una rarefatta atmosfera religiosa.
là da venire 3. Né c’era ancora la visionaria imma- Non credo che si tratti dell’espressione visiva del-
gine dei monumenti romani abbacinati da un sole l’associazione di pax e di pietas come elementi fon-
immenso che ne sgretola i contorni riducendoli a danti dell’augustea aurea aetas 10. Augusto ha
puri guizzi di luce, come sul dipinto Ovidio bandi- espresso la sua pietas verso gli dei con il ripristino
to da Roma di William Turner. degli antichi culti, e con il restauro o la ricostru-
La rovina, per i Romani, non aveva ancora nulla zione dei templi fatiscenti, come orgogliosamente
di sentimentale: era il contrario di duraturo, era il asserisce nelle sue Res gestae, ricordando di aver
caduco, era l’imprevedibile, era il fatale risultato rifatto, con decreto del senato, ben 82 templi 11,
del trascorrere inesorabile del tempo. Non è docu- non certo con la rappresentazione figurata di san-
mentato un solo caso in cui si sia tentato di salva- tuari in rovina. La pietas del princeps, come d’al-
1. Napoli, Museo Nazionale. Veduta di un santuario
agreste in rovina, piccolo pannello dipinto
dalla Villa di Arianna a Stabia, inv. 9407
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tronde dei suoi successori, andava di pari passo lati, nei cespugli che si espandono verso l’alto,
con la publica magnificentia 12. Pur conservando una non negli edifici costruiti dall’uomo che, come gli
certa distinzione gerarchica tra le divinità cui era uomini, sono destinati a perire. La sacralità del-
concesso un tempio in marmo e quelle cui erano l’ambiente resiste alla consunzione del tempo,
destinate pietre meno nobili, tutti i monumenti anzi domina sul tempo. Ma la cornice di riferi-
sacri della città furono restaurati e “abbelliti” mento di queste opere è, tuttavia, più ampia, per-
secondo il gusto dell’epoca, che della tradizione ché nel rigoglioso sviluppo delle piante e degli
preservava di solito la soluzione dell’alto podio e arbusti si può leggere l’eterno risveglio delle forze
della peristasi limitata su tre lati, non certo l’appa- della natura secondo il ritmo circolare del tempo
rato architettonico-decorativo. che scorre e si rinnova senza perdere la sua forza
Altro è probabilmente il messaggio delle immagi- generatrice 13. In un rilievo a Monaco 14, che appare
ni di rovine: la transitorietà delle umane cose con- come il compendio di questo tipo di rappresenta-
giunta alla fatica e al lavoro dell’uomo. Contadini zione, la presenza in posizione dominante, al cen-
e pescatori continuano come sempre a recare le tro della scena, di un liknon, il caratteristico cesto
loro offerte nei santuari di campagna – come adoperato in occasione dei misteri dionisiaci, con-
hanno fatto i loro padri, come faranno i loro figli – tenente un fallo e frutta, da un lato tende a sottoli-
e poi proseguono il loro cammino, incuranti della neare il clima religioso, e attuale, dell’immagine,
fatiscenza dei luoghi. Il sacro è nei maestosi alberi dall’altra la riferisce al popolare culto di Dioniso,
che si intrufolano negli interstizi dei muri sbricio- il dio della prosperità, che garantisce il raggiungi-
2. Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana. Pietro del Massaio,
Pianta di Roma, miniatura dal codice Urb. Lat. 277, f. 131 r,
della Cosmographia di Tolomeo (1472)
4. Gibellina. Il Grande Cretto di Alberto Burri (1985-89)

mento di un felice disegno, ma anche il dio che

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offre ai suoi adepti la speranza in un mondo
migliore nell’aldilà 15.
Anche nel Medioevo e nel Rinascimento non v’era
un culto generalizzato per le rovine. Esse erano
un’attrazione – talvolta una passione – per pochi
intellettuali alla ricerca dei simboli superstiti del
glorioso passato 16. Avevano appunto un valore di
segni, che rimandavano alla virtus degli antichi,
alla gloria del passato (fig. 2), all’impero romano,
e ancor più alla fragilità delle azioni umane. La
presente miseria, dicono i testi superstiti, è più
gloriosa degli antichi splendori, perché i Cesari
avevano dato a Roma la terra intera, ma Cristo e i
suoi apostoli, e infine la Chiesa, le avevano dato il
cielo. In un carme elegiaco, Ildeberto di Lavardin
(morto nel 1133) parlando proprio di Roma pote-
va dire 17:
Tantum restat adhuc, tantum ruit, ut neque pars stans
aequari possit, diruta nec refici.
Confer opes marmorque novum superumque favorem,
artificum vigilent in nova facta manus,
non tamen aut fieri par stanti machina muro,
aut restaurari sola ruina potest.
Mancava l’emozionale attaccamento al rudere in
sé, come oggetto di preservazione. Le rovine
erano, certo, oggetto di studio da parte di artisti e
letterati, erano accuratamente disegnate per poter
costruire, a loro emulazione, edifici altrettanto
belli e imponenti: ma il concetto generalizzato di
manutenzione e restauro, di conservazione del
manufatto in sé, non per quello che significava,
era ancora di là da venire. Gli scarsi interventi di
manutenzione noti erano destinati a quei monu-
menti che potevano ancora svolgere una funzione,
eretti a simbolo, sì, di un fulgido tempo andato,
ma in effetti destinati ad altri usi: il Pantheon, il
tempio di Vesta e il tempio della Fortuna Virile,
divenuti chiese, la Colonna di Traiano, la Colonna
di Marco Aurelio, trasformati in campanili e poi
in basamenti di statue di santi. La convivenza tra
passato e presente era scontata – era lì sotto gli
occhi di tutti –, ma i gloriosi monumenti della
Roma imperiale avevano pian piano perduto la
loro identità fino ad inserirsi nel nuovo paesaggio
secondo una logica simbolica in nessun modo
riferita in modo cosciente e “scientifico” alla loro sua fama o all’opinione che il poeta aveva conce-
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funzione originaria, e tantomeno riferita alla loro pito in base alle letture. Ad un velato e scherzoso
qualità artistica. rimprovero di Giacomo Colonna, il fratello di
La memoria delle antiche virtù della Roma impe- Giovanni che era vescovo di Lombez, di simulare
riale non mise mai in discussione la nuova Roma la volontà di vedere Roma, il poeta risponde 20:
sorta sulle sue rovine, centro e faro della religione
«Come mai non credi ch’io agogni di rivedere le
cattolica nel mondo: una Roma cristiana rispetto
mura dell’Urbe e i colli e, come dice Virgilio,
alla quale anche i fasti del mondo classico impalli-
‘l’Etrusco Tevere e i romani palazzi’? Non si può
divano. Le rovine erano un memento mori colossa-
immaginare quanto io arda di contemplare code-
le, una necessaria meditazione sulla caducità delle
sta città (sebbene ora deserta e pallida immagine
umane cose 18. In quei pochi che, come Petrarca,
dell’antica Roma) 21 che non ho mai vista, del che
subirono schiettamente il fascino dei ruderi, la
accuso la mia pigrizia, se pure è pigrizia e non
velata malinconia per la loro corruttibilità – per lo
piuttosto necessità [...] Ma io non voglio qui fare
più rimpianto per una cultura perduta e recupera-
la lode di Roma, troppo grande perché possa
ta a brandelli, o ancora la scontata meditazione
lodarsi così in punta di penna; ho voluto soltanto
sui rovesci di fortuna secondo la tradizione lette-
accennarvi di passata, perché tu comprenda che io
raria romana –, era compensata dalla certezza di
non stimo piccolo vantaggio vedere il volto della
un nuovo umanesimo a tendenza cristiana, di una
città regina, della quale tante cose ho letto, tante
renovatio Romae nel segno della Chiesa.
ho scritto, e più ancora spero di scrivere se una
Colpisce semmai che in Petrarca sia trasparente
morte prematura non troncherà l’incominciata
quel fenomeno di costruzione mnemonica, in base
impresa. E anche ammettendo che tutto ciò non
alle letture adeguate, dell’immagine di quanto si
mi tocchi, quanto è tuttavia dolce per un’anima
desidera vedere, e di trasposizione di quell’imma-
cristiana veder la città che in terra fa le veci del
gine sul reale, al punto da avere la sensazione che
cielo, plasmata col cenere e con le ossa sacrosante
le due immagini coincidano, anche quando l’effet-
dei martiri e bagnata del sangue prezioso dei
tivo grado di somiglianza sia limitato. Il quadro
testimoni della verità... andare intorno alle tombe
fittizio, già precostituito, ha il sopravvento sul
dei santi, vagare negli atrii degli Apostoli in com-
reale e lo sottomette al suo regime. È un fenome-
pagnia di pensieri più lieti, lasciando sul lido di
no che i moderni mezzi di comunicazione di
Marsiglia l’ansietà inquieta della vita presente!».
massa hanno attentamente manipolato – con l’uti-
lizzazione di pieghevoli illustrativi, di documen- Il quadro della città è già conformato nella sua
tazione fotografica eseguita in un certo modo e in mente, nitido nei dettagli, preciso nei riferimenti
determinate circostanze – a favore di quel turismo letterari, che gli suggeriscono di equiparare la
“mordi e fuggi”, dove è obbligatorio che i punti Roma antica con la gloriosa Roma cristiana, dei
di destinazione – località balneari, città d’arte, martiri e dei papi. È la Roma idealizzata, nel con-
percorsi di montagna oppure singoli monumenti tempo, come capitale dell’impero, come la città
–, liberati dai possibili orpelli deteriori dell’am- che attende ancora il suo sposo lontano 22. A que-
biente circostante – degrado urbano, speculazione sta Roma, che è una mistione di reale e di auspi-
edilizia, cartelloni pubblicitari e manifesti, sporci- cato, Petrarca dà la preminenza. Quando final-
zia, povertà ed emarginazione –, si fissino nella mente giunge a Roma 23:
mente come immagine prestabilita, pronta a
«... non so come cominciare, sopraffatto come
sovrapporsi al reale senza sorprese negative.
sono da tante meraviglie e attonito per lo stupo-
Petrarca aveva qualche titubanza nel venire a
re... E anch’io, sebbene pieno di desiderio, volen-
Roma. Il cardinale Giovanni Colonna, suo grande
tieri differivo, nel dubbio che quanto mi ero
protettore e amico, lo aveva più volte
immaginato apparisse inferiore ai miei occhi
sconsigliato 19, temendo che la vera immagine
davanti alla realtà, che è sempre nemica della
della città in rovina non avrebbe corrisposto alla
fama. Essa invece, mirabile a dire, niente diminuì,
tutto accrebbe. Roma fu più grande di quel che io slativi, né facevano capo ad una – sia pure appa-

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non pensavo, e più grandi ne sono le reliquie» rente – radicale revisione del concetto stesso d’an-
(trad. E. Bianchi). tico, esemplato su un’ormai diffusa coscienza
umanistica di preservazione del passato glorioso
Più di un secolo dopo, nei suoi Commentari, così
di Roma.
Enea Silvio Piccolomini, papa Pio II, descriveva
Con Pio II sono stabilite gravissime sanzioni con-
Villa Adriana 24:
tro coloro che avessero distrutto monumenti anti-
«... il lungo andar del tempo ha sfigurato tutto, chi: scomunica, carcere e confisca di beni. Eppure,
quelle pareti che furono ricoperte da tappezzerie malgrado la forte componente umanistica della
variopinte e da arazzi ricamati d’oro, ora sono sua cultura, il Piccolomini, non ha alcun tentenna-
rivestite dell’edera. Spini e rovi crebbero dove se- mento nell’offrire alla Roma cristiana una supre-
dettero insieme i tribuni avvolti nella porpora e le mazia sulla Roma pagana. Egli resta figlio della
camere delle regine sono ora covo di serpenti; tan- sua epoca: e così le razzie di materiali tratti dalle
to effimere sono le cose e la natura dei mortali!». rovine, proibite ai privati, continuarono ad essere
effettuate durante il suo pontificato, a maggiore
Proprio a lui si deve una delle primissime disposi-
gloria dei monumenti cristiani dell’Urbe. Si intac-
zioni per la tutela degli antichi monumenti della
carono il Colosseo stesso, e poi il Portico
città e del suburbio (Quod Antiqua Aedificia Urbis,
d’Ottavia, dai cui colonnati furono smontate sette
et eius districtus non diruantur, del 28 aprile 1462),
grandi colonne con i loro capitelli, le Terme
tesa a «conservare la nostra alma città nel suo
Antoniniane, il Foro Romano e il Foro di Cesare,
splendore e nella sua dignità». Il suo intento è
per la costruzione della Loggia delle Benedizioni
dichiarato:
e delle scale di accesso monumentale a S. Pietro.
... ut non solum Basilicae ac Ecclesiae eiusdem Urbis, Smontaggio e riutilizzo dei materiali antichi erano
et pia ac religiosa loca, in quibus plurimae Sanctorum non solo permessi, ma assecondati quando si trat-
reliquiae resident, in eorum miris aedificiis manute- tava di completare nuovi edifici sacri e/o pubbli-
neantur, et praefeuentur, verum etiam antiqua, et pri- ci, ai quali la presenza dell’antico offriva un’aura
sca aedificia, et illorum reliquias ad posteros maneant, di dignità 27. Era l’espressione simbolica della pre-
cum eadem aedificia ornamentum, et decorem maxi- minenza del sacro sul profano, del cristiano sul
mum afferant dictae Urbi, et monimenta veterum vir- pagano.
tutum, et incitamenta ad illarum laudes assequendas, Nel tempo, mentre alcuni monumenti, come il
existant: et quod etiam magis considerandum est, ex Pantheon e le Colonne, sopravvissero in virtù
ipsis aedificiis, ac aedificiorum reliquiis rectius intueri della nuova funzione loro destinata, scompariva-
licet rerum humanarum fragilitatem; et quod nullo no letteralmente dalla vista, senza alcun vero rim-
modo in illis sit confidendum, cum eadem aedificia, pianto, il Settizonio, così apprezzato dagli artisti,
quae maiores mostri cum eorum ingenti potentia, et il tempio di Minerva nel Foro di Nerva, i cui
sumptibus maximis, cum immortalitate certatura arbi- materiali furono adoperati da Paolo IV per la rea-
trarentur, vetustate, et aliis sinistris casibus diminuta, lizzazione dell’Acqua Paola sul Gianicolo, e le
et collapsa etiam esse cernantur. Terme di Costantino, che lasciarono posto al
Palazzo Pallavicini Rospigliosi. E se alcuni monu-
Il proposito è quello di difendere i monumenti
menti sopravvissero in nome di una differente
classici non solo in quanto ornamento e decoro
funzione, altri, come i Mercati di Traiano, furono
della città, non solo perché essi erano memoria di
adattati entro la nuova topografia urbana dive-
passate virtù e quindi la loro visione poteva esse-
nendo parte integrante di un nuovo ambiente.
re di sprone ad alte imprese, ma principalmente
Solo nella nuova temperie culturale prodotta
come simbolo imperituro della fragilità delle
dall’Illuminismo poteva svilupparsi, sulla base
umane cose 25. Non che fossero mancate tra i suoi
dell’illustre precedente del Petrarca che gioca nel
predecessori iniziative per la protezione delle
sottofondo malgrado le sue talora antitetiche com-
rovine 26: ma non si trattava di provvedimenti legi-
3. Parigi, Louvre. Charles Natoire, Artisti
che disegnano nel cortile interno del Museo
Capitolino (1859)
5. H. Cock, Il Campo Vaccino visto dal
Campidoglio (da Romanae Antiquitatis
Ruinarum Movimenta, 1551)
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6. Roma, Istituto Nazionale della
Grafica. Lievin Cruyl (1634-1720 ca.),
Veduta del Campo Vaccino
7. Giovanni Battista Piranesi, Veduta di
Campo Vaccino, 1746-1748 ca. (da Le
magnificenze di Roma, 1751)

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ponenti, un nuovo modo di vedere le rovine: non al suo passato. Solo che in essa tutto è grandioso e
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più un confronto più o meno personale con la fra- irripetibile, troppe sono le stratificazioni storiche
gilità dell’operare umano, e neppure uno sfondo nelle quali si potrebbe leggere, con fatica, il tra-
più o meno edificante alla vittoria cristiana, ma scorrere del tempo 30:
una visione soggettiva ed emozionale, parte inte-
«E da quest’immensità emana su noi un senso di
grante di un percorso interiore: uno scavo nella
pace mentre corriamo da un capo all’altro di
propria anima.
Roma, per conoscerne i massimi monumenti. In
Goethe giunge a Roma con una visione della città
altri luoghi bisogna andar a cercare le cose impor-
ben chiara ed impostata nella sua mente. Egli
tanti: qui se n’è schiacciati, riempiti a sazietà.. Si
(ri)vede quanto già conosce e interiorizzato trami-
cammini o ci si fermi, ecco che appaiono panora-
te la letteratura, pitture, stampe e disegni. Le
mi d’ogni specie e genere, palazzi e ruderi, giardi-
immagini si trasformano rapidamente in emozio-
ni e sterpaie, vasti orizzonti e strettoie, casupole,
ni che trascrive nel suo diario, dando loro imme-
stalle, archi trionfali e colonne, spesso così fitta-
diatamente, ad uso dei potenziali lettori, una
mente ammucchiati da poterli disegnare su un
forma letteraria 28:
solo foglio».
«Tutti i sogni della mia gioventù li vedo ora vive-
In questo amalgama ci si perde, ed è solo in virtù
re; le prime incisioni di cui mi ricordo... le vedo
del lavoro di studiosi ed architetti che si poteva
nella realtà, e tutto ciò che conoscevo già da lungo
sperare di discernere, con potente astrazione, la
tempo, ritratto in quadri e disegni, inciso su rame
città antica dalla nuova, come i Pensionnaires de
o su legno, riprodotto in gesso o in sughero, tutto
France tentavano di fare.
è ora davanti a me; ovunque vado, scopro in un
Tra il 1792 e il 1804 erano pubblicate le due parti
mondo nuovo cose che mi sono note; tutto è come
delle Notti Romane di Alessandro Verri, che pren-
me l’ero figurato, e al tempo stesso tutto nuovo.
devano spunto dalla riscoperta, avvenuta nel
Altrettanto dicasi delle mie osservazioni, delle
1780, del sepolcro degli Scipioni, divenuti imme-
mie idee. Non ho avuto alcun pensiero assoluta-
diatamente meta turistica per eccellenza 31:
mente nuovo, non ho trovato nulla che mi fosse
affatto estraneo; ma i vecchi pensieri si sono fatti «Vidi confuse con le zolle e con le pietre biancheg-
così definiti, così vivi, così coerenti, che possono giare le ossa illustri al lume della face, la quale io
valere per nuovi». stringea per guida a’ passi miei. Io la volsi poi
lentamente d’ogni intorno, contemplando quanto
Egli cerca – e trova – quel che è già nel suo baga-
fossero offese dalla marra quelle spoglie meritevo-
glio culturale, percependo talora con fastidio un
li d’alabastro, ed ora divenute ludibrio della plebe
tessuto urbano che si pone come un sipario nei
e de’ curiosi. Ma i dotti peregrini, che sogliono
confronti dei monumenti antichi 29:
concorrere a contemplare con delizie erudite que-
«Ma, confessiamolo, è una dura e contristante sta città, mostravano a qual pregio tenessero tali
fatica quella di scovare pezzetto per pezzetto, spoglie. Molti ne raccolsero, e le recarono di poi
nella nuova Roma, l’antica; eppure bisogna farlo, alle remote patrie loro, dove le custodirono ammi-
fidando in una soddisfazione finale impareggiabi- ratori di stirpe così chiara. Illustri donne straniere
le. Si trovano vestigia di una magnificenza e di ivi scesero mosse da quella fama: né solo stanca-
uno sfacelo che superano, l’una e l’altro, la nostra rono i molli piedi inoltrandosi con malagevoli
immaginazione. Ciò che hanno rispettato i barba- passi in quelle caverne, ma con le candide mani
ri, l’han devastato i costruttori della nuova raccolsero que’ tristi segni della umana caducità».
Roma».
La visione conservatrice e papalina di Verri, dive-
È il motivo ben noto, e di continuo ricorrente, nuto in maturità un ardente fautore della chiesa
della disgregazione e dell’annullamento delle cattolica cui attribuisce la funzione di corretto
rovine entro la nuova città in qualche modo ostile controllo della morale pubblica e «depositaria...
dell’unica ed eterna verità sull’uomo e la sua sa pompa trionfale «barbaro oltraggio di vinti

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sorte», giunge al punto di deprezzare l’intera sto- monarchi», risponde:
ria romana, trasformata in una storia di delitti e di
«Questi non alteri ma convenevoli monumenti,
tirannidi. Eppure, restò silenzioso e mortificato
che qui surgono, sono effetti di pace, puri di san-
dinanzi ai rimproveri di Cicerone alla vista del
gue, fondati e serbati senza delitti e senza estermi-
Foro Romano ricoperto di buoi e giovenchi «i
ni. Per la qual cosa noi siamo contenti di questi,
quali giacevano presso le illustri ruine di antichi
siccome eleganti, gentili ed innocenti segni de’
monumenti ruminando sonnacchiosi»; di Orazio
nostri culti e pacifici costumi».
«che andava cercando vanamente il luogo della
Sacra Via, a lui gratissima per gli suoi diporti con- Alla gloria delle armi Alessandro Verri contrappo-
templativi, e dolevasi non ritrovarne vestigio» 32. Il ne la gloria delle arti, il Campidoglio, divenuto
motivo delle mandrie di buoi che sostano nei luo- sede eterna delle Muse, e come tale celebrato da
ghi della vita civile di Roma antica è anch’essa un tutte le nazioni:
topos tradizionale. Già all’epoca di Atalarico, figlio
«Ciascuna reliquia di cose vostre qui raduniamo
di Teoderico, si diceva che armenti di buoi passas-
con dispendio e cure, vendicatori, quanto concede
sero per il Foro della Pace, con il suo tempio diru-
il fato, degli oltraggi del tempo. Ma se voi depre-
to perché colpito da un fulmine. L’area era ancora
daste la Grecia da lei qui trasportando, più a
decorata con sculture di Fidia e di Lisippo, tra i
pompa che per gusto, le divine opere degli artefici
quali un bue di bronzo. Ivi era anche una vacca di
suoi, noi le traemmo dal grembo delle ruine
Mirone che, per il suo marcato realismo – sembra
sepolte da’ terremoti o dalla ignoranza vilipese
dire Procopio che narra l’evento – attirò le atten-
[...] Contemplando noi pertanto queste reliquie
zioni di un toro castrato 33. L’antico magnificente
della distruzione, prova la nostra mente alcuna
templum Pacis era ormai diventato, malgrado la
tristezza temperata dal piacere, sendo immagina-
qualità della sua decorazione scultorea fino allora
zione deliziosa il ritornare al tempo vostro».
sopravvissuta, una piazza-mercato 34.
Verri avrebbe preso la sua rivincita in E rivolgendosi ad Ottaviano con un certo sarca-
Campidoglio, ma non, come ci si sarebbe aspetta- smo:
ti, alla vista della meravigliosa piazza michelan-
«In queste ruine di smisurati colossi eretti a’ tiran-
giolesca, bensì dei suoi musei. E se Ottaviano sul
ni successori tuoi, mira l’orgoglio loro e la viltà
Campidoglio dice 35:
de’ Romani».
«Oh fonte di gloria... Dov’è la maestà del luogo e
L’interesse per la rovina in quanto memoria di un
l’ampiezza de’ marmorei delubri, la magnificenza
glorioso passato, diventa anche la base per la
degl’atri, lo splendore de’ monumenti? Ecco tra-
(ri)costruzione – intellettuale, talora arbitraria – di
sformati i portici illustri in presepe di corsieri; ed
un luogo per la raccolta delle rovine: i musei
ecco un avanzo di mole costrutta con pietra tibur-
moderni, con la loro variegata esposizione di
tina, ora carcere tristo di malfattori»;
frammenti, atti anch’essi a destare sensazioni, a
e Lucullo sottolinea il concetto: proporre una loro interpretazione emozionale del
passato. I Musei Capitolini, come in questo caso
«Vedi, i sette colli oppressi da’ secoli cederono
(fig. 3), e i Musei Vaticani, si sviluppano nel
avvallati: appaiono or cumuli in paragone di
Settecento con lo scopo di preservare la memoria
quando si ergevano superbi! Ecco depressa l’alta
del passato entro spazi idonei allo scopo, i musei
rocca Tarpeia: qui trionfò il tempo e distrusse
appunto, per i quali è adottato un termine in ori-
anco i monti. Che sono questi atri angusti, e le
gine riferito ad un luogo d’incontro di intellettuali
sparute colonne, e queste vili abitazioni?»;
e letterati, destinato alla poesia, alla letteratura e
Verri, rifiutando l’antica visione di Roma da loro alla cultura in genere.
proposta, con il riferimento obbligato all’orgoglio- Ma cos’è, in fondo, l’isolamento delle rovine
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8. Roma. Vendita di materiale turistico
nell’area tra il Colosseo e l’Arco di
Costantino (2009) (foto A.)
9. Roma. Un gruppo di “centurioni” ai lati
di una sella curule su podio davanti al
Colosseo (2009) (foto A. Lo Monaco).
10. Roma. Lavori per la linea C della
metropolitana e venditori ambulanti al
Colosseo (2007) (foto A.)

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monumentali, che prende avvio immediatamente spuntoni della memoria, frantumi che dovrebbero
dopo, comunque nell’ambito della medesima tem- dialogare con noi, farci giungere come un’eco lon-
perie culturale, se non un grande tentativo di tana la voce del passato e parlarci di mondi
musealizzazione all’aperto dei singoli reperti distanti nel tempo, più che nello spazio. Il tempo
entro uno spazio inevitabilmente nuovo, o rinno- non è più lo stesso, ma non così lo spazio, che tut-
vato, trasformato in giardino della memoria, e tavia è trasformato, ha subìto modifiche, perché le
quindi anch’esso una sorta di museo? rovine sono ormai inserite in un ambiente che
Orazio ha avuto fortuna. La sua opera nel com- poco o nulla ha preservato di quel mondo che ha
plesso si è conservata, come si sono conservate, dato loro origine: sia come monumenti sia come
malgrado tutto, le piramidi. Ma quanto è andato processo verso la rovina. Resta quindi lo spazio
distrutto? Dalle macerie del passato si è salvato geografico, ma in esso i monumenti sono soprav-
ben poco: spezzoni, guglie, lacerti che lo scienzia- vissuti valicando numerosi spazi storici e urbani,
to dell’antichità attentamente rileva cercando di tutti differenti tra loro, talora interloquendo con
cavare dai miseri frammenti un quadro d’insieme essi: e di questo dialogo restano pallide tracce.
– siano esse informazioni storiche oppure l’imma- Così come è una pura illusione supporre che ci
gine originaria degli edifici – che inevitabilmente siano ancora paesaggi incontaminati, indenni dal-
tende a sfuggire. Le rovine superstiti sono ora l’inevitabile processo di trasformazione operato
11. Anita Eckberg (= Sylvia) in una
scena del bagno nella Fontana di
Trevi, dal film La dolce vita di
Federico Fellini (1960)
12. Roma. La Fontana di Trevi
colorata di rosso ad opera del
neo-futurista Graziano Cecchini
(19 ottobre 2007)

sono rare, e per di più prodotte dall’esplicita


274

volontà umana, non dal caso. Del muro di Berlino


quasi non esiste più traccia. Solo pochissimi tratti
sono stati monumentalizzati e trasformati appun-
to in rovine da tutelare. Ma, contrariamente a
quanto avveniva in passato, la rovina è il risultato
di una scelta, di una sottrazione dalla maceria.
Passeggiando per la città ricongiunta, non si rico-
nosce più il percorso dell’offensivo muro diviso-
rio, fagocitato entro un immenso cantiere che
ancora non riesce ad amalgamare la città entro
una sua nuova identità. E Gibellina, distrutta dal
terremoto nel 1967, è stata interamente e artificial-
mente ricostruita in altra sede, mentre l’antico
insediamento, inglobato nelle ardite gettate di
cemento di Alberto Burri che hanno preservato
dall’uomo 36, è altrettanto illusorio supporre che il l’impianto viario con la distribuzione degli isolati,
nostro modo di vedere le rovine sia lo stesso degli è stato sublimato in opera d’arte, il Grande Cretto,
uomini del Rinascimento, o dell’Illuminismo, una sorta di sepolcro che fa rabbrividire, bello
oppure della trasformazione industriale: i contesti come opera d’arte, non più maceria ma non anco-
sono completamente trasformati, e talora anche le ra rovina (fig. 4).
rovine hanno mutato d’aspetto. In questa curiosa
«La vista delle rovine ci fa fugacemente intuire
incoerenza si innestano le rovine ancora visibili,
l’esistenza di un tempo che non è quello di cui
delle quali tentiamo di captare il messaggio.
parlano i manuali di storia o che i restauri cercano
Su questo tema Marc Augé ha scritto pagine
di richiamare in vita. È un tempo puro, non data-
esemplari 37. La sua distinzione tra rovine e mace-
bile, assente da questo nostro mondo di immagi-
rie è particolarmente interessante. Al contrario
ni, di simulacri e di ricostruzioni, da questo
delle rovine, che si inseriscono in un paesaggio
nostro mondo violento le cui macerie non hanno
sempre nuovo – fin qui non si può essere che
più il tempo di diventare rovine. Un tempo per-
d’accordo – e sopravvivono entro un loro tempo
duto che l’arte talvolta riesce a ritrovare».
specifico – questo argomento merita tuttavia un
ulteriore esame –, le macerie ricordano lo scorrere Marc Augé 38 ha perfettamente compreso, da un
della storia evenemenziale, le vicende e le trage- lato l’essenza delle rovine, che non vivono più nel
die quotidiane. Le macerie vanno rapidamente tempo entro il quale le strutture poi divenute
eliminate, perché sono una memoria di cui ci si rovine furono realizzate, ma nel tempo – e sareb-
vergogna, troppo legata ad eventi negativi che si be meglio dire nei tempi – entro il quale fu avvia-
vorrebbe non fossero mai esistiti. Le macerie dei ta e si consolidò la loro trasformazione in rovina
palazzi abbattuti durante le guerre; le macerie di contemporaneamente con lo smarrimento del loro
Beirut; le macerie delle città terremotate; le mace- significato originario. Persa la specifica funzione
rie prodotte dai rifiuti urbani: tutto deve essere il dei monumenti – un foro, una terma, una basilica
più rapidamente spazzato via, non ne deve resta- –, quanto resiste ai colpi del tempo unidirezionale
re traccia. È raro che la maceria possa diventare è soggetto ad una rilettura, è destinato a svolgere
rovina; questo avviene solo quando, in casi raris- un differente incarico, a volte concreto – monu-
simi, essa diventa simbolo, innestata entro un dif- menti antichi innestati entro monumenti medieva-
ferente contesto. È il motivo per cui le città li o moderni: la Casa dei Crescenzi, il tempio del
moderne non producono rovine, in quanto le divo Adriano –, a volte simbolico, di memoria,
macerie sono rapidamente rimosse. Le eccezioni non necessariamente inerente al loro significato
275
primitivo. Ma questo differente uso è anch’esso sue stratigrafie interne, ed è invece il risultato di
soggetto allo scorrere del tempo, e il modo in cui continue sottrazioni – un po’ come il ricordo, che
una rovina è concepita oggi non corrisponde più sceglie e combina senza alcuna regola precisa le
al modo in cui era concepita nei secoli passati. esperienze del passato, e quanto viene a galla, un
Al giorno d’oggi le rovine sopravvivono, come ha distillato emozionale che mescola disordinata-
acutamente interpretato Marc Augé, entro un mente e sovrappone tempi e luoghi, profumi e
tempo puro, entro un tempo assente, immobile. Le sensazioni, ha poco a che vedere con quelle mede-
rovine non vivono più nel tempo entro il quale le sime esperienze –, muta di continuo, stringendosi
strutture poi divenute ruderi furono realizzate, pervicacemente al nuovo ambiente nel quale si è
ma in un tempo puro, che a sua volta è la summa innestato.
indistinta dei tempi entro i quali fu avviata e si Nella società contemporanea la memoria, che ha
consolidò la loro trasformazione in rovina, con- ormai perduto quel superiore valore serbato fino
temporaneamente con lo smarrimento del loro alle soglie dell’età moderna, ha bisogno di sempre
significato originario. Persa la specifica funzione maggiori stimoli esterni per ricordare il passato 39.
dei monumenti – un foro, una terma, una basilica A questa incapacità di ricordare, se non con l’ausi-
–, quanto resiste ai colpi del tempo è soggetto ad lio di segni che possano coadiuvare la memoria, si
una rilettura, a svolgere un differente compito, a è affiancata ormai una visione distorta – e de-sto-
volte concreto – monumenti antichi innestati entro ricizzata – del passato 40. Nessun segno ha un
monumenti medievali o moderni: la Casa dei potere di suggestione così forte come un paesag-
Crescenzi, il tempio del divo Adriano –, a volte gio di rovine – uno straordinario “luogo della
simbolico, di memoria, non necessariamente ine- memoria” 41 –, che dà l’illusione di preservare tra i
rente al loro significato primitivo. suoi frantumi, in modo assolutamente autonomo
Il modo stesso in cui una rovina è concepita oggi rispetto allo spettatore, il ricordo di tutte le storie
non corrisponde più al modo in cui era concepita del passato che hanno lasciato le loro tracce, e che
nei secoli passati. Le rovine sono il risultato di un sembra nello stesso tempo – ma è una pura illu-
continuo dilavamento. Il tempo puro di cui parla sione! – non mutare mai d’aspetto, riconducendo
Augé, non databile, è una visione della rovina che il passato nel tempo presente 42. Viviamo sotto la
tiene in minimo conto la storia e la stratigrafia suggestione di questo passato che sembra rivivere
interne al rudere superstite. Per essere più precisi, simbolicamente attraverso le rovine, e per loro
la trasformazione della rovina e della sua inter- tramite ci sembra di essere parte integrante di
pretazione, che dovrebbe essere la summa delle questo passato che in realtà non conosciamo affat-
to, in quanto fittizio 43. La memoria, per reazione una terza di Giovanni Battista Piranesi del 1746-
276

all’inevitabile attenuazione del ricordo verso l’o- 48 ca (fig. 6). Si potrà discutere, semmai, se siano
blio totale, si aggrappa alle immagini residue stati provvedimenti migliori di quelli messi in
nello spazio o anche alle metafore dello spazio – opera dopo l’unità d’Italia o in epoca fascista.
si tratti degli oggetti di famiglia conservati in Certo non si è trattato di operazioni indolori.
casa 44, oppure del paesaggio di rovine –, offrendo L’assetto preesistente è stato modificato sostan-
loro una carica emozionale che sembra avere il zialmente a favore di una nuova visione urbani-
potere di parlarci di quel passato come – illusoria stica, e cancellando con un colpo di spugna altre
– parte integrante della nostra esistenza. Tramite arterie, e con essa altri edifici, altre vigne, altri
questo transfert si produce la sensazione di essere affacci dei quali non è rimasta memoria alcuna.
segnati dal passato, di esserne parte integrante. Allo stesso modo si può essere certi che la conser-
Vediamo concretamente tale situazione rispecchia- vazione dei ruderi del Colosseo, delle Terme di
ta sulle rovine di Roma. Il paesaggio romano è il Traiano, del tempio di Venere e Roma, dell’Arco
risultato di temporalità diverse che hanno lasciato di Costantino non danno in alcun modo un’idea
il loro segno intangibile. È il risultato di una conti- dell’assetto della zona in età romana, ma neppure
nua mutazione al punto che non v’è tratto della in età medievale e moderna, tali e tanti sono stati
città, malgrado quel che si pensi, rimasto inaltera- gli interventi di modifica del tessuto urbano, fino
to nel corso dei secoli. Lo stereotipo della città al recente innesto della linea C della metropolita-
sempre uguale a se stessa, perpetua malgrado il na. Solo gli scavi ai bordi del Palatino, sul colle
continuo divenire, desiderata come un amore Oppio, lo scavo del Ludus Magnus hanno miglio-
irrealizzabile da quei cultori delle cose romane rato la conoscenza del tessuto urbanistico antico
che continuano a sognare la Roma di Roesler di quest’area: ma quale tessuto? quello neronia-
Franz, o i turisti che immaginano una Roma da no? quello flavio? quello costantiniano?
cartolina, con contorno di gatti, è stato un conti- Anche dove l’assetto sembra essersi preservato
nuo Leit-Motiv che ne ha accompagnato le vicen- senza lacerazioni, ecco che la pavimentazione, i
de storiche ed urbanistiche perlomeno negli ulti- marciapiedi, i sistemi d’illuminazione, la pubbli-
mi due secoli. La città sognata è una città senza cità, i colori dominanti, il publico che invade gli
pause né cesure di sorta nel suo tessuto, visto spazi, hanno mutato l’immagine in modo sensibi-
come un continuum stratigrafico dove l’antico si le. La città è effettivamente come un corpo umano
salda al nuovo in un’inscindibile mosaico nel che subisce i segni del tempo. La conversione dei
quale non si distinguano più le fasi, un amalgama poteri costituiti – Roma imperiale, il Papato,
che è contemporaneamente dentro e fuori del Roma capitale, Roma fascista, Roma del boom
tempo. Che si tratti di un’illusione dovrebbe risul- economico – ha lasciato i suoi segni indelebili,
tare chiaro a tutti. Non sono esclusivamente il tes- come sempre avviene in una megalopoli dove, in
suto urbano parzialmente conservato, né i palazzi sovrappiù, si creano e si disfanno settori distinti –
superstiti o i monumenti pubblici che decorano le quartieri di lusso, quartieri commerciali, le celebri
piazze, a costituire l’essenza dell’immagine di una borgate – che presuppongono frontiere interne,
città e a preservarla nel tempo. Roma ha subìto assai mobili, tra ricchi e poveri, locali ed extraco-
numerose manomissioni del suo tessuto urbano, munitari, vecchi e giovani: tutte le contrapposizio-
tutte destinate, secondo gli intendimenti, a ren- ni e le contraddizioni che sono il prodotto di ogni
derla ancora più bella. Eppure gli interventi di epoca, non solo della globalizzazione, e che fanno
Giulio II, di Sisto V, di Napoleone, non sono stati risentire i loro effetti sul tessuto urbano.
modesti; essi hanno modificato sensibilmente Il paesaggio del centro storico, “disturbato” dalla
l’impianto cittadino, come si può vedere metten- presenza della pubblicità invasiva, della massa
do a confronto una veduta del Foro Romano di indistinta di turisti, di chioschi per la vendita di
H. Cock del 1551 (fig. 4), con un’altra di Lievin bibite e di gadgets commerciali (fig. 8), di impro-
Cruyl della fine del XVII secolo (fig. 5), e infine babili centurioni romani (fig. 9) cui ora si sono
13. Già Londra, coll. F. Madan. Charles Natoire, Veduta del tempio
di Saturno e del Campidoglio (1763)
14. Veduta dei resti del tempio creduto di Giove Tonante
(in realtà di Vespasiano e Tito) ai piedi del Campidoglio nel
1809, prima degli interventi dell’amministrazione francese
(da Études statistiques sur Rome et la partie occidentale des États
Romains, par Le Comte de Tournon, Paris 1831, tav. 18)
15. Veduta dei resti del tempio creduto di Giove Tonante
(in realtà di Vespasiano e Tito) ai piedi del Campidoglio nel
1813, dopo gli interventi dell’amministrazione francese
(da Études statistiques sur Rome et la partie occidentale des États
Romains, par Le Comte de Tournon, Paris 1831, tav. 20)

277
16. Archivio dell’Accademia di san Luca.
Giuseppe Valadier, Progetto per la
creazione della piazza della Colonna
Traiana dopo la demolizione delle case
contigue (f. n. 236)
278

affiancati ancor meno probabili amazzoni, è in tredicini, fili della luce e del telefono, insegne
continua metamorfosi: non v’è mai un’immagine pubblicitarie – che si sovrappongono e si confon-
stabile, ma in continuo confronto con il suo dono con quella principale. Dov’è mai – c’è mai
ambiente. I lavori stradali, mai fermi, le metropo- stata? – la fontana di Trevi immersa in una quiete
litane in costruzione (fig. 10), i cantieri di restauro, innaturale, nelle cui acque scivola Anita Ekberg
il ricambio continuo dei manifesti pubblicitari dinanzi agli occhi incantati di Marcello Mastro-
sono sempre lì, magari trasferiti di qualche metro, ianni? (fig. 11). E la stessa fontana con le acque
a ricordare che la città è in primo luogo un rosse (fig. 12) non è anch’essa un fenomeno irripe-
immenso cantiere vivo e palpabile. È l’esatto con- tibile, sebbene destinata, al contrario, come una
trario delle immagini congelate in una pubblicità pubblicità a buon mercato per l’artista, ad essere
stereotipata che vorrebbe i monumenti cittadini in vista dalla innumerevole massa di turisti riversata
un vacuum temporale entro un’atmosfera rarefat- sui suoi bordi fino a tarda sera?
ta. L’immagine delle rovine, come dei monumenti, Invero le rovine stesse non hanno mai pace, sia
non corrisponde mai alle immagini pubblicitarie quando coinvolte in quell’uso pubblico della storia e
né all’idea preconcetta che il turista si costruisce a in quelle nuove liturgie collegate alla costituzione
tavolino prima di partire per le vacanze, e poi di un’autentica religione della politica imputate
replica con foto e filmati che non nascondono la all’età fascista, sia quando si cerchi di tornare a
faticosa battaglia dell’inquadratura giusta, tale da quel valore dell’antico di cui ha trattato Alois Riegl 45:
corrispondere al modello mentale, purificata da un modo di attribuire ai resti del passato la fun-
quel magma incerto di immagini – gente a spasso, zione di veicolatori di emozioni dell’osservatore,
17. Castello di Avrilly, Archivio del Conte de
Tournon. Plan de la nouvelle place au devant
de la Colonne du Forum de Trajan à Rome,
secondo la proposta di Pietro Bianchi

279
al di fuori e al di là di un loro valore storico lasciato Etats Romains, decretata da Napoleone il 17 mag-
in mano a pochi studiosi, come ha recentemente gio 1809) 49 – che, nell’articolo terzo della sua isti-
illustrato Andreina Ricci in un suggestivo saggio tuzione, dichiarava: «I monumenti della grandez-
sul rapporto tra archeologia e città 46. Le rovine za di Roma saranno custoditi e mantenuti a spese
perdono così ogni valore autenticamente storico del nostro tesoro» –, la quale a sua volta istituiva
per trasformarsi in elementi di un passato astratto, la Commissione per i Monumenti Pubblici e le
indefinito, che si fonde col paesaggio circostante. Fabbriche Civili (Commission des Batiments Civils,
Ritorniamo ora alla domanda iniziale: siamo vera- decretata dalla Consulta il 9 luglio 1810) 50, e una
mente certi che le rovine che noi ammiriamo speciale Commissione per lo studio dei problemi
siano quelle stesse rovine che erano ammirate nel connessi con il Foro Romano (la Commission du
Rinascimento o nell’Illuminismo? C’è da dubitare, Retablissement du Forum, già attiva il 2 gennaio
sia sotto il profilo ideologico sia sotto quello visi- 1811) 51. Il 27 luglio 1811 Napoleone stesso firmava
vo. Lo si può verificare ponendo a confronto la il decreto per la costituzione della Commissione
Roma che si è costituita a seguito dell’occupazio- degli Abbellimenti della città di Roma
ne napoleonica con la Roma post-unitaria. (Commission des Embellissements, la cui prima
Tra il 1810 e il 1814, sotto la direzione del prefetto seduta si tenne il 17 settembre 1811), cui era affi-
Camille de Tournon 47, furono avviati imponenti data l’amministrazione di un milione di franchi
lavori di riorganizzazione dell’immagine annui e la direzione di importanti lavori urbani-
cittadina 48 secondo le prescrizioni della Consulta stici, edilizi e di restauro, destinati a mutare il
Straordinaria (la Consulte Extraordinaire pour les volto di quella che era destinata a diventare la
18. L’emiciclo dei Mercati di Traiano
nel 1911, prima degli interventi di
restauro realizzati per cura di
Corrado Ricci (foto Carboni)
280

seconda capitale dell’impero 52. Ebbene, in pochi modo, che i monumenti si presentino con un
anni mutava totalmente l’aspetto dell’area archeo- aspetto più favorevole, abbelliranno questo, per i
logica centrale, nel tentativo, avviato ma mai com- deliziosi viali condurranno da un monumento
pletato, di costituire il grande Giardino del Cam- all’altro, e serviranno come di legami a questi
pidoglio, un parco che dal Campidoglio avrebbe membri di fabbriche separate. Che giardino sarà
dovuto inglobare il Foro Romano, il Palatino e il quello dove si entrerà passando sotto l’Arco
Colosseo 53. Così scrivevano gli estensori del pro- Trionfale di Settimio Severo, calcando la Via
getto in una lettera pubblicata sul Giornale del Sacra, traversando le superbe Colonne di sei
Campidoglio del 12 gennaio 1811, ponendosi nei magnifici Templj, da cui si passerà sotto gli archi
panni di un turista in visita della città: del Colosseo?».
«Tutto quello spazio che dalle falde del Monte Di volta in volta il medesimo Giornale del
Capitolino si stende fino al Colosseo e comprende Campidoglio pubblicava i rendiconti degli scavi, ed
tra Archi e gli avanzi di sei Templi, deve essere anche gli “sgomberi” destinati al recupero dei
cambiato in pubblico giardino, che basta per que- templi: non solo l’eliminazione della terra che li
sto di unire al Foro attuale l’Orto di Santa ricopriva per buona parte, ma anche delle case e
Francesca Romana. Molte piantagioni disposte in casupole che ne impedivano la vista 54 (fig. 13).
19. La testata nord dell’emiciclo dei
Mercati di Traiano (foto A.)

281
L’idea del ripristino di visuali idonee doveva esse- prietà dei Matthei. Il progetto di Valadier e
re assai sentita, se ve n’è traccia in una richiesta, Camporesi prevedeva il recupero dell’antico livel-
datata 1810, di Raffaele Stern al prefetto de lo del Foro, e la realizzazione al suo centro di una
Tournon, della demolizione di un fienile che piazza regolare per erigervi un monumento per
impediva la vista del Colosseo dal Laterano, e Napoleone. Si procedette quindi alla demolizione
della pescheria posta davanti al Pantheon. Il 18 e di tutte le case, i fienili e i granai che nascondeva-
il 19 novembre del 1810 Joseph-Marie de Gérando no alla vista i monumenti, perché «con tali indi-
scriveva a de Tournon 55 rallegrandosi perché spensabili demolizioni ed escavazioni di terra, si
erano stati posti in luce il Tabularium, il Tempio rinverranno [avanzi] assai interessanti per la sto-
di Giove Tonante [scil. il tempio di Vespasiano] ria e per le arti», come dice Valadier 56 in una rela-
(figg. 14, 15), il Tempio della Concordia ed il zione del 1812.
Tempio della Pace [scil. la Basilica di Massenzio]. I lavori di isolamento avrebbero dovuto interessa-
Desiderava inoltre sapere di più sul tempio di re non solo il Foro Romano, ma anche i due tem-
Giove Statore [scil. il tempio di Saturno] e dava pli del Foro Boario, destinati ad essere riuniti
l’ordine di demolire alcune case, tra cui una entro un unico giardino 57, l’area del Teatro di
demaniale, per porre in evidenza il tempio della Marcello e del Portico d’Ottavia 58, il Pantheon 59, il
Concordia, e un’altra al centro del Foro, già pro- Mausoleo di Augusto 60 e, naturalmente, l’area
20. Vignetta tratta da
«La Settimana Enigmistica»

della Colonna Traiana dove, fino allora, emergeva


282

solo la colonna, la cui base era nascosta da casu-


pole e dai monasteri dello Spirito Santo e di Santa
Eufemia, immediatamente destinati alla demoli-
zione 61. I progetti di Giuseppe Valadier e di
Giuseppe Camporesi proponevano la restituzione
di una piazza oblunga con esedre sui lati corti,
raggiungibile tramite scalinate monumentali sui
lati lunghi (fig. 16). Per la restrizione complessiva
degli spazi, la chiesa del SS. Nome di Maria, pre-
gevole architettura di Antonio Dérizet, fu inserita,
dietro pressione dell’architetto Guy de Gisors, tra
le opere da demolire, perché toglieva ogni visuale
alla nuova piazza, ne diminuiva l’effetto prospet-
tico e contribuiva ad intralciare il traffico. Solo la
scoperta degli avanzi della Basilica Ulpia con le
sue splendide colonne di granito grigio costrinse
ad una revisione del programma. Fortemente ridi-
mensionato, il nuovo progetto attribuito a Pietro
Bianchi preservava fortunatamente la chiesa, tra-
sformando tuttavia la piazza in un recinto di rovi-
ne 62, secondo quella medesima logica che fu, poco
più di un secolo dopo, attuata a largo Argentina:
non vere piazze, ma aree d’affaccio per ammirare il Foro Romano sia per il Foro di Traiano.
le nuove vestigia del passato poste in luce (fig. 17). L’immagine complessiva delle rovine fu adeguata,
Nei casi fin qui citati, non è tanto il sistema pro- con una modificazione dello spazio circostante, a
gettuale che interessa in questa sede, quanto la quel livello storico, a scapito degli edifici medie-
soluzione adottata – innovativa per l’epoca – di vali e moderni che occupavano la zona, oppure
proporre all’attenzione del pubblico nuove rovine, delle vicende storiche di quelle medesime rovine
a volte solo scavate, assai spesso anche ricostruite e della memoria della loro utilizzazione in una
nell’occasione con accurate anastilosi. È evidente, maglia ambientale in continua metamorfosi. Il
infatti, che lo sterro delle colonne dei templi del tempo puro di cui parla Augé è qui trasformato in
Foro Romano e il loro effettivo isolamento hanno tempo ricostruito filologicamente con l’apparente
avuto come scopo la costruzione di una nuova cancellazione del disordine originario.
immagine del tutto inedita dell’area. Ancor più Dopo l’intervento napoleonico, l’immagine delle
questo è avvenuto nel Foro di Traiano. Abbattute rovine romane è stata quindi radicalmente trasfor-
case e conventi intorno alla Colonna, dell’origina- mata secondo una precisa visione di recupero del
ria stratificazione urbana, composito magma di passato procedendo, in anticipo di un secolo circa,
passato e presente, non restò quasi più nulla, e lo a quell’opera di isolamento voluta dal Fascismo a
spazio fu occupato da una nuova rovina inedita, danno di quello che era chiamato con disprezzo
le colonne di granito grigio della Basilica Ulpia, “colore locale”. L’uso pubblico della storia comincia
che furono risollevate nell’occasione. qui, non casualmente con un dittatore, Napoleo-
Il metodo con cui si procedette a queste operazio- ne, che voleva evidentemente contrapporre alla
ni fu innovativo per l’epoca. Gli archeologi hanno Roma cristiana la nuova Roma imperiale, seconda
operato una scelta tra le varie stratigrafie possibi- solo a Parigi.
li, tentando di costruire un ordine entro il disordi- In questi interventi è la matrice ideologica da cui
ne, e scegliendo il piano romano-imperiale sia per nascono i germi dei primi piani urbanistici di
Roma capitale con i suoi iniziali sventramenti, città viva e pulsante, soggetta come qualunque

283
seguiti dalle imprese della Roma fascista 63. Il centro urbano alle frizioni con il contemporaneo –
fascismo, a sua volta, ha creato nuove rovine e tempo puro secondo la formula di Augé. Essa
nuove immagini della città antica. Il tempio di produce più che un effettivo stato di sospensione,
Apollo Sosiano con il portico d’Ottavia e il teatro uno stato di tensione continuo tra realtà e imma-
di Marcello 64 – non casualmente un progetto gine. L’immagine di Roma è in realtà mobile esat-
ampiamente descritto, ma mai attuato, in età tamente come quella di qualunque città, fluida nel
napoleonica –, l’area sacra di Largo Argentina con tempo come nelle sue rovine, mai irrigidita se non
i nuovi templi tratti dalle mura di chiese e con- nella fantasia di quanti non riescono ad accettare
venti 65, le quinte di Fori Imperiali 66 (figg. 18, 19), che nel mondo non c’è nulla di eterno, tantomeno
le colonne del tempio di Venere Genitrice 67, sono l’immagine di una città, sia pure Roma aeterna.
parte costitutiva di un paesaggio che i romani non Il comico dialogo di una coppia che, in una recen-
avevano mai visto, né avrebbero potuto vedere. te vignetta umoristica, osserva un’area archeologi-
Tra Napoleone e Mussolini mutano, ovviamente, ca (fig. 20) può essere considerato il compendio di
le coordinate culturali, ma non la volontà di mani- quanto ho cercato di illustrare in queste pagine.
polare le rovine in funzione di una ricostruzione –
moderna, cioè appunto ricostruita – del passato.
Queste rovine ricostruite sono, come suggerisce NOTE
Halbwachs, “ricostruzione del passato in funzione
del presente”. Senza attualizzazione, queste 1
Hor., Od., III, 30, 6.
memorie del passato non avrebbero alcun valore:
2
Diod. Sic., XI, 11, 6 in PAGE 1968, p. 175, nr. 362, 3-4.
3
Mi riferisco a RANSMAYR 1988.
esse hanno un senso solo in quanto recepite e 4
Polyb., XXXVIII, 22 (= Appian., Pun., 132). Si veda anche
ricordate nel presente. Non v’è in esse nulla di Polyb., XXXVIII, 20, 1-3; 21 (= Plut., Apopht., p. 200).
stabile e duraturo, sono i puntelli di una memoria 5
Si tratta dei versi Il., IV, 164 s. e VI, 448 s.
che è comunque una ricostruzione selettiva del 6
Sul “pianto”di Scipione, come di altri generali romani:
passato, efficace solo se adeguata agli interessi AMBAGLIO 1985, p. 541 ss.
7
HESBERG 1986, pp. 9, 11, 23; HESBERG 1979, p. 316 s.; PAGE
della società presente. Lo sforzo prodotto in età 1968, p. 175, nr. 362, 3-4.
napoleonica non corrisponde a quello dei piani 8
HIMMELMANN 1980, spec. p. 96 ss.; HIMMELMANN 1974, p. 158,
urbanistici di Roma capitale d’Italia e tanto meno dove si osserva un passaggio dal realismo al genere detto idil-
lico-sacrale, con una discrepanza tra la poesia ellenistica da
a quelli della Roma fascista. La costruzione e rice- un lato, nella quale si è formata, intorno a Teocrito un “chiaro
zione delle rovine risponde, in ognuno dei casi, sistema concettuale del genere bucolico” e l’arte figurativa,
ad esigenze diverse, sebbene i sistemi utilizzati dove tendenze simili si incontrano solo nel I secolo a.C.
9
Tra i rarissimi esempi in pittura, riproduco un piccolo pae-
sembrino – e in realtà sono – piuttosto simili. saggio da una serie di pannelli staccati dalla parete della Villa
Roma è un paesaggio in continua trasformazione, di Arianna a Stabia: WILLIAMS LEHMANN 1953, p. 160, fig. 63;
nel quale le rovine giocano un ruolo essenziale di ALLROGGEN-BEDEL 1977, p. 43, tav. 8, 2. Per l’intera serie:
HERRMANN, BRUCKMANN 1934-1950, p. 11 s., tavv. 200-201;
radar della memoria collettiva. L’anomalia è che PETERS 1963, pp. 154, 213, nota 605; ALLROGGEN-BEDEL 1977,
né le rovine né questa memoria sono mai uguali a pp. 41 ss., 82, tavv. 6, 3; 7-9. È difficile che queste vignette pro-
vengano dal medesimo vano (W24) nel quale sono state rin-
se stesse. Ogni generazione legge nelle rovine, venute la Flora, la Leda, la Medea e la Diana (o Penelope),
nella loro specifica essenza, nel loro contesto, con- come nella relazione di scavo del 1759 dell’ingegnere svizzero
cetti nuovi, secondo regole e schemi sempre diffe- Carlo Weber. Più verosimile che provengano, come propone
Allroggen-Bedel, dal corridoio che divide i quattro piccoli
renti che mutano con il mutare della società. vani W23-W26: ALLROGGEN BEDEL 1977, pp. 43, 45, pianta alle-
Non esiste, né esisterà mai un paesaggio immobi- gata fuori testo e fig. 1.
le, neppure a Roma. È curioso semmai che nel-
10
Verg., Ecl., V, 62 ss.
l’immaginario collettivo si sia consolidata nel
11
Aug., r. g., 20, 4. V’è memoria dei restauri anche in Suet.,
Aug., 30, dove si dice che gli edifici sacri erano fatiscenti per
tempo questa idea fallace, di un’immagine di l’età o consunti dagli incendi, e che li adornò con doni magni-
Roma consolidata e intangibile che travalica il ficenti. L’intervento, realizzato in parte con il suo bottino di
guerra e in parte con il supporto dei suoi sostenitori politici, è
tempo e diventa essa stessa – pur specchio di una immediatamente posteriore al suo triplice trionfo, quasi a
dichiarare che si chiudeva con lui il periodo dello scarso inte- Sull’argomento: BOYER 1932, p. 216 ss.; LA PADULA 1969, p.
284

48

resse nei confronti dei sacra, e che veniva ripristinata la pietas 83 ss.; PINON 2001, p. 141 ss.
erga deos. 49
LA PADULA 1969; PINON 2001, p. 142 s.
12
ZANKER 1989, p. 112 ss. 50
LA PADULA 1969, p. 91 ss.
13
HESBERG 1986, p. 27. 51
Ivi, p. 94 s.
14
FUCHS 2002, p. 34 ss., nr. 8, fig. 11. 52
Ivi, pp. 105 ss., 109 ss.
15
GREYER 1977, p. 17 s. e passim. 53
BOYER 1933; BOYER 1957, p. 179 ss.; LA PADULA 1969, pp. 94 s.,
16
GRAF 1923, p. 25 ss. 116 ss.; PINON 2001, p. 157 ss.
17
BRIAN SCOTT 1969, p. 22 ss., nr. 36 (De Roma), 23-28. 54
BOYER 1943, p. 101 ss.
18
WOODWARD 2008. 55
LA PADULA 1969, p. 93 e note 59, 60.
19
Petrarca in ROSSI, I, 1933, p. 103, II, 14, 2. 56
Ivi, p. 117, nota 16.
20
Ivi, p. 96, II, 9, 24 ss. 57
Ivi, p. 117 s. Anche questo lavoro, come molti altri, fu realiz-
21
Su quest’immagine Petrarca ritorna ne Le Senili, X, 2: «Di zato in epoca fascista: MUÑOZ 1935, p. 130 s.
quel mio primo viaggio in Francia correva già il quarto anno 58
LA PADULA 1969, p. 127 s.; PINON 2001, p. 150.
quando la prima volta io vidi Roma, e sebbene da lunga 59
LA PADULA 1969, p. 121 s., tavv. XLII-XLV; PINON 2001, p. 160 ss.
pezza già fosse di Roma antica sola immagine e ombra, e 60
BOYER 1963, p. 96 ss.
della passata grandezza non altro testimonio serbasse che le 61
BOYER 1931, p. 210 ss.; LA PADULA 1969, p. 119 ss.; PINON
grandiose rovine, pure nascosta fra quelle ceneri si covava
2001, p. 154 ss.
qualche gloriosa scintilla, che adesso estinta è fredda cenere
anch’essa» (trad. G. Fracassetti).
62
Sull’evoluzione progettuale: LA PADULA 1969, tavv. XXXIV-
XLI; PINON 2001,pp. 155-156.
22
BETTINI 2002, p. 18 ss. 63
Non è questa la sede per entrare in merito al lunghissimo
23
Petrarca in ROSSI 1933, I, p. 103; II, 14, 1 ss.
dibattito sulla lettura delle trasformazioni cui è stato sottopo-
24
Enea Silvio Piccolomini, Commemtarii rerum, quae suis tempo- sto il tessuto urbanistico di Roma nei secoli, in chiave “conti-
ribus contigerunt, V, 27 (in BERNETTI 1972, p. 177). nuista” o di reiterate cesure ideologiche. Mi sembra, tuttavia,
25
Sulla commossa visione dell’antico: BURCKHARDT 1944, p. che non sia stato ancora analizzato a fondo, con una più
212 ss.; OLITSKY RUBINSTEIN 1988, p. 197 ss.; MACDONALD, approfondita ricerca documentaria, la determinazione, per
PINTO 1995, p. 236 s. certi aspetti insita fin nelle prime proposte di piano regolatore
26
Una bolla di Martino V del 1425 (LANCIANI 1892, p. 53) a Roma, di proseguire lungo il tracciato avviato in età napo-
aveva ristabilito l’ufficio dei magistri viarumcui era affidata la leonica, in netta contrapposizione alla Roma papale. Andreina
manutenzione delle strade, ma anche degli edifici antichi: ivi, Ricci, mutuando da HALBWACHS 1987 e da JEDLOWSKI 1989, la
p. 53 s. In seguito, Eugenio IV si prodigò per preservare il corretta distinzione tra “memoria sociale” e “memoria collet-
Colosseo: ivi, p. 58 s. (... Nam demoliri Urbis monumenta nihil tiva”, attribuisce all’età fascista l’esplicita la volontà di «una
aliud est quam ipsius Urbis et totius orbis excellentiam diminuere). riappropriazione comune della romanità antica quale fonda-
mento identitario della cittadinanza»: RICCI A. 2006, p. 22 s.
27
DE ANGELIS D’OSSAT 2006, p. 413 ss.
Concordo, naturalmente, con questa lettura, ma credo che
28
GOETHE 1786-1788, p. 138 (Roma, 1 novembre 1786). vada ampliata anche all’età napoleonica, dove si può leggere
29
Ivi, p. 143 (Roma, 7 novembre 1786). una simile urgenza di creare spazi di “memoria collettiva”,
30
Ivi, p. 144 (Roma, 7 novembre 1786). secondo gli insegnamenti della Rivoluzione Francese, e quin-
31
Antonio Verri, Le notti romane, parte I, proemio, in di in intenzionale contrapposizione all’ideologia papale.
MARTINELLI 1975, p. 228.
64
MUÑOZ 1935, p. 161 ss.; FIDENZONI s. d., pp. 15 ss., 89 ss. (per
32
Ivi, p. 424 s. la storia dell’area, la liberazione e il restauro del teatro di
Marcello); 145 ss. (per la liberazione e il restauro del portico
33
Procop., Goth., IV, 21, 12. di Ottavia); p. 159 ss. (per l’anastilosi delle colonne del tempio
34
LA ROCCA 2001, p. 202; RIZZO 2001, p. 241 s. di Apollo Medico). Sulle vicende post-antiche dell’area:
35
I brani seguenti sono tratti da Antonio Verri (MARTINELLI MENEGHINI, SANTANGELI VALENZANI 2004, p. 80 ss.
1975, pp. 430-433). 65
MUÑOZ 1935, p. 146 ss. Per un quadro d’insieme sulle vicende
36
SHAMA 1997, p. 7 ss. post-antiche dell’area, si veda specialmente: MARCHETTI LONGHI
37
Mi riferisco in primo luogo a AUGÉ 2003. Ma si veda anche: 1930; MARCHETTI LONGHI 1960; MARCHETTI LONGHI 1970-1971,
AUGÉ 1997. p. 7ss.; MENEGHINI, SANTANGELI VALENZANI 2004, p. 41 ss.
38
AUGÉ 2003, p. 8.
66
Il quadro d’insieme è già prefigurato nel progetto di
Corrado Ricci, pubblicato con le magnifiche ricostruzioni gra-
39
ASSMANN 2002. fiche di Lodovico Pogliaghi: RICCI C. 1913. Inoltre: MUÑOZ
40
TARPINO 2008, p. 9 ss. 1935, p. 131 ss. Per i Mercati di Traiano: RICCI C. 1929. È recen-
41
NORA 1984; TARPINO 2008, pp. 17 ss., 25 ss. tissima la pubblicazione delle fotografie eseguite per docu-
42
HALBWACHS 1987, p. 135. mentare nel modo più preciso le demolizioni eseguite nell’a-
rea dei Fori Imperiali: LEONE, MARGOTTA 2007.
43
RICŒUR 1996. 67
MUÑOZ 1935, p. 135 ss. Sulla scoperta del Foro di Cesare:
44
ORLANDO 1993. RICCI C. 1932a, p. 3 ss.; RICCI C. 1932b, p. 3 ss. Sulle vicende
45
RIEGL 1990. post-antiche del Foro di Cesare: MENEGHINI, SANTANGELI
46
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