Cartesio non vuole insegnare quanto imparato, ma piuttosto descrivere se stesso: per questo nel discorso
sul metodo parla in prima persona. Il suo problema emerge dal senso di disorientamento avvertito al
termine degli studi, infatti egli ritiene di non aver acquisito alcun criterio sicuro per distinguere il vero dal
falso. Il metodo che Cartesio cerca è nello stesso tempo teoretico e pratico: esso deve condurre a saper
distinguere il vero dal falso anche e soprattutto in vista dell'utilità e dei vantaggi che possono derivarne alla
vita umana. Quindi la filosofia
che ne risulterà dovrà essere non puramente speculativa ma anche pratica; essa dovrà consentire all’uomo
l'ideazione di congegni che gli facciano godere senza fatica dei frutti della terra e di altre comodità e dovrà
mirare alla conservazione della salute.
Il metodo deve essere quindi un criterio di orientamento unico e semplice che serva all'uomo in campo sia
teoretico sia pratico, e che abbia come fine ultimo il vantaggio dell'uomo nel mondo. La saggezza umana è
una sola quali che siano gli oggetti a cui si applica; ed è una sola perché uno è l'uomo nelle sue diverse
attività.
Le scienze matematiche sono già in possesso di un metodo efficace, che applichiamo normalmente.
Eppure prendere coscienza delle regole metodiche della matematica, astrarle da tale disciplina e formularle
in generale per poterle applicare a tutte le altre branche del sapere non è sufficiente. È necessario quindi
giustificare il metodo e la possibilità della sua applicazione universale, riportandolo al suo fondamento
ultimo, cioè all'uomo come soggetto pensante o ragione.
Quindi Cartesio cercherà di formulare le regole del metodo, fondare con una ricerca metafisica il valore
assoluto e universale del metodo e dimostrare la fecondità del metodo nei vari rami del sapere.
LE REGOLE
Cartesio commedia il suo metodo al discorso delle regole:
1 DELL’EVIDENZA = Intuizioni (=idee) chiare e distinte = senza alcuna mediazione.
Non accogliere nulla per vero che non sia evidente. Esso è un principio normativo - fondamentale (=tutto
deve convergere verso il chiaro e il distinto per raggiungere l'intuizione).
INTUIZIONE è il cogliere un concetto non dubbio della mente (= trasparenza tra ragione e contenuto
dell'atto intuitivo) e più certa della deduzione. L'intuizione è più chiara della distinzione. ATTO INTUITIVO =
l'atto della mente che ci fa arrivare all’evidenza è un atto che si autogiustifica e consiste nella mutua
trasparenza fra la ragione e il contenuto dell'atto intuitivo :così nascono le idee chiare e distinte, come le
nozioni matematiche.
CHIAREZZA = proprietà agli elementi geometrici.
2 DELL'ANALISI = Scomporre ogni problema preso in tante parti quante sono necessarie per risolvere i
problemi. Per Cartesio in ogni esperienza è necessaria la certezza, che si basa sull'evidenza, che si basa
sull'intuizione, che si basa sulla semplicità che richiede l'analisi.
3 DELLA SINTESI = La risoluzione degli elementi complessi in semplici non basta ;nella Scomposizione
viene a mancare il nesso e dall'analisi si passa alla sintesi (=si va dagli oggetti semplici ai complessi).
Serve a creare una catena di ragionamenti ;devo condurre con ordine i miei pensieri partendo dagli oggetti
semplici per ricreare l'ordine. Questo ordine non può non avere una corrispondenza con la realtà perché è
una necessità del nostro spirito.
4 DELL’ENUMERAZIONE = serve ad evitare la precipitazione. Enumerando tutti i passaggi consente di
controllarli e consiste nel ripercorrere il processo in entrambi sensi i percorsi che uniscono le cause e le
conseguenze per poter abbracciare con un solo sguardo tutti i pensieri. Essa controlla la completezza
dell'analisi, la revisione, invece, controlla la completezza della sintesi.
IL DUBBIO E IL COGITO
Le regole metodiche individuate da Cartesio non hanno in sé la propria giustificazione. Neppure il fatto che
la matematica se ne serva con successo le giustifica. Cartesio deve quindi tentare di giustificarle risalendo
alla loro radice: l'uomo come soggettività, o come ragione.
LA POSSIBILITÀ DELL’ERRORE
Anche se secondo la visione di Cartesio la verità della conoscenza è sempre garantita da Dio, a volte è
però possibile andare incontro all’errore. Esso dipende da due cause: l’intelletto e la volontà. L’intelletto
umano è limitato, a differenza di quello di Dio che è infinito. La volontà umana invece è libera e quindi assai
più estesa dell’intelletto. Essa consiste nella possibilità di fare o non fare, di affermare o negare, di ricercare
o fuggire, e può fare queste scelte sia rispetto alle cose che l’intelletto presenta in modo chiaro e distinto,
sia rispetto a quelle che non hanno chiarezza e distinzione sufficienti.
Nella possibilità di affermare o di negare ciò che l’intelletto non riesce a percepire chiaramente consiste la
possibilità dell’errore. A questo punto io potrò “indovinare” la verità, ma sarà per puro caso o potrò
affermare quello che non è vero, e in tal caso sarò senz’altro caduto in errore.
L’errore dipende dunque unicamente dal libero arbitrio che Dio ha dato all’uomo e si può evitare soltanto
attenendosi alle regole del metodo, e in primo luogo a quella dell’evidenza.
IL DUALISMO CARTESIANO
L’evidenza, garantita da Dio, consente a Cartesio di eliminare il dubbio sulla realtà delle cose corporee.
Tuttavia, secondo Cartesio, non possiamo affermare che i corpi possiedano realmente tutte le qualità che
noi “percepiamo”. Infatti il filosofo fa una distinzione, già stabilita in passato da Galilei, tra proprietà
oggettive e proprietà soggettive. La grandezza, la figura, il movimento, la situazione, la durata, il numero
(cioè tutte le determinazioni quantitative) sono qualità “reali” (oggettive) dei corpi; ma il colore, il sapore,
l’odore, il suono ecc. dipendono dalla percezione che ne ha il soggetto (perciò sono dette “soggettive”) e
non esistono come tali nella realtà corporea (si tratta di qualcosa che noi non conosciamo).
Ammettendo l’esistenza dei corpi, Cartesio secondo un rigoroso dualismo ontologico divide la realtà in
due zone distinte ed eterogenee:
a. la sostanza pensante (res cogitans), che è incorporea, inestesa, consapevole e libera;
b. la sostanza estesa (res extensa), che è corporea, spaziale, inconsapevole e meccanicamente
determinata.
Dopo aver tracciato questa divisione, Cartesio si trova di fronte al problema di spiegare il rapporto tra i due
tipi di sostanza, rendendo comprensibile, per quanto riguarda l’uomo, la relazione tra anima e corpo. Egli
pensa di risolvere la questione con la teoria della ghiandola pineale, che concepisce come la sola parte
del cervello che, non essendo doppia, può unificare le sensazioni che vengono dagli organi di senso (che
invece sono tutti doppi).
SPINOZA
LA FILOSOFIA COME CATARSI ESISTENZIALE E INTELLETTUALE
Nel 1661 Spinoza realizza il Trattato sull’emendazione dell'intelletto considerato dai critici il Discorso sul
metodo spinoziano.
In questo scritto Spinoza rivela una concezione della filosofia come via verso la salvezza esistenziale
(questo supera di gran lunga le preoccupazioni metodologiche e gnoseologiche di Cartesio)
Lo spinozismo nasce da una delusione di fondo nei confronti dei comuni valori della vita e si alimenta
alla ricerca di un bene vero, che sia in grado di dare un significato all’esistenza e di colmare la sete
umana di felicità.
Attraverso un’analisi dei beni materiali universalmente agognati dagli uomini (ricchezze, onori, piacere
dei sensi) Spinoza elenca i motivi per cui essi sono vani:
1. non appagano veramente l’animo ed i suoi bisogni profondi
2. sono transeunti ed esteriori
3. generano inquietudini ed inconvenienti
Grazie alla loro natura ingannevole - di cui l’uomo può avere consapevolezza solo grazie all’illuminazione
che lo spinge verso la filosofia - hanno la forza di incatenare la mente umana ostacolando la ricerca di
valori superiori.
Bisogna precisare però che Spinoza non vuole attaccare i beni comuni in quanto tali bensì in quanto
scambiati per il sommo bene, e dunque in quanto impedimenti al raggiungimento di esso; infatti
Spinoza condanna che i beni finiti vengano assolutizzati e trasformati da mezzi in fini.
Spinoza insegue un modello di bene tale da soddisfare appieno l’animo, e pur di ottenere questo è disposto
a lasciare il certo (beni materiali), per l’incerto (l’ipotetica perfezione ideale), poiché “l’amore per la cosa
eterna ed infinita riempie l’animo di pura letizia” ponendo l’uomo dinanzi ad una condizione di ricerca ed
amore dell’eterno e dell’infinito
Se per i filosofi cristiani “la cosa eterna ed infinita” coincide con la figura di Dio per Spinoza l’infinito e
l’eterno si identificano nel cosmo (panteismo) e la gioia suprema con “l’unione della mente con la
natura” in una ricerca terrena-comunitaria (non individualistica)
LA METAFISICA
Spinoza nell’Etica dimostrata secondo l’ordine geometrico, un’enciclopedia delle scienze filosofiche,
tratta di vari problemi:metafisici, gnoseologici, antropologici, psicologici e morali. L’opera è divisa in 5 parti e
nella prima vi sono temi di ambito metafisico-teologico.
IL METODO GEOMETRICO
Spinoza segue il metodo geometrico, ovvero si ispira agli Elementi di Euclide per realizzare un
procedimento espositivo caratterizzato da definizioni, assiomi, proposizioni, dimostrazioni, corollari e scolii
(delucidazioni).
Ci sono diverse ipotesi sul perché Spinoza abbia scelto questo metodo per trattare questi temi:
1. Spinoza era fortemente influenzato dalla moda matematizzante dell’epoca che perseguiva
l’ideale di un sapere rigoroso ed universalmente valido
2. Spinoza era un ammiratore della matematica e nella trattazione geometrica una garanzia di
precisione, sinteticità espositiva e distacco emotivo nei confronti dell’argomento trattato
3. Spinoza era convinto che il reale costituisse una struttura necessaria e di tipo geometrico
IL CONCETTO DI SOSTANZA
Per dedurre il sistema del sapere metafisico Spinoza parte dal concetto di sostanza.
Cartesio insisteva sull’autonomia e l'autosussistenza della sostanza e, a differenza della tradizione
greco-medievale, non la riferiva più agli individui ma a Dio, inteso come realtà originaria ed autosufficiente.
Cartesio però aveva affiancato a Dio altre sostanze derivate, ovvero la res extensa e la res cogitans,
intese come due realtà in dipendenza con Dio.
Da qui nasceva una sorta di ambiguità: se da un lato la sostanza era definita come una cosa che per
esistere non ha bisogno che di se medesima, dall’altro lato comprendeva la realtà che per esistere ha
bisogno di Dio.
Spinoza intende per sostanza “ciò che è in sé e per sé si concepisce, vale a dire ciò che il cui concetto
non ha bisogno del concetto di un altra cosa da cui debba essere formato”
1. Con la prima parte Spinoza intende dire che la sostanza deve la propria esistenza
unicamente a se stessa ed è quindi autosussistente ed autosufficiente, quindi la sua
esistenza non dipende da altri
2. Con la seconda parte intende affermare che il concetto di sostanza non ha bisogno di altri
concetti per essere pensato
La sostanza è di conseguenza dotata di una totale autonomia ontologica e concettuale
Gli attributi sono ciò che l’intelletto percepisce della Sostanza e dunque le qualità essenziali o
strutturali della Sostanza. Anche gli attributi sono infiniti essendo la Sostanza infinita
Tuttavia l’uomo conosce solo due degli infiniti attributi della Sostanza: l’estensione ed il pensiero (materia
e coscienza), i due ambiti della realtà di cui è partecipe. Spinoza ha condotto una deduzione logica per
arrivare a considerare l’infinità di attributi della Sostanza ma ora si deve scontrare con l’esperienza e
quindi dalla deduzione empirica riconosce la dualità degli attributi
Se la Sostanza è sempre la medesima in tutti i suoi infiniti attributi, perchè l’uomo ne scorge solo una
minima parte? Inserire all’interno della trattazione il concetto di deficienza mentale umana sarebbe una
scoglio “soggettivo” che rischia di stagliarsi rispetto all’assoluta “oggettività” dell’esposizione
spinoziana; per questo motivo questa resta una delle difficoltà dello spinozismo.
I modi di cui parla Spinoza, a differenza degli attributi sono proprietà essenziali della Sostanza, sono
modificazioni accidentali degli attributi della Sostanza. In altre parole sono le manifestazioni particolari
degli attributi. Si identificano quindi con i singoli corpi (modificazioni dell’estensione) e con le singole menti
e le loro idee (modificazioni del pensiero).
Spinoza divide i modi in:
1. I modi infiniti che seguono direttamente o indirettamente dagli attributi, ovvero sono proprietà
strutturali degli attributi stessi
2. I modi finiti sono invece esseri particolari (cioè “questo” corpo, singola modificazione
dell’estensione o “quella” idea, singola modificazione del pensiero) che all’interno delle rispettive serie dei
corpi e dei pensieri sono tra loro legati in una catena causale infinita.
PENSIERO ED ESTENSIONE
Spinoza crede che pensiero ed estensione siano due realtà eterogenee e per questo non sono in grado di
influenzarsi l'un con l’altra. Hanno però una corrispondenza biunivoca in quanto il corpo è l'aspetto
esteriore della mente e di conseguenza la mente è l'aspetto interiore del corpo. Si viene quindi a creare un
nuovo modo filosofico di rappresentare i rapporti tra corpo e psiche chiamato parallelismo psico-fisico
che consiste appunto nel credere che pensiero ed estensione, pur non influenzandosi, siano in
corrispondenza tra loro grazie all’ordine unitario dell’essere. Questo parallelismo psico-fisico nasconde in
realtà un monismo metafisico che vede quindi i due come attributi di un'unica Sostanza.
ETICA
L'etica di Spinoza si divide in tre ambiti tematici: Dio (libro I), la mente che conosce (libro II), la libertà
dell'uomo dalle passioni (libri III, IV, V). Si apre quindi trattando di teologia o ontologia per poi parlare di
gnoseologia e infine affrontare il tema morale della virtù e della felicità.
Spinoza crede che l'uomo sia una manifestazione naturale come qualsiasi altra specie e sia sottoposto
quindi alle comuni leggi dell'Universo. Questo perché la Natura è sempre la stessa e non esiste una
creatura privilegiata. Le azioni umane infatti obbediscono a regole fisse e necessarie che possono essere
studiate matematicamente secondo lo schema del geometrismo morale che è lo studio delle emozioni e
delle passioni che Spinoza compie con matematica obiettività con la sicurezza che appunto le azioni umane
obbediscano come ogni altra cosa in Natura a regole fisse e precise. Non bisogna quindi giudicare le
passioni ma anzi comprendere le regole a cui esse obbediscono. Su queste basi Spinoza crea la
geometria delle emozioni imponendosi di individuare le leggi e le forze di base che definiscono le azioni
umane e di ricondurre la schiavitù umana alla potenza delle passioni e la libertà a quella dell'intelletto.
LA GNOSEOLOGIA
Spinoza sostiene quindi che per liberarsi dalle passioni si debba conoscere il Dio-natura. Il processo
conoscitivo avviene in vari stadi e procede parallelamente al progresso morale. Il filosofo, Nel secondo
libro dell’etica, distingue tre generi della conoscenza:
IL PRIMO GENERE
La conoscenza di primo genere è intesa da Spinoza come una conoscenza pre-scientifica del mondo in
cui l’individuo utilizza l’immaginazione tramite idee confuse che non comprende. Proprio per questo motivo
il filosofo ritiene che questa conoscenza sia inadatta perché incompleta. Ciò che questa conoscenza
provoca è la schiavitù da parte dell’uomo dalle passioni, dal momento che si fa travolgere dalle emozioni.
IL SECONDO GENERE
La conoscenza di secondo genere è una conoscenza che si basa sulle “idee comuni” e deriva dalla
ragione. Queste idee comuni sono idee adeguate e descrivono le parti oggettive delle cose. Quindi questo
tipo di conoscenza può essere vista come la visione razionale del mondo. Inseguire questo tipo di
conoscenza comporta a condurre una vita secondo ragione o virtù.
IL TERZO GENERE
La conoscenza di terzo genere viene chiamata da Spinoza “scienza intuitiva” dal momento che si basa
sull’intelletto. Il fine di questa conoscenza è quello di concepire la realtà alla luce della sostanza, la scienza
intuitiva può essere identificata con la metafisica (la visione delle cose nel loro scaturire da Dio).
Questo tipo di conoscenza permette all’uomo di elevarsi dal punto di vista di Dio.
Secondo le prime due conoscenze, il mondo appare molteplice, temporale e imperfetto, mentre secondo
questa conoscenza, quella di terzo genere, il mondo appare unitario ed eterno.
LA POLITICA E LA RELIGIONE
LA LIBERTÀ DI PENSIERO
Dal momento che nessuna religione può imporre il proprio credo a un uomo, neanche lo Stato può privare
l’uomo di tutti i suoi diritti. Il diritto principale che ogni uomo deve avere e la libertà di pensiero. Infatti il fine
dello Stato dovrebbe essere quello di poter esercitare la libertà: nelle passioni, nella religione e nella
politica.