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Capitolo 3 Storia: Il fascismo e le due Guerre mondiali in Italia 1re section européenne

I. L’Italia nella Prima Guerra mondiale

A. Prima neutralista, l’Italia entra in guerra dopo il Patto di Londra


1. L’Italia rimane fuori dell’inizio del conflitto. Interventisti e neutralisti si fronteggiano

Il 28 giugno 1914 un nazionalista serbo tolse la vita all'arciduca


austriaco Francesco Fernando e a sua moglie Sofia a Sarajevo. In
conseguenza, l'intero da Austria Ungheria dichiara la guerra alla
Serbia. Subito, la Russia alleata dalla Serbia dichiara la guerra
all'Austria. Scatto a quel punto la catena delle alleanze e contro-
aleanze : Germania e Austria nella Triplice Alleanza contro Russia,
Inghilterra e Francia nella Triplice Intesa.
L'Italia, che faceva parte della Triplice Alleanza, riusci per il momento
a rimanere fuori del conflitto. Era stata la Austria a dichiarare guerra
alla Serbia, non il contrario, e poiché la Triplice Alleanza era un patto
di difesa, il governo italiano poté rivendicare la propria neutralità
dell'Italia.
A quel momento, pochi volevano Italia mantenere fede triplice alleanza
e schierarsi a fianco dell'Austria, tradizionale nemica del Risorgimento
italiano. Le scelte impossibili erano due: mantenere la neutralità,
oppure combattere a fianco di Inghilterra e Francia. La prima
posizione era sostenuta dal neutralisti, la seconda degli interventisti.
In neutralisti sottolineavano i rischi che il paese si sarebbe
sobbarcato in caso di conflitto contro la potente Germania alleata dell'Austria e i costi umani di una
guerra che avrebbe certamente provocato molte vittime e distruzioni. Gli interventisti volevano liberare
Trento e Trieste, in mano austriaco, per dare una conclusione alla battaglia del Risorgimento italiano.
2. Anche l’Italia entra in guerra dopo il Patto di Londra

Nell'aprile 1915, il ministro degli esteri Sonnino siglò il patto di Londra, un accordo segreto con cui
l'Italia si impegnava entro un mese a entrare in guerra a fianco delle potenze dell'Intesa. In cambio, a
vittoria conquistata, l'Italia avrebbe ricevuto molti territori di confine: l'Istria con Trieste e Dalmazia,
il Trentino e l'Alto Adige oltre a parte delle colonie tedesche in Africa. Il Parlamento italiano votò a
favore dell'intervento. Solo i deputati socialisti si opposero. Il 24 maggio 1915 l'Italia scese in guerra. La
maggior parte dei soldati fu chiamata al fronte con la leva obbligatoria, che strappò alle campagne milioni
di braccia. Gli altri soldati furono volontari.
Sul fronte italo-austriaco guerra cominciò con delle offensive e controffensive. L'Italia fu la prima
all'offensiva nella regione del Carso, un altopiano roccioso non lontano da Trieste. Dopo aver resistere a
questa offensiva, gli Austriaci nel maggio 1916 lanciarono una pesante controffensiva in Trentino.
L'esercito italiano arrestò i nemici con grande fatica, costituendo una linea di difesa nel Veneto,
sull'altopiano di Asiago. Nel agosto del 1916 il fronte si stabilizzò e subentrò una dura guerra di trincea,
resa più faticosa dal terreno montuoso.
Si calcola che, nei soli primi 12 mesi di combattimenti, l'esercito italiano perse 250 mila uomini, tra
morti, feriti, prigioneri et dispersi.
Questa guerra di trincea non caratterizzò solo il fronte italo-austriaco. In tutta Europa i soldati
vivevano nelle trincee, lunghi e stretti fossati, tra il fango, la sporcizia, le intemperie, riparandosi alla

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meglio dai colpi dell'artiglieria nemica. Quando i comandi ordinavano l'assalto alle trincee avversarie, in
poche ore si bruciavano migliaia di vite umane.
Questa guerra di trincea durò quasi tre anni e causò diversi milioni di morti. Terminò solo nella primavera
del 1918, quando gli eserciti ripresero a marciare per l'offensiva finale.
Oltre la guerra di posizione nelle trincee, la Prima Guerra mondiale fu un conflito di tipo nuovo, una
guerra "totale".

B. Una guerra “totale”


L'anno 1917 fu decisivo. Si parla della svolta del 1917. Per l'Italia fu un crisi militare e morale. Il 24
ottobre 1917 gli Austriaci sfondarono il centro della schieramento italiano a Caporetto (un villagio tra
Friuli e Slovenia) e avanzarono nella pianura Veneta. Nella rittirata l'Italia persero 400 mila uomini.
Per fortuna, nei ultimi mesi del 1917, il generale Armando Diaz (che aveva sostituito Luigi Cadorna) riusci
a costituire una nuova
linea di resistenza tra il
fiume Piave e l'altopiano
di Asiago.
Finalmente, nel 1918,
l'Italia iniziò una
vittoriosa offensiva
contro gli Austriaci.
Dopo avere superato il
Piave, l'esercito italiano
avanzò nella pianura
Veneta fino a
sbaragliare il nemico a
Vittorio-Veneto (24-30
ottobre 1918). Il 3
novembre il tricolore
entrò trionfalmente a
Trento e a Trieste. Il
giorno successivo,
l'Asutria firmò
l'armistizio a Villa Giusti,
presso Padova.
Ma il bilancio della
guerra fu terribile e il
dopoguerra difficilissimo
per l'Italia.

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II. Il ventennio fascista

A. Le origini e l’ascesa del fascismo


A guerra finita, l'Italia ottenne
l'annessione di Trieste,
importantissimo porto sul Mar
Adriatico, dell'entroterra istriano
di lingua slava e del sud Tirolo
aprire (o Alto Adige),
geograficamente appartenente
all'Italia, ma la cui popolazione era a
maggioranza di lingua tedesca. Ma
non antinazionalisti ed ex
interventisti credevano che l'Italia
avesse diritto anche alla città di
Fiume, importante porto in Croazia,
e a parte della Dalmazia. Questi
territori furono invece assegnati al
nuovo Stato, la Jugoslavia. Molti
cominciarono a parlare di "Vittoria
mutilata".

D'altra parte, il dopoguerra fu caratterizzato da scioperi e occupazioni delle terre e delle fabbriche un
po' ovunque con una disoccupazione molto importante. I governi al comando della nazione si dimostrarono
sempre più incapaci di migliorare la situazione economica e sociale del paese. Quindi la borghesia
imprenditoriale e del grande
capitale aveva paura di un avvento in
Italia di una rivoluzione di tipo
socialista, come in Russia nel 1917.
In questo contesto, i "Fasci di
combattimento" di Benito Mussolini,
vere e proprie formazioni
paramilitari creati nel 1919, sono
diventati la mano armata degli
industriali contro gli operai in
sciopero, le sedi dei sindacati e dei
partiti di sinistra, e i portavoce del
bisogno di rinascita e rivincita
nazionale dopo comunicazione della
cosiddetta "Vittoria mutilata". Il 28
ottobre 1922, inondazioni un po' sensazionale denominata "marcia su Roma", squadre fasciste provenienti
di tutta Italia si deferissero su Roma. Il re Vittorio Emanuele III, impaurito dalla prospettiva di una
guerra civile, nonché dell'ordine all'esercito di fermarle. Anzi, diede l'incarico a Mussolini di formare un
nuovo governo. Il re ebbe quindi la grave responsabilità legittimare un atto di forza con la nomina di
Mussolini al nuovo capo del governo.
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A. La politica del fascismo


Nelle prime elezioni generali del 1924, dopo l’asceso al potere di Mussolini, il partito fascista ottenne il
64% dei voti, grazie alle intimidazioni e alla violenza sistematica operata dalle squadre fasciste durante
le lezioni. Subito dopo, Giacomo Matteotti, il deputato socialista che aveva parlato apertamente in
Parlamento contro il fascismo denunciando il clima di violenza precedente le elezioni, fu rapito ed ucciso.
Fu solo l'inizio della graduale eliminazione, anche fisica, di qualsiasi opposizione politica. In un
famoso discorso in Parlamento, Mussolini assunse quest'omicidio. I partiti d'opposizione uscirono del
Parlamento in quella che fu chiamata la secessione dall'Aventino.
Come risposta Mussolini inizio subito il processo di “facistizzazione” dello Stato italiano nel 1925
completando la formazione dello stato totalitario coll'abolizione della stampa d’opposizione, lo
sioglimento di tutti i partiti, la soppressione del diritto di sciopero e dei sindacati, la nomina diretta dei
direttori di giornali da parte di Mussolini, l'istituzione del confino per i reati di opinione e il ripristino
della pena di morte. Nel 1929 furono firmati i Patti Lateranensi (detti anche Concordato) fra il
Vaticano e il governo di Mussolini. Fu un grande successo per Mussolini perché per la prima volta
dell'unità d'Italia, il Vaticano riconobbe ufficialmente il regno d'Italia, ed il governo italiano a sua volta
riconobbe il Vaticano come Stato indipendente mentre la religione cattolica fu dichiarata unica religione
dello Stato italiano, e fu garantito il suo insegnamento nelle scuole pubbliche.
All'estero, il regime fascista condusse una politica espansionistica. Nel 1935 l’invasione dell’Etiopia,
aggiunta all'Eritrea e alla Somalia, andò a formare l’Impero italiano presentato dal Duce come erede
diretto dell'antico Impero Romano. Segui nel 1936 la partecipazione dall'Italia della guerra civile
spagnola, a fianco delle truppe naziste e di quelle del generale Franco, contro il legittimo governo del
Fronte Popolare. Poi nel 1939, dopo l'invasione dell'Albania, fu firmato il Patto d'Acciaio con la
Germania. Questo patto segnava il progressivo avvicinamento di Mussolini con il regime nazista di
Hitler. Nel 1938, anche in Italia vennero prese misure antisemitiche. Furono proibiti i matrimoni misti,
gli ebrei non poterono più lavorare o studiare nelle scuole pubbliche di qualsiasi grado, e furono espulsi da
tutti gli uffici amministrativi dello Stato. Bisogna ricordare comunque che la politica del governo fascista
non prevedeva l'eliminazione fisica degli ebrei, come voleva Hitler in Germania. Solo dopo la caduta del
fascismo nel 1943 e l’occupazione dell'Italia settentrionale e centrale da parte dell'esercito nazista, gli
ebrei italiani furono deportati ed uccisi nei campi di sterminio nazisti.

B. Il
totalitarismo
fascista
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Il fascismo non fu una dittatura classica, tradizionale, ma un totalitarismo. Nel marasma di frasi
altisonanti e gli richiama all'obbedienza al "Capo" è possibile discernere tre concetti essenziali:
- Il fascismo si preoccupò di ottenere il consenso della popolazione, oltre che di operarne il
controllo, attuando così cosiddetta politica del bastone e della carota. L'irregimentazione della
popolazione, cominciando dai bambini e ragazzi, per costruire un nuovo uomo fascista, costituì il
cuore del totalitarismo fascista.
- L'esaltazione del nazionalismo, cioè dell'idea che l'individuo dovesse identificarsi con la nazione
italiana - prima che non è suo gruppo sociale o familiare - e che la nazione e il popolo italiano, avessero
particolari diritti da rivendicare - territoriali e politici - verso altre nazioni europee e non europee.
- L'esaltazione della passata gloria dell'impero Romano. Il regime fascista veniva presentato come
l'erede della tradizione romana e l'unico movimento che potesse riportare l'Italia all'antica posizione di
egemonia culturale e politica nel Mediterraneo.
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III.L’Italia nella Seconda Guerra mondiale

A. I Primi anni (1940-1943)


L'Italia non era preparata militarmente all'entrata in guerra, e la popolazione era in generale
pacifista e antitedesca, anche per ragioni storiche. La guerra però sembrava la logica conseguenza
della propaganda fascista che aveva sempre esaltato ricreazioni imperiali romane e la necessità per
l'Italia di avere il suo "posto al sole". Mussolini, inoltre, temeva che l'Italia avrebbe ricoperto un ruolo
subalterno nella nuova Europa “nazista” se avessi continuato con la sua politica di non belligeranza. Così,
nonostante le opinioni contrarie di alcuni suoi collaboratori, Mussolini, in un discorso memorabile seguito
da milioni di italiani, il 10 giugno 1940 dichiarò l'entrata in guerra a fianco della Germania contro
l'Inghilterra e la Francia.
Prima l'Italia
provò di fare
una “guerra
parallela” nel
Mediterraneo,
nell'Africa del
Nord e
nell'Africa
orientale. Dopo
alcune iniziali
avanzate in
Nord d’Africa e
in Grecia, la
guerra si rivelò
presto un disastro per l'esercito italiano. Nel pomeriggio del 1941, l’esercito italiano fu condannato ad
abbandonare l'attacco in Grecia e poi a ritirarsi. Hitler venne in aiuto dell'Italia e riuscì ad occupare la
Grecia e i Balcani. Nel novembre 1941 l’Italia perse l'Africa orientale italiana, orgoglio dell'imperialismo
fascista, che fu occupata dall'esercito inglese.
A causa delle sconfitte subite, Mussolini abbandonò la sua strategia offensiva parallela alla
Germania e cominciò ad assumere un ruolo di totale dipendenza nei confronti della Germania, fino
alla adesione italiana alla disastrosa campagna di Russia nel giugno 1941 voluta da Hitler dopo il fallimento
dei tentativi di invasione dell'Inghilterra. Nell'Unione Sovietica le truppe italiane, male equipaggiate per
le rigide temperature invernali, e messe in prima linea dai Tedeschi, subirono perdite enormi e morirono
decine di migliaia di soldati nella loro tragica ritirata tra novembre 1942 e marzo 1943.

A. La fine del regime fascista


A partire della seconda metà del 1942, le condizioni di vita della popolazione italiana si fecero
sempre più difficili, sia per la carenza di un genere di prima necessità causata dalla guerra e dalla
politica autarchica del regime, sia per i bombardamenti alleati dei maggiori città industriali del Nord che
colpivano fabbriche e linee ferroviarie, ma anche abitazioni e civili, con il fine di demoralizzare la
popolazione e di dimostrare la debolezza del regime fascista. Dal punto di vista militare, la guerra non
poteva andare peggio. Nel maggio 1943, gli eserciti italiano e tedesco in Nord d’Africa furono
sconfitti definitivamente dagli alleati che occuparono interamente l'Africa settentrionale. Migliaia di
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soldati italiani persero la vita in Nord d’Africa e ben 200.000 furono fatti prigionieri.
Poi, lo sbarco alleato in Sicilia nel luglio 1943 e l’occupazione dell'isola fu l’evento che convinsero il
re Vittorio Emanuele tre ed alcuni membri del Gran Consiglio del Fascismo ad agire. Il 25 luglio
1943, il Gran Consiglio del Fascismo votò una mozione di sfiducia contro Mussolini. Subito dopo, il re
lo fece arrestare e nominò Primo Ministro il maresciallo d'Italia Badoglio. Malgrado la reazione
immediatamente positiva della popolazione italiana, Badoglio dichiarò che la guerra sarebbe continuata e,
anche se aveva decretato lo scioglimento del partito fascista, non ristabiliti le piene libertà civili. Ma
dopo l'occupazione dell'Italia settentrionale e centrale dalle truppe tedesche, il governo Badoglio si
decise a firmare un armistizio con le forze alleate, che venne reso pubblico l'8 settembre 1943.
Mussolini venne liberato dai tedeschi il 12 settembre 1943, portato in Germania e poi rispedito
nell'Italia del nord dove fondò la Repubblica Sociale Italiana detta anche Repubblica di Salò (dal
nome della città sul Lago di Guarda dove aveva sede). Questa Repubblica era un governo fantoccio di
Hitler e controllava unicamente i territori del Nord occupati dall’esercito tedesco. Cominciò allora
una delle pagine più dolorose dell'occupazione nazista: la deportazione degli ebrei italiani nei campi
di concentramento tedeschi.

B. La guerra di liberazione
A questo punto, l’Italia era divisa in due. Il Nord e il Centro occupati dai tedeschi e amministrati dal
governo fascista di Salò, e il Sud occupato dagli alleati e amministrato dal Regno del Sud. Per le
popolazioni occupate dai tedeschi, l'obiettivo del conflitto era duplice: liberazione del territorio
nazionale dell'esercito tedesco invasore e sconfitta del fascismo.
Mentre gli alleati li attaccavano dal sud, tedeschi e “repubblichini” fascisti avevano un altro formidabile
nemico nel centro e nel mondo: le formazioni partigiane organizzate dal CLN (Comitato di Liberazione
Nazionale). Facevano parte di questa organizzazione tutti i partiti sopravvissuti nella clandestinità
durante il ventennio fascista - Partito Comunista e Partito Socialista - e quelli ricostituiti dopo l'8
settembre - Democrazia Cristiana e Partito d'Azione. L'esercito partigiano era formato da operai e
contadini, ma anche da soldati dispersi dopo l'8 settembre e da folti gruppi di intellettuali cresciuti
durante il fascismo e ora completamente delusi. I partigiani operavano principalmente nelle montagne e
nelle colline del centro e del nord. La tecnica di combattimento usata era la guerriglia, cioè la
messa in atto sabotaggi e di rapiti attacchi di sorpresa, seguiti da altrettanto rapide ritirate. I
vantaggi che formazioni partigiane avevano rispetto al nemico erano la conoscenza diretta del territorio
e l'appoggio da parte della popolazione civile a causa degli numerosissime violenze naziste
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perpetrate in tutta Italia anche contro i civili.


Gli alleati, dopo lo sbarco di Anzio, a sud di Roma il 22 gennaio 1944, avanzarono faticosamente e
riuscirono a liberare Roma solo il 4 giugno 1944, dopo che la città aveva subito nove mesi di durissima
occupazione tedesca, durante i quali i nazisti deportarono più di 2000 e breve campi di concentramento in
Germania. La liberazione generale del Nord d'Italia dall'esercito tedesco avvenne il 25 aprile 1945,
ad opera delle varie formazioni partigiane e della popolazione. Mussolini e la sua amante Claretta
Petacci, rifugiati a Milano dopo il 18 aprile 1945, furono fucilati dai partigiani il 28 aprile, portati
a Milano ed esposti in Piazza Loreto nel luogo dove i nazisti avevano ucciso diversi civili in una
rappresaglia.
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Conclusione

In Italia, quindi, la fine della seconda guerra mondiale e del nazifascismo avvennero grazie all'intervento
dell'esercito alleato, ma anche grazie all'eccezionale lotta condotta dal movimento partigiano. Il 25
aprile 1945 consegno solo la fine di una guerra lunga e tremenda, ma anche di vent'anni di oppressione e
di sofferenze inflitte dal regime fascista: per molti italiani questo doveva essere l'inizio di una nuova era
di pace, di giustizia sociale e di rinnovamento democratico. La contraddizione fra la presenza di questi
forti aspettative di rinnovamento e la mancata attuazione di vere riforme istituzionali e sociali e uno
degli elementi che caratterizzò la storia italiana del dopoguerra.

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