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GLI OCCHIALI D’ORO – GIORGIO BASSANI

TRAMA GENERALE
La storia inizia con la presentazione del protagonista, Athos Fadigati, un otorinolaringoiatra che nel 1919,
subito dopo la prima guerra mondiale, si trasferisce a Ferrara e apre uno studio medico in via Gorgadello.
L’autore si sofferma a lungo sulla descrizione dello studio: spazioso, accogliente e sempre piacevole,
caratteristiche che lo rendono quasi immediatamente un punto di incontro (il “salotto buono” di Ferrara) sia
per i borghesi sia per la gente del luogo. Mentre la vita pubblica di Athos Fadigati era nota a tutti, quella
privata invece rappresentava un oscuro mistero che dava adito a molti pettegolezzi.
Il suo comportamento “anomalo” nei confronti delle donne, fa sì che tra i suoi concittadini si diffonda l’idea
che il dottore sia omosessuale.
Nella prosecuzione del racconto, vengono narrati i fatti accaduti nel 1936, quando Athos Fadigati per
ottenere la libera docenza si reca a Bologna due volte a settimana in treno.
In questo frangente fa amicizia con il narratore della storia ed i suoi amici, studenti che prendono il suo
stesso treno e lo trattano sempre peggio alludendo pesantemente alla sua “diversità”.
L’estate successiva il dottore e Deliliers, un giovane opportunista e sfrontato conosciuto in treno,
trascorrono insieme le vacanze a Riccione. Nella località balneare vi è anche la famiglia del narratore; il
dottore passa gran tempo da solo, perché “l’amico” Deliliers si reca a Rimini per incontrare due gemelle di
Parma. Il comportamento scorretto di Deliliers raggiunge il suo apice quando un giorno, dopo aver
trafugato tutti i beni del professore, fugge via, lasciando Fadigati in uno stato di abbattimento e solitudine.
Questi decide quindi di tornare a Ferrara. Il narratore, molto legato al dottore, decide anch’esso di far
ritorno nella città emiliana, e qui incontra il protagonista, che cercando compagnia gli telefona
proponendogli di incontrarsi in riva al Po. Il narratore però si dimentica dell’appuntamento e il mattino
seguente sul giornale viene a sapere della morte del Fadigati annegato nel Po.
RIASSUNTO CAPITOLI DETTAGLIATO
il romanzo è costituito da 18 capitoli, la narrazione può sintetizzarsi in quattro macro-sequenze:
PRESENTAZIONE DEL DR. ATHOS FADIGATI E DESCRIZIONE DELLE SUE ABITUDINI, CHE
INIZIALMENTE NON PROVOCANO ALCUNO SCANDALO TRA I FERRARESI (CAPP. 1-3)
CAPITOLO 1
• Presentazione del dottor Athos Fadigati: proveniente da Venezia, dopo la prima guerra mondiale si
insedia a Ferrara dove apre uno studio medico da otorinolaringoiatra.
• Riferimenti storici al biennio rosso e alla presa del potere del fascismo.
• Descrizione fisica: ha “colorito terreo”, “guance glabre”, la pinguedine del “cardiaco congenito”.
Gradevolmente grassoccio, teme il freddo e si mostra cortese con tutti.
•Direttore al Sant’Anna del reparto orecchio-naso-gola, il suo ambulatorio in via Gorgadello a Ferrara è il
più prestigioso e avanzato della città, frequentato dalla buona borghesia che poteva intrattenersi anche in
piacevoli conversazioni col dottore, esperto d’arte e di musica wagneriana.
CAPITOLO 2
• La curiosità dei cittadini per le attività di Fadigati nel tempo libero: come trascorre le serate? Alle otto, otto
e un quarto, eccolo a zonzo per le vie di Ferrara. Ora davanti a una vetrina, ora presso le bancarelle del
Duomo. Nei portici di via San Romano, tra la folla plebea.
•- Alle dieci non mancava allo spettacolo di uno dei quattro cinema di Ferrara: alla galleria delle persone
distinte, preferiva la platea. Simpatico a tutti, incuriosiva quel suo tratto da bohemien che non gli impediva
di frequentare i due Circoli cittadini dei Negozianti e dell’Unione.
•- Uomo affermato e di successo, gli manca solo una donna, si dicono i ferraresi; finché un giorno
cominciarono a udirsi strane voci…
CAPITOLO 3
• L’omosessualità del dottore non fa scandalo, incuriosisce i più maliziosi ma non pregiudica l’opinione su di
lui. Nel buio della sala cinematografica, qualcuno scruta alla ricerca del luccichio dei suoi occhiali d’oro in
platea, ma finisce lì. Se l’incontrano sul treno, i concittadini sono ben lieti di scambiare due chiacchiere con
lui sul Maggio musicale fiorentino.
• A lode del dottore la sua discrezione, che non sconfina mai nell’indecenza. Talvolta venivano fatti i nomi
dei suoi accompagnatori: la guardia municipale Manservigi dagli occhi azzurri, l’usciere comunale Trapolini,
un ex giocatore della Spal – Olao Bausi – ma mai un episodio sconveniente in pubblico…
FREQUENTAZIONE DI FADIGATI COL GRUPPO DI STUDENTI UNIVERSITARI, DI CUI FA PARTE IL
NARRATORE, DURANTE I VIAGGI IN TRENO PER BOLOGNA (CAPP.4-7)
CAPITOLO 4
• Sul treno Ferrara-Bologna, in partenza poco prima delle 7, salivano gli studenti universitari che andavano
a lezione nel capoluogo. Accelerato con sei carrozze di terza e una di seconda classe, pareva dimenticato
da tutti, cumulando ritardi a dispetto delle autorità che facevano vanto di far viaggiare in orario i convogli
ferroviari.
• In 3ª classe siede il narratore, coi suoi compagni di studio fra i quali era anche Erardo Deliliers, matricola
a Scienze politiche dal temperamento sbruffone e arrogante. Da Poggio Renatico in poi, i vagoni di terza si
riempiono di una piccola folla di vilains (studenti medi, mercanti di bestiame, qualche maestro…), mentre il
solo vagone di seconda viaggia vuoto, occupato solo dal personale del treno dedito a partite di scopa e
tressette.
• È proprio Deliliers a scoprire, nel febbraio 1937, che l’unico viaggiatore in seconda classe è il dottor
Fadigati, condotto ogni martedì e venerdì alla stazione dall’autista di un’Astura Lancia color verde. Alla
domanda di Bianca Sgarbi, studentessa di Lettere, fidanzata di Nino Bottecchiari, nipote dell’ex deputato
socialista, su chi sia Fadigati, Deliliers risponde: “Oh, un vecchio finocchio”.
CAPITOLO 5
• Per sfuggire alla solitudine dello scompartimento di 2ª, Fadigati comincia a passare in 3ª . All’inizio si faceva aprire la
porta di comunicazione dal capotreno, che come un carceriere gliel’apriva sbuffando. Poi, per non infastidire più i
ferrovieri impegnati a giocare, decise di fare da sé scendendo a Poggio Renatico e passando di vagone.

• I primi contatti con gli studenti avvengono tuttavia a Bologna, all’uscita dalla stazione. Fadigati parla loro del tempo e
di altre banalità, ma basta che uno solo gli risponda che lui rivela subito di conoscerli bene tutti, avendoli visti crescere
uno per uno.

• Gli incontri si susseguono e nasce una forma di amicizia fra il dottore e il gruppo di studenti, tanto che dall’aprile
1937 Fadigati fa il viaggio in treno con loro.

CAPITOLO 6
• Con indulgenza paterna Fadigati assiste alle discussioni fra gli studenti, che spaziano dallo sport alla politica, dalla
letteratura ai sentimenti. Forse ancora non sa che essi sanno il suo segreto. O per lo meno si illude che sia così.

• Viaggiando in loro compagnia, confida Fadigati, gli sembra d’esser tornato ai tempi in cui era studente quando
faceva anche lui il pendolare fra Venezia e Padova (1910-15 e laurea con lode).

• Il dottore si apre coi giovani: racconta di sua mamma, della solitudine di studente in subaffitto, dell’orto di alcuni
contadini… Finché, non è interrotto bruscamente da Deliliers che, destandosi dal sonno, allude villanamente alla sua
omosessualità.

• Quell’attimo di abbandono costa caro al dottore, che si ritrae temendo il ridicolo.

CAPITOLO 7
• Fadigati è riservato, ma ciononostante il gruppo di studenti comincia a mostrarsi poco rispettoso nei suoi confronti.
Più aumentano le sgarberie (di Deliliers in particolare) e più il dottore si affanna di essere simpatico.

• Respinto su più fronti (dal cinema alla musica), si avventura nella politica ed esprime favore all’invio di legionari
italiani in Spagna a sostegno dei franchisti. Bottecchiari lo rimbecca duramente, lasciandolo quasi balbettante e
sorpreso (forse piacevolmente sorpreso dal manifestarsi dello scetticismo nello studente verso il regime).

• Nello sport l’interlocutore privilegiato era Deliliers, campione di boxe. Altro che solo violenza e brutalità, la boxe è
davvero la noble art, spiega il giovane ridicolizzando il Fadigati prodigo di consigli prudenti.

• Provocazione di Deliliers sofferente di malattie veneree.

• Alla pasticceria Majani, nel mese di giugno, il narratore e i suoi amici scorgono il dottor Fadigati in mezzo al gruppo
di giovani atleti fra i quali è Deliliers, quasi “un padre dal cuore tenero, il quale abbia consentito di pagare il gelato a un
branco di figli e nipotini turbolenti”.
VACANZE ESTIVE A RICCIONE NEL 1937, DOVE L’AMICIZIA TRA FADIGATI E IL GIOVANE
ARROGANTE DELILIERS SUSCITA SCANDALO TRA I BENPENSANTI: CIONONOSTANTE SI
INFITTISCONO I COLLOQUI TRA IL NARRATORE E IL MEDICO, CHE ALLA FINE VIENE
ABBANDONATO E DERUBATO DA DELILIERS (CAPP. 8-12);
CAPITOLO 8
• È l’estate del 1937: il narratore, con la madre e la sorella Fanny sono in vacanza in una villetta di
Riccione, mentre il padre è rimasto a Ferrara in attesa di raggiungerli più tardi. In spiaggia tutti parlano
dell’amicizia scandalosa tra Fadigati e Deliliers, che passano da un albergo all’altro della riviera adriatica su
una due posti rossa Alfa Romeo 1750.
• Il 20 agosto i due sono di nuovo a Riccione, nel Grand Hotel ove alloggiano nella stessa stanza. Deliliers
guida spavaldo l’auto e balla ogni sera, mentre il dottore lo osserva nelle sue evoluzioni con le ragazze del
posto.
• Primo ad arrivare in spiaggia, Fadigati siede in riva al mare sotto l’ombrellone; Deliliers giunge solo alle 11
nello splendore dei suoi vent’anni.
• La vicina d’ombrellone della famiglia del narratore, la pettegola signora Lavezzoli, tiene informati tutti sulla
nuova coppia (gli “sposini”). Per lei il dottore non era “scusabile in nessun modo”. Manifestare così il suo
vizio era da degenerato.
• Il narratore sa, invece, che in quel comportamento c’era il marchio di Deliliers, tutta la sua cattiveria e
strafottenza.
• Il 25 agosto arriva in spiaggia il padre del narratore ignaro di tutto, il quale conversa con Fadigati
CAPITOLO 9
• Fadigati si unisce, un po’ esitante, al gruppo della famiglia del narratore e dei Lavezzoli e inizia a
conversare con loro, finalmente sereno. Tuttavia, appena vanta l’Adriatico rispetto alla costa tirrenica ecco
che la signora Lavezzoli reagisce aspra, per dare sfogo alla sua malignità nei confronti del dottore.
• Di lontano scorgono Mussolini, subito lodato dalla Lavezzoli mentre il padre del narratore esprime il suo
disappunto cercando una sponda nell’avvocato Lavezzoli che, stupendolo, si rivela invece un convinto
fautore del regime. La signora racconta pure di aver visto piangere il Duce alla notizia dell’uccisione del
cancelliere austriaco Dollfuss nel ’34.
• Fadigati, umiliato da un frase acida della Lavezzoli sul suo rapporto con Deliliers, si allontana
frettolosamente e si dirige verso l’albergo, stravolto dall’ansia per il ritardo del suo giovane amico. Il padre
del narratore, messo infine al corrente di ogni cosa, commenta sottovoce: “Puvràz” (poveraccio).
CAPITOLO 10
• Dopo pranzo, il narratore torna sulla spiaggia deserta investita dal grecale. Quando alle cinque giunge
alla rotonda dinanzi al Grand Hotel nota Fadigati, seduto su una panchina di cemento, e si ferma a parlare
con lui.
• Per terra una dozzina di mozziconi di sigaretta testimonia l’ansiosa attesa del dottore, ma il narratore non
ha il coraggio di chiedergli di Deliliers. Questi si era recato a Rimini con la macchina, per raggiungere due
sorelle di Parma e al suo rientro, alle otto di mattina, aveva litigato col dottore nell’atrio dell’hotel.
• La sera, di ritorno dal tennis, il narratore è sulla terrazza del Grand Hotel dove discute di politica con la
signora Lavezzoli, che nel suo fanatismo aderisce in pieno alla propaganda anti-giudaica. Il narratore
preferisce a quel punto allontanarsi e, nella sala, è avvicinato da Deliliers che lo invita a seguirlo l’indomani
a Rimini all’appuntamento con le due sorelle.
• Raggiunto da Fadigati, Deliliers parte con lui a bordo della rombante Alfa Romeo, quasi a festeggiare
l’avvenuta riconciliazione.
CAPITOLO 11
• Il narratore decide di non seguire Deliliers e raggiunge in spiaggia Fadigati “abbandonato a una
solitudine… immensa”. I genitori del narratore arrivano poco dopo e sembrano scontenti che egli si
intrattenga col dottore.
• Il padre del narratore abbandona ogni proposito di “sostenutezza” e conversa anch’egli con Fadigati di
letteratura antica e moderna. Il clima disteso consente al dottore di sopportare meglio le frecciate velenose
della signora Lavezzoli, sopraggiunta in spiaggia dopo la messa.
• Visto che Deliliers persiste nelle sue scorribande, Fadigati ricerca sempre più la compagnia del narratore
e della sua famiglia. Nel pomeriggio prende a frequentare il campo da tennis dove il narratore gioca coi tre
figli dei Lavezzoli.
• Non sapendo cos’altro fare, Fadigati riempie il vuoto delle sue giornate facendo l’arbitro dei set fra i
quattro giovani tennisti dilettanti.
CAPITOLO 12
• Il temporale del 31 agosto segna il cambio di stagione: l’estate era un ricordo e il narratore preferisce
restare in casa a studiare, anziché recarsi in spiaggia. Un giorno è disturbato dalle proteste della signora
Lavezzoli, indignata a causa dell’ultima scenata fra Deliliers e il dottor Fadigati.
• Mentre sta per andare al tennis, il narratore è fermato dal padre che l’avverte che i Lavezzoli non ci
saranno. Gli comunica pure che ha scritto il fratello Ernesto da Londra, ma il narratore non si ferma e
prosegue verso il campo da tennis dove trova Fadigati, i cui occhiali sono incrinati.
• Fadigati racconta del suo diverbio con Deliliers, che ha reagito dandogli un pugno in faccia davanti a tutti.
Il dottore mostra al narratore il biglietto ritrovato in camera, nel quale Deliliers ironicamente gli dava l’addio
dopo averlo derubato di tutto.
• Il dottore è in partenza per Ferrara. Alla richiesta del narratore su perché non denuncia Deliliers, il dottore
risponde sorpreso: “Denunciarlo?... Ma le pare possibile?”.
MENTRE MONTA LA CAMPAGNA ANTI-GIUDAICA, IL NARRATORE RIENTRA A FERRARA DOVE
RIVEDE FADIGATI, SEMPRE PIÙ SOLO E ALLA RICERCA DI UN CONTATTO UMANO: DOPO UN
APPUNTAMENTO TELEFONICO MANCATO, IL NARRATORE LEGGE SUL GIORNALE DEL SUICIDIO
DI FADIGATI (CAPP. 13-18)
CAPITOLO 13
• Il 10 ottobre il narratore rientra a Ferrara. Le ultime settimane a Riccione sono segnate dal montare della
campagna anti-giudaica sui giornali, che sconvolge la famiglia del narratore. Questi si chiude in un silenzio
ostinato, compiendo solitarie pedalate per più giorni di seguito.
• A Ferrara, il narratore fa un giro in bici per la città e sosta al cimitero israelitico. La tranquillità del luogo
attenua le angosce per il futuro incerto, finché in Corso Roma incontra Nino Bottechiari col quale passeggia
sino al Duomo.
• Bottechiari rivela che Deliliers è a Parigi, da dove ha scritto una lettera per insultare i vecchi amici
giudicati squallidi provinciali. Ciò dà modo a Bottechiari di esprimersi sul degrado dei tempi moderni e
dell’Italia.
CAPITOLO 14
• Dalla Messa di mezzogiorno escono frotte di giovani, visti ora con occhi diversi dal narratore che soffre
per la sua condizione di ebreo. Le sue riflessioni sono interrotte dallo strillone Cenzo, un mezzo deficiente
che grida un titolo che annuncia nuove misure contro i giudei.
• Cresce nel narratore l’odio dell’ebreo verso i goi, i cattolici. Bottechiari cerca di affrontare l’argomento
provando a rassicurare il narratore. Per Bottechiari gli Italiani sono incapaci di senso del tragico, ma così
dicendo si rende conto di quanto inopportune siano le sue parole.
• Alla fine, Bottechiari chiede al narratore se doveva o meno accettare l’incarico di Addetto alla Cultura
offertogli dal Carini, esponente del Partito fascista. Di famiglia socialista è il caso che accetti o no? Il
narratore lo esorta a farlo. Contento del parere, Bottechiari si augura di riprendere l’argomento e di
mantenere i contatti.
CAPITOLO 15
• Il narratore, durante una passeggiata notturna per Ferrara, incontra di nuovo il dr. Fadigati. Il dottore è
seguito da una cagna randagia, alla quale si rivolge con affetto quasi ad alleviare la sua solitudine. Mentre
si salutano, da un bordello nei pressi esce un gruppo di giovani e, per evitarne i probabili atti di prepotenza,
i due si allontanano.
• Il dr. Fadigati, invecchiato velocemente negli ultimi mesi, confessa al narratore le sue disgrazie: dopo i
fatti dell’estate è stato esonerato dall’incarico in ospedale e lo studio privato è ora per lo più deserto, tanto
che non sa se riuscirà a mantenerlo. Il narratore gli suggerisce di partire, ma il dottore chiede se servirebbe
davvero.
• A un certo punto, Fadigati quasi rimpiange di non essere senza pensieri come la cagna che lo segue.
Perché non “ammettere di essere soltanto una bestia?”. Il narratore replica che sarebbe come dire “perché
un cittadino italiano non si decide ad ammettere di essere soltanto un ebreo?”.
• Il dottore rileva però che il suo caso è diverso da quello del narratore, per il quale l’essere ebreo non
costituisce una diminuzione. Invece, lui non riesce più a tollerarsi dopo le umiliazioni subite da Deliliers.
Come al solito la vittima Fadigati consentiva al carnefice Deliliers. Al contrario del narratore che, di fronte al
sopruso, riesce a provare solo odio. I due si lasciano sulla soglia della casa del narratore, che per
benevolenza dice di risentirsi al telefono.
CAPITOLO 16
• Due giorni dopo il dr. Fadigati telefona al narratore, che dopo un primo momento di incertezza si mostra
gentile.
• Il dottore racconta che la cagna randagia l’ha poi seguito fino a casa. La mattina dopo, quando l’ha
accompagnata fuori, passeggiando per strada, ha sentito il garzone del fornaio che l’ha richiamata: la
cagna era sua. Prima di allontanarsi, però, la cagna ha rivolto un ultimo sguardo al dottore sempre più solo.
• La conversazione per il narratore diventa sempre più imbarazzante, perché non sa cosa rispondere e
teme che i famigliari capiscano con chi sta parlando. Prima di chiudere la telefonata, fissano un
appuntamento per il sabato per andare a vedere insieme il livello del Po a Pontelagoscuro.
CAPITOLO 17
• Le piogge di sabato e domenica fanno dimenticare al narratore la promessa di Fadigati che evita di
telefonare e il narratore, per pura dimenticanza, trascura anche lui di chiamare.
• Nella domenica, il narratore dà ripetizioni di latino alla sorella Fanny. Per consolarla di un rimprovero
promette di accompagnarla al cinema, ma poi all’Excelsior ci va da solo. Dentro la sala, il narratore siede
contrariamente al solito in platea. Qui, con lo sguardo, cerca il dr. Fadigati sebbene l’orario non sia il solito
suo.
• Uscito dal cinema alle sette di sera, prova a telefonargli da una cabina ma non risponde nessuno.
Riprende la strada verso casa e, dopo aver comprato il giornale dallo strillone Cenzo, trova la madre
allegra perché il fratello Ernesto ha annunciato il suo rientro da Parigi.
• Il narratore chiede se ha telefonato qualcuno per lui. Ma la madre ricorda solo la telefonata di Bottecchiari.
Al rientro, il padre annuncia grandi novità e guarda distrattamente il telegramma di Ernesto, cosicché la
madre mostra prima il broncio e poi si decide a chiedere di cosa si tratta.
CAPITOLO 18
• Il padre ha saputo dall’avv. Geremia Tabet, ben “dentro alle segrete cose”, che nonostante la campagna
in corso non sarà varata alcuna legge razziale contro gli Ebrei. Il narratore è scettico e dubbioso, ma
soprattutto non condivide l’ingenua fiducia del padre.
• Preso il giornale, non riesce a leggerlo perché travolto dai pensieri. Il senso di solitudine degli ultimi mesi
diviene ancora più atroce, perché comprende quale diversità ci sia anche rispetto al padre che si
comportava come fosse stato riabilitato.
• Dopo aver osservato il padre, il narratore ricomincia a leggere e infine gli occhi cadono su un titolo di
cronaca: “Noto professionista ferrarese annegato nelle acque del Po presso Pontelagoscuro”. Dopo un
primo spaesamento, comprende cosa è successo. Sebbene l’articolo parlasse solo di disgrazia, per il
narratore non ci sono dubbi sul suicidio del povero dr. Fadigati, disonorato e senza più ragione alcuna di
restare al mondo.

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