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Il Ritorno al nucleare
La Corte Costituzionale ha in
parte bocciato ritorno dell'energia atomica nel Belpaese: le Regioni devono poter dire
la loro. Ecco tutti i nodi da sciogliere 05 febbraio 2011 di Fabio Deotto Negli Usa si
investono milioni di dollari per finanziare innovativi sistemi mini-idrolettrici per
ottenere enormi quantità di energia senza bisogno di dighe, a Stanford brevettano celle
solari a tripla efficienza, in Norvegia si prova a catturare energia geotermica
spingendosi 10 km nella crosta terrestre.
Radioattività e scorie
Altri rischi
Oltre al problema dello stoccaggio e della messa in sicurezza delle scorie radioattive,
diverse associazioni ambientaliste e siti di informazione hanno posto l’accento su rischi
legati alle caratteristiche geofisiche e ambientali del nostro Paese. In questi giorni sono
stati ventilati i possibili siti che dovranno ospitare le nuove centrali (o le relative scorie),
ma, se si vanno a confrontare le ubicazioni papabili con le mappe relative al rischio
geosismico e al rischio di incendio nelle varie regioni della penisola, diventa chiaro
quanto sarà difficile individuare siti a basso rischio.
Nuclearisti e anti-nuclearisti
Come spesso accade in Italia, un tema caldo come quello del nucleare ha creato una
spaccatura tra chi invoca un nucleare moderno, pulito e sicuro, e chi ritiene che la
scelta di tornare a spaccare l’atomo sia un gravissimo errore di cui pochi conoscono le
vere conseguenze. Tra questi ultimi c’è la dottoressa Helen Caldicott, studiosa degli
effetti delle radiazioni sui bambini e autrice del libro “ Il Nucleare non è la risposta”,
nel quale illustra l’energia nucleare come: costosissima (reattori dai 12 ai 15 miliardi di
dollari), tutt’altro che sicura, responsabile di scorie radioattive non smaltibili prima di
500 milioni di anni e impossibili da mettere in sicurezza.
Il nuovo referendum
“Volete voi che sia abrogato il decreto-legge 25 giugno 2008?”. Comincia così il lungo
quesito referendario presentato dall’Italia dei Valori e dichiarato ammissibile lo scorso
12 gennaio dalla Corte Costituzionale. Accoppiando la campagna referendaria contro il
ritorno del nucleare a quella contro la privatizzazione dell’acqua, il partito di Antonio Di
Pietro è riuscito a raccogliere 2 milioni di firme, molte più di quelle richieste per
l’approvazione del referendum. Per motivare il ricorso al referendum,il partito spiega:
“Passare all’energia nucleare significherebbe ritrovarsi domani con i problemi che oggi
pone lo stoccaggio dei rifiuti. I cittadini non avrebbero alcuna voce in capitolo sulla
collocazione delle centrali. Non è vero che, in compenso, le bollette verranno
abbassate. Al contrario: dal momento che sarà necessario un massiccio finanziamento
pubblico a supporto dei privati, le bollette finiranno per diventare più care. In più, le
centrali per funzionare hanno bisogno dell’uranio che in Italia non c’è. Dunque
dovremmo importare anche quello”.
I cittadini italiani verranno chiamati una seconda volta a dire la loro sul nucleare, ma se
nel 1987 l’eco di Chernobyl era ancora forte, nel 2011 l’allarme nucleare è
parzialmente rientrato e questo potrebbe portare non tanto a una prevalenza del no,
quanto a un mancato raggiungimento del quorum.