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Forma Sonata in Ludwig Van

Beethoven – Sinfonia N. 1
ArmoniaMusicale

Analisi dettagliata del Primo Tempo del Quartetto per Archi op 18 n. 1 in


Fa Maggiore di Ludwig van Beethoven

Nell’opera di Ludwig Van Beethoven la forma sonata raggiunge vette


eccezionali, concretizzate in molte opere destinate a strumenti o gruppi
strumentali diversi. È tipica dei pezzi in forma sonata di Beethoven la netta
contrapposizione tra due temi, ma anche la presenza di uno sviluppo
importante e di un periodo di conclusione di solito abbastanza vasto.

Nello schema “classico” della sonata (per pianoforte, ma anche per


pianoforte ed un altro strumento), la forma sonata è utilizzata soltanto nel
primo tempo, che di regola è un movimento in tempo allegro, mentre il
secondo tempo, di andamento più lento, è in forma più semplice (lied o
simili), e il terzo tempo è in forma di rondò, cioè qualcosa di simile ad una
canzone articolata in ritornello e strofe. Lo stesso schema si ritrova nei
concerti solistici, ad esempio nei numerosi concerti per pianoforte e
orchestra di Mozart, anche se nel caso del concerto la forma sonata del
primo tempo è ampliata per la presenza di una introduzione solo
orchestrale. Invece nel quartetto per archi e nella sinfonia i tempi sono
solitamente quattro, essendo aggiunto un minuetto o uno scherzo tra il
tempo lento ed il finale. Beethoven si attiene “in linea di massima”a questo
schema, soprattutto nelle opere del primo periodo, ma spesso introduce
delle notevoli innovazioni formali.

La prima sinfonia di Beethoven : forma sonata

Nella prima sinfonia ad esempio (op. 21 in do maggiore) la forma sonata è


utilizzata in tre tempi su quattro (cosa che peraltro già si trova nella
sinfonia n. 40 di Mozart), ed il minuetto ha in realtà un andamento
talmente rapido da farlo già assomigliare ad uno scherzo. Le prime sonate
per pianoforte sono anch’esse in quattro tempi, e la forma sonata è
utilizzata nel primo di essi ma anche altrove; la celebre sonata “quasi una
fantasia” op. 27 n. 2 utilizza la forma sonata solo nel finale (Presto agitato).
Ma osservando il vasto corpus delle sonate pianistiche beethoveniane si
notano altre eccezioni: sonate in due soli tempi (ad esempio l’op. 54, ma si
potrebbe dire anche l’op. 53), uso della forma del tema variato ed anche
della fuga (soprattutto nelle ultime sonate), addirittura un caso in cui
nessuno dei quattro movimenti è in forma sonata (accade nell’op. 26).

La forma sonata nei quartetti per archi di Ludwig Van


Beethoven

I quartetti per archi di Beethoven sono quasi sempre in quattro tempi,


secondo l’usuale schema allegro iniziale – movimento lento – minuetto o
scherzo – finale (di nuovo allegro); perciò in linea di massima si tratta
dello stesso schema di una sinfonia. Ma, come le sonate per pianoforte,
anche i quartetti hanno rappresentato per Beethoven un terreno fertile per
la sperimentazione di ardite innovazioni formali: se i quartetti del primo e
del secondo periodo tutto sommato rientrano nello schema detto sopra (a
parte qualche inversione tra lo scherzo e il tempo lento o la sostituzione del
finale con un tema variato, come accade ad esempio nell’op. 74), nei
quartetti composti negli ultimi anni di vita si nota un progressivo
allontanamento dallo schema classico, analogamente a quanto avveniva
parallelamente nelle ultime sonate pianistiche: movimenti che contengono
continue alternanze di tempo (vedi ad esempio il Maestoso – Allegro del
primo tempo dell’op. 127, ma anche l’Adagio ma non troppo – Allegro del
primo tempo dell’op. 130); movimenti rapidi tecnicamente molto arditi, sul
modello dello scherzo ma non necessariamente in ritmo ternario; inoltre,
un’alternanza di movimenti allegri e lenti che porta in certi casi ad
ampliare il numero complessivo dei brani: ad esempio, l’op. 130 consta di
sei tempi (doveva concludersi con la celebre “Grande Fuga”, poi pubblicata
a parte come op. 133 e sostituita da un diverso finale); nell’op. 131 i tempi
sarebbero addirittura sette, ma in realtà è quasi impossibile stabilirne con
certezza il numero, per la presenza di una sezione intermedia (Allegro
moderato – Adagio) che, pur recando un’indicazione di tempo a sé, sembra
concepita come una breve “frase di raccordo” tra due tempi. In ciascuna di
queste stupefacenti opere c’è sempre almeno un pezzo scritto in forma
sonata, ma l’atmosfera che si respira è quella di una grandissima libertà
formale, seppure nel segno di una mirabile “unità di fondo” di tutto
l’insieme.

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