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Indice
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• 1 La sindrome
• 2 Le fasi del burnout
• 3 Le cause del burnout
• 4 Le conseguenze del burnout
• 5 Note
• 6 Bibliografia
• 7 Voci correlate
• 8 Collegamenti esterni
La sindrome [modifica]
Il burnout interessa educatori, medici di base, insegnanti, poliziotti, poliziotti penitenziari, vigili del
fuoco, carabinieri, sacerdoti e religiosi (in particolare se in missione) [1], infermieri, operatori
assistenziali, tecnici di radiologia medica, psicologi, psichiatri, avvocati, assistenti sociali,
fisioterapisti, anestesisti, medici ospedalieri, studenti di medicina, responsabili e addetti a servizi di
prevenzione e protezione, personale della protezione civile, operatori del volontariato, ricercatori [2]
ecc. Queste figure sono caricate da una duplice fonte di stress: il loro stress personale e quello della
persona aiutata.
Ne consegue che, se non opportunamente trattati, questi soggetti cominciano a sviluppare un lento
processo di "logoramento" o "decadenza" psicofisica dovuta alla mancanza di energie e di capacità
per sostenere e scaricare lo stress accumulato ("burnout" in inglese significa proprio "bruciarsi"). In
tali condizioni può anche succedere che queste persone si facciano un carico eccessivo delle
problematiche delle persone a cui badano, non riuscendo così più a discernere tra la propria vita e la
loro. Il burnout comporta esaurimento emotivo, depersonalizzazione, un atteggiamento spesso
improntato al cinismo e un sentimento di ridotta realizzazione personale. Il soggetto tende a
sfuggire l'ambiente lavorativo assentandosi sempre più spesso e lavorando con entusiasmo ed
1
interesse sempre minori, a provare frustrazione e insoddisfazione, nonché una ridotta empatia nei
confronti delle persone delle quali dovrebbe occuparsi. Il burnout si accompagna spesso ad un
deterioramento del benessere fisico, a sintomi psicosomatici come l'insonnia e psicologici come la
depressione.I disagi si avvertono dapprima nel campo professionale, ma poi vengono con facilità
trasportati sul piano personale: l'abuso di alcol, di sostanze psicoattive ed il rischio di suicidio sono
elevati nei soggetti affetti da burnout.[3]
Per misurare il burnout ci sono diverse scale ma è da ricordare la scala di Maslach: un questionario
di 22 items, ossia domande, atte a stabilire se nell'individuo sono attive dinamiche psicofisiche che
rientrano nel burnout. A ogni domanda il soggetto interessato deve rispondere inserendo un valore
da 0 a 6 per indicare intensità e frequenza con cui si verificano le sensazioni descritte nella
domanda stessa.
La prevalenza della sindrome nelle varie professioni non è ancora stata chiaramente definita, ma
sembra essere piuttosto elevata tra operatori sanitari quali medici e infermieri (ad esempio, secondo
un recente studio olandese in Psychological Reports, non meno del 40% dei medici di base
andrebbe incontro ad elevati livelli di burnout), insegnanti e poliziotti.[4] [5] [6]
Nella seconda (stagnazione) il soggetto, sottoposto a carichi di lavoro e di stress eccessivi, inizia a
rendersi conto di come le sue aspettative non coincidano con la realtà lavorativa. L'entusiasmo,
l'interesse ed il senso di gratificazione legati alla professione iniziano a diminuire.
Nella terza fase (frustrazione) il soggetto affetto da burnout avverte sentimenti di inutilità, di
inadeguatezza, di insoddisfazione, uniti alla percezione di essere sfruttato, oberato di lavoro e poco
apprezzato; spesso tende a mettere in atto comportamenti di fuga dall'ambiente lavorativo, ed
eventualmente atteggiamenti aggressivi verso gli altri o verso se stesso.
Nel corso della quarta fase (apatia) l'interesse e la passione per il proprio lavoro si spengono
completamente e all'empatia subentra l'indifferenza, fino ad una vera e propria "morte
professionale".
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• mancanza di controllo: il disadattamento si verifica quando l'individuo percepisce di avere
insufficiente controllo sulle risorse necessarie pre svolgere il proprio lavoro oppure quando
non ha sufficiente autorità per attuare l'attività nella maniera che ritiene più efficace.
• riconoscimento: si ha disadattamento quando si percepisce di ricevere un ricononscimento
inadeguato per il lavoro svolto.
• senso di comunità: è presente disadattamento quando crolla il senso di appartenenza
comunitario all'ambiente di lavoro, ovvero quando si percepisce che manca il sostegno, la
fiducia reciproca ed il rispetto e le relazioni vengono vissute in modo distaccato ed
impersonale.
• assenza di equità: si ha disadattamento quando non viene percepita l'equità nell'ambiente di
lavoro in ambiti quali, ad esempio, l'assegnazione dei carichi di lavoro e della retribuzione o
l'attribuzione di promozioni e avanzamenti di carriera.
• valori contrastanti: il disadattamento nasce quando si vive un conflitto di valori all'interno
del contesto di lavoro e cioè quando la persona non condivide i valori che l'organizzazione
trasmette oppure quando i valori non trovano corrispondenza, a livello organizzativo, nelle
scelte operate e nella condotta.
A LIVELLO ORGANIZZATIVO:
• Aumento dell'assenteismo
• Aumento del turnover
• Calo della performace
• Calo della qualità del servizio
• Calo della soddisfazione lavorativa
Note [modifica]
1. ^ Il Burn Out tra i preti di Giandomenico Mucci S.I.. URL consultato il 11-04-2009.
2. ^ Gannon F (Dec 2008). Burnout.. EMBO Rep. 9 (12): 1157.
3. ^ Burn Out, La speranza.net. URL consultato il 25-10-2007.
4. ^ Burn Out, La speranza.net. URL consultato il 25-10-2007.
5. ^ Christina Maslach, La sindrome del burnout. Il prezzo dell'aiuto agli altri, Cittadella
Editrice, 1997.
6. ^ Burn-Out. URL consultato il 25-10-2007.
7. ^ La sindrome del burn-out. URL consultato il 25-10-2007.
8. ^ Il BurnOut...Chi aiuta chi aiuta?. URL consultato il 25-10-2007.
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Bibliografia [modifica]
• Herbert Freudenberger e Geraldine Richelson, Burnout: The High Cost of High
Achievement, Bantam Books, 1980, ISBN 978-0-553-20048-5
• Del Rio G. (1990); Stress e lavoro nei servizi. Sintomi, cause e rimedi del burnout. NIS
Roma
• Christina Maslach, La sindrome del burnout. Il prezzo dell'aiuto agli altri, Cittadella
Editrice, 1997
• Ferdinando Pellegrino, La Sindrome del Burn-out, Centro Scientifico Editore, Torino, 2009
• Nicola Alberto De Carlo, Teorie e strumenti per lo psicologo del lavoro e delle
organizzazioni, Volume quarto, Franco Angeli
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Alcuni autori lo identificano con lo stress lavorativo specifico delle helping professions, altri
affermano che il burn-out si discosta dallo stress per la depersonalizzazione, cui esso dà luogo, che
è caratterizzata da un atteggiamento di indifferenza, malevolenza e di cinismo verso i destinatari
della propria attività lavorativa.
Il burn-out può anche essere inteso come una strategia particolare adottata dagli operatori per
contrastare la condizione di stress lavorativo determinata da uno squilibrio tra richieste/esigenze
lavorative e risorse disponibili. Comunque esso va inteso come un processo multifattoriale che
riguarda sia i soggetti che la sfera organizzativa e sociale nella quale operano.
Il concetto di burn-out (alla lettera essere bruciati, esauriti, scoppiati) è stato introdotto per indicare
una serie di fenomeni di affaticamento, logoramento e improduttività lavorativa registrati nei
lavoratori inseriti in attività professionali a carattere sociale. Questa sindrome è stata osservata per
la prima volta negli Stati Uniti in persone che svolgevano diverse professioni d’aiuto: infermieri,
medici, insegnanti, assistenti sociali, poliziotti, operatori di ospedali psichiatrici, operatori per
l’infanzia.
Attualmente non esiste una definizione universalmente condivisa del termine burn-out.
Freudenberger è stato il primo studioso a usare il termine “burn-out” per indicare un complesso di
sintomi, quali logoramento, esaurimento e depressione riscontrati in operatori sociali americani.
Successivamente Cherniss con “burn-out syndrome” definiva la risposta individuale ad una
situazione lavorativa percepita come stressante e nella quale l’individuo non dispone di risorse e di
strategie comportamentali o cognitive adeguate a fronteggiarla.
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percezione della propria inadeguatezza al lavoro, la caduta dell'’autostima ed il sentimento di
insuccesso nel proprio lavoro.
Tra gli specialisti quelli più a rischio per il burn-out sono quelli che operano nell’ambito della
medicina generale, della medicina del lavoro, della psichiatria, della medicina interna e
dell’oncologia.
I risultati sembrano quindi indicare una polarizzazione tra “specialità a più alto burn-out”, dove
spesso ci si occupa di pazienti cronici, incurabili o morenti, e “specialità a più basso burn-out”, ove
i malati hanno prognosi più favorevole.
L’insorgenza della sindrome di burn-out negli operatori sanitari segue generalmente quattro fasi. La
prima fase (entusiasmo idealistico) è caratterizzata dalle motivazioni che hanno indotto gli operatori
a scegliere un lavoro di tipo assistenziale: ovvero motivazioni consapevoli (migliorare il mondo e se
stessi, sicurezza di impiego, svolgere un lavoro meno manuale e di maggiore prestigio) e
motivazioni inconsce (desiderio di approfondire la conoscenza di sé e di esercitare una forma di
potere o di controllo sugli altri); tali motivazioni sono spesso accompagnate da aspettative di
“onnipotenza”, di soluzioni semplici, di successo generalizzato e immediato, di apprezzamento, di
miglioramento del proprio status e altre ancora.
Nella seconda fase (stagnazione) l’operatore continua a lavorare ma si accorge che il lavoro non
soddisfa del tutto i suoi bisogni. Si passa così da un superinvestimento iniziale a un graduale
disimpegno. La fase più critica del burn-out è la terza (frustrazione). Il pensiero dominante
dell’operatore è di non essere più in grado di aiutare alcuno, con profonda sensazione di inutilità e
di non rispondenza del servizio ai reali bisogni dell’utenza; come fattori di frustrazione aggiuntivi
intervengono lo scarso apprezzamento sia da parte dei superiori che da parte degli utenti, nonché la
convinzione di una inadeguata formazione per il tipo di lavoro svolto. Il soggetto frustrato può
assumere atteggiamenti aggressivi (verso se stesso o verso gli altri) e spesso mette in atto
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comportamenti di fuga (quali allontanamenti ingiustificati dal reparto, pause prolungate, frequenti
assenze per malattia.
Il graduale disimpegno emozionale conseguente alla frustrazione, con passaggio dalla empatia alla
apatia, costituisce la quarta fase, durante la quale spesso si assiste a una vera e propria morte
professionale.
AA.VV L'operatore cortocircuitato.(1987) Strumenti per la rilevazione del burn-out fra gli operatori
sociali. Ed. CLUP
Agostini L., Pacchi C., Parisi R., "Burnout e servizi sociosanitari. Un'indagine esplorativa". In:
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Ambrosini G., Barni S., Frontini L. (a cura di) (1995) ; Oncostress l'operatore - il paziente. Ed.
Seiser, Trento
Bernstein Gail, S. e Halaszyn Judith A.; Io, operatore sociale. Come vincere il burn-out e rendere
gratificante il mio lavoro Erickson Trento
Cherniss C. (1986); La sindrome del burn-out. Lo stress lavorativo degli operatori dei servizi socio
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Cifiello, Pasquali: "Stress e sindrome del burnout nella professione di educatore" in Animazione
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Francescato D., Leone L., Traversi M., Oltre la Psicoterapia. Nis Roma 1993
Gabassi P.G.; Mazzon M(1995) Burnout 1974-1994. Vent'anni di ricerche sullo stress degli
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Genevay B. Katz R.S.; (1994) Emozioni degli operatori nella relazione di aiuto (Le) Sottotitolo:
Controtransfert nel lavoro con gli anziani (Il) Erickson. Trento
6
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La Rosa M. (1992); Stress e lavoro. Temi, problemi, il contributo della sociologia ed i rapporti
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Rossati A., Magro G. Stress e burnout. (1999) Carocci editoreSantinello M. (1990); La sindrome
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Sgarro M., Il sostegno sociale. Ed. Kappa, Roma, 1988 Stefanile C. e Altri (1987) Il Burnout nelle
professioni di aiuto. Atti del Convegno su: La formazione dell'operatore Sociale. Livorno.
Strologo E. (A cura di) Burn out e operatori: prendersi cura di chi cura. Ferrari Editrice Clusone
1993 Atti di convegno
Altre risorse
7
Burn-out: un lavoro che brucia
DAL SITO:
http://www.funzioniobiettivo.it/glossadid/burnout.htm