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Aristotele
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Di cosa parleremo
1) Biografia e opere
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scritti di logica, indicati tradizionalmente col nome di Organon (lette-
ralmente «strumento della ricerca»), i cui principali sono Dell’interpre-
tazione, Analitici primi e Analitici secondi, Topici; b) scritti di fisica,
storia naturale e psicologia, tra cui la Fisica; c) scritti di filosofia gene-
rale, tra cui la celebre Metafisica (la cosiddetta «filosofia prima» in 14
libri,); d) opere di etica e politica, tra cui l’Etica a Nicomaco e la Poli-
tica; e) scritti di estetica e teoria del linguaggio, di cui ricordiamo la
Retorica e la Poetica.
to, che appare inutile dal punto di vista scientifico oltre che concet-
tualmente insostenibile.
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Le condizioni e le divisioni della scienza. Aristotele elabora dunque
una teoria della conoscenza profondamente alternativa a quella plato-
nica. Abbiamo ricordato che per Platone le idee esistono in sé, eterna-
mente, in un «mondo intelligibile». Aristotele, negando la separazione
tra il mondo delle idee universali e il mondo degli oggetti individuali,
intende definire le condizioni che consentono di fare autentica scien-
za, cioè di studiare «ciò che non può essere diversamente da quello
che è». Tale scienza è la teoretica, che consiste in una ricerca delle
«cause e dei principi primi». Essa si divide in tre parti: filosofia prima
o teologia (o metafisica, come verrà chiamata dopo Aristotele), fisi-
ca e matematica. La fisica è la scienza della physis, cioè della natura,
e la natura è il regno del movimento e del divenire. La matematica
studia enti che non esistono per sé (i numeri) e che sono immobili. La
filosofia prima studia gli enti esistenti per sé e immobili: essa «considera
l’essere, il «ciò che è» in quanto è quello che è, e le condizioni che gli
sono intrinseche; non più, quindi, gli esseri in quanto naturali o mate-
matici, ma l’«essere» in quanto «essere», cioè i caratteri e le proprietà
comuni a tutte le forme di essere. Scopo della filosofia prima è dunque
la ricerca di ciò senza di cui le cose, tutte le cose, non sarebbero: in
altre parole l’essenza stessa (ousía) delle cose.
Secondo Aristotele, accanto alle scienze teoretiche esistono anche
le scienze pratiche, quelle che riguardano l’agire umano (pràxis) in
quanto rivolto a realizzare un fine: le scienze pratiche hanno per og-
getto non ciò che è necessario, ma ciò in cui l’uomo di volta in volta
opera in vista di fini. La realizzazione del bene e della felicità costitu-
isce l’etica che, a sua volta, si collega alla politica, dato che l’uomo è
un naturale «animale politico» che realizza se stesso nella vita sociale.
La finalità intrinseca della vita etica sarà, come vedremo in seguito, la
politica.
3) La metafisica
7. Aristotele
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capolavori aristotelici, collocò le opere di «filosofia prima» subito dopo
i libri di «fisica» (il significato letterale dell’espressione metà ta physikà
è proprio questo: «cose che vengono dopo la fisica»). Le definizioni
che Aristotele diede della metafisica sono quattro:
• La metafisica «indaga le cause e i principi primi»
• La metafisica «indaga l’essere in quanto essere»
• La metafisica «indaga la sostanza»
• La metafisica «indaga Dio e la sostanza immobile»
È importante soffermarsi subito sul secondo dei significati attribuiti
da Aristotele alla metafisica: in polemica con gli eleati che considera-
vano l’essere come unico e contro i platonici che lo intendevano come
realtà trascendente, sostenere che la metafisica sia la dottrina dell’es-
sere in quanto essere equivale a dire che essa non ha per oggetto
una realtà particolare, bensì la realtà in generale. La domanda fonda-
mentale è dunque: cos’è l’essere? Aristotele risponde sostenendo in
primo luogo che l’essere non ha un’unica forma bensì una molte-
plicità di aspetti e di significati: «l’essere si dice in molti modi», è la
celebre sentenza con cui Aristotele delinea l’inizio della sua specula-
zione metafisica. Questi molteplici modi o significati dell’essere posso-
no essere così schematizzati:
a) L’essere come accidente
b) L’essere come categoria (o essere per sé)
c) L’essere come vero
d) L’essere come atto e potenza
Analizziamoli punto per punto. L’essere si dice come accidente.
Quando diciamo, ad esempio, «l’uomo è un poeta» indichiamo un caso
di essere accidentale: infatti l’essere poeta non esprime l’essenza del-
l’uomo, ma solamente ciò che all’uomo può
Accidente: termine che in avvenire di essere, un semplice accidente.
Aristotele indica ciò che L’opposto dell’essere come accidente è l’es-
appartiene a qualcosa e
che può essere detto con sere per sé, l’essere come categoria: esso
7. Aristotele
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Il terzo significato nominato da Aristotele è quello dell’essere come
vero, a cui si oppone il non-essere come falso. Questo è l’essere
«logico»: l’essere come «vero» indica infatti il giudizio coretto, il ragio-
namento autentico. Si tratta di un essere puramente «mentale». Infine
Aristotele allude all’essere come atto e potenza. Per capire a cosa il
filosofo si riferisce, consideriamo un semplice esempio: se prendiamo
una statua già scolpita possiamo dire che
Atto/Potenza: coppia di termi- essa è «in atto» una statua; il blocco di mar-
ni con cui si intende la realtà mo invece, prima di esser lavorato dallo scul-
realizzata (atto) e quella non
realizzata (potenza). tore, era solo «in potenza» la statua che poi
diverrà effettiva o in atto.
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siasi (egli ricorre all’espressione to de ti, che indica proprio «qualcosa
di determinato», di «definito»). Sostanza è ad esempio un certo uomo a
cui si riferiscono determinate proprietà (scuro, chiaro, basso, alto, ecc.)
logiche e fisiche. Ma non basta. Definire la sostanza come base fonda-
mentale delle cose, non ci aiuta ancora a capire esattamente quale sia
la struttura specifica degli enti della natura. Qui Aristotele inserisce la
nozione di sinolo (synolon), cioè l’unione di forma e materia. For-
ma è la natura intima delle cose, il che cos’è o l’essenza, ciò che rende
una cosa ciò che è. (La forma o essenza dell’uomo, ad esempio, è la
sua anima, ciò che fa di lui un essere razionale). La materia, invece, è
ciò che risulta necessario per la costituzione delle cose, è l’essere ma-
teriale delle cose.
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corruttibili: il tempo non è generato né soggetto a corruzione e lo
stesso vale per il movimento, essendo il tempo nient’altro, per Aristo-
tele, che una determinazione (il «numero») del movimento.
Quindi, sviluppando un argomento presente già negli ultimi dialo-
ghi platonici, Aristotele afferma che tutto ciò che è in moto è necessario
che sia mosso da qualcos’altro. Non potendo però il processo essere
infinito (poiché in tal caso non si spiegherebbe il movimento iniziale)
è necessario che ci sia un principio primo e immobile, che Aristo-
tele definisce «motore immobile» e che funziona come causa iniziale
di ogni movimento. Tale principio primo è Dio stesso, dotato delle
seguenti caratteristiche: eterno (se eterno è il movimento, eterna deve
essere la sua causa); immobile (solo l’immobile può essere la causa
assoluta del mobile); privo di potenzialità, cioè atto puro, perfezio-
ne senza alcuna possibile trasformazione.
4) La logica
determina invece ciò che può essere qualificato come vero o falso. A
sua volta, la verità o falsità di un discorso dipende dalla sua congruen-
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za o meno con la realtà: quando il predicato di un soggetto è afferma-
to o negato in modo corrispondente ad una connessione oggettiva di
sostanza e attributo, abbiamo un giudizio vero; nel caso contrario ab-
biamo un giudizio falso.
La classificazione dei giudizi operata da Aristotele è molto ampia.
Ci limitiamo qui a ricordare come l’analisi delle forme dei giudizi che
costituisce la parte più rilevante della sua logica è la cosiddetta «sillogi-
stica», cioè la teoria del sillogismo.
5) La fisica
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razione, cioè il movimento qualitativo in quanto passaggio da una qua-
lità ad un’altra; l’accrescimento e diminuzione, cioè il passaggio da
piccolo a grande e viceversa (detto perciò anche «moto quantitativo»); la
traslazione, ossia il movimento locale (distinto a sua volta in moto
naturale e moto violento). Queste varie forme di movimento sono deter-
minazioni particolari del più generale concetto di moto inteso come
divenire, trasformazione degli enti, passaggio da qualcosa a qualcos’al-
tro: ciò presuppone la distinzione tra sostanza e accidenti, e cioè tra
l’essenza che permane nonostante certe variazioni (un uomo è sempre
tale anche se muta aspetto negli anni) e le qualità variabili che la riguar-
dano. Perché il moto sia possibile, dice Aristotele, è necessario porre tre
principi: materia (o sostrato), forma e privazione. Il movimento im-
plica infatti sempre una tensione tra due contrari, tra la forma e la sua
privazione (ad esempio, il rosso viene dal non-rosso, il poetico dal non-
poetico). È tuttavia necessario anche un sostrato comune, distinto da
entrambi, che è il soggetto del divenire, la materia, ciò da cui una cosa
nasce. Ogni movimento comporta inoltre anche una causa specifica
(cosiddetta «causa efficiente») e un fine determinato («causa finale»).
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funzioni che negli animali sono compiute dall’anima sensitiva e nelle
piante da quella vegetativa. Nell’uomo, in cui l’anima oltre a essere
vegetativa e sensitiva è anche intellettiva o razionale, al di là del cono-
scere sensibile sta il conoscere intellettuale: è questo il conoscere pro-
prio dell’anima intellettiva o intelletto.
ma il più conveniente.
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Le forme della politica. Dal punto di vista dell’analisi più specifica
delle varie forme politiche, Aristotele distingue tre tipi governo: la
monarchia (dominio di un solo uomo); l’aristocrazia (potere dei
pochi, i «migliori»); e la politèia, che oggi chiameremmo democrazia.
In Aristotele il termine indica la forma di governo o di costituzione per
eccellenza, quella in cui è la maggioranza a governare; ma Aristotele
non si riferisce a una qualsiasi maggioranza di cittadini, bensì a un
governo basato su una solida ed estesa classe media. A questa con-
dizione la politèia è la forma di governo preferibile. Quando il potere
non è esercitato per la comune utilità, ma solo per un vantaggio perso-
nale, si ha la corruzione e la degenerazione di queste tre forme di
governo: la monarchia degenera in tirannide; l’aristocrazia in oligar-
chia, la democrazia in demagogia, cioè in puro inganno del popolo.
7) Retorica e poetica
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