Il 12 marzo 2000, nel corso di una spettacolare celebrazione in Vaticano, il papa ha chiesto «scusa» in
mondovisione per le colpe passate della Chiesa. Molti si sono affannati a rendere omaggio alla
decisione di Wojtyla: ma quanti di costoro hanno ragionato sulla portata di queste scuse?
La giornata era stata preparata da un documento di una commissione teologica internazionale - di cui
faceva parte il responsabile dell’ex-inquisizione Ratzinger - ed è stata incentrata soprattutto
sull’omeliadi Wojtyla e sulla confessione dei peccati da parte delle gerarchie ecclesiastiche e del papa
stesso.
ALCUNE OSSERVAZIONI
UNA RACCOLTA DI OPINIONI NON ALLINEATE
Sull’argomento la rivista Adista ha raccolto due dossier, pubblicati il 20 marzo ed il 3 aprile 2000.
ENZO MAZZI (Manifesto 8/3): «sotto questo manto imbiancato e lucente covano nell’intimo della
Chiesa-istituzione quasi intatti i germi mortiferi della violenza: l’assolutismo del potere monarchico del
papa il quale è legge a se stesso e a nessun’altra legge umana è sottoposto, la capillarità planetaria
della diramazione del potere gerarchico, la immensa ricchezza mai sazia che rende la Chiesa
corresponsabile dell’impoverimento delle grandi maggioranze, la certezza che la gerarchia cattolica è
depositaria infallibile sia della verità etica sulla natura sia della verità soprannaturale e quindi anche dei
mezzi per la salvezza del mondo e di ogni singola persona».
DOMENICO TOMASETTO (presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche Italiane): «una
richiesta di perdono che […] costituisce soltanto un ottimo spettacolo mediatico, ma non ha rilevanza
nell’esistenza teologica».
JUAN JOSÉ TAMAYO (El Pais 13/3): «…mentre si chiede perdono degli errori storici, si continuano a
mantenere, all’interno della Chiesa, comportamenti repressivi e lesivi dei diritti dei cristiani e delle
cristiane […] il Vaticano ha reagito avviando un’operazione di pulizia teologica che ha colpito non pochi
dei più qualificati teologi…».
AMOS LUZZATTO (Comunità ebraiche italiane): «non vi è contraddizione tra il pentimento espresso
dalla Chiesa per quanto perpetrato contro gli ebrei nel passato e la beatificazione di Pio IX che ne fu
uno dei perpetratori? […] Mi aspettavo un riconoscimento delle responsabilità politiche della Chiesa per
le persecuzioni antiebraiche: ad esempio sull’istituzione dei ghetti per i quali la Chiesa ancora non ha
praticamente detto mai nulla».
HANS KUNG (teologo dissidente): «è una deludente cerimonia pomposa e barocca. Nel
suo confiteordeplora ma non chiama niente per nome […] non è giusto sostenere che i nazisti
sarebbero stati ancor più crudeli se il papa avesse parlato. Si sarebbe prodotto un effetto enorme se
Pio XII avesse scomunicato i responsabili dell’Olocausto, alcuni dei quali erano cattolici: Hitler,
Goebbels…».
BARBARA RAGGI (Manifesto 8/3): «il messaggio arriva chiaro: il pontefice ammette gli errori del
passato. Nessuno chiede conto di quelli del presente che pure si affastellano sotto gli occhi di tutti. E
soprattutto si cela il nesso tra le colpe di ieri e quelle di oggi. Gli argomenti con cui si pretende la parità
scolastica e il divieto della marcia gay sono gli stessi che, in secoli lontani, hanno portato alle violenze e
agli eccessi per cui si implora perdono. La radice della sopraffazione è la credenza di avere in custodia
la morale naturale, valida per tutti e per tutte, cui bisogna sottomettersi indipendentemente dalle proprie
valutazioni. Una morale le cui chiavi sono custodite a Roma, dal vicario di Cristo unico a poter decidere
cosa è ammissibile e cosa non lo è. Finché una commissione di teologi non dirà che tale credenza è
falsa ed è la radice di tutti gli errori e gli orrori compiuti “dai figli della Chiesa” siamo autorizzati a
pensare che non di autocritica si tratta ma di una banale operazione di marketing».
PEDRO MIGUEL (La Jornada 14/3): «…ogni genocidio (e Roma ne ha molti a suo carico) è
doppiamente intollerabile se sfocia nell’impunità e nelle simulazione; per esempio, la vistosa
“richiestuccia di perdono” del 12 marzo…».
EUGENIO SCALFARI (Repubblica 13/3): «la confessione delle colpe è un atto politico essenziale […]
questa grandiosa assunzione di colpa […] riguarda poco l’anima dei fedeli; riguarda piuttosto i teologi
[…] e i diplomatici […] Obiettivi alti, ma politici…».
RUPERT SHORT (The Guardian 13/3): «perché allora le sue affermazioni, accanto all’ammirazione,
hanno causato aspre critiche? Molti cattolici, a parte quelli che sono fuori dalla Chiesa, sentono che la
richiesta di scuse è stata pronunciata scandalosamente tardi […] questo papa è stato felice di accettare
o estendere uno stile autoritario nel governo della Chiesa».
FRANCO GRILLINI (Arcigay): «il Vaticano chieda perdono anche agli omosessuali che rappresentano le
vittime tra le più numerose della violenza teocratica di ieri come di oggi».
LEONARDO BOFF (teologo della liberazione): «il primo perdono che dovrebbe chiedere la Chiesa
dovrebbe essere ai poveri defraudati. Per essere una Chiesa ricca e perché quando altri hanno
appoggiato i poveri, furono condannati come falsi profeti».
DIARIO DELLA SETTIMANA (22/3): «le cataste di vittime accumulate fino al cielo sono la ragione stessa
della diffusione mondiale che la Chiesa cattolica ha oggi».
DANIELE GARRONE (Riforma in rete, 24/3): «in Italia ha credito l’affermazione, tanto diffusa quanto
infondata, che solo la Chiesa cattolica abbia riconosciuto le sue colpe storiche. C’è chi enfatizza la
posizione cattolica per apologia o per polemica (anche contro il pensiero laico), ma soprattutto vi è una
sostanziale ignoranza (perché lo si ignora effettivamente o perché lo si vuole ignorare) di ciò che
avviene al di là del Vaticano, nel resto della cristianità. Il fenomeno è particolarmente evidente sui mass
media, a nessuno dei quali, per esempio, è venuto in mente di proporre dei servizi su come le altre
chiese affrontano il problema delle colpe storiche; da noi, la posizione degli altri cristiani è tutt’al più una
nota di colore. L’organizzazione piramidale della chiesa di Roma e la sapiente enfatizzazione mass-
mediatica (accentuata in questo Giubileo) di tutto ciò che ha il papa come protagonista contribuiscono
ad accentuare l’impatto di ogni discorso di Roma».
FILIPPO GENTILONI (Manifesto 8/3): «…ma questa riconciliazione convincente richiede una
“conversione”, come d’altronde la grande tradizione cristiana ha sempre insegnato. Pentirsi vuol dire
convertirsi, cambiare vita. Nel caso della chiesa e dei suoi vertici, accettare il dialogo, il dubbio, in altre
parole il pellegrinaggio dei poveri nella vie della storia. Accettare una verità non fissa, ma in cammino».
1° settembre 2000
https://www.uaar.it/ateismo/controinformazione/giornata_del_perdono/ (13.05.2018)