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TP1028 TEOLOGIA PASTORALE

GÉRARD WHELAN SJ

PARTE DUE: IL CIRCOLO PASTORALE

PRIMA CONFERENZA
UNA VISIONE DI INSIEME DEL CIRCOLO PASTORALE

Nella prima parte abbiamo sottolineato l'importanza della metodologia del "vedere",
"giudicare," "agire" per la teologia pratica. Tale metodologia è spesso chiamata il
"circolo pastorale" e noi ora vi offriamo una visione di insieme di come spieghiamo
ognuno di questi passaggi, utilizzando alcuni degli strumenti metodologici di cui
abbiamo parlato nell'ultima conferenza. Prima di tutto, comunque, mostriamo alcuni
diagrammi utilizzati per spiegare questa procedura:
vi invito a ricordare la nozione di auto-trascendenza concepita da Bernard Lonergan
di cui abbiamo parlato nella conferenza precedente.

L’AUTO-TRACENDENZA
(LO SVILLUPO DA GIU)

Decisione

Giudizio

Insight

Esperienza

TP 1028 Parte 2° 1
Il seguente diagramma illustra come questo processo si verifichi nelle comunità, come
esso influenzi la storia delle comunità, e come esso abbia un’andamento circolare.

IL CHERCHIO PASTORALE

In questo diagramma, tratto dalla teoria dell'apprendimento, notiamo un eco della


nozione della autentica auto-trascendenza di cui parla Bernard Lonergan. Il
diagramma rende evidente come esiste una dimensione circolare e comune del
processo di auto-trascendenza. Come comunità e società i nostri atti di comprensione
vengono decisi insieme, dopo un tempo dedicato alla discussione; dopo tale
discussione noi emettiamo giudizi riguardanti la realtà della situazione, e prendiamo
decisioni al riguardo di quali azioni dobbiamo compiere. Quando abbiamo preso
azioni per cambiare una situazione, essa diviene la base di un ulteriore gradino di
osservazione e riflessione, con la possibilità di ulteriore azione a partire da esso.

TP 1028 Parte 2° 2
Il secondo diagramma mette in evidenza la stessa cosa del primo con una
accentuazione su come la storia del mondo si sia formata attraverso la riflessione e
l'azione.

UNA T
Ecco qui richiamata la teoria di Lonergan sulla storia di cui abbiamo parlato
nell'ultima conferenza e ricordato che, nel circolo della riflessione ed azione, nella
storia, le azioni si possono basare o su una decisione autentica o su una decisione in
autentica, producendo, a seconda della scelta operata, progresso o declino.
Ricordiamo anche che la grazia di Dio rende possibile l'azione di redenzione nella
storia che riporterà indietro il processo di declino e promuoverà il progresso.

Tre
TP 1028 Parte 2°
“vett 3
Arriviamo finalmente al diagramma quattro del circolo pastorale che cerca di valutare
le istituzioni Cristiane e di proporre azioni per coloro che possano agire per portare
alla redenzione le loro situazioni. Questo diagramma serve come base per la
spiegazione che noi offriremo del circolo pastorale nelle prossime settimane. In questa
conferenza, che rimane al livello di offrire una vista di insieme, brevemente
delineamo la struttura di ogni stadio del processo: "Vedere", "Giudicare", "Agire."

"VEDERE"

Un primo punto da sottolineare al riguardo di questo stadio è che esso non rappresenta
solo uno studio della realtà presente delle istituzioni Cristiane che stiamo valutando.
Trattasi piuttosto di uno studio del contesto nel quale la istituzione funziona. Pertanto
stiamo valutando una parrocchia situata al primo stadio del nostro circolo pastorale
per analizzare la situazione in cui i parrocchiani vivono. Durante l'analisi della
situazione utilizziamo la versione semplificata della domanda di Lonergan: "Quali
sono le dimensioni del progresso, del declino, e della redenzione in questa
situazione?" Noi utilizziamo una domanda più semplice: "Quali sono le luci e le
ombre in questa situazione?"
Un successivo aspetto chiave della nostra analisi è che noi distinguiamo tra il livello
di cultura e il livello delle strutture sociali nella situazione. Tale distinzione è correlata
a quello che abbiamo descritto come "lo sviluppo dall'alto" del pensiero di Lonergan.
Noi definiamo la cultura come: "un insieme di idee, valori, e simboli che portano un
comune significato alla comunità e motivano il suo sviluppo attraverso le strutture
sociali." Le strutture sociali, sono le istituzioni più concrete come la famiglia, il
sistema economico, ed il sistema politico attraverso il quali noi agiamo in modo
cooperativo in modo da rifornirci dei beni necessari alla vita. Pertanto, mostriamo
questo diagramma che dobbiamo analizzare nelle luci e nelle ombre, ad entrambi i
livelli sia di strutture sociali che di cultura.

TP 1028 Parte 2° 4
“ASCOLTARE”

1. Strutture sociali
i. Luci
ii. Tenebre
2. Cultura
i. Luci
ii. Tenebre

Prima di lasciare questa prima introduzione allo stadio del: "vedere" lasciateci qui
sottolineare che gli studenti, e ancor più gli agenti pastorali che lavorano sul campo,
spesso trovano che questo sia il più difficile dei gradini del circolo pastorale da
mettere in opera. Molti hanno un istinto per cui desiderano trattare questo stadio, "
vedere" come una semplice descrizione di un insieme di attività già messe in atto
dalle istituzioni cristiane che essi stanno valutando. Nell'operare in tal modo si perde
l'intuizione centrale del circolo pastorale: una istituzione come una parrocchia o una
scuola cattolica può essere un posto affollato e con un ampia gamma di attività, ma in
questione rimane se, l'energia che viene applicata alle attività, venga utilizzata nel
miglior modo, data la missione della Chiesa. (?) Stiamo valutando quella che
dovrebbe essere la missione della chiesa in una situazione in cui (invece) dovremmo,
per prima cosa, occuparci della realtà di quella situazione. I leader della istituzione
stanno per caso ignorando alcuni importanti bisogni, opportunità, o minacce?

"GIUDICARE"

È al secondo livello, "giudicare" che ci volgiamo ad analizzare i risultati della


istituzione Cristiana che stiamo valutando.

“GIUDICARE”

1. Comunione ad intra
o Progettare per la santità
o Livello morale/culturale
o Livello strutturale e sociale
2. Comunione ad extra
o Livello morale/culturale
o Livello strutturale e sociale

TP 1028 Parte 2° 5
Occuperemo un po' di tempo spiegando questa struttura che serve ad inquadrare la
prassi della Chiesa. Per il momento possiamo solamente commentare le fonti di
questo diagramma. A livello fondazionale troviamo operativa la nozione di sviluppo
dal di sopra di Bernard Lonergan. Possiamo ricordare come egli parli di conversione
religiosa che porta ad una conversione morale e ad un desiderio di aiutare il povero.
Tale preoccupazione per i poveri stimola una coscienza dell'importanza delle strutture
culturali e sociali. La questione più semplice riguardante lo stadio del "Giudicare" è
notare che, è il lavoro dell'istituzione Cristiana facilitare il lavoro della grazia di Dio,
cosicché le esperienze individuali della conversione religiosa vengano stimolate e
portino ad un ritorno che influenza la vita della comunità Cristiana così che insieme si
cresca nella virtù di una consistente auto-trascendenza.
In modo simile, è all'interno di questa comunità, dove l'intera crescita ad intra sta
avvenendo, che il desiderio di essere al servizio del mondo più ampio cresce e dunque
sorgono le questioni di una missione ad extra. L'immediato istinto dei Cristiani è di
condividere con gli altri la grandezza della Buona Novella nella loro vita in Cristo e di
condurre "una esplicita evangelizzazione." In modo simile tuttavia, il desiderio di
aiutare i numerosi poveri, Cristiani o meno, va al di là, e dunque, il desiderio di una
"implicita evangelizzazione" può anche essere forte là dove noi desideriamo
influenzare la cultura perché essa aumenti la valutazione della vita umana (dall'inizio
alla fine) si cerca,dunque, di creare sociali strutture che distribuiscano i benefici
materiali della società, in un modo che includa i deboli tanto quanto i forti.
Se il pensiero di Lonergan fornisce una fondazione alla struttura di gradini interni
allo stadio del "Giudicare" possiamo anche riconoscere altre influenze sulle categorie
del diagramma appena esposto. Riconosciamo il discorso del cardinale Suenens nel
Vaticano secondo e come, in risposta a questo discorso, i documenti del concilio
vennero organizzati all'interno di una struttura che parlava della missione della Chiesa
in termini di missione ad intra e di missione ad extra. Difatti, una diretta influenza
sulla formulazione delle nostre categorie è anche esercitata dall'enciclica di Papa
Giovanni Paolo II- Novo Mellennio Ineunte. Io considero questa enciclica un testo
fondamentale di teologia pratica e noi difatti illustreremo la maggior parte delle
categorie del nostro diagramma del "Giudicare" con citazioni tratte da questa
enciclica.
Sotto molti aspetti, lo stadio del "Giudicare" si situa al cuore della teologia pratica.
Questo è il punto in cui noi riflettiamo su una istituzione Cristiana e valutiamo come
essa stia attualizzando la missione della Chiesa. Affermiamo con forza quello che è
già stato fatto e domandiamo a noi stessi cosa potrebbe essere cambiato od aggiunto
in modo da migliorare la "auto-attualizzazione della Chiesa" in questa situazione.

"AGIRE"

Per ovvie ragioni il nostro resoconto dello stadio del "Giudicare" coinvolge una
riflessione teologica esplicita. ll nostro stadio finale, quello dell’ "Agire" comporta
invece un minor lavoro di tipo intellettuale. Alla fine di questo stadio noi cerchiamo
di formulare una proposta di quello che può essere migliorato riguardo l'istituzione
che stiamo valutando. Trasformare tale proposta in una azione è il compito che il
terzo stadio del circolo pastorale si propone. Quando noi ci accingiamo a compiere
questo compito pratico dobbiamo considerare gli ele menti di gestione e di
innovazione di una istituzione, che sono simili a quelli fronteggiati da qualsiasi altra
impresa o istituzione governativa. Inoltre, nel riflettere su come procedere nello stadio

TP 1028 Parte 2° 6
dell’ "Agire" utilizzamo l'esperienza sviluppata nella disciplina accademica dello
studio imprenditoriale. Il diagramma sette cerca di elencare i passaggi tipici che
vengono seguiti nello stadio finale del circolo pastorale.

“AGIRE”
1. l’individuazione di finalità eD
obiettivi,
2. Un’esposizione ordinata e
organica di ciò che si vuole
realizzare
3. Individuazione di risorse
(umane, strutturali e
finanziarie)
4. Determinati tempi

5. Articolazione in progetti più


piccoli

Tale gradino del diagramma costituisce un momento di passaggio, dalla azione del
"Giudicare" a quella dell’ "Agire". Adesso consideriamo le questioni della
realizzazione pratica e assicuriamoci che, le conclusioni che sono emerse dal
"Giudicare", siano concrete, e in grado di essere incrementate. Successivamente,
seguendo i consigli dati nel Vangelo su come pianificare la costruzione di una torre,
facciamo un inventario delle risorse che abbiamo a disposizione per cominciare a
mettere in atto le nostre nuove idee per le istituzioni Cristiane. Ci siamo posti obiettivi
per la realizzazione delle nostre idee (un anno di lavoro? Cinque anni di lavoro?). Un
altro aspetto chiave della praticità è riconoscere che una pianificazione a lungo
termine dovrà essere spezzata in obiettivi a breve termine la cui responsabilità verrà
data ad individui di modo che ognuno si occupi del proprio determinato settore. La
questione della coordinazione generale di tutto il piano è di competenza della
leadership di una istituzione, come per esempio il pastore di una parrocchia.
Infine, richiamando l'immagine di un circolo che caratterizza i nostri tre gradini
concludiamo lo stadio della azione con una valutazione del raggiungimento degli
obiettivi che avevamo progettato nel tempo previsto secondo le nostre speranze. Se ci
siamo riusciti, ricordiamo che la nuova situazione modificata della quale siamo
responsabili diventerà alla fine parte della realtà che cercheremo di valutare in un
successivo ulteriore processo del circolo pastorale. Difatti, questo processo di
ripetizione delle situazioni che cambiano, e si sviluppano, e cambiano, suscita nei
pensatori l'immagine non propriamente di un circolo, pastorale, ma di una, "Spirale",
pastorale.

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"La Spirale Pastorale"

IL CIRCOLO PASTORALE COME "ABITUDINE INTERIORE"

Dopo aver introdotto alcune categorie teoretiche appartenenti ad ognuno dei gradini
del circolo pastorale desidero sottolineare che queste non sono semplici idee da
memorizzare o capacità con le quali familiarizzarsi e lasciar andare. Esse
rappresentano piuttosto un'abitudine, o una saggezza, da utilizzare per gestire il
compito della leadership nella Chiesa. All'interno di questo processo della formazione
di un'abitudine, la distinzione dei ministri all'interno della Chiesa è importante ed io
vorrei dire una parola sul sacerdote come agente del circolo pastorale coadiuvato dai
laici.

I Sacerdoti ed il Circolo Pastorale

Il documento chiave sulla formazione sacerdotale nella chiesa di oggi è Pastores dabo
vobis pubblicata da papa Giovanni Paolo II nel 1992. Essa costituisce un indirizzo
post- sinodale costruito su riflessioni del Papa successive a un sinodo di vescovi
dedicato al tema del sacerdozio nel 1990. Nella seguente citazione notiamo come il
Papa continui a ripetere che il circolo pastorale è il cuore della vocazione sacerdotale.

La formazione pastorale certamente non può essere ridotta ad un mero apprendistato,


che cerchi di formare una consuetudine ad alcune tecniche pastorali. Il seminario che
educa deve cercare realmente e veramente di iniziare il candidato alla sensibilità di
essere un pastore, nella conscia e matura assunzione delle proprie responsabilità, alla
abitudine interiore di valutare i problemi e stabilire delle priorità cercandone le
soluzioni sulla base di oneste motivazioni di fede ed in accordo con le domande
teologiche inerenti al lavoro pastorale (58).

Lasciatemi espandere questa citazione per offrire luce ulteriore sulle argomentazioni
precedenti che hanno portato alla Pastores Dabo Vobis. La scrittura di questo
documento venne stimolata dalla preoccupazione che, dopo il Vaticano secondo,
l'identità del sacerdote andasse in crisi. La situazione si rivelò attraverso una riduzione
delle vocazioni in numerosi paesi, l'abbandono del sacerdozio, e-una ancora più sottile
manifestazione di crisi-attraverso la demoralizzazione ed il superlavoro di alcuni dei

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sacerdoti che rimasero a compiere il loro ministero. Il Papa risponde a questa crisi
prima di tutto affermando (Capitolo due) una chiara teologia del sacerdozio e
sottolineando che, persino nel contesto della ecclesiologia del Vaticano secondo,
ancora è presente un ruolo cruciale giocato dal sacerdote all'interno della Chiesa:

All'interno della Chiesa e per conto della Chiesa, i sacerdoti sono la rappresentazione
sacramentale di Gesù Cristo - il capo e il pastore -che proclamano con autorità la sua
parola, ripetendo le sue azioni di perdono e la sua offerta di salvezza-in particolare nel
battesimo, nella confessione e nell'Eucaristia (15).

In tal modo il Papa riafferma la teologia di una "essenziale differenza" tra il ministero
del sacerdozio e tutti gli altri ministeri. È il sacerdote che rappresenta l'autorità di
Cristo stesso come "capo e pastore". Inoltre, il Papa aggiunge che, persino laddove il
sacerdote ha una chiara autorità sulla comunità Cristiana, tuttavia questa è un'autorità
di servizio, che si richiama all'autorità di Gesù Cristo stesso, che diede la sua vita per
il suo popolo. Così, dunque, il Papa parla della spiritualità del sacerdozio, che
dovrebbe costituire l'esito di una chiara teologia che egli ha appena sottolineato. Egli
sintetizza questa spiritualità come "carità pastorale."

Il principio interno, la forza che anima e guida la vita spirituale del sacerdote così
come egli si situa, aderente a Cristo, capo e pastore, è la carità pastorale... la carità
pastorale determina il nostro modo di pensare e di agire, il nostro modo di relazionarci
alle persone. Essa ci pone speciali richieste (23).

Il Papa poi procede parlando delle differenti dimensioni della formazione del
seminarista (Capitolo cinque) ma la nozione di carità pastorale rimane la nozione più
importante di questo capitolo. Egli scrive delle quattro dimensioni principali o quattro
"pilastri" della formazione: umana, spirituale, intellettuale, e pastorale. Tuttavia, egli
insiste sul fatto che,le prime tre dimensioni, debbano avere un orientamento pastorale.
Nella prima parte del nostro corso abbiamo già menzionato che questo Papa sottolinea
come, all'interno della formazione intellettuale della teologia, una dimensione
pastorale è parzialmente espressa dal rendersi sicuri che un ruolo importante venga
giocato dalla " teologia pastorale o pratica" ovvero: "una riflessione scientifica sulla
Chiesa come essa si costruisce giornalmente, attraverso il potere dello Spirito, nella
storia" (57). Tuttavia, la sua chiamata al sacerdote perché esso formi "l'abitudine
interiore a valutare i problemi, stabilire le priorità e cercarne le soluzioni" (58) scorre
molto più profondamente di una descrizione di un corso o di un programma teologico.
Esso giunge al cuore di quello che significa essere un sacerdote.

I Laici e il Circolo Pastorale

Il ruolo dei laici all'interno della Chiesa fu un importante tema dibattuto all'interno del
Vaticano secondo. Nei documenti come Lumen Gentium siamo testimoni di una
svolta da parte della Chiesa gerarchica verso immagini più simili alla Chiesa vista
come Popolo di Dio. In questo cambiamento, il ruolo dei laici prende sempre più una
maggiore importanza. La missione della Chiesa viene ora concepita come
un'istituzione che ha una relazione con la nozione secolare del progresso nella storia
e, attraverso strumenti come la Dottrina Sociale Cattolica, cerca di influenzare la
politica pubblica in modo da proteggere i poveri ed i deboli. Nel 1988 papa Giovanni
Paolo scrisse una lettera sul ruolo della laicità: Christifedelis Laici che, come Pastores

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Dabo Vobis testimoniava un indirizzo post- sinodale, questa volta successivo al
sinodo sulla laicità tenuto nel 1987. In questa lettera il Papa conferma l'affermazione
del Vaticano secondo della importanza del ruolo dei laici nella missione della Chiesa.
Possiamo notare che la lettera Christifedelis Laici (CL) riporta al suo interno la
struttura del "vedere," "giudicare" e "agire". Il Papa inizia con una introduzione sullo
stato del mondo e sul suo bisogno della influenza religiosa. Nella parte principale
della lettera egli dunque tratta del ruolo dei laici all'interno della chiesa; e, nel capitolo
finale, egli ritorna alla questione della missione della Chiesa. In questa sezione finale
il suo commento centra il tema del bisogno di una "nuova evangelizzazione" del
mondo ed egli sottolinea il ruolo importante che i laici avranno in questo processo.
Nella sezione centrale della esortazione il Papa si preoccupa di porre i suoi commenti
riguardo il ruolo dei laici all'interno della tradizione del Vaticano secondo:

All'inizio del Concilio Vaticano Secondo, all'inizio del mio ministero pastorale, il mio
scopo era di enfatizzare con forza la sacerdotale, profetica e reale dignità dell'intero
Popolo di Dio... La partecipazione dei laici di fede nella triplice missione di Cristo
come Sacerdote, Profeta e Re trova la sua fonte nell'acqua del Battesimo, il suo
ulteriore sviluppo nella Cresima e la sua realizzazione e sostanza dinamica nella Santa
Eucaristia (CL 14).

Nei capitoli che seguono egli dunque procede a chiarire alcuni punti e questioni
riguardanti il ruolo dei laici che erano sorte negli anni successivi al concilio. Egli
afferma- come fece durante il Vaticano secondo - che la vocazione dei laici è
soprattutto "una vocazione secolare" nel senso che, per la maggioranza dei laici, la
fede Cristiana viene vissuta attraverso l’impegno nei confronti della famiglia, del
lavoro, del perseguimento del piacere, e, forse, tramite l'impegno nei confronti della
società civile (CL 15). Egli sottolinea l'immensa importanza della crescita nella
santità all'interno di tale contesto e come, tale santità, possa esprimersi nel cercare di
migliorare la qualità della vita culturale e sociale nei paesi dove i laici vivono (CL
16); egli aggiunge che la realizzazione dell’Insegnamento Sociale Cattolico
rappresenta una particolare responsabilità dei laici (CL 43). In questo senso,
nell'utilizzare la distinzione della missione della Chiesa ad intra e ad extra, noi
possiamo riconoscere che è la missione della Chiesa ad extra ad essere in particolare
riservata ai laici. Un corollario di questo punto di vista è che la presa di responsabilità
pastorale della direzione delle istituzioni Cristiane nel loro insieme si rivolge in
ultima istanza ai sacerdoti (e ai vescovi). Sono le persone la cui vocazione si incentra
sulla missione della chiesa, tanto ad intra quanto ad extra. Possiamo aggiungere che,
mentre il sacerdote deve assicurare che entrambe siano portate avanti nella istituzione
della quale egli è responsabile, egli troverà se stesso particolarmente occupato nella
lavoro ad intra di costruzione della comunità Cristiana. È così che il sacerdote, che
deve assumere la responsabilità ultima del processo di "vedere," "giudicare," "agire",
lo sta realizzando all'interno della sua parrocchia.
Dopo aver detto questo il Papa procede ad un importante corollario: egli aggiunge
che, tale è la natura e la complessità del circolo pastorale, che il sacerdote non sarà
mai capace di compierlo da solo né a livello della formulazione del progetto né al
livello della sua realizzazione:

Si rende ora necessario guardare più da vicino alla comunione e partecipazione dei
laici fedeli all'interno della parrocchia. A questo riguardo tutti i laici, sia uomini che
donne, sono chiamati a dare la più grande attenzione ad un particolare passaggio,

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pieno di significato, tirato ed incisivo, del Concilio: "La loro attività all'interno delle
comunità della Chiesa è così necessaria che, senza di essa, l'apostolato dei Pastori
sarebbe normalmente incapace di raggiungere la sua piena efficacia" (CL 27).

E tale collaborazione non deve essere considerata semplicemente pragmatica. Il Papa


parla di una varietà di "carismi" all'interno della comunità Cristiana e di come il
processo di pianificazione all'interno della comunità Cristiana dovrebbe essere steso
tenendo conto della ampia varietà di tali carismi. Egli aggiunge che, uno dei grandi
doni che i laici portano ad un processo di impegno pastorale è l'assistenza allo stadio
che noi definiamo l’ " osservare" all'interno del circolo pastorale. Provenendo dal loro
coinvolgimento secolare essi possono rendere una contribuzione indispensabile nel
riconoscere le sfide alla evangelizzazione in modo tale da renderla efficace:

Il laico fedele dovrebbe abituarsi a lavorare all'interno della parrocchia in stretta


unione con i sacerdoti, portando alla comunità della Chiesa i propri problemi e quelli
del mondo, tanto quanto le questioni che concernono la salvezza umana, ognuna delle
quali deve essere esaminata insieme e risolta attraverso una generale discussione. Per
quanto possibile il laico praticante deve collaborare ad ogni impegno apostolico e
missionario aiutato dalla sua famiglia ecclesiale" (CL 27).

Il Papa cerca di essere chiaro circa la compatibilità e la distinzione del ministero del
sacerdote ed il ruolo dei laici nell'impegno della pianificazione pastorale; nello stesso
tempo egli sottolinea sia la diversità di carisma all'interno della chiesa quanto
l'importanza di procedere con "un solo cuore." Egli riprende una citazione del sinodo:

"Pertanto, i pastori sanno quanto i laici praticanti contribuiscono al benessere


dell'intera Chiesa. Essi saranno anche di non essere stati scelti da Cristo per
intraprendere da soli l'intera missione salvatrice della chiesa nel mondo, ma
comprendono che è il loro grande compito essere i pastori dei fedeli laici, ma anche
riconoscere i loro servizi e carismi che, ognuno in accordo con il proprio ruolo,
possono portare ad una cooperazione nel comune impegno con un unico cuore" (CL
32).

Cercando di essere pratici su come tale impegno dei laici dovrebbe essere strutturato,
il Papa seguita a parlare dell'importanza dei concilii pastorali della parrocchia,
ricorda che questo elemento fu estremamente valorizzato nel sinodo dei vescovi sui
laici. Su questo argomento egli fa riferimento tanto al Concilio Vaticano che al
sinodo:

La menzione del concilio che ha la funzione di esaminare e risolvere i problemi


pastorali "tramite una generale discussione" dovrebbe trovare il suo adeguato e
strutturato sviluppo attraverso un più convinto, esteso, e deciso apprezzamento dei
"Concili Pastorali della Parrocchia", sui quali i Padri del Sinodo hanno tanto insistito
(CL27)

CONCLUSIONE

Possiamo concludere la nostra analisi di Christifedelis Laici e questa conferenza


asserendo che, se la chiamata a rendere il circolo pastorale un "abitudine interiore"
appartiene in modo specifico ai sacerdoti, esso viene esteso anche ai laici, soprattutto

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a coloro che si coinvolgono attivamente nelle istituzioni Cristiane di cui essi formano
parte. E certamente, coloro che stanno studiando teologia, siano essi seminaristi,
religiosi, o laici, possono guardare ad un futuro in cui essi saranno portatori di
responsabilità all'interno delle istituzioni Cristiane, dunque, la sfida di appropriarsi del
circolo pastorale come un'attitudine nei confronti della vita del ministero dovrebbe
essere affrontata con grande energia.

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SECONDA CONFERENZA
IL PRIMO GRADINO DEL CIRCOLO PASTORALE:
"VEDERE"

Nel concludere la nostra ultima conferenza noi abbiamo affermato che il circolo
pastorale dovrebbe diventare un'abitudine interiore dei sacerdoti, dei religiosi e dei
laici coinvolti nella direzione delle istituzioni Cristiane. Un'abitudine è una
disposizione generale che assicura che una persona reagirà a diverse situazioni in
modo certo rispetto a determinati valori. Di conseguenza, il miglior modo di formare
le persone alle abitudini è un modo esperienziale e riflessivo. Tuttavia, in questo corso
questa opzione non è disponibile praticamente così dovremo adottare una strategia
alternativa. Io, dunque, semplicemente proporrò due esempi,dei due livelli del primo
gradino del circolo pastorale, nella loro applicazione: il primo gradino riguarda la
Chiesa Cattolica in Irlanda; il secondo riguarda una parrocchia della periferia di
Nairobi. Il punto che segue non riguarda tanto il memorizzare i dettagli proposti
all'analisi di ogni situazione, quanto il riconoscere quanto efficace possa essere
utilizzare le nostre categorie euristiche per la realizzazione di tale gradino.

"VEDERE" APPLICATO ALL' IRLANDA

Potrei prima di tutto far notare che, quello che scrivo qui, è correlato ad un articolo
che pubblicai in una rubrica di teologia pastorale in Irlanda. Questo articolo venne
tradotto col seguente titolo : “ Santità, ethos e cambiamenti strutturali: riflessioni in
un'estate in Irlanda"ed è disponibile sulla pagina Web di questo corso. Questo articolo
fu scritto seguendo la struttura del "vedere," "giudicare," "agire" ma, poiché scrivevo
per un uditorio irlandese, io non elaborai, all'epoca, il primo gradino del circolo
pastorale. Di conseguenza, mentre propongo questo articolo come obbligatorio per
coloro che frequentano questo corso,premetto che, l'articolo in se stesso, è più utile ad
elaborare il gradino del "giudizio" e dell’ "agire". Quello che offro ora, aggiunge
all'articolo la parte mancante, ed io posso fornire una preparazione alla sua lettura, per
coloro che non hanno confidenza con la cultura irlandese. I miei commenti sono
narrativi e generali ma si può,per l'appunto, notare, che sto cercando di distinguere il
livello delle strutture sociali dal livello culturale nel mio resoconto e distinguere anche
tra le "luci" e le "tenebre" all'interno di ognuno di tali livelli.

Una Cultura In Crisi

Un primo punto da rilevare, al riguardo “VEDERE”


dell'Irlanda, è come essa abbia sperimentato
una crisi a molti livelli, la crisi ebbe inizio 1. Strutture sociali
con i problemi economici. L'Irlanda è uno a. Luci
di quei paesi del mondo maggiormente b. Tenebre
afflitti dalla recessione mondiale. A partire 2. Cultura
dall'inizio del 2008, si verificò, dopo 15 anni, a. Luci
una crescita economica mai vista in b. Tenebre
precedenza, per cui l'Irlanda venne definita
come "La Tigre Celtica”, in quanto essa ebbe
una delle più veloci crescite economiche del
mondo. Il livello di crescita maggiore del dieci

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percento, era divenuta la norma, al tempo della Tigre Celtica, mentre, l'anno scorso,
l'economia irlandese ebbe una contrazione superiore al 10%. Correlata a questa crisi
economica, fu una crisi di fiducia nei leader economici e commerciali, che vengono
ora percepiti aver avuto un comportamento non etico durante gli anni del boom
economico. Ulteriori problemi che portarono alla recessione economica, furono
problemi riguardanti il sistema sanitario Irlandese. Qui, i politici vengono criticati ma
molte persone riconoscono che interessi speciali all'interno del sistema sanitario
impedirono la cooperazione con i politici e questo portò ad una grande inefficienza.
Tali interessi speciali includevano molti gruppi di medici consulenti, sindacati di
lavoratori domestici
etc. Il basso standard del sistema sanitario in Irlanda, dopo 15 anni di alta crescita
economica è un esempio di come alcuni gruppi si siano comportati in modo ed
egocentrico nel perseguire i numerosi benefici economici disponibili, mentre non fu
perseguito il bene comune.
Sia precedentemente alla crisi economica che ora, durante la crisi più evidente in
Irlanda, questo è il contesto nel quale sta conducendo la sua opera la Chiesa Cattolica.
Si pensa che questa crisi sia cominciata durante gli anni 90 e fu segnata dalle
rivelazioni di abusi sessuali commessi da sacerdoti. Tali rivelazioni culminarono in
due rapporti, emessi nel 2008, che furono il risultato di indagini del governo. Il
primo,il "Rapporto Ryan" (così chiamato in base al nome del giudice che seguì
l'indagine) riguardava un abuso perpetrato da ordini religiosi sia maschili che
femminili. Il rapporto studiava il verificarsi di abusi su bambini fino al 1970 che si
verificò in istituzioni condotte da religiosi e fondate dal governo. Tali istituzioni erano
per bambini orfani e per quelli che avevano avuto problemi con la legge. Nel 2009
venne pubblicato un altro rapporto, "Il Rapporto Murphy", che riguardava abusi
sessuali verificatisi all'interno delle parrocchie della Arcidiocesi di Dublino, 1975-
2004. In ognuno di questi casi emergeva lo stesso schema,ovvero che i superiori
religiosi ed i vescovi erano stati informati degli avvenimenti, ma non li avevano
riportati alle pubbliche autorità, cercando invece di coprire i comportamenti colpevoli.
Questo aveva spesso portato l'abusatore sessuale a continuare il suo abuso in un altro
luogo. La relazione parlava di una "cultura del clericalismo" che aveva prevalso,
laddove, i leader della Chiesa, si erano maggiormente preoccupati della cattiva luce
che poteva ricadere sulla Chiesa come istituzione, piuttosto che, dei diritti dei
bambini. Nel rapporto Murphy, in particolare, era chiaro che la polizia ed i politici
avevano preso parte a questa "cultura del silenzio" tendendo a lasciare i vescovi
disciplinare da soli i sacerdoti, nonostante che, le autorità fossero venute a conoscenza
delle infrazioni alla legge.
Queste rivelazioni hanno contribuito ad una crisi della fiducia in Irlanda. La
popolazione Cattolica della Repubblica di Irlanda, prima del periodo della Tigre
Celtica, ammontava tradizionalmente a circa il 97% (quando questa percentuale
diminuì a causa dell'immigrazione). La percentuale dei praticanti della Messa della
Domenica, nel 1990, era scesa a circa l'87%. Nel 2006 essi erano il 35% e pensiamo
che questa percentuale, oggi, sia divenuta ancora più bassa. Un risultato dei rapporti
Ryan e Murphy fu una lettera speciale, scritta da papa Benedetto XVI al popolo di
Irlanda, che esprimeva il suo dispiacere e, tra le altre cose, annunciava una "visita"
ufficiale della Chiesa in Irlanda da parte di vescovi e di altri membri qualificati della
Chiesa Cattolica, provenienti da altri paesi. Adesso vorrei parlare un po' più a lungo
delle origini storiche della cultura del clericalismo in Irlanda, che produsse tali
scioccanti risultati nella questione della copertura dei reati.

TP 1028 Parte 2° 14
La Storia Irlandese e la Cultura del Clericalismo

Vorrei iniziare dando lumi riguardo alla storia d'Irlanda, lasciatemi inoltre ricordare di
avere già scritto che, nel primo gradino del circolo pastorale, noi non ci soffermiamo
a studiare una particolare istituzione Cattolica, ma piuttosto il contesto nel quale essa
funziona, sia in termini di cultura che di strutture sociali. In questo resoconto io sto
più o meno seguendo il principio del "Vedere", riferito alla Chiesa Irlandese. Tuttavia,
poiché la Repubblica d'Irlanda è un paese estremamente Cattolico, e poiché la Chiesa
rappresenta un particolare centro di attenzione in questo momento, non si può parlare
della Chiesa Cattolica oggi senza spiegare la situazione generale in cui si trova
l'Irlanda. È così che ora andremo a studiare l'operato di varie istituzioni Cattoliche
Irlandesi ("Giudicare" per esempio una scuola o una parrocchia). Il retroterra che
descrivo in queste riflessioni sarà rilevante per passare al secondo stadio.

Il Colonialismo Britannico e la Risposta Nazionalista

Un aspetto particolare della storia Irlandese è che, il suo territorio, fu una delle parti
d'Europa mai conquistate dall'Impero Romano. Per questa ragione la cultura celtica,
che era stata caratterizzata dalla presenza in Europa per la maggior parte dell'età del
ferro, si ritirò ora nella sola Irlanda (come in Scozia e in Galles).La civiltà celtica era
rimasta ad un livello economico che si appoggiava sull'agricoltura ed aveva fondato
poche città. A livello culturale essa combinava numerosi aspetti di culture primitive,
come il fatto di essere vicina ai cicli della natura, mentre la religione Cristiana era
stata introdotta da San Patrizio nel quinto secolo.
A partire dal 1200 circa, il regno d'Inghilterra stava diventando più sofisticato
economicamente e militarmente rispetto al piccolo reame d'Irlanda e dunque dette
inizio ad un processo di conquista. La conquista dell'intera Irlanda fu completata entro
il 1600 circa e il Re di Inghilterra impose al paese una classe dirigente Inglese. Tale
classe dirigente possedeva larghi appezzamenti di terreno in tutto il paese e cominciò
anche lo sviluppo delle città, per rendere più simile l'organizzazione del territorio a
quella delle strutture sociali che si trovavano in Inghilterra. Un processo simile di
espansione inglese si era verificato sia in Scozia che in Galles da alcuni secoli, ma in
alcuni paesi esso incontrò un maggior successo. Noi possiamo solamente fare delle
speculazioni del perché la resistenza agli inglesi rimase una regola nella maggior parte
dell'Irlanda. Le ragioni includono il fatto che, vivendo su un'isola, il popolo irlandese
viveva in una cultura che era rimasta isolata rispetto alle influenze della civilizzazione
Romana e che la conquista inglese arrivò più tardi in Irlanda piuttosto che in altri
paesi come in Scozia ed in Galles. Negli altri paesi, sotto molti aspetti simili, una
grande parte della popolazione indigena aveva accettato una assimilazione all'ordine
politico culturale Britannico, in Irlanda questo non si verificò.
Altre motivazioni della resistenza culturale irlandese alle regole Inglesi includevano
il fatto che la Riforma Anglicana e Protestante non aveva avuto successo nell' Irlanda
Cattolica. Questo poteva essersi verificato, in parte, poiché la conquista militare
dell'Irlanda era stata completata nel medesimo tempo in cui si era verificata la
Riforma. Dunque, rimanere Cattolici, divenne un modo chiaro di esprimere una
resistenza continua rispetto alla politica inglese. In ogni caso, nei secoli successivi al
1600 crebbe nella cultura irlandese un senso di nazionalismo che si focalizzò in un
desiderio di liberarsi dagli Inglesi escludendoli dal territorio irlandese e questo
nazionalismo si identificò con la fede Cattolica.
Proseguendo fino al 1850, un traumatico evento economico si verificò in Irlanda che

TP 1028 Parte 2° 15
approfondì il suo senso nazionalistico ed il risentimento Cattolico verso il governo
Britannico: la carestia Irlandese delle patate. Prima della carestia la popolazione
irlandese ammontava a 8 milioni. Durante i tre anni della carestia si stima che siano
morte circa 1 milione di persone ed un altro milione di persone emigrate. Nei decenni
seguenti la tendenza all'emigrazione prese sempre più piede in Irlanda- soprattutto
verso l'Inghilterra e gli Stati Uniti- di modo che la popolazione continuò a diminuire.
Ancora oggi la popolazione irlandese ammonta a meno di 5 milioni di anime. Dopo la
carestia ci fu una percezione da parte dei cattolici irlandesi che la politica economica
Inglese in Irlanda ne fosse stata largamente responsabile. Tale politica aveva costretto
la popolazione locale a fare conto esclusivamente sulle patate come cibo e dunque,
quando questa coltura venne a mancare, le conseguenze furono disastrose.
L'esperienza della carestia portò ad un aumento dell'agitazione nazionalistica per
l'indipendenza e questo portò alla fine, alla nascita della Repubblica d'Irlanda nel
1922.
In questo resoconto, io non sto andando in dettagli concernenti le differenze tra lo
Stato del Nord Irlanda, che occupa un angolo del Nord Est dell'Irlanda e la
Repubblica d'Irlanda che occupa tutto il resto dell'isola. Brevemente, tuttavia,
possiamo notare che, a partire dal 17º secolo, il governo inglese aveva incoraggiato
l'emigrazione degli agricoltori poveri Inglesi e Scozzesi perché andassero a
colonizzare la maggior parte della terra d'Irlanda. Quando il resto dell'Irlanda si mosse
verso l'indipendenza, i "Protestanti" nonché "fedeli al governo" del Nord Irlanda
rifiutarono di fare parte del nuovo Stato e pertanto il Governo Britannico creò uno
Stato separato (il Nord Irlanda) dove i protestanti erano la maggioranza. In ogni caso,
il 1922, portò l'indipendenza alla Repubblica d'Irlanda ed il nuovo governo stabilì
immediatamente una cultura politica che fosse veramente un'espressione della
peculiarità della popolazione, composta da cattolici, celtici, irlandesi. In questa nuova
Irlanda, la Chiesa Cattolica raccolse una accettazione incondizionata. Nello scrivere la
costituzione irlandese, gli autori ebbero cura di parlare del posto particolare occupato
dalla Chiesa Cattolica all'interno della società Irlandese e di impiegare principi
dell'insegnamento sociale Cattolico nella emissione delle leggi. Le vocazioni al
sacerdozio ed alla vita religiosa in Irlanda in quel tempo erano numerose e i religiosi
portavano avanti la maggior parte dell'educazione, del sistema sanitario e sociale. Tali
religiosi non ricevevano alti salari e nei decenni successivi l’Irlanda, che rimaneva un
paese povero con una economia basata sull'agricoltura, sviluppò livelli impressionanti
di cultura e di sviluppo del sistema sanitario.
Ebbe inizio l'industrializzazione e la crescita economica a partire dal 1960 in poi ma il
reale boom economico si verificò negli anni del 1990 nel campo della industria dei
computer. Uno dei fattori chiave che contribuirono al boom economico fu che
l'Irlanda aveva una popolazione giovane e bene istruita che parlava Inglese. L'alto
livello di istruzione aveva molto a che fare con il lavoro delle scuole Cattoliche in
tutto il paese.

La "Cultura del Clericalismo"

In molte delle cose che abbiamo raccontato possiamo notare il progresso nella società
irlandese sia in campo strutturale e sociale che in termini culturali. Poiché dunque la
società Irlandese in generale e la Chiesa in particolare sono cadute in questa crisi?
Forse un primo punto da sottolineare è che il tipo di Chiesa Cattolica che emerse nel
19º secolo era una chiesa di tipo altamente autoritario. Durante il 17º e il 18º secolo i
sacerdoti vennero perseguitati e il cattolicesimo irlandese sopravvisse con pochissimi

TP 1028 Parte 2° 16
sacerdoti (tali preti spesso venivano istruiti qui alla Gregoriana e vivevano presso il
Collegio Irlandese o in situazioni simili in altre città dell'Europa Settentrionale
continentale). Nel 19º secolo si verificò un allargamento dei vincoli posti dalla legge
Inglese e la chiesa Cattolica poté organizzarsi.
La chiesa Cattolica fu ricostruita in tutto il paese basandosi sulla straordinaria
generosità dei poveri contadini (dato che la maggior parte delle vecchie chiese
cattoliche erano state modificate ed acquisite dalla Chiesa Anglicana). Si creò una
situazione in cui era presente un sacerdote in ogni villaggio ed egli costituiva l'unica
persona istruita del contesto sociale. Questi sviluppi coincisero con un periodo in cui
la storia della Chiesa diede grande enfasi alla autorità del papa, dei vescovi, e dei
sacerdoti- il periodo dell’ "ultramontinismo". Fu così che il Cattolicesimo Irlandese
divenne altamente autoritario.
In modo simile, il 19º secolo assistette ad un periodo di sviluppo della cosiddetta
teologia "Giansenista" in Europa, caratterizzata da una teologia morale che guardava
al corpo come diabolico, e si focalizzava sull'idea del sesso come il maggiore dei
peccati e dei pericoli. Tale teologia sarebbe stata in seguito condannata come eretica
dal Papa, ma non prima che essa avesse influenzato gli studi teologici dei seminaristi
all'interno del più grande e importante seminario Irlandese:Maynooth.
I sociologi parlano di un'altra ragione per cui il cattolicesimo in Irlanda prese
un'enfasi così forte nel denunciare i peccati sessuali. Essi sottolineano che, dopo la
carestia delle patate, la pratica di suddividere il terreno delle fattorie tra i figli ebbe
termine, in modo che il territorio di un'unica fattoria potesse fornire da mangiare ad
un'intera famiglia. Una conseguenza ne fu che un grande numero di giovani non
ebbero la possibilità di sposarsi. Questo incoraggiò l'emigrazione, le vocazioni al
sacerdozio e alla vita religiosa, o il fatto che molti individui semplicemente non
ebbero la possibilità di sposarsi. In tale situazione la tentazione di fare sesso prima del
matrimonio divenne sempre più grande insieme al pericolo di mettere al mondo
bambini illegittimi. Fu così che un certo tipo di teologia giansenista coincise con il
bisogno- considerato essenziale per evitare un'altra carestia-di controllare il numero
della popolazione.
Fu così che emerse in Irlanda, a partire dal 19º secolo in poi, un clero considerevole
con un forte potere, sia spirituale che temporale. Fu solamente dal 1960 in poi che la
prosperità economica cominciò ad arrivare in Irlanda, e da questo tempo in poi le
tensioni cominciarono lentamente a diventare evidenti tra una popolazione laica
sempre più istruita ed una Chiesa Cattolica in una posizione di dominio all'interno di
una società Cattolica. Al tempo del Vaticano secondo la Chiesa irlandese accettò
alcuni cambiamenti come il fatto di celebrare la messa nella lingua corrente, ma, la
collaborazione con i laici, non si sviluppò largamente come in altri paesi. Ancora
oggi, molte parrocchie in Irlanda non tengono il concilio parrocchiale pastorale.
Adesso torniamo al fenomeno dell'abuso sessuale. Gli psicologi dicono che il
fenomeno dei bambini abusati si verifica in due circostanze. La prima riguarda uomini
che sono portatori di una malattia patologica e si trovano a contatto con bambini; la
seconda si verifica all'interno di un sistema dove il potere viene esercitato in modo
incontrollato ed ampio, e quindi tali crimini non vengono facilmente alla luce. Gli
psicologi sottolineano che, la più grande incidenza di abuso sessuale sui bambini si è
sempre verificata all'interno delle stesse famiglie, l'abuso sessuale si verifica, con
frequenza, quando una cultura enfatizza l'autorità paterna sulla famiglia intera tanto
da lasciare poca modalità di intervento laddove si verifichi un comportamento
esecrabile. Questo tipo di accettazione della autorità paterna illimitata si diffuse nella
società Irlandese Cattolica tra il 19º ed il 20º secolo- sia all'interno delle famiglie che

TP 1028 Parte 2° 17
all'interno della Chiesa Cattolica. Per questa ragione, l'abuso sessuale divenne una
realtà nascosta nell'Irlanda Cattolica.
Come abbiamo già menzionato, il "rapporto Murphy" riguardante l'abuso sessuale
nell'arcidiocesi di Dublino dal 1972 al 2004, identificava non solo l'esistenza di
sacerdoti pedofili- come quelli che perpetrarono abuso su bambini più grandi e su
giovani- ma anche uno strano atteggiamento di tolleranza da parte delle autorità a
punire tale comportamento. Fu una pratica comune della polizia il limitarsi ad
informare il vescovo delle denunce di abuso sessuale contro sacerdoti e contro
vescovi che poi provvedevano semplicemente a dislocare il sacerdote in questione in
un'altra parrocchia. In questo modo un sacerdote a Dublino perpetrò abusi in 10
parrocchie differenti prima di essere finalmente individuato ed arrestato.

Luci ed Ombre

Come già detto, questa discussione sulla situazione culturale in Irlanda ci fornisce un
esempio della utilità delle categorie euristiche che noi proponiamo per intraprendere il
primo gradino del circolo pastorale. Io sto impiegando queste categorie più o meno in
modo implicito attraverso questo racconto, ma lasciatemi ora linkare tali categorie in
una forma più esplicita e in un diagramma: (vedete l’appendice)

TP 1028 Parte 2° 18
LEZIONE TRE:
IL SECONDO GRADINO DEL CIRCOLO PASTORALE:
"GIUDICARE (AD INTRA)"

Procediamo ora illustrando il secondo gradino del circolo pastorale: "Giudicare."


Come abbiamo già detto, è, solo a questo punto, che noi analizziamo l'istituzione
Cattolica attuale, che rappresenta l'oggetto del nostro studio cui andiamo ad applicare
il metodo del circolo pastorale. Come abbiamo già spiegato, la ragione per la quale
passiamo attraverso il gradino uno, nella strada che abbiamo segnato, facente parte del
metodo che intendiamo seguire, è per controllare se, una visione più ampia delle
attività delle istituzioni,sia possibile. Per esempio, una parrocchia in Irlanda che opera
senza mostrare nessun tipo di visibile cambiamento rispetto ad un vecchio modello
operativo non sarà rispondente ai bisogni del suo contesto. Il mio articolo
"Santità,ethos e cambiamenti strutturali: riflessioni di un'estate in Irlanda" cerca di
evidenziare alcune proposte per come le parrocchie possano muoversi attraverso i
gradini 2 e 3 del circolo pastorale, basandosi sulle operazioni eseguite nel primo
gradino di cui ho parlato la scorsa settimana. Qui faccio menzione della priorità di
coinvolgere i laici nel ministero parrocchiale e di offrire loro una adeguata formazione
per eseguire questo compito.
Un altro esempio del bisogno di applicare il metodo a partire dal primo gradino è
quello di una parrocchia che ho conosciuto in Africa. I sacerdoti ed i laici collaborano
bene insieme in questa parrocchia e portano avanti un impressionante numero di
attività - tutte collegate alle Piccole Comunità Cristiane, che sono comunità formate
tra vicini che si incontrano in numerosi punti del territorio della parrocchia per la
preghiera e per una azione congiunta di miglioramento sociale. Quando il concilio
pastorale della parrocchia svolse un esercizio sul primo gradino, insieme ai sacerdoti,
essi dovettero riconoscere che, un terzo della popolazione adulta della parrocchia, era
positiva all’ HIV e che, la parrocchia, non stava facendo nulla per affrontare questa
situazione. Applicando i gradini 2 e 3 del circolo pastorale essi stesero dei piani per
ridurre le attività in altre aree in modo da avere tempo per costruire un ministero che
si occupasse in particolare della HIV e dell' AIDS all'interno della parrocchia.
In ogni modo, dopo aver sottolineato questo punto, andiamo ora a riflettere sulle
categorie euristiche che abbiamo già citato poiché esse sono necessarie per mettere in
atto il gradino due del circolo pastorale

“Giudicare”

1. Communione ad intra
i. Progettare per la santità
ii. Livello morale/culturale
iii. Livello strutturale sociale
2. Communio ad extra
i. Livello morale/culturale
ii. Livello strutturale sociale

TP 1028 Parte 2° 19
Nello stesso modo in cui abbiamo parlato del primo gradino adesso fronteggiamo le
sfide pedagogiche che si pongono ove dobbiamo tenere una lezione su argomenti che
appartengono a categorie euristiche nonché portare un invito ad ogni studente a
sviluppare un'abitudine interiore alla utilizzazione del circolo pastorale. Accettando le
limitazioni di questa situazione pedagogica, ci volgiamo a fornire l’esempio di una
persona che fu profondamente impegnata nell'impiego delle categorie euristiche simili
a quelle che stiamo proponendo, e che nel frattempo scrisse a questo proposito: Carol
Wojtyla che sarebbe diventato Papa Giovanni Paolo II.
Difatti, il diagramma che abbiamo esposto, delle categorie euristiche, può ben essere
illustrato facendo citazioni proprio da una delle encicliche di Giovanni Paolo II,
ovvero la Novo Millennio Ineunte, che io considero un impressionante esempio di
teologia pratica.

LA INTRODUZIONE DELLA NOVO MILLENNIO INEUNTE

Il Papa domanda alle conferenze Episcopali e a tutti gli altri leader delle istituzioni
della Chiesa di pianificare bene in modo da impegnarsi nel modo più efficace in una
evangelizzazione durante il nuovo millennio. Al fine di assistere questa
pianificazione, il Papa propone "alcune priorità pastorali." Il suo invito ai leader di
considerare tali priorità si può interpretare come simile alla chiamata all’
"aggiornamento" portata avanti da papa Giovanni XXIII all'inizio del Vaticano
secondo. Egli comincia sottolineando la continuità della missione della Chiesa nel
nuovo millennio con quella del passato. Successivamente, tuttavia, egli sottolinea
anche alcuni nuovi aspetti di come mettere in atto tale missione. Il tipo di attitudine
verso la pianificazione del futuro che egli indica, può essere interpretata come un
appello al fatto che l'evangelizzazione del nuovo millennio venga caratterizzata
dall'uso del circolo pastorale:

Non si tratta pertanto del problema di inventare un "nuovo programma". Il


programma esiste già: è il piano che si trova nel Vangelo e nella Tradizione
vivente, è lo stesso di sempre... ma esso deve essere tradotto in iniziative
pastorali adattate alle circostanze di ogni comunità... È nelle chiese locali che
le caratteristiche specifiche di un dettagliato piano pastorale possono essere
identificate, sia gli obiettivi che i metodi, la formazione e l'arricchimento delle
persone coinvolte, la ricerca delle risorse necessarie, che consentiranno alla
proclamazione di Cristo di raggiungere le persone, le comunità, ed avere una
profonda ed incisiva influenza nel portare valori del Vangelo a supportare la
società e la cultura. Io pertanto esorto onestamente i Pastori di ogni chiesa, con
l'aiuto di tutti i settori del Popolo di Dio, a pianificare con fiducia gli stadi del
viaggio verso il futuro, armonizzando le scelte di ogni comunità diocesana con
quelle delle Chiese circostanti e della Chiesa universale. Tale armonizzazione
sarà certamente facilitata dal lavoro collegiale che i Vescovi adesso
intraprenderanno regolarmente nelle Conferenze Episcopali e nei Sinodi. Non
era questo il punto focale delle Assemblee continentali dei Sinodi dei Vescovi
che si preparavano al Giubileo, e che intendevano forgiare importanti direttive
per la proclamazione odierna del Vangelo in così in numerosi ambienti e
culture? (NMI, 29).

Successivamente, il Papa spiega che la sua lettera desidera offrire alcune "priorità

TP 1028 Parte 2° 20
pastorali" per il compito di pianificazione:

Quello che ci aspetta talvolta è un eccitante lavoro di rivitalizzazione


pastorale, un lavoro che ci coinvolge nella nostra interezza. Una guida e un
incoraggiamento a tutti, io desidero indicare alcune priorità pastorali che,
l'esperienza del Grande Giubileo ha, secondo me, portato la luce (NMI, 29).

Quando il Papa usa il termine "priorità pastorali" possiamo comprendere davvero da


vicino il significato di quello che noi abbiamo definito come categorie euristiche. Ora,
mentre la citazione precedente si applica chiaramente ad ognuno dei tre gradini del
circolo pastorale, deve essere detto che "le priorità pastorali" di cui il Papa discute,
entrano in maggior dettaglio in quello che noi chiamiamo lo stadio del "Giudicare", e,
all'interno della dimensione della missione ad intra, tali aspetti si riferiscono alla
citazione precedente, nei termini del "raggiungere le persone, unire le comunità." È
così che noi dedichiamo il resto della nostra lezione a spiegare la dimensione ad intra
delle nostre categorie euristiche, per giungere al secondo stadio del circolo pastorale.
Eseguiamo questo compito discutendo per prima cosa la biografia di Carol Wojtyla,
specialmente i suoi anni giovanili, quando le linee della sua visione filosofica e
teologica si stavano formando. Poi torneremo indietro ad esaminare la Novo millennio
Ineunte e ne trarremo citazioni per illuminare con attenzione i differenti stadi della
missione ad intra della chiesa come essa viene evidenziata nel nostro diagramma.

“Giudicare”

1. Communio ad intra
a. Progettare per la santità
b. Livello morale/culturale
c. Livello strutturale sociale

CAROL WOJTYLA, GLI ANNI GIOVANILI

Nel discutere gli anni giovanili di Carol Wojtyla facciamo particolarmente uso di due
biografie: George Weigel, Testimone della speranza, Mondadori 1999; e Rocco
Buttiglione: Il pensiero dell'uomo che divenne Giovanni Paolo II, (Mondadori, 1998)
(Mag 42 S 37). Segnaliamo due punti principali riguardo il giovane Wojtyla. Il primo
è rilevante rispetto a quello di cui stiamo parlando, ovvero il gradino uno: è
importante distinguere tra la cultura e le strutture sociali. Come vedremo, Woytila
sottolineerà l'importanza di questo, non solo per analizzare la società presente, ma
anche per esaminare come la chiesa stia "fondendo insieme le sue comunità" nella sua
missione ad extra. Il secondo gradino della nostra spiegazione traccerà il percorso
seguito dal giovane Wojtyla e di come egli si convinca che il pianificare per
evangelizzare la cultura non è mai sufficiente in se stesso. Senza la grazia di Gesù
Cristo noi non siamo in grado di esercitare un'influenza positiva su una cultura e, a
partire da essa, sulle strutture sociali. È così che noi tracceremo i tre gradini della
missione ad intra nel primo sviluppo del pensiero di Wojtyla, prima di tutto il piano

TP 1028 Parte 2° 21
per la salvezza, poi le unione delle comunità in termini di un ethos completo e infine
in termini di strutture organizzative.

La Distinzione tra la Cultura e le Strutture Sociali

Il nostro primo punto di riflessione è tratto per la maggior parte dalla biografia di
Buttiglione. Egli insiste sul significato del retroterra nazionale e culturale di Wojtyla
in modo da poter meglio comprendere il contesto in cui il Papa si situa (Buttiglione,
Italiano, andò in Polonia per apprendere la lingua, in modo da poter leggere gli scritti
filosofici di Wojtyla in lingua originale, quelli cioè risalenti al periodo in cui il Papa
era ancora soltanto il Arcivescovo di Cracovia). Buttiglione divide la storia della
Polonia in tre fasi: L’emergere di una cultura fiera dei suoi valori; l’oppressione di
questa fiera cultura dovuta alle circostanze politiche; ed il suo riemergere nella
nazione indipendente.

Senza entrare in troppi dettagli, possiamo notare come la Polonia cominciasse ad


avere una identità propria sin dall’anno 966, quando il suo territorio fu conquistato da
una tribù barbarica che parlava una lingua simile al polacco di oggi. Possiamo
rimarcare che, sin dall’ inizio, questo stato accettò la fede Cattolica come una
dimensione intrinseca della sua identità ed un punto di contrasto con i vicini pagani e
Cristiani di rito Ortodosso. A partire da allora, possiamo assistere ad una lenta crescita
di uno stato e una cultura Polacca, più o meno fino al 1650. Durante la Dinastia
Jangiella (1385-1569) la Polonia divenne una delle culture più sviluppate d’ Europa.
In quel periodo visse l’astronomo Copernicius e un poeta notevole , Kochanowski. I
Polacchi di quest’epoca erano fieri delle loro strutture politiche democratiche in
contrapposizione agli altri stati monarchici del periodo. Notiamo, inoltre, che la fede
Cattolica continuava a giocare un ruolo importante nella cultura, spesso,per esempio,
la poesia e le rappresentazioni teatrali si basarono su temi religiosi, molto di fequente
su quello relativo alla Madonna. Notiamo inoltre che, nel periodo successivo, quello
dell’Impero Polacco (1569-1650) la Polonia divenne lo stato più grande d’ Europa.

Una situazione estremamente importante, nella storia della Polonia, è come le sue
fortune si siano rovesciate nei secoli successivi al 1650. Ci furono una serie di
invasioni, conquiste, e divisioni interne dello stato, fino ad una scomparsa quasi-
completa della nazione durante il secolo 1815-1918. Questa semi-scomparsa si
verificò quando La Russia inglobò una parte dello stato e la Germania l’altra. Si
verificò un breve periodo di indipendenza durante il ventesimo secolo, tra le due
guerre mondiali; ma poi, i Polacchi raccontano di essere stati dominati, durante la
Guerra Seconda Mondiale, non una ma due volte! La prima volta dai Nazisti, la
seconda dallo stato Russo comunista.

Arriviamo adesso al punto chiave esposto da Buttiglione riguardo la storia della


Polonia: nonostante i momenti di debolezza a livello politico- sociale dello stato
Polacco, i cittadini della Polonia hanno sempre conservato l’orgoglio e la fierezza
della loro cultura e hanno preso contro-misure al fine di proteggerla. In effetti, durante
gli anni di dominazione degli stranieri, questa resistenza culturale fu considerata
come un atto di resistenza politica.

Durante il secolo 1815-1918 la città di Cracovia fu considerata una “Città libera” ed


essa lo espresse in una vita culturale molto vivace. Nella Università Jangielana (notate

TP 1028 Parte 2° 22
il riferimento all’epoca della dinastia Jangielana) lo studio delle arti e delle discipline
umanistiche era di livello molto elevato e nelle città le performances di scritti teatrali
di autori polacchi venivano estremamente seguite ed apprezzate.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, i Nazisti furono ben consapevoli della


importanza della cultura come propaganda. Proibirono la performance di testi teatrali
in lingua polacca, distrussero molte delle opere letterarie di autori polacchi, ed,
infine, uccisero molti professori universitari di letteratura sia facenti parte della
Università Jangielana che di altre.

Carol Wojtyla nacque nel 1920 a Wadowice, non lontano della città di Cracovia, nel
sud della Polonia. Un primo punto da sottolineare è che nella vita giovanile di Carol
Wojtyla fu presente molta sofferenza. Quando aveva solo nove anni perse la madre,
alcuni anni dopo morì suo fratello maggiore, che, in certo qual modo, aveva ricoperto
il ruolo materno per il fanciullo. Altri punti da tenere in considerazione: si iscrisse
come studente di lingue e letteratura alla Università Jagielloniana,nella famosa cità di
Cracovia nel 1938. Però, quando i Tedeschi invasero il paese, chiusero tutte le
università. Wojtyla lavorava come operaio in una cava di pietra.

Nel periodo in cui era studente presso la Università Jagielloniana aveva progettato di
intraprendere la carriera di attore nel suo futuro. Dalla lettura del testo di Buttiglione
possiamo renderci conto che in Polonia, e soprattutto a Cracovia, questo mestiere
veniva considerato un impegno onorevole: nazionalista, pio, e di alta cultura. In
effetti, fu la sua esperienza di sofferenza personale nonché le forti esperienze del
periodo della guerra che lo indussero a cambiare il suo orizzonte e entrare il
seminario. Quali furono queste esperienze?

Carol era sempre stato un ragazzo pio (anche se atletico, socievole, e popolare tra i
suoi compagni) quando si verificò la guerra Egli ebbe una chiarezza interiore, quella
che non voleva prendere le armi,come invece avevano fatto alcuni dei suoi amici.
Mise,invece, la sua vita a rischio per fare parte di un gruppo teatrale clandestino che
rappresentò opere teatrali proibite dai Nazisti. Dalla lettura dell’opera di Buttiglione
capiamo come questo impegno si ricollegava ad una lunga tradizione polacca, quella
di tenere viva la resistenza culturale nei confronti degli oppressori. Comunque con il
passare del tempo le idee e i progetti di Carol per il suo futuro subìrono un forte
cambiamento.

Adesso esaminiamo la biografia di George Weigel per osservare come l'impegno di


Wojtyla per l'elevazione della cultura passò attraverso un periodo di crisi che lo
convinse di come, tale impegno, doveva essere basato su profondi valori religiosi.

L'Importanza della Crescita nella Santità

Durante gli anni della guerra Carol sperimentò da vicino la crudeltà del Nazismo e
visse una crisi interiore. Come il giusto avrebbe potuto opporsi a questo tipo di
crudeltà? Ai tempi Egli si confidava con un mentore-sacerdote che lo aiutò a
conservare una speranza cristiana e a non abbandonare il principio di una resistenza
non-violenta contr il “male”. Dopo un certo periodo,si verificò un terribile
avvenimento, questo sacerdote fu assassinato dai Tedeschi. invece di darsi alla
disperazione in quel momento Carol trovò una nuova profondità nella sua fede.

TP 1028 Parte 2° 23
Pensava di aver visto Gesù crocifisso ancora una volta nella persona del suo amico
sacerdote e trovò dentro sé stesso la capacità di credere di nuovo nella resurrezione di
Gesù e nel suo potente significato capace di fronteggiare il male nel mondo. Così
scelse di servire il processo della redenzione dell’ umanità egli stesso come sacerdote
. Entrò nel seminario clandestino di Cracovia nel 1943.

In un certo senso, nel giovane seminarista Carol Wojtyla possiamo già vedere la
filosofia e la teologia dei suoi anni maturi. Rimase sempre leale alla nozione che la
cultura può influenzare le strutture sociali. Però, rimane in piedi la questione di come
trovare una cultura che appoggi valori realmente buoni. Nel Nazismo Wojtyla vedeva
il declino della cultura tedesca verso il male che sottostava alla aggressione estrema
da parte dell’ esercito tedesco. Nella conversione religiosa che Wojtyla sperimentò,
pertanto, vediamo l’emergere di una visione missionaria che non lo avrebbe mai
lasciato: al primo posto si situa l’impegno per il cambiamento della storia affinché
essa si avvicini il più possibile al regno di Dio; al secondo, pone i valori incarnati
all’interno di una cultura, che possono essere una rappresentazione del bene o del
male. Quindi, per avere una cultura che davvero elevi lo spirito e che contribuisca a
strutture sociali giuste è inevitabile che essa debba essere influenzata fortemente da
una religione.

IL RITORNO ALLA NOVO MILLENNIO INEUNTE

Come abbiamo già detto, numerosi aspetti chiave della visione del pensiero ultimo di
Giovanni Paolo II erano già in nuce quando Wojtyla entrò di nascosto nel seminario
di Cracovia nel 1942. È così che saltiamo cinquant'anni e riconosciamo le intuizioni
del giovane Wojtyla ancora presenti quando il Papa propone "le priorità pastorali"
per il nuovo millennio nella Novo Millennio Ineunte. In questa lezione ci
concentriamo su come tale enciclica illumini i tre gradini della nostra struttura
euristica della missione ad intra della chiesa entro il secondo gradino del circolo
pastorale. O anche su come il Papa inserisca il compito di "raggiungere le persone e
fondere le comunità."

TP 1028 Parte 2° 24
Programmare la Santità

Dall’inizio alla fine dell’enciclica, Giovanni Paolo II fa appello all’ ecclesiologia ed alla
spiritualità di “comunione”. Questa teologia della comunione si riferisce in primo luogo
alla comunione di cui godono le persone della Santissima Trinità, poi all’invito rivolto
agli esseri umani di entrare a far parte dell’intima vita di Dio, ed infine all’invito rivolto a
tutte le genti di vivere in comunione fra di esse e le une con le altre. Applicando questa
teologia al processo decisionale pastorale, Giovanni Paolo afferma che la Chiesa ha una
missione ad extra che va oltre i suoi confini per contribuire all’edificazione della
comunione fra tutti i popoli; egli comunque sottolinea ed insiste sul fatto che la Chiesa,
prima di poter disporre qualcosa da offrire al di là di se stessa, deve porre un’accurata
attenzione nell’edificare la sua propria vita interna ad intra. Il suo primo passo è di
insistere sulla possibilità di “programmare la santità” e che tutta la strategia deve iniziare
da qui. Egli dà prova di una profonda conoscenza del tipo di personalità del responsabile
caparbio a cui egli si sta probabilmente rivolgendo poiché pretende una programmazione
migliorata da parte dei responsabili pastorali:

E in primo luogo non esito a dire che la prospettiva in cui deve porsi tutto
il cammino pastorale è quella della santità […] potrebbe sembrare, di
primo acchito, qualcosa di scarsamente operativo. Si può forse «
programmare » la santità? Che cosa può significare questa parola, nella
logica di un piano pastorale? (NMI 30-31).

Dopo aver sollevato questi problemi, egli procede nella ricerca di una risposta agli stessi.
Egli insiste che la guida pastorale comporta la ricerca per l’incorporazione della insolita
combinazione del dirigente e del mistico. L’operatore pastorale ha bisogno di combinare
le capacità direttive comuni alle organizzazioni secolari con un credo fiducioso nel fatto
che Dio sta cercando di intervenire nella vita delle genti e che il lavoro pastorale
comporta un genere di messa a punto delle condizioni che rendano possibile la sua
realizzazione. Questo è un compito gravido di difficoltà:

C'è una tentazione che da sempre insidia ogni cammino spirituale e la


stessa azione pastorale: quella di pensare che i risultati dipendano dalla
nostra capacità di fare e di programmare […] Ma guai a dimenticare che
«senza Cristo non possiamo far nulla » (cfr Gv 15,5) (NMI 38).

Nella ricerca della santità egli indica le molteplici tradizioni di spiritualità all’interno
della Chiesa che sono risorse di cui fare uso nel trasformare le istituzioni della Chiesa in
“scuole di preghiera” (NMI 33-34).

Una Cultura o un Ethos di Comunione

La santità per Giovanni Paolo comporta un’esperienza d’incontro con il proprio Signore e
Redentore ed è sempre e innanzitutto un’esperienza individuale. Qui un dono d’amore
trasformativo è offerto da Dio e la scelta di accettarlo e di rispondere è resa dalla singola
persona. Ne segue un processo di trasformazione personale in cui questo amore ricevuto
inizia a dare informazioni ed a influenzare gli aspetti “a espansione costante” della sua
personalità. Ora, dopo aver detto questo, Giovanni Paolo mette anche in rilievo come
questa realtà individuale sia intimamente connessa con il vivere in seno ad una comunità.
Nella fase due del ministero ad intra, come sottolineato nel mio schema, Giovanni Paolo

TP 1028 Parte 2° 25
fa appello ai pastori affinché aiutino a guidare queste esperienze di grazia maggiormente
individuali per entrare a formare l’ethos della comunità cristiana.

43.Rendere la Chiesa la casa della scuola della comunione: questa è la forte


sfida che fronteggiamo nel millennio che sta per cominciare, desideriamo
essere fedeli al piano di Dio e rispondere alle richieste più profonde del
mondo... Prima di effettuare pianificazioni pratiche, dobbiamo promuovere
una spiritualità della comunione rendendola il principio guida della
istruzione dovunque gli individui ed i cristiani si formino, dovunque i ministri
dell'altare, le persone consacrate e i lavoratori pastorali vengano educati,
dovunque laddove le famiglie e le comunità vengono costruite. Una spiritualità
della comunione indica soprattutto la contemplazione del cuore del mistero
della Trinità, la cui luce noi dobbiamo essere in grado di vedere brillare sul
viso dei fratelli e delle sorelle che ci circondano. Una spiritualità della
comunione significa anche una capacità di pensare i nostri fratelli e le nostre
sorelle nella fede all'interno della unità profonda del Corpo Mistico, e dunque
come "coloro che fanno parte di me".

Strutture Partecipative

Nel fase 3 egli sottolinea come questo ethos abbia bisogno di essere sostenuto da strutture
organizzative ed espresso all’interno delle stesse:

44. Di conseguenza, il nuovo secolo assisterà più che mai all'intenzione di


valutare e sviluppare i forum e le strutture che, in accordo con le più
importanti direttive del Concilio Vaticano Secondo, servono ad assicurare e a
salvaguardare la comunione...
gli strumenti della comunione, che sono specialmente appropriati oggi in vista
del bisogno di rispondere prontamente ed in modo efficace agli elementi che la
chiesa deve fronteggiare in questi tempi che cambiano rapidamente...
45... a questo fine, le strutture di partecipazione che sono richieste dal Diritto
Canonico, come per esempio Il Concilio dei Sacerdoti e il Concilio Pastorale
debbono essere sempre di più altamente tenute in considerazione.

Parlando dell'importanza delle strutture partecipative tra i sacerdoti ed i laici, il Papa è


attento a mantenere la distinzione tra il ruolo della autorità che spetta ai sacerdoti, ed
il ruolo largamente consultativo che spetta ai laici. Tuttavia, egli insiste sul fatto che,
il ruolo giocato dai laici, è di grandissima importanza:

Tali (strutture di partecipazione) naturalmente non sono governate da regole


come quelle della democrazia parlamentare, poiché esse sono consultative
piuttosto che deliberative; tuttavia questo non significa che esse siano meno
significative e rilevanti. La teologia e la spiritualità della comunione
incoraggiano un fruttuoso dialogo tra i Pastori e i fedeli: da una parte unendo
essi a priori in tutto ciò che è essenziale, e dall'altra portandoli a ponderare
accordi relativi agli argomenti aperti alla discussione. A questo fine, dobbiamo
rendere nostra l'antica saggezza pastorale che, senza pregiudizio verso
l'autorità, incoraggiava i Pastori ad ascoltare più ampiamente l'intero Popolo di
Dio. È significativo ricordare San Benedetto, che parla all'abbate di un

TP 1028 Parte 2° 26
monastero, invitandolo a consultare persino il membro più giovane di quella
comunità: “ Attraverso l'ispirazione di Dio, è spesso proprio la persona più
giovane che sa quello che è meglio fare". E, San Paolino di Nola aggiunge:
"lasciateci ascoltare quello che i fedeli dicono, poiché in ognuno di loro
respira lo Spirito di Dio" (45).

C'è un'altra affermazione fatta dal Papa che ci ricorda che, le tre categorie euristiche
della missione ad intra della Chiesa, dovrebbero essere tenute in un definitivo ordine
di priorità. È forse ovvio che non ci sarà sviluppo di una spiritualità di comunione
(priorità due) se non c'è prima di tutto una crescita nella Santità da parte degli
individui. Similarmente, tuttavia, il Papa parla di come le strutture di partecipazione
saranno di poca utilità salvo che non ci sia prima di tutto una genuina spiritualità della
comunione:

43. Lasciateci non avere illusioni: salvo che noi non seguiamo questo
cammino spirituale, le strutture esterne di comunione non serviranno che a
poco. Esse diverranno meccanismi senz'anima, "maschere" di comunione
piuttosto che segni di espressione e crescita.

CONCLUSIONE

In questa lezione abbiamo preso nota di quanto sia impressionante il documento di


Papa Giovanni Paolo II, l'enciclica Novo Millennio Ineunte. Abbiamo tracciato il
percorso di come essa incoraggi l'uso del circolo pastorale come chiave di
evangelizzazione del nuovo millennio. Tuttavia, noi abbiamo focalizzato
particolarmente l'attenzione sull’ eloquenza con cui la lettera esponga la missione
della chiesa ad intra, una base di analisi che forma parte del secondo gradino del
circolo pastorale. Vogliamo illuminare quest'analisi mettendoci in relazione alla
biografia del giovane Carol Wojtyla e a come le intuizioni filosofiche e teologiche
fossero difficili da trovare date le difficoltà sperimentate e vissute durante la sua
gioventù. Nella nostra prossima lezione esploreremo la dimensione del secondo
gradino che affronta elementi della missione ad extra della Chiesa. A questo riguardo
noi in parte ci riferiamo al pensiero di Giovanni Paolo II e in parte ad altre fonti. Per
anticipare questo passaggio nel discutere la missione della chiesa ad extra, vogliamo
fornirvi una citazione tratta dalla Novo Millennio Ineunte:...

Una preghiera intensa, dunque, che tuttavia non distoglie dall'impegno


nella storia: aprendo il cuore all'amore di Dio, lo apre anche all'amore dei
fratelli, e rende capaci di costruire la storia secondo il disegno di Dio
(NMI 33).

TP 1028 Parte 2° 27
LEZIONE QUATTRO:
IL SECONDO GRADINO DEL CIRCOLO PASTORALE:
"GIUDICARE (AD EXTRA)"

Nella lezione precedente abbiamo esplorato il significato delle categorie euristiche al


fine di analizzare i risultati raggiunti dalle istituzioni cristiane ponendo attenzione al
compimento della missione ad intra. Ora procediamo nella discussione delle categorie
che proponiamo per la missione ad extra.

“Giudicare”

3. Communione ad intra
iv. Progettare per la santità
v. Livello morale/culturale
vi. Livello strutturale sociale
4. Communione ad extra
iii. Livello morale/culturale
iv. Livello strutturale sociale

Eseguiremo questo compito passando attraverso due gradini: prima di tutto


discuteremo l'importanza della nozione della missione della Chiesa ad extra nei
documenti del Vaticano secondo; poi, torneremo ad esaminare la biografia di Papa
Giovanni Paolo II per illustrare come, un ministero della cultura, abbia la priorità
all'interno del ministero ad extra.

IL VATICANO SECONDO E LA MISSIONE AD EXTRA DELLA CHIESA

Nella prima parte abbiamo riportato una discussione relativamente breve su come il
Vaticano secondo fosse stato aperto da papa Giovanni XXIII per essere un "concilio
pastorale ed ecumenico" e come un intervento da parte del cardinale Suenens, nella
prima sessione del 1962, riscosse una generale accettazione della proposta per il totale
indirizzo da dare al concilio. Abbiamo delineato come egli avesse proposto che il
concilio si preoccupasse della missione della chiesa tenendo conto dei termini della
distinzione: una missione ad intra, e una missione ad extra. Abbiamo anche
sottolineato la sua proposta che queste missioni dovessero essere discusse secondo tre
principali aree di dialogo tra i padri del concilio e i loro presunti lettori. La prima
delle due aree di dialogo appartiene alla missione ad intra della Chiesa: il dialogo con
i fedeli Cattolici e il dialogo con i " fratelli separati" ovvero le comunioni Anglicane,
Protestante, ed Ortodossa che, sebbene separate dalla chiesa cattolica, vengono
tuttavia considerate parte della "Chiesa di Cristo" e pertanto costituiscono oggetto di
un dialogo ad intra. Il terzo dialogo deve avvenire con i non-Cattolici ed è orientato
soprattutto ad influenzare la cultura per incorporare in modo migliore i valori del
Regno di Dio. Lasciateci ora esplorare un po' di più il pensiero del concilio sulla
missione ad extra della Chiesa.
Nel suo libro Cosa Accadde nel Vaticano Secondo? (Harvard University Press, 2008)

TP 1028 Parte 2° 28
John O’ Malley espone come, dopo la prima sessione, il cardinale Suenens venisse
scelto per essere il Conduttore di una commissione di coordinamento del concilio che
aveva la responsabilità di stendere i documenti che dovevano essere sottomessi al
commento ed alla votatazione nell'aula dei vescovi. Egli fu eletto a questa posizione
da papa Paolo VI, che assunse la responsabilità del concilio a partire dalla seconda
sessione in poi. Nel frattempo che avesse inizio la seconda sessione, il comitato di
coordinamento del Cardinale Suenens aveva già formato sotto-comitati, i quali, a
turno, avevano prodotto bozze di documenti che cominciarono ad essere discusse
nell'aula dei vescovi sin dall'inizio della seconda sessione. Queste bozze di documenti
rappresentarono più o meno gli stessi 13 documenti che furono poi emessi dal
concilio. Fu in tal modo che i documenti del concilio vennero a esprimere una
teologia coerente e a mantenere una relazione chiara nei confronti della struttura ad
intra e ad extra, proposta nella visione del Cardinale Suenens tanto quanto nelle tre
aree di dialogo che egli aveva proposto.
Passiamo ora al racconto di un altro storico del concilio che ci può fornire
maggiori dettagli sull'evoluzione dei due più importanti documenti ad extra: Gaudium
et Spes e Dignitatis Humane.
Giuseppe Alberigo fu professore di “Storia della Chiesa” all’Università di
Bologna e durante il Concilio fu consigliere del Cardinale Giacomo Lercaro,
Arcivescovo di Bologna. In seguito, per molti anni, ha collaborò, come capo-
redattore, alla pubblicazione di una grande opera in cinque volumi sulla storia di
questo Concilio, l’ultimo dei quali è stato completato nel 2001. Per coloro che non
hanno né l’energia di leggere queste migliaia di pagine, Alberigo scrisse, nel 2005,
una piccola sintesi di 130 pagine: Breve storia del Concilio Vaticano (Bologna,
2005).
Nel suo ultimo captitolo Alberigo nota che i documenti Gaudium et Spes e
Dignitatis Humane vennero discussi per la maggior parte solamente durante la quarta
sessione del concilio, il quale, infatti, non ebbe il tempo sufficiente per discuterli nella
loro interezza così come aveva fatto con gli altri documenti. Questo avrebbe avuto
come risultato che essi fossero in un certo qual modo meno completi come documenti
rispetto agli altri prodotti dal concilio e, probabilmente, sarebbero rimasti meno
fermamente ad incidere sulle menti della chiesa successiva, mentre,purtroppo, la
missione ad extra della Chiesa rappresenta un aspetto essenziale della sua chiamata.
Quindi, durante questa ultima sessione furono presentati al concilio i duoi documenti:
“Dignitatis Humanae,” sulla libertà religiosa e “Gaudium et Spes,” sulla Chiesa nel
mondo contemporaneo e il Concilio approvò entrambi i documenti il 7 Dicembre 1965.
Alberigo spiega la particolarità di questi documenti del Concilio sottolineando come i
documenti del concilio facevano la transizione del aspetto ad intra della Chiesa al
scrivere di questi duoi documenti sulla sua missione ad extra. Spiega il fatto che dopo
aver trovato una qual certa chiarezza sulla teologia della Chiesa nel Lumen Gentium i
Vescovi sapevano che il prossimo passo sarebbe dovuto essere un tentativo di dialogare
con il mondo moderno. Spiegheremo questo punto.

L’importanza della questione sociale

Lo sviluppo logico nel pensiero del Concilio avvenne così: se definiamo la Chiesa
“sacramento di salvezza nel mondo”, mostriamo la fiducia nel fatto che la Grazia di Dio
sia già nel mondo e che la Chiesa ha il compito di aiutarlo a riconoscerla e a crescere in
questa Grazia. Inoltre, la Chiesa riconosce che alcune persone nel mondo contemporaneo
non sono credenti religiosi e, pertanto, si trova d’accordo nel dialogare con loro in un

TP 1028 Parte 2° 29
linguaggio più filosofico che teologico. Riporto questo fatto, ricordando la lunga
tradizione nella Chiesa relativa alla questione della relazione tra natura e grazia,
questione che la aiuta parlare in tale maniera filosofica. In questo dialogo la Chiesa
sottolineerebbe sempre le questioni dei valori umani; affermerebbe l’importanza sociale
di perseguire il bene comune e indicherebbe come questo bene sia fondato sulle virtù
individuali dei cittadini e che queste vanno coltivate specialmente in famiglia, tema su cui
la Chiesa sostiene di avere una competenza particolare.
Riconosciamo in questo progetto dei Vescovi, si sono riunite due tradizioni
teologiche della Chiesa: la prima è l’ecclesiologia, la seconda è la dottrina sociale della
Chiesa. Spieghiamo questo punto: la tradizione moderna della dotrrina sociale della
Chiesa era cominciata nel 1891, con la pubblicazione della Lettera Enciclica del Papa
Leone XIII, “Rerum Novarum;” in questa lettera, il Papa Leone si preoccupava a favore
di un dialogo positivo con il mondo moderno, specialmente relativamente alle questioni
economiche; invece, in quel momento, la teologia generale della Chiesa ufficiale di fronte
allo Stato e al mondo moderno era negativa e sospettosa; quindi, in queste due linee di
riflessione, c’era una mancanza di coerenza, per non dire una contraddizione. Questa
situazione continuò anche durante gli anni precedenti il Concilio Vaticano II e si risolse
solamente nell’aggiornamento della teologia della Chiesa, avvenuto con Lumen Gentium.
In questo momento, fu chiaro che la Chiesa come “sacramento di salvezza” doveva essere
aperta al dialogo con il mondo contemporaneo e, quindi, di conseguenza doveva
possedere un forte insegnamento sociale.
Quindi, è soltanto alla luce del documento Lumen Gentium che il concillio arrivò
alla decisione di produrre altri documenti che si occuparono esclusivamente con la
missione ad extra della Chiesa. Dalla seconda sessione del concilio le aspettative per
alcuni documenti di questo tipo erano alte sia da parte dei Vescovi sia da parte dei
giornalisti che seguivano il Concilio: molti anticipava con grande interesse la bozza per
Gaudium et Spes e pensavano che sarebbe stata “il frutto ultimo” del Concilio. Invece,
come vedremo in seguito, Alberigo, da parte sua, sostiene che queste aspettative erano
esagerate. In effetti, prima continuare con l'analisi del documento Gaudium et Spes è
importante discutere un altro documento che si occupò pure della missione ad extra della
Chiesa: quello sulla libertà religiosa. In effetti, questo tema è fondamentale per tutti gli
altri passi della Chiesa verso il suo dialogo con il mondo moderno e, come spiegiamo
qua, doveva essere scritto prima del documento

La libertà religiosa

Sulla questione della trattazione del tema della libertà religiosa, Alberigo loda il Concilio
per aver approvato un ottimo e importante documento: Dignitatis Humanae. Questo
rende chiaro un punto fondamentale: la Chiesa rispetta la libertà di coscienza di tutti gli
uomini, compresa la libertà di compiere errori religiosi e etici. Oggi può sembrare strano,
però nella Chiesa Cattolica non era possibile parlare così prima dell’approvazione di
Lumen Gentium. Per esempio, al teologo Padre John Courtney Murray SJ, degli Stati
Uniti, principale estensore della bozza definitiva di “Dignitatis Humanae”, era stato
proibito di pubblicare i suoi pensieri per molti anni precedentemente al Concilio; inoltre,
gli era stato rifiutato il permesso di partecipare alla prima sessione del Concilio come
esperto. Solamente dopo il cambiamento dell'atmosfera del Concilio durante la prima
sessione sarebbe stato possibile ad un vescovo Americano invitarlo.
Durante l’Ottocento e il Novecento la Chiesa sembrava volere non solamente un
potere spirituale ma anche un potere temporale per influenzare la gente – con una certa
forza – a essere Cattolici. In effetti la Chiesa di quella epoca parlava del valore, negli stati

TP 1028 Parte 2° 30
Cattolici, di promuovere una “dottrina di intolleranza” a riguardo dei non-Cattolici. In
alcuni esempi in Europa, se un dittatore era pronto a dichiarare che alla Chiesa Cattolica
sarebbe stata data una posizione di onore nello Stato, quel dittatore avrebbe potuto
contare sul supporto della Chiesa. Chiaramente, dopo tale storia, una dichiarazione sulla
libertà religiosa dalla Chiesa era necessaria prima che la Chiesa potesse dare consigli al
mondo contemporaneo su questioni etiche, economiche, sociali e culturali.

"Gaudium et Spes"

Dopo aver spiegato la propria posizione sulla libertà religiosa nel documento “Dignitatis
Humanae,” il Concilio procedeva nell’esercizio di tale libertà commentando qualche
tema o la politica nel mondo contemporaneo, lavorando sull’altro documento. Quest’altro
documento era forse il più atteso del Concilio: fin dalla seconda sessione alcuni Vescovi
ripetevano che sarebbe stato il vero “frutto del Concilio,” e senza dubbio, il titolo del
documento catturava lo spirito del Concilio: Gaudium et Spes: la Chiesa nel mondo
contemporaneo.
Nonostante queste grandi aspettative, è da notare che Alberigo non esprime una
lode tanto entusiastica per detto documento. Secondo lui, i Vescovi avevano ragione nel
riconoscere l’importanza di un dialogo di questo tipo con il mondo contemporaneo;
tuttavia: avere un buona volontà per fare una cosa e aver la capacità di portarla a termine
sono due cose diverse. Alberigo asserisce che i Vescovi e i loro consiglieri,
semplicemente, non ebbero la competenza per completare questo compito: una causa
della debolezza è che il documento fu scritto relativamente rapidamente; un’altra è che il
suo obiettivo era tanto ampio da essere quasi impossibile da raggiungere.
Alberigo propone una sintesi della sua opinione circa il documento in una
dichiarazione che si avvicina ad essere divertente: egli dichiara che i titoli dei capitoli
sono buoni, ma il contenuto di questi capitoli è meno buono. Questi titoli sono: il
matrimonio e la famiglia, la cultura, la vita socio-economica e politica, la pace e la guerra
e la comunità internazionale. Alberigo è d’accordo nell’ammettere che queste sono le
grandi questioni di nostra epoca; ciò nonostante riguardo alle debolezze del contenuto dei
capitoli, egli propone fa due punti: - il contenuto è troppo ottimista; - il tentativo di
combinare la teologia con le scienze sociali non riesce bene.
Sul primo punto, Alberigo ritiene che il documento è troppo influenzato da un
punto di vista che è evidentemente (solo) quello dell’Europa dell’Ovest durante gli anni
sessanta; soprattutto, vi è troppo ottimismo nel ritenere che lo sviluppo economico può
risolvere tanti problemi vigenti. Alberigo sostiene che alcuni dei problemi irrisolti e
continui negli anni seguenti avrebbero dimostrato quanto questa analisi fosse ingenua:
questi problemi inclusero la povertà e l’oppressione nel terzo mondo, nonché la
continuazione della guerra fredda. Sul secondo punto, Alberigo è d’accordo nel ritenere
che è importante potere parlare con i non credenti del mondo contemporaneo in una
lingua non-teologica; tuttavia, giudica che in un documento da un tale Concilio sarebbe
stato meglio al meno introdurre le dichiarazioni sui diversi temi in una maniera più
teologica. Egli addita le difficoltà tra il Vaticano e i teologi della Liberazione negli anni
seguenti il Concilio come un esempio della complessità di questa sfida di usare sia la
teologia che le scienze sociali.

Conclusione sul Vaticano secondo

Abbiamo enfatizzato l'esistenza di alcune ambiguità, nonostanze il successo ricevuto


alla sua emissione,presenti nel documento Gaudium et Spes che esprimeva la

TP 1028 Parte 2° 31
missione ad extra della chiesa. Nella discussione precedente alla produzione di
Dignitatis Humanae, che riguardava la libertà religiosa, abbiamo sottolineato come,
per la chiesa, rimanessesse un fatto relativamente nuovo cercare di esprimere il suo
messaggio ad extra in un contesto di democrazia moderna e di pluralismo religioso.
Una conclusione che possiamo trarre da ciò è che ci fosse qualcosa di nuovo per la
Chiesa che la portasse ad abbracciare la nozione della sua missione in termini di
distinzione ad intra-ad extra e che avrebbe portato un maggior lavoro da fare riguardo
al metodo con cui portare avanti questo impegno in un modo che,sia fosse radicato
nella tradizione dottrinale che,la lasciasse aperta con tutto il cuore a dirigersi verso il
mondo moderno. Tali difficoltà non furono mai sottovalutate, e nemmeno la questione
di interpretare la missione in termini di questa distinzione in due settori, ad intra-ad
extra; essi illuminavano questo pensiero riguardo al come comprendere e realizzare
questa distinzione che si sarebbe realizzata nei decenni seguenti il concilio.

Possiamo ricordare che una caratteristica centrale dei decenni seguenti il concilio fu
che essi furono dominati dal pontificato di un solo Papa: Giovanni Paolo II, che
sedette sul trono di Pietro dal 1978 al 1994. È così che noi torniamo a commentare il
suo pensiero e le sue azioni per elaborare come la missione ad extra della chiesa
guadagnò più chiarezza durante il suo pontificato. Forse, soprattutto, Papa Giovanni
Paolo stabilì, per la chiesa, come la missione ad extra dovesse dare priorità alla
evangelizzazione della cultura.

CAROL WOJTYLA, SACERDOTE E VESCOVO

Uno dei problemi maggiori del pontificato di Giovanni Paolo II fu il suo impegno
rispetto all'emergere della cosiddetta "Teologia della Liberazione" nell'America
Latina. Questo movimento teologico crebbe e si sviluppò immediatamente dopo il
Vaticano secondo e dichiarò di applicare lo spirito della Gaudium et Spes alla
particolare situazione dell'America Latina, un sub-continente assai caratterizzato dalla
ingiustizia sociale. Noi posponiamo la nostra discussione sulla teologia della
liberazione fino alla parte tre del nostro corso.Discuteremo invece, prima di tutto,
della visione di Papa Giovanni Paolo su come esercitare la missione ad extra.
Ricordiamo, dunque, una citazione dalla Novo Millennio Ineunte, già riportata nella
lezione precedente, che ci lascia senza più dubbi sul fatto che, nella mente di Papa
Giovanni Paolo II, la "fusione delle comunità", che si verifica nella missione ad intra
della Chiesa, serve a portare poi i suoi frutti nello svolgimento della missione ad
extra:...

Una preghiera intensa, dunque, che tuttavia non distoglie dall'impegno


nella storia: aprendo il cuore all'amore di Dio, lo apre anche all'amore dei
fratelli, e rende capaci di costruire la storia secondo il disegno di Dio
(NMI 33).

Durante il suo pontificato, il modo più facilmente riconoscibile in cui Giovanni Paolo
II dimostrò un impegno per la missione di "impegno nella storia" della Chiesa fu
attraverso il suo supporto alla rivoluzione pacifica contro governo comunista dei
sindacati detti "Solidarnosc" che contribuirono non solo al rovesciamento del governo
comunista in Polonia, ma anche alla caduta dell'intero regime comunista nell'Unione
Sovietica e della cortina di ferro, un evento simbolizzato dalla caduta del muro di
Berlino nel 1989. Procediamo ora a studiare, non tanto questi eventi politici quanto il

TP 1028 Parte 2° 32
pensiero di Carol Wojtyla riguardante l'impegno storico della Chiesa. A questo
riguardo, torniamo alla biografia di Wojtyla e studiamo come la filosofia di cui
abbiamo appena parlato viene applicata al’interno del suo processo pastorale del
prendere decisioni. Realizziamo quest'operazione principalmente studiando la sua
storia prima che egli divenisse Papa, gli anni 1948-1958 in cui, come sacerdote e
vescovo in Polonia, egli iniziò ad applicare la sua visione nel contesto di vita di uno
Stato oppresso da una dittatura comunista.
La nostra puntualizzazione in tal senso è semplicemente una: Wojtyla porta
una chiarezza particolare ad un aspetto della teologia Cattolica: la missione ad extra
della Chiesa dovrebbe essere specialmente caratterizzata da una missione che vada
incontro alla cultura.

Wojtyla Sacerdote e Vescovo

Dopo la guerra mondiale la Polonia testimoniò il passaggio, altrettanto brutale, dal


Nazismo alla dittatura comunista Russa. Il governo comunista si sostituì al governo
nazista e una forma di oppressione si sostituì ad un’altra. Wojtyla fu ordinato
sacerdote nel 1946 e, dopo due anni di studi nel Pontificio Collegio Angelicum qui a
Roma, fu incaricato come vicario di una parrocchia a Cracovia. Inoltre l’
Arcivescovo lo mandò pure come cappellano e docente nella Università di Lublin, che
si trovava non lontano di Cracovia. Durante gli anni 1948-58 Wojtyla dava a questi
impegni e, alla stessa volta, studiava per un dottorato in Filisophia nella stessa
Università.

Nei suoi studi filosofici rimaneva sempre con la stessa questione scottante: “Che cos’
è l’essere umano? Quale è la sua natura e quale il suo fine?” Questa questione sorgeva
di un fatto impressionante afferrato di Wojtyla : le due forme di oppressione, nazismo
e comunismo, avevano molto in comune. Soprattutto, entrambe trascuravano
l’importanza dell’ individuo e non avevano nessuna considerazione per l’ individuo
contrapposto agli interessi dello stato. In tal modo Wojtyla cominciò a comprendere
come al cuore della violenza e della oppressione del ventesimo secolo si ponesse una
sola primaria questione filosofica: che cosa è l’essere umano?

Egli studìò il pensiero etico di Max Scheller che aveva lungamente scritto sul
processo grazie al quale noi arriviamo ad apprendere i valori e a fare scelte autentiche
nella nostra vita. Alla fine Wojtyla portò a compìmento la sua tesi che venne
pubblicata col titolo: La persona in atto.

Un Ministero della Cultura

Al centro della filosofia di Wojtyla si trova l’individuo e come egli giunga ad essere
autentico e maturo. Successivamente, egli continua analizzando l’individuo nel suo
contesto: in famiglia, al lavoro, e nella società civile (inclusi i sindacati dei lavoratori
etc.) Così, la filosofia dell’ individuo di Wojtyla include anche una parte di filosofia
politica. Egli sottolinea come lo stato debba essere al servizio della crescita
individuale di tutti i cittadini. Insiste molto, pertanto, sul principio di sussidiarietà e su
come il fine dell’ ordine politico e economico sia quello di servire la crescita dell’
individuo a partire dai livelli base, cioè la famiglia, il posto di lavoro, e la società
civile. Insomma, Wojtyla insiste su come l’individuo debba costituire il soggetto della
storia e non il suo oggetto.

TP 1028 Parte 2° 33
Sequendo questa filosofia, Wojtyla fece alcune scelte pastorali. Egli si concentrò
molto nel lavorare insieme a tre tipi differenti di gruppi di persone: i giovani (spesso
studenti universitari), le famiglie, ed, in ultimo, gli intellettuali cattolici (che furono
quasi costantemente perseguitati dal governo). In questi impegni possiamo rimarcare
come Wojtyla mettesse in atto, in realtà, una “pastorale della cultura.” Voleva
promuovere una cultura che sottolineasse l’importanza di certe strutture sociali
particulare: la famiglia, la società civile, etc. e, allo stesso tempo, collaborava con
gruppi di studenti e intellettuali il cui ruolo sarebbe stato quello di portare avanti
studi e riflessioni relativi a tale visione.

Adesso cominciamo a rivolgerci alla questione di come le autorità comuniste


considerarono questo giovane sacerdote. Ironicamente lo apprezzavano molto,
pensando che fosse un “sacerdote non-politico” e perciò non rappresentasse alcuna
minaccia per i loro interessi. Alla luce delle vicende successive, questo atteggiamento
si rivelò drammaticamente sbagliato (per le autorità comuniste) e per questo
desideriamo analizzarlo più da vicino.

Analisi del Marxismo

Alla prova dei fatti, le autorità comuniste non riuscirono a comprendere il significato
della pastorale della cultura di Wojtyla. Per capire come tale favorevole situazione
abbia potuto verificarsi, dobbiamo comprendere più a fondo alcuni aspetti
dell’ideologia marxista. In un certo senso fu Karl Marx a porre le basi della scienza
sociologica; certamente fu lui uno dei primi a sottolineare la distinzione e la inter-
dipendenza, tra cultura e strutture sociali. Lo fece, con un senso di indignazione: egli
vedeva l’ingiustizia presente nelle società della prima rivoluzione industriale Europea
e voleva porre in opera una rivoluzione della situazione sociale al fine di diminuire la
sofferenza umana delle classi sociali più povere. Marx capì che gli operatori non
riconoscevano la presente ingiustizia in una maniera chiara, essi seguivano la filosofia
promossa dalla classe governante che diceva che non sarebbe stato possibile
organizzare la società in altro modo. Marx definì questo tipo di idee “ideologia”, al
livello della “sovrastruttura” , aventi lo scopo di mantenere un ordine stabile, seppur
ingiusto nella “infrastruttura” della economia e struttura politica dello stato.

Fino a questo punto, possiamo riconoscere aspetti di verità nel pensiero di Karl Marx.
Nei suoi passi successivi, invece, riconosceremo errori gravi. Nella versione del
pensiero Marxista nota come” Marxismo-Leninismo” essi dichiarano che è sempre
possibile accorgersi, ad ogni momento si sia giunti del processo storico, come
l’ideologia della cultura attuale (la sovrastruttura) non sia altro che il frutto della
infrastruttura economica e politica. Quindi, secondo Marx, è sempre l’infrastruttura
ad avere la posizione di maggior rilievo. Chiunque controlli l’economia ha il potere di
dominare la mente del popolo. Anzi, nello stato in cui regna la dittatura del
proletariato, il governo ha il compito di forzare la gente (per il suo..presunto.. bene)
ad accettare l’’ideologia Marxista-Leninista.

Wojtyla mese in discussione proprio queste presupposte del Marxismo. Secondo lui,
la religione possiede una forza enorme ed una grande possibilità di influenzare la
storia. Parlava della libertà della persona di scegliere tra il bene e il male, e di come la
religione potesse dare un contributo all’ esercizio di questa liberta. In tale modo parlò

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della società e della storia. Sostenne l’importanza della religione al fine di elevare la
cultura di modo che questa cultura potesse poi proporre valori morali. Sostenne anche
l’importanza di una tale interpretazione del ruolo della cultura al fine di influenzare le
strutture sociali e di creare una vera giustizia nella società. Notiamo che, in effetti,
Wojtyla accettò certe dimensioni del pensiero di Marx; per esempio accettò la
distinzione tra l’infrastruttura e la sovrastruttura; coiè tra strutture sociali e cultura.
Però, guardava all’importanza della sovrastruttura in una maniera opposta a quella del
marxismo. Era convinto del potere della grazia di dio di cambiare il cuore degli
uomini, della libertà di una comunità di creare e mantenere una sua propria cultura, e
del potere di nuove idee e nuovi valori di cambiare le strutture sociali.

In questa maniera possiamo capire il divario ideologico tra le autorità comuniste e il


nostro giovane filosofo e sacerdote, Carol Wojtyla. Inoltre, siamo pronti ad
apprezzare una delle grandi ironie della storia. La persona che avrebbe giocare un
ruolo chiave nella distruzione del comunismo ebbe la sua carriera ecclesiastica
appoggiata dalle stesse autorità comuniste.

I Comunisti che credevano nella Propria Propaganda

Nella storia della Polonia dopo la guerra, la Chiesa Cattolica godette di una sorta di
limitata tolleranza da parte del governo Polacco. Per giungere ad un minimo
ammontare di coesistenza pacifica la Chiesa Cattolica ed il governo comunista
avevano raggiunto un certo numero di accordi. Uno di questi includeva il diritto
informale dato alle autorità comuniste di porre un veto ai nomi che i vescovi Polacchi
proponevano a Roma per la nomina a futuri vescovi. In tal modo, il governo cercava
di assicurarsi che l'impegno dell'episcopato in Polonia sarebbe stato affidato ad
uomini che confinassero le loro attività al regno spirituale e non interferissero con la
politica.
Nell'area di Cracovia le autorità comuniste notarono che il giovane sacerdote pieno di
talento Carol Wojtyla non sembrava interferire con gli affari della politica dello Stato
rispetto a quanto facevano invece altri sacerdoti e vescovi del paese. La comprensione
della interferenza politica che tali autorità possedevano includeva elementi come il
fare affermazioni pubbliche riguardanti gli impegni di alte posizioni di governo o,
all'estremo, l'incoraggiare una aperta opposizione nei confronti del governo. Difatti, i
comunisti segretamente cercarono di penetrare il confessionale di Wojtyla e per anni
non potettero trovare alcun elemento che egli fornisse ai penitenti e che essi potessero
definire discutibile dal punto di vista politico. Insomma essi lo considerarono un
"sacerdote non pericoloso". Per tale ragione essi decisero di promuovere il suo nome
come potenziale vescovo ausiliario della Arcidiocesi di Cracovia. Essi compirono
quest'azione mentre avevano in modo insistente posto un veto ai nomi di altri
sacerdoti candidati per lo stesso posto. Fu per questa ragione che nel 1958 il giovane
Wojtyla, alla piuttosto inusuale giovane età di 38 anni, fu scelto come vescovo.
Difatti, velocemente, e prima che Wojtyla fosse divenuto Arcivescovo di Cracovia o
Papa, le autorità comunista dovettero riconoscere di avere fatto uno sbaglio nel
promuovere la carriera di quest'uomo. Su argomenti quali il diritto di costruire una
chiesa in un nuovo appezzamento di terreno chiamato "Nova Huta" Wojtyla non solo
portò un'opposizione diretta ed aperta alla politica del governo ma anche riuscì a
vincere la sua battaglia e ad avere successo nel riuscire a costruire la chiesa, in quel
famoso giorno che oggi consideriamo come uno dei giorni della sua memoria.

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CONCLUSIONE

Per i nostri bisogni immediati, abbiamo già esaminato sufficientemente come Carol
Wojtyla capiva la missione ad extra della Chiesa. Soprattutto, egli interpretava la
distinzione tra cultura e strutture sociali come potesse una priorità all’importanza della
cultura. Ricordiamo della nostra ultima lezione che, in effetti, questa prospettiva fu una
idea già presente nella cultura Polacca. Communque, fu approfondita e applicata in una
maniera particolare da questa giovane sacerdote-filosofo e vescovo di Cracovia.

Anni dopo, nelle vicende del 1989 in Polonia, vediamo il ministero della cultura in piena
forza. In quel momento, Papa Giovanni Paulo afferrò l’occasione di uno sciopero—non
molto grande—di operaio nella cità di Gadansk per usare la sua autorità come papa per
appoggiare una lotta al livello delle idee e dei valori contro il governo polacco. Ciò che
seguisse fu un processo di resistenza politica non-violenta tra tutto il paese polacco.
Finalmente queste resistenze non-violente sono riuscitr a portare grandi cambiamenti al
livello della struttura sociale: insomma questa resistenza culturale portò a compiere
l’indipendenza politica dello stato Polacco.

In conclusione, possiamo dire che, abbiamo capito la distinzione tra cultura e strutture
sociali e poi il ruolo di una religione che elevi una cultura. Così, potremo adesso
apprezzare maggiormente un approccio proprio Cattolico verso la missione ad extra della
Chiesa e il suo ruolo nella storia. Nella testimonianza di Papa Giovanni Paolo II
possiamo chiarificare alcune ambiguità che remaneva dopo il Concilio Vaticano II su
come esatamente come vivere la missione ad extra della chiesa. Adesso apprezziamo con
più chiarezza che si rivolge primamente di un ministero della cultura.

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