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Il nostro viaggio
Gli effetti della paura 3

I 3 Livelli Della paura 6


La Paura distruttiva
La Paura “Buona”
Consapevolezza Senza paura

Il Ruolo Della Paura 9

Pretese: La Prima radice 12


Comunque Vada Sarà Un Disastro

Egoismo: La Seconda radice 19


Sei egoista?
Non restare fuori dal bagno!

Dipendenze: La Terza radice 27


La prigione costruita dal prigioniero
Strappare le catene

Debolezza della mente: La Quarta radice 37


Il segreto del masso

Le 4 Radici 45

La Strada per una vita senza paura 48


Risorse consgliate

2 Niente Paura
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Introduzione
Gli effetti della paura

L e pagine di questo ebook sono dedicate alla paura.


Più precisamente a comprenderla meglio e imparare come eliminarla.
Partiamo innanzitutto dal capire che effetto ha la paura su di noi.

Francesco era seduto sul divano, incerto, timoroso.


Anche se nessuno lo avrebbe potuto notare, dentro di sé era stremato dall’ango-
scia. Stava male e non sapeva cosa fare.
Al suo fianco era seduta una donna, vestita con un elegante abito nero. Gli parlava
a bassa voce, cercando di calmarlo e invitandolo a non muoversi: lì era al sicuro.

Ma Francesco stava male proprio perché da un lato credeva al consiglio della don-
na, e si sentiva al sicuro sul suo divano, ma dall’altro avrebbe voluto alzarsi, agire,
andare incontro all’uomo che stava vicino alla porta
della sua stanza e lo guardava con pazienza.
Era un uomo sulla sessantina, anche se poteva mo-
strare qualche anno in più per via dei baffi, della bar-
ba e dei capelli ormai completamente bianchi. Era
vestito con un abito elegante, un gilet e una giacca
bianchi.
E osservava Francesco, invitandolo ad alzarsi dal di-
vano e seguirlo fuori dalla stanza. Francesco si rivol-
se alla donna: «Dovrei uscire, penso che sia la cosa
migliore, è tanto che sono qui dentro». Lei lo guardò
severamente. Francesco si alzò, fece alcuni passi titubanti e si paralizzò al grido
della donna.

«FERMO!» urlò con voce violenta.


«Se te ne vai starai male, ti farai male, qui sei al sicuro, solo qui sei al sicuro!» ripeté
con tono grave.
Francesco era più incerto di prima. L’uomo era sempre lì, calmo, sorridente. Fran-
cesco sudava e sentiva come se qualcosa, dentro di sé, lo dilaniasse.

3 Niente Paura
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L’uomo gli rivolse quindi la parola:


«Non ti fermerà» lo rassicurò. «Hai notato che non ti ha mai toccato?»
Francesco ci fece caso.
Effettivamente la donna non lo aveva mai toccato.
Nemmeno sfiorato, e invece di trattenerlo, aveva urlato, anche nei giorni prece-
denti. Nei mesi precedenti. Non ricordava una sola volta in cui l’avesse toccato.

«Prova a fare un passo verso di lei e poi due verso di me» suggerì l’uomo. France-
sco lo fece e la donna, pur ricominciando a gridare di fermarsi, non lo toccò.
«Ora osservale la mano poggiata sul bracciolo, Francesco» disse l’uomo.
Francesco la guardò con attenzione: bella, curata, elegante.
L’uomo riprese a parlare:
«Avvicinati ancora un poco a me, altri due passi». Il ragazzo lo fece e continuando a
guardare la mano della donna rimase stravolto nel vederla sbriciolarsi lentamente.

La donna gridò con più forza, minacciò Francesco che se non fosse tornato a se-
dersi sul divano, sarebbe stata la fine per lui, avrebbe sofferto e si sarebbe pentito
per sempre della sua scelta.
Per la prima volta Francesco vide un’espressione arcigna sul viso finora ammaliante
della donna.
L’uomo la interruppe con voce forte ma dolce dicendo al ragazzo: «Non può toccar-
ti, non può farti nulla. Vieni con me» proseguì allun-
gando la mano che Francesco afferrò, contento di
poterla toccare. La paura non può fer-
La donna sembrò rimpicciolirsi e sgretolarsi sul marti» disse l’uomo.
divano, fino a scomparire. Francesco era sereno
adesso, e stupito. «Può solo sopravvivere
«La paura non può fermarti» disse l’uomo. «Può solo finché tu non osi anda-
sopravvivere finché tu non osi andare, agire, alzarti, re, agire, alzarti, aprirti
aprirti e uscire dalla tua stanza, può solo vivere fin- e uscire dalla tua stan-
ché tu la ascolti e resti lì, immobilizzato. za, può solo vivere fin-
ché tu la ascolti e resti
Ma se ti alzi, ti apri e mi segui, lei si sbriciolerà e non lì, immobilizzato.
potrà più farti nulla» disse con voce dolce e premu-
rosa a Francesco. Ma se ti alzi, ti apri e mi
segui, lei si sbriciolerà
Al mondo esistono due grandi possibilità: la Paura e non potrà più farti
e l’Amore. nulla».

4 Niente Paura
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Per cominciare questo viaggio devi capire che la paura non può fermarti se non
sei tu che, per mille possibili “buone” ragioni, resti lì, nella tua “stanza”, ad aspettare.

Non può fermarti. Non può farti del male.


Ma può convincerci a paralizzarci e a non vivere, rimanendo prigionieri delle no-
stre finte sicurezze.

5 Niente Paura
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Capitolo 1
I 3 Livelli Della paura
P ossiamo dividere la paura in 3 livelli.
Nella storia di Francesco ho messo in evidenza il primo livello, quello in cui la
paura è distruttiva.

La Paura distruttiva
A questo livello essa ci domina, ci blocca, ci intrappola, impedendoci di vivere la
nostra vita. Considera che la paura è un’emozione e che ogni emozione dipende
da te.
Cosa intendo?
Intendo che quello che provi è frutto di come vivi
quello che accade, mentre la realtà, le cose che
ti dicono, le scelte degli altri, le situazioni, non
contano nulla in tema di emozioni.
Questa è indipendenza emotiva, se vuoi capirne
di più puoi leggere l’anteprima gratuita del mio
libro.
Quindi, al primo livello la paura è distruttiva per-
ché ci impedisce di vivere (ricorda sempre che
dietro ogni emozione negativa c’è sempre una
paura).
Leggi gratuitamente il
primo capitolo di
La Paura “Buona” Indipendenza Emotiva
Il secondo livello è migliore del precedente: qui
la paura diventa “buona”, positiva, utile. Diventa un’emozione che ti avvisa di un
possibile pericolo, di una minaccia e ti fa agire per Gestirla.
Devo però spiegarti alcune cose importantissime per non cadere in luoghi comu-
ni e distorsioni.
Prima di tutto la paura non è innata, automatica o inevitabile.
La paura la provi solo a patto che tu viva una situazione che consideri potenzial-
mente dannosa per te, e che tu abbia la convinzione di non saperla gestire.
Punto.
La paura non è atavica, non è genetica, non deriva dai nostri antenati preistorici.

6 Niente Paura
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La paura dipende solo dal senso che tu dai alle cose. Da cosa e come pensi. Tutte le
emozioni dipendono da cosa pensi. Oggi, non ieri.
Anche se questo pensare è spesso a livello inconscio.

Altro sbaglio è pensare che la paura sia indispensabile.


Qualche giorno fa mi sono fatto un taglio su un dito con una forbice elettrica men-
tre sistemavo l’erba nelle aiuole.
In base all’idea della paura come emozione necessaria per affrontare le difficoltà,
la volta successiva io dovrei, avendo paura, gestire meglio la forbice elettrica.
Ma è davvero utile che io abbia paura ogni volta che prendo la forbice, ogni volta
che penso di usarla, per poi utilizzare questa “paura sana” per essere attento e
prudente?

Io dico che aveva ragione Madame Curie. E fra poco


vedremo perché.
Se il coraggio non è una dote innata, una su-
per qualità, ma semplicemente la consapevolez-
za di cosa è giusto fare, dei tuoi limiti, delle tue
capacità, allora penso che la paura non sia un’e-
mozione necessaria come vogliono farci credere.
Impara adominare il tuo Che poi chi lo propone parte sempre da un’indi-
inconscio senza mostrabile ereditarietà della paura dai nostri avi.
manipolazioni. Come detto la paura non è genetica, ma figlia del
pensiero, e il pensiero non si eredita per nascita!
Per cui non mi serve la paura, ma la consapevo-
lezza.
Non devo aver timore di tagliarmi nuovamente. Perché questo non mi dà la giusta
serenità.

Consapevolezza Senza paura


Ho invece bisogno di capire la reale pericolosità della forbice, cosa può succedere,
come.
Ho bisogno di entrare in contatto con la realtà (consapevolezza) e comprendere, ca-
pire.
Ecco, Madame Curie diceva che non c’è niente di cui aver paura, ma solo da capire.
Capire.
Così capisco che la forbice può tagliare, ma anche che posso padroneggiarla con
attenzione. E capisco che posso gestire la ferita e le sue conseguenze.

7 Niente Paura
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Non mi serve a nulla avere paura, mi serve capire, essere in contatto con la realtà.
La paura porta sempre con sé, anche quando la vogliamo considerare “buona”,
emozioni negative come ansia, rabbia, preoccupazione, tristezza, delusione, in-
certezza, frustrazione.

E l’emozione negativa è il modo peggiore di affrontare un problema. Qualsiasi pro-


blema.
Questo è il terzo livello: non c’è la paura “positiva”, c’è consapevolezza, la capacità e
la volontà di capire, di entrare in contatto con la realtà per come essa è realmente.
A questo punto non hai paura, perché non ti serve.

• Hai fiducia, ma non sottovaluti.


• Hai attenzione, ma non ansia.
• Hai prudenza, ma non tremi. I 3 Livelli Della paura
1. Ti Paralizza E Ti Impedisce Di
Ecco perché la paura si può eliminare: non è in- Agire.
nata, non è necessaria, ma è un modo di pen- 2. Agisci Con Paura Per Via
sare. Delle Conseguenze Che
Più capisci, comprendi e diventi consapevole, Hai Sperimentato (ma La
meno serve, fino al punto di essere inutile. Paura Così Riduce Le Tue
E quindi non la provi più. Capacità).
La paura può esistere solo se in te sono vive le 3. Agisci Senza Paura, Ma Con
4 radici che la alimentano. La Consapevolezza Della
Sono le pretese, l’egoismo, le dipendenze emo- Realtà, Di Cosa È Pericolo-
tive e la debolezza della mente. so E Di Come Devi Agire Per
Se tu le estirpi, la paura muore. Gestire Al Meglio Ogni Situ-
Come detto non hai bisogno di paura, ma di azione.
consapevolezza.

Il mio obiettivo è mostrarti ognuna di queste radici e spiegarti come puoi iniziare
a reciderle una per una, in modo semplice, ma soprattutto pratico.

Le Quattro Radici Della Paura


1. Pretese
2. Egoismo
3. Dipendenze
4. Debolezza Mentale

8 Niente Paura
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Capitolo 2
Il Ruolo Della Paura

P rima di iniziare a spiegarti una per una in cosa consistono le radici che ali-
mentano la paura, farti capire come funzionano, come diventano forti e come
spezzarle, penso sia utile aiutarti a comprendere che ruolo hanno nelle nostre paure
e come condizionano la tua vita.

Immagina la tua vita come una scala.


Ci sono migliaia di gradini, ne affrontiamo decine
ogni giorno.
Alcuni sono così bassi che quasi nemmeno li noti.
Altri solo normali e richiedono uno sforzo normale.
E poi ne trovi alcuni che sono decisamente alti e devi
impegnarti di più, fare più fatica, metterci più impe-
gno o concentrazione.
Mentre saliamo la scala della vita, succede qualcosa
a cui spesso non facciamo caso: ogni tanto prendiamo
un sasso e lo mettiamo in tasca.
Ogni volta che pretendi che qualcosa vada come vuoi tu, e ti arrabbi se non suc-
cede, ti chini, prendi un sasso e lo metti in tasca.

Ogni volta che qualcuno non si comporta come vorresti, e ci rimani male, ti chini,
prendi un sasso e lo metti in tasca.

Ogni tanto il sasso è un piccolo sasso, altre volte


è un gran bel sasso, una pietra. E quando abbia-
mo le tasche piene, ci riempiamo anche lo zaino
che portiamo in spalla.

E sai qual è una delle caratteristiche più interes-


santi dei sassi?
Pesano.

9 Niente Paura
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Ogni volta che non fai qualcosa di positivo per qualcuno, perché non ne hai voglia,
ti chini, prendi un sasso e lo metti in tasca.
Ogni volta che preferisci distrarti invece di affrontare un problema impegnativo, ti
chini, prendi un sasso e lo metti in tasca.
Ci sono veramente tantissime occasioni in cui, mentre saliamo le scale, ci chinia-
mo, prendiamo un sasso e lo mettiamo in tasca. O nel nostro zaino.

Così, sasso dopo sasso, senza quasi che tu te ne renda conto, ti riempi di qualcosa
che pesa e rende sempre più difficile il tuo percorso lungo la scala della vita.
Certo, come detto prima la maggior parte dei gradini non li noti tanto sono bassi,
e quindi per quanto il peso dei sassi si faccia sentire, riesci a procedere. Anche se fai
fatica a portarti dietro tutto quel peso, e ti stanchi.
Ma sai, diventa normale, lo fanno tutti, e così non stai a porti troppe domande.
Ma appena incappi in un gradino un po’ più alto che succede?
Che devi fare uno sforzo maggiore per superarlo e qui il peso dei sassi diventa un
problema.
Purtroppo, assuefatti come siamo a tenerci tutto questo peso in tasca, non pensi
nemmeno ai sassi che ti porti dietro, ma te la prendi con i gradini della scala che
sono “troppo” alti.

Se tu non avessi sassi nelle tue tasche, non ci sarebbe gradino troppo alto.
Mai.
Quelli impegnativi resteranno più faticosi, ma senza pesi inutili sulle spalle, sareb-
bero tutti, comunque, sempre, superabili.
Ecco, le radici che alimentano la paura non fanno altro che aggiungere ogni giorno
piccoli sassi nelle tue tasche, nel tuo zaino.

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Non ci fai molto caso, ma messi insieme tutti questi sassi pesano e ti rendono im-
possibile vivere e salire lungo la scala.
E spesso, quando i gradini sono davvero importanti, di sassi ne bastano pochi per
renderti straziante e impossibile un altro semplice passo.
Non prendertela con il gradino. Non è la situazione difficile il vero problema.
Sarebbe alla tua portata se svuotassi le tue tasche.
Sarà alla tua portata quando avrai eliminato tutte queste inutili zavorre che ti por-
ti dietro.

In questi anni ho imparato una cosa fondamentale: non prendertela con il gradino,
non fissarti sul gradino, tanto non lo smuovi, quello resta lì e non si cura di cosa
pensi e dici o fai.
Ma il problema non è mai il gradino.
Il segreto per vincere la paura è capire che se tu non hai sassi in tasca, la paura non
esiste.
E bada che la maggior parte dei sassi non sono legati a quello che temi adesso.

La paura, quindi, non dipende da quello che ti accade, dal gradino che hai davanti,
ma dalla tua capacità di superarlo, e senza sassi in tasca, non esiste gradino che possa
fermarti.

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Capitolo 3
Pretese: La Prima radice

Iniziamo a parlare delle 4 radici che alimentano dentro di noi la paura.


Partiamo dalle pretese, la peggiore di tutte.
Ti propongo un “gioco”.
Per aiutarti a comprenderla ti racconterò tre storie.
Alla fine devi capire in quale di queste descrivo una pretesa.

PRIMA STORIA
Marcello chiama Giorgio, un suo caro amico, e gli chiede se può andare a trovarlo e
dargli una mano a spostare un mobile.
Giorgio risponde che non ci sono problemi, ma all’ultimo momento chiama Mar-
cello per dirgli che ha avuto un imprevisto e non può esserci.
Marcello ci resta un po’ male, crede che probabilmente Giorgio non aveva voglia
di aiutarlo e si infastidisce all’idea che non gli abbia voluto dire la verità. In ogni
caso, dopo un po’, non ci pensa più.

SECONDA STORIA
Alessia racconta a sua mamma di come si stia trovando con una nuova ragazza che
è appena entrata nel suo gruppo di amici, ma la mamma di Alessia è distratta, ha
“altro da fare” e non le dà molta retta.
Alessia esce a fare una passeggiata con un suo cugino e sfoga un po’ la sua tristez-
za per via della mamma che sembra sempre avere altro da fare piuttosto che ascoltarla,
sin da quando era bambina.
Qualche minuto, poi si sente meglio e si diverte come sempre.

TERZA STORIA
Luca ha preso un pessimo voto all’esame universitario che ha appena sostenuto.
Probabilmente gli rovinerà la media e non gli piace per nulla questa cosa. Torna a
casa molto deluso, quasi arrabbiato con sé stesso.
Così si mette d’impegno a studiare nei mesi successivi, organizza un programma,
rinuncia a molte uscite e pensa solo al prossimo esame con l’intento di fare me-

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glio e dimostrare che lui vale molto


più di quel brutto voto.

Bene, in quale di queste tre storie il protagonista ha


avuto una pretesa?
E sapresti dire anche quale?
Se continui a leggere te lo spiego, per cui fermati ades-
so e rispondi alla domanda.

Fatto? Bene!
La pretesa è di Marcello nei confronti di Giorgio, l’amico che avrebbe dovuto fargli
un favore.
Lo avevi capito, vero? Ottimo!

Se ci fai caso, infatti, Marcello chiede qualcosa che Giorgio non deve fare per forza,
non esiste una legge che imponga a un amico di fare un favore.
Certo, sarebbe bello se tutti ci aiutassero quando ne abbiamo bisogno, ma preten-
dere questo ci porta sempre a stare male.
Se noti, infatti, Marcello ci resta male, significa che prova, sapendo del rifiuto del-
l’amico, un’emozione negativa.
Posso anche dire così: se provi un’emozione negativa, c’è sempre una pretesa.
Sempre.

Anche Alessia ha provato un’emozione negativa quando sua mamma non le ha


dato retta. Hai ragione, anche Alessia pretendeva qualcosa da sua mamma: com-
prensione, attenzione, amore.
Così ora abbiamo due indizi circa le nostre pretese:

1. Sono sempre legate a un’emozione negativa.


2. Non conta la sostanza.

Questo È L’indizio Chiave Per Riconoscere Una Pretesa:


Provi Un’emozione Negativa.

Infatti, il problema della pretesa non è cosa chiedi. Ma come lo fai.


Alessia vorrebbe da sua mamma comprensione e amore.
Chiede cose belle e che ci si può attendere da una madre.
Il problema è che Alessia non le chiede, le pretende.

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Se Marcello restasse sereno, accettando davvero che un amico possa rifiutargli


una mano, significherebbe che la desidera, ma non la pretende.
Così è bello per Alessia che sua mamma sia interessata a lei, e desidera attenzioni,
ma se le pretende inizia a stare male ogni volta che queste attenzioni non vengono
date come lei vorrebbe.
Qualsiasi cosa tu possa pretendere, dagli altri o da te (anche Luca pretende da sé
stesso un buon voto), sarà fonte di emozioni negative, sarà qualcosa che tu devi
assolutamente avere. Non accetti il contrario.

E non basta ricevere quel che desideri.


Perché se la mamma di Alessia la ascolta contro voglia, ad Alessia non sta bene. Se
Giorgio aiuta Marcello frettolosamente, a Marcello non sta bene.
La pretesa è rigida, esigente, impone qualcosa, fa la guerra a chi si rifiuta.
E lo ripeto: dove c’è pretesa c’è sempre e immancabilmente un’emozione negati-
va.
Ciò significa che ogni pretesa, anche la più piccola, è incompatibile con la felicità.
Sono sassi che ti porti in tasca mentre sali la tua scala.

Da oggi inizia a notare tutte le volte che pretendi.


Con gli indizi che ti ho dato, vedrai che sarà semplice.

La pretesa è sempre fonte di emozioni negative.


La pretesa è un modo di porti, non conta cosa pretendi.
La pretesa sta nel modo in cui vuoi qualcosa.
La pretesa è rigida, perché significa che vuoi una cosa e
non ti va bene nient’altro.

Comunque Vada Sarà Un Disastro


Ti sto dicendo che la pretesa non dipende da cosa vuoi ottenere, ma dal modo in
cui cerchi di farlo, dal valore, soprattutto, che attribuisci a quel che desideri. Perché
la pretesa è sempre negativa?
Perché genera emozioni negative in qualsiasi momento, in ognuno dei 3 passaggi.

PASSAGGIO 1: VOGLIO QUALCOSA


Desideri un abbraccio, un favore, una telefonata, un certo comportamento, una

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promozione, un nuovo lavoro, la compagnia di una persona nel fine settimana, o


qualsiasi altra cosa.
Prima di ottenerla non hai la certezza che tutto andrà come dici tu.
Le persone potrebbero fare scelte diverse, non essere disponibili, la situazione in
cui speri potrebbe non verificarsi, insomma, vuoi qualcosa ma non hai la certezza
che la otterrai.
Cosa provi? Ansia.
Hai paura che non accada quel che vorresti, o che
accada proprio quel che temi e non desideri. In una
prima fase, quindi, non sai cosa accadrà e questa
incertezza crea ansia e malessere.
Ecco un’altra caratteristica delle pretese: se pretendi
qualcosa significa che per te è importante.
Non è la stessa cosa se non va come pensi, per te è
indispensabile ottenere quel che pretendi.
Per questo lo pretendi: pensi che avrà un impatto
positivo nella tua vita. Detto in altre parole: contribuirà a farti stare bene, a donarti
felicità, benessere, emozioni positive.

PASSAGGIO 2: HO QUELLO CHE VOGLIO


Fantastico! O no?

In realtà tu pretendi quasi esclusivamente cose che non puoi controllare al 100%.
Altrimenti le avresti già, non dovresti pretenderle.
Anche se ottieni quel che desideri, proprio perché non dipende totalmente da te,
non c’è scritto da nessuna parte che duri. Anzi, sai bene che potrebbe finire in
ogni istante.
E così, anche quando ottieni quel che pretendi, resta
in sottofondo la sensazione che potrebbe finire, non hai
la sicurezza che durerà per sempre e questo produce
incertezza, irrequietezza, una sensazione di insicurezza di
fondo che mina la tua serenità.
Emozioni negative.
Quasi fosse un rumore di sottofondo che non smette
mai.
A volte non ci fai caso, siamo distratti da mille cose,
ma c’è e appena si fa silenzio torni a sentirlo.

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PASSAGGIO 3: PERDO QUEL CHE VOGLIO


In questo caso, come è facile intuire, stai male perché hai perso, o non ottenuto
mai, quel che volevi, con la convinzione che magari non raggiungerai mai (più) il tuo
obiettivo e non sarai mai felice.
Questo perché, come ti dicevo prima, la pretesa nasce per le cose che consideri
necessarie al tuo benessere. Non averle, non poterle più avere, significa essere
condannati a stare male.
Prima di ottenere quel che desideri, ottenendolo o
pensando che sia inaccessibile, stai comunque male
se di mezzo c’è una pretesa, se quel che desideri di-
venta indispensabile per la tua vita.

Prima, dopo e durante, in qualsiasi momento una pre-


tesa significa sempre malessere. Sempre.
In realtà posso assicurarti che non c’è una sola pretesa
al mondo che sia sana e positiva. Nessuna che ti renderà
mai felice. Nessuna.
Se lo comprendi, puoi essere sempre felice. E ricorda questo: il vero problema è che
tu pretendi certe cose.

L’emozione non dipende dall’avere o meno ciò che desideri, ma dalla presenza
della pretesa.
Soddisfatta o meno non cambia molto.
Il prossimo passo è un esercizio con cui iniziare a eliminare le pretese.

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Quel che pretendo… lo do!


Se non conta cosa desideri, ma è il pretenderlo che ti fa stare male,
allora il nostro vero obiettivo è eliminare l’abitudine a pretendere qualcosa.
Qualsiasi cosa.
Non pensare a cosa chiedi, pensa a non pretenderlo.

Non esistono pretese giuste.


La pretesa è l’atteggiamento con cui rendi negativo qualsiasi cosa.
Come se fosse un potente acido che corrode e distrugge tutto quello con cui entra in
contatto.
E se tu hai delle pretese, l’acido è dentro la tua mente, dentro il tuo cuore. E non
è un bel posto dove tenerlo!
Per eliminare le pretese ti offro un simpatico allenamento che ti potrà accompa-
gnare da oggi in poi in tutti i tuoi giorni, ovunque ti trovi: capovolgi la pretesa.

• Vuoi che ti ascolti? Ascoltami.


• Vuoi che ti aiuti? Aiutami.
• Vuoi che ti rispetti? Rispettami.
• Vuoi che ti dedichi tempo? Dedicami il tuo.

In sostanza identifica cosa pretendi, e donalo agli altri.


Non fissarti sull’azione precisa, ma sul senso, sul principio di fondo.
Magari a te piace ricevere una telefonata, ma per quale motivo?
Vuoi ascolto? Vuoi qualcuno che dedi-
chi del tempo a te? La vedi come una Eliminare le pretese
dimostrazione di rispetto? Più pretendi, più ti abitui a pen-
Offri queste cose: ascolto, tempo, rispet- sare a cosa puoi ottenere.
to. E questo si ricollega anche alla
Non nella forma che preferisci tu, ma seconda radice di cui parleremo
in quella che potrebbe gradire l’altro. tra poco.
Ovviamente sempre facendo cose che E più pretendi, più questo diventa
ritieni giuste e positive. un modo di pensare e relazio-
A chi dare quel che pretendi? narti, più alimenta la paura. Più
A chiunque. E non importa se ricam- permetti a questo “acido” di sta-
biano. re nella mente e nel cuore, più ti
Il meccanismo da scardinare è quello corrode e più è difficile eliminar-
del pretendere. Sai qual è il contrario? lo.
Donare.
Regalare.

17 Niente Paura
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Anche se le tue paure sembrano slegate dalle tue pretese.


Se elimini le tue pretese, crolla anche la tua paura.
Ricorda l’esempio dei sassi da cui siamo partiti: più sassi ti porti dietro, anche se
sembrano piccoli, meno forza avrai per affrontare le difficoltà e le sfide della vita,
e questo alimenta la paura.

Da oggi inizia a cambiare approccio, dona quel che normalmente pretenderesti. Usa
le emozioni negative per identificare la pretesa. Sono l’indizio migliore.

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Capitolo 4
Egoismo: La Seconda radice

A lda sta litigando per l’ennesima volta con il figlio.


Ormai lo fanno spesso, soprattutto dopo la separazione dal marito.
Lei vuole che, finite le medie, frequenti una scuola che a lui non piace.

«Sei la solita egoista» le rinfaccia lui voltandole le spalle e lasciando la cucina.


«Io egoista!?» risponde lei alzando la voce per farsi sentire. «Io egoista» si ripete
quasi sussurrandolo mentre si alza ed esce di casa, camminando per far sbollire
la rabbia.
«Io, egoista!» continua a ripetersi mentre ripercorre il film della sua vita.
«Dopo tutto quello che ho dovuto accettare da mia mamma, mio padre, mia so-
rella, mio marito, adesso sono anche quella egoista!» sbotta accorgendosi di stare
piangendo.

Si siede su una panchina. Tutto attorno a lei è sbiadito dalle lacrime e quella pa-
rola, egoista, continua a tormentarla, quando viene
interrotta e spaventata da un: «Ciao Alda, come va?».

Francesca, una collega di Alda con cui si salutano a


malapena, si avvicina e si siede accanto a lei.
Solo a quel punto si accorge delle sue lacrime. Alda
non sa che fare. Francesca le chiede cosa sia succes-
so. Da un lato vorrebbe tornarsene a casa, dall’altro
ormai l’ha vista piangere, chi se ne frega!
Così le racconta la lite con il figlio, poi le scelte impo-
ste dai genitori, dal marito, insomma, alla fine guarda
Francesca e le chiede:
«Sono io quella egoista?» l’altra sorride.
«Sai chi è davvero egoista?» chiede lei senza aspetta-
re una risposta di Alda.
«Chi vuole che gli altri vivano come preferisce, chi vuole che gli altri si adeguino a
lui».

Silenzio.

19 Niente Paura
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«Tu vuoi che tuo figlio viva la vita che desideri tu? Faccia gli studi, il lavoro che
pensi tu?».
Alda tace, mordendosi un labbro e desiderando di non essere mai stata su quella
panchina.
«Anch’io ero molto egoista» riprende Francesca. «Pensavo di fare il bene delle per-
sone che amavo, ma di fatto volevo che vivessero la vita che avevo immaginato per
loro e volevo che gli piacesse pure!».

Sorride, strappando un mezzo sorriso anche ad Alda che intanto ha smesso di


piangere.
Pretendi che tuo figlio accetti quello che decidi tu. Pretendi che tutto vada come
dici tu.
E più pretendi, più alimenti la paura, e sai perché?» chiese Francesca con una pau-
sa. «Perché non sei sicura di cosa succederà e hai paura che vada tutto storto».
Alda la guarda con attenzione.
Francesca continuò:
«E più hai paura, più pensi a te, a cosa ti accadrà, a cosa succederà a te, se le cose
non vanno come dici tu, cosa ci guadagni tu, cosa ci perdi tu.

Insomma, un “io, io, io” continuo che ti riempie la vita di pretese e di paura, in un
circolo senza fine che ti rende sempre meno serena».

«Funziona così: tu vuoi che qualcosa vada in un certo modo perché pensi
che così sarai felice. Pensi a te, vuoi che tutto sia come dici tu. Questo è
egoismo.
E così pretendi.

Alda rifletteva che in fondo, quel che diceva Francesca non era poi così lontano
dalla sua vita. Sospirò, come se fosse stremata da quella rivelazione. Francesca
riprese a parlare.
«La cosa più divertente è che quando smetti di pensare in modo egoista, gli altri
ti dicono che lo sei, e lo fanno spesso» concluse ridendo e strappando un altro
sorriso ad Alda.
«Ma tu non lo sei più» riprese Francesca, «non pretendi più, non hai le paure di
prima, e stai bene».
Concluse sorridendo, guardando Alda negli occhi per rassicurarla. «Sai cosa facevo
io per eliminare i miei pensieri egoisti?» chiese Francesca ad Alda, già conoscendo
l’inevitabile risposta. «Un gioco che ho imparato dal ragazzo che mi ha aiutato a

20 Niente Paura
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non avere più paura e non stare male».


Alda guardò perplessa la collega. «Chi te lo ha insegnato?» chiese. «Non voglio che
tu mi faccia fare quelle cose che fanno il lavaggio del cervello e per sentirti felice
diventi un’idiota!».
«Oh no, neanche a me piace quell’ap- La cosa più divertente è che qu-
proccio» la tranquillizzò subito France- ando smetti di pensare in modo
sca. «Io ho fatto un percorso di 6 mesi egoista, gli altri ti dicono che lo
con lui, mi ha insegnato molte cose sei, e lo fanno spesso
e tanti esercizi semplici, lasciandomi
sempre libera di prendere quel che vo-
levo, e uno di questi vorrei che tu lo provassi a fare».
«Sentiamo!» disse Alda curiosa, vedendo la tranquillità che Francesca trasmetteva
sorridendo e parlando.
«Ottimo» rispose lei, «e ricorda che dopo che lo svolgerai per un po’, inizierai a
farne tuo il senso, e non ci sarà più bisogno di ripeterlo, perché ti verrà naturale».

Il gioco che Francesca ha insegnato ad Alda te lo spiego tra poco.


Intanto ricorda questo: sei egoista se vuoi che gli altri vivano la loro vita come dici tu,
come piace a te.
Anche nelle piccole cose di ogni giorno.
Non lo è, invece, chi percorre la sua strada e fa le proprie scelte.

L’egoismo è un pensare “io, io, io”, dove tu diventi metro e misura di tutte le cose,
dove tutto è “giusto” se ti piace, “ingiusto” se non ti piace.
Egoista è anche assecondare gli altri. Invece di amarli.
Egoista è tutto quello che fai quando pensi al tuo interesse e non ti importa di
quello degli altri.
Ah, sì, vuoi sapere quale corso ha seguito Francesca per 6 mesi? I 25 passi, ma ne
riparliamo alla fine, adesso facciamo ualche test per vedere se tu sei egoista.

Sei egoista?
Ora ti propongo diversi “test” per trovare questa radice e un esercizio che ti aiuti
a tagliarla.
Molto spesso, come accadeva anche ad Alda, l’egoismo ci viene rinfacciato dagli altri
quando le nostre scelte li fanno stare male.
Forse questo è uno dei punti chiave per poter vivere meglio la tua vita: così come
le tue emozioni non dipendono da quello che fanno gli altri, allo stesso modo le
loro non dipendono da te.

21 Niente Paura
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Accusarti di egoismo, di essere la causa delle loro sofferenze, è uno strumento di


manipolazione che abbiamo imparato nel tempo e che tutti tendiamo a utilizzare
per soddisfare le nostre pretese.
Scrivitela su un foglio: tu non puoi fare soffrire proprio nessuno.
Le emozioni che io provo sono mie, tu non c’entri nulla.
Indipendenza emotiva, ricordi?

• Potrai fare qualcosa che non mi piace? Certo.


• Potrai comportarti male? Certo.
• Potrai fare esattamente il contrario di quello che desidero? Certo.
• Potrai crearmi problemi e difficoltà? Certo.

Ma l’emozione che proverò dipenderà da come vivo quello che fai, non da cosa fai.
E spesso noi, come gli altri, utilizziamo il “mi fai soffrire, sei egoista” per manipolare
le persone e “costringerle” ad assecondarci, a fare quello che vogliamo noi, a farci
dire di sì tutte le volte.
Ovviamente questo non significa che puoi trattare male gli altri.
Se lo fai significa che non agisci con amore, e così sarai sempre infelice.

Altro indizio: “mio”.


L’egoismo si nutre del pronome possessivo.
Tutte le cose, o le persone, che hanno quel “mio” davanti, diventano per te pre-
ziose.
Perché? Solo perché riguardano te. Questo è egoismo.
Loro non contano davvero, conti tu.
Egoismo è considerare qualcosa o qualcuno importante solo perché è “tuo”. E se
non lo è, o non lo è più, è egoismo considerarlo a quel punto meno importante o
utile.
Egoista è trattare bene la mia ragazza solo finché è “mia”, e poi trattarla peggio se
ci lasciamo, farla cadere nel contenitore “degli altri” dopo che la relazione finisce
e dare quel posto a un’altra persona.
Perché la tratto bene? Per ciò che lei è? Perché lo merita?
O perché è la “mia” ragazza?

Egoismo significa che tutto e tutti sono importanti a seconda che siano “miei” oppure
no.
Egoismo significa anche paragonarti agli altri e pretendere che nessuno abbia qu-
alcosa in più, e se tu hai meno, che gli sia tolta perché altrimenti “non è giusto”
che ci sia questa disparità.

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Se una persona viene raccomandata e ti ruba il lavoro, per te non va bene.


Ma se la raccomandazione la ricevi tu? O un tuo caro amico? O tuo figlio?
Se una persona fa una cosa
sbagliata e viene punita e L’egoismo si nutre del pronome possessivo.
offesa, se l’è meritato. Tutte le cose, o le persone, che hanno quel
Se sbagli tu e ti aggredisco- “mio” davanti, diventano per te preziose.
no? Se sbaglia tua sorella o
tuo fratello?
Egoismo è considerarti più importante degli altri.
Non dico che lo sei meno, ma che devi porti allo stesso livello di importanza con
chiunque.

Fai qualcosa di cui gli altri hanno bisogno.


Possibilmente qualcosa da cui a te non torna nulla, se non il piacere di averla
fatta.

• A te un cibo non piace. Bene, cucinalo per le persone che invece lo ap-
prezzano.
• A te non piace un certo evento (cinema, teatro, qualsiasi cosa): accompa-
gna qualcuno a cui piace, e che senza un accompagnatore rinuncerebbe.
• Vedi un signore anziano con due buste pesanti? Aiutalo a portarne una.

Insomma, osserva il mondo attorno a te e chiediti: “Di cosa possono aver biso-
gno gli altri?”.

Quindi fai qualcosa per chiunque, anche dei perfetti sconosciuti, che possa
per loro essere utile.

Come vedi, questo è un esercizio che un po’ fa rima con quello che ti avevo
insegnato sulle pretese. Ma considera che pretese ed egoismo vanno a brac-
cetto.

Trump, Mattarella, Obama, non sono persone più importanti di te.


Hanno solo una posizione in vista, un ruolo particolare e determinati poteri e
responsabilità.
L’esercizio che ti ho consigliato oggi devi rivolgerlo a chiunque.
Perché tutti possiamo avere bisogno del tuo contributo.
Dai qualcosa, che sia tempo, gentilezza, un aiuto fisico, un favore o la tua attenzio-
ne, senza prendere niente in cambio, in modo totalmente disinteressato.

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E se hai modo di farlo in modo anonimo, tanto meglio.

Io lo chiamo “Non lo saprà nessuno”, e funziona sempre allo stesso modo: fare qu-
alcosa di cui gli altri possono avere bisogno, solo che non lo fai vedere e resti nell’a-
nonimato.
Altro indizio di egoismo: se tu hai un problema, Questo ti assicura ancora di
ti fa piacere se lo hanno anche gli altri. Se tu più di non prendere nulla in
non puoi fare qualcosa, ti dispiace se gli altri cambio, visto che nessuno
invece possono farla. potrà neanche ringraziarti!
Se agisci con egoismo, se ti
rivedi negli indizi che ti ho fornito, non significa che sei una brutta persona.

Significa solo che hai paura, e quando abbiamo paura tendiamo a chiuderci dentro
noi stessi e diventare egoisti. Per difenderci, perché pensiamo che così ci proteg-
geremo meglio dai pericoli esterni.
Il paradosso è che quando
hai paura devi aprirti, per- L’egoismo non è cattiveria, è paura.
ché a farti stare male non
è quello che accade, ma la
paura stessa, la paura con cui lo vivi, l’egoismo, che invece di proteggerti, ti distrug-
ge.

Non restare fuori dal bagno!


La donna entrò in casa trafelata, osservando il ragazzo molto preoccupata.
«C’è un serpente nel bagno!» esclamò. Il giovane rimase stupito e chiese confer-
ma.
La donna aveva visto una coda nascondersi dietro una pila di lenzuola poggiate
per terra. Il bagno, una piccola stanzetta di mattoni costruita alle spalle della loro
casa, era chiuso e difficilmente poteva infilarsi un serpente dentro. Ma la donna
ne era certa.
Il ragazzo la tranquillizzò spiegandole che avrebbe finito di mangiare e affrontato
il problema. Nel frattempo, le suggerì di chiamare il fratello per una riunione in
merito alla situazione.
Il fratello arrivò con il responso di Google: chiamare il medico di una clinica ve-
terinaria. Il ragazzo era perplesso: dubitava che avrebbe avuto risposte utili, ma
chiamarono ugualmente.
Le alternative erano due: accompagnare fuori dal bagno il serpente con una scopa,

24 Niente Paura
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oppure chiamare i vigili del fuoco. Già, i vigili del fuoco per un serpente. Sarebbe
stato divertente!
L’unica informazione davvero utile era la conferma che i serpenti della zona non
sono velenosi.
Così il giovane prese la decisione. Afferrò una scopa, chiamò il suo cane e andò verso
il bagno.
La sua squadra (donna e fratello) rimase a controllare la situazione all’esterno. Il
ragazzo entrò nel bagno con passo cauto, osservando con attenzione ogni angolo.

Nulla si muoveva.
Si voltò dietro e vide la sua squadra... a molti metri di distanza.
“Bene” pensò, “questa faccenda me la devo sbrigare da solo!”.
Dopo aver controllato la stanza senza vedere nulla, chiamò al suo fianco il cane
per fiutare il pericolo. Ma sembrava che non ci fosse traccia di alcun serpente.
Avendo capito che se il cane non ringhia il serpente non morde, iniziò a controllare
con la scopa il cumulo di lenzuola dove la coda era stata avvistata, poi le bacinelle,
i secchi, insomma, a uno a uno ogni angolo venne controllato, prima con la scopa,
poi con le mani, senza alcun timore.
Del serpente nessuna traccia. Così, per togliere ogni
dubbio, il giovane decise di spostare degli oggetti po-
sizionati sul gabinetto in disuso nell’angolo.
E lì, sotto il coperchio del water, ecco il serpente.

Ma a quel punto il ragazzo non aveva paura, e iniziò


a spostare con calma ogni oggetto che potesse fare
da rifugio all’animale, per spingerlo fuori dal bagno
e chiudere la questione.
Il cane entrò in azione avendo finalmente visto il nemico (ma non hanno un fiuto
eccezionale?).
La lotta fu aspra.
Il ragazzo e il cane ingaggiarono un combattimento in tutta la stanza.
Il serpente correva in ogni angolo, aggredendo i suoi avversari.
Il ragazzo fece fare il lavoro sporco al cane, che ne sapeva molto di più in fatto di
serpenti. Alla fine, il cadavere del serpente, ucciso dal cane, era sotto la scopa, per
terra, fuori dal bagno.

Se lo avessero chiesto, il ragazzo avrebbe risposto di non avere mai avuto paura.
All’inizio era titubante all’idea di entrare nel bagno con dentro un serpente (stan-
za piccola per giunta!), ma consapevole che nessun altro lo avrebbe fatto, e che

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poteva gestire la situazione.

Il serpente era un cucciolo, lo ammetto, e non era certo un nemico feroce…


Ma era un serpente e prima di individuarlo me ne sarei aspettato uno adulto, gran-
de e grosso.
Ho scritto “me ne sarei aspettato”… eh sì,
Non avere paura non significa quel ragazzo sono io!
essere incoscienti, ma capire, com- Mi sono ritrovato un’occasione meravi-
prendere, valutare con attenzione gliosa per avere paura e non agire.
e poi agire (o evitare di farlo). Sai qual è la sola forza che ha la paura?
Tenerti fuori dal bagno.
Se tu resti fuori, se tu non entri in quella stanza, la paura vince e non avrai modo
di capire che quella è una cosa che puoi fare, gestire, superare.
Tieni conto di alcune cose:

• Sapevo che il serpente non è velenoso. Pericolo ridotto quindi.


• Sapevo che i serpenti non ti attaccano per sport. Io non avrei agito per mi-
nacciarlo.
• Avevo il mio cane al fianco: i cani sanno trattare con i serpenti meglio di noi.
• Avevo fiducia che, in caso di pericolo, avrei potuto lasciare la stanza o difen-
dermi, se fosse servito.

Se dentro ci fosse stato un cobra, avrei agito probabilmente in modo diverso.


E non avrei certo mandato avanti il mio cane con un serpente potenzialmente
mortale nella stanza. E se dietro al gabinetto avessi trovato un serpente adulto,
sarei stato sicuramente meno spavaldo con la scopa!
Non avere paura non significa essere incoscienti, ma capire, comprendere, valutare
con attenzione e poi agire (o evitare di farlo).
Non ho bisogno di avere paura del serpente per gestire una situazione simile. Anzi,
la paura mi fa agire con meno lucidità e attenzione.
La paura non serve.
Serve consapevolezza e attenzione. Ti serve comprendere la realtà, capire e valutare
istante dopo istante cosa fare.

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Capitolo 5
Dipendenze: La Terza radice

V eniamo adesso alla terza radice che alimenta la nostra paura.


Considera questo: ogni radice alimenta la paura, e la paura, a sua volta, rende più
forti le radici che la alimentano, in un circolo vizioso forte e profondo.
La terza radice sono le nostre dipendenze.

Cosa intendo con “dipendenza”?


Qualsiasi cosa di cui non puoi fare a meno, altrimenti stai male.
Considera che qualsiasi dipendenza, anche quella grave, è sempre legata, prima
di tutto, a una dimensione di carattere emotivo e mentale, e poi di carattere fisico,
a seconda della dipendenza.
Il punto principale da capire è che la dipendenza è qualcosa, o qualcuno, con cui
cerchiamo di alterare il nostro stato emotivo: o ci procura emozioni positive, oppure
riesce ad alleviare quelle negative.
Perché diventiamo dipendenti?
Perché le nostre emozioni dipendo-
no, secondo noi, da quella persona,
quella cosa, quell’attività, quella si-
tuazione.

Visto che tutti vogliamo stare bene,


allora cerchiamo un modo per prova-
re questo benessere.
Le nostre dipendenze sono le forme
con cui abbiamo imparato a modificare
le nostre emozioni.
Il problema è che sono sempre qu- La dipendenza è qualcosa, o
alcosa di esterno, che sta fuori dalla qualcuno, con cui cerchiamo di
nostra mente. alterare il nostro stato emotivo:
Così, per poter avere l’effetto posi-
o ci procura emozioni positive,
oppure riesce ad alleviare quelle
tivo, devo avere quella “cosa” a mia
negative.
disposizione. Se manca, starò male.
O meno bene, se preferisci.

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Se sperimento emozioni positive quando sono in compagnia di una persona ben


precisa, e non riesco a stare bene da solo, allora inizierò a dipendere dalla sua
presenza per la mia felicità.
La dipendenza scatta nel momento in cui non riesci a stare bene se quella cosa o perso-
na manca.
Se la pretesa dice cosa devi ottenere, la dipendenza dice cosa devi mantenere.
Perché alimenta la paura?
Perché qualsiasi dipendenza è, per natura, qualcosa di esterno e quindi non total-
mente sotto il tuo controllo: potresti perdere ciò che ti fa stare bene e di conseguenza
non avresti più la tua felicità.

La paura è tanto più forte quanto più peso hanno le tue dipendenze sul tuo be-
nessere.
Più la tua felicità, le tue emozioni positive, dipendono da qualcosa o qualcuno,
maggiore è la forza della dipendenza e maggiore sarà la paura che provi rischiando
di perderla.
La dipendenza scatta nel momento in cui non rie-
sci a stare bene se quella cosa o persona manca.

E questo rischio, intendiamoci, non finisce mai.


Non avrai mai, come ti avevo spiegato per le pretese, la certezza di avere sempre
a tua disposizione, come e quando preferisci, qualcosa o qualcuno da cui fai di-
pendere la tua felicità.
E come dicevo prima, il livello emotivo è quello fondamentale.
Noi creiamo le nostre dipendenze perché non siamo
felici e andiamo alla ricerca, all’esterno, di qualcosa
Più la tua felicità, che possa procurarci benessere o alleviare la nostra
le tue emozioni sofferenza.
positive, dipendo- Anche se si tratta di un malessere leggero.
no da qualcosa o E non devi penare che con “dipendenze” io stia pen-
qualcuno, maggio- sando a gravi patologie!
re è la forza della In realtà tu hai, molto probabilmente, molte dipen-
dipendenza e mag- denze che non hai mai chiamato in questo modo.
giore sarà la paura Come detto è dipendenza il rapporto tra te e qualco-
che provi rischian- sa di cui non puoi fare a meno senza starci male.
do di perderla. Ecco il primo passo: scoprire da cosa dipendi per la
tua felicità e il tuo benessere. Il test per farlo è sem-
plice.

28 Niente Paura
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Anzi, te ne propongo due: uno teorico e uno pratico (e destabilizzante!).


Quello teorico è semplice: osserva tutto quello che fa parte della tua vita, che
siano persone, cose, situazioni, oggetti e rifletti se senza di loro tu potresti ancora
essere felice e vivere una vita serena e positiva.
Ogni volta che il solo pensiero di perdere qualcosa o qualcuno ti fa cadere nello
sconforto, allora è probabile che la tua felicità dipenda da loro, e questo significa che
così alimenti paura e sofferenza.
Paradossale vero?
Ricorda questo: tu dipendi da ciò che ritieni necessario per stare bene. Dipenden-
do, però, alimenti la paura che tu possa perderlo.

Avendo paura, crei sofferenza e malessere.


Come vedi, la paura (pretese e dipendenze) trasforma qualsiasi cosa positiva in una
fonte di malessere.
Il test pratico è molto impegnativo e te lo propongo tra poco. Considera questo
sulle dipendenze: osservati e cerca di individuarle tutte.
Per prima cosa devi capire.
Inoltre la soluzione alle dipendenze non è la rinuncia. Ma l’indipendenza emotiva.
Sono due cose molto differenti: noi scegliamo la seconda, ovviamente!

La prigione costruita dal prigio-


niero Ogni volta che il solo pen-
Ti voglio far capire meglio i meccanismi siero di perdere qualcosa o
della dipendenza, ma anche darti il se- qualcuno ti fa cadere nello
condo test per riconoscerne una nella
sconforto, allora è probabile
che la tua felicità dipenda da
tua vita.
loro, e questo significa che
Come avevo detto anche in relazione così alimenti paura e soffe-
alle pretese, il problema non è ciò da renza.
cui dipendi, che sia una persona, una
situazione, un posto, un oggetto, un
cibo.
Il problema è dipenderne per il tuo benessere emotivo.

• Posso avere un rapporto sano con la mia fidanzata, o far dipendere da lei la
mia felicità.
• Posso trovare meraviglioso un luogo o far dipendere dal viverci la mia felicità.
• Posso amare il cioccolato, o la birra, o far dipendere da questi la mia felicità.

29 Niente Paura
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Lo so, sembra esagerato parlare di “felicità” in relazione a qualcosa come la birra o


il cioccolato, ma anche un cibo può avere un impatto negativo sulle nostre emozioni
e sul nostro benessere, e non per motivi chimici, ma se per te diventa qualcosa di
cui non puoi fare a meno.
Considera una cosa fondamentale: se dipendi da qual-
cosa o qualcuno, non puoi amarlo.
Se io dipendo dalla presenza e dall’amore di un mio
amico per stare bene, in realtà non lo amo. Amarlo,
ad esempio, significa dire la verità, essere sincero, ma
non lo sarò tutte le volte che avrò paura di ferirlo e
quindi che disapprovi quel che penso o faccio.
Perché?
Perché la mia felicità dipende da lui, potrò mai ri-
schiare di perderlo?
No.
Amare significa lasciare liberi.
Lascerò libero il mio amico di uscire con altre persone e non con me?
No, perché significherebbe che io, senza di lui, starei male. Non sarei felice. Poi
magari lo faccio e soffro senza dirlo.
Ma sto male.

Così come l’emozione negativa è sintomo di una pretesa, lo è anche di una dipen-
denza.
Ecco l’immagine che rende l’idea di una dipendenza.
Hai presente quelle persone che per una malattia
grave devono vivere sempre attaccate a una macchina?
Quando dipendi da qualcuno è come se questa per-
sona tenesse in mano la spina che alimenta la tua
macchina.

Non puoi permetterti che questa persona reagisca


male nei tuoi confronti. Ha nelle sue mani la spina
che ti consente di vivere.
Non puoi amare chi può ucciderti.
Ricorda che è dipendenza se stai male privandoti di qualcosa o qualcuno. Non sem-
plicemente che preferisci quella persona, ma senza di lei stai bene ugualmente.
Dipendenza significa malessere.

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• La mia ragazza non c’è e io sono triste e non ho voglia di fare nulla.
• Il mio amico non mi telefona e sono arrabbiato, deluso e scontroso.
• Non posso fare sport e sono cupo e infastidito tutto il tempo.

Da ragazzino ricordo un episodio particolare in cui si evinceva una mia dipenden-


za. Una sera c’era in televisione la partita della nazionale italiana di calcio, ma
avevamo un solo televisore e mia madre voleva vedere un film.
Io pretendevo di vederla e stavo male.
Pretesa e dipendenza vanno di pari passo.

Prima pretendi qualcosa che non hai e poi non ne puoi più fare a meno. Ricordo an-
cora la violenza con cui ho sbattuto la porta della mia camera quella sera.
Quando dipendi da qualcosa ci pensi spesso.
La tua mente finisce per stare sempre lì.
In continuazione.
E pensi a tutti i possibili ostacoli che potrebbero intromettersi tra di voi.
Hai paura di tutto ciò che potrebbe tenervi lontani e la tua mente elabora continu-
amente strategie per risolvere questi problemi, per garantirsi la sua “dose” quotidia-
na.

Se dipendo da qualcosa per stare bene, finirò per fare anche cose che trovo sbaglia-
te, che sono contro i miei principi, cose di cui non andrei fiero, che nasconderei, pur di
avere la mia “dose”.
Ma ricordalo: nessuno ama ciò da cui dipende, anche se sono persone che consideri
importanti.
Nel momento in cui hai bisogno di me per stare bene, mi userai.
Farai di tutto perché io sia sempre disponibile, anche se questo significa mentirmi,
farmi fare scelte che non sono nel mio interesse (ma nel “nostro”), manipolarmi
per avermi sempre con te.

E ovviamente così come tu puoi dipendere da qualcuno, spesso questo qualcuno


dipende da te. In un rapporto dove non può esserci posto per l’amore, essendo
pieno di pretese e paura.
Infatti quando dipendi da me avrai una marea di pretese che servono a darti la
certezza che io ci sia sempre. Certezza che, come detto in precedenza, non potrai
mai avere.
E la dipendenza dell’altro diventa per te qualcosa di buono, una sorta di garanzia.
La dipendenza della persona che ami diventa per te una cosa positiva.
Hai colto cosa significa?

31 Niente Paura
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Eccoci al test più duro: elimina la dipendenza per 30 giorni.

• Pensi di dipendere dal cioccolato? Non mangiarlo per un mese.


• Pensi di dipendere da un amico? Non sentitevi o vedetevi per un mese.
• Pensi di dipendere da Facebook? Dai videogiochi? Dalla Coca-cola? Elimina
tutto per un mese.

Ovviamente se questo riguarda una persona, parlane con lei, spiega il test che vuoi
fare, i motivi e scegliete insieme la forma migliore per provare in questi giorni a
verificare se c’è dipendenza tra di voi.
Se sono persone che invece non puoi non Nessuno ama ciò da cui dipende,
vedere o sentire per un mese, che magari anche se sono persone che consi-
incontri ogni giorno, puoi decidere di ri- deri importanti.
durre al minimo le interazioni, soprattutto
eliminando per un mese tutte le attività Nel momento in cui hai bisogno di
piacevoli che condividete per vedere che me per stare bene, mi userai.
effetto fa allentare questo legame per qu-
alche settimana.
Oppure, penso a una mamma con i propri figli, magari piccoli, ridurre il tempo
insieme offrendo loro altri stimoli (non videogiochi o TV!), sollecitandoli a giocare
in modo indipendente.

Ricorda che è un test, non devi farlo per sempre.

Ora ti spiego come analizzare i risultati del test (che sono meno banali di quan-
to pensi), e soprattutto come puoi iniziare a eliminare una dipendenza e vivere in
modo sano il tuo rapporto con qualsiasi cosa o persona da cui scoprirai di dipen-
dere per la tua felicità.
Non devi togliere la spina dalle sua mani, devi staccarti dalla macchina, perché in
realtà non ti serve.
Se non posso vivere senza di te non ti amerò, avrò bisogno di te e mi servirai, ti
userò. E se non farai come dico, se minaccerai la mia felicità, potrò odiarti.

Amore e odio sembrano possibili verso le stesse persone perché confondiamo l’a-
more con il bisogno e la dipendenza dagli altri.
Questa è una rivoluzione totale rispetto al modo in cui concepiamo di solito i nostri
rapporti. E non la fai in un giorno.

32 Niente Paura
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Strappare le catene
Il test principale per sapere se dipendi da qualcosa, o da qualcuno, cioè se non
puoi farne a meno senza stare emotivamente male, è rinunciarci per un mese, e
vedere cosa succede.
Come capire i risultati di questo “esperimento”?
Il più ovvio è che non riesci a resistere per 30 giorni. Ottimo, è una dipendenza.

Ma non solo: se resisti ma ci pensi di continuo e la tua mente è sempre lì mentre stai
facendo il test, allora significa che è una dipendenza, anche se arrivassi alla fine
del mese di test.
Ancora: se non vedi l’ora che finisca il mese e pensi che subito dopo potrai finalmente
tornare a fare quello che facevi, è una dipendenza anche in questo caso.
Se resisti, ma per tutto il mese, o molto spesso, provi emozioni negative, frustra-
zione, nervosismo, rabbia, sei spesso di cattivo umore, allora è una dipendenza e sta
incidendo sulle tue emozioni.
Come vedi, è probabile che scoprirai di avere molte dipendenze…
Ti ripeto i punti fondamentali:

1. Il problema non è la “cosa” da cui dipendi, ma


che la tua felicità ne dipenda.
2. Se dipendi da qualcuno per stare bene, non po-
trai mai amarlo. MAI.
3. La soluzione non è la rinuncia, non funzionereb-
be.

Infatti puoi anche rinunciare per sempre a quello da


cui dipende oggi la tua felicità, il risultato sarà che
starai male, ci penserai di continuo, e non troverai mai
pace e serenità.
Non rinuncia dunque, ma equilibrio.
Costruire dentro di te una solidità, una forza, una sicurezza con cui vivere tutto e tutti
con amore, senza mai far dipendere, da oggi, il tuo benessere e la tua felicità da
qualcosa che sta fuori di te.

Ricorda questo: le dipendenze sono subdole perché


sembrano la cosa più normale del mondo. Purtroppo,
siamo educati a credere che il “non posso vivere senza
di te” sia un segnale dell’amore.

33 Niente Paura
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La dipendenza, per quanto possa riguardare “qualcosa” di positivo, è sempre fon-


te di paura e quindi di malessere. Non ha senso, è la fonte del malessere che in teoria
dovrebbe allontanare.
Ovviamente avere questa forza non significa essere invulnerabili.
Io sono stato un giocatore accanito di videogiochi e mi sono reso conto che ne ero
dipendente.

O giocavo, o pensavo a come avrei giocato.


Tralasciavo tutto per giocare e se non potevo, mi innervosivo.
Un giorno mi sono reso conto che il gioco, invece di essere positivo, mi impediva
di amare e stare bene. Era diventato paradossalmente fonte di emozioni negative,
stress, malessere.
A quel punto dovevo scegliere.
Il piacere del videogioco, che però durava poco e mi creava dipendenza, o la libertà?
Scegli sempre la libertà. SEMPRE.

• Una prigione dorata resta una prigione.


• Una buona compagnia resta sempre un gruppo di detenuti.
• Non puoi essere felice in una prigione.
• Non puoi amare senza libertà interiore.

Oggi ho senza dubbio un equilibrio e una forza grazie ai quali potrei rimettermi a
giocare con i videogiochi e gestire tempi ed emozioni. Ma non lo faccio.
Da un lato condivido quel detto popolare che dice “porta aperta, anche i santi tenta”.
Considera che ci sono attività che per loro natura hanno un impatto sul nostro

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cervello, lo stimolano e producono assuefazione, dipendenza.


Ha senso combattere ogni giorno per tenerti in equilibrio sull’orlo di un burrone?

Io preferisco la gioia dell’orto, della natura, di una chiacchierata, al piacere del


videogioco. Il videogioco è sterile. Fine a sé stesso.
Non devi rinunciare, devi capire.
Se io avessi rinunciato ai videogiochi, ci penserei di continuo.
Non ho rinunciato, ho preferito altro.
Ecco un esercizio utile per indebolire gradualmente ogni dipendenza.
Ciò che le caratterizza, infatti, è il “fissarti” su di loro come unica fonte di benes-
sere.

Apri la mente.
Crea altri interessi nella tua giornata da cui trarre
benessere.
Se oggi pensi che solo quella cosa o persona, qu-
ella situazione, sia qualcosa di bello nella tua gior-
nata, aggiungi almeno altre 3-4 cose che diventino
momenti altrettanto belli.
E scegli possibilmente qualcosa che non crei a sua
volta dipendenza.

Di questo ne parlavo elle 3 dirette gratuite in cui ho


spiegato le 10 Leggi della Felicità, ossia come creare Crea ogni giorno le tue
in qualsiasi momento emozioni positive dentro di
emozioni positive
te.

35 Niente Paura
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Ecco: se tu metti in pratica tutte le leggi ogni giorno, comincerai a indebolire le tue
dipendenze perché diventerai indipendente nel saper stare bene, visto che diventi
protagonista della tua felicità.

E non sono semplicemente qualcosa che fai, ma portano felicità e serenità dentro
di te, per cui arrivi al punto che non è cosa fai il segreto, ma come vivi, e questo ci
rende profondamente liberi.

Intanto da oggi aggiungi alla tua quotidianità cose positive, che ti piacciono, che mo-
dificano la tua idea che per stare bene hai solo una possibilità, scoprendo invece
che hai più scelte di quanto credi.
Più sai variare, più hai alternative a ciò da cui oggi hai scoperto di dipendere, meno
forza ogni dipendenza avrà su di te e sulle tue emozioni.
Questo è un primo passo.
Noi adesso pensiamo alla quarta radice della paura, l’ultima.

36 Niente Paura
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Capitolo 6
Debolezza della mente: La
Quarta radice

F inora abbiamo visto pretese, egoismo e dipendenze, ora parliamo di debolezza.


Quella mentale, non isica, è il quarto elemento che rende forte la paura. Per ca-
pirlo facciamo qualche passo indietro rispetto alle cose che ti ho spiegato finora.

Per prima cosa la paura è un’emozione.


L’emozione dipende dalla nostra mente (indipendenza
emotiva) perché tutte le tue emozioni sono frutto del
tuo modo di pensare, del senso che tu dai alle cose, del
significato che tu dai a quello che vivi.

Ti accade qualcosa che tu consideri bello? Emozione


positiva.
Ti accade qualcosa che tu consideri brutto? Emozione
negativa.
Più la tua mente è debole, più non avrai la forza di af-
frontare le cose che consideri brutte. Non solo, più è
debole più aumentano le cose che consideri brutte.

Prendiamo il mio cane.


Lei non ha paura di una formica o di una lucertola. Il motivo? Non le considera una
minaccia.
Ma un ragno potrebbe avere paura di una lucertola, così come un insetto di una
formica.
Più tu sei forte, più difficilmente incontri qualcosa che ritieni una minaccia. Con-
sidera poi la cosa principale: minaccia non significa pericolo.
Minaccia significa che tu consideri qualcosa pericoloso. A torto o a ragione. Noi
abbiamo paura solo delle cose che pensiamo ci possano fare del male.
E ricorda che “male” significa sempre sofferenza, emozioni negative, malessere.
Quando ho tenuto una diretta per spiegare come prendere le migliori decisioni, ho
sottolineato che dietro ogni paura c’è sempre il timore di stare male e soffrire.

37 Niente Paura
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Il livello emotivo è alla base di ogni nostra paura.


E la paura è nella mente.
La paura, come ogni altra emozione, è un pensiero, prima di tutto.
Più la tua mente è debole, più è difficile che tu sappia dominare i tuoi pensieri e
quindi le tue paure.
Prendiamo i pensieri negativi.
Moltissime persone mi scrivono perché
non riescono a controllarli e li assillano, La paura è sempre e solo nella
facendoli stare male. Ricorda che pensie- nostra mente, mai fuori di essa.
ro negativo significa poi emozione negativa:
cioè malessere, sofferenza.

E dove stanno i pensieri negativi? Nella nostra mente.


Più la tua mente è debole, più è facile preda di questi
pensieri che, essendo negativi, sono carichi di paure.
La paura, come ti spiegava la prima storia che ti ho
raccontato, quella della donna elegante e di Fran-
cesco, vive se tu non agisci, se lasci che ti paralizzi, e
questo può farlo solo se tu dubiti di poter agire.
Se pensi di non poterlo fare, se non credi di poter
sopportare la fatica, le difficoltà, i problemi, allora
la paura può fermarti. Indovina dove si gioca questa
battaglia?
Esatto, nella tua mente.

Pensa a coloro che, dopo una grave malattia o un


incidente, non si arrendono e decidono di lottare e
Vivere la propria vita malgrado difficoltà e handicap
che saranno sempre con loro.
E pensa a coloro che, al contrario, si lasciano andare, mollano, smettono di combat-
tere, non riescono più a dare un senso alla loro vita e sono schiacciati dalla paura
che non serva a nulla lottare.
Dove si giocano queste battaglie che separano la Vita dalla morte?
Sempre lì, nella nostra mente.
Paura e autostima sono molto legate tra loro.
Più pensi di avere capacità e forza per vincere, meno hai paura.

• Da dove nasce l’autostima? Dalla tua mente.


• Da dove nasce ogni emozione? Dalla tua mente.

38 Niente Paura
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• Dove decidi di lottare e non mollare? Nella tua mente.


• Dove si gioca la battaglia contro il dolore? Nella tua mente.

Se la tua mente è debole, non saprà superare tutte


le sfide che la vita ti offrirà ogni giorno.
Ma se diventa forte, sarà come il ragazzo che
crescendo ha scoperto il segreto del masso.
Te lo racconto subito.
Intanto considera questo: più la tua mente è forte,
più la paura si sgretola nella tua vita.
Come Allenare la mente
con esercizi semplici

Il segreto del masso


Un giovane decise che sarebbe diventato un combattente di arti marziali, così si
recò da un maestro noto in tutta la zona e chiese di essere allenato.
L’uomo, oltre a essere famoso per la sua abilità, era
anche noto per i suoi modi burberi e scortesi, così dis-
se al giovane che lo avrebbe allenato solo se fosse riu-
scito a spostare un masso presente nel giardino della
palestra.
Il giovane venne accompagnato in giardino e si ritrovò
davanti un masso enorme, probabilmente pesante di-
verse tonnellate.
«Impossibile?» chiese l’uomo osservando il viso pre-
occupato del ragazzo, che così pungolato provò a spo-
stare il masso.
Niente da fare, non si mosse di un millimetro.
«Mi dispiace!» incalzò l’uomo. «Non sarai mio allievo».
Il giovane lasciò la palestra decisamente abbattuto e si sedette a riflettere su una
panchina. Un anziano che passava di lì si accomodò al suo fianco iniziando a dare
delle molliche di pane ai picconi.

«Che cosa ti preoccupa?» chiese al giovane. Il ragazzo gli spiegò tutta la situazio-
ne e l’anziano fu curioso di sapere per quale motivo gli interessasse diventare un
combattente.
«Perché voglio essere forte!» rispose il ragazzo. «A scuola i miei compagni mi pren-
dono in giro e non so difendermi, mio padre mi tratta come un buono a nulla, e io

39 Niente Paura
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voglio dimostrare che si sbagliano.


Ho tante paure» aggiunse tristemente il ragazzo, «e se fossi un combattente non
le proverei più!».

«Io posso aiutarti» suggerì l’anziano, soddisfatto per la risposta.


«Da giovane ero un bravo lottatore, ti insegnerò come spostare quel masso enor-
me se vuoi, e lo farò gratis. Che ne dici?».
Il ragazzo non aveva nulla da perdere, e visto che pochi minuti prima temeva di
aver perso ogni possibilità, accettò volentieri e seguì l’anziano che lo portò nella
sua casa, in campagna.
Il primo addestramento fu di dissodare la terra. L’anziano disse al giovane che
l’avrebbe dovuta zappare tutta, senza trattore e con una zappa di ferro. Il terreno
da coltivare si perdeva all’orizzonte.
Il giovane rise, l’anziano era serio.

Per giorni il ragazzo si massacrò per rivoltare il terreno. Dopo una settimana, l’an-
ziano sostituì la zappa del giovane con una rotta, pesante e arrugginita. Il lavoro
diventò ancora più faticoso.
Tra un colpo di zappa e l’altro, il ragazzo do-
veva pulire le stalle: l’uomo aveva decine
di mucche, e ogni mucca produceva molti
escrementi: l’odore era insopportabile, ma il
giovane strinse i denti.

Ogni giorno il ragazzo si alzava all’alba, zap-


pava faticosamente per qualche ora, puliva la
stalla sopportando l’odore, gli insetti e i topi,
andava al pozzo a prendere l’acqua per il
bestiame con un secchio di legno, visto che
l’anziano aveva interrotto i tubi con cui la faceva solitamente arrivare dalla fonta-
na alle stalle.
Ogni volta che il ragazzo si lamentava, il vecchio gli apriva la porta e lo invitava a
tornarsene a casa. Il giovane non voleva, e resistette per 6 mesi in quella campa-
gna.

Ogni sera parlavano.


Il giovane era dolorante e inizialmente non faceva altro che lamentarsi del lavoro.
L’uomo invece gli raccontava delle fatiche fatte in gioventù, gli insegnava come
gestire i pensieri negativi, gli fece tenere un diario per le sue emozioni, gli insegnò

40 Niente Paura
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a concentrarsi su quel che faceva e divertirsi.


Sebbene stanco, la sera diventò il momento migliore,
perché l’anziano raccontava storie, aneddoti, gli in-
segnava come superare i problemi che incontrava nel
lavoro dei campi, come coltivare il terreno.

I 6 mesi passarono, il giovane tornò a casa e dovette


attendere 15 giorni prima di poter tornare dal maestro
di arti marziali che era andato in ferie e aveva chiuso
per qualche settimana la sua palestra.
In quei giorni il giovane non si riconosceva più.
Non litigava con il padre che sembrava avere un atteggiamento nuovo, i suoi amici
non lo trattavano meglio, ma lui era sereno, calmo, e non si sentiva più di essere
quel fallimento che pensava pochi mesi prima.

Di buon mattino andò in palestra.


L’uomo lo fece accompagnare al masso e si fece attendere.
Il ragazzo guardò quella pietra enorme e gli tornarono in mente le parole dell’an-
ziano: “Perché vuoi combattere?”.
Sorrise quando si rese conto che non aveva più bisogno di combattere.
Non aveva più paura, non gli serviva spostare quel masso.
Corse via, andò dal vecchio e lo trovò a irrigare i fagioli che avevano seminato in-
sieme.
«Non usi il secchio!?» ironizzò il ra-
gazzo prendendolo in giro.
«Io sono vecchio per farlo» rispose
l’uomo poggiando il tubo, «e l’ho già
usato ai miei tempi» disse sorridendo.
«Hai scoperto il segreto del masso?»
chiese subito dopo al giovane.
«Il segreto del masso?» disse il ragaz-
zo. «Sì, il segreto del masso» confermò
l’uomo.
«La paura è come quel masso» spiegò quindi al ragazzo, «se ti concentri sul masso
ti rendi conto che è troppo pesante, così fai l’errore più comune: vuoi spostare quel
masso.

Invece devi coltivare la terra» aggiunse ridendo. «Devi diventare forte, imparare a
dominare i tuoi pensieri, a sopportare la fatica, il sudore e il dolore, comprendere

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cosa provi e vivere con serenità i problemi».


Al giovane tornarono in mente tutti i momenti difficili di quei 6 mesi, ma tutti su-
perati malgrado spesso avesse avuto la tentazione di andarsene e lasciar perdere.
«Se tu diventi forte, se lo diventa la tua mente, allora comprendi il segreto del
masso: non devi spostarlo, quando tu sei forte, il masso non ti serve più».

Ecco uno dei segreti principali per vincere la paura: non pensare a lei. Lasciala stare.

Se tu sei più forte di quello che ti accade, la paura non esiste nemmeno. E se sei
più debole, non “spostare il masso”, non ci riusciresti comunque, ma allena la
mente, e del masso non ti importerà più nulla.
Per completare il lavoro sulle 4 radici, ora ti propongo un esercizio che ti aiuti a
sviluppare la forza della mente.

La mente è fatta per capire


Ricordi la frase attribuita a Madame Curie che diceva: non c’è niente di cui aver paura,
c’è solo da capire?
Su questo punto si base l’esercizio che ti propongo per allenare la tua mente. Da
ora in poi, quindi non solo nei prossimi giorni, ma sempre, cerca di capire.
La domanda base che dovresti farti in continuazione è questa: “Come fai a saperlo?”.

Lo puoi chiedere a me, quanto ti spiego qualcosa (e le guide che scrivo hanno
sempre l’obiettivo di spiegarti per quale motivo ti dico che le cose stanno in un
certo modo).
Lo puoi chiedere a chi ha pubblicato un post con una “notizia” su Facebook, a chi
ti racconta un episodio accaduto, a chi ti spiega come fare qualcosa che tu stai
imparando.
Ma lo potresti chiedere al tuo avvocato, al tuo commercialista, al medico, al vete-
rinario. All’insegnante di tuo figlio, allo psicologo, al poliziotto, al politico.
In sostanza, da ora in poi, non considerare qualcosa una verità senza aver com-
preso da dove viene.

Cerca sempre di capire come le persone fanno a sapere che quello che sanno è
vero, corretto. O che quello che dicono è reale e non un’idea, un punto di vista,
un’opinione.
Come fai a saperlo?
Puoi anche farti questa domanda riguardo le tue convinzioni su ciò che è giusto o

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sbagliato, sulle regole che segui, sulle certezze che ti guidano nelle scelte di tutti i
giorni.
Come fai a saperlo?
Come fai a dire che quella cosa è reale?

Hai delle prove?


Lo hai visto?
Quando, come, quante volte?
Ci possono essere delle eccezioni?
Non hai idea di quanto spesso vedo che le
certezze delle persone sono basate su sensazioni, sentito dire, qualcosa letto su un
social o detto da una persona che non si ricordano più chi fosse.

Quel cibo è sicuro? Come fai a saperlo?


Qualcuno certifica quel prodotto? Come si svolge il processo di certificazione?
Chi lo compie? Chi controlla?

Una frase che ho sentito dire a Beppe Grillo, quando ancora il Movimento 5 Stelle
non esisteva e lui andava in giro per i teatri a parlare di tutto e di più è questa:
“l’ovvio non lo controlla mai nessuno”.
O qualcosa di simile.
Da oggi tu devi verificare l’ovvio, perché è faticoso.
Come alleni un muscolo in palestra: facendolo stancare o riposare?
Esatto.
Quando tu cerchi di capire, sempre, tutto, senza fermarti all’ovvio, alla prima rispo-
sta, senza accontentarti mai della prima spiegazione, sforzi la mente e ti costringi a
una grande fatica: capire.

Da oggi tu devi verificare l’ovvio, Fatica che oggi in pochi vogliono ancora fare.
perché è faticoso: Preferiamo prendere informazioni, sentenze,
cerca di capire, sempre. verità già pronte, le facciamo nostre e fine del-
la storia.
Quando leggo i commenti su internet, le opi-
nioni sui social, le risposte a interviste televisive, quello che manca sempre è una
comprensione profonda anche delle proprie risposte. Si giudica senza sapere da-
vvero.
Ma se non capisci, offri il fianco alla paura.
Un pomeriggio seguivo su SkyTg24 un confronto sul tema delle medicine alterna-
tive. Era ospite anche un esponente di Altroconsumo, che si occupa di tutela dei

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consumatori.
Ha detto una cosa splendida: non poteva stabilire quali scelte mediche fossero
migliori, chi era un medico affidabile e chi no, ma chiedeva chiarezza, informazione,
trasparenza.
Cioè la possibilità di capire.
Non posso trovare una buona risposta senza farmi un’ottima domanda.
Come fai a saperlo?
Ecco una domanda meravigliosa!
Questo è forse il più importante allenamento per la tua mente.
E come detto, è direttamente connesso alla paura: più comprendi la realtà, mano
hai paura.

Capire, capire, capire.

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Capitolo 7
Le 4 Radici
Finora ti ho spiegato che la paura, qualsiasi paura, si alimenta grazie
a 4 radici che la rendono forte: pretese, egoismo, dipendenze e debolezza mentale.
La prima che ti ho mostrato sono le pretese: pretesa significa che devi necessa-
riamente ottenere qualcosa, in senso lato, per poter stare bene. Ne hai bisogno, è
necessario, altrimenti starai male.

Le 4 Radici della paura


Ovviamente queste radici non sono indipenden-
ti, ma strettamente connesse tra loro, si influen-
zano e alimentano a vicenda rendendosi forti e
rendendo forte la paura nella nostra vita.

La pretesa non è qualcosa di gradevole, non è una preferenza, ma un bisogno. Di


fatto, più pretendi, più alimenti anche l’egoismo. Perché?
Egoismo significa che tu vieni prima di tutti e tutto.
Che ogni situazione, persona, possibilità, la valuti con la domanda: cosa ci guada-
gno?
E ovviamente non in termini esclusivamente materiali o economici, sarebbe trop-
po facile.
Se vivo in modo egoista significa che io sono il
centro del mio mondo e tutto ruota intorno a
me.
Gli altri, di fatto, sono solo “comparse” sul pal-
coscenico in cui io sono l’attore.
L’unico che conta.
Di conseguenza pretenderò, da unico protagoni-
sta, di avere tutte le attenzioni che ritengo giuste.
Di ottenere quello che penso di meritare,

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pretenderò ciò che credo mi renderà felice.

E più metto al centro il mio interesse, più mi importa solo di quello che mi deve
far stare bene, più tendo a pretendere quelle cose che considero capaci di darmi
questo benessere.
E più pretendo, più penso solo a ottenerle (egoismo), più alimento anche la terza
radice: la dipendenza.
Infatti la pretesa (devo avere una data cosa per stare bene) diventa inevitabilmente
dipendenza (non posso perderla altrimenti starò male), e l’egoismo si rafforza, per-
ché in entrambi i ragionamenti “io” sono al centro di tutto.
Come noti, queste prime 3 radici sono fortemente intrecciate tra loro.
E la cosa più importante da comprendere è che pretese, egoismo e dipendenza
sono un modo di pensare.

Così arriviamo alla radice numero 4: la debolezza della nostra mente.


Quando stiamo male la cosa più ovvia è chiuderci ripiegandoci su noi stessi.
Se provo emozioni negative e malessere, questo significa che metto me al centro
di tutto, avanzo pretese, mi interessa solo di me e del mio stato d’animo, dei miei
problemi, chiudendomi in un atteggiamento egoista.

Come ti ho spiegato, tutte le emozioni negative sono frutto della paura. Se tu non hai
paura (di soffrire e stare male sopra ogni altra), non provi emozioni negative.
Ma se quando stai male ti chiudi, aumenti la pretesa di ottenere quel che dovrebbe
farti stare bene, pensi in modo egoista preoccupandoti solo di te e dei tuoi proble-
mi, tu alimenti il tuo stesso malessere.

Più lei è debole, meno comprendo che per vincere la pau-


ra non devo chiudermi, ma aprirmi. Esattamente il contra-
rio di quello che siamo abituati, ed educati, a fare

Un paradosso che nasce dalla debolezza della nostra mente.


Più lei è debole, meno comprendo che per vincere la paura non devo chiudermi, ma
aprirmi. Esattamente il contrario di quello che siamo abituati, ed educati, a fare.
Non solo, considera anche questo: la felicità è un’emozione e come tale non dipen-
de mai dalle cose che vivi, ma sempre e solo da come le vivi, dal senso che gli dai,
da cosa pensi: niente e nessuno può renderti felice.

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Se vuoi eliminare la paura, devi capire.


Capire che nulla di quel che posso pretendere determina le mie emozioni
(felicità, benessere), che più agisco con egoismo, meno faccio il mio interes-
se (alimento invece la paura e il malessere), che la mia felicità non dipende
da niente e nessuno in realtà, e che posso diventare più forte di qualsiasi
problema (forza mentale).

Indipendenza emotiva, ossia come funziona la nostra mente, la natura umana.


Se capisci questo ti rendi conto che non ha alcun senso pretendere qualcosa che ti
faccia stare bene, perché non c’è niente e nessuno che possa renderti felice e farti
provare emozioni positive!
Ma per capirlo, per superare l’impressione, la convinzione comune che siano le cose
e le persone a farci emozionare, ci vuole
chiarezza, forza mentale, così come ce La felicità è un’emozione e come tale
ne vuole per dominare una dipenden- non dipende mai dalle cose che vivi,
za, ma sempre e solo da come le vivi, dal
per aprirci invece di chiuderci (ego-
senso che gli dai, da cosa pensi:
niente e nessuno può renderti felice.
ismo), per creare benessere invece di
cercarlo fuori (pretesa).

Per vincere la paura spesso sembra ovvio doverla affrontare.


Di certo non posso vincere nulla se continuo a evitarlo.
Ma se voglio eliminare la paura dalla mia vita, in generale e nelle più svariate situ-
azioni, non potrò agire in questo modo.
Se vuoi eliminare la paura devi renderti conto che le 4 radici che la rendono po-
ssibile sono un modo di pensare.

Io penso di aver bisogno di qualcosa per poter stare bene (pretesa), io penso che
sia necessario mettere il mio interesse al primo posto (egoismo), io penso che
senza alcune cose starò male (dipendenza).
E questo non è qualcosa che capita, ma un modo di vivere, di osservare me stesso,
la vita e gli altri. Non posso eliminare la paura finché il mio modo di pensare si basa
su questo modo di vivere la vita.

Per questo, prima di affrontare qualsiasi cosa, devo capire.


E capire significa cambiare modo di pensare, rendermi conto della realtà.

Una bella rivoluzione come noti.

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Conclusioni
La Strada per una vita senza
paura
D i solito quando parliamo di paura ci sono due tipi di approccio.
Da un lato chi pensa sia meglio affrontare di petto la paura, dall’altra chi prefe-
risce evitarla.
Se ho paura dei ragni, per affrontare il problema potrei semplicemente andargli
incontro.
Informarmi su internet, andare in qualche zoo dove poterli vedere in sicurezza.
Se la paura che hai è “di qualcosa” di preciso e materiale, allora questo approccio
può funzionare. Ovviamente c’è anche il rischio, e ci torniamo tra poco, che qu-
esto approccio sia traumatico e invece di superare la paura affrontandola, possa
aumentare e diventare più fastidiosa.

Se però hai paura della morte?


Fai 3 settimane in una agenzia di pompe funebri per vedere e toccare dei cadaveri?
A parte che pochi farebbero una cosa simile, non penso che funzionerebbe per-
ché un conto è avere paura di un cadavere (il “qualcosa” di prima), un conto della
morte in quanto morte.

L’approccio “affrontiamo la paura” mi ricorda l’esempio che faccio spesso per


spiegare il mio modo di fare coaching: se ti trovi davanti un muro (la paura che vivi),
puoi comprare una scala (tecniche per gestire la paura), ma questo non ti farà super-
are qualsiasi muro, ma solo quello che hai davanti
adesso.
Se il prossimo fosse più alto, anche più della scala
che hai comprato?
Se la prossima paura, più che un muro, equivalesse a
una montagna?
Inoltre se devi scalare una montagna (superare una
grande paura), questo sarà molto impegnativo e fati-
coso, e se ti ci butti (affrontare di petto) senza averne
la forza, rischi di farti male, non riuscire, e avvilirti.
Rischi insomma di convincerti che il problema non è

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la paura, ma sei tu. Che tu non sei in grado di superarla, e questo ti porterebbe a
dubitare di te e non provarci più.
Senza contare che le nostre principali paure sono come muri di vetro: non puoi
passare, ma non le vedi esattamente. Diventa difficile affrontarle, visto che non
sapresti nemmeno da dove cominciare.
Io preferisco un altro approccio.
No, evitare le paure è una pessima idea.

• Se la eviti la paura rimane, quindi non hai risolto il problema.


• A furia di evitarla la rendi più forte, e tu ti indebolisci (debolezza mentale, ri-
cordi?).
• Se un giorno non puoi evitarla, sarà un disastro (non pensi di poterla affronta-
re).
• Evitarla, inconsciamente, ti fa perdere fiducia nelle tue capacità (ci sarà un mo-
tivo se la eviti, giusto?).

La strada giusta è imparare a volare.


Un’aquila, di fronte a un muro, non chiede Noi siamo nati per volare, ma nessuno
una scala, ci vola oltre. può farlo se appesantito da queste
E volando, per l’aquila non sono un pro- zavorre. Se le tagli, alzarti in volo di-
blema le montagne, per quanto alte, né venterà naturale e spontaneo.
un burrone, per quanto largo.
Imparare a volare significa sviluppare den-
tro di te la forza che ti rende più grande di qualsiasi paura. Significa che tu diventi una
persona capace di gestire e superare qualsiasi difficoltà.

In questo ebook ti ho spiegato che la paura vive su 4 radici: pretese, dipendenze,


egoismo, debolezza mentale.
E ti ho anche sottolineato che queste radici sono innanzitutto un modo di pensare
e quindi un modo di vivere.
Per questo il mio approccio è semplice: lascia perdere la paura. Fregatene.
Non è quello il problema.
La difficoltà che ti spaventa può farlo solo per un motivo: tu non sei abbastanza
forte. Se lo fossi, se lo diventassi, allora quella difficoltà non la considereresti
nemmeno un problema.

Lascia perdere la paura.


Prima di affrontare una gara, l’atleta si allena per mesi.
Prima di un’Olimpiade ci sono anni di allenamento.

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Un’aquila non getta dal nido i piccoli appena nati perché volino.
Aspetta che la loro forza sia tale da permettergli di farlo.
La paura va affrontata man mano che tu diventi forte, che cresce la tua consapevo-
lezza, la tua indipendenza emotiva.
Ma lascia stare la paura, diventa tu più forte, e la paura, al momento giusto, la
supererai senza problemi.
Puoi affrontare le paure, senza preoccuparti di cambiare il tuo modo di vivere e
di pensare. Alla prossima occasione ti ritroverai di nuovo in difficoltà. Forse ti è già
successo, senza dubbio succederà.

Se invece tu diventi forte, impari a volare, allora non temerai nessuna “prossima
difficoltà”, così come per un’aquila il prossimo monte che si troverà davanti non
sarà affatto un problema.
E non che volare non richieda forza, allenamento, concentrazione e fatica!
Puoi gestire la paura, e quindi continuare a viverla ogni volta, oppure puoi impa-
rare a eliminarla.
E vivere una vita in cui non hai paura, ma affronti ogni sfida e problema con consa-
pevolezza e fiducia.

Questa, secondo me, è la strada giusta.


Ecco i mattoni con cui è fatta questa strada:

1. Indipendenza emotiva. Il tassello base.


2. Eliminare ogni pretesa (possibile quando scopri che per essere felice non ti
serve nulla).
3. Eliminare l’egoismo (che è la base della sofferenza).
4. Non dipendere da niente e nessuno (possibile quando sperimenti che nien-
te e nessuno rende felice).
5. Avere una mente forte (devi imparare a dominare i tuoi pensieri).
6. Avere una sana autostima (fiducia nelle tue capacità).
7. Saper trovare soluzioni a qualsiasi problema.
8. Comprendere la realtà (e vivere nel presente, non nei “film” che ci facciamo
continuamente).
9. Fare sempre quello che ritieni giusto (amare, dare quel che vorresti riceve-
re).

50 Niente Paura
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Ovviamente è più facile usare una tecnica e liberarti (per un po’) della paura che
vivi, oppure evitarla e non pensarci più (finché non si ripresenta più forte!), che fare
un percorso del genere.
Per questo la maggior parte delle persone non crede che si possa eliminare la
paura. Richiede impegno. Richiede un percorso personale. Richiede un modo di
vivere profondamente diverso.

Ma vivere senza paura, non ha prezzo.


Lavora sulle 4 radici, abituati a vivere una vita in cui non ci siano pretese (accogli
quel che viene), senza dipendenze (godi di quel che hai), senza egoismo (dai tutto
quello che vorresti ricevere).
E cerca sempre di capire, comprendere la realtà senza farti intrappolare da opinio-
ni e punti di vista (rendi forte la tua mente).
Se vai in questa direzione, imparerai a diventare forte, e a quel punto la paura sarà
svanita da sola, perché tu sarai più grande di lei.

Io consiglio a tutti il Percorso che nella Scuola di indipendenza emotiva è nato per
farti diventare più forte di qualsiasi problema e, di conseguenza, di qualsiasi pau-
ra.

Buon lavoro, in ogni caso il tuo percorso è appena incominciato.

Un abbraccio
Giacomo Papasidero
Il Tuo Mental Coach

Risorse consgliate (clicca sul titolo)


• I 25 Passi, il percorso di base per vivere senza paura.
• Indipendenza Emotiva: il mio libro.
• Come dominare l’inconsocio
• Le 10 Leggi della Felicità
• Come allenare la mente

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