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Nunzio Izzo
RELAZIONE
NUNZIO IZZO
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Avv. Nunzio Izzo
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La migliore dottrina (R. Preden, La locazione di fatto, in Rassegna loc. e cond., 1999, 353) ha,
infatti, osservato condivisibilmente che “oggetto di tale specifica disciplina è la sola ipotesi in cui la
locazione di fatto sia stata subita e non voluta dal conduttore…sul quale grava ovviamente l’onere
di provare che vi fu imposizione da parte del locatore”, mentre, per le altre ipotesi ordinarie, la
violazione della forma scritta produce i suoi normali effetti giuridici.
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Ex multis la recente Trib. Roma 7 maggio 2002 inedita, Trib. Reggio Calabria 29 marzo 2001,
n.239 e 2 dicembre 2002, n.1246 (inedite), Trib. Verbania 5 aprile 2001, in Arch.loc. 2001,567.
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Ammissibilità della sola prova documentale, con esclusione, pertanto, di quella testimoniale,
eccetto in caso di perdita del documento senza colpa (art.2724 c.c. n.3) e quando è limitata alla prova
del fatto storico e non della fonte di diritti ed obblighi (Cass.27 ottobre 1965, n.2262), estensione
della forma vincolata al contratto preliminare (art.1351 c.c.) alla procura (art.1392 c.c.), alla prova
del pagamento e remissione del debito (art.2726 c.c.), della disdetta e della risoluzione anticipata del
contratto, rilevabilità di ufficio da chiunque vi abbia interesse e, quindi, anche da parte del medesimo
locatore, insufficienza di un qualsiasi documento e necessità, invece, del solo documento che
contenga la relativa manifestazione di volontà, impossibilità di beneficiare della prelazione, non solo
di quella ex art.3 L.431/98, ma soprattutto di quella prevista per il caso di dismissione dell’unità
immobiliare compresa nel patrimonio di un ente pubblico. In dottrina cfr. A. Scarpa, in Carrato e
Scarpa, Le locazioni nella pratica del contratto e del processo, Milano, 2001, 158 con le ampie ed
esaustive citazioni di dottrina e giurisprudenza alle quali si rinvia.
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Avv. Nunzio Izzo
salvaguardia della stabilità abitativa dell’occupante che non possa far valere un
contratto in forma scritta - anche se controbilanciata dai tempi processuali più
lunghi del giudizio ordinario necessario per la riconsegna del bene locato, con una
simmetria che sembra salvare la ragionevolezza dell’innovazione - ma ha, nel
contempo, l’effetto, ancor più rilevante, di paralizzare, però, il ricorso al principio
generale della rilevanza giuridica dei facta concludentia, con effetti quindi
preclusivi, vuoi per l’applicabilità del regime giuridico corrispondente ad un
eventuale mutamento “sopravvenuto” dell’uso pattuito che si sia protratto per oltre
tre mesi5, vuoi per la riconduzione tacita della locazione, in assenza di una espressa
clausola pattizia di rinnovo tacito6 che, pertanto, sarà, da ora in poi, accuratamente
esclusa nei contratti “liberi” che, in tal modo, vengono rimessi, vieppiù,
all’autonomia delle parti. L’esclusione della riconduzione tacita – attraverso,
semmai, una prudente e cautelativa pattuizione espressa - non viene ad incidere,
infatti, sui “limiti di durata del contratto stabiliti dalla legge” che, pur continuando
ad essere assistiti da una espressa sanzione di nullità (art.14, comma 3 l.431/98) ,
attengono, tuttavia, alla durata naturale del rapporto e non alla sua prosecuzione
“eventuale” che è lasciata alla libera autonomia privata attraverso il meccanismo
del rinnovo contrattuale, espresso o tacito. In proposito deve sottolinearsi che –
dopo l’abrogazione espressa dell’art.79 l.392/78 (limitatamente alle locazioni abitative) -
non può più configurarsi quella nullità “ampia ed onnicomprensiva” stabilita per
qualsiasi “pattuizione diretta…. ad attribuire al locatore un vantaggio in contrasto
con le disposizioni della legge” n.392 del 1978, in quanto la “riproduzione” di una
tale previsione normativa è stata circoscritta, nel testo della novella, ai “contratti
stipulati in base al comma 1 dell’articolo 2” della nuova legge e, comunque,
relativamente alla sola determinazione del canone di locazione e – si badi bene –
con riferimento alle disposizioni della l.431/98 e non a quelle della l.392/78 che
continuano ad essere applicabili senza più, però, l’ombrello dell’imperatività e
senza più la conseguente nullità di un’eventuale deroga.
Pertanto, l’introduzione della forma scritta ad substantiam consente, ora, ab
initio la configurazione “convenzionale” di una locazione a tempo determinato, ex
art.1596 c.c.7, in deroga “legittima” alle norme della legge n.392 del 1978 che sono
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Se è pur vero che l’art.80, L.392/78 non è stato abrogato espressamente, esso è divenuto, però,
incompatibile, limitatamente alle locazioni abitative, perché si fonda su una manifestazione tacita di
volontà, alla quale l’ordinamento riconosce rilevanza giuridica qualora risulti “concludente”
inequivocamente.
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Principio pacifico in giurisprudenza per le locazioni stipulate con la pubblica amministrazione per
le quali è richiesta la forma scritta ad substantiam, (Cass. 13 agosto 2002 n.11649 e Cass.12 febbraio
2002, n.1970 e Cass. 24 giugno 2002 n.9163, risalenti a Cass. sez. unite 30 marzo 1994, n.3132 e
Cass. sez. un. 14 ottobre 1972, n.303).
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A. Bucci, La disciplina delle locazioni abitative dopo le riforme, Padova, 2002, 52.53 e L.A.
Scarano, La disciplina del contratto agevolato in Il nuovo diritto delle locazioni abitative, a cura di
S. Patti, Milano 2001, 63-64, citati da A. Mazzeo, Le locazioni nella legislazione speciale, Milano
2002, 36, nota 24
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divenute “dispositive”8 per effetto della citata abrogazione espressa, ex art. 14,
co.3, l. 431 del 1998, del predetto art.79, con indubbio “vantaggio” del locatore che
può, così, essere sollevato dall’onere della “tempestiva” disdetta9. Il locatore – ma
anche il conduttore - può ora confidare nell’automatica e certa cessazione del
rapporto alla scadenza della durata pattuita (quattro anni più quattro, salvo legittimo diniego
della rinnovazione obbligatoria) e, conseguentemente, nella possibilità di stipulare,
eventualmente, nuove condizioni economiche più aderenti all’eventuale mutamento
del mercato delle locazioni che – occorre sottolineare - integra, comunque, un
interesse “comune” di entrambi i contraenti, secondo la nuova logica insita nella
restaurata libera autonomia privata.
In considerazione della generalizzazione del paradigma normativa di una
durata contrattuale (di quattro anni per le locazioni abitative , sei anni per le locazioni non
abitative e nove anni per le locazioni alberghiere) con la rinnovazione obbligatoria ex lege
alla prima scadenza, pare opportuno sottolineare – per evitare la possibile
commistione tra rinnovazione obbligatoria e rinnovo tacito10 - che il principio di
diritto sulla inconfigurabilità giuridica della riconduzione tacita per le locazioni, per
le quali sia prescritta la forma scritta ad substantiam, rileva alla scadenza naturale
del contratto e, conseguentemente, “non alla prima scadenza”. Alla prima scadena
la legge configura soltanto la possibilità del diniego della rinnovazione obbligatoria
in presenza, però, di determinanti cause legittimanti, per cui il normale sinallagma
contrattuale non richiede alcuna “libera” manifestazione di volontà di proseguire o
meno nel rapporto la quale è rilevante, invece, solo alla seconda scadenza. Il
diniego di rinnovazione obbligatoria viene comunemente assimilato al pregressa
figura di recesso anticipato, in quanto integra una cessazione “eccezionale” nel
corso della durata considerata ordinaria dalla legge, pur se attuata con il
meccanismo del rinnovo “obbligatorio”. La riconduzione tacita è configurabile solo
per l’ipotesi in cui la legge ammette l’efficacia, incondizionata, di determinare la
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Tale è la natura delle disposizioni dettate in materia di locazione abitativa e sprovviste di una
specifica sanzione di nullità (es. art.7 l.392/78 e art.1613 c.c.), a seguito dell’improvvida
abrogazione espressa dell’art.79 della legge n.392 del 1978.
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Sotto il vigore del pregresso regime giuridico della l.n.392/78 è stata ritenuta lecita una disdetta
contestuale alla conclusione del contratto di locazione che, in fatto, finiva con il configurare, già
allora, una locazione a tempo determinato cfr. Cass.15 maggio 1995, n.5314, con nota critica di N.
Izzo, La disdetta contestuale al contratto di locazione in Giust. Civ. 1995, I, 2381
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Nessuna argomentazione può essere tratta, ad esempio, dalla “eccepita” concludenza contraria di
Cass. 9 luglio 1997, n.6227 in Giust. Civ. 1997, I, 2407, con nota di N. Izzo, Le locazioni per attività
particolari: improprietà della formula e travisamento della volontà legislativa, la quale ha esteso la
“rinnovazione obbligatoria” anche alle locazioni disciplinate dall’art.42 l.392/78 perché, in tale
fattispecie, non si tratta affatto di una statuizione contrastante con il principio di diritto
dell’inconfigurabilità della riconduzione tacita, bensì della normale esplicazione degli effetti del
contratto concluso, rispetto ai quali non è ammissibile in radice una manifestazione di volontà
risolutoria, se non limitatamente a determinate cause legittime di “recesso anticipato” per utilizzare
un’espressione significativa. In tal caso la Suprema Corte ha interpretato la normale efficacia del
contratto concluso e non il suo rinnovo tacito in forza di un manifestazione tacita di volontà e
quinbdi di un comportamento omissivo concludente di una delle parti contraenti. La riconduzione
tacita sarà apprezzabile solo alla seconda scadenza contrattuale quando cioè la volontà delle parti è
libera di provocare effetti “rinnovativi”.
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cfr. la formulazione di “penda provvedimento esecutivo di rilascio” di cui all’art. 6, co.2 che riproduce
normativamente l’espressione verbale comunemente adoperata dai “pratici” di essere “sotto sfratto” che,
pertanto, non può che pendere, pittoricamente, sul malcapitato conduttore.
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vedi ad esempio l’art. 6 comma 5 per le diverse situazioni privilegiate che - nel rispetto della virgola -
dovrebbero, pertanto, coesistere congiuntamente per il correlato beneficio del differimento del termine delle
esecuzioni. Notorio è il precedente caso che interessò il comma 2 dell’art.11 del d.l. 11 luglio 1992, n.333,
conv. nella l. n.359 del 1992, c.d. dei patti in deroga, che occupò tanti scrittori in relazione all’ambito
applicativo. più o meno ristretto, della allora analoga novella.
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es. applicabilità “pacifica” dell’art.1 della legge 431 del 1998 ai contratti di locazione indicati
all’art.1, comma 2, lettera a) - in quanto non escluso dalla sua applicabilità - contestualmente, però,
alla contraddittoria espressa sottoposizione degli stessi “esclusivamente” alla disciplina di cui agli
artt. 1571 e seguenti del codice civile che non prescrive affatto la forma scritta ad substantiam.
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La relazione dell’VIII Commissione permanente (Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici) della Camera dei
deputati, presentata alla Presidenza il 25 novembre 1998, precisa che costituisce specifico obiettivo della
riforma quello di “attuare una scelta di liberalizzazione controllata del settore delle locazioni a fini abitativi,
definendo a tale scopo un complesso di regole nell’ambito delle quali possano trovare spazio una maggiore
autonomia negoziale delle parti, la possibilità di scelta fra diverse soluzioni contrattuali ed un quadro di
maggiori certezze giuridiche in ordine al rientro in possesso dell’immobile locato al termine del contratto”. La
relazione prosegue sottolineando che “per quanto riguarda i profili relativi alla valutazione della necessità
dell’intervento legislativo e della collocazione delle norme nell’ordinamento va rilevato che il testo modifica la
disciplina del settore e, con l’intento di riordinare sistematicamente e di semplificare la materia, interviene con
la tecnica dell’abrogazione espressa della previgente normativa” che rappresenta l’altro obiettivo specifico
dell’intervento normativo ed alla quale viene attribuita, consapevolmente, una funzione strumentale per la
realizzazione della modifica della legislazione del settore locatizio. In senso contrario, in dottrina, F. Lazzaro
e M. Di Marzio, Le locazioni per uso abitativo, Milano 2002, 56, sulla base però della relazione al
progetto dell’on.le Zagatti che fa riferimento ad una “nuova ed organica normativa”, senza
valorizzare la restituzione “espressa” alla disciplina codicistica di una cospicua parte dei rapporti
locatizia (cfr. nota n.15), oltre a quella rimessa alla scelta dei contraenti sulla base dell’abrogazione
espressa dell’art.79 della legge n.392 del 1978 che ha trasformato in dispositive le norme imperative
della legge dell’equo canone e, conseguentemente, con il ripristino della libera autonomia negoziale
prevista dall’art.1322 del codice civile che riacquista, pertanto, la sua tradizionale configurazione di
disciplina ordinaria rispetto a quella contenuta nelle leggi n.392/78 e 431/98 che vengono restituite al
rango di leggi speciali.
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F. Lazzaro, Le locazioni per uso abitativo, Milano 1993, 27
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N. Irti, Note introduttive, in AA.VV. Equo canone, Commentario CEDAM, 2 ed. Padova 1980, 4
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contratti di locazione relativi agli immobili vincolati ai sensi della legge 1° giugno 1939, n.1089 o
inclusi nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, qualora non siano stipulati secondo le modalità di cui
al comma 3 dell’articolo 2 della L.431/98 (ex art.1 comma 2, lett. a); alloggi locati esclusivamente
per finalità turistiche (ex art.1, comma 2 lett. b); contratti stipulati dagli enti colai in qualià di
conduttori per soddisfare esigenze abitative di carattere transitorio (ex art.1, comma 3), alloggi di
edilizia residenziale pubblica ai quali si applica la relativa normativa vigente, statale e regionale (ex
art.1, comma 2, lett.c)
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i rapporti (già) non soggetti all’equo canone18, con una differenziazione di regime
giuridico che appare apprezzabile anche ai fini della transizione dei relativi rapporti
locatizi da una all’altra disciplina giuridica;
c) il definitivo recepimento del paradigma normativo adottato dalla normativa
transitoria dei c. d. patti in deroga alla legge sull’equo canone, con le connesse
questioni di transizione nel nuovo regime per quanto riguarda sia il canone che la
durata;
d) l’innovativa disciplina “vincolistica” delle locazioni transitorie riservate alla
contrattazione sindacale ed, infine,
e) l’introduzione della forma scritta ad substantiam che viene ad incidere
sull’esistenza giuridica della locazione e, quindi, sul transito nella nuova disciplina
legislativa dei vecchi rapporti costituiti in forma verbale e sulla inconfigurabilità
della riconduzione tacita dei vecchi e nuovi rapporti locatizi.
2. La normativa transitoria.
Dopo tali premesse metodologiche, è necessario individuare,
preliminarmente, le diverse disposizioni che interessano la fase transitoria, con
l’individuazione del loro ambito di applicazione e stabilire, poi, la relazione
intercorrente tra le eventuali diverse norme.
L’art.14, comma 5, stabilisce che “ai contratti per la loro intera durata e ai
giudizi (rectius “nei giudizi”19) in corso alla data di entrata in vigore della presente
legge continuano ad applicarsi a ogni effetto le disposizioni normative in materia
di locazioni vigenti prima di tale data”.
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In proposito v. AA. VV. Contratti non soggetti all’equo canone, Milano 1981 e F. Lazzaro e M.
Di Marzio, Le locazioni per uso abitativo, Milano 2002, 162
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Qualora, ovviamente, non si ritenga – in ossequio ad un malinteso rispetto della formulazione
della norma nella specie del tutto inaffidabile - di attribuire alla previsione normativa una valenza
processuale di incerta individuazione, attesa l’insussistenza di novità procedimentali che
riserverebbe alla previsione la qualificazione di un “non sense” che, invece, è non consentito ai fini
di una corretta e normale operazione ermeneutica.
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naturale, non può più trovare applicazione la legislazione speciale dettata in materia
locatizia.
L’art. 1, comma 3, dispone, ancora, che “le disposizioni di cui agli articoli
2, 3, 4, 7 e 13 (escluso pertanto l’art.8 rispetto al precedente comma) non si applicano ai
contratti di locazione stipulati dagli enti locali in qualità di conduttori per
soddisfare esigenze abitative di carattere transitorio, ai quali si applicano le
disposizioni di cui agli articoli 1571 e seguenti del codice civile. A tali contratti non
si applica l’articolo 56 della legge 27 luglio 1978 n.391”, ma senza alcuna
previsione normativa di “esclusiva” applicazione della normativa codicistica perché
tale previsione va integrata con il principio della forma scritta ad substantiam
applicabile a detti Enti in quanto appartenenti alla P.A., quale disposizione speciale.
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indistintamente le fattispecie che trova applicazione salvo che non sia diversamente
previsto, per particolari e specifiche fattispecie, con norme speciali, anche della
stessa legge, che, pertanto, devono ritenersi prevalenti, con valore integrativo della
regola generale.
Tale configurazione consente di superare l’apparente inconciliabilità delle
diverse disposizioni transitorie della stessa legge.
L’applicazione di tale regola risulta particolarmente utile ai fini di stabilire il
rinnovo tacito dei contratti in corso de iure alla data del 30 dicembre 1998 di entrata
in vigore della nuova legge, ma è apprezzabile anche per la fissazione della data di
esecuzione dello sfratto ex art.56 l. 392 del 1978 - espressamente dichiarato
inapplicabile ai contratti di locazione di cui all’art.1, comma 3 che integra un’altra
fattispecie speciale rispetto alla regola di cui all’art.14, comma 5°, oltre che alla
disposizione dell’art.42 l.392 del 1978.
La fattispecie contrattuale indicata al comma 3° dell’art.1 della l. n.341 del
1998 transita, singolarmente ed attraverso la rilevanza giuridica attribuita ad un
motivo specifico prima irrilevante (se non nel più vasto ambito della funzione assistenziale),
dal regime giuridico dell’uso diverso a quello abitativo24 per essere poi restituita
contestualmente alla “più libera” disciplina codicistica.
Anche la disposizione di limitazione del danno per ritardata riconsegna
dell’immobile, prevista dall’art.6, comma 6 della legge n.431 del 1998, risulta
speciale rispetto all’abrogazione espressa contenuta nell’art.14, comma 3, rendendo
sostanzialmente ultrattivo – in forza dell’interpretazione autentica fornita con tale
norma dal legislatore anche per le pregresse fattispecie prima regolate dall’art.1-bis
d.l. 551 del 1988 – la valutazione legale tipica del danno, con un’apprezzabile parità
di trattamento giuridico, ovviamente, solo fino al termine di efficacia dei
provvedimenti amministrativi di graduazione degli sfratti o delle sopravvenute
disposizioni di legge25 che hanno prorogato la norma di cui al comma 5 dell’art.6
l.431/98 sulla eccezionale e temporanea di sospensione delle esecuzioni.
ripristinare il valore della tradizionale “destinazione contrattuale” rispetto alla rilevanza giuridica
dell’effettiva utilizzazione dell’immobile concesso in locazione alla quale si ispirava la pregressa
normativa legislativa che prevedeva, coerentemente, l’applicazione automatica del regime giuridico
corrispondente all’uso effettivo, diverso da quello pattuito, che si sia protratto, pacificamente, per la
durata di almeno tre mesi dalla conoscenza che ne abbia avuto il locatore, assicurata, inoltre, dalla
imperatività della disciplina legislativa, sancita con l’art.79 della legge n.392 del 1978 che viene,
sintomaticamente, abrogato espressamente con l’art.14 comma 4 della legge n.431 del 1998.
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Cass. 4 marzo 1988 n.2274, in Rass. equo canone 1988, 251 con nota di P. Ferrone. A tali
rapporti è applicabile la rinnovazione obbligatoria di cui all’art. 28 L.392/78 secondo C ass. sez. un. 9
luglio 1997 n.6227, in Giust. Civ. 1997, I, 2407, con nota critica di N. Izzo, Le locazioni per attività
particolari: improprietà della formula e travisamento della volontà legislativa ; pronuncia che
potrebbe non essere stata estranea alla determinazione legislativa di sottrarre tale tipologia di
rapporti alla prosecuzione obbligatoria che era stata concepita per le attività di cui all’art.27 della
legge e che poteva trovarsi in contrasto con la necessaria previsione degli impegni di spesa della
pubblica amministrazione e con un obbligo di riconduzione tacita.
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Art.80, comma 22, della l.23 dicembre 2000, n.388, art.1 d.l. 27 dicembre 2001, n.450 conv. in l.
27.2. 2002 n.14 e art.1, d.l.20 giugno 2002, n.122, conv. in l. 1° agosto 2002, n.185 che ha differito il
termine fino al 30 giugno 2003. Ciò in conformità all’intervento, solo parzialmente demolitorio,
della Corte costituzionale con la sentenza n.333/2001 citata supra, nota 20. Si è, inoltre, in attesa
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Avv. Nunzio Izzo
della pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale che ha esaminato, all’udienza dell’11
febbraio 2003, la questione di legittimità costituzionale di tale “proroga della sospensione
dell’esecuzione”, sollevata dal Tribunale di Firenze con ordinanza del 26 aprile 2002 e riproposta
con l’ordinanza del 31 dicembre 2002, in Rass. loc. e cond. 2002, 513 e che, pur se in prossimità
ormai della scadenza del termine del 30 giugno 2003, potrebbe, comunque, essere rilevante in ordine
ad una possibile propensione alla reiterazione della sospensione che, in fatto, comporta una proroga
legale della detenzione, in contrasto con il dichiarato intento della novella legislativa n.431/98 di
consentire la sollecita riconsegna dell’immobile locato alla scadenza della durata naturale della
locazione. Il dictum del Giudice delle leggi, qualunque esso sia, non potrà verosimilmente avere
effetti diretti sulla nuova proroga già deliberata dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 6 giugno
perché a quanto riferito dagli di stampa vi sarebbe una diversificazione dei soggetti beneficiari.
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b) L’ambito di applicazione
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V. la relazione parlamentare dell’VIII Commissione permanente della Camera dei Deputati
presentata alla Presidenza il 25 novembre 1998
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F. Petrolati, in AA.VV. La nuova disciplina delle locazioni ad uso abitativo, Gazzetta Giuridica
Giuffrè- ItaliaOggi, suppl. al n.14-15 del 16 aprile 1999, 21 e V. Angiolini, Riforma delle locazioni
ad uso abitativo e costituzione, in Arch.loc. e cond. 1999,6 sostengono che il rinnovo del contratto
avvenga per la sola durata quadriennale senza rinnovazione obbligatoria per un ulteriore quadriennio
come stabilito dall’art.1, comma 1 della nuova legge n.431/98. Contra però la dottrina prevalente: F.
Lazzaro e M. Di Marzio, Le locazioni per uso abitativo, Milano 2002, 162; A.Mirenda, Il regime
transitorio delle locazioni in corso, in Rass. loc e cond. 1999, 379; A.Mazzeo, Le locazioni nella
legislazione speciale, Milano 2002,47; A. Bucci, La disciplina delle locazioni abitative dopo le
riforme, Padova, 1999,121; N. Izzo, op cit. 40; L. A Scarano, op. cit. 25; M. Di Marzio, Modalità
di stipula e di rinnovo dei contratti di locazione, in AA. VV. Le nuove locazioni abitative, IPSOA
2000, 50. Per la giurisprudenza di merito cfr. note n.29 e 32
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incide sulla rilevanza giuridica o meno di una manifestazione tacita di volontà dei
contraenti per inequivoco comportamento concludente e sui limiti temporali
dell’ultrattività della pregressa normativa, oltre agli effetti giuridici di un’eventuale
mutamento dell’uso pattuito di cui all’art.80 della l.392 del 1978 che, pur non
essendo stato abrogato, può risultare tuttavia incompatibile – sia pure parzialmente -
con la nuova disciplina legislativa che ha introdotto una forma vincolata che non
consente la configurabilità di un diverso comune consenso tacito.
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regime per effetto del rinnovo tacito secondo, però, la nuova legge ormai entrata in
vigore.
Ciò sia nell’ipotesi ordinaria di rapporto soggetto alla legge 392 del 1978
che in quella peculiare di cui alla legge n.359 del 1992, ovviamente alla seconda
scadenza, sottolineando - ancora una volta – che - nel modello normativo meglio
noto come 4 + 4 anni - il rinnovo tacito è apprezzabile solo alla seconda scadenza.
Per i contratti stipulati con patto in deroga, occorre considerare che - così
come per l’omologa fattispecie delle locazioni non abitative - la durata contrattuale
è di un quadriennio che - ex art.11 l. 359 del 1992 e per effetto della rinunzia del
locatore alla facoltà di disdire il contratto alla prima scadenza quadriennale (in
assenza di specifiche cause legittimanti il diniego di rinnovazione) - si rinnova ex lege per un
ulteriore quadriennio, mentre alla seconda scadenza ed alle successive il rinnovo
tacito in senso stretto avviene con periodicità fissa quadriennale, in forza della
volontà delle parti e non della legge.
Per i contratti conclusi con accordi in deroga, il rinnovo tacito per un solo
quadriennio rappresenta un’ipotesi, attualmente, del tutto marginale ed improbabile
perché le prime scadenze “naturali” si collocano temporalmente a partire dal luglio
2000 (4 + 4 anni dal luglio 1992) potendo verificarsi l’ipotesi evidenziata del
perfezionamento di un rinnovo tacito secondo la vecchia legge soltanto nel caso
piuttosto raro ed ipotetico di una pattuizione della clausola di rinnovo tacito con un
termine più ampio di quello legale di sei mesi (ante 30.6.1998) e tale che faccia
ricadere il perfezionamento del rinnovo entro il vigore della vecchia legge.
Pertanto, per i contratti in corso de iure al 30 dicembre 1998, stipulati con
accordi in deroga, il rinnovo tacito avviene, di norma, ai sensi della l.431/98 e,
quindi per 4 + 4 anni, potendo le parti disdettarli tempestivamente, se non vogliono
l’applicazione del nuovo regime di altri 4+4 anni.
Nella terza ipotesi di contratti in corso de iure al 30.12.1998 stipulati ex
l.392/78, per i quali le parti sono ancora “libere” a tale data di comunicare una
tempestiva e valida disdetta che determini la cessazione del rapporto in corso - la
mancata disdetta configura una manifestazione tacita di volontà delle parti -
valutabile alla luce della nuova legge già entrata in vigore e non più della vecchia -
di far transitare – ai sensi dell’art.1, comma 1 e dell’art.2, comma 6, della nuova
legge - il contratto (ancora in corso) nel nuovo regime giuridico che comporta una
durata di quattro anni, con rinnovo obbligatorio di un ulteriore quadriennio, anche
se al canone precedentemente pattuito. Infatti, essendo ora libera la determinazione
del corrispettivo, tale libertà può esercitarsi liberamente – senza alcuna graziosa
tutela da parte dell’interprete - anche con una manifestazione tacita che – valutabile
alla luce della novella e della clausola pattizia - riconfermi le stesse condizioni
precedentemente in vigore tra le parti, affrancatesi dal regime vincolistico.
Sempre valido si appalesa l’antico brocardo commoda et eius incommoda.
Potrebbe obiettarsi che per un contratto in corso e con scadenza naturale, ad
esempio, al 30 giugno 1999 - per il quale la disdetta doveva pervenire al conduttore
entro il 31 dicembre 1998, cioè entro il giorno successivo alla data di entrata in
vigore della nuova legge – “sarebbe” irragionevolmente breve lo spazio temporale
per un valido esercizio del diritto.
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Avv. Nunzio Izzo
Sennonché, deve, in contrario, osservarsi che la legge 9 dicembre 1998 n.431 è stata
pubblicata nella G.U. n.292 del 15.12.1998, con la vacatio legis ordinaria di
quindici giorni la quale, secondo la sua funzione istituzionale, rappresenta il tempo
valutato dalla legge sufficiente (spatium deliberandi) per le determinazioni unilaterali
da adottarsi in relazione alla prossima entrata in vigore della nuova disciplina e,
quindi, in ordine “anche” alla prosecuzione o meno del rapporto locatizio alle stesse
condizioni e secondo la nuova durata. Conseguentemente, l’inutile decorso del
termine non può che essere imputato, direttamente, alla parte interessata che non
può allegare, poi, una inescusabile sua negligenza che ha creato, comunque, un
affidamento incolpevole della controparte che non può non trovare tutela giuridica.
Trattasi, in ogni caso, di una ragionevole valutazione legale tipica che
riconosce la libera disponibilità delle parti di determinare o meno l’effetto giuridico
(rinnovo per una nuova e più lunga durata) previsto dalla legge per l’inutile decorso
del termine di disdetta che integra, pertanto, un onere in senso giuridico.
L’adozione del criterio del rinnovo tacito può risultare (ma non sempre) di
particolare favore per il conduttore che acquista, in tal modo, una maggiore stabilità
della locazione (4 anni + 4, eccetto le cause di legittimo diniego di rinnovazione), pur
continuando a corrispondere il canone nella misura precedentemente convenuta che,
tuttavia, può essere divenuta, nel frattempo, anche superiore a quella di mercato (es
accordi in deroga stipulati in situazioni di mercato alto) e non necessariamente inferiore
(es. rapporti ad equo canone) con una diversità fattuale, per la quale appare
ragionevole riservare ai contraenti ogni determinazione volitiva, anche tacita.
Pertanto, è solo apparente l’addotta disparità di trattamento - afferente,
infatti, a mere situazioni di fatto e non di diritto – tra il rinnovo tacito di un contratto
ex lege 392 del 1978, per il quale vigeva la misura legale del canone, ovvero di un
contratto ex lege 359 del 1992, per il quale era, invece, stato pattuito un più elevato
canone libero di mercato, perché ciò non incide sulla configurazione della “libera”
manifestazione tacita di volontà negoziale, con riferimento alla particolare
situazione contrattuale che si ritenga “conveniente” di non modificare.
L’illustrata soluzione valorizza, quindi, la volontà delle parti che
conservano, in coerenza con la nuova ratio legis, la libera disponibilità del rapporto,
ricollegantesi le eventuali conseguenze negative all’inottemperanza di un onere
incombente su entrambe le parti le quali ne devono, pertanto, sopportare le
“eventuali” conseguenze negative.
Tale esito interpretativo trova conferma nella più che significativa
espressione letterale “si rinnovino” che – formulata in un congiuntivo non di uso
frequente e normalmente “difficile” e, quindi, sicuramente voluto nella sua portata
concreta - esprime, esattamente, una fattispecie in fieri che venga a perfezionarsi
successivamente al 30.12.1998 e che si attaglia, esclusivamente, alle ipotesi per le
quali il termine ultimo per comunicare la disdetta venga a spirare successivamente
alla predetta data. Ciò giustifica la differenziazione tra il perfezionamento
dell’effetto prodromico prima del 30 dicembre 1998 (rinnovo secondo la vecchia legge)
ed il perfezionamento del rinnovo successivamente a tale data che comporta il
transito “volontario” del rapporto nella nuova disciplina. con più lunga durata
17
Avv. Nunzio Izzo
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Avv. Nunzio Izzo
validamente ed efficacemente. Solo se, nel momento nel quale avrebbe potuto
impedire il rinnovo secondo il nuovo regime già entrato in vigore e quindi
conoscibile, il locatore non comunica una tempestiva disdetta, manifesta,
tacitamente - secondo la clausola pattizia ovvero secondo la clausola legale (ove già
inserita in forza di norma imperativa) - la sua volontà, anche in forma tacita, di
proseguire nel rapporto alle stesse condizioni, così come il conduttore, di
acconsentire all’applicazione del nuovo regime. In tale ipotesi appare sterile
sostenere che tale effetto può risultare oneroso, nell’ipotesi di un pregresso accordo
in deroga ex l. n.359/92, in ragione della reiterazione del modello quattro più
quattro anni, in quanto ciò risale comunque ad una “libera” e valida manifestazione
di volontà, anche se tacita.
Significativa e determinante risulta la copiosa giurisprudenza formatasi per
le locazioni non abitative al termine della disciplina transitoria della legge 392 del
1978 - specialmente per i contratti non soggetti a proroga legale - laddove, alla
cessazione del pregresso regime (vincolistico), i rapporti rinnovati (in mancanza di
disdetta per i non soggetti a proroga legale e per comportamento concludente per quelli soggetti a
proroga legale e configurabile per tale tipologia negoziale) hanno dovuto “scontare
interamente” il nuovo regime con l’applicazione, quindi, della “nuova” durata di sei
anni più sei (Cass. 2 novembre 1998 n.10929, Cass. 2 ottobre 1997, n.9627 e Cass.
19 dicembre 1996, n.11365).
31
Con un indirizzo assolutamente uniforme e consolidato la Suprema Corte ha costantemente
statuito che il rapporto locatizio soggetto a proroga legale cessa definitivamente alla scadenza di tale
proroga legale, senza necessità di disdetta (Cass. 5 aprile 1993 n.4062, Cass. 10 maggio 1991,
n.5252, Cass.5 febbraio 1991, n.1088 e Cass. 26 ottobre 1989, n.4428) e la ricostituzione del
rapporto può avvenire con l’applicazione del principio generale di cui all’art.1597, comma 1, c.c. che
regola la conclusione del contratto in forma tacita. Può ritenersi, pertanto, un principio immanente
19
Avv. Nunzio Izzo
scadenza naturale del rapporto, in quanto, per il rispetto del principio paritario,
dovrebbe richiedersi, anche nel silenzio della novella, una manifestazione di volontà
di tinnovo nella “nuova” forma scritta; c) fino ad una scadenza ancora successiva, in
relazione ad un’eventuale situazione giuridica “già quesita al 30 dicembre 1998”
oppure d) per la loro “intera durata” da determinarsi secondo il pregresso regime
giuridico e, quindi, con l’operatività periodica e sine die della riconduzione-
ricostituzione tacita, in conformità della clausola di rinnovo tacita da ritenersi
permanentemente “inserita automaticamente” nel contratto così come costituito ante
legge n.431 del 1998.
La soluzione interpretativa più corretta e ragionevole non sembra dipendere
tanto e solo dal combinato disposto dell’art.14, comma 5 e dell’art.2 comma 6 della
novella, quanto – a ben considerare – dalla “concorrente” inconfigurabilità della
riconduzione tacita di un rapporto locatizio a seconda che la legge – vigente nel
momento dell’operatività del rinnovo tacito - richieda o meno la forma scritta ad
substantiam32.
Altro è, infatti, stabilire la diversa efficacia dello ius superveniens a seconda
che incida sul fatto costitutivo del rapporto (irrilevanza), ovvero sugli effetti (immediata
applicabilità), per cui può ritenersi esaustiva la disposizione transitoria che per l’intera
durata dei contratti in corso de iure alla data del 30 dicembre 1998 “continuano ad
applicarsi ad ogni effetto le disposizioni normative in materia di locazione vigenti
prima di tale data”, altro è, invece, stabilire la “riconduzione-ricostituzione” del
rapporto, in conformità di una volontà presunta di entrambe le parti, allorquando
manchi una preventiva pattuizione espressa che regoli la configurabilità di un
consenso tacito in caso di mancata manifestazione di volontà negoziale.
Se la vicenda della ricostituzione del rapporto giuridico si svolge nel periodo
di vigenza della nuova legge, pare logico e razionale, in assenza di una diversa
disposizione di natura transitoria, che debba trovare applicazione immediatamente
nell’ordinamento giuridico quello della cessazione della locazione alla scadenza del termine finale
stabilito imperativamente dalla legge.
32
Vedi supra nota 6. In giurisprudenza, l’unica sentenza che si rinviene in merito alla sorte di un
contratto verbale concluso sotto il vigore della legislazione pregressa è quella del Tribunale di
Sanremo che si era uniformata, sostanzialmente, al principio dell’inconfigurabilità della tacita
riconduzione del contratto verbale pervenuto alla scadenza del 31.12.1999 secondo la pregressa
normativa sotto il vigore della quale era stato stipulato. Tale decisione è stata, però, riformata dalla
Corte di appello di Genova 6 marzo 2002 n.211, in Arch. loc. 2002,429, che ha invece, privilegiato
la previsione di “rinnovo tacito” contenuta nell’art.2, primo comma, senza, tuttavia, porsi la
questione giuridica della inconfigurabilità del rinnovo tacito per le ipotesi di forma scritta ad
substantiam, eccetto che sia stata convenuta la tacita riconduzione, possibile solo per i contratti
scritti ai quali la nuova norma deve ritenersi riferita. La Corte territoriale non ha, inoltre, valutato
che, altrimenti, viene a prospettarsi l’incompatibilità di tale previsione con quella della forma scritta
ad substantiam, con una verosimile prevalenza, in ogni caso, della conseguenza tipica del “nuovo”
requisito essenziale del contratto, eventualmente verificando la rilevanza o meno dell’innesto
dell’emendamento innovativo del testo normativo che non prevedeva la forma vincolata. In senso
conforme v. Trib. Padova ord. 20 dicembre 2002, inedita e riportata dalla stampa quotidiana (Sole
24Ore), che ha ritenuto che il rinnovo tacito, dopo il 30 dicembre 1998, opera secondo la nuova
legge e quindi per un quadriennio rinnovabile obbligatoriamente per un ulteriore quadriennio in
assenza di invocate cause legittime di diniego.
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Avv. Nunzio Izzo
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Avv. Nunzio Izzo
33
In dottrina R. Preden, La locazione di fatto, op. cit. e Cass. 3 maggio 1991, n. 4849 “Qualora un
contratto di locazione sia dichiarato nullo, pur conseguendo in linea di principio a detta
dichiarazione il diritto per ciascuna delle parti di ripetere la prestazione effettuata, tuttavia la
parte che abbia usufruito del godimento dell'immobile non puo' pretendere la restituzione di
quanto versato a titolo di corrispettivo per tale godimento, in quanto cio' importerebbe un
inammissibile arricchimento senza causa in danno del locatore (nella specie dichiarato null o, per
mancanza delle prescritte autorizzazioni, il contratto di locazione di un alloggio di cooperativa
edilizia a contributo statale, stipulato tra il socio assegnatario ed un terzo, il giudice del merito
accoglieva la domanda di quest'ultimo di ripetizione dei canoni erogati”, in Giur. it. 1991,, I, 1,
1314 con nota critica di A. Chiodi, Irripetibilità dei canoni versati in esecuzione di una locazione
nulla: un caso di “estoppel” all’italiana. In proposito non pare ultroneo osservare che, se si ritenga
ammissibile anche in tale situazione l’azione sussidiaria di indebito arricchimento, la tesi rigorosa
della ripetibilità si risolverebbe in mero formalismo di ordine processuale con riflessi sostanziali che
possono risultare modesti in caso di equivalenza delle somme dovute per i due diversi e distinti titoli,
in quanto la corresponsione, sia pure di fatto, potrebbe integrare la prova del valore economico
dell’arricchimento ingiustificato.
34
Art. 1 l. 31 ottobre 1966, n.946 per le “locazioni di immobili adibiti ad uffici delle rappresentanze
diplomatiche e consolari estere, nonché ad abitazione privata dei membri di dette nazionalità non
italiana che esercitano le loro funzioni in Italia” che può far sorgere qualche dubbio di legittimità
costituzionale per violazione dell’art.3 Cost. con riguardo a tutti gli altri locatori in considerazione
della insussistenza di un’obbligazione tributaria accollata, imperativamente e quindi
inderogabilmente, a tali conduttori privilegiati che, tuttavia, non sembra possano, legittimamente e
ragionevolmente, comunicare tale privilegio ai rispettivi locatori.
22
Avv. Nunzio Izzo
stata già instaurata la procedura di esecutiva di sfratto - sospesa ex art.6 della stessa
legge - sia che sia stato solo emesso il provvedimento giudiziale rilascio.
L’art.6, comma 2, prevede a tal fine una dettagliata procedura di
instaurazione di trattative per provocare la stipula di un nuovo contratto,
ovviamente in forma scritta, anche attraverso le rispettive organizzazioni sindacali
che possono, in tal modo, fornire “facoltativamente” l’assistenza necessaria.
Anche se la stampa quotidiana specializzata aveva, inizialmente, enfatizzato
i rischi collegati alla mancata comunicazione dell’intenzione di avviare trattative
per la stipula di un nuovo contratto - prospettando, addirittura, l’effetto di un
rinnovo tacito del vecchio contratto dichiarato giudizialmente cessato per finita
locazione - sembra potersi escludere un tale effetto, specialmente se si tenga
presente che l’incipit del successivo comma 3 prevede la conseguenza legale tipica
del mancato accordo che è quella di abilitare il conduttore a chiedere la rifissazione
della data di esecuzione e che conferma l’intangibilità del titolo esecutivo
“sospeso”. Trattasi di una riproduzione della vecchia previsione della legge n.359
del 1992 che ha già trovato definitiva soluzione interpretativa nella pronuncia della
Suprema Corte con la sentenza 6 marzo 1998 n.2477 che ha confermato che le
mancate trattative non trovano, in ragione della semplice loro previsione, una
particolare sanzione nella legge che non sia quello dell’inesistenza di un accordo
novativo. L’omissione delle trattative non sembra, quindi, comportare alcun
effetto specifico che non sia quello di dover “subire” la sospensione forzata
dell’esecuzione, sostituibile con la stipulazione di un nuovo contratto di locazione.
Il parallelismo con la richiamata norma della legge n.359 del 1992 conferma la
funzione transitoria della disposizione. L’iniziativa, assunta da una qualsiasi delle
parti non è comunque priva di qualsiasi effetto perché può esporre a responsabilità
precontrattuale per comportamenti non ispirati a correttezza e lealtà, con la
possibile esposizione a danni che potrebbero “rappresentati” a fini dissuasivi
dell’esecuzione intrapresa o da intraprendere. Può rilevarsi che la previsione
normativa tende a reintrodurre, sia pure facoltativamente, quell’assistenza sindacale
che la corte costituzionale ha giudicato incostituzionale nella forma obbligatoria35.
L’opportunità di dare inizio o meno alle trattative non può che essere
lasciata alla più che prudente valutazione dei diretti interessati, perché - come
precisato - esse possono comportare effetti non valutabili preventivamente nella
loro esatta portata giuridica e successivamente sgradevoli, sempre che il locatore,
per evitare problemi, non faccia conoscere la sua proposta o accettazione “non
trattabile e limitata esattamente nel tempo”. A tal fine appare consigliabile non la
semplice comunicazione delle condizioni contrattuali “essenziali”, bensì l’intero
contratto, perché, altrimenti, qualsiasi “nuova” pattuizione potrebbe, poi, non essere
più accettata dalla controparte.
La ratio di tale disposizione risiede nell’esigenza di agevolare la stabilità
della locazione per la tutela del diritto all’abitazione, solennemente riaffermato
nella dichiarazione del Summit dell’ONU Habitat 2 tenutosi ad Instanbul nel 1996.
35
C. cost. 25 luglio 1996 n.309, in Giust. Civ. 1996, I, 2165 con nota di N. Izzo.
23
Avv. Nunzio Izzo
3. Locazioni non assoggettate alla normativa dettata dalla l.431 del 1998.
36
Si è in attesa di conoscere la decisione della Corte costituzionale che ha esaminato la questione
all’udienza dell’11 febbraio 2003
24
Avv. Nunzio Izzo
37
Cfr nota n.23
25
Avv. Nunzio Izzo
26
Avv. Nunzio Izzo
locazioni, in Arch. Loc. 1999,9. In dottrina A. Mirenda, La locazione di fatto: brevi spunti sulla
natura dell’azione di riconformazione e sulla legittimatio ad causam, in Rass. Loc e cond. 2001, 7 ha
avvertito il paradosso della nullità radicale per omessa registrazione, specialmente nell’ipotesi della
locazione di fatto e, nel corso di un dibattito, ha maturato un revirement della sua iniziale tesi della
efficacia sanante solo ex nunc della parte di canone non registrata perché l’A. conviene che, se viene
regolarizzata la registrazione, anche tardivamente, dell’intero canone, ciò comporta l’esigibilità
totale.
27
Avv. Nunzio Izzo
applicazione la normativa sulla simulazione in frode alla legge civile piuttosto che a
quella fiscale e, quindi, l’eventuale conversione del contratto nullo ai sensi
dell’art.1424 c.c.
Nell’eventualità di un mutamento dell’uso pattuito intervenuto prima
dell’entrata in vigore della novella ovvero nel regime transitorio di tale legge la
soluzione discende dall’applicazione delle norme indicate al precedente punto 2
della relazione sull’esatta efficacia giuridica del rinnovo tacito.
La fattispecie di un mutamento dell’uso pattuito perfezionatosi
“interamente” prima dell’entrata in vigore della novella non pare presentare
particolari questioni interpretative perché possono emergere solo questioni di prova,
in quanto, alla parte che invoca tale mutamento, incombe l’onere di provare, non
solo il diverso uso effettivo al quale venga adibito stabilmente l’immobile locato,
ma soprattutto – a seguito del richiamato intervento parzialmente demolitorio del
Giudice delle leggi – la durata di almeno tre mesi dal momento di avvenuta
conoscenza di tale mutamento, da parte dell’altro contraente che configura il
consenso tacito valido per l’applicabilità del diverso regime giuridico
corrispondente all’uso effettivo dell’immobile, anche con riferimento alla diversa
sua prevalenza.
La seconda ipotesi merita, forse, qualche precisazione, in quanto occorre
stabilire con quale regime giuridico “già acquisito” il rapporto locatizio può
transitare in quello nuovo che – detto per inciso – è caratterizzato da una nuova
disciplina e da una nuova configurazione giuridica delle locazioni transitorie,
relativamente alle quali persistono non poche questioni39.
In conformità al comma 5 dell’art.14 della novella, il mutamento dell’uso
pattuito che può ancora essere rilevante è quello che risulti già perfezionato – con
prova rigorosa - entro e non oltre la data di scadenza del rapporto locatizio in corso
de iure al 30 dicembre 1998 che transiti, legittimamente, nella nuova disciplina
della legge 431 del 1998, in forza di una – per così dire – doppia manifestazione
tacita di volontà delle parti. Con ciò si vuole dire che il periodo di almeno tre mesi
dall’avvenuta conoscenza dell’altro contraente deve essere compreso – quale
elemento costitutivo della fattispecie – entro e non oltre tale data perché fino a tale
data continuano a trovare applicazione le pregresse disposizioni di legge e quindi
sia l’art.80 che l’art.79 della legge n.392 del 1978.
In tal caso il rinnovo tacito – secondo il criterio selettivo precedentemente
illustrato – opera con riferimento ad una situazione contrattuale già perfezionatasi e,
correlativamente, con il regime giuridico già acquisito e consolidato, in un
momento prima del passaggio nella nuova disciplina.
39
In dottrina v. C.M. Verardi, I contratti di natura transitoria, in AA. VV. Le locazioni ad uso di
abitazione, Torino 2000, 133; M. Acierno, Art.5, Contratti di locazione di natura transitoria, in AA.
VV. Le nuove locazioni abitative, Milano, 2000, 121; V. Cuffaro, Ancora sull’ammissibilità della
locazione ad uso di foresteria dopo la legge 9 dicembre 1998, n.431, in Arch. loc 2001, 363; F.
Lazzaro e M. Di Marzio, Le locazioni per uso abitativo, Milano 2002, 221. In proposito si precisa
che il nuovo decreto ministeriale 30 dicembre 2002, previsto per la stipula dei contratti di cui
all’art.2, comma 3 e all’art.5, commi 1,2, e 3 della legge n.431 del 1998, è stato pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale, suppl. ord. dell’11 aprile 2003.
28
Avv. Nunzio Izzo
Ciò vale anche per i contratti di locazione conclusi in forma verbale prima
dell’entrata in vigore della novella, ribadendo però che – in ossequio al condiviso
principio dell’inconfigurabilità di una riconduzione tacita in un regime giuridico che
abbia scelto quale ulteriore requisito essenziale quello della forma scritta sotto pena
di nullità (combinato disposto degli artt.1325 e 1350, n.13 c.c.) – il transito con tale
mutamento è ammissibile solo se possa ritenersi compreso nella valida ed efficace
manifestazione tacita produttiva cioè di irretrattabili effetti giuridici prima della data
di transizione. Per esemplicare se il mutamento si è perfezionato entro il termine di
scadenza della comunicazione della disdetta ai sensi dell’art.3 l.392/78 avvenuto
prima del 30.12.1998 il consolidamento è avvenuto in conformità alla vecchia
legge. Se, invece, il predetto termine è scaduto sotto il vigore della nuova legge per
cui il rinnovo tacito è disciplinato dalla nuova legge (come fatto chiaro
dall’applicabilità della nuova durata e dal verbo al congiuntivo che indica la
prospettiva verso la novella) il rinnovo tacito non è più configurabile perché la
novella è caratterizzata dalla forma scritta ad substantiam con l’inconfigurabilità
della riconduzione tacita, con rispetto anche del principio paritario.
In presenza, pertanto, di una locazione transitoria stipulata per abitazione
secondaria – ammissibile e configurabile autonomamente prima e “non più” dopo la
legge n.431 del 1998 che disciplina ed attrae nel suo ambito di applicazione l’uso
abitativo “in genere ed indifferenziato” - con la configurazione (attrattiva) della
tipologia speciale di cui all’art.5 e con quella (espulsiva) essenzialmente per
esigenze turistiche – deve distinguersi se l’effetto modificativo si sia perfezionato
prima o dopo il perfezionamento di un “valido” rinnovo tacito.
Pertanto, la locazione transitoria per abitazione secondaria, in assenza di un
mutamento d’uso in quello di abitazione primaria e, soprattutto, in mancanza di una
clausola di rinnovo tacito, resta disciplinata dal precedente regime giuridico e,
quindi, cessa definitivamente alla sua scadenza naturale convenuta, senza poter
transitare nel nuovo regime che non legittima più la mera riconduzione tacita,
occorrendo, invece, la forma scritta ad substantiam.
Identica soluzione appare corretta per un contratto di locazione transitoria
“verbale” in corso alla data di entrata in vigore della novella, perché non operando
l’inserzione automatica della clausola legale di rinnovo tacito per incompatibilità
con la natura transitoria del rapporto, la relativa locazione cessa definitivamente alla
sua scadenza naturale, anche in applicazione degli usi locali.
Con tale precisazione e limitazione può accogliersi l’opinione dottrinale che
afferma il rinnovo tacito della locazione transitoria stipulata ante l.431/98, con
l’applicazione, pertanto, della più lunga durata contrattuale40.
Ai fini della disciplina transitoria relative alle locazioni c.d. transitorie ed in
relazione alla diversa configurazione ontologica recepita nella legge n.392/78 e
nella legge n.431/98, possono, inoltre, prospettarsi ulteriori questioni di rilevanza
transitoria.
A tal fine, deve, infatti, accertarsi quali rapporti locatizi sorti ai sensi
dell’art.26 l.392/78 siano ora disciplinati dalla novella (artt. 2, 3 e 5) e quali
40
F. Lazzaro e M. Di Marzio, Le locazioni per uso abitativo, Milano 2002, 245.
29
Avv. Nunzio Izzo
41
V. F. Lazzaro e M. Di Marzio, op. ult. cit con le ampie citazioni di dottrina alle quali per brevità
di rinvia
42
N. Izzo, La classificazione delle locazioni abitative della nuova legge n.431 del 1998 , relazione al
convegno Domus Italia Milano, 20 maggio 1999, pubblicata in Amministrare Immobili, periodico
ANACI, inserto 1999, 19
43
Cfr anche art.2 12 marzo 1968, 326 per gli immobili adibiti ad attività turistiche
44
Ampia è la produzione di normativa regionale in materia e vivace è il dibattito sui limiti della
stessa per le possibili interferenze con la legislazione statale ed il conseguente conflitto di
attribuzione, rilevante ai sensi dell’art.117 Cost. La più recente legge 4 novembre 2002, n.33 della
Regione Veneta stabilisce all’art.25 che le unità abitative ad uso turistico non possono essere locate
“per meno di sette giorni e per più di sei mesi consecutivi”, con determinati adempimenti e con
sanzioni pecuniarie fino a 5000 euro che sono state considerate come una “illegittima” limitazione
dell’autonomia privata riconosciuta dalla legge n.431 del 1998
45
Tipologia prevista da numerose leggi regionali: Abruzzo L. n.78/2000,Basilicata L.37/2001,
Bolzano L.12/1995, Calabria L.2/2003, Campania 5/2001, Emilia-Romagna L.n.29/2001, Friuli -
Venezia Giulia L. n.2/2002,Lazio L.n.8/1997, Liguria L.n.5/2000, Lombardia L.n.6/2001 e 12/1997,
Marche L.n.8/2000, Molise L.n.13/2002, Piemonte L.n.20/200, Puglia L.n.17/2001, Sardegna
L.n.27/1998, Sicilia L.n.32/2000, Toscana L.n. 42/2000, Trento L.n.7/2002, Umbria L.n.2/2001,
Valle D’Aosta L.n.23/2000 e Veneto L.n.49/1999.
30