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IL RADDRIZZAMENTO

(a cura di M. Pellegrino, borsista 2003-04)

CONCETTI DI BASE

Il raddrizzamento di un fotogramma consiste in una sua trasformazione geometrica (per proiezione ottica o
per via analitica) che ne corregge gli effetti prospettici.
Ogni fotogramma infatti è caratterizzato da distorsioni prospettiche che alterano la forma dell’oggetto
rispetto al modello originale: l’obiettivo della trasformazione proiettiva è invece proprio quello di rendere il
fotogramma misurabile, in grado di riprodurre cioè correttamente l’oggetto reale e di realizzare un modello in
scala di questo.
Una volta compiuto il raddrizzamento infatti, l’immagine trasformata, se relativa a un oggetto o a un terreno
piano, risulterà tutta rappresentata in un rapporto di scala costante e offrirà di conseguenza la possibilità di
effettuare delle misure corrette direttamente sul fotogramma.

Le deformazioni del fotogramma sono di diversa natura e derivano da differenti cause. Si distinguono
principalmente due tipi di deformazioni:

• il primo dipende dal fatto che l’asse ottico


della camera non è mai perfettamente
normale al piano medio preso in
considerazione sull’oggetto fotografato. Di
conseguenza le tre componenti angolari
( ω φ κ ) della camera sono diverse da
zero. Risulteranno quindi deformati gli
angoli del grigliato regolare e di
conseguenza la forma dell’oggetto stesso;

• un altro tipo di deformazioni ha come cause la prospettiva centrale che si verifica nella fase di
presa, e la tridimensionalità dell’oggetto studiato: la prospettiva centrale applicata su un oggetto
tridimensionale produce un grigliato irregolare e deformato poiché le quote o gli aggetti vengono
proiettati in una posizione erronea. L’immagine rappresentata sul fotogramma è infatti una visione
prospettica dell’oggetto reale. Quando si effettua una proiezione centrale, punti posti a quote
differenti vengono proiettati in una
posizione sfalsata rispetto a quella che si
otterrebbe da una proiezione ortogonale.
Per questo motivo è possibile raddrizzare
soltanto gli elementi appartenenti al
medesimo piano: i punti noti sono infatti
scelti giacenti sullo stesso piano. A
raddrizzamento avvenuto si deve quindi
considerare corretta soltanto la parte del
fotogramma i cui punti appartengono allo
stesso piano, mentre più ci si discosta da
esso più si hanno deformazioni e
imprecisioni del risultato del processo. Le
immagini dei punti che non giacciono
esattamente sul piano oggetto risultano
spostate in direzione del punto principale e
individuano l’errore di altezza. L’entità di
tale spostamento radiale, nel caso di
fotografia normale, è espresso dalla
seguente relazione:
c ρ ρ
∆ρ = ∆R = ∆Z = ∆Z
Z0 Z0 c ⋅ mb

Questa relazione è, con buona approssimazione valida anche per fotogrammi ripresi con assetto
qualunque rispetto al piano dell’oggetto considerato.
Abbiamo già dimostrato come la prospettiva centrale di un piano degenera nelle equazioni della omografia
generale, le quali mettono in relazione il piano dell’immagine e il piano dell’oggetto mediante otto parametri.
Per determinare questi parametri è necessario conoscere le coordinate oggetto e immagine di quattro punti.
Considerando l’equazione dell’errore di altezza si nota che per fare un raddrizzamento:

• occorre usare solo le parti centrali dei fotogrammi;


• occorre usare immagini riprese con obiettivi a lunga focale.

Una volta fissata la porzione di fotogramma da utilizzare e la distanza principale della camera da presa si può
determinare il massimo scostamento dal piano oggetto, ammissibile affinchè gli errori di altezza siano
trascurabili alla scala della rappresentazione.

∆ρ ⋅ c ⋅ mb
∆Z max =
ρ

Da quanto detto discendono una serie di problemi che limitano alquanto l’applicazione del raddrizzamento
nei casi in cui si abbia a che fare con oggetti reali di complessa forma o di marcata tridimensionalità: in
questi casi l’immagine che si ottiene non è utilizzabile nella sua totalità.

Per questo motivo il raddrizzamento è molto usato in architettura quando ci si trova in presenza di edifici
semplici, con facciate approssimativamente piane (l’immagine raddrizzata sovrastante riporta l’esempio di
una delle facciate interne del Palazzo Reale a Torino), nelle quali l’aggetto di elementi decorativi o delle
cornici sia trascurabile, oppure quando interessa avere una restituzione di carattere generale che sia poi
possibile integrare più dettagliatamente in altro modo; in certe situazioni, quando il territorio è
sufficientemente pianeggiante, si utilizza il raddrizzamento semplice anche per le prese aeree, ottenendo i
cosiddetti fotopiani.

Per eliminare la deformazione delle immagini fotografiche si possono utilizzare due


procedimenti differenti.
RADDRIZZAMENTO SEMPLICE:
è un procedimento applicabile solo a oggetti perfettamente piani o con movimenti altimetrici
tali da non generare errori di altezza non trascurabili alla scala della rappresentazione. Il
fotogramma viene trasformato in una proiezione centrale dell’oggetto, con piano parallelo
all’oggetto stesso e asse di presa normale al piano dell’oggetto. Questa nuova prospettiva
centrale è uguale, a meno di un fattore di scala, alla proiezione ortogonale dell’oggetto
stesso.
RADDRIZZAMENTO DIFFERENZIALE:
è un procedimento applicabile a oggetti di forma qualunque. Se di tale forma non si conosce
un’equazione in forma chiusa, il fotogramma viene diviso in piccole porzioni considerabili
piane e ognuna di esse viene sottoposta ad un processo di raddrizzamento.
SCHEMATIZZAZIONE : diverse tipologie di raddrizzamento

OTTICO-
MECCANICO
SEMPLICE TERRESTRE
DIGITALE ANALITICO AEREA
RADDRIZZAMENTO GEOMETRICO

DIFFERENZIALE AEREA

I. IL RADDRIZZAMENTO SEMPLICE

Il raddrizzamento può essere effettuato in modi diversi seguendo procedimenti basati su tecniche differenti,
tenendo conto anche dei continui passi in avanti compiuti dalle più recenti ricerche.
Facendo riferimento allo schema riportato, si intende per raddrizzamento semplice l’operazione di
trasformazione del fotogramma basata sul principio dell’omologia. Per omologia si intende la corrispondenza
biunivoca esistente tra i punti dell’oggetto reale e i medesimi punti individuabili sul fotogramma. Tali punti
sono descritti da coordinate riferibili ad un sistema di riferimento di cui si conoscono orientamento e
direzione degli assi; ci si serve quindi delle relazioni numeriche che legano i punti oggetto ai punti immagine
per correggere la deformazione, per ottenere quindi l’immagine raddrizzata.
Questo procedimento è usato sia per la fotogrammetria aerea che per quella terrestre e, se si tratta di
raddrizzamento per via ottica, si prevede di partire da un fotogramma realizzato in modo che l’asse ottico
della camera risulti il più possibile ortogonale al piano a cui appartiene l’oggetto da raddrizzare.

Raddrizzamento mediante raddrizzatori


Il raddrizzamento per via ottica si effettua, o per meglio dire si effettuava, dato che è un metodo che
sta lasciando il posto a tecniche più recenti, con strumentazioni chiamati raddrizzatori, che attraverso
l’introduzione dei valori di orientamento interno ed esterno, insieme anche a punti noti, portano alla
realizzazione dell’immagine raddrizzata. Nei raddrizzatori le condizioni ottiche proiettive per il
raddrizzamento dei fotogrammi risultano tradotte in altrettante condizioni costruttive ottico-meccaniche.
Nella sua struttura generale, un raddrizzatore è costituito da un portafotogrammi, da un obiettivo di
proiezione e da uno schermo. Questi tre elementi sono liberi e in grado di ruotare; le elaborazioni
successive portano alla sovrapposizione dei punti di controllo prescelti con le loro corrispondenti immagini
del fotogramma. I raddrizzatori automatici sono la versione più interessante di tale tipo di
apparecchiature e sfruttano degli inversori che portano automaticamente i punti a coincidere mediante
spostamenti successivi dell’obiettivo e del portafotogrammi.

I metodi più recenti: raddrizzamento mediante l’utilizzo di software


Non si utilizza più una trasformazione basata su principi ottici ma si sfrutta la corrispondenza tra le
coordinate dei punti oggetto e dei punti immagine.
I software utilizzati agiscono basandosi su due principi differenti: se si realizza un raddrizzamento analitico,
si usano due sistemi di coordinate, il primo relativo a punti individuati sull’oggetto reale per via topografica, il
secondo relativo a quelli appartenenti al fotogramma, e si utilizzano le relazioni proprie dell’omografia, dove,
oltre alle coordinate medesime, entrano in gioco anche parametri specifici e caratteristici di ogni diversa
situazione che devono quindi essere calcolati volta per volta. Si individuano sull’oggetto e di conseguenza sul
fotogramma quattro punti non allineati, ben distribuiti e ben riconoscibili. Le coordinate note di altri punti
considerati determina l’esuberanza che è sempre consigliabile ottenere per poter controllare gli scarti.
La risoluzione geometrica del problema si ottiene invece mediante una proiettività capace di trasformare
una proiezione centrale in una rappresentazione piana, sfruttando quindi le proprietà di equivalenza
geometrica. Il raddrizzamento in questo caso si basa sulla determinazione dei punti di fuga e sul calcolo del
punto principale, il punto entro il quale passano tutti i raggi di proiezione dell’immagine reale sulla pellicola.
Nel caso in cui non sia possibile determinare la posizione esatta del punto principale si ricorre all’introduzione
di un rapporto tra due misure, una misurata lungo l’asse X e l’altra lungo l’asse Y, misure effettuate durante
la fase di presa delle immagini( Un programma molto semplice da usare per il raddrizzamento è Archis2D
della Siscam; esistono comunque ulteriori programmi in commercio)

IL RISULTATO OTTENUTO IN QUEST’ULTIMO CASO E’ MENO CONTROLLABILE DI QUANTO NON AVVENGA


CON L’UTILIZZO DEL RADDRIZZAMENTO ANALITICO.

II. IL RADDRIZZAMENTO DIFFERENZIALE

RADDRIZZAMENTO DIFFERENZIALE O ORTOFOTOGRAFIA


Qualora i dislivelli rispetto a un piano non consentano l’uso della tecnica del raddrizzamento, occorre
procedere ad un raddrizzamento differenziale.
In questo caso si considerano piccole porzioni di fotogramma che possono essere considerate piane e le si
sottopongono ad un processo di raddrizzamento. Le singole porzioni raddrizzate vengono poi mosaicate
formando così l’ortofotocarta dell’oggetto.

Le immagini degli oggetti più vicini alla camera da η y


presa risultano più grandi di quelle relative ad
oggetti più lontani, a parità di dimensione dei
S'
medesimi. S
L’ortofotografia permette di limitare l’influenza di C'
∆η C
questo problema: il metodo che utilizza consiste α
∆ξ
nella scomposizione dell’immagine in piccole
porzioni, effettuando le operazioni di C' C
raddrizzamento per ciascuna di esse, adattandosi
quindi volta per volta alle particolari condizioni e
ξ x
distanze della singola parte.
Le parti vengono infine ricomposte tra loro Foto originale Ortofoto (immagine trasformata)
mediante mosaicatura, ovviamente alla medesima
scala.
Il punto di partenza fondamentale è la creazione di un modello digitale del terreno (DTM), suddiviso nelle
diverse, piccole porzioni analizzate singolarmente. Come si vede dove si evidenzia il rapporto tra
fotogramma, modello numerico del terreno e ortofotogramma, il modello viene diviso secondo diversi profili
paralleli; ogni singola parte è presa in considerazione e modificata correggendone le deformazioni causate
dall’inclinazione dell’asse ottico, dalla pendenza dl terreno, o dell’oggetto stesso. L’ortoproiezione elettronica
è ancora più precisa in quanto permette la visione delle diverse parti da più angolature, fatto che permette
una correzione più accurata delle distorsioni. Le apparecchiature utilizzate sono distinguibili in diversi tipi, a
seconda dei criteri adottati per realizzare la costanza del rapporto f/H ( scala ) nella trasformazione dei
fotogrammi; il metodo usato in generale è però sempre quello della proiezione ottica, nella quale entrano in
gioco i parametri dell’orientamento esterno ( N.B.: si ricorda che anche questo tipo di raddrizzamento
necessita di dati di tipo topografico per la trasformazione).

I metodi di raddrizzamento differenziale sono più d’uno; tra gli altri si ricordano il raddrizzamento
differenziale per variazione della distanza del centro di proiezione, nel quale accanto
all’ortoproiezione vera e propria si esplora il fotogramma effettuando una registrazione di profili
altimetrici, e il raddrizzamento differenziale per correlazione di immagini, basato sul confronto di
porzioni differenti del fotogramma e sulla creazione di un modello stereoscopico.

ORTOFOTO DIGITALE DI PRECISIONE


Recentemente nuovi sviluppi si sono avuti intorno al concetto di ortofotografia nel tentativo di
rendere ancora più precisa la rappresentazione di immagini complesse che presentano variazioni
altimetriche e differenze di quota tra i diversi oggetti. La direzione intrapresa mira alla creazione di
un DTM quanto più fitto possibile che, a seconda della scala di rappresentazione o della
grandezza dell’elemento in questione, possa arrivare ad essere definito tanto da formare un
grigliato nel quale le maglie siano della dimensione di un solo cm. Le più recenti tecniche di
generazione di un DTM denso comportano l’uso di un laser scanner. Questo strumento è in grado
di rilevare migliaia di punti in pochi secondi con elevata precisione. Questa tecnologia ha il
vantaggio, oltre all’estrema precisione, di essere flessibile per adattarsi alle diverse esigenze.

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