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NERIDA NEWBIGIN

Il testo e il contesto
dell'Abramo c Isac di Feo Belcari

Estratto da:
«Studi c problemi di critica testuale»
diretti da R. Raffaele Spongano
voI. n. 23 . Ottobre 1981
NERIDA NEWBIGIN

Il testo e il contesto del!' Abramo e Isac


di Feo Belcari

Il risveglio d'interesse per il teatro religioso fiorentino ebbe


inizio innanzi tutto col collezionismo di bibliofili come Colomb de
Batlnes, James Paul Kristeller e Max Sander che catalogarono le
edizioni antiche delle sacre rappresentazioni. Il loro scopo era di
raccogliere, descrivere e conservare l'oggetto-libro, l'artefatto,
pregiato per le xilografie, il piccolo formato e la sua rarità, senza
badare alla scarsa bellezza fisica di queste crude stampe di carat-
tere popolare, ed al poco interesse che i testi stessi hanno sempre
suscitato fra gli studiosi di teatro e di letteratura nei secoli suc-
CeSS1Vl.
Gli enciclopedisti del Sei-Settecento avevano notato l'esisten-
za di un teatro religioso a Firenze nel Quattrocento solo in base
ai testi stampati, così è quasi da sorprendersi che quando nel 1833
il Galletti preparava un 'edizione delle sacre rappresentazioni di
Feo Belcari C), egli ne consultasse un manoscritto esistente nella
biblioteca Magliabechiana, quello preparato poco dopo la morte
del poeta e contenente pressoché tutte le sue opere in versi. Ma
sebbene il manoscritto offrisse un testo più corretto e rubriche
rilevanti molto più estese, il Galletti decise di riprodurre per la
Rappresentazione d'Abramo e Isac, soggetto di questo studio, un
testo stampato «a di 15 di agosto 1485» C), un anno cioè dopo

(1) Le rappresentazioni di Feo Belcari ed allre di lui poesie edite e inedite, a cura
di A. G. Galletti , Firenze, Moulicr, 1833. A p. LVllI egli cita 17 varianti fra le edi-
zioni amiche e il codice Magliabechiano VII .690, ma si trAtta solo di una piccola parte
delle varianti, senza alcun accenno alle didascalie molto diverse del codice. Vedi sotto
a pp. 23·28.
(2) Alfredo Cioni, nella sua Bibliografia delle sacre rappresentazioni, Firenze, San-
soni, 1961 , ritiene questa essere la seconda edizione, e propone comc prima la seguente,
notevole in quanto è essa l'unica stampa che riflette la rrad.izione manoscritta: «Qui
comincia larapreSentatione dabramo / quando uolle fare Sacrificio d.ifac Suo caro fi /
gliuolo. In prima uiene uno angelo chanu / tia quello che Si debbe fare coSi dicendo
Col.: f.[Axii]r: Impreffa in firem.e per .M. Franco [Buonaccorsi?] ». Esemplare unico:
14 Nerida Newbigin

la morte del Belcari, al quale non fece altro che aggiungere il so-
netto col quale l'autore dedica la rappresentazione a Giovanni di
Cosimo de' Medici: lo aveva trovato nel manoscritto. Alessandro
D'Ancona a sua volta si fondò su <de due più antiche edizioni e
quella procurata dall'Avv. Galletti col confronto di manoscritti,
scegliendo in esse le lezioni che ... parvero migliori », e spos tò alla
nota introduttiva il sonetto (che non rientrava nel suo schema di
presentazione) C); e così, dal 1872 in poi, la Rappresentazione di
Abramo e Isac è stata letta ed interpretata nella chiave determi-
nata dai testi stampati , senza preciso riferimento all'intento del-
l'autore e all'ambiente cuI rurale che la generò. Neppure il Guccini,
che pochi anni fa dedicò un saggio alla «particolare sezione sociale
per cui venne scritto e realizzato » l'Abramo e Isac ('), ritenne
doveroso un esame dei codici, constatando, senza un dettagliato
controllo, che il testo del Belcari è la dilatazione in ottave di un
testo abruzzese in sesta rima (').

Parigi, Bibliorhèque Nationale, segnato Y H 368 1. II Cioni, III .I , 64. attribuisce que-
sta edizione a Francesco Cenni, ma di ques to tipografo si conosce solo un brevissimo
periodo di attività a Pescia nd 1485 e nessun'altra rappresentazione, mentre l'impres-
sore è quasi sicuramente Francesco Buonaccorsi, cui si devono anche la stampa della
Rappresenta/ione di San Giovanni et Pau/o composta pel magnifico Laurentio de Medici
(d i certa attribuzione, dopo il 1491; dr. Ciani, LII1.l), e quella del secondo volume
della cosiddetta Prima raccolta fiorentina (c. 1495) che comprende le rappresentazioni
tardoquattrocen tesche di Eustachio, Apollonia, dell'Angelo Raffaele e Tobia e di Un
miracolo di Nostra Donna (ossia di Stdla). Le opere belcariane uscirono a stampa solo
dopo la morte dell 'au tore nel 1484, e principalmente per i tipi di Bartolomeo de' Li-
bri che stampò l'Abramo e Isac (1485), San Giovanni nel deserto (c. 1490), Il giudi-
zio finale (c. 1490), l'Annunciazione (c. 1495), e San Panuzio (c. 1490). La sua edi-
zione dell 'Abramo, dove al v. 80 si legge «puoi» invece di «voglia», è la base di
tutte le edizioni che seguono, ed è possibile che in ordine di tempo l'edizione del
Maestro Franco sia posteriore, pur riflettendo l'antica tradizione manoscritta.
(3) Sacre rappresen/azioni dei secoli XIV, XV e XVI, a cura di Alessa ndro D 'An.
cona, Firenze, Le Monn icr, 1872, val. I , 41--60. Riguardo ai nomi Abramo e Isac, il
D'Ancona nota: «Le stampe antiche han Isaac, e Abraam, le più moderne /soc, A bram.
Trattandosi di nomi di cui è varia c incerta la ortografia, pongo nel testo or l'una or
l'altra forma, secondo le necessità della pronunzia» (44); e a p. 11 , egli nOta che Isac,
secondo l'uso fiorenti no, è da leggersi [sacche.
(4) GERARDO GUCC IN1, Retoriche e società ne/l'«Abramo e Isacco» di Feo Be/cari,
in «Biblioteca teatrale», 19 (1977), 96.
(5) Guccini , (97) in base a Vincenzo De Bartholomaeis, Le origini della poesia
drammatica. 2" edizione, Torino, SEI , 1952, 415; ma Guccini attribuisce al De Banrnr
lomaeis conclusioni non sue (vedi il brano citala SOtto a p. 19). Il codice sarebbe
quello della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, ViI/orio Emanuele 361, c. carta-
ceo, datato 1576. La Rappresentazione di Abramo e Isacco che vi si trova a cc. 54r·
64v fu pubblicata dal De Bartholomaeis in Il teatro abruzzese del medioevo, Bologna,
Il testo e il contesto dell'Abramo e Isae di Feo Be/cari 15

Propongo quindi di esam inare la Rappresentazione di Abramo


e Jsac alla luce del sonetto dedicatorio e delle didascalie contenute
nei manoscritti (') . Il sonetto è il seguente:

Feo Belcari a Giovanni di Cosimo de' Medici


Si magni doni c tante grazie semini,
Giovanni mio, che con ragion legittima
per tutta terraferma e per marittima
gloria ed onore e fama a Cosmo gemini .
D'Abram la storia mando a te, che memini
tu concupir, da me composta in rittima,
quando in sua senettù volse far vittima
del suo figliuol, che mai fe' torto a nemini .
l osef ho letto, antico stofiografo,
de Li ra Nicolao, dottore esimio,
ed Grigen dove non è sofistico.
Sopra quel meditando in lor c( h )irografo,
col mio parvuolo ingegno, ard ito nimio,
d'ognun prendendo, ho fatto un senso mistico.

Belcari così dichiara di aver interpretato il racconto di Genesi


XXII (') secondo le linee propostegli dall e 'IouoetLK1Ì 'APXet,oÀoy,et('),
da Origene «dove non è sofistico», il che farebbe pensare alle
Omelie, piuttosto che ai Selecta in Genesim ('), e da Niccolò di

Zanichelli, 1924 (rise Bologna, Forni, 1979), 223·230, con la nota sul manoscritto Il
pp. 344345. Vedi anche il suo articolo Di alcune antiche rappresentazioni italiane, in
.Studi di filologi. romanza., VI (1893 l, 161-228.
(6) l codici che contengono la rappresentazione sono elencati in Appendice.
(1) «Nel Genesi la san ta Bibbia narra», v. 9.
(I) Libro, I , cap. 13. Dal testo greco, tenninato intorno al 93-94 d.C., una traduzio-
ne latina, AIIJiqui/aJes Judaicae, fu preparata nel secolo V o VI , su ordine di Cassio·
doro. Per il testo greco mi sono affidata a ]OSEPHUS, [Works ], a cura di H. St. J.
Thackeray, voI. I V, Londra, Heinemann, 1930 [The Loeb Classical Library], 109-117;
e per l'antica traduzione latina, al codice di Firenze, Biblioteca Lauren7Jana, Ms. San
Marco 385, cc. 9v-lOv. Ringrazio qui la prof. Frances Muecke dell'University of
Sydney per il suo aiuto nello sciogliere le abbrevazioni di questo testo .
(9) Origene, Opera omnia in Patrologia Greca, XII , a cura di ]. P. Migne, Turhout,
Brepols, s. a. Ne i Se/ecta in Genesim, 37·38 (coll o 117-120), Origene chiosa due versi:
XXII,5 e XXII ,6; mentre la Homilia VIII: «De co quod obtuli r Abraham ftlium suum
15aac» (coll. 203-210) esplica ogni frase della narrativa biblica.
16 Nerida Newbigin

Lira, espositore trecentesco della Bibbia ("). Dobbiamo supporre


che il Belcari, operoso scrivano più che agiato umanista, avesse
la possibilità di leggere i manoscritti di queste opere (l'arte della
stampa non le aveva ancora rese disponibili a tutti) nelle biblio-
teche conventuali di Firenze (").
Nell'esposizione della Rappresentazione di Abramo e Isac,
vv. l-56, si trovano riscontri con tutti e tre i testi. Il primo in
ordine cronologico è quello di Giuseppe Flavio, scrittore ebreo
che racconta la storia del suo popolo per un pubblico greco-roma-
no, ampliando il testo biblico con aggiunte e modificazioni. Il suo
racconto si svolge nella linea di tre momenti psicologici: i pen-
sieri del patriarca nel momento in cui riceve il comandamento di
Dio; le parole con cui Abramo rivela ad Isac la sua destinazione
a vittima; e la pronta acquiescenza di Isac. E questa linea tiene il
Belcari: i versi 177-208 derivano da l libro I, cap. 13, I & I1T; i
vv. 249-256 e v. 307 dal cap. 13 , I V. Dell'età di Isac al tempo del
sacrificio, data da G iuseppe come di 25 anni e ripresa da Niccolò
di Lira come di 35, discuterò più tardi.
Da Origene (184-254 d.C.) il Belcari dipende soprattutto
per le prime stanze dell 'angelo, in cui ana lizza parola per parola
il comandamento divino, rendendo chiara l'enormità della prova
richiesta ad Abramo. Da Origene deriva pure l'idea che Dio po-
trà (o vorrà secondo i manoscritti) risuscitare Isac ("). Origene,
come altri scrittori cristiani dell'epoca , interpreta il racconto del
(lO) Niccolò di Lira (l270-1340), nativo di Lyrc neUa Normandia, fu provinciale dci
Francescani per la Borgogna ed insegnante alla Sorbona. Le sue Postille alla Bibbia
furono in seguito chiosate a due riprese da Paolo da Burgos, frate domenicano il Vene-
zia. morto drca il 1434. L'influenza delle postille di Niccolò di Lira fu cale da ispirare
l'epigramma: «Si Lyra non Iyrasset, Luther non sahassctJlo (dr. BERYL SMALLEY, The
Bible in the Middle Ages, 2" edizione, Oxford, B1ackwell, 1952, 178). Ciò nonostante,
non ho trovato nessuna edizione moderna delle postille. e mi sono servita dell'esemplare
della Bib/ia Latina cum postil/is Nicolai de Lyra [con le aggiunte di] Paulus [Bur-
gensis] de Santa Maria [e repliche anonime], Venezia, ] enson, 148 1, posseduta dalla
Victorian Public Library di Melbourne.
(II) Un utile resoconto della vita di Fco Belcari si lrQva in R. Chiarini, Feo Beleari
e lo sua vita del Beato Colombini, Nerzo, Sinatti, 1904, V-LXIII.
(12 ) La tradizione testuale è equivoca. [ manoscritti (e quell'unica edizione che U
rispecchia) offrono al v. 80:
E così debbo credere e sperare
ch'essendo morto il voglia susci tare.
mentre le stampe concordano neU'offrire «i l puoi risuscitare». La fonte è probabilmente
. Origene: «Et dix;t Abraham ad pueros suos: Sedete hic cum asino, ego autem et puer
pergemlls il/Ile usque, et postquam adoraverimus, revertemur ad vos. Haec dixit, eogi-
Il testo e iL conteslo dell'Abramo e lsac di Feo Be/cori 17

sacrificio d'Isac come figura del sacrificio di Cristo C'), e la sua


esegesi s'aggira sull'identificazione fra elementi del Vecchio e del
Nuovo Testamento. Abramo e Isac corrispondono a Dio Padre e
Dio Figlio, il monte corrisponde al Calvario, la legna portata da
Isac alla Ctoce, la miracolosa concezione di Isac a quella di Gesù,
fino al punto di dimostrare per esempio l'importanza di simul
nel momento in cui Abramo e Isac camminano verso il monte:
«abierunt ambo simul» dimostra che sacerdote e vittima, come
pure il Padre e il Figlio, sono uguali C') . Anche questo particolare
è riflesso in una didascalia della rappresentazione su cui tornerò
più tardi . Il Belcari non incorpora questa esegesi tipologica nella
rappresentazione , ma la fa trasparire autonomamente attraverso
gesti ben definiti nelle didascalie e nel dialogo, nonché interpolan-
do alla narrativa biblica la figura di Sarra, madre angosciata di
Isac, la quale si confonde, nel suo «corrotto» per il figlio perduto
(vv. 145-152 , 161-168), con la ma/er dolorosa commemorata nella
più antica tradizione di teatto in volgare C').

Icm quod eliam ex morluis SlJScitore potens esi Deus'h (Setecta in Genesim, 37, PG,
XII.118) ; oppure: «Vos ergo, inquit, sedete; ego au/em et in/ans ibimus, et cum
adoraverimus, revertemur ad vos. Dic mihi, Abraham, verum dicis ad pueros, quod
adores, et redeas cum infante, an falIis? Si verum dicis, ergo non facies eum holo-
caustum. Si fallis, tantum patriarcham non decc[ fallere. Quid enim animi in te indicat
sermo hic? Verum, inquit, dico, et holocaustum affero puerum. Idcirco cnim ligna
mecum porro, et cum ipso redco ad vas. Credo cnim et fides mea haec est, quod et a
mortuis suscilare eum pOlens esi Deus'h (HomiLia VII [ in Genes;m, S 5, PG, XIL206).
Ambedue i brani si rifanno all'Epistola agli Ebrei, XI,19. Così «puoi,. viene suggerito
dalla fonte, ma a questo punto Abramo non mette in dubbio il potere di Dio, ma piut-
tOSto il volere a cui Abramo è totalmente soggetto.
(13) Vedi anche ROSEMARY WOOLF, The E/fect o/ TypoLogy on the Eng/ish Me-
dieval Plays 01 Abraham and [saac, in cSpeculum», XXXII (1957), 805-825.
( 14 ) Homilia VIII, § 6, PG, XJI.206. Cfr. le varianti per la didascalia dopo il v. 128,
citate sotto, p. 24, dove solo la lezione delle stampe si scosta dalla fonte.
(15) Origene va oltre. Chiosando Genesi, XXII,13, scrive: «Sciemibus haec sudi re,
intelligentiae spiritualis evidens pandimr via. Omnja enim quae gesta sunt , ad visio-
nem pervcniunt. Dicitur namque quia Dominus videt. Visio sutem quam Dominus
vidit, in spiritu esi, u[ et tu hacc quae scripta sunt, in spiritu videas; et sirut in
Domino corporeum nihil est, ita etiam tu in his omnibus corporeum nihil sentias:
sed in spiritu generes eliam tu filium Isaac, cum habere coeperis frucrum spiritus,
gaudium, paccm. Quem tamen filium ila demum generabis, si, ut de Sara scriptum
est, quia defecerunt Sarae muliebria, et tunc gcnuit !saae, ira deficiant et in onima
tua muliebria, et nihil jam muliebre et effeminatum habeas in anima tua, sed viriliter
ages, et viriliter praecingas lumbos ruos; si sit pectus tuum thorace justitiae munitum,
si galea salutis et gladio spiritus accingaris. Si ergo deficiant muliebria fieri in anima
tua, generas filium de conjuge tua virtute et sapientia, gaudium ac laeti tiam». (Homilia
VIII, § lO, PG, XII .209). Cosl oltre al suo valore tipologico, Sarra assume un ruolo
analogico.
18 Nerida Newbigin

La terza fonte citata dal Belcari è il commento di Niccolò di


Lira. I punti più salienti della sua esegesi sono l'età di Isac -
35 anni - e la dichiarazione che egli andò (<non invitum », cioè,
non controvoglia, al sacrificio. Una postilla del Burgense vanifica
le due proposte: se Isac fosse andato volentieri, il merito sarebbe
stato tanto suo quanto di Abramo, dove invece la benedizione di
Dio è unicamente per Abramo; e poi a 35 anni , Isac sarebbe stato
già troppo forte per esser forzato e (qui bisogna accettare che la
legna portata da lui sulla montagna non fosse l'intera soma del-
l'asino). Inoltre, secondo il Burgense, la Bibbia non adopera mai
«puet» per indicare un uomo di oltre trent'anni; e infine solo
Abramo merita la benedizione perché solo Abramo ha esercitato
il libero arbitrio, essendo Isac troppo giovane . Emergono così
due rappresentazioni di Isac, fra le quali l'autore drammatico
deve scegliere: quella di un giovane che come Cristo si offre libe-
ramente; e quella di un fanciullo innocente che viene offerto dal
padre. La Replica anonima confuta le Additiones del Burgense
su cinque punti. Essa precisa che solo Abramo ricevette il coman-
damento da Dio, ed ubbidì, e solo a lui spettò la benedizione; che
la sua ubbidienza è maggiore, essendo a Dio, mentre quella di
Isac era all'uomo; che Isac ubbidì «cum agonia », che la sua ubbi-
dienza originava dalla volontà ma non senza terrore e timore,
mentre Abramo ubbidì con fede assoluta (come dice pure l'Epi-
stola agli Ebrei, XI.17); che nel sacrificio, Abramo era la parte
«agente » mentre Isac era quella «patente» (il che riconduce al
contrasto fra la vita attiva e quella contemplativa); e infine che
una benedizione destinata ad Abramo passa implicitamente ad
Isac. Per ribattere inoltre alla disputa filologica sull'uso di «puet»
per una persona già adulta, essa cita altri personaggi biblici, tra
cui David, Giosuè, Asuerio ed i discepoli, per i quali il termine
«puet» viene adoperato .
Da questo groviglio di interpretazioni il Belcari riuscl a pla-
smare una schietta e limpida rappresentazione , dove i lineamenti
sono così ben distinti da far pensare più che alle dispute patri-
stiche, alle opere di scultori e pittori ascetici del primo Quattro-
cento come Fra Angelico, Brunelleschi e Ghiberti . Ma prima di
passare a considerare le scelte operate dall'autore, bisognerà sta-
bilire che sia stato proprio il Belcari a farle e non l'autore anoni-
Il testo e il contesto dell'Abramo e Isac di Feo Be/cari 19

mo del codice abruzzese, o di un antecedente comune a tutti e due.


Secondo il De Bartholomaeis , che segnalò e pubblicò l'Abramo
e Isaac abruzzese, <d'attribuzione che [il Belcari] ne fa [cioè,
della rappresentazione fiorentina] a sé stesso nel sonetto dedica-
torio non ha valore probatorio, trattandosi di gente che credeva
di aver diritto intero di proprietà letteraria anche sopra i testi
cui non aveva dato che una semplice rabbcrciatura. Il dubbio è
ispirato dal fatto che il Codice Chietino ... contiene lo stesso
Abramo e Isacco, ma in sesta rima. Non già che questo nuovo
Abramo e Isacco rientri fra i componimen ti drammatici scritti ne-
gli Abruzzi. Colà esso venne manifestamente dalla Toscana, essen-
do privo delle caratteristiche tecniche della Rappresentazione
Abruzzese, oltre che essendo in un linguaggio che non è certo il
linguaggio del luogo. Si trattava di un copione, uscito da Firenze,
e circolante nelle province. Ed era un copione, simile ben sì a
quello del Belcari , ma ritmicamente pill arcaico. Non sa rà , dun-
que, da riconoscere, nella sia pur tarda copia abruzzese [terminata
nel 1576] quella di un esemplare, anteriore al Belcari, che lo
scrittore fiorentino utilizzò e ammodernò, trasformando in ottave
le sestine? Tutto ciò che abbiamo detto ne' capitoli precedenti
prova che i rifacitori di tes ti drammatici solevano salire dalla se-
stina all'ottava, non mai discendere dall'ottava alla sest ina. Del
resto, basta confrontare le stanze delle due redazioni per toccare
con la mano come l'ottava del Belcari non sia se non una sestina,
sapiente mente gonfiata , la quale avrebbe guadagnato nel senso a
rimaner sestina » ("). E il De Bartholomaeis confronta, come farò
anch 'io, i versi 163-168 del codice chietino con i versi 185- 192
del testo fiorenti no. Possiamo mettere alla prova l'ipotesi del De
Bartholomaeis confrontando la fonte, i testi belcariani, mano-
scritto e stampato , e il testo chietino. La fonte è la seguente :
Giuseppe, Antichità giudaiche, libro I , cap . 13, Il !.

(16) DE BARTHOLOMAEIS , Origini?, 4 15, che rovescia il proprio giudizio espresso


nell'articolo già ci tato del 1893. U aveva scritto: «che non sia abruzzese la lor pro-
venienza, ce lo dice inoltre l'esser l'Abramo e Isacco non altro se non una riduzione
e traduzione letterale a volte, dell'omonimo dramma di Feo BeJcari", (172). Il proposito
dello studioso di vedere nella sacra rappresentazione fiorentina uno svi luppo di forme
drammatiche abruzzesi anziché una dramm atizzazione di forme narrat ive, soprattu tto
cantari, già es isten ti nella Toscana, sembra aver provocato il suo equivoco.
20 Nerida Newbigin

A B c
Giuseppe, 1.13.II1 Belcari Codice Chietino
Dum ergo altarum fuis- [Ms:] Abram avendo edificato l'altare e Ma ABRAAM ~ arrivato al[IQ] cima
set constructum et ligna postovj su le legne det monte; edifica ['altare
superimposita et amnia [St:] Di poi Abram si volge a Isaac
prac9arata
dici l ad fùium: [Ms:] con molte lacrime dice ad Isac: et e' llacrimosamen/e dice al figliolo:
[St:] e piangendo dice queste quattro
stQnze che segui/alla:
o pucr [Ms: ] O buon lsac, o dolce figliuol mio o bono el dolce et caro figliolo mio,
[St:] O dolce e caro figliuolo mio
odi il parlar del tuo piangente padre odi il parlare del tuo piangnente patre:
Quem innumeris vQ[is [Ms:] Con molti preghi e voti e gran disio con multi pregi, voti et gran disii,
[Sr:] Con tanti voti, pregru e gran disio
essendo vecchia e sterile tua madre essendo vecchia et sterile tua matre,
optavi a domino michi t'acquistai dal magno elterno Iddio, io t'acquistai mercede de quello Singnore
confett i nel nostro ospizio albergando le squadre che non desprcczò mai l'umile core.
dei poveri, pascendogli del nOSlro, 162
servendo sempre Dio, com'io t'ho mostro.
184
Sequita:
et dum pervenisscs ad Quando nascesti, dir non si potrebbe Quando nascisti, dire non se perda
vitam la gran letizia che noi ricevemmo; la festa e 'l gaudio che non ne facemmo;
tanm allegrezza ncl cor nostro crebbe tanta letitia ehe l'anima mia
che molte offerte a Dio per te facemmo che multo offerte a Dio per te rendemmo,
nichil est quod pro ali· per allevarl i mai non ci rincrebbe
mento tuo non feci fatica o spesa grande che ci avemmo
e per grazia di Dio t'abbiam condotto et per gratia di Lui t'abbia COMUcto
che tu sei sano, ricco, buono e dolto. che HU se i sano, ricco, bono e docto.
192 168
neque me fcIiciorem ma· Nessuna cosa stimai più felice Sequita:
gis arbitcabar nisi rum che di vederti giunto in questo sta lo Nissuna cosa stimai più felice
viderem te ad virilem per porerti lasciar, come si dice, che de 'vene giunto a quisto stato,
aetatem, et moriens suc- erede in tutto del mio principato;
cessorem mci principarus c simi lmente la tua genitrice et similmente la tua genitrice
relinquere congaudebam. gran gaudio avea dell'averti allevalO, gran gaudio aveva de averte allevato,
pensa ndo fussi bastone e fortezza sperando fusci bastone e fortecza
da sostener ornai nostra vecchiezza. de sostenere ornai nostra vecchiecza..
200 174
Quia domini voluntate Corì dicendo alsa lo cartello per da,li
tuus p:uer sum factus, et e ll'ANGELO vieni et piglia lo braccio
dcnuo secundum eius pia- e dice:
cirum te rcponam, hanc
fortic cr porta dicaliencm.
Domino namque te cedo,
qui hunc honorem ad hoc
dignatur accipere, co
quod placidus michi fuil ,
et per amnia suffraga-
toro
Natus ergo more te. Non Ma quello Eterno Dio che mai non erra
conununi modo h3C vita a mAggior gloria ti vuoi trasferire,
egrediens sed a patre
proprio oblatus, domino
11 leslo e il conUsto dell'Abramo c lsac di Feo Be/cari 21

A B c
patri cunctorum ob le-
gitinum sacrificium.
Reor enim quia te di· e non gli piace al presente per guerra
gnum iudicaverit, nee o per infermità farti morire,
aegritudine nee bello ncc sì come rUlli quei che sono in temi;
qualibct nlia passione
quae solent hominibus
accedere hac vita libera-
re, sed cum orationibus ma piace a lui ch'i' ti dcbb'offrire
et sacrifidis luam animam nel suo cospetto in santo sacrificio,
suscipere, ct apud se ni. per la qual morte arai gran beneficio.
chil hominis oprinere. 208
Erisque de cerero mci Cfr. VV. 198·200
cumm habcns senectu-
temque tcgens, qua gra-
tin te maxime nutricbam.
H aec micru domino sci-
licet pro te praebituro
[01: per cibum curo].

Il confronto fra i tre testi dimostra che quello belcariano (B)


è più vicino a Giuseppe Flavio (A) che non al codice chietino (C);
e che dove C si allontana da B, non si avv icina alla fonte latina
(A). I versi di B che non hanno riscontri in C non possono consi-
derarsi interpolazioni o <,gonfiature», perché sono in genere tratti
dalla fonte comune a B e C, cioè dal racconto di G iuseppe_ Per i
versi 182- 184 di B, il redattore abruzzese ha invece riconosciuto
la superflu ità del concetto e ridotto i tre versi ad uno solo. Nelle
altre stanze ha ritenuto più opportuno omettere due versi, anziché
condensare il concetto. Possiamo dire ad ogni modo che la reda-
zione abruzzese fu eseguita in base ad un manoscritto della rap-
presentazione e non sul testo a stampa, dal momento che la dida-
scalia con Abramo che deve edificare l'altare, che C riprende da
B, non venne riprodotta nelle ed izion i a stampa.
Arrivo così a scartare la teor ia che la Rappresentazione di
Abramo e Isac sia la «rabberciatura» di un antecedente in sesta
rima, e vi sostituisco invece l'ipotesi che il Belcari abbia ripen-
sato il racconto biblico in base alle interpretazioni dei tre scrit-
tori da lui onestamente nominati C'). E nel ripensare il racconto,

(17) Rifiuto cos1 anche la proposta dcU'Allocco-Castellino riguardo al sonetto dedi-


catorio: «Tutte queste letture sono una millanteria del Bdeari, fatta forse, data anche
l'intonazione scherLOsa del soncllo. con una punta d'ironia verso gli eruditissimi del
22 Nerida Newbigin

egli ha potuto espnmere l'ethos CIVIca e religiosa della Firenze


quattrocen tesca .
Conviene ora riesaminare l'intera tradizione testuale. Dopo la
prima recita nel 1449 in Santa Maria Maddalena in Cestelli C'),
e prima che l'arte della stampa l'avesse messa a disposizione di un
pubblico più vasto, la rappresentazione circolò piuttosto libera-
mente. Dei venticinque codici finora esaminati che la contengono,
sei contengono esclusivamente le opere poetiche del Belcari, otto
contengono solo rappresentazioni drammatiche, oppure rappre-
sentazioni e laude, altri sono di contenuto prevalentemente asce-

suo tempo» (F. BncARI. Sacre rappresentavoni e laude, a cura di Onorato Allocco-
Castellino, Torino, UTET, 1920, 6). Cosi è stato interpretato anche dal Guccini:
«Giustamente il D'Ancona interpreta l'enumerazione delle fonti, che se corrispondesse
a realtà farebbe crollare in breve le nostre faticate congetture, comc una parodia dei
modi artefatti e dell'ostentata cultura degli studiosi, accolti sempre a braccia aperte in
casa Medici» (117 ). Il pio scrivano era invece servile c ossequioso nella sua adulazione
dei Medici: dr. i sone tti a Cosimo, «Padre della tua patria indita c degna» (Galletti,
156); a Piero di Cosimo, «Le colonne de' Servi c la grat icola » (157); a Giovanni di
Cosimo, «Se tra' nomi escellenti io bene annoverOI> (158), «Le toghe e l'arme son le
degne parte» (159), .Se vuoi campar dalla cruda epidemia» (160); e a Lorenzo, «Nel
tuo imelletto cl bel Terenzio e Plauto» (173). nonché le dediche di alcune rnppresen-
tozioni ai Medici: oltre all'Abramo e lsac indirizzato a Giovanni di Cosimo (mano nd
1 ~63), dedicò a Piero di Cosimo (mor to nel 1469) l'Annuciaziofle e il Safl P'1fIuzio
(secondo il colophon dei codici del gruppo beleariano: «Finisce la rappresentazione
di San Panuzio, composta per Feo Beleari e mandata al magnifico uomo Piero di
Cosmo de' Medici»).
(18) A c. 35r del codice di Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Sop-
pressi P.3.488, si legge : «finita la sopradetta festa e rapresentatione la quale si fece
la prima volta in firenze nella chiesa di séa maria madalena luogo detto cestegli anno
dni 1449». La stessa notizia si trova nel codice di Firenze, BNC, Magliabechiano
VIf.367, c. 15r e nel codice Vaticano, Rossi 1002 (X 1.152J, c. 14v. La notizia non si
ritrova mai insieme col sonetto dedicatorio a Giovanni di Cosimo de' Medici. Per noti-
zie sulla chiesa di Santa Maria Maddalena di Cestello (= in Cestelli? Come si vedrà,
non si trntla di Piazza di Cestello in San Frediano), vedi Waller e Elisabeth Paat2,
Vie Kirchen 110ft Florenz, val. IV, Frnncofone sul Maino, .KIosterman, 1952, 90;
P . E. Richa, Notizie istoriche delle chiese fiorentine divise ne' suoi quartieri, Firenze,
Viviani, 1754 (rist. Roma, Multigrafica, 1972), voI. I, 3()()"313; e ALISON LUCHS, Ce-
stello, a Cistercian Church 01 the FIorentine Rellaissance, New York, Garland, 1977.
Monastero delle Benedettine Convertite alla sua fondazione (anr. al 1256), il luogo passò
nel 1322 sotto il controllo dei monaci di San Salvatore di Settimo, cistercensi, che nel
1442 vi entrarono per conto proprio e ricostruirono la chiesa nel 1479-80. Il convento
passò poi alle monache di Santa Maria degli Angioli che avevano fra le loro suore quella
che divenne la Santa Maria lvladdalena dei Pazzi, e al tempo di Richa la chiesa, enu-
merata fra quelle dci Quartiere di Santa Croce, veniva designata appunto come quella
di oteSanta Maria Maddalena dc' Pazzi di Monache Carmelitane detta nell'antico di
Cestello»: sl che è da identificare con l'omonima chiesa situata a Borgo Pinti 58,
sede degli Agostiniani Il Firenze e di un Crocefisso aHrescato dal Perugino recente-
mente restaurato. Per accedere alla chiesa, invisibile dalla strada, si attraversa uno
splendido chiostro quattrocentesco che deve riflettere quello originale, nonostante la
ristrutlurazione della chiesa stessa.
Il testo e il contesto dell'Abramo e !sac di Feo Be/cari 23

tico, mentre ancor altri sono miscellanei compilati senza alcuna


regola ("). Ad eccezione del codice Palatino 448 della Nazionale
di Firenze , tutti concordano nell'offrire una serie di importanti
varianti, soprattutto nelle didascalie ma anche nel dialogo, che
ora elencherò secondo le lezioni (graficamente ammodernate) del
codice belcariano Magliabechiano VII.690 e del testo edito dal
D'Ancona.
Magliabechiano V l T. 690 D'Allcofta
Feo Belcari a Giovani di Cosimo de' Medici Presente 5010 nella nota introòuttiva, voI. I,
p. 43.
51 magni doni e tante grazie semini
Giovanni mio, che con ragion legittima
per tutta terraferma e per marittima
gloria cd onor e fama a Cosmo gemini.
D 'Abram la storia mando n te, che memini
tu concupir, da me composta in rittima,
quando in sua senetru volse far vittima
del suo figliuol che mai fc' tortO a nemini.
Iosef ho Ietto, amico storiografo,
de Lira Nicolao, dottore esimio,
ed Origen, dove non è sofistico.
Sopra quel meditando in lor cirografo chirografo
col mio parvuolo ingegno, ardito nimio,
d'ognun prendendo, ho fatto un senso mistico.
Titolo: Questa è /a rappresentazione d'Abram Rappresentazione di Abramo ed Isac
quando volse lare sacrificio di Isac.
Didascalia: In prima viene uno angelo e annun- L'ANG IOLO annunz.ia la festa:
zia quello che s'intende fare dicendo le infra-
scritte stanze.
4 la vostra mente la mente nostra
lO come cambiato a che come
3 1 pero che Ismae1 era in esilio poiché Ismael era ito in esilio
47 serve a Di(o) serve a lui
56 vedrete udirete
56 did. Dormendo Abram c turti quelli della sua Dette queste stanze, l'Angiolo si parte, e viene
casa, Dio lo chiama per uno angelo e fagli il c0- un altro ANGIOLO e chiama Abram e dice cosI:
mandamento, e subito Abram si desta e inginoc-
chiasi.
Uno angelo in persona di Dio chiama Abram
che dorme e dice la infrascriua stanza e Abram
alla prima parola si desta e udendo l'angelo s'in-
ginocchia e sta ginocchion i a udire l'angelo.
64 e fa' che 'n vano cl mio parlar non agg,ia E Ca' che 'I mio parlar invan non caggia.
64 did. L'ancelo isparisce e Abram rimanendo Abram, come sente l'Angiolo, di subito si leva

(19) Vedine in appendice a quest'articolo la rassegna.


24 Nerida Newbigin

Magliabechiano VII.690 D'Ancona


inginocchioni con gli occhi al celo c con le brac- del Ieno srupefatto ed inginocchiasi; e come l'An-
cia aperte dice cosl: gioia ha detta la stanza si pane, e ABRAM
stando ginocchione dice:
71 gran gente e terre gran terre e gente
74 del suo di suo
76 onde voglio ohedir onde ubidirti va'
80 il voglia suscitare il puoi risuscitare
80 did. E detto questo Abram si rizza in piede Detto questo ABRAM si riza, e va c chiama
e va e chiama Isae che dorme c dice la seguente I saac, c dice cosl;
stanza:
81 Isae leva su non più dormire Sta' su, I saac mio, più non dormire,
87 la volontà pronta la volontà presta
88 did. Dipoi chiama Abram duo servi e dice: Isaac si lcva, c inginocchiasi alli piedi di Abram,
e detta la stanza, si riza; e dipoi ABRAM va e
chiama dua famigli c dice cos1:
94 però dell'acqua Sl che dell'acqua
95 con tal forma in cotal forma
96 did. E' servi sellano l'asino e pongo(n)gli manca
adosso uno sacco di pane e uno barletto d'acqua,
e Abram dice ancora a' detti servi:
100 e presso E appresso
101 quant'io favello quanto favello
104 did. E' servi pongono le Jegne cl coltello e E' servi fanno quanto Abram dice, e mettono
'I fuoco in su l'asino, e essendo ogni cosa in in punto l'asino e 'I coltello e le Icgne; e ABRAM,
ordine, Abram dice cosi: quando vede ogni cosa in punto si volge a tutti,
e dice:
108 ne' suo' pensieri fn suo' pensieri
112 grazie grazia
112 did. Avendo camminalo duo giorn i e essendo Detta questa stanza si partono e' servi alquanto
pervenuti a piè del monte sopra ') quale doveva innanzi, e giunti a piè del monte fanno colezione;
fare et sacrificio, mangiorono insieme e dipoi dipoi ABRAl\!1 si volge a' servi, e dice cos1:
Abram dice a' servi ch'essi espettino, dicendo
loro, «Quando aremo sacrificato. noi torneremo a
voi». E per volontà dello Spirito Santo gli venne
profetato non intendendo la profezia. Abram di·
ce cos1 a' servi:
120 did. Dipoi el terzo die, Abram impone s0- Dipoi piglia le legne e dice a Isaac:
pra le spalle di Isac el fastello delle legne e dice
sospirando:
128 did. Isac camminando su pel monte con Di poi Isaac cammina su pcl monte colle legne
fastello in su la spalla si ferma e dice ad Abram: in collo c Abram gli va dietro col coltello in ma·
no; e giunti in su la sommità, ISAAC si volge
a Abram, e dice cos1:
135 siamo in 1000 siam qui in luogo
136 did. Abram sospirando risponde e similmen- ABRAM gli risponde, e in questa risposta pro-
te nella risposta gli vennc profetato: fetò, non conoscendo la profezia:
114 ciò che quel ch'e'
144 did. Essendo pervenuti in sulla cima del Dipoi cominciano a edificare uno altare in sul
montc Isac posa et fastello in terra e Abram monte; e in questo mezo SARRA chiama rutti
similmente in tcrra pone cl coltclJo c 'l fuoco e quegli di casa sua, domandando di Abram e di
Il leslo e il con/crio dell'Abramo e Isac di Feo Be/con 25

Mag/iabechiallo V11.690 D'Ancona


edifica cl meglio che può uno altare c ponvi so- Isaac piangendo, c dice così:
pra le legne. In questo tempo Sarra chiama tulli
quei di casa c p iangendo dice loro:
146 ch'io vi che vi
147 dove si sia dove sia
153 did. Uno famiglio di casa in nome di tutli UNO DE' SERVI risponde a Sarra, e dice cosI:
così a Sarra risponde:
160 did. Sarra udita la risposta de' servi con gran Dipoi SARRA si volge in altra parte e dice:
lamento dice:
164 vo pensando vò cercando
168 did. E' serv i dicono a Sarra: UN SERVO risponde a Sarra così:
170 did. S:trra risponde a' servi: SARRA risponde:
172 did. E' servi dicono a Sarra: EL SERVO rispond"
174 ched è che è
174 did. Sarra volge le spalle inverso e' servi e SARRA a' servi:
piangendo dice:
176 did. Abram avendo edificato l'altare e p<> Dipoi ABRAM si volge a Isanc e piangendo di-
stovi su le legne con molte lagrime dice ad Isac: ce queste quattro stanze che seguitano:
177 O buon 15ac, O dolce figliuol mio O dolce e caro figliuolo mio
179 con molti preghi e voti e gran disio Con tanti voti, prieghi e gran disio
208 did. Isac combattendo la sensualità con la ISAAC tu 110 sbigottito, piangendo ri sponde ad
ragione piangendo risponde: Abram, e dice così:
213 dell'innocente (al. dci mio innocen te) dci mio innocente
229 volgi volge
232 did. Abram credendo che J sac dovessi re- ABRAM dice ad l saac:
suscitare, ma non sapiendo el tempo deUa resur·
rezione d ice cosl ad Isac:
234 pitl che tu StC5SO più che te stesso
238 dunque di sua promessa Sicché di tua promessa
240 did. I sac, con la ragione supe riore vincendo ISAAC risp_'
la inreriore, c intendendo chiaro che doveva an-
cora rcsuscitare, dice:
243 pur sed e' piace Pure, se piace
246 vo' star contento all'una Vo' far contento l'una
247 dico (al. cioè) di Dio e di te dolce padre cioè di Dio e di te, o dolce padre
251 c s'i' o s'io
254 da gran di gmn
256 did. Abram abraccia Isac e baciagli per la ABRAM bacia in bocca !saac, e dice:
sua buona risposta la bocca, e poi gli dice:
262 sua ve, grande suave e grande
272 did. Abram lacrimando spoglia nudo Isac e ABRAM spoglia Isaac, pòllo in su l'ahare, e
legagli le mani di dietro, e conduccio in su l'al- legagli le man drieto e dice:
tare sopra le legne inginocch ioni e stando cosl
legato gli dice:
280 did. I sac alza gli occhi al celo e pia{ nge )ndo ISAAC alza gli occhi al ciclo e dice:
dice:
281 O vero c solo Dio O vero sommo Dio.
26 Nuida Newbigin

Alagliahechiano V 1/.690 D'Ancona


283 m'abbia mie vizi dimessi m'abbi i mie' vizi rimessi
285 rimessi impressi
287 j' sia sia
288 did. Poi volge gli occhi inverso Abrarn e Poi si volge al padre e dice:
dice:
290 risguarda Riguarda
296 did. Abrnm tenendo cl coltello in mano alza ABRAM alzando gli occhi al cielo, dice questa
gli occhi al celo e dice piangendo: stan7. a e 31 quinto verso benedice Is3ac, e ai dua
ultimi versi piglia colla man sinistr3 Isanc per li
capelli , e nella man destra tiene il coltello, e
dice così:
298 d'avermi messo a questo passo stremo (forse Avermi r!1esso 3 questO passo stretto
contaminato daL v. 290)
303 da poi che t'è in piacere poi che t'è in piacere
304 did. E detto questo, Abram prende con la E subito Abram alza il braccio per dare dd
man sinistra c' capelli d'lsac e alza la destra coltello in su la testa a I saac, e prestO aparisce
per dargli col coltello e occiderlo, ma uno [an- lino ANGNOLO, e piglia il braccio d'Abram e
gelo apare e prende la mano destTil d'Abram di· dice:
cendo:] (L'ultima frase della rubrica che manca
in queslo codice si è tolta dal cod. MagI. VII.
1163.)
305 estender distender
306 sopra d'Isac Sopra Isaac
308 del tuo figliuol fedel buon servo mio sopr3 l'altar, del tuo buon servo mio
310 cognobi conosco
311 per mio amor per amor
312 dM, L'angelo, detto che ha et primo verso, L'Agnolo detto questo sparisce, e ABRAM tutto
lascia cl braccio d'Abram e Abram s'inginocchia lieto scioglie I saac, e dice:
ed adora l'angelo, stando inginocchione ad udirlo.
E detta la soprascriua stanza, l'angelo ispa-
risce e Abram si riza e stupefatto d'alegrezza
scioglie Isac e dice:
317 duo mago i e gaudij (al. due magni gaudii) Duo gaudii magni
320 did. lsac con le mani giunte e gli occhi al ISAAC stando inginocchioni in sullo altare rin·
celo stando pure inginocchi ani dice con massima grazia Dio e dice cosI:
letizia e devozione:
328 did. Isac si riveste e quando è rivestito Dipoi Issac si veste e scende dall'altare, e Abram
Abram si volge e vedendo un bello montone dice gli aiuta; e quando è rivestito, ABRAM si volge
ad Isac con grande ammirazione: e vede uscire tra certi pruni uno bello montone
c mostralo a Isaac, e dice:
336 did. E della questo Abram prende eI mon· Dipoi pigliano il montone, e sacrificanlo su l'al·
tane e legalo e sopra l'altare l'occide e mentre tare: e mentre che arde, dicono insieme questa
che arde dice a Dio: stanza:
344 dM. E f:1lto cl sacrificio uno angelo appare Detta la sopradc tta stan7..a, apparisce loro UN
ad Abram e in persona di Dio gli promette molti ANGlOLO e dice dua stanze:
beni cosi dicendo:
347 per ((uel che Perché tu
357 crudil morte dura morte
360 dM. Abram avendo inginocchioni udito l'an- Detto questo l'Angolo spa risce via, e ABRAM
Il lesto e il contesto dell' Abramo e lsac di Feo Be/cori 27

Mogliobechiano V 11.690 D'Allcona


gelo si leva in piede e con grancUssima letizia tutto lieto dice questa stanza a ballo:
dice ad I sac:
368 did. Isac tutto lieto risponde: ISAAC risponde ad Abrarn:
38..J did. Abram confermando le parole d'Isac e Dipoi ABRAM si volge a I saac, e giubilando
aggiugncndo, dice: dice questa stanza:
391 ch'è un'arra che vi narra (con nolO)
392 did. Isac prende cl coltello in mano e di· Dipoi scendono giù pel monte e ISAAC porta il
scendendo del monte giubilando e can tando cUce: coltello in mano, e laudando Dio giù pcl monte,
va can tando così:
408 did. E ' se rvi, avendo sentito ca ntare Isac, E giunti a piè del monte, e' serv i si fanno loro
e vcdcndogli poi cosl lieti, dicono: incontro c UNO DEI SE RVI d ice una stanza :
41 6 did. Isac ri sponde a' servi dicendo: ISAAC risponde a' servi così:
422 contenteremo adempieremo
422 did. E' serv i dicono ad Isac: EL SERVO risponde a !saac:
424 did. Di poi quando Sarra gli vede, corre lo- Di poi si partono, e tornono verso casa, e come
ro incontro e abbracciagl i con grande tenerezza SARRA gli vede si fa loro incontro, e prima
di cuore e poi dice loro: abbraccia Isaac, dipoi Abram , e piangendo cUce:
432 did. Essendo Abram fatigato pel camino, Abram si pone a sedere e Sarra a11ato a lui, e
Isac risponde: I SAAC risponde :1 Sarra così :
435 in questo tempo In questo punto
446 ci (e' levar mi fe' levar
448 il teme occullo (errore) il tenne occulto
472 did. Sarra con grande stupore dice: SARRA meravigliandosi, tutta stupefatta rispon-
de c dice così:
473 parlar i' son tanto parlare son rulla
477 narrato pa rl ato
483 po' che pe r che
458 con questo Di ques to
488 did. Tuna la famiglia di casa fa uno ballo SARRA e tutti gli altri d.i casa, eccetto Abram e
tondo e canta questa !auda essendo ciascuno queUi dua Angeli, l'uno che annunziò la festa,
accompagnato da uno angelo. e l'altro che gli apparì in sul monte, tutti insie·
me fanno un ballo cantando questa Lauda, cioè:
494 consolata confortata
509·510 mancano
510 did. Dco gratias. Fatto il ballo, L'AGNOLO che annunziò la festa,
Cantasi come «0 crocefisso che nel ciel dimori .. licenzia il popolo, e dice questa stanza:
e come «Vivo per te signore col cor sincero» e
come «Amar non vo' te, mondo pien di guai».
Di poi danzano un poco onestamente ed infine
uno angelo licenzia ognuno cUcendo la infra·
scritta stanza:

Si vede cosi che il testo dia logato delle edizion i a stampa ri-
specchia fedelmente la tradizione manoscritta come appare sia nei
codici più antichi si a in quelli preparati dopo la morte dell'autore .
In genere le ottave vengono rispettate, e le unità morfiche sono
riprodotte da una versione all'altra, pur dove la grafia e quindi il
28 Nerida Newbigil1

metro oscillano li beramente. Ma le didascal ie sono state rimaneg-


giate in modo che dall'edizione del 1485 in poi (ad eccezione cioè
della edizione che il Ciani ritiene la prima) la loro importanza in
funzione esegetica e drammatica è diminuita. È interessante tut-
tavia ri levare che a differenza dalle rappresentazioni che altrove
ho ricollegato col grande ciclo rappresentato in piazza per le fe-
ste di San Giovanni e che vengono a trovarsi in numerose reda-
zioni diverse, l'Abramo e Isoc esiste in una redazione sola: ecce-
zionale è il codice Chigiano L.VII.266, che è fc"se il cod ice più
antico, il quale presenta stanze da interpolarsi, ma queste sono
chiaramente indicate come ta li (>I) .
La rappresentazione del Belcari presenta un Abramo che rac-
coglie in sé, come ha giustamente osservato Bruno Maier nell'uni-
co saggio sul genere delle sacre rappresentazioni che tenti una
valutazione critica, tutti i valori del buon borghese fiorentino ("),
ruolo a cu i aspira il Belcari stesso. Grazie al suo servizio devoto,
egli è riuscito a guadagnarsi il favore dei Medici. Il suo presente
benessere deriva unicamente dall'essere buon servo ad un buon
signore, e tale servizio consiste nell a perfetta ubbidienza, nel non
far domande neppure quando sono evidenti le contraddizioni fra
i presen ti comandamenti e le passa te promesse:

Non debbe il servo dal suo huon signore


cercar ragion del suo comandamento.
(vv. 73·74)

Nond imeno esso servo ha il di ri tto di aspettarsi benefici :


Chi vuoI da Dio ricever gran perdono
ed acquistar suo' magni benefici
con fede inverso lui la mente spanda
e faccia volentier ciò che comanda.
(vv. 141-144)

L 'idea che ognI Investimento nel servizio rende un u til e di


benedizioni è rinforzata dal fatto che Isac è stato acqu istato da

(M) Vedi in Appendice.


(21) BRUNO MAIER, Due «sacre rapprese1t/azioni» del Quattrocento in «Ausonia»,
Xl (1956), fase. 6, 16.
It testo e il contesto dell'Abramo c Isac di Feo Be/cari 29

Dio , avendolo Abramo già «pagato» con preghiere e con opere


pie (cfr. vv. 179-184) , ma Dio nondimeno ha il diritto di ripren-
derselo.
Il Belcari ad ogni modo preferisce dirigere la nostra attenzione
sull'obbedienza di I sac. La sua età non è mai precisata nella rap-
presentazione. Le parole «ad virilem aetatem» dci testo latino
di Giuseppe Flavio (") vengono tradotte in «a questo stato ». Da
una parte, Isac risponde da bambino, ricattando il babbo finora
indulgente (vv. 213-222), ma nelle rubriche, Belcari lo rende ca-
pace di un ragionamento molto più complesso. Alla prima notizia
che sarà lui la vittima, Isac risponde piangendo e «combattendo
la sensualità [cioè l'i stinto] con la ragione [che lo porta al servi-
zio di Dio]». Abramo, «credendo che Isac dovesse resuscitare ma
non sapendo il tempo della resurrezione» lo rassicura con la pro-
messa che Dio «susciterà la sua carne morta » (episodio in cui il
pubblico deve riconoscere ancora un'altra figura deUa Risurre-
zione di Cristo). «lsac, con la ragione superiore vincendo la infe-
riore e intendendo chiaro che doveva ancora risuscitare » acquiesce
aUa volontà di Dio e del padre:
Pur sed e' piace al nostro Dio immenso
vo' star contento all'una e l'altra voglia,
dico di Dio e di te dolce padre,
perdendo tante cose alte e leggiadre.
(vv. 243, 246-248)

Da quel momento infatti , Isac si comporta con la stessa per-


fetta fede di Abramo , e con esemplare pietas fi liale verso suo pa-
dre, mentre il poeta prolunga il contrasto fra la purità della vit-
tima e l'atroce gesto da compiere con una serie di vocaboli sugge-
stivi che giocano sui sensi :
La santa tua risposta, o dolce figlio,
ha mitigato alquanto il mio dolore,

(ll) Il problema è analizzato da Minnie E. Wells in The Age 01 Isaac at the Time
01 the Sacrifice in «MLN Modern Language Notes», LIV (1939), 579-582. Menue in
Giuseppe si legge «1saac vero cum viginti et quinque esset annorum altare constructoJllo
(Ant . ]ud. L13JII ), Niccolò di Lira, forse in base ad un codice corrottO, forse col-
l'intento di soHolineare il parallelo fra Isaac e Cristo, gliene dà trentacinquc (Post.
super Gen. XXIl).
,o Nerida Newbigin

da poi che tu consenti al mio consiglio,


per obbedir al nostro gran signore.
Dinanzi a lui tu sc' quel fresco giglio
che dà suavc, grande e buon odore;
c cosÌ sempre con Dio viverai,
se questa morte in pace sosterra i.
Com'io li dissi nel parlar di pria,
volgi inverso di Dio tutte le vele.
Tu non morrai di lunga malauia
né devorato da fera crudele,
ma nell'offerta degna, santa e pia
e per le man del padre tuo fedele .
(vv. 257·270)

Questo «momento» di perfetta ubbidienza da parte di padre


e figlio viene prolungato al massimo: con ancora quattro stanze,
Abramo spoglia il figlio, lo lega e lo pone sull'altare e, nell'attimo
in cui «alza la destra per dargli col coltello e occiderlo», un an-
gelo lo piglia per il braccio. Siamo al momento così tipicamente
rappresentato nelle arti visive : il momento di avvenuta prova sia
dell'obbedienza di Abramo. sia dell'infinita bontà di Dio.
Nell'arte fiorentina del Quattrocento, il tema di Abramo e
I sac si trova assai raramente; forse negli affreschi delle chiese
medioevali, dove spesso ricorrevano scene parallele del Vecchio e
Nuovo Testamento, avremmo trovato esempi della scena in fun-
zione d i fif!.ura della crocifissione di Cristo. Ne restano tuttavia due
esempi celebri: le formelle eseguite dal Brunelleschi e dal Ghi-
berti nel concorso del 1401 per le seconde porte del Battistero
di Firenze. La formell a del Ghiberti, giudicata superiore per la
composizione e per la tecnica, a noi interessa più per l'iconografia
e la rappresentazione dei personaggi. Ambedue le formelle pre-
sentano gli stessi elementi: Abramo nell'atto di sacrificare I sac,
l'angelo che lo raffrena, il montone, i due servi e l'asino al piede
della montagna. In quella del Ghiberri , I sac è in ginocch io d i
fronte ad Abramo , senza resistere al coltello che ancora non lo
tocca; il montone - sotto l'aspetto dell'agnello di Dio senza
croce/stendardo - tiene la scena sotto il suo sguardo benevolo;
i servi stanno coll'asino in fondo a sinistra a chiacchierare. come
fanno tanti servi in tanti cortei dell'arte pieno-rinascimentale.
La formella del Brunelleschi ha da dire di più: con tutta la
IJ lesto c il contesto dell'Abramo e Isac di Feo Be/cori 31

sua forza medioevale essa è al servizio deUa fede, non dell'arte (") .
Solo tre figure partecipano al mistero : Abramo, Isac e l'angelo,
che si accordano con la volontà divina, anche se Isac, sentendo
già la lama contro il collo, sembra tirarsi indietro. I personaggi in
basso, in contrasto con quelli superiori, sono assorti ciascuno in
faccende personali: il montone si gratta l'orecchio con lo zoccolo
posteriore, un servo si estrae una spina dalla pianta del piede, l'al-
tro si pulisce i gambali; in luogo della tranquilla indifferenza dei
servi gh.ibertiani, c'è una incoscienza animale da parte dell'uomo
nel non servire Dio in ogni momento. La prefigurazione di Cristo
nel montone ha dato luogo alla correlazione fra gli animali ed i
servI.
La medioevalità del Brunelleschi traspare inoltre nel non aver
rinunciato all'occasione per rappresentare più di un momento nar-
rativo . Il suo altare, in confronto con quello ghibertiano, che reca
solo una decorazione floreale, porta una composizione in cui la
disposizione delle figure potrebbe a prima vista sembrare un'an-
nunciazione con una figura maschile nell'atto appunto d'annun-
ziare alla sinistra e una figura femminile seduta a destra ("). Ma
l'uomo è una figura patriarcale e barbuta, e c'è anche un bambino
seduto per terra che invoca l'aiuto della donna, in modo che la
scena va identificata come la caccia di Agar e l'altro «pnmoge-
nito» di Abramo, Ismaele (").

(2.3) Cfr. EUGENlO BATTISTI, Filippo Brunelleschi, MiJano, Electa, 1976, 32-41,
con note a p. 343.
(2~) Ma dr. MARQUAf\1> AU. AN, Note sul Sacrificio d'l sacco di Brunelleschi in
4IL'arte,), XVI (1914), 385-386, secondo cui la scena raffigura una specie di presenta-
zione al tempio, forse Abramo che presenta Isacco aUa Vergine. I due episodi del
sacrificio e dell'annunciazione saranno collegati, in ogni modo, nell'Annunciazione di
Fra Bartolomeo nel Duomo di Voltern, quadro in cui il tondo sopra la porta dietro
la Vergine raffigura appunlO il sacrificio d'Abramo. Vedine la scheda redatta da Licia
Bertani BigaUi nel catalogo Il primato del dùegno, a cura di Luciano Berti, Firenze,
Edizioni Medicee, 1980, 72·73.
(25) Cfr. v. 3 1: ~che Isrnt\el era in esilio», verso suggerito da Origene, il quale,
chiosando Genesi XXH ,2, «Accipe filium tuum charissimum quem diligis I saac et
offeres mihi eum», spiega: «Non enim sufIecerat dixisse filium, sed adjicitur et charis-
simum. Esto ct hoc: quid adhuc additur et quwl diligis? Sed vide tentationis pondus,
charis et dulcibus appeUationibus iterum ac saepe repetitis, paterni suscitantur afIcctus,
ut amoris evigilante memoria ad immolandum filium paterna dextera retardaretur, ct
adversum fidem animi tota carnis militia repugnaret additur tentationjs tcmpore,.
(Horn . in Gen. VI1I.2, PC, XII.204). BeJcari restituisce la parola «unigeni tum,. del
testo vulgata (dir et tolle filium tuum unigenitum quem diligis hanc l et vade in ter-
32 Nerida Newbigin

L'intento del Belcari è simile a quello dello scultore . Egli de-


ve infatti presentare il racconto biblico ed esplicarlo nello stesso
momento, e nel modo più efficace. La formella invece è {issa:
chi la guarda ci medita sopra in rutte le sue parti . In contrasto,
la rappresentazione, appena detta, non esiste più se non nella
memoria. In questo modo l'autore deve prolungare e ripetere gli
elementi più importanti. Dopo il sacrificio del montone e il rin-
novo del patto fra Dio e Abramo, ci sono ancora sedici stanze:
per il ritorno giubilante a Sarra, la ricapitolazione dei fatt i prece-
denti (cioè la terza ripetizione della narrativa biblica), il finale
spettacolare in cui «tutta la fam iglia di casa fa un ballo tondo e
canta questa lauda, essendo ciascuno accompagnato da uno ange-
lo » e «dipoi danzano un poco onestamente e in fine uno angelo
licenzia il popolo » C·).
Pur avendo approfondito la nostra conoscenza degli antece-
denti e dell 'intento della rappresentazione, restiamo tuttavia igna-
ri quanto prima circa l'ambiente al quale era destinata . La dedica
a Giovanni di Cosimo de' Medici sembra aggiunta in un secondo
momento, quando cioè la rappresentazione era già avvenuta con
successo (l'insieme delle opere rivela un Belcari ambizioso nono-
stante la vena di genuina pietà), e nessun rapporto è manifesto

ram visionis atque arrer eum ibi holocaustum~) quando presenta il comandamento
divino:
Togli il ruo figliuolo
unigenito Isaac il qual lu ami
e di lui fammi sacrificio solo.
(vv. 17-19)
Poi spiega alla maniera di Origcnc:
Considerate un poco il parlar solo
di tal comandamento coi suo rami.
Non bisognava dir dopo «il figliuolo»
«unigcnilo, Isarac, c l qual tu ami»
se non per dargli magior pena e duolo
aprendo del suo cor tulti e serrami
po' che Ismacl era in esilio
con sua m3clre per divi o consilio.
(vv. 25-32)
(26) La buda si canta come O crocefisso che nel ciel dimori c come Vivo per te,
.signor, col cor sincero e come Amar 1I0n vo' le, m011do, pien di guai [di Leonardo
Giu sti nian), e la musica è stata ritrovata recentemente nel codice di Firenze, Biblioteca
Nazionale Centrale, PanciaJichi 27, c. 20v, da Wolfgang OSlhoff che l'ha pubblicata
in Thealergesang (md darsl el/ende Musik il1 der italienischell Renaissance, Tutzing,
S chneider, 1969, voI. 1, 30-31 e voI. 2, 33.
Il ler/o e il conteslo de/l'Abramo e Isac di Feo Be/cari 33

fra Giovanni de' Medici e la prima recita nella chiesa di Santa


Maria Maddalena in Cestelli. Per la sua struttura, per il suo con-
tenuto (sopratrutto carente di elementi apertamente spettacolari,
profetici e politici), e per il suo poscritto, giudico che l'Abramo e
Isac non fosse destinato alle feste di San Giovanni (destinazione
questa peraltro riguardante forse la metà delle rappresentazioni
,
- antiche, esistenti in manoscritto nelle biblioteche italiane). Imma-
gino invece che il Belcari avesse in mente come pubblico i gio-
vani allievi delle confraternite. Nell'Abramo, come nel contem-
poraneo Vitello sagginato di Piero di Mariano Muzi, borsaio fio-
rentino, l'intento didattico domina lo svolgimento dell'azione. Ma
gli elementi scenografici non sono affatto trascurati : l'autore ci
fornisce tutti i dettagli per un allestimento preciso e ragionato,
legato alla esegesi di Giuseppe, Origene e Niccolò di Lira, nel
quale il pubblico poteva riconoscere tutte le figurae del sacrificio
di Cristo.
Un'ultima traccia sul modo di recitare la rappresentazione si
trova nei codici belcariani , fra le laude che ne formano la prima
parte. Nel Magliabechiano VII.690 si trovano diverse laude in
ottave seguite da ind icazioni sul modo di cantare. «Le sopradette
stanze si cantano come le stanze della Passione e come Lamento
di Jeremia profeta » si trova a c. 26v dopo la lauda Come el pec-
catore pensa lo passione di Cristo (<<O Gesù Cristo mio signore
Dio») ed anche a c. 29r dopo la laude Orazione a tutto el Para-
diso «<Onnipotente padre, eterna altezza»); oppure «Le sopra-
dette stanze si cantano come le stanze della Passione » a c. 35v
dopo la lauda Come l'angelo di Dio conforta le monache all'opere
della perfezione «<Aprite lo 'ntelletto o dolce sore»); ed anche a
c. 41r dopo la !auda Come l'anima tiepida riscalda se medesima
(<<Anima mia, ov'è la devozione»), e a c. 53 r dopo la Orazione
pel fratello defunto «<Onnipotente e sempiterno Dio») . La sor-
presa viene a c. 51r: «Le sopradette stanze si cantano come le
stanze d'Abram e come Lamento di Jeremia profeta», parole che
si riferiscono alle tre laudi precedenti: Dell' offerta de' santi magi
(<<Offerite tre doni al dolce Dio », c. 49v), Esortazione della An-
nunziata «<Figliuoli udite el dolce parlar mio» , c. 50r), e Esorta-
zione a fare disciplina (<<El corpo nostro dolci miei fratelli»,
c. 50v); mentre a c. 88r si legge «Cantasi come la Passione e come
34 Nerida Newbigin

le stanze d'Abramo» dopo la lauda Come el cro( ci) fisso si duole


del peccatore «<Qual padre, qual signore o qual maestro») . Al-
tre laudi in ottave vanno cantate «come 'Madre che festi colui
che ti fece'», altrove attribuita al Giustinian, che sarà un'aria di-
versa ("). Pur non volendo ammettere il fatto che le rappresen-
tazioni si cantassero dall'inizio alla fine, sono costretta a consta-
tare che è molto probabi le che <de stanze d'Abramo» e la nostra ..-•
rappresentazione o almeno una parte di essa (i versi 393-408?)
siano la stessa cosa, e che esistesse un'aria che s'identificasse fa-
cilmente con essa. I musicologi insistono sulla capacità del popolo
di improvvisare su di un'aria, ma non credo che sessantadue ot-
tave cantate tutte sulla stessa aria, pure con variazioni improvvi-
sate, non possano annoiare. Noto inoltre che la musica è indicata
solo e specificamente su due punti: dopo il v. 292 quando Abramo
e Isac scendono dalla montagna , e per la laude in sestine, vv. 489-
510. Questo briciolo di evidenza andrebbe aggiunto a quelle no-
tizie sulle recite riportate dal D'Ancona e più recentemente da
Marina Calore Vecchi C'), in attesa di altre informazioni più con-
crete che col tempo gli archivi ci cederanno.
(University 01 Sydney, Aus/ralia)

(n) Nessuna delle laude nominate è compresa nelle antologie di laudi musicate.
(28) ALESSANDRO D'ANCONA, Origini del lealro italiano, 2 a edizione, Torino, Loeschcr,
187, voI. I , 391-401, c MARINA CALORE VECCHI, Rappresentazioni sacre a Bologna nel
XV secolo, ((Strenna storica bolognese», 28 (1978), 109.

APPENDICE
Riconosco qui il mio debito all'/ter ltalicum (Londra, Thc Warburg Institutc.
1963-1967) di Paul Oskar Kristcllcr che dà indicazioni su un gran numero di mano-
scritti belcariani. Siccome l'Abramo e Isac è l'unica rappresentazione arcaica che appaia
regolarmente nei cataloghi manoscritti SOIlO il nome deU'autore anziché fra le opere
ascetiche anonime, e siccome quasi tutte le sillogi contengono l'Abramo e Isac, le
indicazioni del Kristeller mi hanno permesso di documentare più di cinquanta rappre-
sentazioni manoscritte delle quali 22 non furono in seguito stampate. Questo ha per-
messo inoltre una schietta divisione fra le rappresentazioni antiche della prima epoca
medicca e queUe della New Wave, destinate ad un vasto pubblico di lettori di libri
stampati, e non ad un pubblico di spettatori.
] sei codici che contengono esclusivamente opere del Belcati o a lui indirizzate se-
no: l) FIRENZE, BNC, Magi. VIl.690, cc. 105v- 119r; 2) MagI. VII. 1114, cc. JOr-13r (mu-
tilo in principio); 3) Magi. VIl.116J, cc. 58v-71r; 4) Laurenziana, Redi 121, cc. 14v-
27v; 5) MODENA, Estense, y.X.2,9, cc. 15r·2 1v (mutilo in fine); e 6) ROMA, Corsiniana,
Il testo e il contesto de/l'Abramo e I sac di Feo Be/cari 35

43.D.J (già Rossi 185), pp. 168-195. 11 più comprensivo è il Magl. V II .690, apparte-
nuto al figlio di Feo, come si deduce dalla nota sulla prima guarelia postcriore che'
cliee: .Rendimi a J acopo di Feo Bclcari~. Luisa Delucchi eondude, a proposito di
questo codice: «Che l'amanuense ricopiasse da autografi sparsi, corretti, cancellati,
alcuni forse vecchi e un poco sbiaditi, lo si può supporre dalle ineene7.ZC, dalle lacune,
dalle ripetizioni che si incontrano nel codice, e dalle correzioni falle dal figlio che,
ccrtO meglio del copista, conosceva la scrilt1Jra dd padre. Quindi, per quanto il co.
dice non abbia data, fu certo scritto poco dopo il 1484, anno della mone del Bclcari»
(Alcune laude inedite di Feo Be/cari, a cura di Luisa Delucchi, Gcnova, Bottino e
Scheggi, 1930, IV-V)_
Gli 01t0 codici che contengono solo rappresenrazioni dramm:lIiche o rappresenta-
zioni e bude SODO: 1) Ft REN'lE, BNC, Conventi Soppressi F.3.488, cc. 25r-35v, copiato
prima dci luglio 1464; ed è quest.a la più antica redazione datata. L'Abramo e Isac vi
sta con LA creazione del mondo, cc. Ir-12v; Il vitello sagginato, cc. Dr-24v; San Bar-
tolomeo, cc. 36r-50v; Il giudizio che Iddio mostrò a un romito (= L'abbataccio), cc.
5 lr-65r; Il giudizio, cc. 64v-77v; La natività (= Ottaviano e la sibilla), cc. 78r-86v;
La purificazione, cc. 87r-96v; San Giovanni decollato, cc. 97r- l 09r; Susanna, cc. IlOr-
119v; L'ortolmlo elemosinario, cc. 120r-DOr; Il re superbo, cc. 13 1r- 146r. 2) Databile
intorno al 1470 è il codice Riccardiano 2893 che contiene oltre l'Abramo e Isac, cc.
14v-27v, le rapprescntazioni eli San Giovanni decolla/o, cc. J r-14v;La na/ivitIÌ (= Ot-
taviano e lo sibilla), cc. 27v-38r; Moisè e Faraolle, cc. 38r-48v; Le dispute delle Virtù,
(= L'annunciazione, del Belcari), cc. 48v-57r; Magi, cc. 57r-66r; La nalivi/à (inc .
• O da ciascun fedele~), cc. 66v-72r; Il vitello sagginato, cc. 72r-85 r. 3} L'Abramo e
l sac sta pure a cc. 76v-85 r del codice ROMA, BNC. ViI/orio Emanuele 483. appar-
tenu to alla Compagnia dei B::muti di Bologna, copiato ncl 1482 (vedi G. VECO II ,
Le sacre rappresentazioni della Compagnia del Baullti in Bologna nel XV secolo in
Stlldi storici il1 onore di L. Simoni. Bologna, Deputazione d i Storia Patria per le Pro-
vincie di Romagna, 1953, 28 1-324); 4) e a cc. 15r-26v del codice FIRENZE, BNC,
Palatitlo 4-15, del tardo Quattrocento o dei primi anni del Cinquecento, lesto copiato
dall'edizione a stampa del 1485 del quale riproduce il colopholt (vedi GENT ILE, Mano-
serill; pala/ini, I , 593). 5) La rappresentazione sta sola nel codice FIRENZE, Laurenziana,
Segni XVII; 6) e con alcune laudi, sempre di Feo Belcari, ncl roclice di ROMA , Va ti-
cano, Rossi 1003 (X I .H2), cc. 4r-14v. Rappresentazioni e laude hanno i codici 7)
FI RENZE, BNe, umdau Finaly 249, cc. I r-15r, dove l'Abramo e Isac sta insieme con
Il vi/ella sagginato, cc. t 5"v-31v; Giacobbe e Esau, cc. 32r-44r; e laude adespote, cc.
44r-98v; e 8) il celebre laudario vaticano, Chigiaflo L.VIl .266, dove l'Abramo e l sac
sta a cc. 59r-62v, con l'aggiunta a c. I09r del sonetto dedicatorio e di trc stanze da
inserirsi dopo il v. 176: «Due [cioè tre] stanze agiunte alla tapresentazione dabram
chome lancille Rispondono a sua La rapresentazionc in questo 59 comincia lochio si
d icie capitolo 12
LA prima allcilla conlorta sarra
O reverenda madre di bontade
che sento d irvi del buon patriarcha
e del vostro figliuol pien d umil tade
oriam per loro aU inmenso monarcha
che ili rimandi per sua largitade
pien di sue gratie per terra o per barca
pcrdio vi priegho p rendiate conforto
che credo iddio gli condurta a buon porto.
LA seconda ancil/a dicie assarra
O vero dio nostro cruea tore
ov e I nostr abran padre perfetto
e l buon isac splendientc fiore
da n e ciaschuno di loro benedetto
tu sol consolar puoi l aBitto core
36 Nerida Newbigin

di sarta e da ne le fu predetto
o madre santa piaccillvi sperare
in dio che 11i fara salvi tornare.
Risposla di sara alll1nci/le
Ancille mie vere serve di dio
scghuite le devote orationi
sicche sadempia l vostro e mio disio
per le vostre buone operationi
vedete quant e misero l cor mio
se non m aiutano divini sermoni
so che dolente siate del mio male
aiuti me il re celestiale»,
Le stanze, non necessariamente belcarianc, sono copiate da una fonte diversa con
diverse caratteristiche ortografiche. Non corrispondono minimamente al1a versione chie-
tina. Sono interessanti tuttavia per il modo in cui souolineano il parallelo fra l'ango.
scia di Sara e queUa della Vergine confortata a Bctania dalle Marie dopo la partenza
di Cristo per Gerusalemme. Di questo codice ha trattato Bcrnard Toscani (vedi L'indice
dei capoversi del codice Vaticallo Chigiallo L.VII.266, in «Aevum», 50 (1976) 321-347;
e in seguito Le laude dei Bianchi contellute nel codice Vaticallo Chigiallo L.VJJ.266,
Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 1979, 29-37), senza però accennare alle sacre
rappresentazioni ivi contenutc. Olrre all'Abramo e Isac vi si trovano: Il vitello SQggi-
nato, cc. 62v-65v (introootta cosl: «fatta questa traslatione dci vangclo de:! vitello sag-
ginato per piero di mariano borsaio fiorentino. Qui si chominciera lannuntiationc del
vangiel del figliuolo prooigho c quando torno al padre ogni cosa ischripto qui da pie
elle parole disse il figliuolo maximc cl minore figliuolo fu quello chessi parti dal
padre. Inchomincia la nuntiationc della festa e chomincia per uno angielo vestito
de biancho che parla in questa forma ... »); e la Creazione del mondo, cc. 135r-139v.
I codici di contenuto prevalentemente ascetico sono: 1) FIREN'l,E, BNe, Mogi. VII.
367, cc. h ·15r, con laude varie e la Passione del Cicerchia; 2) FIRE.I'\'ZE, Riccareliana,
1094, cc. 149v·153v, in fondo ad un volume contenente il Paradiso di Dante (cc. lr-
66v), e poesie diverse; 3) Ricc. 1720, cc. 49r-61v, insieme con una parafrasi della Pas-
sione in prosa, La purijicazione (cappr.), cc. 72r-82r; un cantare del Giudizio; Il mira-
colo del pellegrino, cc. 93r-l05r; Il lamento di Costantinopoli; 4) Ricc. 1721, cc.
42r-57r (col soneuo ma senza il nome di Giovanni di Cosimo dc' Medici) dove l'Abra-
mo e Isac è rilegata in sieme alla Vita di San Giovanni Ballista di Francesco Filelfo
(copiata nel 1454), c l'Eulogia di Cristoforo Landini per Nero Capponi; 5) Ricc. 2816,
cc. 178r-188v, dove l'Abramo e lsac si trova insieme con le rappresentazioni di
Giuseppe, Giacobbe e fratelli, cc. lr-2Or; Lauero, cc. 20v-29r; San Giovanni decollato,
cc. 29v-44r; Sa" Bemardo, cc. 44v-55\'; San Panuzio (del Belcari), cc. 56r-59v; La sen-
tenza di Salomone, cc. 6Or-68v; una Vita di San Giovanni Ballista in ottava rima;
quattro sonetti morali; cantari di Giuditta e della Sala di MalagiR,i,; la frottola del
Savio romano; un Contrasto dell'anima e del corpo in ottava rima; Il vitello sagginato,
cc. 145v-157r; e Il miracolo del pellegrino, cc. 157r-l68v; sonetti, canzoni, rispetti
amorosi con uno di Piannozzo da Firenze. 6) Nel codice laurenziano Ashburnhamiano
539 (471), cc. 123r-127r, l'Abralllo e Isac è copiato nelle pagine bianche dopo il
Libro di consolazione e il Libro della miseria dell'uomo. 7) L'Abramo e Isac sta pure
a cc. 55r-66r dci cod. Pat. 219 della BNC di Firenze.
E i miscellanei irregolari sono: 1) FIRENZE, Ricc. 2971, voI. I, cc. 14v-22v, qui in-
sieme al Vitello sagginato, cc. 43r-49v; Il miracolo di un pellegrino, cc. 50r-59v; un
ricettario, un cantare del Giudizio ed opere di Amonio Pucci e Francesco Leoni. 2)
FrRENzE, Laurenziana, Asbbumbamiallo 576 (498), cc. 21r-24v in uno zibaldone di
calendari, ricette, istruzioni e con la Vita di Danle di Leonardo Bruni. 3) MILANO,
Ambrosiana, C.35 Stlp., cc. 187r-195v, insieme a poesie varie, popolari ed erudite, bur-
lesche, religiose e didattiche, gabelle, ricette varie, profezie, laudi ed anche il con-
lraSto jacoponico del Vivo e morto, cc. 27v-29r, e eli nuovo a cc. 311r-313v; e le se-
Il testo e il contesto dell'Abramo c lsac di Feo Belcart 37

gucnli rappresentazioni: Susanna, cc. 106r-114v; Lazzero ricco e povero, cc. 114v-121r;
Miracolo di un pellegrino, cc. 121r-131r; Re superbo, cc. 13lr-142r; San Giuliano,
cc. 142r-154r; San Giacomo maggiore, cc. 154r- 16Ov; L'or/alano elemosinario, cc. 160v-
t68v; San Pietro e San Paolo, cc. 169r-187r; L'annunciazione (del Bclcari, frammento),
cc. 316r-322r. 4) SIENA, Biblioteca Comunale, I.ViII.37, cc. 150r-160v, dove si legge in
fine: «Questa storia o voi tu dire asenbramento di festa dci santo patriarca abraam o
ritrata io marcho di francisro a chomenpraz.ione di francesco mio figluolo e perche
gli venga voglia rasenprala in più bela forma diletar quando per lui sapra. Fata ne di
de la pasqua dc lo spirito santo anni 1477». Vi stanno insieme: Il pianto di San Piero;
Le vita della Vergine Maria; La leggenda della fine della vergine; La vendeI/a di Gesù
Cristo fatta per 'filO e Vespasiano; La leggenda di Giobbe amico di Dio ; La storia di
Giacobbe patriarca, rappresentazione di 317 stanze (ottave «a modo pasquale»), cc.
63r-114r; Preceui di Dio col/a chiesa; SeI/e virtù rivelate da Dio a Sant'Alberto ve-
scovo dela Magna; poesie di soggetto morale; il Credo di Dantc; e un poernetto sul
governo della famiglia in ottava rima.

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