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Il testo e il contesto
dell'Abramo c Isac di Feo Belcari
Estratto da:
«Studi c problemi di critica testuale»
diretti da R. Raffaele Spongano
voI. n. 23 . Ottobre 1981
NERIDA NEWBIGIN
(1) Le rappresentazioni di Feo Belcari ed allre di lui poesie edite e inedite, a cura
di A. G. Galletti , Firenze, Moulicr, 1833. A p. LVllI egli cita 17 varianti fra le edi-
zioni amiche e il codice Magliabechiano VII .690, ma si trAtta solo di una piccola parte
delle varianti, senza alcun accenno alle didascalie molto diverse del codice. Vedi sotto
a pp. 23·28.
(2) Alfredo Cioni, nella sua Bibliografia delle sacre rappresentazioni, Firenze, San-
soni, 1961 , ritiene questa essere la seconda edizione, e propone comc prima la seguente,
notevole in quanto è essa l'unica stampa che riflette la rrad.izione manoscritta: «Qui
comincia larapreSentatione dabramo / quando uolle fare Sacrificio d.ifac Suo caro fi /
gliuolo. In prima uiene uno angelo chanu / tia quello che Si debbe fare coSi dicendo
Col.: f.[Axii]r: Impreffa in firem.e per .M. Franco [Buonaccorsi?] ». Esemplare unico:
14 Nerida Newbigin
la morte del Belcari, al quale non fece altro che aggiungere il so-
netto col quale l'autore dedica la rappresentazione a Giovanni di
Cosimo de' Medici: lo aveva trovato nel manoscritto. Alessandro
D'Ancona a sua volta si fondò su <de due più antiche edizioni e
quella procurata dall'Avv. Galletti col confronto di manoscritti,
scegliendo in esse le lezioni che ... parvero migliori », e spos tò alla
nota introduttiva il sonetto (che non rientrava nel suo schema di
presentazione) C); e così, dal 1872 in poi, la Rappresentazione di
Abramo e Isac è stata letta ed interpretata nella chiave determi-
nata dai testi stampati , senza preciso riferimento all'intento del-
l'autore e all'ambiente cuI rurale che la generò. Neppure il Guccini,
che pochi anni fa dedicò un saggio alla «particolare sezione sociale
per cui venne scritto e realizzato » l'Abramo e Isac ('), ritenne
doveroso un esame dei codici, constatando, senza un dettagliato
controllo, che il testo del Belcari è la dilatazione in ottave di un
testo abruzzese in sesta rima (').
Parigi, Bibliorhèque Nationale, segnato Y H 368 1. II Cioni, III .I , 64. attribuisce que-
sta edizione a Francesco Cenni, ma di ques to tipografo si conosce solo un brevissimo
periodo di attività a Pescia nd 1485 e nessun'altra rappresentazione, mentre l'impres-
sore è quasi sicuramente Francesco Buonaccorsi, cui si devono anche la stampa della
Rappresenta/ione di San Giovanni et Pau/o composta pel magnifico Laurentio de Medici
(d i certa attribuzione, dopo il 1491; dr. Ciani, LII1.l), e quella del secondo volume
della cosiddetta Prima raccolta fiorentina (c. 1495) che comprende le rappresentazioni
tardoquattrocen tesche di Eustachio, Apollonia, dell'Angelo Raffaele e Tobia e di Un
miracolo di Nostra Donna (ossia di Stdla). Le opere belcariane uscirono a stampa solo
dopo la morte dell 'au tore nel 1484, e principalmente per i tipi di Bartolomeo de' Li-
bri che stampò l'Abramo e Isac (1485), San Giovanni nel deserto (c. 1490), Il giudi-
zio finale (c. 1490), l'Annunciazione (c. 1495), e San Panuzio (c. 1490). La sua edi-
zione dell 'Abramo, dove al v. 80 si legge «puoi» invece di «voglia», è la base di
tutte le edizioni che seguono, ed è possibile che in ordine di tempo l'edizione del
Maestro Franco sia posteriore, pur riflettendo l'antica tradizione manoscritta.
(3) Sacre rappresen/azioni dei secoli XIV, XV e XVI, a cura di Alessa ndro D 'An.
cona, Firenze, Le Monn icr, 1872, val. I , 41--60. Riguardo ai nomi Abramo e Isac, il
D'Ancona nota: «Le stampe antiche han Isaac, e Abraam, le più moderne /soc, A bram.
Trattandosi di nomi di cui è varia c incerta la ortografia, pongo nel testo or l'una or
l'altra forma, secondo le necessità della pronunzia» (44); e a p. 11 , egli nOta che Isac,
secondo l'uso fiorenti no, è da leggersi [sacche.
(4) GERARDO GUCC IN1, Retoriche e società ne/l'«Abramo e Isacco» di Feo Be/cari,
in «Biblioteca teatrale», 19 (1977), 96.
(5) Guccini , (97) in base a Vincenzo De Bartholomaeis, Le origini della poesia
drammatica. 2" edizione, Torino, SEI , 1952, 415; ma Guccini attribuisce al De Banrnr
lomaeis conclusioni non sue (vedi il brano citala SOtto a p. 19). Il codice sarebbe
quello della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, ViI/orio Emanuele 361, c. carta-
ceo, datato 1576. La Rappresentazione di Abramo e Isacco che vi si trova a cc. 54r·
64v fu pubblicata dal De Bartholomaeis in Il teatro abruzzese del medioevo, Bologna,
Il testo e il contesto dell'Abramo e Isae di Feo Be/cari 15
Zanichelli, 1924 (rise Bologna, Forni, 1979), 223·230, con la nota sul manoscritto Il
pp. 344345. Vedi anche il suo articolo Di alcune antiche rappresentazioni italiane, in
.Studi di filologi. romanza., VI (1893 l, 161-228.
(6) l codici che contengono la rappresentazione sono elencati in Appendice.
(1) «Nel Genesi la san ta Bibbia narra», v. 9.
(I) Libro, I , cap. 13. Dal testo greco, tenninato intorno al 93-94 d.C., una traduzio-
ne latina, AIIJiqui/aJes Judaicae, fu preparata nel secolo V o VI , su ordine di Cassio·
doro. Per il testo greco mi sono affidata a ]OSEPHUS, [Works ], a cura di H. St. J.
Thackeray, voI. I V, Londra, Heinemann, 1930 [The Loeb Classical Library], 109-117;
e per l'antica traduzione latina, al codice di Firenze, Biblioteca Lauren7Jana, Ms. San
Marco 385, cc. 9v-lOv. Ringrazio qui la prof. Frances Muecke dell'University of
Sydney per il suo aiuto nello sciogliere le abbrevazioni di questo testo .
(9) Origene, Opera omnia in Patrologia Greca, XII , a cura di ]. P. Migne, Turhout,
Brepols, s. a. Ne i Se/ecta in Genesim, 37·38 (coll o 117-120), Origene chiosa due versi:
XXII,5 e XXII ,6; mentre la Homilia VIII: «De co quod obtuli r Abraham ftlium suum
15aac» (coll. 203-210) esplica ogni frase della narrativa biblica.
16 Nerida Newbigin
Icm quod eliam ex morluis SlJScitore potens esi Deus'h (Setecta in Genesim, 37, PG,
XII.118) ; oppure: «Vos ergo, inquit, sedete; ego au/em et in/ans ibimus, et cum
adoraverimus, revertemur ad vos. Dic mihi, Abraham, verum dicis ad pueros, quod
adores, et redeas cum infante, an falIis? Si verum dicis, ergo non facies eum holo-
caustum. Si fallis, tantum patriarcham non decc[ fallere. Quid enim animi in te indicat
sermo hic? Verum, inquit, dico, et holocaustum affero puerum. Idcirco cnim ligna
mecum porro, et cum ipso redco ad vas. Credo cnim et fides mea haec est, quod et a
mortuis suscilare eum pOlens esi Deus'h (HomiLia VII [ in Genes;m, S 5, PG, XIL206).
Ambedue i brani si rifanno all'Epistola agli Ebrei, XI,19. Così «puoi,. viene suggerito
dalla fonte, ma a questo punto Abramo non mette in dubbio il potere di Dio, ma piut-
tOSto il volere a cui Abramo è totalmente soggetto.
(13) Vedi anche ROSEMARY WOOLF, The E/fect o/ TypoLogy on the Eng/ish Me-
dieval Plays 01 Abraham and [saac, in cSpeculum», XXXII (1957), 805-825.
( 14 ) Homilia VIII, § 6, PG, XJI.206. Cfr. le varianti per la didascalia dopo il v. 128,
citate sotto, p. 24, dove solo la lezione delle stampe si scosta dalla fonte.
(15) Origene va oltre. Chiosando Genesi, XXII,13, scrive: «Sciemibus haec sudi re,
intelligentiae spiritualis evidens pandimr via. Omnja enim quae gesta sunt , ad visio-
nem pervcniunt. Dicitur namque quia Dominus videt. Visio sutem quam Dominus
vidit, in spiritu esi, u[ et tu hacc quae scripta sunt, in spiritu videas; et sirut in
Domino corporeum nihil est, ita etiam tu in his omnibus corporeum nihil sentias:
sed in spiritu generes eliam tu filium Isaac, cum habere coeperis frucrum spiritus,
gaudium, paccm. Quem tamen filium ila demum generabis, si, ut de Sara scriptum
est, quia defecerunt Sarae muliebria, et tunc gcnuit !saae, ira deficiant et in onima
tua muliebria, et nihil jam muliebre et effeminatum habeas in anima tua, sed viriliter
ages, et viriliter praecingas lumbos ruos; si sit pectus tuum thorace justitiae munitum,
si galea salutis et gladio spiritus accingaris. Si ergo deficiant muliebria fieri in anima
tua, generas filium de conjuge tua virtute et sapientia, gaudium ac laeti tiam». (Homilia
VIII, § lO, PG, XII .209). Cosl oltre al suo valore tipologico, Sarra assume un ruolo
analogico.
18 Nerida Newbigin
A B c
Giuseppe, 1.13.II1 Belcari Codice Chietino
Dum ergo altarum fuis- [Ms:] Abram avendo edificato l'altare e Ma ABRAAM ~ arrivato al[IQ] cima
set constructum et ligna postovj su le legne det monte; edifica ['altare
superimposita et amnia [St:] Di poi Abram si volge a Isaac
prac9arata
dici l ad fùium: [Ms:] con molte lacrime dice ad Isac: et e' llacrimosamen/e dice al figliolo:
[St:] e piangendo dice queste quattro
stQnze che segui/alla:
o pucr [Ms: ] O buon lsac, o dolce figliuol mio o bono el dolce et caro figliolo mio,
[St:] O dolce e caro figliuolo mio
odi il parlar del tuo piangente padre odi il parlare del tuo piangnente patre:
Quem innumeris vQ[is [Ms:] Con molti preghi e voti e gran disio con multi pregi, voti et gran disii,
[Sr:] Con tanti voti, pregru e gran disio
essendo vecchia e sterile tua madre essendo vecchia et sterile tua matre,
optavi a domino michi t'acquistai dal magno elterno Iddio, io t'acquistai mercede de quello Singnore
confett i nel nostro ospizio albergando le squadre che non desprcczò mai l'umile core.
dei poveri, pascendogli del nOSlro, 162
servendo sempre Dio, com'io t'ho mostro.
184
Sequita:
et dum pervenisscs ad Quando nascesti, dir non si potrebbe Quando nascisti, dire non se perda
vitam la gran letizia che noi ricevemmo; la festa e 'l gaudio che non ne facemmo;
tanm allegrezza ncl cor nostro crebbe tanta letitia ehe l'anima mia
che molte offerte a Dio per te facemmo che multo offerte a Dio per te rendemmo,
nichil est quod pro ali· per allevarl i mai non ci rincrebbe
mento tuo non feci fatica o spesa grande che ci avemmo
e per grazia di Dio t'abbiam condotto et per gratia di Lui t'abbia COMUcto
che tu sei sano, ricco, buono e dolto. che HU se i sano, ricco, bono e docto.
192 168
neque me fcIiciorem ma· Nessuna cosa stimai più felice Sequita:
gis arbitcabar nisi rum che di vederti giunto in questo sta lo Nissuna cosa stimai più felice
viderem te ad virilem per porerti lasciar, come si dice, che de 'vene giunto a quisto stato,
aetatem, et moriens suc- erede in tutto del mio principato;
cessorem mci principarus c simi lmente la tua genitrice et similmente la tua genitrice
relinquere congaudebam. gran gaudio avea dell'averti allevalO, gran gaudio aveva de averte allevato,
pensa ndo fussi bastone e fortezza sperando fusci bastone e fortecza
da sostener ornai nostra vecchiezza. de sostenere ornai nostra vecchiecza..
200 174
Quia domini voluntate Corì dicendo alsa lo cartello per da,li
tuus p:uer sum factus, et e ll'ANGELO vieni et piglia lo braccio
dcnuo secundum eius pia- e dice:
cirum te rcponam, hanc
fortic cr porta dicaliencm.
Domino namque te cedo,
qui hunc honorem ad hoc
dignatur accipere, co
quod placidus michi fuil ,
et per amnia suffraga-
toro
Natus ergo more te. Non Ma quello Eterno Dio che mai non erra
conununi modo h3C vita a mAggior gloria ti vuoi trasferire,
egrediens sed a patre
proprio oblatus, domino
11 leslo e il conUsto dell'Abramo c lsac di Feo Be/cari 21
A B c
patri cunctorum ob le-
gitinum sacrificium.
Reor enim quia te di· e non gli piace al presente per guerra
gnum iudicaverit, nee o per infermità farti morire,
aegritudine nee bello ncc sì come rUlli quei che sono in temi;
qualibct nlia passione
quae solent hominibus
accedere hac vita libera-
re, sed cum orationibus ma piace a lui ch'i' ti dcbb'offrire
et sacrifidis luam animam nel suo cospetto in santo sacrificio,
suscipere, ct apud se ni. per la qual morte arai gran beneficio.
chil hominis oprinere. 208
Erisque de cerero mci Cfr. VV. 198·200
cumm habcns senectu-
temque tcgens, qua gra-
tin te maxime nutricbam.
H aec micru domino sci-
licet pro te praebituro
[01: per cibum curo].
suo tempo» (F. BncARI. Sacre rappresentavoni e laude, a cura di Onorato Allocco-
Castellino, Torino, UTET, 1920, 6). Cosi è stato interpretato anche dal Guccini:
«Giustamente il D'Ancona interpreta l'enumerazione delle fonti, che se corrispondesse
a realtà farebbe crollare in breve le nostre faticate congetture, comc una parodia dei
modi artefatti e dell'ostentata cultura degli studiosi, accolti sempre a braccia aperte in
casa Medici» (117 ). Il pio scrivano era invece servile c ossequioso nella sua adulazione
dei Medici: dr. i sone tti a Cosimo, «Padre della tua patria indita c degna» (Galletti,
156); a Piero di Cosimo, «Le colonne de' Servi c la grat icola » (157); a Giovanni di
Cosimo, «Se tra' nomi escellenti io bene annoverOI> (158), «Le toghe e l'arme son le
degne parte» (159), .Se vuoi campar dalla cruda epidemia» (160); e a Lorenzo, «Nel
tuo imelletto cl bel Terenzio e Plauto» (173). nonché le dediche di alcune rnppresen-
tozioni ai Medici: oltre all'Abramo e lsac indirizzato a Giovanni di Cosimo (mano nd
1 ~63), dedicò a Piero di Cosimo (mor to nel 1469) l'Annuciaziofle e il Safl P'1fIuzio
(secondo il colophon dei codici del gruppo beleariano: «Finisce la rappresentazione
di San Panuzio, composta per Feo Beleari e mandata al magnifico uomo Piero di
Cosmo de' Medici»).
(18) A c. 35r del codice di Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Sop-
pressi P.3.488, si legge : «finita la sopradetta festa e rapresentatione la quale si fece
la prima volta in firenze nella chiesa di séa maria madalena luogo detto cestegli anno
dni 1449». La stessa notizia si trova nel codice di Firenze, BNC, Magliabechiano
VIf.367, c. 15r e nel codice Vaticano, Rossi 1002 (X 1.152J, c. 14v. La notizia non si
ritrova mai insieme col sonetto dedicatorio a Giovanni di Cosimo de' Medici. Per noti-
zie sulla chiesa di Santa Maria Maddalena di Cestello (= in Cestelli? Come si vedrà,
non si trntla di Piazza di Cestello in San Frediano), vedi Waller e Elisabeth Paat2,
Vie Kirchen 110ft Florenz, val. IV, Frnncofone sul Maino, .KIosterman, 1952, 90;
P . E. Richa, Notizie istoriche delle chiese fiorentine divise ne' suoi quartieri, Firenze,
Viviani, 1754 (rist. Roma, Multigrafica, 1972), voI. I, 3()()"313; e ALISON LUCHS, Ce-
stello, a Cistercian Church 01 the FIorentine Rellaissance, New York, Garland, 1977.
Monastero delle Benedettine Convertite alla sua fondazione (anr. al 1256), il luogo passò
nel 1322 sotto il controllo dei monaci di San Salvatore di Settimo, cistercensi, che nel
1442 vi entrarono per conto proprio e ricostruirono la chiesa nel 1479-80. Il convento
passò poi alle monache di Santa Maria degli Angioli che avevano fra le loro suore quella
che divenne la Santa Maria lvladdalena dei Pazzi, e al tempo di Richa la chiesa, enu-
merata fra quelle dci Quartiere di Santa Croce, veniva designata appunto come quella
di oteSanta Maria Maddalena dc' Pazzi di Monache Carmelitane detta nell'antico di
Cestello»: sl che è da identificare con l'omonima chiesa situata a Borgo Pinti 58,
sede degli Agostiniani Il Firenze e di un Crocefisso aHrescato dal Perugino recente-
mente restaurato. Per accedere alla chiesa, invisibile dalla strada, si attraversa uno
splendido chiostro quattrocentesco che deve riflettere quello originale, nonostante la
ristrutlurazione della chiesa stessa.
Il testo e il contesto dell'Abramo e !sac di Feo Be/cari 23
Si vede cosi che il testo dia logato delle edizion i a stampa ri-
specchia fedelmente la tradizione manoscritta come appare sia nei
codici più antichi si a in quelli preparati dopo la morte dell'autore .
In genere le ottave vengono rispettate, e le unità morfiche sono
riprodotte da una versione all'altra, pur dove la grafia e quindi il
28 Nerida Newbigil1
(ll) Il problema è analizzato da Minnie E. Wells in The Age 01 Isaac at the Time
01 the Sacrifice in «MLN Modern Language Notes», LIV (1939), 579-582. Menue in
Giuseppe si legge «1saac vero cum viginti et quinque esset annorum altare constructoJllo
(Ant . ]ud. L13JII ), Niccolò di Lira, forse in base ad un codice corrottO, forse col-
l'intento di soHolineare il parallelo fra Isaac e Cristo, gliene dà trentacinquc (Post.
super Gen. XXIl).
,o Nerida Newbigin
sua forza medioevale essa è al servizio deUa fede, non dell'arte (") .
Solo tre figure partecipano al mistero : Abramo, Isac e l'angelo,
che si accordano con la volontà divina, anche se Isac, sentendo
già la lama contro il collo, sembra tirarsi indietro. I personaggi in
basso, in contrasto con quelli superiori, sono assorti ciascuno in
faccende personali: il montone si gratta l'orecchio con lo zoccolo
posteriore, un servo si estrae una spina dalla pianta del piede, l'al-
tro si pulisce i gambali; in luogo della tranquilla indifferenza dei
servi gh.ibertiani, c'è una incoscienza animale da parte dell'uomo
nel non servire Dio in ogni momento. La prefigurazione di Cristo
nel montone ha dato luogo alla correlazione fra gli animali ed i
servI.
La medioevalità del Brunelleschi traspare inoltre nel non aver
rinunciato all'occasione per rappresentare più di un momento nar-
rativo . Il suo altare, in confronto con quello ghibertiano, che reca
solo una decorazione floreale, porta una composizione in cui la
disposizione delle figure potrebbe a prima vista sembrare un'an-
nunciazione con una figura maschile nell'atto appunto d'annun-
ziare alla sinistra e una figura femminile seduta a destra ("). Ma
l'uomo è una figura patriarcale e barbuta, e c'è anche un bambino
seduto per terra che invoca l'aiuto della donna, in modo che la
scena va identificata come la caccia di Agar e l'altro «pnmoge-
nito» di Abramo, Ismaele (").
(2.3) Cfr. EUGENlO BATTISTI, Filippo Brunelleschi, MiJano, Electa, 1976, 32-41,
con note a p. 343.
(2~) Ma dr. MARQUAf\1> AU. AN, Note sul Sacrificio d'l sacco di Brunelleschi in
4IL'arte,), XVI (1914), 385-386, secondo cui la scena raffigura una specie di presenta-
zione al tempio, forse Abramo che presenta Isacco aUa Vergine. I due episodi del
sacrificio e dell'annunciazione saranno collegati, in ogni modo, nell'Annunciazione di
Fra Bartolomeo nel Duomo di Voltern, quadro in cui il tondo sopra la porta dietro
la Vergine raffigura appunlO il sacrificio d'Abramo. Vedine la scheda redatta da Licia
Bertani BigaUi nel catalogo Il primato del dùegno, a cura di Luciano Berti, Firenze,
Edizioni Medicee, 1980, 72·73.
(25) Cfr. v. 3 1: ~che Isrnt\el era in esilio», verso suggerito da Origene, il quale,
chiosando Genesi XXH ,2, «Accipe filium tuum charissimum quem diligis I saac et
offeres mihi eum», spiega: «Non enim sufIecerat dixisse filium, sed adjicitur et charis-
simum. Esto ct hoc: quid adhuc additur et quwl diligis? Sed vide tentationis pondus,
charis et dulcibus appeUationibus iterum ac saepe repetitis, paterni suscitantur afIcctus,
ut amoris evigilante memoria ad immolandum filium paterna dextera retardaretur, ct
adversum fidem animi tota carnis militia repugnaret additur tentationjs tcmpore,.
(Horn . in Gen. VI1I.2, PC, XII.204). BeJcari restituisce la parola «unigeni tum,. del
testo vulgata (dir et tolle filium tuum unigenitum quem diligis hanc l et vade in ter-
32 Nerida Newbigin
ram visionis atque arrer eum ibi holocaustum~) quando presenta il comandamento
divino:
Togli il ruo figliuolo
unigenito Isaac il qual lu ami
e di lui fammi sacrificio solo.
(vv. 17-19)
Poi spiega alla maniera di Origcnc:
Considerate un poco il parlar solo
di tal comandamento coi suo rami.
Non bisognava dir dopo «il figliuolo»
«unigcnilo, Isarac, c l qual tu ami»
se non per dargli magior pena e duolo
aprendo del suo cor tulti e serrami
po' che Ismacl era in esilio
con sua m3clre per divi o consilio.
(vv. 25-32)
(26) La buda si canta come O crocefisso che nel ciel dimori c come Vivo per te,
.signor, col cor sincero e come Amar 1I0n vo' le, m011do, pien di guai [di Leonardo
Giu sti nian), e la musica è stata ritrovata recentemente nel codice di Firenze, Biblioteca
Nazionale Centrale, PanciaJichi 27, c. 20v, da Wolfgang OSlhoff che l'ha pubblicata
in Thealergesang (md darsl el/ende Musik il1 der italienischell Renaissance, Tutzing,
S chneider, 1969, voI. 1, 30-31 e voI. 2, 33.
Il ler/o e il conteslo de/l'Abramo e Isac di Feo Be/cari 33
(n) Nessuna delle laude nominate è compresa nelle antologie di laudi musicate.
(28) ALESSANDRO D'ANCONA, Origini del lealro italiano, 2 a edizione, Torino, Loeschcr,
187, voI. I , 391-401, c MARINA CALORE VECCHI, Rappresentazioni sacre a Bologna nel
XV secolo, ((Strenna storica bolognese», 28 (1978), 109.
APPENDICE
Riconosco qui il mio debito all'/ter ltalicum (Londra, Thc Warburg Institutc.
1963-1967) di Paul Oskar Kristcllcr che dà indicazioni su un gran numero di mano-
scritti belcariani. Siccome l'Abramo e Isac è l'unica rappresentazione arcaica che appaia
regolarmente nei cataloghi manoscritti SOIlO il nome deU'autore anziché fra le opere
ascetiche anonime, e siccome quasi tutte le sillogi contengono l'Abramo e Isac, le
indicazioni del Kristeller mi hanno permesso di documentare più di cinquanta rappre-
sentazioni manoscritte delle quali 22 non furono in seguito stampate. Questo ha per-
messo inoltre una schietta divisione fra le rappresentazioni antiche della prima epoca
medicca e queUe della New Wave, destinate ad un vasto pubblico di lettori di libri
stampati, e non ad un pubblico di spettatori.
] sei codici che contengono esclusivamente opere del Belcati o a lui indirizzate se-
no: l) FIRENZE, BNC, Magi. VIl.690, cc. 105v- 119r; 2) MagI. VII. 1114, cc. JOr-13r (mu-
tilo in principio); 3) Magi. VIl.116J, cc. 58v-71r; 4) Laurenziana, Redi 121, cc. 14v-
27v; 5) MODENA, Estense, y.X.2,9, cc. 15r·2 1v (mutilo in fine); e 6) ROMA, Corsiniana,
Il testo e il contesto de/l'Abramo e I sac di Feo Be/cari 35
43.D.J (già Rossi 185), pp. 168-195. 11 più comprensivo è il Magl. V II .690, apparte-
nuto al figlio di Feo, come si deduce dalla nota sulla prima guarelia postcriore che'
cliee: .Rendimi a J acopo di Feo Bclcari~. Luisa Delucchi eondude, a proposito di
questo codice: «Che l'amanuense ricopiasse da autografi sparsi, corretti, cancellati,
alcuni forse vecchi e un poco sbiaditi, lo si può supporre dalle ineene7.ZC, dalle lacune,
dalle ripetizioni che si incontrano nel codice, e dalle correzioni falle dal figlio che,
ccrtO meglio del copista, conosceva la scrilt1Jra dd padre. Quindi, per quanto il co.
dice non abbia data, fu certo scritto poco dopo il 1484, anno della mone del Bclcari»
(Alcune laude inedite di Feo Be/cari, a cura di Luisa Delucchi, Gcnova, Bottino e
Scheggi, 1930, IV-V)_
Gli 01t0 codici che contengono solo rappresenrazioni dramm:lIiche o rappresenta-
zioni e bude SODO: 1) Ft REN'lE, BNC, Conventi Soppressi F.3.488, cc. 25r-35v, copiato
prima dci luglio 1464; ed è quest.a la più antica redazione datata. L'Abramo e Isac vi
sta con LA creazione del mondo, cc. Ir-12v; Il vitello sagginato, cc. Dr-24v; San Bar-
tolomeo, cc. 36r-50v; Il giudizio che Iddio mostrò a un romito (= L'abbataccio), cc.
5 lr-65r; Il giudizio, cc. 64v-77v; La natività (= Ottaviano e la sibilla), cc. 78r-86v;
La purificazione, cc. 87r-96v; San Giovanni decollato, cc. 97r- l 09r; Susanna, cc. IlOr-
119v; L'ortolmlo elemosinario, cc. 120r-DOr; Il re superbo, cc. 13 1r- 146r. 2) Databile
intorno al 1470 è il codice Riccardiano 2893 che contiene oltre l'Abramo e Isac, cc.
14v-27v, le rapprescntazioni eli San Giovanni decolla/o, cc. J r-14v;La na/ivitIÌ (= Ot-
taviano e lo sibilla), cc. 27v-38r; Moisè e Faraolle, cc. 38r-48v; Le dispute delle Virtù,
(= L'annunciazione, del Belcari), cc. 48v-57r; Magi, cc. 57r-66r; La nalivi/à (inc .
• O da ciascun fedele~), cc. 66v-72r; Il vitello sagginato, cc. 72r-85 r. 3} L'Abramo e
l sac sta pure a cc. 76v-85 r del codice ROMA, BNC. ViI/orio Emanuele 483. appar-
tenu to alla Compagnia dei B::muti di Bologna, copiato ncl 1482 (vedi G. VECO II ,
Le sacre rappresentazioni della Compagnia del Baullti in Bologna nel XV secolo in
Stlldi storici il1 onore di L. Simoni. Bologna, Deputazione d i Storia Patria per le Pro-
vincie di Romagna, 1953, 28 1-324); 4) e a cc. 15r-26v del codice FIRENZE, BNC,
Palatitlo 4-15, del tardo Quattrocento o dei primi anni del Cinquecento, lesto copiato
dall'edizione a stampa del 1485 del quale riproduce il colopholt (vedi GENT ILE, Mano-
serill; pala/ini, I , 593). 5) La rappresentazione sta sola nel codice FIRENZE, Laurenziana,
Segni XVII; 6) e con alcune laudi, sempre di Feo Belcari, ncl roclice di ROMA , Va ti-
cano, Rossi 1003 (X I .H2), cc. 4r-14v. Rappresentazioni e laude hanno i codici 7)
FI RENZE, BNe, umdau Finaly 249, cc. I r-15r, dove l'Abramo e Isac sta insieme con
Il vi/ella sagginato, cc. t 5"v-31v; Giacobbe e Esau, cc. 32r-44r; e laude adespote, cc.
44r-98v; e 8) il celebre laudario vaticano, Chigiaflo L.VIl .266, dove l'Abramo e l sac
sta a cc. 59r-62v, con l'aggiunta a c. I09r del sonetto dedicatorio e di trc stanze da
inserirsi dopo il v. 176: «Due [cioè tre] stanze agiunte alla tapresentazione dabram
chome lancille Rispondono a sua La rapresentazionc in questo 59 comincia lochio si
d icie capitolo 12
LA prima allcilla conlorta sarra
O reverenda madre di bontade
che sento d irvi del buon patriarcha
e del vostro figliuol pien d umil tade
oriam per loro aU inmenso monarcha
che ili rimandi per sua largitade
pien di sue gratie per terra o per barca
pcrdio vi priegho p rendiate conforto
che credo iddio gli condurta a buon porto.
LA seconda ancil/a dicie assarra
O vero dio nostro cruea tore
ov e I nostr abran padre perfetto
e l buon isac splendientc fiore
da n e ciaschuno di loro benedetto
tu sol consolar puoi l aBitto core
36 Nerida Newbigin
di sarta e da ne le fu predetto
o madre santa piaccillvi sperare
in dio che 11i fara salvi tornare.
Risposla di sara alll1nci/le
Ancille mie vere serve di dio
scghuite le devote orationi
sicche sadempia l vostro e mio disio
per le vostre buone operationi
vedete quant e misero l cor mio
se non m aiutano divini sermoni
so che dolente siate del mio male
aiuti me il re celestiale»,
Le stanze, non necessariamente belcarianc, sono copiate da una fonte diversa con
diverse caratteristiche ortografiche. Non corrispondono minimamente al1a versione chie-
tina. Sono interessanti tuttavia per il modo in cui souolineano il parallelo fra l'ango.
scia di Sara e queUa della Vergine confortata a Bctania dalle Marie dopo la partenza
di Cristo per Gerusalemme. Di questo codice ha trattato Bcrnard Toscani (vedi L'indice
dei capoversi del codice Vaticallo Chigiallo L.VII.266, in «Aevum», 50 (1976) 321-347;
e in seguito Le laude dei Bianchi contellute nel codice Vaticallo Chigiallo L.VJJ.266,
Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 1979, 29-37), senza però accennare alle sacre
rappresentazioni ivi contenutc. Olrre all'Abramo e Isac vi si trovano: Il vitello SQggi-
nato, cc. 62v-65v (introootta cosl: «fatta questa traslatione dci vangclo de:! vitello sag-
ginato per piero di mariano borsaio fiorentino. Qui si chominciera lannuntiationc del
vangiel del figliuolo prooigho c quando torno al padre ogni cosa ischripto qui da pie
elle parole disse il figliuolo maximc cl minore figliuolo fu quello chessi parti dal
padre. Inchomincia la nuntiationc della festa e chomincia per uno angielo vestito
de biancho che parla in questa forma ... »); e la Creazione del mondo, cc. 135r-139v.
I codici di contenuto prevalentemente ascetico sono: 1) FIREN'l,E, BNe, Mogi. VII.
367, cc. h ·15r, con laude varie e la Passione del Cicerchia; 2) FIRE.I'\'ZE, Riccareliana,
1094, cc. 149v·153v, in fondo ad un volume contenente il Paradiso di Dante (cc. lr-
66v), e poesie diverse; 3) Ricc. 1720, cc. 49r-61v, insieme con una parafrasi della Pas-
sione in prosa, La purijicazione (cappr.), cc. 72r-82r; un cantare del Giudizio; Il mira-
colo del pellegrino, cc. 93r-l05r; Il lamento di Costantinopoli; 4) Ricc. 1721, cc.
42r-57r (col soneuo ma senza il nome di Giovanni di Cosimo dc' Medici) dove l'Abra-
mo e Isac è rilegata in sieme alla Vita di San Giovanni Ballista di Francesco Filelfo
(copiata nel 1454), c l'Eulogia di Cristoforo Landini per Nero Capponi; 5) Ricc. 2816,
cc. 178r-188v, dove l'Abramo e lsac si trova insieme con le rappresentazioni di
Giuseppe, Giacobbe e fratelli, cc. lr-2Or; Lauero, cc. 20v-29r; San Giovanni decollato,
cc. 29v-44r; Sa" Bemardo, cc. 44v-55\'; San Panuzio (del Belcari), cc. 56r-59v; La sen-
tenza di Salomone, cc. 6Or-68v; una Vita di San Giovanni Ballista in ottava rima;
quattro sonetti morali; cantari di Giuditta e della Sala di MalagiR,i,; la frottola del
Savio romano; un Contrasto dell'anima e del corpo in ottava rima; Il vitello sagginato,
cc. 145v-157r; e Il miracolo del pellegrino, cc. 157r-l68v; sonetti, canzoni, rispetti
amorosi con uno di Piannozzo da Firenze. 6) Nel codice laurenziano Ashburnhamiano
539 (471), cc. 123r-127r, l'Abralllo e Isac è copiato nelle pagine bianche dopo il
Libro di consolazione e il Libro della miseria dell'uomo. 7) L'Abramo e Isac sta pure
a cc. 55r-66r dci cod. Pat. 219 della BNC di Firenze.
E i miscellanei irregolari sono: 1) FIRENZE, Ricc. 2971, voI. I, cc. 14v-22v, qui in-
sieme al Vitello sagginato, cc. 43r-49v; Il miracolo di un pellegrino, cc. 50r-59v; un
ricettario, un cantare del Giudizio ed opere di Amonio Pucci e Francesco Leoni. 2)
FrRENzE, Laurenziana, Asbbumbamiallo 576 (498), cc. 21r-24v in uno zibaldone di
calendari, ricette, istruzioni e con la Vita di Danle di Leonardo Bruni. 3) MILANO,
Ambrosiana, C.35 Stlp., cc. 187r-195v, insieme a poesie varie, popolari ed erudite, bur-
lesche, religiose e didattiche, gabelle, ricette varie, profezie, laudi ed anche il con-
lraSto jacoponico del Vivo e morto, cc. 27v-29r, e eli nuovo a cc. 311r-313v; e le se-
Il testo e il contesto dell'Abramo c lsac di Feo Belcart 37
gucnli rappresentazioni: Susanna, cc. 106r-114v; Lazzero ricco e povero, cc. 114v-121r;
Miracolo di un pellegrino, cc. 121r-131r; Re superbo, cc. 13lr-142r; San Giuliano,
cc. 142r-154r; San Giacomo maggiore, cc. 154r- 16Ov; L'or/alano elemosinario, cc. 160v-
t68v; San Pietro e San Paolo, cc. 169r-187r; L'annunciazione (del Bclcari, frammento),
cc. 316r-322r. 4) SIENA, Biblioteca Comunale, I.ViII.37, cc. 150r-160v, dove si legge in
fine: «Questa storia o voi tu dire asenbramento di festa dci santo patriarca abraam o
ritrata io marcho di francisro a chomenpraz.ione di francesco mio figluolo e perche
gli venga voglia rasenprala in più bela forma diletar quando per lui sapra. Fata ne di
de la pasqua dc lo spirito santo anni 1477». Vi stanno insieme: Il pianto di San Piero;
Le vita della Vergine Maria; La leggenda della fine della vergine; La vendeI/a di Gesù
Cristo fatta per 'filO e Vespasiano; La leggenda di Giobbe amico di Dio ; La storia di
Giacobbe patriarca, rappresentazione di 317 stanze (ottave «a modo pasquale»), cc.
63r-114r; Preceui di Dio col/a chiesa; SeI/e virtù rivelate da Dio a Sant'Alberto ve-
scovo dela Magna; poesie di soggetto morale; il Credo di Dantc; e un poernetto sul
governo della famiglia in ottava rima.