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11 dicembre 2018 - 14:12 > Versione online

Sul conflitto. Cultura e reciprocità in Simmel

A cento anni dalla morte, Georg Simmel, acuto filosofo, è stato ricordato sia in campo nazionale
sia internazionale con giornate celebrative e convegni di studio, tra tutti ricordo quello tenuto a
Urbino lo scorso 10 ottobre 2018 su: “Georg Simmel. Un secolo dopo. Cultura, filosofia e
politica” organizzato dal professore Antonio De Simone, tra i maggiori interpreti contemporanei
simmeliani. E le commemorazioni sono seguite nei giorni 29 e 30 novembre, infatti, è stato
celebrato Simmel presso “L'Institut de sociologie de la Faculté des sciences sociales de
l'Université de Strasbourg”. Non solo, nel 2018 dopo 110 anni dalla prima pubblicazione è stato
riedito e pubblicato da Meltemi (nella collana Biblioteca/Sociologia), uno dei libri che
simboleggiano la sua poliedrica personalità: “Sociologia”. Un’opera monumentale tradotta da
Giorgio Giordano, e introdotta da Alessandro Cavalli nel 1989, ora curata - con un puntuale e
documentato saggio introduttivo - da Massimiliano Guareschi e Federico Rahola. Ebbene, occorre
soffermarsi, allo scadere quasi di questo anno affinché il “revival simmeliano” non si fermi qui,
visti gli interessi che suscita la sua filosofia sociale o sociologia filosofica perché in fondo di
questo si tratta. E andando ben oltre il presunto “impressionismo” attribuito a Simmel dal suo
giovane allievo Lukàcs, a Berlino, (A. De Simone, Lukàcs e Simmel. Il disincanto della
modernità e le antinomie della ragione dialettica), De Simone delinea in modo definitivo una vera
e propria filosofia della cultura: affronta la questione dominante sulla cultura e sulla necessità
ineludibile di riflettere criticamente riguardo al “duale” concetto di cultura. Simmel è stato
addirittura l’unico filosofo moderno a mettere in luce la differenza di genere e a prendere in
esame la novità epocale dei processi di emancipazione della donna. L’affascinante e misteriosa,
quanto tragica dualità conduce paradossalmente alla via dell’anima dell’individuo e della società,
delle relazioni, del ‘tutto è interessante, nulla è significativo’ che intrappolano, dal momento che
tale dualismo giunge a un conflitto insanabile e insolubile, secondo Simmel, e forse in epoca
contemporanea lo appare ancor di più; infatti, non offre soluzioni né un ottimismo di maniera. (A.
De Simone, La via dell’anima, Meltemi). All’interno di un’azione reciproca, Simmel elabora il
conflitto, interpretato da numerosi studiosi tra i quali Alessandro Dal Lago, Massimo Cacciari,
David Frisby.
Ecco allora, per scrivere sul filosofo berlinese, è opportuno innamorarsi di lui e nel corso del
tempo amarlo per l’eterno, come lo stesso Simmel scrive, nella vita che è più che vita e sempre
più vita. Senza fine. Senza soluzioni. Questo è Simmel e questa è filosofia.
E con particolare evidenza, emerge come “La società non spiega ma deve essere spiegata,

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ponendosi in qualche modo come concetto limite, come generalizzazione trascendentale a cui, a
livello empirico-fenomenico, corrisponde la pluralità delle interazioni” (D. Frisby); mentre, la
società, Simmel la s-piega, vale a dire la manifesta senza pieghe attraverso l’individuo e i suoi
rapporti. Il singolo per crescere e per generare cultura ha bisogno di relazioni, è l’io reciproco nel
quale si sperimenta il gioco tra maschere e menzogne nell’insondabile e affascinante segreto. Il
suo specchiarsi con sé, con l’altro e con il tutto, insegna a volgere lo sguardo oltre il proprio
limite, poiché nel tutto ritrova se stesso, solo dopo aver conosciuto il proprio intimo si può
incontrare Dio, ribadisce Eckhart; inoltre, il libro conduce a guardarsi in più modi e da diverse
prospettive. È nel molteplice, nella pluralità, che il singolo si riconosce. È evidente che si tratti di
un’opera rigenerativa ed efficace se, nell’identità, nello sguardo verso il proprio sé, si rispecchia
anche il passato, e si intuisce la ‘scintilla’ del futuro, riscoprendo un nuovo umanesimo e una
nuova possibilità di riscatto per l’intero genere umano. (A. De Simone, L’io reciproco. Lo
sguardo di Simmel, Mimesis). È nelle costellazioni filosofiche si anima tale quotidianità delle
relazioni e nel conflitto si riverberano anche altre forme come lo straniero, il migrante, il
mediatore, il povero. Parlano, dunque, Guareschi e Rahola nel libro Sociologia, dell’incontro e
dell’intersezione di forme che contraddistinguono la realtà sociale, spingendo alla ricerca di un
impossibile punto di vista archimedeo o iperuranico in grado di comprenderne l’unità superiore, e
quindi anche la particolare ambivalenza, l’et/et che caratterizza l’idea at large di sociazione. In
tale gioco delle relazioni di forme, in uno spazio sociale in cui si disvelano per l’appunto, le
antinomie della reciprocità nella società dei conflitti. La nostra. Sebbene c’è chi pone - costruendo
ponti e porte e osservando con gli occhi e con gli orecchi, attraverso una sociologia dei sensi (A.
De Simone, L’ineffabile chiasmo), una possibile soluzione (mai definitiva) di giungere dal
conflitto alla pace. A riguardo, e in virtù dei 100 anni dalla pubblicazione di Der Konflikt der
Modernen Kultur di Georg Simmel, la rivista “Scienza e Pace”, curata da Tiziano Telleschi dell’
Università di Pisa, dedica tempestivamente il volume monografico n. 9 a Georg Simmel,
presentato lo scorso 29 novembre presso l'Aula Magna del Dipartimento di Scienze Politiche
della suddetta Università. Apre il numero Antonio De Simone con il contributo dal titolo “Georg
Simmel. Il conflitto nell’ontologia dell’umano” e, attraverso gli originali saggi di Simmel,
l’autore ci aiuta a comprendere perché il fluire dinamico della vita e della storia, l’io fallibile,
reciproco, non si possiede mai totalmente con sé come identità, affidabile e sicura. Ciò non
traduce una negatività che si disloca nel mezzo, tra il negativo e l’io: cioè l’alterità, il navigante
nell’in-finito. Il non-proprio-dell’io, giammai identico a sé, è fatto e generato dall’altro, nel
conflitto. Come per Hegel, anche per Simmel l’io è costituito dal rapporto con l’altro. Un’alterità
che lo (ri)compone e lo erode nella vita delle forme dell’io reciproco. Non si può
pensare-di-pensare la vita come flusso in cui si dislocano la coscienza, i corpi e le cose fuori da
questa relazione. Le trame di tale intrico fanno sì che la vita, la società, la filosofia, la politica, la
scienza e l’arte, cioè la cultura, possono farci ri-conoscere come soggetti individuali di desiderio,
di potere e di sapere, nel nostro limite, in un’ontologia dell’umano e del sociale non
depoliticizzante, in cui il principio reciprocità assurge a dimensione costitutiva dell’inquieto
divenire dell’essere, a cui non ci si può sottrarre dal momento che l’umano è un essere imperfetto
e mancante. E poi, ancora, il “Senso del vivere e conflitto. Georg Simmel interprete inattuale
della contemporaneità” di Francesco Mora che considera l’idea di conflitto letto attraverso la
Lebensphilosophie simmeliana, manifestandosi come problema centrale della sua filosofia.
Infatti, il conflitto vita/forma riassume in sé tutti i singolari contrasti che segnano l’esistenza
dell’uomo. A partire dall’idea di cultura e della sua crisi, attraverso alcuni snodi determinanti
della filosofia simmeliana, si sono investigati alcuni momenti della sua produzione, al fine di
mettere in luce la dialetticità e l’eternità del conflitto nella vita, divenuta il «re nascosto» della
nostra Kultur. Angelo Zotti invece, con l’intervento “Simmel, il conflitto e le sue molteplici
forme. Un’analisi critica”, pone l’obiettivo di capire le diverse modalità con cui, in una
prospettiva sociologica, ci autorizza a elaborare una precisa tipologia delle forme sociali in cui il
‘contrasto’ tra individui si manifesta; sono enucleati inoltre, gli interventi di Jorge Arzate
Salgado, Claudius Härpfer, o anche Annalisa Tonarelli che con “Rileggere oggi ‘il Mediatore’ di
Simmel”, interpreta la figura del mediatore come funzione integrativa del conflitto, sino a
concludere il numero della rivista H. Augusto Botia Merchán, Einer Mosquera Acevedo, i quali
analizzano gli sviluppi conclusivi del conflitto armato tra lo stato colombiano e le FARC: “La

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recente fase di cambiamento è stata caratterizzata dalla pugnacità dei partecipanti al dibattito
politico sul processo di pace con la principale organizzazione insorgente del paese. La
riflessione su come terminano i conflitti è ispirata alle teorie di Georg Simmel”. Aspetto non
irrilevante che fa comprendere in modo esplicito quanto Simmel sia attuale. Sulla questione del
conflitto è opportuno aggiungere, si sono occupati anche altri nomi influenti del panorama
nazionale e internazionale, in passato, studiosi come Giuseppe Rensi e Antonio Banfi, grazie ai
quali abbiamo conosciuto Simmel in Italia. E allora, si tratta forse di capire l’essere umano così
come è con il suo fondo di oscurità, come si possano costruire le condizioni di un vivere comune
malgrado il conflitto e anzi, attraverso il conflitto, mettendo fine al sogno o all’incubo di chi
vorrebbe eliminare da lui tutto ciò che vi è di ingovernabile (A. De Simone). Ed è qui, il punto
cruciale, il leit motiv della filosofia, sociologia, psicologia, pedagogia simmeliana: accettare il
conflitto, il limite di una reciprocità che nasce tra l’io e l’altro in sé e fuori da sé. E questo è ben
chiaro nella Sociologia ed è altrettanto comprensivo negli scritti simmeliani come ne La
differenziazione sociale: la vita esiste in quanto esiste la morte. Si tratta di un limite
incontrovertibile che l’umano non riesce ad accettare, o meglio a carpire quell’ermeneutica della
parola e della fenomenologia di vita, di conflitto, di morte, accolta invece, da Simmel in modo
disincantato, persuaso dal fatto che senza di essa non avrebbe potuto vivere né amare la vita. Lui
era un amante della vita, folgorato da un’energia e spinta vitale ‘senza fondo’.
Georg Simmel è il borderline della contemporaneità: include nelle differenze, esclude in uno
spazio complesso e unitario, vitale, in una scomposizione prismatica che ridefinisce tanto i
territori sociali e politici quanto le forme dell’appartenenza, come hanno scritto Massimiliano
Guareschi e Federico Rahola. Lo straniero non esiste e lo ha dimostrato con la vita, piuttosto uno
scomodo pensatore. Una personalità che anche nell’odierno avrebbe creato non poche reazioni.
Pertanto, sembra doveroso concludere con un grazie di benvenuto alla grande Soziologie, e in
un’azione reciproca, si conferisca gratitudine per un bilancio complessivo e critico accurato nella
ricezione ad opera di Guareschi e Rahola, abili a fornire una cornice dettagliata del tessuto
culturale vissuto da Simmel, oltre a una particolareggiata cura nella suddivisione in dieci capitoli
e a un folto excursus che consta di ricerche e studi rivolti a un ampissimo spettro sociologico,
filosofico e politico.
Un grazie inoltre, a tutti coloro i quali si sono occupati e ancora continuano a interessarsi
dell’eclettico pensiero simmeliano.
Grazie. Lo direbbe anche il Maestro.
Alessandra Peluso

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