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II
Lezione n°6
16.01.2017
Sbobinatore: B.G.
Argomenti: storia della dissezione e endoscopia, cavità orbitaria: ossa, fori, canali, vasi, nervi
INTRODUZIONE
Il
professore
accenna
a
una
introduzione
sul
grande
valore
che
la
dissezione
porta
al
nostro
percorso
di
studio
e
formativo.
Nella
dissezione,
infatti,
non
lavoriamo
su
una
immagine
o
un
libro
di
testo
ma
su
un
individuo
in
carne
e
ossa
e
questo
ci
permette
di
toccare
e
pesare
realmente
un
vaso
o
un
muscolo
invece
di
guardare
unicamente
i
modelli.
I
testi,
le
immagini
mostrano
la
statistica
dell’anatomia,
la
situazione
anatomica
più
generale,
ma
l’anatomia
non
é
statistica,
é
invece
individualità
ed
é
su
questa
individualità
anatomica
del
paziente
che
dovremo
in
un
futuro
costruire
il
nostro
lavoro.
Il
professore
si
prolunga
poi
mostrandoci
luoghi
fondamentali
per
la
storia
della
anatomia,
come
il
Teatro
Anatomico
di
Padova,
il
più
antico
teatro
anatomico
al
mondo,
alto
circa
200
metri,
privo
di
finestre
e
luci
perché
usato
già
nel
‘500
per
dimostrazioni
anatomiche
pubbliche
effettuate
tramite
dissezioni,
con
un
pubblico
di
addirittura
500
spettatori.
L’Italia
gioca
infatti
un
ruolo
fondamentale
nella
storia
delle
dissezioni:
la
prima
ufficiale,
infatti,
di
cui
abbiamo
notizia
risale
al
Medioevo
per
opera
dell’italiano
Mondino
de'
Liuzzi.
Nel
Medioevo,
infatti,
divenne
essenziale
lo
studio
diretto
del
corpo
umano
attraverso
la
dissezione.
Precedentemente,
la
didattica
anatomica
era
basata
su
quella
galeniana:
conoscenza
indiretta
quindi
imprecisa
del
corpo
umano
data
da
dissezioni
unicamente
eseguite
su
animali,
mai
su
uomini.
Il
professore
termina
l’introduzione
generale
mostrandoci
il
suo
istituto
di
provenienza,
che
riceve
ogni
anno
circa
700
cadaveri
grazie
alla
possibilità,
tramite
la
firma
di
un
documento
apposito,
di
donare
il
proprio
corpo
alla
ricerca,
mezzo
fondamentale
perché
essa
continui
e
prosperi.
DISSEZIONE
A
questo
punto
il
professore
mostra
un
video
come
esempio
di
dissezione
in
cui
ci
dà
qualche
informazione
sulle
giuste
tecniche
dissettorie:
Inizialmente,
dopo
aver
marcato
l’area
di
incisione,
con
il
bisturi
si
incide
il
tessuto
epiteliale
prestando
attenzione
a
tagliare
unicamente
la
cute
senza
incidere
le
strutture
e
strati
sottostanti
che
contengono
vasi,
1
nervi
e
strutture
importanti.
Nella
rimozione
di
questo
strato,
solitamente
per
comodità
si
è
soliti
partire
da
un
angolo,
l’importante
è
pero
che
la
parte
tagliente
dello
strumento
sia
rivolta
verso
l’esterno
in
modo
tale
che
la
parte
rivolta
verso
il
sottocute
sia
quella
smussata,
per
evitare
appunto
di
danneggiare
le
strutture
interne
ad
esso.
Con
lo
stesso
procedimento
si
puo
rimuovere
a
questo
punto
il
sottocute
avendo
cura
di
non
rivolgere
mai
la
parte
affilata
verso
le
strutture
vascolari
e
nervose
delicate.
Al
di
sotto
di
questo
strato
troviamo
i
muscoli
che
possono
essere
semplicemente
spostati
per
avere
visione
delle
strutture
sottostanti
evitando
quindi
di
tagliarli.
Endoscopia
Un
altro
importante
metodo
che
ha
stravolto
completamente
la
nostra
conoscenza
dell’anatomia
umana
è
l’endoscopia.
Questo
metodo
ci
da
ad
esempio
la
possibilità
di
studiare
la
struttura
interna
del
cervello
senza
che
esso
venga
danneggiato
nel
momento
della
rimozione
dal
cranio.
Questa
tecnica
infatti
ci
permette
di
osservare
le
cavità
e
le
strutture
interne
del
corpo
in
modo
diretto
e
in
sito.
Negli
anni
gli
strumenti
utilizzati
sono
sempre
migliorati.
Dal
primissimo
tubo
rigido
usato
per
vedere
attraverso
il
naso
del
paziente
illuminato
da
una
lampada
a
gas
si
è
arrivati
allo
strumento
utilizzato
oggi:
l’endoscopio
odierno
è
costituito
da
un
tubo
rigido
o
flessibile,
ne
esistono
diverse
tipologie
e
gradi
ma
il
più
utilizzato
è
quello
flessibile,
dotato
di
microcamere
ad
alta
definizione
che
permettono
all’operatore
di
guardare
uno
schermo,
non
direttamente
nel
paziente:
torniamo
dunque
a
lavorare
sulle
immagini
invece
che
a
diretto
contatto
con
l’anatomia.
L’illuminazione
si
è
evoluta
con
l’uso
di
una
“fonte
di
luce
fredda”,
non
incandescente
e,
oggi,
con
l’avvento
delle
fibre
ottiche,
con
l’uso
di
fibroscopi.
Cio
che
è
assolutamente
necessario
ai
fini
dell’endoscopia
è
lo
spazio
perché
la
luce
si
possa
diffondere.
La
branca
medica
che
più
poteva
soddisfare
queste
esigenze
e
su
cui
per
la
prima
volta
questo
metodo
è
stato
applicato
è
l’urologia.
Anche
il
cervello
è
una
area
anatomica
funzionale
in
questo
senso
perché
offre
abbastanza
spazio.
Il
distretto
corporeo
che
invece
si
presentava
inizialmente
meno
propenso
a
uno
studio
di
questo
tipo
è
sicuramente
l’addome,
dove
lo
spazio
è
ridotto
al
minimo
per
la
stretta
vicinanza
tra
i
vari
organi.
È
necessario,
infatti,
in
questo
caso
immettervi
dell’aria
per
creare
spazio
e
permettere
alla
luce
di
diffondervi.
Questa
tecnica
diagnostica
ha
una
importanza
fondamentale
anche
a
livello
chirurgico
in
quanto
é
in
grado
di
indicarci
il
punto
esatto
in
cui
fare
una
incisione,
che
deve
trovarsi
necessariamente
nella
via
piu
diretta
per
ridurre
al
minimo
la
potenziale
invasività
dell’operazione.
L’endoscopia
stessa
ha
una
invasività
intrinseca
inevitabile
che
deve
essere
portata
al
minimo,
è
pero
interessante
perché
poco
traumatizzante.
Oggi
è
possibile
utilizzare
una
tecnica
molto
meno
invasiva
che
consiste
nell’introduzione
di
una
capsula
contenente
microtelecamera
e
memoria
flash
che
permettono
la
visione
di
tutto
il
suo
passaggio
attraverso
i
distretti
corporei
interessati
fino
all’espulsione,
di
solito,
tramite
feci.
NOTES
Un’altra
tecnica
svilupattasi
per
ragioni
piu
estetiche
che
mediche
è
la
NOTES
(Natural
Orifice
Transluminal
Endoscopic
Surgery).
Questa
è
in
grado
di
non
provocare
cicatrici
e
incisioni
cutanee
esteticamente
rilevanti
tramite
l’utilizzo
di,
come
suggerisce
il
nome,
orifizi
naturali
come
introduzione
di
strumenti,
ma
d’altra
parte
aumenta
i
rischi
dell’operazione,
ragione
per
cui
il
professore
la
considera
una
pratica
puramente
a
scopi
economici
e
non
etici.
Oggi
l’endoscopia
e
la
NOTES
possono
sostituire,
soprattutto
per
ragioni
appunto
estetiche,
le
operazioni
chirurgiche
di
appendicectomia,
metodi
che
andrebbero
però
a
perforare
uno
stomaco
in
salute
e
intatto
e
inutili
per
il
professore.
Per
finire,
la
più
recente
innovazione,
molto
costosa,
è
il
sistema
robotico
DaVinci:
un
sistema
di
chirurgia
robotica
per
cui
il
chirurgo
si
trova
fisicamente
lontano
dal
campo
operatorio,
in
una
postazione
dotata
di
monitor,
che
proietta
tridimensionalmente
il
campo
operatorio
(più
vantaggioso
rispetto
all’endoscopia
che
trasmette
immagini
2D)
e
comanda
pulsanti
che
muovono
sei
bracci
robotici
collegati
a
strumenti
endoscopici
introdotti
tramite
piccole
incisioni
nel
paziente.
Altro
vantaggio
di
questo
sistema
è
che
il
robot
può
lavorare
su
aree
microscopiche
e
incidere
lavorando
in
maniera
talmente
delicata
da
preservare
nervi
e
2
strutture
importanti.
Principale
svantaggio
rimane
l’elevato
costo
economico
per
costruire
e
mantenere
il
sistema
robotico.
L’ORBITA
Uno
degli
aspetti
più
impressionanti
nello
studio
dell’orbita
è
dato
dalle
strutture
che
la
circondano:
il
seno
frontale
all’interno
dell’osso
frontale,
il
seno
mascellare
nell’osso
mascellare
e
le
cellette
etmoidali
nell’
etmoide,
strutture
molto
vicine
all’orbita
e
che
possono
quindi
venirci
a
contatto.
L’orbita
infatti,
per
la
sua
particolare
posizione,
può
essere
coinvolta
spesso
in
traumi
del
volto,
soprattutto
a
livello
dell’osso
mascellare.
Ad
esempio
una
frattura
a
livello
di
questo
osso
è
la
blow-out
fracture,
“frattura
da
scoppio”:
un
particolare
tipo
di
frattura
del
pavimento
dell’orbita
che
caratterizza
la
fuoriuscita
di
parte
dell’orbita
verso
il
seno
e
l’osso
mascellare.
Si
verifica
quindi
uno
sconvolgimento
della
disposizione
dell’orbita
e
del
corpo adiposo
dell’orbita, una
massa
di
tessuto
adiposo
con
funzione
di
sostegno
che
si
trova
negli
spazi
tra
il
periostio
che
riveste
la
superficie
interna
della
cavità
orbitaria
(detto
periorbita)
e
gli
organi
in
essa
contenuti.
L’orbita
e
il
corpo
adiposo
dunque,
a
causa
della
frattura,
verranno
spinte
più
in
profondità
all’interno
dell’osso
mascellare.
L’effetto
di
questa
frattura
è
visibile
nel
paziente
che
presenterà
un
occhio
più
in
profondità
dell’altro.
Altre
fratture
frequenti
possono
avvenire
più
medialmente
a
livello
della
lamina
papiracea,
essendo
molto
delicata
per
la
sua
sottigliezza.
PARETI DELL’ORBITA
Definiamo prima di tutto le pareti dell’orbita, costituite da ossa e da aperure.
OSSA
3
piccola
ala
dello
sfenoide.
Quest’ultimo
è
l’osso
più
grande
che
troviamo
in
questo
distretto,
infatti
la
grande
ala
delimita
invece
la
maggior
parte
della
parete
posteriore
Parete
posteriore:
oltre,
come
detto,
la
grande
ala
dello
sfenoide,
la
parete
posteriore
è
completata,
superiormente
e
inferiormente
dalla
continuazione
delle
ossa
rispettivamente
della
parete
mediale
e
del
pavimento
Parete
laterale:
è
costituita
dall’osso
zigomatico
e
in
parte
dallo
sfenoide
che
ha
una
direzione,
oltre
che,
come
detto,
posteriore,
anche
laterale.
CANALI/APERTURE
All’interno
di
queste
pareti
troviamo,
come
abbiamo
detto,
nove
canali
o
aperture
che
funzionano
da
passaggi
per
componenti
vascolari
e
nervose
-‐ Foro
ottico
in
cui
passa
la
arteria
oftalmica
(ma
non
la
vena
oftalmica)
e
il
nervo
ottico
-‐ Fessura
orbitale
superiore,
tra
le
due
ali
dello
sfenoide,
che
contiene
i
nervi
III,
IV,
VI
e
l’oftalmico
del
V
-‐ Fessura
orbitale
inferiore
con
nervo
infraorbitario
e
zigomatico
e
l’arteria
infraorbitaria
-‐ Canale
zigomatico-‐orbitario:
inizia
a
livello
dell’omonimo
foro
che
si
trova
nella
parte
dello
zigomatico
che
costituisce
l’orbita
ed
è
attraversato
dal
nervo
zigomatico.
Il
canale
si
biforca
in
due
rami
che
raggiungono
l’area
frontale
e
l’area
e
temporale
-‐ Foro
sopraorbitario
(in
realtà
puo
essere
definito
anche
incisura
o
canale).
Si
trova
sopra
la
palpebra
superiore,
si
puo
individuare
ed
è
un
punto
che
se
pressato
provoca
dolore
per
la
presenza
di
nervi
-‐ Canale
infraorbitario
che
termina
nel
foro
infraorbitario
Da
questi
ultimi
fori
superficializzano
le
branche
del
nervo
trigemino:
dal
foro
infraorbitario
fuoriesce
il
nervo
infraorbitario,
ramo
terminale
del
mascellare;
dal
foro
sopraorbitario
fuoriesce
il
nervo
frontale,
ramo
terminale
dell’oftalmico;
dal
foro
mentale
fuoriesce
il
nervo
mandibolare.
Una
struttura
di
rilevante
importanza
è
l’anello
Tendineo
comune
(o
di
Zinn),
l’origine
dei
quattro
muscoli
orbitali
principali.
Questo
anello
circonda
il
canale
ottico
e
si
localizza
in
parte
anche
nella
fessura
orbitaria
superiore.
4
I
muscoli
che
originano
dall’anello
dividono
infatti
la
fessura
orbitaria
superiore
in
due
porzioni:
una
laterale
e
una
mediale.
I
nervi
e
i
vasi
che
attraversano
la
fessura
sono
dunque
suddivisi
in:
MUSCOLI
I
muscoli
interni
all’orbita
costituiscono
un
cono
che
delimita
due
aree:
area
intraconale
(che
contiene
i
6
muscoli
che
definiscono
il
cono
stesso
e
i
tre
nervi
annessi)
e
l’area
extraconale,
rispettivamente
interna
e
esterna
al
cono.
Queste
due
zone
sono
costituite
da
una
quantità
elevata
di
tessuto
adiposo,
suddiviso
anch’esso
nelle
due
aree
da
setti:
il
tessuto
adiposo
intraconale
e
extraconale,
a
loro
volta
divisi
in
compartimenti.
La
peculiarità
di
questo
tessuto
adiposo,
che
troviamo
anche
ad
esempio
a
livello
della
guancia
o
del
rene,
è
che
non
è
adibito
a
funzione
di
riserva
energetica,
infatti
il
suo
volume
non
viene
mai
ridotto
quando
abbiamo
bisogno
di
energia.
Una
sua
riduzione
per
necessità
energetica
può
avvenire
solo
in
pazienti
molto
malati,
ma
è
un
processo
che
richiede
lungo
tempo.
Il
cono
si
porta
anteriormente
dove
si
costituisce
il
setto
orbitario
che
connette
il
periostio
alle
palpebre
superiore
e
inferiore,
suddividendosi
in
setto
orbitario
superiore
e
inferiore.
Questa
struttura
è
molto
importante
perché,
se
tagliata,
ci
permette
di
entrare
nell’orbita.
Questo
punto
viene
usato
per
accedere
a
molti
processi
intracranici
perché
permette
di
raggiungere
la
fossa
cranica
anteriore
e
media.
Il
setto
si
collega
al
tarso
superiore,
lo
scheletro
cartilagineo
della
palpebra
superiore.
Su
questa
struttura
si
connette
il
muscolo
elevatore
della
palpebra
superiore
(che
non
fa
parte
del
cono
perché
non
è
in
contatto
con
il
globo
oculare
e
muove
appunto
la
palpebra
superiore).
Il
tarso
è
fissato
tramite
molte
vene
alla
parete
laterale,
dove
troviamo,
in
posizione
latero
superiore,
la
fossa
lacrimale
che
contiene
la
ghiandola
lacrimale:
le
lacrime
dalla
ghiandola
in
posizione
latero-‐superiore
si
dirigono
in
direzione
mediale-‐inferiore
verso
il
condotto
lacrimale.
Dunque
il
setto
è
una
struttura
connettivale
che
separa
la
cute
esterna
dal
tessuto
adiposo
interno.
Il
tessuto
connettivo
e
cartilagineo
della
palpebra,
infatti,
e
il
tessuto
costituente
le
ghiandole
lacrimali
che
si
trovano
superiormente
e
lateralmente
all’orbita,
hanno
bisogno
di
questi
ulteriori
strati
di
separazione
dall’esterno
perché
è
fondamentale
che
non
vengano
danneggiati.
I
muscoli
bulbari
esterni
che
costituiscono
il
cono
sono
6
muscoli
volontari.
Quelli
intrinseci
sono
invece
involontari
e
connessi
ai
movimenti
della
pupilla.
5
Gli
estrinseci
muovono
esclusivamente
il
bulbo
oculare
e
sono
suddivisi
in:
Dalla
paresi
completa
del
n.
oculomotore
sono
interessati
dunque
i
mm.
retto
superiore,
mm.
inferiore,
mm.
mediale,
mm.
obliquo
inferiore
(il
deficit
provocato
è
che
il
bulbo
volge
verso
il
basso
e
lateralmente).
nonché
mm.
intrinseci:
mm.
sfintere
della
pupilla
(dilatazione
=
midriasi)
e
il
mm.
ciliare
(mancata
accomodazione
da
vicino);
è
inoltre
interessato
il
mm.
elevatore
della
palpebra
superiore
(ptosi,
palpebra
più
o
meno
chiusa).
Se
la
ptosi
è
completa,
caso
in
cui
è
necessario
usare
il
dito
per
sollevare
la
palpebra,
non
si
manifesta
diplopia
(come
nel
caso
della
paresi
completa
del
n.
oculomotore
senza
però
completa
ptosi),
perché
è
solamente
uno
l’occhio
vedente.
Arterie oculari:
Dalla
carotide
interna
origina
l’arteria
oftalmica,
che
tramite
il
foro
ottico
raggiunge
direttamente
il
bulbo
oculare.
Essa
si
ramifica
in:
6
-‐ Arteria
centrale
della
retina:
è
l’arteria
più
importante,
ed
è
quella
che
vascolarizza
la
retina.
Se
venisse
tagliata
provocherebbe
cecità.
Essa
passa
all’
interno
del
canale
ottico
seguendo
il
nervo
ottico.
Questo
nervo
non
ha
un
andamento
che
segue
la
retta
parallela
oculare,
ma
si
sposta
con
andamento
obliquo
più
medialmente
-‐ Arteria
lacrimale
che
giunge
fino
alla
ghiandola
lacrimale
vascolarizzandola
(superiormente
e
lateralmente);
-‐ Arterie
ciliari
posteriori
dalla
retina,
una
mediale
l’altra
laterale
-‐ Arteria
sopraorbitaria
-‐ Arteria
sovratrocleare,
mediale
e
da
cui
originano
poi
l’arteria
meningea
anteriore
e
arteria
etmoidale
posteriore.
L’arteria
meningea
media
(che
origina
dall’a.
mascellare)
che
passa
attraverso
il
foro
spinoso
della
rocca
del
temporale
(siamo
a
livello
della
fossa
cranica
media)
si
ramifica
costituendo
un
ramo
chiamato
ramo
meningeo
ricorrente
che
connette
l’arteria
oftalmica
con
l’arteria
meningea
media.
Da
questo
ramo
meningeo
ricorrente
origina
anche
l’arteria
lacrimale
che
vascolarizza,
come
detto,
le
ghiandole
lacrimali.
Vene orbitali
Le
vene
costituiscono
una
situazione
molto
più
complicata.
Prima
di
tutto
bisogna
ricordare
che
tutte
le
vene
orbitali
terminano
nel
seno
cavernoso
che
accoglie
il
sangue
proveniente
da
vene
della
cavità
orbitale
e
dalle
vene
superficiali
e
profonde
del
viso
in
prossimità
della
cavità
orbitaria.
Il
sistema
venoso
segue
in
parte
quello
arterioso:
-‐ Parte
della
vena
faciale
che
entra
nel
pavimento
dell’orbita
andando
a
formare
il
plesso
pterigoideo
-‐ Vena
varicosa
-‐ Vena
frontale
-‐ Vena
sovraorbitaria
che
dal
tetto
dell’orbita
giunge
in
profondità
anastomizzando
con
la
controlaterale
-‐
-‐ Vena
lacrimale
che
entra
pero
nel
seno
cavernoso
come
vena
oftalmica
superiore
-‐ Vena
centrale
della
retina
che
circonda
il
nervo
ottico
-‐ Vena
oftalmica
inferiore
e
superiore:
è
importante
ricordare
che
queste
vene
sono
in
connessione
con
molte
vene
della
faccia,
e
soprattutto
con
le
vene
della
cavità
nasale.
Questo
significa
che
potrebbe
verificarsi
più
facilmente
la
diffusione
di
un
batterio
o
pus
proveniente
dal
naso
nei
restanti
circoli
venosi
extracraniali,
ma
anche
intracraniali.
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