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Credersi città ed essere periferia A Seriate

serve almeno una piazza


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Credersi città ed essere periferia


A Seriate serve almeno una piazza
Paolo Aresi - 1 novembre 2017

Ma perché questo andirivieni costante? Perché questo turnover per cui Seriate vede arrivare e partire
circa mille persone ogni anno? Un migliaio che arrivano dalla città o dai paesi vicini e vengono ad
abitare a Seriate. E un altro migliaio (grosso modo) che decidono di lasciarla. Perché non restano? Se
escludiamo lo zoccolo duro di seriatesi doc, di nascita e di generazioni, risulta che ogni vent’anni la
cittadina cambia pelle. Perché? Ne abbiamo parlato con Pier Maria Lupo Pasini, cittadino di nascita
(è di Pignolo), ma che da quasi quarant’anni abita a Seriate: un caso non frequente. Lupo Pasini è
stato il primo direttore della biblioteca di Seriate, ne curò la nuova sede nella Villa Guerinoni. Poi
diventò funzionario del Comune, capoufficio del settore scuola, del sociale e della cultura. Si occupò
personalmente della complessa pratica per riconoscere a Seriate il titolo di città da parte dello Stato.

Lupo Pasini oggi è in pensione. Cerca di spiegare:


«Perché questo andare e venire. Io penso che le
cause siano diverse. Prima di tutto dobbiamo
chiederci perché Seriate abbia avuto questo boom
edilizio e di abitanti dalla fine degli Anni Sessanta
in poi: semplicemente è diventata lo sbocco edilizio
e urbanistico di Bergamo, che non accoglieva più
nuove famiglie perché aveva rallentato di molto lo
sviluppo edilizio. Per contro, a Seriate invece si
verificò un vero boom di costruzioni. Ma il paese non aveva certo la struttura della città, era un paese
nato sulla via di collegamento tra Venezia, Brescia e Bergamo, una sorta di stallo verso la soglia delle
Mura Venete. A ben vedere, si poteva considerare Seriate un satellite del borgo di Pignolo, e quindi
poi del Borgo Palazzo. La crescita di popolazione è stata repentina, ha trovato tutti un po’
impreparati. Non bastano le case, i condomini a fare una città, nemmeno un paese. Al massimo nasce
una periferia anonima».

Mancano una piazza e un centro storico. Pier Maria Lupo Pasini parla in questa mattina di ottobre
soleggiata, al bar dell’Angolo, vicino al Comune dove ha lavorato per tanti anni. E questo bar è un
punto di riferimento per tante persone della cittadina: vicino alle poste e al Comune, è sempre stato
molto ben gestito. Continua Lupo Pasini: «Vede, uno che abita qui in via Partigiani, una mamma che
vuole uscire per una passeggiata con i suoi bambini dove va? C’è un parchetto, ma manca un tessuto
storico, mancano delle botteghe attrattive, manca soprattutto una piazza. Seriate è forse l’unica città
del mondo senza una piazza. Mi ricordo che c’erano studenti di architettura di Venezia che venivano
per delle tesi di urbanistica e studiavano anche il caso Seriate. Non c’è una piazza, non c’è un luogo
di ritrovo e di incontro, di conviviali. Una piazza con portici, con tavolini all’aperto, caffè e ristoranti.
Con bei negozi dove rifarsi un po’ gli occhi.

Vede, qui esiste un piccolo centro storico, molto


carino, ma è stato svenduto. I proprietari seriatesi lo
hanno spesso affittato agli immigrati che
occupavano gli appartamenti in più persone,
dividendosi la spesa. Alcuni proprietari hanno
guadagnato bene e non hanno nemmeno dovuto
adeguare, restaurare gli appartamenti fatiscenti.
Questo è stato un problema per Seriate perché quel
piccolo centro storico, con la sua torre, poteva
diventare un gioiellino. Però consideri una cosa: il centro storico si trova vicino alla chiesa
parrocchiale, ma la chiesa parrocchiale si trova lontana dal Comune, e fra parrocchia, centro storico e
Comune passa il Serio, unito da un ponte che restringe la strada e i marciapiedi».

Il Serio. Il fiume è una ricchezza del paese, avrebbe potuto rappresentare una delle carte vincenti,
realizzando per esempio un passeggio “lungoserio”. La cittadina (il riconoscimento di città è arrivato
a fine Anni Novanta) ha cercato con la buona volontà dei suoi amministratori di dotarsi di servizi
importanti: piscina, centro sportivo, cinema teatro. Poi ci sono l’oratorio, il centro pastorale Giovanni
XXIII, ma sono tutti decentrati, difficili da raggiungere a piedi.

Manca un legante urbanistico. Il boom edilizio di


Seriate si è realizzato su un territorio ampio, sono
nati interi quartieri tra di loro lontani, che non
hanno relazioni: la mancanza di una piazza e di un
vero centro ha fatto mancare anche un luogo di
incontro comune a tutti, un nodo nevralgico che
unisse le diverse parti. Lo sottolinea ancora Pier
Maria Lupo Pasini. «La parte vecchia del paese, in
fondo, è nata intorno a una strada, quella per
Venezia, non aveva una grande articolazione. I servizi oggi non mancano, pensiamo per esempio
all’ospedale, e anche iniziative culturali di valore, per esempio penso all’associazione Asav. Anche le
scuole sono ben presenti, fino alle superiori con il Majorana. Ma questo non è sufficiente a tenere
legata la gente alla nostra città. Credo che la vera scommessa sia creare questa piazza, questo centro
attrattivo. Il luogo dovrebbe essere la piazzetta del Comune unita al grande parcheggio che ha
davanti, fino al santuario. Un luogo anche simbolicamente importante. E i seriatesi lo sanno: infatti
hanno chiamato il parcheggio “piazza Volontari del Sangue”, credo che questo sia molto
significativo».

Quell’idea di città. I seriatesi hanno voluto che il


loro paese diventasse città. Per quale motivo?
Risponde Pasini: «Credo che questo desiderio sia
partito dall’idea di Grande Bergamo dei primi Anni
Sessanta, quando si pensò di inglobare i comuni
della cintura attorno alla città nel comune di
Bergamo. A Seriate ci fu una reazione contraria, negativa. Da lì, con il boom edilizio del paese,
cominciò a svilupparsi l’idea di diventare città che poi è diventata realtà negli Anni Novanta con il
sindaco Zucchelli. Per il futuro io credo che Seriate debba lavorare per un luogo centrale di incontro,
un luogo attrattivo, dove si respiri un’atmosfera di bellezza, di accoglienza. Vede, ci sono città molto
più piccole di Seriate, pensi a Clusone. Ma Clusone è dotata di un bel centro storico, di vecchie case,
di viuzze e piazzette, con tanti negozi: si respira in effetti aria di città e il turn over di abitanti è molto
basso». I sindaci dei paesi dovrebbero pensare bene al valore degli edifici storici prima di lasciare
abbattere i vecchi caseggiati per costruire condominietti.

E i commercianti? Lupo Pasini infine affronta un’altra questione. «Un altro elemento importante è il
commercio: non c’è dubbio che i grandi centri commerciali, i grandi supermercati, soffochino le
botteghe: il commercio è parte fondamentale dell’anima di un centro storico, di una piazza. Le
amministrazioni comunali dovranno essere molto coscienti di questo aspetto, non soltanto a parole».

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