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Forme e funzioni del libro manoscritto lezione

del
14/03/2016

Argomento della lezione odierna saranno le materie e gli strumenti


scrittori.

Terracotta. Su oggetti di terracotta (piccoli cocci, vasellame, ecc...)


si scriveva a sgraffio (graffiando, per l'appunto, la superficie) o con
un inchiostro per mezzo di un pennello. Oggetto
dello scritto potevano essere conti, brevi
appunti, ricevute o la firma dell'artigiano;
talvolta vi si riportavano brevi testi letterari:
nella biblioteca laurenziana di Firenze
conservato un carme di Saffo su terracotta. Altro
esempio di scrittura su terracotta sono gli
, straka (sing.: , strakon), pezzi di ceramica
sui quali venivano scritti i nomi delle persone che s'intendeva
esiliare da Atene.

Corteccia d'albero. La corteccia d'albero era utilizzata come


materia scrittoria per gli esercizi scolastici; vi si apponeva la
scrittura con inchiostro per mezzo di un pennello.

Pietra o marmo. La scrittura su materiali lapidei risponde al


nome di epigrafia. Prima di potervi apporre la scrittura era
necessario preparare il supporto levigandone la superficie,
sbiancandola e preparando il "layout" grafico del testo (era
indispensabile predisporlo in quanto le parole incise non potevano
pi subire mutamenti). Vi erano degli artigiani specializzati presso i
quali rivolgersi che erano anche muniti di "modelli" fissi tra i quali il
cliente poteva scegliere; il lavoro veniva eseguito in due fasi da due
diversi artigiani.
1. Ordinator: inquadrava il testo all'interno dello spazio gafico,
tracciava le righe con un gesso o carboncino e scriveva quanto
stabilito;
2. Lapicida: lo scalpellino che eseguiva l'incisione seguendo le
lettere predisposte dall'ordinator.
Talvolta pu capitare di trovare errori nelle epigrafi; sulla
responsabilit dell'errore gli studiosi non son giunti ad una
conclusione definitiva, attribuendo chi all'ordinator, chi al lapicida
lo sbaglio.

Intonaci dei muri. Non di rado possibile trovare scritte sui


muri; tali scritte venivano eseguite o con inchiostro e pennello, o
mediante sgraffio. In questo secondo caso era difficile realizzare
tratti orizzontali o curvi, pertanto la scrittura assumeva peculiarit
come la verticalizzazione dei tratti e l'assenza di curve.
Cuoio, pelle, tessuti. Tra i tessuti pi utilizzati spiccava di certo il
lino, largamente utilizzato per redarre, ad esempio, libri di
magistrati ed annali di pontefici. Sul lino la scrittura veniva apposta
per mezzo di inchiostro e pennello. Sul lino redatto il testo della
Mummia di Zagabria, il pi antico libro etrusco mai rinvenuto,
dalla storia singolare. Tale testo si ritiene redatto tra il III ed il II
secolo a.C. in una zona compresa tra Perugia ed il lago Trasimeno,
contiene circa 1200 parole su garze di lino che avvolgono la
mummia di una donna vissuta durante il periodo tolemaico e
rinvenuta in Egitto. L'antiquario che la scopr decise di donarla al
museo di Zagabria, dalla quale prende il nome. Il testo consiste in
un calendario delle cerimonie da compiere in onore delle divinit ed
era disposto seguendo una struttura in un primo momento di
difficile comprensione: si poi capito che per ricostruirlo era
necessario avvolgere le bende una sull'altra "a soffietto".

Gli studiosi sono ancora dubbiosi sul perch di tale corredo funebre,
si ipotizza ci fosse l'intento di accompagnare il defunto verso l'aldil
con una testimonianza del proprio bagaglio culturale.
Metallo. Ulteriore materia scrittoria fu il metallo; tra i vari metalli
utilizzati doveroso citare il piombo, utilizzato per dei manufatti
che meritano un approfondimento a parte: le defixiones. Si tratta
di sottilissime lamine di piombo avvolte sino a formare un piccolo
rotolo che veniva chiuso conficcandovi un chiodo; sulle lamine
erano riportate maledizioni proprie della magia nera incise a
sgraffio con una scrittura corsiva. Spesso, visto che non s'intendeva
far leggere tali maledizioni a terzi, si ricorreva alla scrittura
bustrofedica (da sinistra verso destra, da destra verso sinistra, da
sinistra verso destra e cos via) o alla scrittura a spirale.
Il testo riporta il nome della persona da colpire e le
sue eventuali cariche accompagnate da formule
specifiche che precisavano quali parti del corpo
s'intendeva danneggiare; le defixiones venivano
poi lasciate vicino a grotte, templi o tombe di
persone morte violentemente o prematuramente in
modo che le entit degli inferi potessero prendersi
carico della richiesta. Le defixiones prendono nome dal verbo latino
defigere, nei suoi significati di conficcare, inchiodare,
immobilizzare con riferimento sia allo scopo magico dell'atto, sia
all'utilizzo pratico del chiodo. La pratica era diffusissima in tutto il
mondo antico, difatti sono state ritrovate molte defixiones in
diverse lingue e gi
Plinio il Vecchio vi fa
riferimento; oggetti
di tali maledizioni
erano concorrenti in
amore, nemici
agonistici, politici,
giudiziari, ecc... La
pratica fu proibita a partire dal IV secolo col diffondersi del
Cristianesimo ed i trasgressori potevano essere puniti con la morte.
Dal punto di vista paleografico le defixiones sono testimonianza
molto valida e ricca di scrittura corsiva in varie lingue.

Tavolette di legno duro. Erroneamente conosciute col nome di


"tavolette cerate", le tavolette di legno duro costituiscono una
materia scrittoria diffusissima nell'antichit secondo varie forme.
Erano fatte di legno di betulla o ontano nel caso di tavolette sottili,
abete o larice se si trattava di tavolette pi spesse. Il loro utilizzo pi
frequente aveva luogo nelle sedi scolastiche per ospitare gli esercizi;
avevano la parte interna incavata e riempite di
gommalacca fusa (in epoca antica) o di un
misto di cera e pece (in epoca medievale). Vi
si scriveva con uno strumento appuntito
chiamato stilo, che poteva essere di ferro, di
bronzo o pi raramente di osso; all'altra
estremit lo stilo presentava una spatolina che
veniva utilizzata per rimuovere gli strati
superficiali di gommalacca incisa, e quindi
cancellare: non a caso "cancellare" in latino si dice vertere stilum,
"capovolgere lo stilo". Tali tavolette non furono solo materia
scrittoria per esercizi: Diogene Laerzio ci cita, infatti, le Leggi di
Platone redatte su tavolette di legno duro. Nel mondo romano erano
chiamate tabulae pugillaria in quanto cos piccole da poter essere
tenute in una mano; le tabulae dealbatae, invece, erano cos
chiamate in quanto sbiancate con il gesso, pronte ad accogliere
l'inchiostro. Le tavolette di legno duro potevano presentarsi
singolarmente o in gruppi di due, tre o pi tavolette: erano perci
chiamate rispettivamente dittici, trittici o polittici.
Come abbiamo gi visto, il termine codicologia deriva da codex (o
caudex) pi , lgos, con riferimento a quei quadernetti di
pergamena raggruppati in fascicoli di cui gi Marziale ci d
testimonianza; si pensa che la forma di tali quadernetti sia ispirata a
quella dei polittici appena citati. Le tavolette di legno duro venivano
utilizzate anche in ambito giuridico come veri e propri documenti
probanti: in questo caso veniva utilizzata la struttura del trittico
secondo uno schema preciso.
Le facciate A ed F venivano lasciate vuote per evitare che la
scrittura si rovinasse con l'usura e il contatto con le mani;
Sulle facciate B e C veniva redatto il documento vero e proprio;
Sulla facciata D venivano apposte le sottoscrizioni dei
testimoni;
La tav. 1 e la tav. 2 venivano unite e chiuse dai sigilli dei
testimoni in modo da preservare il testo vero e proprio da
modifiche di terzi;
Sulla facciata E veniva redatto il regesto, ovvero un riassunto
del contenuto del documento.
Il trittico cos formato veniva quindi conservato in un'apposita teca.

Sono giunti sino a noi vari gruppi di tavolette degni di nota:


Gruppo delle tavolette pompeiane: appartengono
all'archivio privato del banchiere Lucio Cecilio Giocondo e
sono ascrivibili agli anni che vanno dal 15 al 62 d.C. .
Gruppo delle tavolette di Ercolano.
Gruppo delle tavolette daciche: tavolette relative
all'attivit di varie miniere nel territorio di Alburnus Maior, in
Transilvania (Dacia).
Gruppo delle tavolette dell'Algeria.
Gruppo delle tavolette di Vindolanda: rinvenute nel 1973
tra Scozia ed Inghilterra, a sud del Vallo di Adriano; ne fanno
parte 80 tavolette scritte a inchiostro da molte mani diverse
riferibili a conti o documenti e ascrivibili all'85-105 d.C. .

L'uso delle tavolette di legno duro documentato anche in epoca


medievale, infatti vi sono tavolette ascrivibili dal XII secolo in poi
utilizzate in scuole o uffici.
All'Archivio di Stato di Firenze conservato un polittico di 6
tavolette dei primi decenni del '300 che riporta conti di un mercante
fiorentino.
Papiro. Il papiro era una materia scrittoria largamente diffusa in
epoca greca e romana; la pianta da cui viene realizzato (il papiro,
appunto) appartiene alla famiglia delle cyperaceae, cresce in
ambienti paludosi (ha bisogno di molta acqua sia per la crescita che
per il mantenimento e la lavorazione), arriva a 5-6 metri di
altezza ed ha una sezione triangolare di 5 cm in media. Cresce
in abbondanza sul delta del Nilo e nella zona di Siracusa, presso le
sponde dei fiumi Anapo e Ciane. Veniva lavorata quand'era ancora
fresca ed utilizzata per vari scopi: come alimento (crudo, bollito o

arrostito; si masticava la parte inferiore dello stelo, dolce e ad alto


contenuto nutritivo) o intrecciato per ottenere ceste, sandali, piccole
imbarcazioni leggere, vele, corde, ghirlande, ecc...; dai Romani
veniva utilizzato per realizzare il lettino funebre in quanto, se
bruciato, emanava un buon odore; veniva inoltre utilizzato in
medicina per realizzare bende o unguenti caustici.

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